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FISIOLOGIA

Fisiologia generale: delle cellule. Fenomeni elettrici di membrana. Sono segnali elettrici
fondamentali per l’attivazione del sistema nervoso. Sono alla base della contrazione muscolare.
Membrana cellulare: involucro impermeabile che faccia da contenitore per l’ambiente
intracellulare. Le sostanze di natura lipidica possono entrare senza problema. Le altre sostanze
sono dei soluti e quindi non passano la membrana, se non attraverso determinate proteine di
membrana. Possono avere funzioni enzimatiche, recettori, strutturali (legare, ancoraggio), o
trasportatori. Il trasportatore può essere sia attivo che passivo (da tramite).
I trasporti di membrana possono essere senza attraversamento di membrana o con
attraversamento di membrana
Quelli senza sono fagocitosi, pinocitosi o endo/esocitosi. La sostanza viene intrappolata in
un’invaginazione della membrana e poi si ritroverà dentro la membrana, che poi la vescicola si
potrà distruggere. Fagocitosi per particelle solide, pinocitosi se sono soluti, endo-esocitosi se la
sostanza attiva il meccanismo (es mediatori per esocitosi).
Quelli con attraversamento di membrana possono essere:
- Trasporti passivi: diffusione semplice e diffusione facilitata
- Trasporti attivi: trasporti attivi primari e secondari
Perché la molecola si diffonde (si sposta)? Quando ci sono particolari forze (gradienti) chimiche o
elettriche.
Chimica: gradiente di concentrazione, le sostanze si diffondono da dove ce n’è di più a dove ce n’è
di meno. Si ha un vettore (una forza)
Elettrica: gradiente in cui intervengono forze di attrazione elettrostatica. Avrà sempre la sua forza
e un suo vettore.
Ovviamente lo spostamento può avvenire sia dentro che fuori la cellula.
Le forze possono agire insieme e sommarsi, oppure lavorare contro e annullarsi.
Ci sono quindi flussi direzionali e flussi netti. Quando c’è un gradiente di concentrazione si parlerà
di flusso netto. Piano piano poi il flusso netto diminuisce e quindi diminuisce la velocità fino al
punto di concentrazione identica e non c’è più differenza di concentrazione.
Trasporti di membrana: cinetica della saturazione. Se entra nella membrana solo per gradiente,
c’è una relazione lineare nella velocità di trasporto. (A) Se il trasporto è facilitato, la curva è
lineare, ma poi diventa satura. Più aumenta il flusso, dopo un po’ si satura (B).
La permeabilità di membrana per quel determinato ione determina quindi la velocità di diffusione.
Il trasporto può essere:
- Diffusione facilitata
- Trasporto attivo primario (grazie ATP)
- Trasporto attivo secondario (una sostanza entra insieme a un’altra grazie a un utilizzo di
energia che avviene altrove)
- Pompe ioniche: es sodio-potassio. Fondamentale per mantenere determinati gradienti
intorno alla membrana.
I trasportatori di ioni attraverso le membrane sono proteine la cui struttura ha un buco al centro
che fa passare gli ioni. I canali ionici sono fatti in modo tale da essere selettivi (moderatamente, es
solo i positivi) o ultraselettivi (un solo ione)
I canali sempre aperti sono canali passivi, li fa passare passivamente.
I canali ad accesso variabile (o attivi, ma tuttavia sono senza consumo di energia), hanno uno stato
di chiusura e uno di apertura. Dipende dalla forma del canale, o della molecola. Passano da uno
stato di apertura a uno stato di chiusura a seconda del tipo di canale. Può essere variato da motivi
meccanici, oppure da un neurotrasmettitore, oppure voltaggio-dipendente (stato elettrico della
membrana). Il canale può essere aperto, chiuso o in uno stato di inattività.

Ligandi esogeni: l’associazione con ligandi esogeni come i farmaci può orientare i canali verso lo
stato aperto o lo stato chiuso, può bloccare in modo reversibile (farmaci) o irreversibili (veleno)
Fenomeni elettrici di membrana: il potenziale di membrana è dato dalla differenza tra esterno e
interno. Nel potenziale di riposo, la differenza di membrana è negativa per il neurone. Nel neurone
si chiama potenziale di riposo, perché può rapidamente cambiare se ci sono segnali elettrici. Il
potenziale di membrana nei tessuti eccitabili si chiama potenziale di riposo. Non c’è un valore
fisso, nel neurone circa -60/70 mV (millivolt). Se è a -70, se va verso lo 0 (diminuisce) si sta
depolarizzando. Se ritorna al suo punto, si parla di ripolarizzazione. Se aumenta, si iperpolarizza.
Se viene modificato il potenziale di membrana e viene depolarizzato oltre un valore detto soglia, le
membrane eccitabili generano un segnale elettrico detto potenziale d’azione. Il potenziale
d’azione è il messaggio base che fa portare la trasmissione degli input.
Tutte le cellule hanno un potenziale di riposo. Una carica elettrica attraverso la membrana
plasmatica, con l’interno della cellula negativo rispetto all’ex. Il valore del potenziale di riposo
varia, ma nelle cellule eccitabili si aggira tra -90 e -70 mV.
Potenziale di riposo: separazione di cariche elettriche nelle immediate vicinanze della membrana.
Una membrana eccitabile si può depolarizzare o iperpolarizzare (quando va oltre la soglia). Ci sono
delle correnti di membrana che attraversano la membrana dette di tipo elettrotonico.
Se si modifica il potenziale di membrana facendo attraversare corrente a cavallo della membrana. I
tessuti eccitabili se vanno oltre il valore soglia (intorno i -50 mV), per un attimo la membrana si
depolarizza tanto e va anche positivo, creando un potenziale d’azione, il segnale base con cui il
cervello fa la comunicazione.
Potenziale di riposo: separazione di cariche elettriche nelle immediate vicinanze della membrana.
Qui le cariche sono in equilibrio, ma c’è comunque una differenza di potenziale di cariche tra int ed
ex, che sono separati attraverso la membrana.
Perché c’è la separazione delle cariche? A cavallo delle nostre membrane c’è una differenza di
gradiente di concentrazione di anioni e cationi attraverso la membrana. Fuori dalla cellula c’è
molto sodio (positivo). Dentro la cellula invece c’è molto potassio (positivo). Fuori dalla cellula gli
anioni sono il cloro (negativo). Fuori dalla cellula c’è quindi molto cloruro di sodio. Dentro la cellula
c’è A- (anione proteico), che crea proteinato di potassio. Ci sono quindi molti gradienti chimici che
potrebbero permettere una forte diffusione di gradiente, però essendoci la membrana è
controllata. Il sodio passa poco attraverso la membrana, perché in condizione di riposo c’è poca
permeabilità. A riposo la permeabilità della membrana è per il potassio, ha una buona
permeabilità. In condizione di riposo quindi il potassio tenderà a entrare dentro la cellula con un
flusso netto. A questo punto delle cariche positive entrano nella cellula, portando fuori dalla
cellula un eccesso di cariche negativa e dentro invece un certo flusso di cariche positive, creando
una differenza di potenziale che aumenta mano a mano che entra nella cellula il potassio. Così si
crea un vettore elettrico con direzione opposta. Dopo un po’ ci sarà una situazione di equilibrio per
il potassio perché da un punto di vista chimico tenderà a continuare a entrare, ma da un punto di
vista elettrico tenderà a spingerlo in fuori. Fuori ci sarà comunque una differenza di potenziale
elettrico, calcolabile con l’equazione di Nernst.
Tutte le membrane biologiche hanno permeabilità per il potassio. La cellula gliale è SOLO
permeabile per il potassio, quindi ha un’alta concentrazione di potassio dentro, che tenderà a
uscire fin quando non c’è tanto potassio dentro la cellula, ma più carica negativa fuori e quindi
sarà in equilibrio. Qui la carica è di -90.

Nel neurone il potenziale di riposo è di -70 perché è permeabile sia per il potassio, che per il sodio.
Questo perché mentre entra il potassio, entra anche il sodio che non permette di arrivare a -90. A -
70 continua a entrare del sodio mentre esce il potassio e di conseguenza non c’è un equilibrio di
concentrazione. La pompa sodio-potassio permette di trattenere i vari gradienti di concentrazione
perché sputa fuori sodio e porta dentro potassio, cercando di mantenere una concentrazione
corretto, però la membrana non ha una condizione di equilibrio.
In un neurone il potenziale di azione si innesca nella zona di innesco, in corrispondenza del
monticolo, dove c’è una maggiore densità dei canali del sodio voltaggio-dipendenti. La zona di
innesco solitamente è a inizio dell’assone, a quel livello la membrana deve andare sotto il valore
soglia attraverso effetti sinaptici. Le zone di innesco possono anche essere a livello dei dendriti,
quindi alla periferia.
Un potenziale d’azione può nascere con uno stimolo sensoriale per un recettore, che si apre
meccanicamente (es meccanocettori), dove la membrana viene deformata meccanicamente, entra
il sodio e quindi c’è la depolarizzazione, si crea il potenziale d’azione.
Un’altra possibilità è a livello delle sinapsi o perché riceve segnali dall’esterno (recettore) o da altri
neuroni.
Un’altra possibilità è che avvenga spontaneamente, attraverso ad esempio il nodo seno-atriale.
Anche a livello del cervello può avvenire un’attività spontanea a prescindere dagli stimoli
Propagazione del potenziale di azione: conduzione di un segnale elettrico a distanza. Proprietà di
cavo degli assoni. 3 problemi:
- Resistenze longitudinali
- Scarso isolamento della membrana (si disperdono le correnti)
- Correnti capacitive
Il potenziale d’azione si propaga lungo l’assone grazie a cariche positive che fluiscono, si aprono i
canali voltaggio dipendente a cascata lungo tutto l’assone. Si crea un flusso unidirezionale delle
informazioni.
Velocità di conduzione: più lente della velocità della luce, ma dipende dalla capacità del SNC di
produrre comportamenti rispetto ai fattori ambientali. La mielina aumenta la velocità di
conduzione, isolando elettricamente la membrana, non essendoci dispersione di corrente. Si
aprono i canali voltaggio dipendente a livello dei nodi di Ranvier, crea tipo dei salti.
La velocità aumenta anche in base all’aumentare del diametro dell’assone, perché ci sono meno
resistenze longitudinali, più distanti possono essere i nodi di Ranvier.
Le fibre del SNP hanno calibri differenti. si possono dividere in gruppi in base ai diametri:

Qui ci sono sia fibre afferenti, che efferenti.


Ad ogni categoria corrisponde un determinato diametro, una diversa velocità di conduzione e una
diversa funzione.
Maggiore è il diametro:
- Maggiore è la velocità di conduzione
- Minore è la soglia di eccitabilità
- Maggiore è la suscettibilità ai fenomeni compressivi
- Minore è la sensibilità agli anestetici periferici

Terza lezione
La grossa differenza tra scimpanzè e uomo è la quantità di neuropilo nell’uomo che è maggiore,
quindi è più complesso

Sinapsi: punto di contatto tra due cellule eccitabili che permette il trasferimento dell’info da un
elemento presinaptico a un elemento postisinaptico e cioè da neurone a neurone o da neurone a
cellula muscolare. Si consente il trasferimento di messaggio
Ce ne sono due grossi tipi: quelle elettriche e quelle chimiche
- Elettriche: la membrana pre e post sinaptica sono addossate e attraverso dei canali si
mette in comunicazione il citoplasma con le due cellule. Arriva il segnale e depolarizza la
membrana successiva proseguendo. Le gap junctions permettono il passaggio di flussi
ionici. La propagazione non si blocca e circola con queste sinapsi elettriche. La struttura è
nota e avviene attraverso il connessone, fatto da 6 connessine, con canali sempre aperti
solitamente (alcuni sono regolati in apertura/chiusura). Il messaggio passa sempre. Il
messaggio può essere anche retrogrado non essendo regolato, quindi è bidirezionale. Con
le gap junctions c’è una scarica rapida e sincrona delle cellule interconnesse. Se fossero
tutte elettriche, non ci sarebbe una regolazione del flusso e dell’informazione. Non può
rappresentare tutte le sinapsi del SNC.
- Chimica: qui il potenziale di azione termina, quando arriva in corrispondenza della sinapsi,
libera coi neurotrasmettitori dei segnali che andranno al neurone ricevente. Sono sinapsi
che avviene attraverso diversi passaggi. Il potenziale d’azione viaggia lungo l’assone fino a
quando non finisce la membrana, prima di esaurirsi si depolarizza, apre dei canali voltaggio
dipendente del calcio, che innesca diversi processi a seconda di quello che c’è nella
determinata cellula. Spesso attiva delle vescicole che contengono il neuromediatore.
Queste vescicole migrano verso la membrana e riversa nella fessura sinaptica il
neuromediatore. Il legame tra neuromediatore e la membrana crea il passaggio di
informazione. Non sempre il neurotrasmettitore viene liberato nelle strette vicinanze della
membrana postsinaptica. Modalità che permettono al SNC di regolare ad esempio le
funzioni endocrine, dove il SNC agisce liberando ormoni nel sistema circolatorio. Le sinapsi
possono essere asso-dendritiche, asso-assoniche, en-passaint (liberano vescicole al
passaggio). Le vescicole hanno un loro ciclo vitale, continuo, dove si formano e si liberano
le vescicole. Queste vescicole sono spesso legate tra loro con un pool di riserva attraverso
proteine. Quando si liberano, altre si sganciano dal deposito e saranno pronte.
Le vescicole rilasciano neuromediatori e hanno il compito di trasferire il messaggio.
Si dividono a basso peso molecolare tipo l’acetilcolina, dopamina, epinefrina, serotonina, istamina,
melatonina, glutammato. Sono molecole piccole ed esistono delle vie di sintesi che le formano
Ci sono anche quelli a più alto peso molecolare, ad esempio i neuropeptidi, che sono
neurotrasmettitori tipo gli oppioidi (hanno come recettori quelli su cui agiscono gli oppiacei).
Ci sono anche altri neurotrasmettitori detti non convenzionali, perché sono liposolubili per cui
attraversano la membrana e sono quindi transcellulari. Un esempio sono gli endocannabinoidi che
si legano sui recettori della membrana come quelle delle droghe da abuso.
Una volta si pensava che ogni sinapsi avesse un solo tipo di neurotrasmettitori, in realtà ci sono più
neurotrasmettitori nelle terminazioni presinaptiche. hanno infatti vescicole con
neurotrasmettitore a basso peso molecolare (messaggio debole) e alto peso molecolare
(messaggio forte, stimolo più forte).
I neurotrasmettitori vengono liberati e agiscono sulla membrana post sinaptica. Sono
fondamentali però i meccanismi di inattivazione e recupero, ad esempio la sinapsi dell’acetilcolina
che viene liberata e subito dopo inattivata con l’enzima acetilcolinaterasi. La sua attività viene
quindi bloccata in modo definitivo con gas nervini, o in modo reversibile con farmaci che vengono
usati per funzionare e rilassare l’acetilcolina. Di recupero è invece la cocaina che continua a far
attivare la dopamina.
Cosa succede quando il neurotrasmettitore arriva sulla membrana post sinaptica? Quella più
conosciuta è la sinapsi neuro-muscolare. La membrana fa invaginazioni dove ci sono i recettori per
l’acetilcolina. Quando arriva il potenziale d’azione, si liberano tante vescicole di acetilcolina, che
permettono una depolarizzazione marcata che nella cellula muscolare permette un potenziale
d’azione. Succede solo nel muscolo perché si libera tante vescicole, a livello del neurone non è
così, crea un debole potenziale di azione ma non completo. Quando si libera l’acetilcolina quindi
avviene un potenziale d’azione perché se ne libera tanta. Il canale è un canale cationico, che
depolarizza la membrana e apre anche i canali voltaggio dipendenti e far partire il potenziale
d’azione.
Nel SNC gli effetti sono più deboli, perché c’è una variazione locale del potenziale. La nascita di un
potenziale d’azione in un neurone è il risultato di una sommatoria algebrica in senso spaziale e
temporale delle correnti postsinaptiche.
Nel neurone ci sono anche sinapsi inibitori, cioè iperpolarizzanti, perché allontanano il potenziale
d’azione alla soglia.
Nel sistema muscolare la sinapsi è sempre eccitatoria. Nel sistema nervoso si devono sommare,
alcune sono inibitorie. Esistono anche delle sinapsi assoassoniche.
I neurotrasmettitori agiscono sui recettori di membrana determinando iper o depolarizzazione,
attraverso i potenziali postsinaptici.
I neurotrasmettitori possono agire in diversi modi, quindi hanno diverse classi, tipo i
metabotropici, ionotropici con effetti facilitatori o inibitori.
Il più comune neutrasmettitore eccitatorio, cioè il glutammato, può agire su diversi recettori, ma in
particolare sul recettore ionotropico del glutammato, che da solo non basta per aprire il canale,
per cui per aprirsi ci deve essere anche una depolarizzazione di membrana. Quando entra il calcio
nella cellula può appunto depolarizzare e quindi permette la depolarizzazione
Recettori metabotropici: attivano le proteine di membrana e portano delle cascate per il secondo
messaggero. Possono essere prodotti dei messaggeri transcellulari come gli endocannabinoidi, che
sono localizzati diffusamente nel SNC e sono per lo più inibitori. Il recettore metabotropico porta
alla produzione del secondo messaggero, che può andare ad agire su dei canali di membrana che
modificano la permeabilità di membrana. Di conseguenza, gli effetti sono più lenti e la durata è più
lunga. Servono per modulare la popolazione di neuroni per un certo periodo di tempo. Non si ha
un effetto specifico selettivo, ma modula popolazioni di neuroni per un effetto più prolungato.
I secondi messaggeri possono girare anche liberamente nel citoplasma, potendo liberare proteine
citoplasmatiche, fosforo, attivare sistemi proteici o attivare sinapsi e quindi possono agire a livello
nucleare. Significa che un neurone A quando agisce su un neurone B, può avere un effetto locale
sul neurone, ma a volte può anche modificare alcuni aspetti sulla sua trasmissione e quindi fare
modifiche più o meno permanenti.
Plasticità sinaptica: modificazione per tempi lunghi o brevi dell’efficacia delle sinapsi chimiche. Si
modifica così il flusso all’interno di un circuito.
- Fattori intrinseci (elevata frequenza di scarica)
- Fattori estrinseci (segnali sinaptici o attività neuromodulatori)
Va quindi a modificare sul versante presinaptico e postsinaptico.
La plasticità sinaptica si modifica anche a lungo termine, un es è l’apprendimento motorio tipo
quella della bicicletta. Un altro esempio è l’abituazione, che un continuo stimolo alla lunga rende
inefficace la sinapsi (vestito appena messo). Un altro è il potenziamento a lungo termine o anche il
depotenziamento a lungo termine, dove la sinapsi diminuisce le proteine di membrana.
Long term depression nell’ippocampo: stimolazione per lunghi periodi a bassa frequenza, ingresso
di una quantità minore di calcio attraverso NMDA, attivazione di una fosfatasi e internalizzazione
di recettori AMPA. Il SNC è quindi adattabile e non fisso, è plastico

