La regolazione dell’espressione genica serve per cambiare il fenotipo della cellula e quindi per far esplicitare
delle funzioni piuttosto che altre.
Non vogliamo che tutti i promotori siano forti, e cioè che tutti i promotori leghino fortemente il fattore
sigma e producano sempre livelli basali di prodotti proteici elevati. Ci sono alcune proteine che devono
essere prodotte sempre ad alti livelli, ma non tutte, altrimenti non avrebbe senso quello che diciamo.
I geni sono controllati spesso da segnali extracellulari che vengono comunicati ad essi da proteine
regolatrici, che possono essere di 2 tipi:
Regolatori positivi o attivatori: aumentano la trascrizione del gene regolato, può anche favorire
l’isomerizzazione da complesso chiuso a complesso aperto.
Regolatori negativi o repressori: diminuiscono o eliminano la trascrizione di quel gene.
Il punto più comune di regolazione è l’inizio della trascrizione, ha due vantaggi principali:
1. È più efficiente dal punto di vista energetico, la decisione di esprimere o no un gene, presa al primo
passaggio, fa si che non venga sprecata energia.
2. È più semplice da portare a termine, c’è solo una copia di ciascun gene e quindi per controllare
l’espressione di un gene deve essere di norma regolato un solo promotore per molecola.
Le sequenze specifiche da legare sono formate dalle basi azotate e queste ultime si rivolgono verso
l’interno della doppia elica.
Le basi però hanno altri gruppi, accettori e donatori che si dispongono nel solco maggiore e nel solco
minore.
Le informazioni disposte in questi due solchi sono diverse tra le due coppie.
Le proteine nella maggior parte dei casi interagiscono con il solco maggiore.
L’interazione più usata è l’inserimento di un’α-elica nel solco maggiore del DNA.
L’alfa elica come dimensioni si inserisce bene nel solco maggiore: chiaramente
sull’alfa elica ci saranno gli AA della proteina che faranno la loro interazioni con le
basi e gli elementi che il DNA espone nel solco maggiore.
Le alfa eliche possiedono anche un momento di dipolo, con parziale carica positiva
all’-N al terminale e questo può formare interazioni anche con i gruppi fosfato.
NEI PROCARIOTI:
Due α-eliche separate da un tratto destrutturato, ovvero che non ha struttura secondaria stabilità.
L’altra alfa elica invece crea delle interazioni per lo più con lo scheletro zucchero fosfato
per mantenere l’elica di riconoscimento nel solco maggiore, serve per il posizionamento
dell’elica di riconoscimento.
I fattori di trascrizione batterici funzionano come dimeri, per lo più come omodimeri.
i siti di riconoscimento che troviamo sul DNA hanno sequenze ripetute e invertite,
in maniera tale che il fattore di trascrizione si mette come dimero e riconosce due
sequenze che vanno in direzioni opposte, il che serve ad avere un legame più forte con il DNA.
L’operone lac è fondamentale per comprendere la trascrizione dei procarioti. L’operone lac fu il primo ad
essere stato individuato dai ricercatori, poi vincitori del Nobel, che capirono che la regolazione
dell’espressione genica avveniva tramite fattori di trascrizione.
Quindi è l’esempio storico e fondamentale per capire la regolazione della trascrizione nei procarioti.
L’operone è un’organizzazione di geni che si trovano uno dietro l’altro che vengono trascritti a partire da un
unico promotore e portano alla formazione di un messaggero policistronico.
I batteri preferiscono mettere insieme vari geni che fanno parte di uno stesso patway metabolico che può
essere o la sintesi di un AA o la sintesi di uno zucchero, ma non tutti i geni batterici sono organizzati in
operoni.
L’operone lac mette insieme dei geni che controllano l’uso del lattosio. Il batterio normalmente usa il
glucosio come fonte di carbonio. L’operone lac non serve sempre, ma solo in assenza di glucosio, per cui si
deve regolare la sua attivazione o meno.
L’operone è formato da tre geni:
Quando il repressore, il repressore lac, si lega al sito operatore questo impedisce il legame dell’RNA
polimerasi alle sequenze -10 e -35.
È presente all’interno della cellula come tetramero, in condizioni basali il repressore è legato all’operatore,
quando entra il lattosio, questo viene convertito in allo-lattosio dalla -galattosidasi.
È in grado di legare il repressore in un sito allosterico che fa si che il dominio di legame al DNA subisce un
cambio conformazionale, in modo che le α-eliche che si devono inserire vengonro distorte e il repressore
non è più in grado di legare l’operatore e si distacca da essoq.
Ma comunque anche quando il repressore non c’è, l’RNA polimerasi si lega debolmente. Quindi per attivare
una buona trascrizione vi è bisogno di una proteina attivatrice che è la proteina CAP (catabolite activator
protein).
La proteina CAP lega l’cAMP subisce un cambio conformazionale e si lega al suo sito attivatore.
I livelli di cAMP e quindi l’assenza o la presenza di glucosio possono regolare una serie di geni.
L’operone del galattosio è regolato negativamente da un altro repressore che è il repressore del galattosio:
è lo stesso concetto dell’operone Lac, posso usare galattosio se non c’è glucosio, quindi c’è un repressore,
c’è un attivatore che è lo stesso e cioè è di nuovo la proteina CAP.