Quarta lezione

SISTEMA CARDIOVASCOLARE
Serve per portare O2 all’ossigeno e portar via cataboliti e anidride carbonica. La pompa che lo fa
girare è la pompa cardiaca. 4 cavità, dx e sx. dal punto di vista meccanico è una pompa in serie,
quindi si deve contrarre per dare forza propulsiva al sangue e dall’altro si deve anche rilassare.
Alterna fasi di rilasciamento (diastole o diastasi) e fasi di contrazione (sistole). Le sistole atriali
precedono di poco tempo quelle ventricolari, poi fa seguito la diastole. La pompa è unidirezionale,
va solo in un’unica direzione grazie alle valvole che ostruiscono il reflusso. Il gioco di apertura e
chiusura delle valvole è dettato dalla regola fondamentale del gradiente di pressione (legge di
poisieulle), cioè la legge fondamentale della flusso dinamica, un flusso si muove verso un gradiente
di pressione (va dove ce n’è di meno). È inversamente proporzionale alla resistenza. Ad esempio
dopo la diastole aumenta la pressione nel ventricolo, che sarà maggiore di quella dell’arteria
polmonare e quindi il sangue tenderà a uscire aprendo la valvola.
Il cuore è formato stt da fibre muscolari, tessuto striato, però ha la differenza che le cellule non
scorrono lungo tutta la lunghezza del cuore, ma sono in comunicazione con le gap junctions, che
propagano rapidamente gli stimoli elettrici. In comune con il muscolo scheletrico è contrazione-
rilassamento per mezzo di un evento elettrico.
L’evento elettrico viene auto generato dal muscolo stesso in loco. Non è sotto il controllo della
nostra volontà, è autonomo, però può essere modulata. Nel cuore c’è un auto generazione di
attività elettrica che deve propagarsi nel modo giusto in tutto il cuore con un senso logico. La
contrazione grazie alla sistole deve avere un inizio e propagazione in modi e tempi predefiniti.
L’attività elettrica nasce nel nodo senoatriale dove ci sono cellule muscolari modificate che
generano potenziali lettrici con un certo ritmo. Il potenziale d’azione nasce nel nodo senoatriale e
attraverso una diffusione dell’attività elettrica parte. Le contrazioni sono circa 70 al minuto ed è
regolata dal sistema nervoso autonomo.
L’attività elettrica nasce dal nodo senoatriale, si diffonde subito agli atri con le gap junction su
tutte le pareti degli atri che si contraggono, dopo di che l’attività elettrica va ai ventricoli attraverso
il nodo atrioventricolare che lo depolarizzano, dopo di che viene il passaggio al fascio di His che
arriva fino al vertice del cuore rapidamente e da qui interessa il miocardio partendo dal vertice
verso l’alto (alla base). Questo per spremere verso l’alto. L’onda elettrica avviene attraverso un
potenziale di azione.
Potenziali d’azione cardiaci: c’è il NSA, il NAV. Il potenziale d’azione cardiaco dura di più rispetto a
quello nervoso. Ci sono due tipi:
- Quello del nodo del seno: chiamato risposta lenta
- Quello del muscolo cardiaco: chiamato risposta rapida. Varia la rapidità della
depolarizzazione della membrana.
Alcuni meccanismi sono in comune con il nervoso, perché c’è una depolarizzazione iniziale grazie a
ingresso di sodio. A un certo punto però si inattiva la corrente del sodio, che fa uscire il potassio e
dovrebbe andare a potenziale negativo, invece nel cardiaco entra dentro il calcio che contribuisce
all’attività contrattile e in più fa durare il d. Quando finisce il potenziale d’azione l’attività
contrattile si è già esaurita. Nel muscoloscheletrico i potenziali di azione si sommano per
mantenere il muscolo in uno stato di contrazione, invece nel cuore non deve avvenire perché da
pompa deve rilasciarsi. Per questo motivo il potenziale di azione è lungo e protegge il cuore da un
eventuale sommazione di potenziali di azione.
A livello del nodo del seno parte da -40, arriva a -60 e qui si depolarizza fino a 20, questo per il
continuo ingresso di correnti di sodio che entrano e fanno arrivare al valore di soglia e fa partire il
potenziale ecc. Questa corrente detta la nascita del potenziale di azione. Questo ritmo detterà il
ritmo contrattile del cuore (pacemaker). Questa corrente determinerà anche l’insorgenza del
potenziale elettrico.
Esistono anche fattori inibitori che fanno diminuire l’insorgenza delle attività contrattili,
abbassando la frequenza cardiaca. La frequenza cardiaca si può anche aumentare. Con il SNA si
può quindi regolare aumentando o accelerando la frequenza cardiaca.
Durante l’attività cardiaca come pompa il cuore?
Per ciclo cardiaco si intende il continuo susseguirsi nel tempo di sistole e diastole, contrazione e
rilassamento. Normalmente si parte da fine del rilasciamento e inizio della sistole.

Maggiore è la forza di contrazione, maggiore è la pressione nel ventricolo. Dopo, la cavità si ridurrà
il volume. La riduzione di volume dà indirettamente la quantità di pressione. Al punto a c’è l’inizio
della sistole, ci sarà il massimo volume ventricolare perché si è riempito. Arriva la contrazione a
livello dei ventricoli, da a a b si ha una contrazione del muscolo che aumenta la pressione
esercitata nel cuore, ma il volume è ancora identico perché il cuore non si sta ancora svuotando,
perché nell’aorta c’è ancora una pressione troppo alta (deve andare almeno a 80 mm/Hg per
entrare in aorta). Aumenta quindi la pressione a volume costante. È una contrazione
isovolumetrica
Una volta arrivato a pressione di 80, la valvola aortica si apre e c’è una fase di eiezione, tra b e c,
con un ulteriore aumento di pressione, però diminuisce il volume perché il sangue entra in aorta.
A c c’è la fine della sistole che è la pressione massima (120).
A questo punto c’è la fase di rilasciamento, dove la pressione crolla a tal punto che la pressione
dell’atrio è maggiore di quello del ventricolo, si apre quindi la mitrale e semilunare e il volume
torna a crescere.
La quantità di sangue tra ventricolo sx e ventricolo dx deve essere uguale per evitare un ingorgo di
sangue. Cambia tuttavia il valore di pressione, perché la forza del circolo polmonare è bassa,
rispetto a quella del circolo sistemico dove deve essere ben più alta.

Volumi ventricolo sx: come detto la pressione è sempre uguale per entrambi i ventricoli, per il
volume è diverso. Si oscilla tra 60-130/150 ml. Questo perché il sangue non viene svuotato
completamente. Aumenta maggiormente quando c’è da portare maggiore sangue in periferia.
Riassunto numerico

Bisogna tenerne conto perché durante l’attività fisica si aumenta la frequenza, anche se il cuore
deve avere un periodo per potersi riempire. Il cuore è un sistema in serie. Durante la diastole si
riempie e durante la sistole una quota di sangue viene espulsa (gittata sistolica) di circa 70-90 ml
su 130 (un po’ più della metà).
Gittata sistolica e frazione di eiezione sono importanti per il cuore, perché oscilla tra 50-70% e dà
l’idea della capacità del cuore di adattarsi alla necessità.
Con l’ECG si misura l’attività elettrica dell’attività cardiaca, che registra una serie di onde che
corrispondono agli eventi elettrici che intervengono nel cuore. La onda R corrisponde alla
depolarizzazione nel ventricolo (appena prima dell’inizio della sistole). Il principio che si usa è
quello che si può misurare extracellularmente l’attività elettrica attraverso degli elettrodi, perché
registrano le differenze di potenziale tra una parte depolarizzata e una che deve ancora farlo. Nel
cuore le correnti sono in parallelo e si depolarizzano contemporaneamente e quindi il flusso
derivano da più correnti, si sommano e si possono misurare da lontano perché con acqua e sale
vengono trasmesse. Mettendo su polsi e caviglie è come misurare su ombelico e spalle (triangolo
di Einthoven). Serve per valutare anomalie in base a dove va maggiormente l’onda dove ci sarà più
stimolo (es ipertrofia ventricolare).
Portata cardiaca (PC) ml/min. PC = gittata sistolica x FC
Es: gittata sistolica 70 ml, FC 70 bpm. 70 x 70 = 4900 ml/min
Il cuore quindi deve essere in grado di apportare il sangue in periferia, il cuore deve quindi
accelerare quando c’è bisogno, altrimenti sta al minimo. In condizioni basali i tessuti ricevono quel
che deve ricevere al minimo e poi l’attività cardiaca deve adattarsi in base alle esigenze. Se non
riesce, si va nel patologico con insufficienza cardiaca. L’individuo ha quindi problemi quando ha
maggiore necessità.
Gittata cardiaca: quantità del sangue emesso nel flusso al minuto, che è circa 5 l al minuto di
media. Durante l’attività un individuo normale può arrivare a 20 litri, in atleti a 40 litri.
Sapere la frequenza è facile (calcolo polso), ma non lo è sapere la gittata sistolica. Lo si calcola con
il metodo di Fick, partendo dal consumo di ossigeno. Per ogni litro di sangue che passa, prendo 50
cc di ossigeno e può stimare la gittata cardiaca. Gittata cardiaca e frequenza cardiaca è uguale.
Come si adatta il cuore? Ci sono meccanismi intrinseci ed estrinseci.
Intrinseci: quando il cuore è a riposo, i volumi di sangue nel ventricolo sono sotto le potenzialità
massime, per cui se si riempie di più il ventricolo svilupperà una maggiore forza e quindi pomperà
più sangue. Se il ventricolo è più riempito, pomperà più sangue, quindi è un meccanismo
intrinseco che regola l’intensità di contrazione del ventricolo. Curva di Starling

Estrinseci: sistema nervoso vegetativo. Agisce sull’organismo su visceri, organi ecc regolando le
funzioni di attività. Ha una componente simpatica con neuroni nel midollo spinale che va a finire
sul viscere. Se c’è un aumento del carico di lavoro del cuore, il sistema simpatico esercita a livello
del nodo del seno e a livello del miocardio, aumentando la frequenza e aumentando la forza di
azione. Agisce quindi su frequenza e su forza di contrazione, aumentando la portata cardiaca.
Inotropismo. I meccanismi di azione avvengono attraverso il sistema adrenergico.
Gli effetti della noradrenalina si può valutare in laboratorio perché si vede l’aumento della gittata.
Se agisce il parasimpatico, agisce il sistema colinergico, il mediatore è l’acetilcolina ed è
contrapposto alla noradrenalina, determina bradicardia. Con dei farmaci si può agire su entrambi i
sistemi.

Un cuore di atleta è più grande in toto, sia le pareti, che la camera. A riposo hanno una frequenza
cardiaca bassa, di bradicardia, perché i 5 l che servono a riposo hanno bisogno di un minor numero
di contrazione.
L’attività cardiaca si deve modificare molto rapidamente e succede grazie a sistemi riflessi del
sistema circolatorio che rileva dei parametri e vengono recepiti a sistemi nervosi a livello del
tronco dell’encefalo che regoleranno l’attività cardiaca. Un esempio è il riflesso barorecettoriale. A
livello delle carotidi c’è il seno carotideo, dove ci sono terminazioni nervose sensibili a variazioni
delle pareti dell’arteria stessa. Maggiore è la pressione, maggiore è il segnale recepito dal
barorecettore. Questo potrà portare variazioni a livello centrale. Se c’è meno pressione al
barorecettore, aumenterà poi la frequenza aumentando il sistema simpatico e diminuirà il vago.
Ipotensione ortostatica: quando ci si alza c’è un abbassamento di pressione, se lo stimolo arriva
tardi si può avere una sincope.
Riflesso di Baindridge: risposta in tachicardia del cuore quando arriva più sangue nel ritorno
dell’atrio dx, ad esempio se ci si sta in piedi e improvvisamente ci si sdraia, qui aumenta il ritorno
venoso improvvisamente al cuore, qui aumenta la pressione nell’atrio dx, aumentando la
frequenza cardiaca per accelerare il deflusso.

Sistema circolatorio: il flusso sistemico inizia con l’aorta, che si dirama e porta il sangue ai diversi
tessuti e sistemi. La circolazione sistemica è l’insieme di tante circolazioni distrettuali che insieme
sono in parallelo
Nel sistema circolatorio ci sono le arterie, arteriole, capillari, venule e vene.
Nell’aorta si ha una pressione elevata che a un certo punto crolla. Il sangue passa in aorta (2,5 cm),
poi il sangue passa in vasi più piccoli, ma la loro sezione sommata è ben maggiore, quindi l’area di
sezione trasversa (quella totale) aumenta progressivamente fino ai capillari, diminuendo la
velocità dei capillari. La logica è che il sangue passi lentamente nei capillari per dare il tempo per
gli scambi a livello capillare.
Un altro aspetto è che da aorta a capillari si ha una caduta drastica della pressione, stt a livello di
arteriole e piccole arterie. Le arteriole sono i vasi di resistenza. Nel capillare la pressione è a 20.
Perché si deve abbassare? Perché i capillari hanno una parete molto bassa per permettere gli
scambi, con una pressione alta si romperebbe. Ci deve essere un progressivo calo pressorio perché
per la legge di Poiseuille un liquido si sposta se c’è un gradiente di pressione, il flusso va verso
dove c’è una minore pressione.

Se diminuisco il calibro del raggio, aumento le resistenze davvero tanto


La viscosità del sangue è variabile e dipende dalla quantità relativa di globuli rossi rispetto al
normale, cioè il valore di ematocrito.
Effetto windkessel: in italiano effetto mantice (soffietto del fuoco), è il meccanismo che spiega che
il flusso di sangue non è intermittente, ma continuo. Il sangue viene spinto in aorta e il cuore si
rilascia e va in diastole. Durante la diastole non è però che il flusso si ferma, ma continua a
transitare. I grossi vasi arteriosi sono elastici, per cui durante la sistole la pressione aumenta e
l’aorta si dilata, dopo di che c’è un ritorno elastico della parete quando cala la pressione,
conferendo una forza propulsiva al sangue durante la diastole. Con il passare dell’età l’aorta perde
elasticità e quindi questo effetto perde valore, per cui diminuirà il volume dell’aorta perché la
parete si irrigidisce, è meno elastica. Nell’anziano quindi la pressione sistolica tende ad aumentale,
la diastolica a diminuire.
Microcircolo:
Il sangue passa lentamente perché la velocità è diminuita, la pressione è diminuita e qui
avvengono gli scambi fondamentali. La quantità di sangue deve essere regolata. Vengono favoriti
flussi di sangue da un lato e dall’altro a seconda delle necessità. Il SNA regola le funzioni viscerali e
quindi regola anche le funzioni del microcircolo, ad esempio il simpatico può ridurre la
distribuzione di sangue all’apparato digerente e favorirlo in altri distretti dove c’è più bisogno.
Durante un’attività fisica bisogna aumentare l’attività di sangue al distretto muscolare, però se si fa
una corsa ad es di più agli arti inferiori e non a tutti i muscoli. Un aumento di CO2 o di H+ fanno
aumentare il circolo localmente perché c’è una maggiore attività catabolica.
Nutrimenti come il glucosio (soluti) passano attraverso la membrana con dei meccanismi in cui i
soluti passano attraverso dei flussi di acqua che si creano a questo livello. A livello del capillare si
ha un flusso di acqua che crea delle correnti di flusso che trascina anche i soluti e il glucosio viene
passato passivamente attraverso il capillare e i cataboliti passano anche loro col ritorno passivo.
Come sempre, quello che vale è il gradiente di pressione.

All’inizio del capillare la pressione è intorno ai 30 mmHg, che mano a mano fa uscire acqua dal
capillare. Cosa richiama poi l’acqua nel capillare? La pressione osmotica del capillare, intorno al 25
mmHg, che richiama liquido. La pressione che la fa uscire è 30 a inizio capillari, alla fine la
pressione scende sotto la pressione osmotica del plasma e quindi il liquido viene richiamato. Se c’è
un calo delle proteine nel plasma non avviene questo meccanismo e quindi si avrà un edema. Il
sistema linfatico raccoglie l’eccesso di liquidi interstiziale, contribuendo ai cambi e mantenere in
equilibrio il gioco di pressioni a livello dei capillari.
Le vene contengono più sangue, quindi sono dette vasi di capacitanza. Con meccanismi di
vasocostrizione si riduce il sangue nelle vene aumentando il ritorno venoso e aumentando la
gittata cardiaca.
Il problema fondamentale del ritorno venoso è che il circolo venoso è a bassa pressione.

Il ritorno venoso quindi può essere ostacolato, stt dalla forza di gravità. La pressione arteriosa
aumenta negli arti inferiori e diminuisce in alto (misurare sdraiato o allo stesso livello)
Il problema è far tornare il sangue al cuore dai piedi, perché possa avvenire devono contribuire
diversi fattori:
- La struttura delle vene degli arti inferiori è provvista di valvole con dei lembi che si
chiudono e fanno da struttura stagna. Se si sfianca la vena, le valvole possono non più
chiudersi bene e si possono creare edemi
- Attività muscolare: il circolo in periferia porta il sangue ai muscoli. Se si contrae un
muscolo, si comprime anche le vene che imprime una forza propulsiva al sangue. Un
minimo di attività fisica motoria riduce la pressione favorendo la spremitura
- Attività respiratoria: durante l’inspirazione si aumenta la pressione negativa della gabbia
toracica, che tenderà a diventare ancora più negativa con inspirazioni forzate, favorirà il
ritorno venoso.

SISTEMA RESPIRATORIO
Nel parenchima polmonare in fondo alle vie aeree ci sono dei sacchetti rivestiti da una membrana
sottile, tra alveoli e capillari, rendendo in modo molto agevole lo scambio.

Vie aeree di conduzione: simile al sistema circolatorio, si parte da un grosso condotto di circa 2 cm
(trachea), che mano a mano i bronchi sono di calibro minore, però il numero aumenta
notevolmente. Si parla di generazione fino alla sedicesima, oltre la quale avvengono già gli scambi
respiratori. Gli alveoli sono la 23. La sezione trasversa quindi aumenta notevolmente, diminuendo
quindi la velocità per eliminare con le ciglia eventuali particelle solide inalate. Le particelle più
sottili sono talmente sottili che arrivano anche fino agli alveoli, dove non possono essere
eliminate. Il punto di maggiore resistenza per l’aria è a livello della trachea, anche se ancora prima
è a livello del naso. Per questo motivo se si iperventila si usa la respirazione orale, che tuttavia
umidifica meno e purifica meno l’aria.
Attraverso le vie aeree si manda l’aria agli alveoli.
La ventilazione avviene grazie ai muscoli respiratori. In condizione di riposo, un ciclo di insp-esp
dura circa 4 secondi, quindi circa 12 cicli al minuto. L’espirazione è un po’ più lunga (2,2 secondi),
perché è passivo.
Principio base meccanica respiratoria: legge di Boyle.
una riduzione del volume aumenta le collisioni e
aumenta la pressione. Se si aumenta il volume si diminuisce la pressione
Se si aumenta il volume dei polmoni, la pressione diminuisce e quindi il flusso entrerà per il
gradiente di pressione rispetto alla pressione atmosferica che è più alta. Il volume aumenta
agendo attraverso il diaframma (abbassamento) o gli intercostali (manico di secchio e braccio di
pompa).
Il polmone ha una sua elasticità che fa sì che si comporti come se fosse un palloncino elastico, se lo
si toglie dalla gabbia toracica si sgonfierebbe totalmente. Le pleure evitano che il polmone si
distacchi dalla gabbia toracica. Essendo elastico, il ritorno in espirazione è passivo. È l’energia
potenziale elastica che si ha accumulato per tornare alla posizione di equilibrio.
L’espirazione forzata avviene anche attraverso i muscoli addominali che rimpiccioliscono i
polmoni. Durante l’insp si prende circa 0,5 l di aria, in insp forzata si incamera più aria.
Studio ventilazione: con prove di funzionalità polmonare. Valuta se gli scambi di aria sono validi e
adattabili alla situazione. Si misura sia il volume che la velocità di flusso con la spirometria.
Si deve avere un concetto di standard e si valuta la normalità per comparare.
In condizioni normali entra in respirazione tranquilla circa 0,5 l
Volume corrente: aria respirata in condizione normale (0,5 l)
Volume di riserva inspiratorio: si può inspirare di più, di circa 3 l
Volume di riserva espiratorio: l’espirazione forzata, circa 1,1 l
Volume residuo: quello che rimane dopo esp forzata, circa 1,2 l. Non misurabile con lo spirometro
Capacità vitale: massima quantità di aria che si può scambiare con un singolo atto respiratorio. È
l’insieme di volume corrente, volume di riserva inspiratorio e volume di riserva espiratorio. Circa
3,5-4 l.
Capacità funzionale residua: è il volume che rimane dopo un’espirazione tranquilla. Insieme di
volume di riserva respiratorio e volume residuo. Di circa 2,3 l. in alcune patologie tipo l’enfisema,
quando c’è una perdita di elasticità polmonare, ci sarà un suo aumento perché diventa una
respirazione corrente.
Il volume residuo lo si può calcolare col metodo della diluizione, mettendo in un contenitore un
elio prima dell’equilibrio, poi dopo l’equilibrio si farà una proporzione per calcolarlo.
Un’altra prova funzionale che si misura sempre con lo spirometro è la velocità che si valuta con
l’espirazione profonda. Si valuta quanto tempo ci si mette a espirare la capacità vitale alla massima
velocità. VEMS. In un secondo si deve essere capace di togliere almeno l’80% della capacità, se non
si riesce c’è qualcosa che blocca tipo asma.
La pressione nello spazio intrapleurico è negativa. se c’è pneumotorace il polmone si ridurrà
L’elasticità del polmone è dovuta dal fatto che la parete sia ricca di elastina, inoltre c’è una trama
elastica e una tensione superficiale.
Compliance polmonare: cedevolezza, si va a vedere cambiando la pressione dentro il polmone di
quanto varia il volume rispetto al massimo. Se cambia poco si ha una bassa compliance e si vede
quando il polmone è sgonfio. Solo al primo atto respiratorio alla nascita si riempie dal nulla il
lavoro è molto alto. L’elasticità del polmone è variabile, non lineare.
Legge di Laplace e forze di tensione superficiale negli alveoli: sono forze che si creano quando due
fluidi vengono a contatto tra di loro. È il motivo per cui l’acqua quando cade assume la forma di
una goccia, perché aumenta il volume.

Gli alveoli per le forze di tensione superficiale tendono a rimpicciolirsi, creando una pressione che
è inversamente proporzionale al raggio. È maggiore negli alveoli più piccoli, per cui gli alveoli più
piccoli dovrebbero collassare in quelle più grandi. Col surfattante si riduce la tensione superficiale
stabilizzando la pressione.
Con insp profonda si aumenta il calibro e si diminuisce la resistenza. Il fattore principale è quindi il
diametro, la viscosità.
Ventilazione alveolare:

Il ricambio è solo di 350 cc di aria proveniente nei polmoni si ha un continuo ricambio di una certa
quantità di aria rispetto all’aria totale dei polmoni. Al netto quindi negli alveoli ne arriva meno.
Concetto simile alla gittata cardiaca.
La respirazione lenta fa risparmiare sullo spazio morto e quindi arriva più aria negli alveoli
Leggi dei gas:
- La pressione totale di una miscela di gas è data dalla somma delle pressioni dei singoli gas
(legge di dalton).
- I gas, singoli o miscele, si spostano da un’area ad alta pressione verso un’area a bassa
pressione.
- Se il volume del contenitore di un gas cambia, la pressione del gas cambierà in maniera
inversa (legge di Boyle).

Pressione di un gas in un liquido:

La quantità di gas è direttamente proporzionale alla pressione che gli si viene messa (es bottiglia
frizzante chiusa).
Con un gradiente di pressione l’O2 passa dall’alveolo al capillare, dall’aria al sangue. Il processo
avviene in modo efficace e rapido.

Le patologie respiratorie spuntano sotto sforzo, perché non viene ossigenato abbastanza sangue in
base alla richiesta.
Trasporto dell’ossigeno

Emoglobina: lega l’ossigeno. Dipende dai valori di pressione di ossigeno, maggiore è la PO2,
maggiore è la saturazione dell’emoglobina.

L’andamento non è lineare, nel corso dell’evoluzione l’emoglobina parte da essere carica di
ossigeno. Siamo predisposti a viaggiare a pieno carico di ossigeno a 97, il problema è quando la
PO2 non riesce a saturarsi totalmente, come ad es in alta montagna, perché c’è rarefazione
dell’aria e diminuzione della pressione atmosferica.
In condizioni normali la PO2 nel sangue arterioso è di 97, nel sangue venoso è di circa 75%. Ne
cede ai tessuti quindi solo il 25%. Nei tessuti si arriva anche al 20% in base ai valori di PO2.
La cosa fondamentale però è sapere quanta Hb è presente nel sangue, attraverso anche l’analisi
del sangue. Normalità di 13-14 g di Hb e quindi c’è un trasporto ottimale di O2. In caso di anemia
c’è meno Hb e quindi si andrà in difficoltà con ipossia, meno O2 ai tessuti.

Il percorso opposto viene fatto dalla CO2, che è comunque poco solubile e diffonde nei GR, può
diventare acido carbonato o essere trasportato negli alveoli ecc.
L’accumulo di CO2 può comportare un aumento di acidosi.

MUSCOLI
MUSCOLO

Circa il 50% del peso corporeo. Motore che, utilizzando ATP, produce lavoro meccanico e calore.

Proprietà fondamentali:

- Contrattilità (ridurre la dimensione lineare producendo forza, spostando un capo osseo)


- Eccitabilità

Produce forza e spostamento, quindi lavoro. L’evento contrattile è dipendente dall’evento elettrico, così
come nel muscolo cardiaco.

Si può dividere in volontario o involontario, scheletrico/cardiaco/viscerale e striato/liscio

L’elemento fondamentale è la cellula muscolare, cioè la fibra muscolare. Può essere lungo anche decine di
cm, lungo tutto il muscolo. All’interno ci sono elementi cilindrici dette miofibrille, gli elementi che si
accorciano. Quando c’è contrazione, c’è contrazione e accorciamento delle miofibrille.

Il diametro di una fibra ne determina la forza. Maggiore è il diametro, maggiore è la forza perché saranno
maggiori le miofibrille a contrarsi. Le fibre si possono unire in fascicoli che poi vanno ai tendini

Alcune fibre sono lunghe quanto i muscoli (es i fusiformi come il bicipite). i muscoli si inseriscono su dei
fasci, es i pennati in cui le fibre sono più corte del muscolo

Struttura:

le miofibrille hanno un aspetto striato, si alternano zone chiare a zone scure (bande) ed è la ripetizione di n
volte di sarcomeri: il sarcomero è un pezzo di miofibrilla che va da banda Z a banda Z. in media lungo 2
micron. Il sarcomero sia accorcia quando c’è la contrazione. Tutti i sarcomeri e tutte le miofibrille si stanno
accorciando durante l’accorciamento. La velocità è data dalla quantità dei sarcomeri presenti, per cui più
lunga è la fibra muscolare, maggiore è la velocità di accorciamento. Maggiore è la lunghezza, maggiore è la
velocità di contrazione. I fusiformi sono quindi più rapidi dei pennati.

I sarcomeri son fatti da filamenti spessi e filamenti sottili. Gli spessi sono al contro del sarcomero, quindi
appare scuro in microscopia (banda scura o banda A). il rapporto per emisarcomero è filamenti
sottili/filamenti spessi di 2/1. I filamenti sottili (Banda I) è a livello della linea Z. al centro c’è la linea H, la
zona appena più chiara del sarcomero. MIN 15

Se si fa una sezione si vede che i filamenti spessi sono circondati da 6 filamenti sottili, molto ordinato
perché permette la migliore interazione tra i due filamenti.

I filamenti spessi son fatti stt da miosina e i sottili da actina. Da sole fanno il 60% di tutte le proteine in una
miofibrilla.

Tropomiosina e troponina sono regolatrici perché regolano l’interazione dei due filamenti.

Altre proteine hanno una funzione metabolica e altre ancora una funzione strutturale.

La titina è una proteina strutturale tra linea Z e filamento spesso, serve per tenere fermo il filamento spesso
nella sua posizione. Le proteine della linea M a sua volta tiene fisso il filamento stesso.

Quando si contrae le linee Z si avvicinano. La titina deve quindi essere adattabile a tutte le lunghezze del
sarcomero, deve essere flessibile, quindi è segnata a zigzag tipo molla.

La titina si adatta quindi quando si allontana o si avvicina il muscolo. Nell’allungarsi, la proteina produce
una certa tensione perché ha un comportamento elastico.

Funzioni titina:

- Stabilità struttura
- Elasticità sarcomero/muscolo
- Centratura del filamento spesso

L’elasticità quindi del muscolo è dato dalla titina per buona parte.

Filamento spesso: bastoncello che si forma dall’aggregazione di tanti elementi singoli di miosina, formata
da una parte lunga di doppia elica che termina con una doppia testa che escono fuori dal filamento. La
miosina è tipo una mazza da golf, dove la parte finale sporge con due teste. Le teste andranno a reagire con
la parte sottile, fungendo da fulcro, perché sposta i filamenti sottili. È presente anche un sito atipiasico che
lega l’ATP e la scinde ed è fondamentale per creare l’energia.

Anche la miosina può avere delle varianti, dando luogo a delle isoforme, che conferiscono differenti
proprietà funzionali. Nella miosina ci sono 3 tipi di isomiosina: ogni fibra ne ha un solo tipo, ma i tipi sono 3
e differiscono per la velocità con cui scindono l’ATP, quindi ce n’è una fast, una slow (scinde meno ATP) e
una intermedia. Questo serve perché a seconda del tipo dell’isomiosina presente all’interno si avranno fibre
rapide o lente.

Il modo con cui si aggregano le isomiosine tra di loro si dispongono con le testa da un lato e dall’altro, con
teste sfalsate tra una e l’altra e le code che interagiscono. Le teste sono sfalsate di 60°, quindi ogni 6 teste si
fa un giro completo. Sono 6 perché sono 6 gli elementi che stanno intorno a un filamento. Quando si ha
l’interazione tra i filamenti sottili, ogni filamento sottile sarà tirato dai filamenti spessi. MIN 33

Filamento sottile: formato da actina, proteina fatta a pallina che si aggrega a doppia elica che forma la base
del filamento sottile. Sul filamento sottile ci sono anche delle proteine regolatrici (tropomiosina e
troponina). Per ogni molecola di tropomiosina c’è un aggregato proteico chiamato troponina. Da loro
dipende la possibilità per il filamento spesso di andarsi ad attaccare al filamento sottile.

Atre proteine del sarcomero:

- Nebulina:
- Distrofina: serve a legare l’actina alla membrana cellulare. Quando si accorcia la miofibrilla, si
accorcia tutta la cellula per cui deve essere collegata. Son proteine che trasmettonno la forza alla
membrana cellulare, come un ponte. Ci sono patologie in cui son difettose, es la distrofia
muscolare, che rendono più debole la membrana cellulare con perdita di forza muscolare
- Proteina C

Come si contrae il muscolo:

Quando si dà lo stimolo di contrazione, i ponti di miosina si attaccano all’actina, compiono un movimento


diretto verso il centro del sarcomero, spostando l’actina verso il centro, avvicinando le linee Z e riducendo
la lunghezza del sarcomero. Il movimento del ponte viene ripetuto tante volte durante la singola
contrazione, fino al 20% del muscolo. L’accorciamento di una fibra muscolare dipende sia dai movimenti dei
ponti che lo accorciano più volte, sia dal fatto che la miofibrilla tutta intera si accorcerà di diversi cm perché
tutti i sarcomeri si accorciano contemporaneamente. Per questo motivo, con piccolissimi movimenti ci si
accorcia tutto e si sommano l’uno sull’altro.

Ciclo dei ponti trasversali


Si parte dal punto in cui il muscolo è rilasciato

- Fase 1: m rilasciato, stato energizzato. Un filamento sottile e un filamento spesso, le teste sono
staccate, non interagiscono, però la testa della miosina ha già scisso l’ATP. L’energia che si sta
liberando è ancora tutta contenuta nella testa. La testa è quindi carica di energia, ma è ancora
ferma.
- Fase 2: si è innescato il movimento, il ponte si può attivare
- Fase 3: l’energia contenuta nella testa della miosina viene dissipata col movimento del ponte.
L’azione è chiamata stroke power (colpo di forza) e avviene lo spostamento
- Fase 4: liberazione di ATP e fosfato, che permette al ponte di staccarsi dall’actina
- Fase 5: fibra a riposo. Ci si libera dall’ADP e quindi potrà avvenire l’attacco dell’ATP. A questo punto
l’ATP viene scisso e si ritorna in fase 1 riprendendo il ciclo

Alla fine del ciclo si consuma un ATP.

Innesco della contrazione: l’interazione tra miosina e actina è resa possibile dal legame di ioni Ca con la
troponina. La troponina si modifica e determina uno spostamento della tropomiosina. Quando il muscolo è
rilasciato, la tropomiosina è messa in modo tale da coprire la zona dove si attaccherebbe il ponte della
miosiona, quando ariva il calcio si scopre e quindi il ponte della miosina si può attaccare all’actina.
Contrarre o rilasciare una cellula muscolare significa aumentare o diminuire la concentrazione di calcio
nella cellula.
La forza contrattile aumenta in modo calcio-dipendente.

Come si varia la concentrazione di calcio? Con una relazione tra potenziale di membrana, attraverso la
depolarizzazione, aumenta la quantità di calcio, accompagnato da un aumento della tensione muscolare. La
sequenza temporale di eventi si chiama dell’accoppiamento eccitazione-contrazione

Potenziale azione del motoneurone  potenziale d’azione della fibra muscolare  aumento calcio 
tensione muscolare del sarcomero. Ovviamente ci vuole un po’ di tempo tra uno e l’altro.

L’attività elettrica è brevissima e si esaurisce ben prima dello sviluppo di forza.

Cosa succede nella cellula con l’innesco del potenziale di azione? Il potenziale di azione si propaga nella
membrana della cellula e quando viaggia lungo la membrana a un certo punto incontra i tubicini detti tubuli
T, dove il potenziale di azione percorre la membrana e a un certo punto il tubulo T diventa adiacente alle
membrane del reticolo sarcoplasmatico, che tiene separato il contenuto dal citoplasma e in condizioni di
rilasciamento del muscolo fa da cisterna del calcio. Il potenziale di azione arriva al punto in cui tubulo T e
reticolo sarcoplasmatico sono adiacenti e va a interessare dei complessi proteici (triade) che contiene una
componente voltaggio-dipendente che apre dei canali per il calcio, riversando il calcio fuori nel citoplasma.
L’aumento del calcio nel citoplasma permette la contrazione muscolare.

Essendo rapido il meccanismo di contrazione, deve essere rapido anche il meccanismo di rilassamento per
permettere il movimento dell’antagonista. Il rilasciamento avviene quando il calcio dentro alla cellula
diminuisce e succede grazie a delle pompe del calcio che consumando ATP recuperano il calcio e lo
riversano nel reticolo sarcoplasmatico.

Quando il rilascio di calcio è superiore al recupero si ha la contrazione, quando il recupero è maggiore del
rilascio si ha il rilassamento.

Miotonia: il soggetto ha problemi a rilasciare il muscolo che rimane contratto. Questo problema è dovuto
nella ripolarizzazione delle membrane dei tubuli T. quando il potenziale d’azione percorre il tubulo T si ha
un ingresso di sodio e fuoriuscita di potassio, che esce fuori e va a finire nel tubulo T, che essendo ristretto
se si ha troppi potenziali d’azione si ha un problema di sovraccarico. Per evitarlo, nei tubuli T si aprono dei
canali del cloro che permettono di evitare troppi potassi nei tubuli T. se c’è una patologia a questo livello si
ha un problema di ripolarizzazione.

Meccanica muscolare: studio del comportamento meccanico del muscolo e delle sue prestazioni in termini
di forza, velocità e potenza. Studio dei fattori che influenzano la prestazione muscolare meccanica.

Forza: F misurata in newton N

Lunghezza; L misurata in metro m

Tempo: T misurato in secondi s

Da qui si studiano le variabili derivate

- Velocità V: m/s
- Lavoro W: N x M joule (forza x distanza)
- Potenza P: (N x m) / s Watt (lavoro/tempo)
- Tensione (S) N / m2 (forza/area di sezione trasversa)

Contrazione isometrica: si studia lo sviluppo di forza nel tempo. L’attività contrattile ottenuta per effetto di
una singola stimolazione di una fibra/gruppo di fibre/muscolo intero viene definita “scossa” muscolare.
Rimane costante la lunghezza del muscolo. Il muscolo non si accorcia perché non gli si dà la possibilità di
accorciarsi; può avvenire in laboratorio. Si produce forza senza accorciamento. Si può vedere quanta forza
si produce con una singola stimolazione o anche quanto rapida può essere la contrazione.
Contrazione isotonica: si studia la velocità di contrazione. Il muscolo è fissato a un capo, l’altro è libero, si
mette in contrazione il muscolo, che sviluppa una certa forza che eguaglia il carico e in quel momento il
muscolo inizia ad accorciarsi spostando il carico. Poiché il carico è costante durante la contrazione, il
muscolo mantiene la sua forza costante. Rimane costante la forza fin quando non cessa la contrazione. C’è
quindi accorciamento seguito da rilasciamento. Variazione di lunghezza a carico costante. Si studia
accorciamento muscolare e velocità.

Quindi forza in condizioni isometriche, velocità in condizione isotoniche.

Sul vivo, la contrazione non è mai isotonica perché le leve sono svantaggiose dal punto di vista meccanico
perché il fulcro è lontano dalla leva. Variando l’angolo articolare può variare il momento, quindi varia
l’escursione dell’angolo articolare, quindi non è pura perché la forza non è costante. La leva ha un suo
vantaggio, perché se si accorcia il muscolo di poco, all’estremità si ha un maggiore spostamento (es un cm
al bicipite, sposta il peso di molto più, tipo 10 cm).

In isometria si può osservare che lo sviluppo di forza nel tempo varia da muscolo a muscolo. Ad es la forza
sviluppata dal gastrocnemio è più rapida rispetto al soleo
Sommazione della scossa: se si stimola un muscolo con delle singole scosse distanziate nel tempo,
si ha delle singole scosse. Tuttavia, l’evento elettrico termina prima della contrazione, per cui
dando una seconda stimolazione si genera uno stimolo di forza che si somma parzialmente alla
prima scossa perché il muscolo non è tornato a riposo. Se si aumenta la frequenza delle
stimolazioni, si forma una sorta di onda. Si chiama clono o tetano non fuso.

Nel tetano c’è il massimo della forza. È una modalità con cui possiamo contrarre il muscolo in
modo tale che questo produca il massimo della forza. Si somma il meccanismo di sommazione
temporale della forza. È un meccanismo che si osserva in contrazione isometrica ed è causato dal
rilascio di calcio nel citoplasma dopo la depolarizzazione, che causerà il meccanismo della
contrazione. Se si invia il potenziale di azione a una frequenza elevata, si libera molto calcio, sarà
però molto superiore rispetto al recupero e quindi ci sarà tanto calcio nel citoplasma che si
accumulerà e si legherà alla troponina, più ponti si potranno formare fino a che non si formeranno
tutti i ponti possibili, fino al massimo della forza che è la contrazione tetanica.
Tensione passiva – tensione attiva – tensione totale
Relazione forza-lunghezza muscolare: si valuta se la forza varia rispetto alla lunghezza del muscolo
che si sta contraendo. La lunghezza interviene sulla forza? L0 è una lunghezza di riferimento di
riposo, che sarà ad 1. Man mano che lo si accorcia si valuta la forza che va a produrre. Si forma la
curva della tensione passiva, il muscolo lo si sta tendendo come una molla in modo elastico,
accumulando energia elastica che appena si molla torna alla sua lunghezza di equilibrio.
L’andamento è quasi lineare, fin quando non diventa quasi esponenziale. Il muscolo non è
allungabile all’infinito, ma arriva al massimo a una lunghezza di circa il doppio rispetto a L0, dopo
c’è rischio di strappo. Quando si allunga il muscolo si ha quindi tensione elastica, facendo poi
ritornare il muscolo alla lunghezza iniziale.
La tensione passiva dipende dalle componenti elastiche del muscolo.