Il fattore σ 70 è il fattore sigma dell’espressione basale: i geni che servono normalmente a Coli per vivere
hanno tutti delle sequenze di riconoscimento -10 e -35 che vengono riconosciute dal fattore σ 70.
Ma il genoma dei procarioti codifica molte altre subunità che in alcune circostanze, si possono sostituire a
70
σ ,che possono dirigere la polimerasi su promotori alternativi.
Uno di questi fattori alternativi è il fattore inducibile al calore, σ 32.
Quando E. Coli viene sottoposto a uno shock termico, nelle cellule aumenta la quantità di questo nuovo
fattore , il quale si sostituisce a σ 70 su una certa percentuale di RNA polimerasi portando questi enzimi a
trascrivere quei geni il cui prodotto protegge la cellula dagli effetti dello shock termico.
In definitiva, quando ha uno stress in Coli, l’espressione basale non la deve più fare: Coli deve bloccare la
trascrizione degli altri geni perché non serve che si metta a fare proteine che poi si denaturano, si devono
piuttosto produrre proteine che vengono in aiuto alle proteine denaturate.
Un altro fattore alternativo guida il programma di espressione genica quando il batteriofago SPO1 infetta
Bacillus subtilis, e li cresce secondo il ciclo, generando la progenie fagica.
Questo processo richiede che il fago esprima i propri geni in modo estremamente controllato.
In seguito all’infezione, la RNA polimerasi batterica riconosce i cosiddetti promotori fagici precoci che
codificano le proteine necessarie nei primi momenti dell’infezione.
A sua volta uno di questi geni codifica il fattore necessario ai geni virali tardivi.
Questa regolazione assicura che i geni virali siano espressi esattamente nello stesso ordine in cui sono
richiesti per portare a termine l’infezione.
NtrC controlla l’espressione dei geni coinvolti nel metabolismo dell’azoto.
merT è un gene che serve alle cellule per resistere alla presenza di mercurio, che è un metallo tossico per le
cellule.
Questo comporta che i due elementi di sequenza riconosciuti da , non sono né caratterizzati da una
distanza ottimale ne allineati, infatti si trovano ruotati uno rispetto all’altro, esposti su due facce divere
della doppia elica.
Questo riporta le regioni -10 e -35 in una disposizione favorevole per legare
il fattore e affinché la RNA polimerasi possa iniziare la trascrizione.
AraC controlla l’operone araBAD
Il promotore dell’operone araBAD di E. Coli è attivato in presenza di arabinosio e in assenza di glucosio e
dirige l’espressione dei geni che codificano gli enzimi necessari al metabolismo dell’arabinosio.
L’araC è una proteina che a seconda se lega o meno arabinosio può fare cose diverse. Ci sono due siti di
legami vicini al promotore ed un sito di legame più distante.
In presenza di arabinosio
araC lega l’arabinosio e lega
due sequenze I 1 e I 2, in
prossimità del promotore in
modo tale da interagire con
la RNA polimerasi e attivare
la trascrizione.
In assenza di arabinosio
La struttura di araC cambia e la
proteina, invece di legare i due siti
adiacenti, lega i siti I 1e un sito più
distante araO 2, che interagendo
tra loro impediscono ad araC di
legare l’RNA polimerasi e
impediscono di attivare la
trascrizione.
L’operone del triptofano unisce insieme i geni che servono per la biosintesi del triptofano:
Nell’operone del triptofano dopo il promotore vi è una sequenza leader, seguita poi dai vari geni.
La regolazione di questo operone avviene a due livelli, ed è un meccanismo utilizzato da molti batteri:
1. Il primo è trascrizionale, simile a quello dell’operone lac ma diverso nel come si esplica. Anche
l’operone del triptofano usa un repressore, il repressore triptofano.
Se il triptofano è basso, il repressore non si deve legare; se è alto, si deve legare. Il repressore dovrà
subire un cambio di conformazione, come il repressore lac, ma in seguito a legame con il triptofano.
Due sequenze che si appaiano tra di loro, che nel caso specifico
del triptofano sono la sequenza 3 e la 4, seguite da un tratto di poli-uridine.
Il peptide leader deriva dalla traduzione della sequenza leader e contiene due codoni per il triptofano.
Quando il triptofano è elevato, e quindi ci sono sufficienti amminoacil-tRNA caricati con triptofano,
appena esce il trascritto dalla RNA polimerasi, viene occupato dal ribosoma che comincia a tradurre il
peptide leader fino a che arrivi alla forcina di terminazione, dove termina la trascrizione e di
conseguenza anche la traduzione.
Quando il triptofano è basso, e quindi bassi livelli di amminoacil-tRNA caricati con triptofano, quando il
ribosoma passa sulla sequenza che codifica il peptide leader incontra 2 codoni per il triptofano.
Il ribosoma si blocca sulla regione 1 perché non gli arriva l’amminoacil-tRNA giusto.
In assenza di sintesi proteica invece, per altri motivi o perché non ci sono sufficienti ribosomi o perché
si è bloccata la sintesi perché la cellula è in stress:
Il processo del triptofano è un controllo trascrizionale che dipende dalla traduzione e ciò dal passaggio
del ribosoma e da quanto il ribosoma sosta su una regione piuttosto che un’altra.