Le proprietà del muscolo dipendono anche dalla quantità e la qualità di tessuto connettivo. La
tensione passiva decresce con il decrescere della quantità di tessuto connettivo. L’elastina fornisce
elasticità al tessuto muscolare, mentre il collagene è inestensibile e forma il tendine (anelastico).
Il comportamento elastico del muscolo varia a seconda del tessuto connettivo e a seconda di
quanta elastina è presente.
Se si stimola il muscolo da L0 attivamente si ha la curva di tensione attiva, senza contare la
tensione elastica. Per cui a L0 la tensione è tutta attiva, non c’è elastica. Accorciando il muscolo,
diminuisce di tanto la forza attiva. Il risultato sarà quella totale tra forza elastica e forza attiva.
Quando aumenta la forza elastica, diminuisce quella attiva.
Nel reale per avere una massima forza si parte con il muscolo in pre allungamento per avere
maggiore elasticità.
Relazione forza/lunghezza: la tensione attiva dipende dal grado di allungamento del sarcomero.
Parte da L0 e sopra e sotto si può allungare o accorciare facendo scorrere i filamenti l’uno sul
l’altro. Variando la lunghezza muscolare, scorrono i filamenti e si modifica la loro sovrapposizione
nei sarcomeri. Si vede che a una certa lunghezza del sarcomero si ha una sovrapposizione che
permette di far interagire con l’actina tutti i ponti e quindi sviluppare la maggiore forza.

In 1 non c’è interazione e quindi la liberazione del calcio non serve.


Ginocchio: massimo della forza tra i 90 e 100°. Perché partendo da un preallungamento al
passaggio dei 90° c’è la forza elastica che cede la sua forza.
Riassunto: si ha studiato la forza del muscolo, prodotta da una singola fibra muscolare.

Maggiore è il diametro della fibra, maggiore è il numero di miofibrille, maggiore è il numero di


sarcomeri in parallelo. Maggiore è la frequenza di stimolazione, maggiore è la sommazione delle
contrazioni, maggiore è la forza generata. Infine, la lunghezza della fibra per la relazione
lunghezza/forza, per la variazione di forza elastica che si accumula.
Sono fattori validi per la singola fibra, ma ovviamente anche per il muscolo intero. Qui incidono
anche il reclutamento delle unità motorie e quindi il numero delle fibre attive. Più fibre saranno
attivate, maggiore sarà la forza.

Studio muscolo in condizioni isotoniche


Si studia il muscolo quando sposta il carico mantenendo costante la forza e studiando la velocità di
accorciamento. Durante la contrazione si ha una prima parte di sviluppo di forza, poi si ha un
accorciamento dove la forza è costante.

Se si aumenta il carico, sarà maggiore la tensione che dev’essere aggiunta e quindi la velocità
diminuirà progressivamente. Più aumenta il carico, più diminuisce la velocità.

A L0 si ha il massimo della forza, che se poi la si allunga o la diminuisce, diminuirà anche la forza.
La prima fase iniziale è isometrica.
Relazione forza-velocità: la velocità di accorciamento varia in base al carico.
La velocità di accorciamento è massima quando il carico è 0. È una situazione teorica, perché nel
pratico deve comunque contrarre il carico del muscolo.
A P0 c’è il carico massimo, dove il muscolo non sposta il carico, quindi ci sarà una contrazione
isometrica. Se si aumenta ulteriormente il carico, piano piano però cede e si allunga, creando una
contrazione eccentrica, con funzione di ammortizzamento (es scendere le scale).

La potenza raggiunge un massimo quando il muscolo sposta un carico che è circa il 30% del carico
massimo e si sta accorciando a una velocità di circa 1/3 della velocità massima.
La massima forza isometrica è un determinante della velocità di accorciamento.
Maggiore è la massima forza isometrica, maggiore sarà la velocità di accorciamento a parità di
carico. (es velocisti) La variabile è quindi anche il diametro delle fibre.

Determinanti della velocità muscolare:


- Lunghezza della fibra/muscolo (n di sarcomeri in serie)
- Disposizione delle fibre nel muscolo (pennato/fusiforme)
- Carico applicato
- Diametro della fibra/ventre muscolare (massima forza isometrica)
- Tipo di ATPasi miosinica (MHC-I, MHC-IIa, MHCIIx) lenta-intermedia-veloce
Architettura muscolare:
- In un muscolo fusiforme sezione anatomica e sezione fisiologica corrispondono
- In un muscolo pennato, la sezione fisiologica è più grande di quella anatomica
- Un muscolo pennato ha un maggiore numero di fibre in parallelo a parità di volume
- La forza sviluppata dal muscolo dipende dalla sua sezione fisiologica, somma di tutte le
forze parziali delle fibre che lo compongono.
Muscolo fusiforme: + velocità, - forza
Muscolo pennato: + forza, - accorciamento. Perché le fibre sono più corte e si accorciano su
un’asse obliquo
Questo a parità di fibre anatomiche.

Differenti tipi di fibre muscolari:

Le differenze sono di tipo morfologico e di tipo biochimico, per cui lo sono strutturali:
- Fibre di tipo 1
- Fibre di tipo 2 a
- Fibre di tipo 2x:

22 marzo
Metabolismo energetico di qualunque fibra
Nel muscolo, le fibre muscolari sono specializzate dal punto di vista biochimico e quindi sono
specializzate anche dal punto di vista funzionale.
L’ATP serve sia per la contrazione che per il rilasciamento per il recupero di calcio.

L’ATP lo si produce o in aerobiosi o in anaerobiosi. Si può creare a partire dalla fosfocreatina + ADP
cedendo creatina forma ATP. Nella via della glicolisi, col glucosio si può ricavare ATP attraverso il
piruvato che entra nell’acido citrico e con la fosforilazione ossidativa si va a creare l’ATP.
Il rendimento meccanico è solo del 25%, il 75% della produzione diventa calore.
L’ATP va prodotta di continuo, ne abbiamo poco perché è pesante. Come lo si consuma, lo si deve
produrre. Il processo più rapido è quello di partire da creatinfosfato, con la creatinchinasi diventa
ATP. Dura molto poco.
Un altro modo è con la glicolisi anaerobia.:

Il piruvato o entra nel ciclo di Krebs o diventa acido lattico.


In anaerobiosi si produce rapidamente molta ATP ma per un massimo di circa 90 secondi che
altrimenti diventa acido lattico
Infine, col ciclo di Krebs si producono attraverso la produzione dei coenzimi ridotti che entrano
nella fosforilazione ossidativa si riesce ad ottenere tante ATP con anche H2O e CO2.
Tanto più arriva O2, tanto più è andato il livello di fosforilazione ossidativa.
La via anerobica e la via aerobica sono complementari. L’anaerobia per l’energia fisica rapida
Per attività oltre i 90 secondi si deve usare anche la via di fosforilazione ossidativa.
La glicolisi anaerobia ha una soglia, fin quando non c’è troppa concentrazione di acido lattico nel
sangue, detta soglia lattacida, che diventa fatica oltrepassata. Si può migliorare con l’allenamento.
3 tipi di fibre muscolari:

Un certo tipo di fibra usa di più la glicolisi, altre usano di più l’anaerobiosi.
I nomi sono 1, 2 a e 2x
I due estremi sono il tipo 1 e 2x, il 2 a è misto.
Le 1 essendo con diametro più piccolo producono meno forza.
Le fibre 1 sono molto vascolarizzate con capillari (fosforilazione ossidativa e quindi mitocondri),
alto contenuto di mioglobina e quindi necessità di O2.
1 sono più lente per differenza di attività atpasica miosinica.
Il sistema nervoso si interfaccia col muscolo con i motoneuroni, la maggior parte a livello del
midollo e al ponte dell’encefalo. Sono nelle corna ventrali. Sono uniti in famiglie di motoneuroni (o
pool), che forma una colonnina in rapporto di continuità di altri muscoli. Il numero di motoneuroni
che finiscono su un muscolo è inferiore rispetto alle singole fibre muscolari. Significa che un
motoneurone innerva un certo numero di fibre.
Unità motoria: complesso formato da un motoneurone e il numero di fibre che va a innervare. È il
pacchetto di muscolo più piccolo che si può contrarre. Quindi il muscolo si contrae a pacchetti di
fibre, che sono l’unità motoria.
Le fibre dell’unità motoria non sono tutte vicine, ma sono sparse in un’unità motoria, questo
perché le fibre si distribuiscono in modo omogeneo, quindi con pochi motoneuroni si riesce a far
contrarre quasi tutto il muscolo.
Esistono muscoli dove il numero di motoneuroni rispetto a quello di fibre muscolari è molto più
elevato rispetto ad altri.
Es:

Nei muscoli di precisione il numero di innervazione è minore.

Tutte le fibre di una unità motoria sono tutte dello stesso tipo. Per questo motivo ci saranno 3 tipi
di unità motorie (1, 2x e 2 a). Le unità motorie quindi saranno diverse dal punto di vista funzionale.

S: slow, tipo 1
FF: fast faticable, 2 x
FR: fast resistant, 2 a (intermedie)
I motoneuroni non finiscono su tutte le fibre nello stesso modo, alcuni finiscono su meno fibre
(formano le unità S), o su più fibre (su unità FF).
La questione forza, velocità e durata è lo stesso in base alle fibre.

All’inizio si stimola tetanicamente tutto il muscolo e quindi tutti i motoneuroni vengono stimolati.
Dopo 90 secondi le fibre di tipo FF crollano e quindi si arriva a un muscolo in cui le unità FF non
lavorano più, ma quelle S sì.

Qualunque sia il tipo di unità motoria, il reclutamento di motoneuroni è a seconda del principio
della dimensione del motoneurone stesso, cioè in realtà in una famiglia di motoneuroni, questi
non sono tutti con la stessa dimensione. I motoneuroni più piccoli hanno assone più piccoli e
quindi innervano fibre più piccole: sono dei motoneuroni S. Quelli più grandi vanno su FF.
Il primo motoneurone reclutato è il più piccolo perché lo si potrà portare più facilmente sopra
soglia. Rimarrano poi sempre attivate, se serve si attiva anche l’FF.
A scarica 8 Hz si attiva il motoneurone più piccolo, man mano che si aumenta la forza entrano in
gioco altri neuroni, fino alla contrazione tetanica.
Ci sono muscoli che raggiungono il reclutamento in meno tempo, stt i prossimali:

Questo permette un miglior controllo della forza, stt a livello distale dove c’è poco bisogno di
forza.
In media nei muscoli c’è una maggioranza di unità S e minori FF

In realtà la pendenza di questa curva può variare molto. La distribuzione può variare da muscolo a
muscolo all’interno di un individuo, o da individuo a individuo per uno specifico muscolo.
Ci sono differenze interindividuali legate a fattori genetici e legate al sesso.
La variabilità da muscolo a muscolo definiscono l’utilità del muscolo, ad es il soleo che ha molte
fibre S è antigravitario, mentre il tricipite si usa durante il carico e ha molte fibre di tipo FF.
Differenze in termini di velocità di contrazione legate all’espressione di ATPasi miosiniche con
diversi livelli di attività.
Ad es il gastrocnemio e il soleo hanno funzioni sinergiche, ma il soleo è un muscolo lento, il
gastrocnemio è un muscolo veloce. Poi dipende dalla tipologia di individuo.

es per gli atleti con % fibre lente


Le differenze dipendono stt da un fattore genetico. Le fibre sono quindi predeterminate.
I processi di invecchiamento comportano una riduzione della massa muscolare, ma non del
numero delle fibre.
È l’attività nervosa che determina la tipologia di fibre (esperimento incrociato del soleo e
gastrocnemio nel gatto)
I motoneuroni piccoli sono attivi durante tutta la giornata, i grossi solo in determinati momenti con
stimolazione elettrica ad alta frequenza. Simulando con stimolazione elettrica anche le fibre FF
possono diventare di S, momentaneamente però perché una volta terminata tornano come prima.
Plasticità muscolare: il tessuto muscolare ha ampi margini di modificabilità dipendenti da
svariatissimi fattori, come:
- Fattori legati all’uso (atrofia da disuso, accorciamento da immobilizzazione forzata, assenza
di gravità)
- Fattori endocrini (es ormoni steroidei, pubertà)
- Fattori legati al metabolismo energetico (es grado di nutrizione)
- Fattori legati al grado di allenamento

La composizione delle fibre non si modifica con l’allenamento.


Le differenze che sono presenti negli atleti elite in teoria è dato da fattori genetici, perché dipende
dall’attività nervosa.
L’allenamento produce però ipertrofia muscolare. La massima forza contrattile del muscolo è
correlata alla sua superficie di sezione. L’ipertrofia muscolare giustifica solo in parte l’aumento
della forza prodotta in conseguenza dell’allenamento. Aumento della frequenza di scarica dei
motoneuroni in conseguenza di modificazione dei meccanismi di controllo motorio.
C’è un aumento anche del resto dei muscoli non utilizzati, perché modificano il controllo nervoso
(stt con gli arti controlaterali).
L’allenamento di resistenza si misura in termine di quanto O2 si può consumare.
Con l’età cambia la massa muscolare.
L’esercizio fisico può modificare l’attività dei motoneuroni, perché reclutando tutti i motoneuroni
può avvenire più rapidamente, con potenziamento delle attività delle sinapsi.
Le interazioni neuromuscolari non riguardano solo le influenze del motoneurone sul muscolo, ma
anche le influenze del muscolo sul motoneurone. Effetti del muscolo sui motoneuroni:
- Determinazione del numero definitivo dei motoneuroni (durante lo sviluppo fetale e dopo
la nascita, si eliminano molti pool neuronali per far spazio allo sviluppo. Dipende dalla
presenza o meno di un bersaglio, guidato da fattori neurotrofici)
- Sprouting (dopo lesioni, es di malattie neuromuscolari si creano dei compensi funzionali
fino al 20% dei motoneuroni residui)

23 marzo

NEUROFISIOLOGIA
Studio delle funzioni del sistema nervoso. Le neuroscienze rappresentano lo studio scientifico del
sistema nervoso. Si tratta di un ambito al quale afferiscono l’anatomia, la biologia molecolare, la
matematica, la medicina, la farmacologia, la fisiologia, la fisica, la psicologia. Il termine
neuroscienze è un neologismo.
Malattie neurologiche: primo posto nella causa di perdita di numero di anni di vita attiva. Stt
eventi neurovascolare.
Le neuroscienze vengono applicati a diversi campi come la neuroeconomia, la neurolegge.
Neurone: componenti:
- Recettiva (eccitabili, dendriti)
- Integrativa (potenziale d’azione)
- Conduttiva (assone)
- Trasmissiva (sinapsi)
Il funzionamento del SN funziona grazie a circa i 100 miliardi di neuroni presenti.
Dal punto di vista funzionale ci sono diverse categorie di neuroni:
- Sensitivi (terminazioni periferiche e raccolgono segnali sensoriali, trasformati in segnali
elettrici che diventano attività nervosa)
- Motoneuroni (con il loro assone terminano sulla cellula muscolare e fanno l’eccitabilità)
- Interneuroni (locali con assone breve ed entrano in gioco in microcircuiti, o con un assone
più lungo detti di proiezione che inviano in altri punti i segnali)
- Endocrini (liberano ormoni)
Nel SN i neuroni si connettono tra loro a formare delle reti neurali.
Circuiteria elementare:
- Divergenza: un input termina su popolazioni prorgressivamente crescenti di neuroni e
quindi c’è un’amplificazione del segmale, che entra in una singola cellula e ne amplia il
segnale
- Convergenza: su un numero piccolo di neuroni convergono più input, tipo imbuto
Inizialmente divergenza, poi convergenza.
Un neurone che dà un segnale eccitatorio, con l’interazione dell’interneurone inibitorio va a dare
un’inibizione. Per cui c’è un solo segnale che stimola un motoneurone eccitatorio, ma al tempo
stesso si stimola il motoneurone inibitorio del muscolo antagonista. Questo con un solo segnale,
un solo flusso.
Accanto ai neuroni ci sono le cellule gliali, le microgliali nei processi infiammatori, gli
oligodendrociti formano la mielina degli assoni, gli astrociti sono diffuse e si pensava che
servissero come collante e sostegno. In realtà nell’uomo ce ne sono davvero tante, per cui la loro
funzione è che servono nel riciclo del glutammato o quando c’è un’elevata attività neuronale che
incorporano potassio evitando molto potassio extracellulare. Le cellule gliali fanno anche da ciclo
per lo sforzo energetico.

Organizzazione generale del SNC: midollo, tronco dell’encefalo, cervelletto, encefalo.

Guarda bene questo schema


C’è input, output e in mezzo c’è il sistema nervoso centrale che elabora quel che bisogna fare in
modo più appropriato. Questo parte da un info sensoriale per diventare mano a mano un info
motoria. I processi sono di organizzazione sensori-motoria

3 principali livelli:
- Midollo
- Tronco
- Corteccia
Si sviluppano nel corso dell’evoluzione partendo dal più primitivo.
Ogni livello riceve info sensoriali e può elaborarle direttamente e può dare input a livelli
sottostanti per dare input motorio. Si può avere già una risposta immediata, ma si può anche
elaborare info più lunghe ai livelli più elevati. I processi a livello corticale aggiunge il grado di
consapevolezza e diventa quindi una percezione. Anche a livello corticale una buona parte delle
info avviene anche a livello consapevole.

Il cervello aumenta progressivamente il grado di girificazione e quindi aumenta la superficie della


corteccia cerebrale per svolgere processi elaborativi complessi.
A parità di peso, i primati son quelli con un cervello di peso maggiore rispetto ad altri mammiferi.
A parità di peso aumenta anche il numero di neuroni.
Gli emisferi vengono divisi in lobi, macroscopici ma poco precisi. Nel SNC la localizzazione è
importante perché le varie zone di corteccia fanno cose diverse. Ad es nel lobo occipitale si fanno
cose totalmente diverse dal lobo frontale.
La corteccia è fatta da strati dovuti da aggregazione di cellule di vari tipi. 6 strati principali che
differenzano i processi elaborativi che avvengono a livello corticale.
Il talamo è la principale via di accesso della corteccia e le afferenze arrivano stt al centro, a livello
del ¾ strato. L’input arriva, c’è una circurteria intrinseca con interneuroni locali, le cellule
piramidali costituiscono l’uscita e quindi l’efferenza. Ingresso  elaborazione  uscita
La corteccia non ha una struttura uniforme:
- Archicorteccia, più primitiva
- Paleocorteccia, un po’ più evoluta
- Neocorteccia, più presente, ma comunque non uniforme.
Ci sono nella corteccia delle variazioni locoregionali. Le differenze sono state create per creare
delle mappe architettoniche o citoarchitettoniche di Brodmann. Ci sono delle regioni con confini e
il criterio è dovuto dall’istologia al microscopio. Questo ci serve perché quando dividiamo il
cervello lo facciamo in modo preciso per un significato funzionale.
Concetto di area corticale:
- Porzione più o meno ristretta di corteccia cerebrale
- Deputata al processamento di specifiche relazioni input-output
- Provvista di specifiche connessioni corticali o sottocorticali
Funzioni corticali: risultato di processi elaborativi di circuiti specializzati.
Studio delle funzioni corticali: bisogna definire localizzazione, estensione e numero di aree
corticali. Studiare connessioni e identificazione dei circuiti. Proprietà funzionale e il loro contributo
ad una specifica funzione.
Le mappe quindi vengono distinte in base all’architettura citologica della corteccia. Un altro modo
è distinguere la corteccia per determinate concentrazioni di recettori.
Penfield: esperimento su vivo dove si stimolavano certe zone della corteccia.
Si può anche piantare degli elettrodi nel nostro cervello che raggiungono delle strutture, deep
brain stimulation, lo si sta studiando per il Parkinson.
Risonanza magnetica funzionale: permette di mettere in evidenza quali zone del cervello
diventano più attive, perché arriva più sangue, per un determinato compito.
Brain-machine interface: con elettrodi permanenti in soggetti tetraplegici si può permettere il
movimento degli arti robotici.
Nella corteccia si individuano regioni sensoriali primarie, aree dove vengono elaborate
ulteriormente (associative) e aree per la corteccia motoria.
Importante: molti processi possono avvenire in parallelo. Ci sono sistemi specializzati e raffinati
che non fanno perdere tempo perché avviene in parallelo.
A livello corticale sono info sensorimotoria di info che vengono apprese sul momento, ma anche
su info apprese già in precedenza e ormai memorizzate, anche per il principio di causa-effetto.
Ci sono quindi meccanismi a feed-forward, cioè con meccanismi di tipo anticipatorio.

24 marzo
MIDOLLO SPINALE
In grado di organizzare gli schemi motori su cui siamo in grado di emettere movimento anche su
base volontaria.
Struttura segmentaria, fatta da dischetti impilati, ogni dischetto riceve info sensoriali che arrivano
sulle radici dorsali ed emette assoni motori che escono dalle radici ventrali. L’input entra nel
midollo e prosegue verso l’alto e verranno elaborati più in alto per dare origine a fenomeni
percettivi.
In realtà, anche a livello midollare c’è un’integrazione di input sensoriali che diventano subito degli
output motori. Sono i più semplici, ma sono di fondamentale importanza. Questi processi
prendono il nome di riflessi spinali.
Organizzazione

All’interno sostanza grigia a forma di farfalla, diversa in base al livello.


Si può suddividere in 3 macrozone: corno dorsale, corno ventrale (o nuclei motori) e zona
intermedia, da cuscinetto.
Le corna dorsali sono il versante sensitivo del midollo che in modo più o meno breve raggiungono
le corna ventrali. C’è un versante sensoriale, uno motorio e intermedio è elaborativo.
Le fibre A gamma sono solo in uscita. Quelle afferenti A alfa oltre ad arrivare nelle corna dorsali
possono anche arrivare nelle ventrali e contattare il motoneurone.

studia questo schema


A ogni tipo di fibra corrisponde un certo tipo di informazione.
A parte l’A alfa. Negli altri casi gli input arrivano nelle corna ventrali attraverso gli interneuroni

Gli alfa porta a contrazione muscolare. Ci possono anche essere dei motoneuroni inibitori, un
canale può eccitare al tempo stesso dei neuroni e altri inibirli. Altri canali sono a feedback. C’è una
circuiteria che elabora info nel midollo. Dato un certo input si attivano dei motoneuroni che
daranno segnali in base a come è cablata la periferia.
Attraverso di output discendenti si possono produrre schemi motori perché innescano su base
volontaria la periferia.
A livello midollare ci sono famiglie o pool motoneuronali, che sono la via di uscita. Si può vedere
dove sono messe e come sono disposte le famiglie di motoneuroni controllate da un determinato
segmento.

Le famiglie di motoneuroni sono a livello ventrale. A livello mediale ci sono i più prossimali, a
livello laterale sono i motoneuroni per i muscoli più distali. La logica è quello di tenere separate le
famiglie di motoneuroni per organizzare i circuiti per lavorare prevalentemente su una tipologia di
muscolo piuttosto che un’altra. L’organizzazione è quindi medio-laterale, riflettendosi
sull’organizzazione della circuiteria che c’è in ciascun segmento.
Per i muscoli assiali il controllo nervoso è bilat, per quelli distali tipo della mano è omolaterale.
L’attività delle varie parti del midollo deve essere coordinata. Ci devono essere collegamenti tra
segmento e segmento. Questo avviene con dei neuroni che col loro assone vanno un po’ su e un
po’ giù nel midollo: sono i neuroni propriospinali. Servono per i flussi intersegmentari. Questi
neuroni sono detti brevi, perché vanno al segmento vicino.
Ci sono anche neuroni spinali lunghi che mettono in comunicazione anche segmenti più lontani. Le
attività motorie asso-prossimali richiede una coordinazione di moltissimi segmenti e quindi ci deve
essere un collegamento. Per questo motivo i neuroni propriospinali lunghi devono mettere in
comunicazione più segmenti, quindi è per i movimenti più lunghi.
La circuiteria del midollo si può indagare anche elettrofisiologicamente, per fare diagnostica sullo
stadio funzionale del midollo e delle vie afferenti ed efferenti. Si può stimolare l’ingresso
sensoriale di un segmento spinale facendo insorgere un potenziale d’azione. Dopo un po’
bisognerà vedere passare anche delle onde elettriche nei corni ventrali per vedere l’output di
risposta. Per produrre un output bisogna attivare fibre, avverrà solo quando si aumenterà la
corrente. Le prime che si stimolano sono le fibre grosse, piano piano si attivano anche le più
piccole. Dopo di che ci sono più onde, una arriva molto presto perché è un input che arriva
direttamente sul motoneurone. È una relazione input-output monosinaptica, c’è una sola sinapsi.
Le onde successive arrivano dopo e sono quindi polisinaptiche, quindi più lenti.
Queste relazioni input-output sono riflessi spinali, mono o polisinaptici.
Risposte riflesse e volontarie: se si dà un input, ci sono diversi picchi progressivi nella contrazione
del muscolo. Perché? Perché i sistemi motori hanno un’organizzazione gerarchica. a livello del
midollo può esserci quindi una risposta immediata dell’input, nel frattempo a livello del tronco
viene elaborato e dà un’altra risposta e alla fine arriva a livello encefalico e dà una risposta
volontaria.

Quindi la prima risposta è involontaria, ma rapida a livello del midollo (es scotta e tolgo il braccio),
atto motorio scattato da una circuiteria midollare e con risposta rapida.
Riflesso: risposta motoria a uno stimolo sensoriale, risultato di un processo di integrazione
sensomotoria ad un livello (non solo) sottocorticale. i riflessi possono essere a livello spinale o del
tronco
È involontario, rapido e stereotipato (si ripete nello stesso modo, ad un certo stimolo sensoriale si
attiva una circuiteria che è già cablata per una determinata risposta. Es la flessione del braccio a
bruciarsi).
I riflessi, tuttavia, sono flessibili e possono adattarsi al compito motorio che si sta eseguendo

Classificazione dei riflessi spinali:


- Su base finalistica (protettivi/conservativi)
- Su base del bersaglio della risposta (somatici/viscerali)
- Su base della posizione del recettore (profondi/superficiali/profondi)
- Su base del tipo di risposta motoria (estensori/flessori)
Superficiali in risposta alla cute, profondi per la muscolatura. I viscerali sono fondamentali.
Riflessi profondi: fondamentali per il sistema motorio. Usano circuiterie più semplici, ma sono
importanti.
Partono da recettori a livello del muscolo e sono i fusi neuromuscolari. Da ognuno di questi
recettori partono input che daranno output. I fusi sono recettori sensoriali a livello dei muscoli. Ci
sono fibre muscolare modificate che sono fibre fusali; sono modificate perché hanno attività
contrattili, stt nelle parti estreme. Le fibre si contraggono quando arrivano input da cellule motorie
derivanti dal midollo, ma che sono motoneuroni gamma che arrivano solo ai fusi. Le alfa sono
ovunque, le gamma solo a livello dei fusi, che una volta stimolati si accorciano. Questi recettori
rispondono al loro allungamento, quindi se vengono allungati, viene allungato tutto il fuso, stt a
livello più centrale.

Se si allunga un muscolo, si allunga anche le fibre del fuso. Le terminazioni primarie rispondono in
modo fasico e tonico. Le terminazioni secondarie rispondono in modo tonico.
La scarica aumenta sia durante l’allungamento (info dinamico), sia nel momento in cui il muscolo
rimane stirato (info statico)
Col martelletto si fa il riflesso da stiramento, i fusi rispondono al loro allungamento e nel momento
in cui si rilascia il fuso, il fuso non smette di emettere segnali. Il fuso risponde solo quando viene
stirato, non quando viene accorciato.
Quando si accorcia il muscolo, stimolo i motoneuroni alfa, i fusi allora si accartocciano e quindi
non risponde più. Se si attivano sia i motoneuroni alfa che quelli gamma, il muscolo si accorcia, ma
si stimola anche i motoneuroni gamma e quindi il fuso risponde, mantenendo una scarica durante
tutta la contrazione. Quindi se si attivano anche le fibre gamma serve per aggiustare la contrazione
dei fusi.

Bisogna tenere presente che si può avere l’arrivo di un input dalle fibre dei fusi o perché si è
allungato il muscolo e quindi i fusi, oppure perché si sono attivati i motoneuroni gamma a livello
centrale e quindi hanno attivato i fusi.
I motoneuroni gamma accorciano il fuso:
- A: accorciando il fuso durante la contrazione muscolare permettono al fuso di essere
sensibile a tutte le lunghezze muscolari, impedendone l’afflosciamento
- B: accorciando il fuso in assenza di variazioni della lunghezza muscolare, ne stirano la parte
centrale, facendo insorgere un segnale afferente dalle afferenze primarie e secondarie
La risposta motoria consiste nella contrazione del muscolo che è stato allungato. Il riflesso fa sì che
corrisponda alla contrazione di tutto il muscolo al suo stiramento.

Allungamento bicipite  stimolazione fibre alfa sia del bicipite, che degli agonisti come
brachioradiale  inibizione dell’antagonista
Riflesso H: studio elettrofisiologico della stimolazione elettrica di un nervo che fan partire una
scarica, con una risposta muscolare e che si valuteranno. Le prime fibre ad attivarsi sono le più
grandi. Il circuito agisce in tempi rapidissimi perché si attivano le fibre più grandi. Se si aumenta il
tempo si attivano anche gli assoni dei motoneuroni, ci vuole un pochino più di tempo e con
intensità maggiore.

Funzioni del riflesso: arriva una pallina, viene disteso il muscolo, il bicipite aumenta la funzione
contrattile e ritorna a 90° attraverso un circuito spinale, molto rapido.
Nella seconda figura, i motoneuroni gamma si afflosciano perché c’è solo accorciamento e
rapidamente torna a 90°.
I fusi sono quindi sensori della lunghezza muscolare e hanno il compito di aggiustare l’attività dei
motoneuroni gamma sulla base della lunghezza. Se allungata si possono attivare, se diminuisce si
disattivano.
Funzioni del riflesso da stiramento:
- Attività motorie toniche (stt per mantenimento di postura)
- Attività motorie fasiche
Si attiva sia durante l’esecuzione di un movimento, sia per mantenerlo.
Quando si fa un movimento, c’è una coattivazione alfa-gamma e il riflesso da stiramento durante
un movimento. Si avrà un accorciamento sia dei fusi, sia delle fibre extra fusali.
Il riflesso da stiramento durante il movimento è importante per smorzare le imperfezioni di
irregolarità in eccesso o in difetto durante la contrazione muscolare. Se non ci fossero, i movimenti
sarebbero molto irregolari. Il movimento appare fluido veicolato da un processo spinale, senza
l’intervento della corteccia.

12 aprile
Attività tonica: attività motoria per il mantenimento della postura. Per questo motivo deve essere
controllata da meccanismi di mantenimento anche riflessi.
Regolando la scarica gamma si può regolare la lunghezza di stiramento. Più aumenta la scarica
gamma, più diminuisce la lunghezza di riferimento del muscolo. È quindi un sistema a feedback
che attraverso i recettori si riesce a regolare la lunghezza desiderata mantenuta dal riflesso.
Se c’è un cambiamento tra agonisti e antagonisti, avviene una regolazione della stiffness articolare
(tipo lampada da tavolo), dove ci può anche essere un aumento di rigidità sia degli agonisti che
degli antagonisti.
L’attività gamma può variare a seconda dell’attività. Se c’è imprevedibilità può aumentare la sua
attività per migliorare la capacità di adattarsi nell’immediato (es camminare dove c’è segnato che
è pavimento bagnato), in quel caso aumenta l’attività gamma, aumenta la rigidità, è più lento e
impacciato, ma più pronto. Aumenta in questi casi la stiffness.
Recettori tendinei del Golgi: è un riflesso profondo che parte dai muscoli, apparentemente
opposto, ma complementare dal riflesso da stiramento. È in sinergia. Parte da dei recettori
tendinei del golgi che si trovano tra muscolo e tendine. Sono meccanici, rispondono alla
deformazione meccanica, facendo nascere potenziali d’azione, da fibre di tipo 1b (più piccoli) che
inviano fibre al midollo. Se si allunga un muscolo passivamente, se lo si fa lentamente, gli organi
tendinei non scaricano, perché il tendine essendo rigido non si deforma. Loro segnalano la
tensione attiva che avviene durante la contrazione muscolare, perché in contrazione si tendono.

Nel riflesso da stiramento avviene l’attivazione del muscolo attivato con inibizione
dell’antagonista, qui invece avviene l’opposto, con attivazione del muscolo antagonista.
Questo riflesso è chiamato comunemente riflesso miotattico inverso, anche se non è un rifletto
miotattico da stiramento muscolare, ma è a feedback di forza muscolare. Se a un certo punto la
forza aumenta, si avrà un’inibizione e si riporterà alla forza iniziale. È un sistema di controllo della
forza che è complementare ai fusi muscolari. Questi due riflessi non servono solo a proteggere il
muscolo da forze eccessive o elongazioni eccessive, ma in realtà servono a controllare la forza e
l’allungamento. Quando si chiede troppo in termini di forza muscolare, protegge anche la
contrazione che potrebbe essere dannosa. Sono però sempre attivi, non solo quindi in condizioni
estreme.
La circuiteria è a disposizione anche nei centri superiori sotto controllo volontario, semplificando il
tipo di comando motorio inviato in uscita.

Interneuroni 1 a e coordinzione muscolare: gli interneuroni inibitori 1 a ricevono sia segnali


eccitatori, sia segnali inibitori da tutte le vie discendenti. La riduzione della inibizione reciproca può
essere necessaria per una co-contrazione di agonisti ed antagonisti.
Un esempio di riflesso cutaneo è visibile in risposta di afferenze nocicettive. I nocicettori sono
recettori che arrivano in corteccia e provocano dolore. Le afferenze dei nocicettori, oltre che ad
andare verso l’alto, possono innescare delle risposte riflesse immediate. La risposta più rapida e
immediata che abbiamo è a livello ad esempio della pianta del piede che provoca una flessione
dell’arto, in triplice flessione con retrazione dell’arto dalla zona di potenziale pericolo. Questo
avviene perché le afferenze quando arrivano al midollo agiscono su catene di interneuroni che
trasferiscono lo stimolo ai pool di motoneuroni che attivano l’input e attivazione dei muscoli
flessori (ovviamente con inibizione estensori). Questo è il riflesso dei flessori. Non basta però,
perché controlateralmente devo aumentare il tono degli estensori e inibire i flessori. Questo è
frutto di una circuiteria spinale, che può anche essere la stessa che viene attivata da vie superiori
in modo volontario.
I riflessi non sono immodificabili, ma sono continuamente modulati dai centri superiori, anche
sulla base del contesto e possono adattarsi al compito motorio che si sta eseguendo.

A livello midollare ci sono circuiterie in grado di generare non solo l’attività motoria, ma anche
attività ritmiche cicliche che si ripetono continuamente (es marcia).
Central pattern generators nel midollo spinale: è una serie di attività motorie ritmiche mantenute
in modo riflesso senza consapevolezza, es marcia
Lesione midollare: può creare una lesione dai centri superiori. Ci sarà impossibilità di controllare i
segmenti spinali sotto la lesione dai centri superiori, con para o tetraplegia.
Decorso:
- Fase 1: shock spinale (assenza completa di tutti i riflessi spinali). Nel giro di qualche
settimana si può recuperare in qualche modo con dei compensi. C’è congelamento anche
del riflesso viscerale, ad es della vescica della minzione.
- Fase 2: recupero dei riflessi flessori (possono però diventare esagerati)
- Fase 3: recupero dei riflessi miotattici
Il primo riflesso che ricompare è quello di Babinski (pianta del piede). Di solito si flette le dita, ma
nel riflesso di babinski si aprono le dita. Questo è un segno di lesione della via piramidale (lesione
midollare o della corteccia motoria)

Vie discendenti motorie

C’è un controllo gerarchico, con vie di funzione motoria. Sono le vie discendenti motorie. Sono il
mezzo usati per coordinare le attività sottostanti.

Come già detto c’è un’organizzazione topografica medio-laterale delle vie motorie.
Vie discendenti mediali del tronco:
A livello del tronco dell’encefalo ci sono vie con ruolo motorio. Possono originare da diverse
strutture del tronco dell’encefalo e sono state suddivise da Kaibers, olandese. Ha predisposto le
vie discendenti mediali e laterali.
Le vie discendenti mediali derivano dal tetto del tronco (o collicolo superiore), la sostanza
reticolare (di ponte e bulbo), nuclei vestibolari lat e med. Ognuna di queste componenti dà la via
per il tetto spinale, reticolo spinale, vestibolare lat e med. Sono vie che terminano a livello del
tronco. Quella tetto-spinale e reticolo-spinale arrivano stt alle cervicali.
Le vie mediali terminano stt a livello mediale, sono vie coinvolte nel controllo di muscolatura
assiale e prossimale. Sono vie di controllo generale dei 4 arti a tutti i livelli del midollo. Sono il
tramite per l’azione dei meccanismi di controllo della postura.
Il tronco essendo abbastanza primordiale ha una funzione stt per la muscolatura assiale.
Il nucleo rosso invece decorre lateralmente del midollo e quindi incide anche sul controllo degli
arti. Non raffinato, ma coadiuva. Utile per eventuali lesioni.
Il tronco è a sua volta sotto il controllo della corteccia.
La via corticospinale o piramidale (perché si trova a livello delle piramidi bulbari prima della
decussazione) che serve per il controllo della motricità dell’emisfero opposto. Si assimila a questa
via quella componente che va a finire sui nuclei motori del tronco dell’encefalo.
La via piramidale non passa solo dalle piramidi, ma finisce anche a livello del tronco. Bypassa la
tappa intermedia del tronco dell’encefalo. Termina stt lateralmente a livello del midollo.
Nell’uomo nell’80% l’area motoria origina dalla corteccia frontale e il 20% dalla corteccia parietale.
Il 90% incrocia e va controlat, il 10% rimane stesso lato. Il 10% è mediale, il 90% è laterale.
Ci sono dei nuclei dei nervi cranici assimilabili a zone del midollo e altri nuclei assimilabili a parti lat
del midollo, ad es a livello del N facciale (7) che innerva i muscoli della faccia. Si può dividere in
facciale sup (corrugatore occhi ecc, assimilabile alla componente assiale, riceve da emisfero dx e
sx) e facciale inf (assimilabile a muscolatura distale, come i muscoli degli arti, quindi quasi tutta
controlat). Se si ha un’emiparesi del 7, i muscoli compromessi sono quelli inferiori, quindi della
bocca. Riuscirà quindi a chiudere gli occhi perché il corrugatore è innervato bilat
L’area 4 corticomotoria è improtante perché ha una componente importante perché consente
all’area motoria primaria di avere un controllo diretto sulle famiglie di motoneuroni, con una sola
sinapsi arriva al muscolo. È una via efferente motoria rapida di avere un controllo ristretto e
raffinato della muscolatura distale. È stata messa in relazione con la capacità motoria più raffinata
dei primati, cioè di compiere i movimenti manuali fini.
Il tronco ha un’attività motoria poco fine, con la corteccia diventa più raffinato sul controllo distale
degli arti.
La corteccia motoria non controlla i singoli muscoli. Gli assoni vanno a finire infatti su un gruppo di
motoneuroni, quindi su più muscoli. La corteccia controlla sinergie muscolari e quindi dei
movimenti.
Dopo una lesione selettiva delle vie piramidali si può notare la difficoltà delle prese fini.
La via piramidale non è realmente la via del movimento volontario. Dalla corteccia in realtà non
parte solo la via piramidale, ma anche delle vie cortico-reticolari che affiancano la via piramidale,
agiscono a livello del tronco e possono produrre movimenti attraverso i nuclei del tronco.
È rara la lesione delle vie piramidali e basta, ma vengono lese tutte le vie discendenti che partono
dalla corteccia motoria, ma ad ogni modo ci può essere un buon recupero, anche senza un
movimento molto fine, grazie alle vie cortico-reticolari.
Dopo una lesione della corteccia motoria primaria, in teoria si dovrebbe perdere le capacità
manipolatorie fini, ma nella realtà con sedute di training c’è un buon recupero.
Il ruolo del tronco è fondamentale per il mantenimento della postura.

La corteccia attraverso il tronco permette buona parte del movimento. Il tronco opera processi
sensori-motoria che diventa evidente quando si va a valutare la postura.
Postura: posizione nelle tre dimensioni dello spazio delle varie parti del corpo in condizioni
statiche o dinamiche.
È determinata dalla contrazione di gruppi di muscoli scheletrici che si oppongono alla gravità e dal
modo con il quale l’individuo comunica con l’ambiente ex.
Perché la postura bipede?
- Ampliare la scena visiva
- Risparmio energetico
- Sviluppo funzioni manipolatorie fini
Un primo problema è la perdita di stabilità per la base d’appoggio ristretta.
Il secondo problema è che lo scheletro deve essere sostenuto contro la forza di gravità, quindi
bisogna fissare le varie articolazioni.
Obiettivi dei meccanismi di controllo posturale:
il controllo posturale deve provvedere a:
- Mantenere una posizione stabile (es postura eretta. Distribuendo le forze muscolari,
correggere ogni spostamento del centro di gravità, recuperare la stazione eretta dopo che
sia stata perduta)
- Stabilizzare parti del corpo per permettere il movimento di altre
Il controllo posturale prevede:
- Aspetti tonici (equilibrio statico)
- Aspetti fasici (equilibrio dinamico)
Il controllo posturale avviene attraverso meccanismi a feed-back e a feed-forward
Feedback: attività riflesse che agiscono mediante meccanismi sostanzialmente sottocorticali, ma
anche corticali. Possono essere apprese e adattabili. Gli scopi sono il mantenimento di uno status
quo basato su info sensoriali riguardanti la posizione delle varie parti del corpo:
- Le une rispetto alle altre (coordinate egocentriche)
- Rispetto alla direzione della forza di gravità (coordinate geogentriche, sapere la posizione
del baricentro)
- Rispetto all’ambiente circostante (coordinate exocentriche)
Info propriocettive, vestibolari e visive.
Feedforward: meccanismi corticali e cerebellari che agiscono sui riflessi posturali. Sono risposte di
tipo anticipatorio, adattabili alle diverse condizioni ambientali, basate su meccanismi di
apprendimento e di memoria. Questi meccanismi non implicano assolutamente la necessità di un
controllo consapevole (“volontario”). Un controllo conscio della postura avrebbe effetti disastrosi.
Postura eretta: modello del pendolo invertito. Quando si mantiene la postura corretta, si mantiene
un certo allineamento degli arti in modo tale che se si mantiene allineata la colonna, la gran parte
del peso è sostenuta dallo scheletro. L’attività muscolare in piedi eretti è minima. La tendenza alla
dorsiflessione della caviglia è controllata da attività tonica del soleo, che è lento e rosso.
Immediate e precise correzioni di ogni spostamento del centro di gravità. Oscillazioni continue di
circa 1 cm con rotazione sulla caviglia (sway)
Le proprietà meccaniche non rendono conto di tutti gli aspetti relativi alla stabilità posturale. La
perturbazione di una postura statica produce risposte:
- Riflesse a breve latenza (M1, spinali)
- Riflesse a lunga latenza long-loop responses (M2, sovraspinali)
- Di natura volontaria (M3, vol, corticali)
Come detto, il primo livello del controllo posturale è dato dal riflesso miotattico e da scarico. È un
servomeccanismo per il mantenimento della postura
Regolazione della stiffness articolare (durezza articolare) avviene attraverso i motoneuroni
gamma.
Componente spinale: ruolo delle afferenze fusali (ischemia della gamba). Ad occhi chiusi,
l’ischemia della gamba (blocco fibre 1 a) è causa di un aumento delle oscillazioni posturali. Quindi
escludendo i motoneuroni gamma la postura è meno stabile.
Altri riflessi spinali con significato posturale:
- Riflesso estensorio crociato (est controlat, da riflessi flessori nocicettivi)
- Reazione positiva di sostegno (da afferenze cutanee propriocettive)
- Reazione di piazzamento (da afferenze cutanee del dorso del piede, riflesso arcaico del
bambino. Quando si inciampa in un ostacolo)
- Reazione da sbalzo (hopping reaction, non solo spinale)
- Riflessi di raddrizzamento (di origine spinale)
Ruolo del tronco dell’encefalo nei meccanismi di controllo posturale: come ci si è arrivato? Nei
modelli dell’animale decerebrato, togliendo un pezzo di tronco si valuta le differenze.
Dopo la decerebrazione avviene una rigidità perché tutti i muscoli degli arti sono iperestesi. C’è un
aumento esagerato dei riflessi da stiramento dei muscoli dei 4 arti. Se si prova a flettere, non lo
permette e quindi si esagera il riflesso dell’estensione. I motoneuroni gamma sono troppo attivi e i
fusi sono troppo allungati e iperattivano i motoneuroni alfa.
Nel bradipo sono i flessori che svolgono una funzione antigravitaria, per cui se si decerebrano c’è
ipertono dei flessori. Quindi sono i muscoli antigravitari che svolgono l’azione di controllo del
tronco.
La sostanza reticolare ha forte importanza a livello del tronco
- Reticolare pontina (eccitatoria, arriva al midollo attraverso la via reticolo spinale med.
Aumenta il tono muscolare antigravitario)
- Reticolare bulbare (inibitoria, arriva al midollo attraverso la via reticolo spinale lat. Inibisce i
muscoli)
Un’attività ben equilibrata serve per mantenere bene la postura.
Proiezioni cortico-reticolari: la corteccia cerebrale e il cervelletto esercitano un ruolo
sostanzialmente inibitorio sul tono antigravitario. Se non arriva questo input alla reticolare
bulbare, diventa prevalente la reticolare pontina, di conseguenza saranno eccitatori e di
conseguenza aumenta il tono antigravitario in modo patologico perché non c’è equilinrio tra
inibitori ed eccitatori.

Alterazioni del tono posturale nel paziente neurologico:


La figura in basso con iperestensione è simile a quella del gatto decerebrato
La figura in alto è decorticata, con lesione mesencefalica alta, incompatibile alla sopravvivenza con
la flessione degli arti superiori.
Quando c’è emiplegia, c’è lesione della via cortico-reticolare, con alterazione del tono posturale
che viene chiamato spasticità. L’emiplegia spastica è piuttosto frequente, dopo ictus corticale della
corteccia motoria, simile alla rigidità da decerebrazione del gatto. Si ha un aumento
dell’estensione dell’arto inf e flessione dell’arto sup. questo perché c’è un aumento dei muscoli
antigravitari (est per gli AI e flex per gli AS). Il piede è in dorsiflessione (mantiene la stazione
eretta) il piede è equino.
C’è un aumento dei riflessi da stiramento, quindi anche del bicipite.

L’attività antigravitaria del tronco è modulata attraverso meccanismi a feedback che modulano

Componente vestibolare: sistema di navigazione inerziale. È interno alla rocca petrosa del
temporale, in un labirinto osseo e membranoso. Alcune componenti fanno parte dell’udito, altre
del vestibolo. Ci sono delle cellule ciliate che aumentano in altezza in direzione di un chinociglio.
Queste cellule fanno contatto con fibre nervose afferenti che porta il segnale. I recettori sono in
zone specifiche di utricolo, sacculo e canali semicircolari. Questi recettori sono attivati dai
movimenti delle stereociglia, che determinano un potenziale d’azione della membrana. Se le
stereociglia si chinano sul chinociglio si depolarizza (liberazione neuromediatori), viceversa si
iperpolarizza (diminuisce).
Organi otolitici: nell’utricolo e nel sacculo. Sono segnali relativi alla posizione della testa nello
spazio (coordinate geocentriche). Segnali relativi ad eventali accelerazione lineare.
Se si piega la testa indietro il segnale sarà diverso. Gli organi otolitici (utricolo e sacculo) danno
info sulla posizione della testa rispetto alla forza di gravità. È utile perché lo spostamento del capo
può dare alterazioni del baricentro. Gli otoliti segnalano inoltre anche accelerazioni del capo,
quindi non solo la posizione del capo in statica. Tutti questi segnali arrivano al tronco dell’encefalo
Canali semicircolari: sono 3 per lato, disposti ad angolo retto. I recettori ciliati inglobati in un velo
gelatinoso dove c’è un’ampolla. I recettori si depolarizzano o iperpolarizzano in base alle rotazioni
del capo con accelerazione. Anche qui si può avere aumento o diminuzione di segnale.

I canali semicircolari lavorano in coppia. Da un lato quindi si ha un aumento del segnale, dall’altro
lato si ha diminuzione. Questi segnali vengono convogliati al tronco dell’encefalo dove si
distribuiscono fibre da organi otolotici prevalentemente a nuclei lat e inf. Canali semicircolari
prevalentemente a nuclei sup e med.

14 aprile

I nuclei vestibolari hanno poi delle vie vestibolo-spinale, quella lat arriva a tutto il midollo e origina
da sacculo e utricolo. Il nucleo invece med arriva fino al midollo cervicale. I nuclei vestibolari
ricevono anche dal cervelletto

Verso l’alto si hanno connessioni del nucleo vestibolare mediale con nuclei motori dei muscoli
oculari. Le info provenienti dai canali semicircolari o si dirigono verso l’alto, per risposte di
movimenti oculari o del collo.
A livello corticale non abbiamo una vera e propria area vestibolare, non c’è quindi una percezione
precisa delle info vestibolari, ma arriva in diversi punti con finalità diverse. Le info vestibolari
vengono organizzate in modo riflesso.
Risposte riflesse innate di origine vestibolare:
- Riflessi vegetativi
- Riflessi somatici simmetrici-asimmetrici che sono cinetici (da accelerazione angolare o
lineare e statici)
Nella vita di tutti i giorni i nostri movimenti e riflessi non sono isolati.
Riflessi da accelerazione angolare del capo: nistagmo vestibolare.
Se ruoto la testa da un lato, da una parte ho maggiori info, dall’altra meno. Se ruoto il capo dal
lato, gli occhi vanno in direzione opposta. A un certo punto gli occhi raggiungono il massimo
possibile di escursione e a questo punto gli occhi ritornano centralmente. Questo riflesso si chiama
vestibolo-oculare. Il movimento di va e vieni si chiama nistagmo, con una fase di deviazione degli
occhi e un ritorno rapido in posizione centrale. La stabilizzazione dell’occhio rispetto allo spazio
operata dal sistema vestibolare permette di determinare senza equivoci quali oggetti nella scena
visiva si stanno muovendo e quali sono immobili soppressi dal vestibolo-cerebellum.
Il riflesso vestibolo-oculare si può anche sopprimere per esplorare ciò che ci circonda, ma
rimangono quando ci sono perturbazioni.
Le info arrivano ai nuclei vestibolari che vengono smistate verso il 3 e il 6 (oculomotore e
abducente). Il ritorno rapido è una sorta di resettaggio del riflesso e quindi avviene rapidamente.
Riflessi vestibolari da accelerazione lineare: il principio fondamentale è che se c’è una
perturbazione (es spinta alle spalle) si ha un aumento del tono antigravitaria per evitare la caduta.
Vale anche per lo spostamento del capo. Sono modulazioni sia statiche, sia dinamiche. Es la caduta
che immediatamente attiva il gastrocnemio.
I riflessi vestibolari sono più lenti del riflesso da stiramento.
I riflessi propriocettivi del collo (riflessi cervicali) hanno effetti algebricamente opposti ai riflessi
vestibolari. Sono riflessi evidenti nel neonato. Nell’adulto sono inibiti dai centri superiori.
Nell’adulto sano compaiono nell’ambito di strategie o atteggiamenti posturali di tipo riflesso o di
accompagnamento a movimenti volontari. È quello dello schermidore, con est degli arti dal lato in
cui c’è rotazione del capo. Questi riflessi si integrano coi riflessi vestibolari, per il mantenimento
dell’equilibrio durante il movimento.

Riflessi cervicali nel paziente emiplegico: con lesione c’è un’alterazione dei riflessi. Se si mettono
cuscini sotto la testa, può innescare un riflesso cervicale simmetrico con est dell’AI e flex AS, di
conseguenza nel passaggio da posizione distesa a seduta, il sollevamento della testa può
provocare un aumento del tono estensorio dell’anca. Questo in caso di riflessi cervicali simmetrici
In caso di riflessi cervicali asimmetrici, il paziente rivolge solitamente la testa dal lato opposto alla
plegia, il che aggrava il tono flessorio dell’arto plegico. Rivolgere il capo verso il lato plegico può
facilitare l’est dello stesso, ma ostacolare il portare la mano verso il volto.
Componente visiva: acuità visiva e stabilità posturale. L’entità delle oscillazioni nel mantenimento
della postura eretta aumenta ad occhi chiusi o al diminuire dell’acuità visiva. Es un miope senza
occhiali oscilla di più, come se avesse gli occhi chiusi.
Noi per il mantenimento della postura usiamo info propriocettive, vestibolari e visive. In caso di
patologia, se c’è una perdita di queste componenti, si riesce comunque a mantenere l’equilibrio
grazie alla visione che compensa. Segno di Romberg: con perdita della visione, si perde il
compenso e quindi segnala deficit vestibolare o delle vie sensitive.
Il controllo visuoposturale è basato sui movimenti di traslazione retinica delle immagini provocati
dalle oscillazioni lat della testa. Se oscillo ad es in avanti, la scena visiva si sposterà un po’ indietro
e questa traslazione retinica può essere interpretato con una oscillazione e innescare una risposta
posturale.
Stimolazione optocinetica e fenomeni di movimento illusorio: es della retina mentre si va in auto,
indica il movimento. Il movimento di stimoli visivi viene riferito all’osservatore nel caso di
stimolazione di tutto il campo visivo o delle sue parti periferiche. L’optic flow può essere lineare,
concentrico o eccentrico, o rotatorio.
Nistagmo optocinetico: quando si fissa qualcosa che si muove, es in treno.
Interazione tra segnali vestibolari e segnali visivi: l’apparato vestibolare non è un trasduttore
perfetto dei movimenti del capo. Si abitua e i canali semicircolari non rispondono molto bene ai
movimenti lenti. A questo scopo, i nuclei vestibolari utilizzano anche segnali optocinetici. I segnali
optocinetici sono fondamentali quando il moto è a velocità costante. Nei nuclei vestibolari c’è una
convergenza di segnali vestibolare e optocinetici che arrivano attraverso il tronco o la corteccia
visiva. I neuroni vestibolari non sanno distinguere tra i due segnali e questo spiega perché stimoli
optocinetici possono dare fenomeni di movimento illusorio.
Gli effetti di movimento illusorio producono reazioni posturali (azione sui nuclei vestibolari).
Conflitti tra info visive e vestibolari: la discordanza di info vestibolari e visive, es quando si gira la
testa, il focus visivo va dal lato opposto. Quando invece si è in auto, tutto segue l’auto, restando
però fermo.
Cinetosi: è il mal d’auto, perché c’è incongruenza nel movimento.
Riflessi innati del tronco: riflessi di raddrizzamento:
- Componenti visive
- Componenti vestibolari
- Componenti propriocettive del collo
- Componenti spinali
Il tronco elabora anche risposte “rescue reactions” che sono reazioni di difesa:
- Stepping (spintarella, si fa un passo)
- Sweeping (si sposta gli arti quando si perde l’equilibrio)
- Protective (durante la caduta si allunga il braccio)
Riflessi posturali integrati e atteggiamenti posturali: integrazione delle attività riflesse posturali con
lo scopo di controllare la postura nel modo più efficace ed economico possibile.
Si definisce come strategia posturale la scelta di un determinato orientamento posturale e della
modalità con cui viene mantenuto
Le strategie posturali sono frutto di fenomeni di apprendimento e devono essere adattabili al
contesto motorio. Es modificare la postura a pattinare, stare fermi o in bici
Le strategie posturali possono essere evocate per via riflessa, ma sono a nostra disposizione
durante l’esecuzione di movimenti “volontari”
La strategia di stabilizzazione posturale in condizioni di base avviene rigorosamente secondo una
sequenza disto-prossimale coordinata da centri superiori (strategia di caviglia). Si parte dai
gastrocnemi, bicipite ecc
Se si riduce il supporto di base si passa a una strategia di anca, in cui si aumenta il peso dele info
vestibolari, tanto più efficace quanto maggiore sarà stato l’apprendimento motorio.
Queste strategie vengono tutte apprese.

Il ruolo del cervelletto nella adattabilità del sistema motorio. C’è necessità di adattare le risposte
posturali al contesto motorio in tempi brevi. Es la pedana con gastrocnemio e tibiale ant
Controllo posturale a feed forward: meccanismo anticipatorio, fatto dalla corteccia. Es durante la
marcia c’è un’attivit posturale anticipatoria.
Le strategie posturali apprese possono essere generalizzate? Possono generare modelli di
controllo del movimento da utilizzare per ottimizzare altre abilità non ancora apprese?
Esperimento con i ballerini, dove coi piedi a papera hanno un migliore controllo motorio rispetto
alle persone normali. In tutte le altre posizioni i ballerini hanno la stessa capacità dei normali.
Il meccanismo di feedforward è quindi a carico della corteccia. L’area motoria primaria è
essenzialmente corticospinale. La corteccia premotoria post è corticoreticolare e corticospinale. La
corteccia premotoria ant è essenzialmente corticoreticolare.

Locomozione:
attività motoria ripetitiva e stereotipata. Capacità di spostarsi da un luogo all’altro (nuoto, volo,
cammino ecc). alla base c’è un’alternanza ritmica e automatica di movimenti del corpo e
appendici.
Biomeccanica del cammino: la locomozione umana è fatta da movimenti ciclici alternati. Durante
queste fasi si ha attività alternata di m flessori ed estensori che possono essere tracciate nel tempo
e mappate.
Controllo nervoso della locomozione: per generare gli schemi motori di base del cammino non
sono necessari comandi sovraspinali. La ritmicità di base del cammino è prodotta da circuiti spinali.
I circuiti spinali della locomozione possono essere modulati da segnali tonici sovraspinali. Le reti
spinali sono regolate da segnali propriocettivi dagli arti.
I centri locomotori sono quindi a livello del midollo spinale. Ci sono per ogni lato dei centri che
inibiscono l’uno e l’altro e generano le attività alternate di flesso estensione.
Integrazione spinale dei segnali afferenti:
1) Lo stiramento di flessori durante l’appoggio facilita i flessori e innesca l’oscillazione
2) Afferenze 1 b dagli estensori rinforzano l’appoggio (inversione funzionale). L’oscillazione
comincia quando l’arto si scarica
3) Afferenze cutanee dal dorso del piede promuovono la flessione
4) Afferenze cutanee della pianta del piede rinforzano il tono estensorio.
A livello del mesencefalo c’è il centro locomotorio mesencefalico che innesca l’attività della
locomozione, che a seconda dell’intensità della stimolazione elettrica va più o meno veloce,
regolando la velocità.
La corteccia motoria contribuisce ad adeguare il passo alle condizioni ambientali (es oltrepassare
un ostacolo)
La corteccia parietale contribuisce alla locomozione anche attraverso meccanismi di memoria
operativa aboliti (es ostacolo che viene tolto).
Tuttavia, il controllo della locomozione è prevalentemente a carico del midollo spinale.

14 aprile, pt 2

Meccanismi periferici di controllo del dolore


Teoria del cancello: a livello delle corna dorsali del midollo spinale, laddove c’è sinapsi sul secondo
neurone di proiezione delle fibre nocicettive, a questo livello possono avvenire delle inibizioni o
dirette o attraverso interneuroni inibitori. Le fibre A beta sono una sorta di cancello quindi, che
possono o meno fare passare lo stimolo. Le fibre A beta sono per la sensibilità tattile.

Le fibre A beta possono avere un effetto analgesico attraverso la TENS (stimolazione elettrica trans
cutanea) e si sfrutta la teoria del cancello. I meccanismi periferici agiscono sulle corna post con gli
interneuroni inibitori.
A livello del SNC c’è il meccanismo di controllo del dolore.

La sostanza grigia proietta al rafe, che libera la serotonina che a livello del midollo spinale agisce
sugli interneuroni inibitori che agivano sulle fibre A beta.
Sistema limbico: deputato alla modulazione che gestisce gli stimoli affettivi ecc, per questo motivo
uno stesso trauma in momenti diversi può essere avvertito in certi modi.
Gli interneuroni inibitori liberano polipeptidi che liberano encefaline, che appartengono al gruppo
degli oppioidi endogeni. Agisce sui recettori tipo la morfina o a degli oppioidi.
I meccanismi centrali spiegano anche l’effetto placebo.

VISIONE
La retina è fotosensibile, quindi sensibile alla luce, che sono delle onde che stanno all’interno di
una certa banda (400-700 nm). I nostri recettori retinici sono sensibili solo a queste lunghezze
d’onda.
Elementi cellulari della retina: c’è una prima elaborazione di info visive. È data da neuroni che
durante lo sviluppo embrionale migrano verso l’occhio e danno luogo alla retina. È già sistema
nervoso. C’è una stratificazione di cellule, dove i recettori sono nella parte ex. Una volta
attraversata la retina, la luce viene elaborata dai fotocettori. I recettori trasmettono un segnale
alla cellula bipolare in posizione intermedia, va poi alla cellula gangliare che può generale
potenziali d’azione e questo va al ganglio ottico.

Nel percorso più breve c’è una catena di tre neuroni. La retina è una pellicola sensibile.
Nell’occhio ci sono 6 superfici di rifrazione. Le varie lenti vengono tenute tutte insieme, definito
occhio ridotto. Quando si hanno raggi luminosi provenienti da lontano, questi raggi vengono messi
a fuoco sul piano retinico. Cornea  liquidi  cristallino è il passaggio della luce
Nell’occhio nel momento in cui si hanno raggi luminosi provenienti da lontano, almeno 5 metri,
sono paralleli, l’occhio rimane a riposo e li mette sul piano retinico. A meno di 5 m i raggi non sono
più paralleli, per cui l’occhio attraverso le lenti si modifica il potere di convergenza fino a stimoli
distanti pochi cm (punto prossimo) dove si avrà il fenomeno di accomodazione e aumentare il
potere di convergenza e mettere a fuoco quel che si vede. Ciò avviene perché il cristallino ha un
potere elastico.
Messa a fuoco: attività del muscolo liscio ciliare del sistema autonomo che regola info provenienti
dalla retina. C’è un sistema di messa a fuoco che regola il diametro della pupilla attraverso il
rilasciamento dei muscoli che regola la pupilla (con molta luce si rimpicciolisce)
Anomalie refrattive:
- Miopia (occhio troppo lungo, l’immagine viene messo a fuoco prima della retina)
- Ipermetripia (occhio troppo corto, la messa a fuoco è dietro la retina)
- Astigmatismo
- Presbiopia: diminuzione del potere di accomodazione. Meccanismo parafisiologico dove il
cristallino perde di elasticità col tempo
Fotocettori: coni e bastoncelli.

Il bastoncello ha più membrana ed è quindi più sensibile alla luce. Responsabili quindi con poca
luce. I bastoncelli hanno però fenomeni di convergenza, quindi i segnali che arrivano al SNC hanno
una bassa risoluzione. I coni sono più densi e con meno convergenza. I coni sono i recettori con cui
vediamo le scene visive ecc, i bastoncelli invece in condizione molto bassa.
Quando c’è molta luca, il bastoncello si satura perché il pigmento è alterato.

Quando si accende la luce i fotoni alterano il pigmento del bastoncello, si chiude il canale del
sodio, esce potassio e si iperpolarizza la membrana.
I coni non hanno tutti lo stesso pigmento, ci sono 3 tipi di pigmenti, ognuno dei quali ha diverse
lunghezze d’onda.
I bastoncelli non vedono il rosso.
Nella retina c’è una zona centrale, con nome fovea, dove i coni sono piccoli e addensati. Sono
quasi tutti qui e c’è un alto numero di recettori, dove c’è la maggiore acuità visiva. Appena più
lontano l’acuità crolla, per questo motivo gli occhi si devono muovere per inquadrare un
determinato punto. I bastoncelli sono più densi al margine della fovea, per questo motivo al buio
si vede più in periferia.

Connessioni retiniche: stimolazione e modificazione della cellula bipolare di coni e bastoncelli che
modificheranno anche la cellula gangliare. Questo avviene trasmettendo il segnale raccolto a
livello dei fotocettori, che trasmettono il segnale alle cellule bipolari. Quando sono in fovea si
arriva alla cellula ganglionare, che risponde solo quando la luce colpisce specifici recettori della
retina, quindi solo quando lo stimolo arriva a uno stimolo che compare nel campo visivo.
Campi recettivi delle cellule gangliari: è come se ci fossero diversi pixel, che trasferiscono la
proiezione dell’immagine della retina verso la corteccia visiva. I campi recettivi sono circolari e ha
un’organizzazione dal centro alla periferia. Ci sono cellule chiamate on che si attivano se si illumina
il centro. Se si illumina solo la periferia, la cellula si inibisce. Le cellule off all’opposto.
In realtà ci sono almeno una ventina di cellule gangliari, quelle P hanno campi percettivi piccoli per
cui servono per il riconoscimento delle immagini, le cellule M hanno campi più ampi e quindi sono
più sensibili al movimento.
Quando la cellula si iperpolarizza, la cellula può modificare l’attività delle cellule bipolari che
possono essere inibite (off) o stimolati (on)
La visione è binoculare, quindi c’è un’ampia visione del campo visivo che viene vista con entrambi
gli occhi.
La parte centrale viene proiettato su entrambe le fovee. La parte invece laterale va su un solo
occhio. Si ha quindi una parte binoculare e una parte monoculare.
Dalle cellule ganglionari le info vanno al nervo ottico, al chiasma la parte nasale decussa, formando
poi il tratto ottico. Nel tratto ottico viaggiano tutte le info visive relative alla metà controlat del
campo visivo.
3) Emianopsia controlat. Non s vede la metà controlaterale. Uguale anche a livello del lobo
occipitale
Le info vanno a finire sugli assoni retinici delle cellule ganglionari della retina. Vanno poi al nucleo
genicolato lat, all’ipotalamo per la regolazione dei ritmi circadiani,

Il collicolo superiore è una struttura mesencefalica dove terminano afferenze visive che arrivano
dalla retina. Qui c’è una riproduzione ordinata di una parte della retina. La riproduzione
dell’immagine può servire per elaborare risposte riflesse perché il collicolo può generare risposte
di output per i muscoli del collo. Importante quindi per attività riflesse a stimoli luminosi o uditivo,
noi giriamo gli occhi verso lo stimolo.
Info che arrivano a livello del tronco possono essere elaborate in modo sottocorticale. Infine, le
info arrivano in certe zone del tronco dell’encefalo dove questi segnali possono essere elaborati
per via riflessa che regolano accomodazione o il grado della pupilla. Le info arrivano al pretetto,
poi a un nucleo oculomotore accessorio, poi al ganglio e regolano il riflesso pupillare (miosi con
arrivo della luce bilaterale). Se c’è lesione del N ottico non si ha miosi se si illumina l’occhio
lesionato, ma se si illumina l’altro avverrà la miosi bilat. Col sistema para c’è miosi, col simpatico
c’è midriasi. Il diametro della pupilla è quindi regolato in midriasi o in miosi.

Nucleo genicolato lat: del talamo, ha diversi tipi di cellule. Si mantiene la separazione tra cellule M
e cellule P, per poi proiettarle alla corteccia visiva primaria.
Dove proietta il genicolato laterale? Alla corteccia visiva primaria, lungo il solco calcarino e
corrisponde all’area 17 di broadmann, o adesso V1.
Proiezione retino-genicolato striata:
una buona parte del campo visivo è binoculare, per cui si attivano cellule ganglionari di entrambi
gli occhi. Si ha quindi una doppia attività assonale, che a livello del genicolato lat rimangono
separati.
Noi abbiamo un’organizzazione retinotopiche: si riproduce in modo ordinato a livello della
corteccia la visione controlaterale.
La fovea in corteccia è rappresentata maggiormente. Nella fovea i recettori essendo densi, devono
però inviare a livello corticale in modo ordinato i segnali e quindi devono esserci a livello corticale
maggiori neuroni di recezione
Organizzazione laminare di V1 e processamento in parallelo dell’info visiva:

C’è via magno e via parvo (elaborata localmente, in V1). La magno passa velocemente da V1 e
prosegue verso altre vie visive. In V1 c’è analisi visiva della via parvo con moduli.
Ci sono cellule che sono sensibili a determinati orientamenti della luce.

Si ha un’organizzazione colonnare, nelle quali si hanno diversi tipi di colonne in base agli stimoli
visivi se sono verticali od orizzontali. Se delimitano quindi i contorni della scena visiva. Si ha una
prima elaborazione in cui per ogni piccola proiezione del campo visivo si uniscono le risposte. Si
rappresenta quindi l’immagine tutto ciò che c’è di obliquo, orizzontale ecc.
Colonne della dominanza oculare:

Per ogni piccola porzione del campo visivo, in V1 c’è una zona che risponde solo a un occhio, in
un’altra zona c’è una risposta di un altro occhio. Si ha quindi due popolazioni che danno lo stesso
stimolo, perché derivano da i due occhi diversi.
Si è visto che le colonne della dominanza oculare non sono presenti alla nascita, per cui alla nascita
non c’è separazione tra input di un occhio rispetto a un altro. Si formano quindi grazie
all’esperienza sensoriale che avviene dopo la nascita. Se si chiude un occhio, poi uno dei due
predomina rispetto all’altro occhio (solo nelle prime settimane di vita). Importante per un corretto
sviluppo della dimensionalità.

Organizzazione colonnare di V1

Dopo V1, l’info visiva passa ad altre aree visive secondarie a livello occipitale. Nei flusso di
informazione si mantiene comunque una separazione tra la via parvocellulare e la via
magnocellulare, che passano in aree diverse. Nell’area V4 c’è la via parvo, la V5 per la magno. Si
hanno dei flussi paralleli che si separano e si biforcano
Le due vie danno luce a diversi flussi, paralleli e separati, uno che va verso la corteccia parietale
(dorsale, stimoli movimento) e uno verso la corteccia temporale (ventrale, per analisi di forme e
colori)

15 aprile

Sistemi sensoriali
Attività nervosa che prende origine da cellule recettoriali
Come avviene la codifica del segnale sensitivo? Le nostre sensazioni coscienti sono
qualitativamente diverse dalle proprietà fisiche degli stimoli. Come previsto dagli idealisti, il SN
estrae frammenti di info da ogni stimolo e ne ignora altri e li interpreta anche in base
all’esperienza pregressa. Ad es riceviamo onde elettromagnetiche di diversa lunghezza d’onda, ma
le vediamo come i colori.
Si studia modalità, sede, intensità e decorso temporale delgi stimoli.
- Modalità: specificità dei recettori e codice della linea attivata. Le differenze funzionali tra i
vari sistemi sensoriali dipendono dalle diverse energie degli stimoli che li fanno entrare in
attività e dalle diverse vie che li compongono. Ogni neurone svolge particolari compiti e il
treno di potenziali di azione che genera possiede uno specifico significato funzionale per
tutti i neuroni postsinaptici.
Il processo di trasduzione è un processo in cui un’attività chimica, meccanica o termica viene
trasformata in un segnale elettrico.

Campi recettivi: distribuzione di attività sincrona di cellule nervose che fornisce un’immagine
neurale delle dimensioni e contorno dello stimolo.
la densità dei recettori è fondamentale per l’acuità delle info. La durata dello stimolo determinerà
la durata dei potenziali d’azione e quindi dell’evento.
Importante è la soglia minima che corrisponde alla percezione dello stimolo.

La soglia è l’intensità in cui viene avvertito al 50%. La soglia può variare a seconda delle condizioni
in cui si è, es con farmaci, stato soporoso e poco vigili la soglia sarà più alta. Se si è allerta, la soglia
sarà più bassa.

I processi elaborativi a livello corticali sono organizzate in modo gerarchico, da semplice a


complesso. L’organizzazione è anche in parallelo, perché dall’area sensoriale primaria possono
partire diversi flussi di informazione, ognuno dei quali specializzato per valutare determinati
aspetti. Si valuta contemporaneamente senza perdere tempo diverse info.

Sensibilità somatica generale: o somestesia.


Afferenze somatiche non da organi di senso specifici. È generale, per esclusione, proveniente dal
nostro soma. Ha 3 funzioni: propriocezione (muscoli), esterocezione (cute), enterocezione
(dall’interno).
4 modalità fondamentali:
- Tatto-pressione
- Termica
- Propriocettiva
- Dolorifica

In periferia ci sono molti tipi di recettori:


Meccanocettori: rispondono in modo semplici a stimoli. Si apre il canale, si depolarizza la
membrana e in corteccia diventerà una sensazione tattile. Possono esserci anche i corpuscoli di
pacini che rispondono allo stimolo recettoriale, liberando un mediatore che avvolge il recettori, i
quali inibiranno poi lo stimolo.
La sensibilità tattile si basa sui meccanocettori situati sulla cute a diverse profondità, ce ne sono 4
principali (Ruffini, Pacini, Merkel e Meisner). Due sono più superficiali e due sono più profondi.
uno è a rapido adattamento, l’altro a lento adattamento. Quello rapido dà una risposta immediata,
ma poi smette. Segnala l’evento, ma dice poco su intensità e durata dello stimolo.
Il recettore superficiale ha un campo recettivo molto piccolo, quello profondo risponde a zone più
ampie di cute, con campi recettivi di maggiori dimensioni. Quindi quelli superficiali sono più precisi
La densità recettoriale cambia notevolmente in base ai punti in cui si è:
Si fa il test delle due punte per valutare la discriminazione e l’acuità sensoriale.
Recettori a rapido adattamento: codifica di stimoli in movimento e di stimoli vibratori (pallestesia).
I Pacini sono i meccanocettori più sensibili: filtrano e amplificano vibrazioni ad alta frequenza.
Importanti quando usiamo strumenti (cacciavite, siringhe ecc). Segnalano sia l’evento, che la
frequenza degli eventi. Portano in corteccia segnali relativi ad eventi che si ripetono in modo
ciclico.
Sensibilità termica: ci sono sensori per il freddo e per il caldo. Sono anche chemiocettori.
Sensibilità propriocettiva: racchiude info che provengono dalla periferia che a livello percettivo
danno in ogni momento un’idea preciso di come sono messe le une rispetto alle altre le cellule nel
corpo. Si sa quindi dov’è nello spazio il corpo. Fondamentale per programmare l’attività motoria e
per monitorare gli spostamenti nel corpo.
Origina sia dai fusi neuromuscolari, sia dai recettori situati a livello delle nostre articolazioni.
Le info partono dalla cute, arrivano ai corni dorsali e qui si separano in due info:
- Tattili-propriocettivi: entrano nelle radici dorsali, danno alcune collaterali, ma in gran parte
proseguono lungo il midollo fino ai centri superiori
- Termiche-dolorifiche: entrano nelle radici dorsali, si interrompono, danno una sinapsi che
decussa e sale ant-lat
Sd di Brown-Sequard: con lesione di una metà del midollo. Si ha dallo stesso lato della lesione una
riduzione della sensibilità tattile-propriocettiva e perdita mobilità volontaria. Si ha anche deficit
controlat della sensibilità termica e dolorifica per via della decussazione
Territori di innervazione dei nervi periferici vs quelli delle radici post:
Trigemino

Sensibilità tattile e propriocettiva: dalle colonne dorsali arrivano al tronco encefalico (nucleo
gracile cuneato)  lemnisco, decussa e quindi sono crociate. Non si sa bene il motivo, ma a livello
degli emisferi le info sono crociate.  aggiunta info dal trigemino e quindi di tutte le info del corpo
(metà).  secondo neurone, arriva fino al talamo (nucleo ventrale post)  il terzo neurone porta
le info in corteccia. Ci sono quindi 3 neuroni e due sinapsi, si porta rapidamente le info, passando
attraverso a livello del talamo
Dal talamo le info sono raccolte in modo ordinato. Più lat AI, al centro AS, med volto
Le info arrivano poi in corteccia, a livello della corteccia somatosensoriale primaria (SI e secondaria
(SII).
Decorre dietro il solco centrale e occupa la circonvoluzione parietale ascendente. Al davanti del
solco centrale c’è invece il lobo frontale, per cui siamo a livello del lobo parietale. Al suo int
possono essere distinte 4 aree su base istologica (importanti in caso di somatoestesia).
L’integrità delle vie sensitive si studiano attraverso i potenziali evocati somatosensoriali (PES). Si
stimola dalla periferia per valutare i vari potenziali. L’onda N20 deve arrivare dopo 20 secondi per
essere integro. È uno studio elettrofisiologico

Come si organizza la corteccia somatosensoriale primaria? Segue una logica topografica, che va a
riprodurre sulla corteccia la metà controlat del nostro soma. È attraverso un omunculo capovolto,
disegnata da Penfield. L’AI è in alto, più in basso la mano, poi volto, poi lingua. È un omunculo
sensitivo che è quindi capovolto ed è deforme, perché alcune parti sono maggiormente
rappresentati in base alla densità dei recettori. Riflette poi l’organizzazione sensoriale più
rappresentata
Le info vengono poi proiettate dal talamo alla corteccia in modo differenziato, a livello della
circonvoluzione parietale. A livello dell’area 3 A ci sono afferenze dei fusi neuromuscolari. A livello
dell’area 3B arrivano le info tattili. Nelle aree 1 e 2 ci sono invece un po’ di intrecci.

A livello dell’area somatosensoriale primaria c’è un’organizzazione colonnare tipica delle aree
somatosensoriali (es anche corteccia visiva). C’è un cilindro di corteccia dove i neuroni hanno in
comune alcune proprietà, ad es rispondono a recettori a rapido adattamento. C’è un modulo
elaborativo corticale che proietta con cellule d’uscita piramidali le info.
La nostra rappresentazione somatotopica è multipla, dove le info sono affiancate l’una all’altra.
Una piccola inattivazione dell’area somatosensitiva primaria comporta anche un deficit importante
motorio.
La corteccia somatosensoriale e motoria ha una plasticità in base alle attività che vengono svolte. I
principi organizzativi sono uguali, però ci sono delle differenze nel sistema nervoso che
differenziano un individuo dall’altro.
La rappresentazione della plasticità la si può valutare oggettivamente anche nei casi di sindattilia,
dove a livello corticale le rappresentazioni delle dita sono vicine, dopo un intervento invece sono
più lontani e distinti.
Esistono fibre C di piccolo calibro amieliniche che non trasportano la sensibilità dolorifica, ma una
certa forma di sensibilità tattile, che può spiegare il tatto protopatico trasportata dal sistema ant-
lat (si diceva fosse antico). In realtà esistono questi meccanocettori tattili che viaggiano nel
cordone ant-lat. Si trovano solo dove ci sono peli e sono fibre che rispondono meglio quando lo
stimolo tattile colpisce la cute con una certa velocità preferenziale, che è la stessa velocità alla
quale certi soggetti dicono che è uno stimolo piacevole. Queste fibre afferenti non sono a scopo
discrimantivo, ma è un affettive touch, quindi sociale. Determina una stimolazione dell’insula,
quindi di piacevolezza. Risponde quindi di fatto alla carezza, scambi sociali.
Si ritiene quindi che ci siano due sistemi tattili: discriminativo (corteccia motoria primaria) e
affettivo (al sistema limbico, emotivi e sociali). Pare che sia un residuo ancestrale delle scimmie
(gruning), che scosta il pelo per tirare via parassiti agli altri.

DOLORE
Esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno tissutale potenziale o in atto, o
descritta in termini di tale danno.
Dolore: percezione di una sensazione pericolosa o spiacevole (tutte le percezioni coinvolgono una
astrazione ed elaborazione degli input sensitivi); è l’effetto sensoriale cosciente, l’integrazione del
messaggio nocicettivo nelle sfere sensoriali, cognitive, affettive del cervello.
Nocicezione: non significa per forza dolore, perché il dolore viene elaborato. La nocicezione è la
ricezione di segnali dal SNC per l’attivazione dei nocicettori (non tutti gli stimoli nocicettivi sono
necessariamente accompagnati dal dolore), comprende tutti gli eventi neurofisiologici e
neurochimici relativi alla sensibilità dolorifica che si verificano al di sotto del talamo.
Il dolore dipende dall’attivazione di nocicettori, che hanno caratteristiche di risposta oggettive, che
hanno delle soglie. I nocicettori inviano segnali oggettivi, però il dolore ha una forma di sensibilità
soggettiva. Allo stesso stimolo però gli individui rispondono in modo diverso. Anche all’interno
dell’individuo in base al momento c’è differenza.
Componenti del dolore:
- Sensorio-discriminativa: i nocicettori ci informano sull’inizio. Intensità e fine dello stimolo
- Affettiva o emozionale: lo stimolo doloroso evoca sempre una sensazione spiacevole
- Autonoma: riflessi mediati dal SNA
- Motoria: riflesso di fuga o protezione
- Cognitiva: permette all’individuo di valutare il significato dell’esperienza di dolore in
relazione al suo stato di salute.
Misurazione del dolore:
- Algometria soggettiva: soglia del dolore (intensità minima necessaria per provocare una
sensazione dolorosa), intensità del dolore (scale nominali come lieve moderato ecc,
numeriche e vas), soglia di tolleranza al dolore (intensità massima o tempo massimo di
stimolazione tollerata dal soggetto)
- Algometria obiettiva: misurazione delle reazioni motorie ed autonome al dolore e dei
potenziali evocati a livello della corteccia cerebrale
- Algometria clinica (vas, mcgill pain questionaire..)
Classificazione del dolore:
- Nocicettivo: deterinato da stimoli algogeni che interessano i recettori periferici (somatico o
viscerale)
- Idiopatico: di origine sconosciuta
- Neuropatico: dolore determinato da una lesione intrinseca della via nervosa, a cui seguono
alterazioni della ricezione o trasmissione del messaggio doloroso (periferico o centrale)
Localizzazione del dolore
Il dolore superficiale ha due tipi di componenti:
- Dolore puntorio o immediato
- Dolore urente o ritardato
Questi due aspetti si basano sul fatto che abbiamo due classi di nocicettori che portano info in
base a due tipi di fibre che portano l’info (mieliniche o C amieliniche). Ad es prima c’è uno stimolo
che è rapido e immediato, dopo c’è una dolia che è urente.
Il dolore puntorio origine dalla stimolazione di un recettore meccanico e quindi rispondono a una
pressione intensa che diventa dolore, sono più profondi. rispondono a stimoli meccanici intensi o
termici
I dolori urenti sono invece dati da recettori polimodali, che rispondono a stimoli termici, meccanici
e chimici. Una fibra può essere quindi attivata a diverse condizioni (es ago, ortica, pressione).
Essendo chemiocettori quindi è importante, perché rispondendo a una lesione cellulare (es rottura
cellulare) o per processi infiammatori che continuano a dare dolia nella parte della lesione. È il
motivo per cui i FANS vengono utilizzati.
In sede locale ci può essere un abbassamento della soglia del dolore, oppure in caso di iperalgesia
ci può essere un aumento di eccitabilità dei neuroni, dove il solo toccamento può provocare
dolore. L’iperalgesia può essere secondaria in sede della tensione.

Allodinia: insorgenza di dolore in seguito a stimoli meccanici normalmente innocui. Dovuta a


modificazioni dell’eccitabilità dei circuiti spinali, mentanuta da attività prolungata delle fibre
afferenti nocicettive. Es dolore alla deglutizione nelle faringiti. Può persistere ore o giorni
Le afferenze nocicettive arrivano alle corna dorsali del midollo e qui o avviene l’attivazione del
neurone di secondo ordine (tratto ant-lat) o meccanismo riflesso.
Con effetto di potenziamento a lungo termine di questi meccanismi sinaptici, il dolore può
diventare cronico.
Dolore riferito: a livello dei neuroni di secondo ordine ci possono essere delle convergenze di certe
zone di cute e di visceri di un certo dermatomero. Quando c’è una lesione viscerale, ci può essere
l’attivazione di un neurone cutaneo. L’es è un dolore al braccio sx nel caso di infarto del miocardio

Sistema anterolat: ascende verso l’alto e ha diversi bersagli:


- Tronco encefalo (fascio spinoreticolare): attiva la sostanza reticolare che oltre a proiettare
a livello corticale, attiva anche in generale la sostanza reticolare. Può essere utile a
risvegliare la corteccia e mettere in allarme l’individuo e mettere in stato d’allerta.
- Mesencefalo (spino-mesencefalica)
- Talamo (spino-talamica): il grosso delle fibre. A livello del talamo ci sono due componenti
(lat e med). La componente neospinotalamica è quella che finisce nell’area
somatosensoriale primaria (esperienza dolorifica oggettiva), la componente
paleospinotalamica invece va all’area limbica ed è quindi l’egata all’aspetto soggettivo ed
affettivo. Queste esperienze possono essere studiate in modo elettrico e oggettivo,
stimolando ad es faccia-mano-pedie e ci metterà di più
16 aprile
MANCA

20 aprile
Controllo motorio corticale
Quando si parla di controllo motorio corticale una volta si riferiva a quelli ant del solco centrale,
nella parte post del lobo frontale, dove c’è la corteccia motoria, identificati anche da Brodmann
(area 4 e area 6). Da qui partono le principali vie discendenti motorie che a livello del midollo
metteranno in atto le attività motorie. In realtà i centri sono diversi e collaborano insieme per i
meccanismi attraverso i quali elaboriamo e mettiamo in atto.

Quando si parla di controllo del movimento si parla di compiere un’azione controllata, ad es bere
una tazza. L’azione è data dall’assemblaggio di una serie di componenti (atti motori finalizzati) che
nell’insieme vanno a formare tutto il movimento. C’è quindi un’azione nella quale si assemblano
insieme tanti atti motori che vengono compiuti mettendo insieme tanti movimenti. A livello
corticale non ci si occupa dei muscoli, ma dei movimenti. Appena a monte della corteccia motoria
non si sa nulla dei movimenti, ma ragiona in termini di atti motori finalizzati.
Principi organizzativi di base del controllo motorio corticale: gli atti motori sono programmati e
controllati:
- In parallelo, grazie a circuiti e meccanismi nervosi specializzati
- In modo anticipatorio (feed forward) grazie a meccanismi di trasformazione sensori (visuo)-
motoria rapidi e automatici. Ecco il concetto di atti motori potenziali, che prepara di
continuo possibilità motorie.
Controllo motorio anticipatorio del grasping: se si è di fronte a un oggetto che si deve prendere, si
vanno a individuare tutti gli atti motori potenziali, cioè quelli possibili. Ad es la tazza la si può
afferrare in vari modi, lo si deve quindi preparare in modo volontario in anticipo.

Selezione degli atti motori potenziali: selezione degli atti motori potenziali che andranno a
comporre un’azione:
- Scopo finale
- Info sull’identità dell’oggetto
- Info memorizzate sulle possibili proprietà dell’oggetto
- Regole convenzionali (es premere il freno col rosso)
- Ecc

Corteccia motoria: visione tradizione. Con Brodmann nel 1909 che divide area 4 e area 6 per
l’istologia. Nel 1935 Fulton distingue una corteccia premotoria.
Esiste un Homunculus motorio, studiato con la stimolazione della corteccia
La somatotopia può essere utile perché nell’area primaria della corteccia perché con eventuali
plegie si può ricondurre alla parte della lesione.
Il concetto di area motoria primaria all’epoca era riconducibile soltanto a un modello esecutivo,
dove le info sensoriali erano formate per far eseguire i comandi nelle aree della corteccia motoria.

Organizzazione della corteccia motoria oggi:


- Dati di fatto:
1) l’area 4 e l’area 6 sono funzionalmente distinge
2) l’area 6 è suddivisibile in una serie di aree indipendenti
ne consegue che esiste una molteplicità di aree motorie anatomicamente e funzionalmente
indipendente. Esistono quindi rappresentazioni multiple dei movimenti. La rappresentazione
corticale ad es della mano è quindi in diversi punti, ci sono rappresentazioni mutiple.
Le varie aree motorie non svolgono funzioni solo di tipo esecutivo, ma sono specializzate
funzionalmente che si basano sulle esperienze di input e output. Alcune aree quindi sono usate
per alcuni tipi di controllo motorio, altre per altri tipi. Sono attivamente coinvolte nei processi di
trasformazione sensorimotoria che vengono svolti in cooperazione con aree parietali. Sono
attivamente coinvolte in funzioni comunemente considerate di tipo cognitivo, tradizionalmente
attribuite ad aree associative di ordine superiore. Un es per afferrare un oggetto piccolo o grande,
si predisporrà il movimento in base anche alla nostra mano.
Le rappresentazioni corticali multiple sono state studiate elettromiograficamente
Le aree rosa sono connesse con la corteccia parietale. Scambiano info sensoriali e motoria e quindi
sono coinvolte per la trasformazione degli atti motori potenziali, di atti motori che si potrebbero
fare. Le aree più ant, cioè la premotoria rostrale, sono aree che hanno connessione con la
corteccia prefrontale e cingolata (limbica) servono per la selezione del movimento sulla base delle
nostre motivazioni (sistema limbico) o per le nostre info (prefrontale).
Le aree premotorie caudali sono connesse con M1 (corteccia motoria primaria). I programmi
motori generati nelle aree premotorie caudali possono essere eseguiti attraverso M1. È vero,
tuttavia la via piramidale non parte solo da M1, ma anche da aree premotorie caudali, che hanno
info indipendenti da M1.
Ogni area premotoria ha quindi un suo accesso al midollo spinale indipendente da M1, quindi
ruolo importante per recupero in caso di lesione ad M1.
Il concetto di rappresentazione corticale multiple si deve ricollegare al concetto di controllo
parallelo dell’attività motoria.
Si può studiare anche l’anatomia attraverso le proiezioni corticospinali dalla corteccia premotoria
nel cervello umano. C’è quindi sì la componente che parte da M1, ma anche dalla corteccia
somatosensoriale e anche dalla corteccia premotoria.
M1 è essenzialmente per la destrezza manuale. È una zona di rappresentazione di movimenti
prevalentemente distali. È l’unica regione che può controllare motoneuroni ristretti, quindi cose
raffinate. È per le attività motorie particolarmente fine.
M1 codifica comandi per sinergie muscolari, quindi per i movimenti e non per i muscoli. Adesso si
lavora non solo sui movimenti, ma di più sugli atti motori (prima ancora sul muscolo). A seconda
delle individualità ci sono anche organizzazioni differenti di M1.
La rappresentazione dei movimenti vengono codificati in base anche alla forza e alla velocità.
M1 agisce anche su afferenze provenienti dalla corteccia sensoriale primaria con una sorta di
feedback sensorimotorio immediato, un riflesso trans-corticale motorio. L’attività di innesco e
controllo di elaorazione motoria dipende dalla corteccia premotoria, dove ci sono attività nervose
durante la preparazione di un movimento.
La corteccia premotoria ventrale F5 contiene una rappresentazione dei movimenti distali di mano
e di bocca. Questa rappresentazione ha caratteristiche diverse da M1, perché i neuroni non
codificano il movimento, ma l’atto motorio. Sono attivi ad es quando la scimmia fa una pinza,
anche con la mano ipsilat (quindi non ha selezionato la mano che compierà il movimento). Non è
quindi il neurone che fa aprire o chiudere la mano, ma codifica l’atto motorio finalizzato (es un
neurone codificherà per una pinza di precisione, un altro per un power grip).
Il neurone si attiva sia se afferra con una pinza, sia se si prende direttamente con la mano a pinza.
Si attiva anche con l’atto motorio della pinza che si apre chiudendo, questo significa che codifica
per l’atto motorio e non per il movimento.
A monte è quindi l’atto motorio che codificherà il movimento.
La corteccia premotoria è una sorta di spartiacque tra processi di selezione e processi di
esecuzione di atti motori finalizzati.
Selezione atti motori  si seleziona quello giusto  si esegue il movimento
Come sono eseguiti gli atti motori finalizzati? F5 è connessa sia con M1 sia con il midollo spinale.
Alcuni movimenti sono quindi effettuabili anche senza l’ausilio di M1.
Si è visto che dopo lesione di M1 ci può essere espansione di F5 per il recupero delle lesioni. C’è
quindi molteplicità delle aree motorie. Si è visto anche con studi di RMN funzionale e di
stimolazione elettrica durante interventi chirurgici.
Come avvengono i processi di selezione degli atti motori? È importante prima l’info visiva, con
visualizzazione dell’oggetto con cui si dovrà interagire. Se ci sono neuroni che si attivano per
prendere un oggetto, si attiva anche alla presentazione dell’oggetto. L’attivazione è quindi data
dalla semplice visione dell’oggetto. Questo in attesa del segnale di via per poterlo eseguire.

Si preparano quindi attivamente atti motori che poi ne verrà selezionato uno solo. Si formano
quindi degli atti motori potenziali.
Ci sono anche dei neuroni che si attivano quando si vede attivare dagli altri un particolare gesto.

La scelta del neurone che farà il movimento avviene a livello della corteccia parietale.
I fascicoli sono simili a quelli delle scimmie.
La regione di F5 ha connessioni con l’area parietale. i neuroni si attivano scambiando info. I
neuroni hand-related motori, visuomotori e visivi sono sempre in connessione. L’atto motorio
viene selezionato grazie all’interrelazione tra le due aree.
Qui può usare un altro canale anche se non vede l’oggetto, ma il canale motorio è lo stesso anche
se lo vede. Vale sia per la scimmia, che per l’uomo.
Si è riscontrato che nell’uomo ci sono risposte motorie. Un esperimento con sasso carta forbice ha
riscontrato che alcuni neuroni si attivavano per il sasso o per la forbice, quindi per l’atto motorio.
C’è quindi un’attivazione degli atti motori che avviene lungo la via visiva dorsale. Ci sono
connessioni con la corteccia parietale. quando si seleziona gli atti motori per interagire su un
determinato oggetto, può essere modificato in base anche al tipo di oggetto (es coltello o penna),
quindi in base alla semantica.
Qual è il modo con cui processi cognitivi (scopi, fattori contestuali, regole, esperienze precedenti,
working memory ecc) guidano la selezione di appropriati atti motori codificati dai circuiti parieto-
frontali? Cosa fa la corteccia in modo consapevole? La corteccia elabora info, seleziona gli atti
motori, li mette insieme e fa l’azione. Li seleziona sulla base di tanti fattori, aspetti legati alla
memoria, alle esperienze precedenti.

I movimenti sono quindi regolati anche convenzionalmente.


Tutto ciò avviene grazie alla corteccia prefrontale, che controlla quindi cognitivo del
comportamento motorio, che elabora lo stimolo sulla base dell’esperienza e si è visto che la
corteccia prefrontale ha connessioni con la corteccia parientale.
Anche nell’uomo ci sono fasci tra corteccia prefrontale e corteccia motoria.
Il modello è di controllo corticale del movimento, che non riguarda solo la corteccia motoria, ma
avviene a livello di quasi tutto l’emisfero per fare l’attuazione di atti motori. L’interazione parieto-
frontale è fondamentale.
21 aprile

Circuiti cortico-sottocorticali

Partecipano al movimento, se si alterano modificano il modo in cui viene prodotto il movimento.


Dipende poi se c’è lesione cerebellare o dei gangli della base.
Entrambi sono flusso di strutture e vie importanti. Sono quindi ponderosi circuiti cortico-
sottocorticali. Stt il cervelletto ha la possibilità di avere un’uscita che non ritorna al cervelletto, ma
va al midollo spinale. Per questo motivo modulano il movimento senza passare dalla corteccia.
Cervelletto
10% del volume, più della metà dei neuroni del SNC. Si trova posteriormente, sotto il lobo
occipitale. Si ha una corteccia, una sostanza bianca e dei nuclei al suo interno. La corteccia è
semplificata rispetto alla corteccia cerebrale, ma è molto sviluppata di dimensione. Ha una
superficie corticale quindi pari rispetto alla corteccia cerebrale. L’importanza è sottolineata che in
questa struttura si trova più della metà dei nostri neuroni. Ha una struttura macroscopica con un
verme centrale e due emisferi, ha delle fessure che creano dei lobuli denominati da numeri
romani. Determina un lobulo ant e uno post, ma da un punto di vista funzionale non serve molto.
Quali sono le principali connessioni del cervelletto?

I nuclei precerebellari fanno da tramite per le info che passano di lì


Suddivisione cervelletto: si può dividere in lobo ant e post e vari lobuli. Da un punto di vista
funzionale invece si può dividere sulla base delle sue connessioni, quindi in un archi-cerebellum (o
vestibulum cerebellum perché arrivano afferenze da parte dei nuclei vestibolari, parte nera della
foto, lobo flocculonodale). Il paleocerebellum occupa buona parte del lobo ant e una parte del
lobo post, detta spino-cerebellare (riceve dal midollo), occupa il verme (centrale del cervelletto) e
le zone appena a fianco del verme (zone intermedie). Il neo cerebellum (o gli emisferi) o
cerebrocerebellum.
Si può suddividere quindi in 3, tuttavia ad es lo spinocerebellum riceve afferenze dal midollo, ma
non solo. Va bene quindi la nomenclatura, ma non è così preciso
In generale quali sono le connessioni del cervelletto:

Ci sono quindi afferenze dalla corteccia, dal midollo e dal vestibolo. Quelle del midollo e dal
vestibolo arrivano stt allo spinocerebellare. Le afferenze corticali arrivano a tutto il cervelletto. Le
afferenze corticali passano attraverso i nuclei pontini. Queste afferenze attraverso i nuclei pontini
si distribuiscono a tutto il cervelletto, la corteccia motoria però arriva stt al spinocervelletto,
mentre gli emisferi cerebellari ricevono stt dalla corteccia parietale e quindi predisposta alla
preparazione del movimento.
Tutte le vie discendenti passano attraverso i peduncoli mesencefalici, dove noi abbiamo 20milioni
di fibre per lato. A livello delle piramidi invece sono 1milione per lato. Quindi 19milioni di fibre si
fermano al tronco.
Dal cervelletto però ci sono anche le efferenze, per i nuclei cerebellari e da qui le uscite sono
dirette o verso la corteccia attraverso il talamo o verso il midollo

Le efferenze possono quindi o ascendere in corteccia, stt motoria e premotoria, mentre ci sono
efferenze cerebellari discendenti che possono andare o al collicolo sup (visione), o formazione
reticolare, o nuclei vestibolari, permettendo di modulare e adattare il movimento.

Esiste trovata sperimentalmente anche una via efferente cerebello-spinale


Cosa succede dentro il cervelletto? C’è una corteccia cerebellare con struttura semplice fatta da 3
strati, nello stato intermedio ci sono cellule grandi, cioè grossi neuroni con assone che finisce nei
nuclei cerebellari. Sono cellule di Purkinjie che servono all’uscita della corteccia. Sono cellule
inibitorie, inibiscono il nucleo cerebellare, cioè il nucleo da cui partono le vie in uscita dal
cervelletto. C’è anche uno stato dove formato da cellule dei granuli, fitto, che ricevono info in
entrata.

La corteccia cerebellare ha una struttura uniforme lungo tutto il cervelletto, per cui è identica n
qualunque punto. Ha differenze dell’input-output delle regioni. Nella corteccia cerebellare ci sono
5 tipi di cellule, che si connettono nello stesso modo, formando una microcircuiteria identica in
tutti i punti del cervelletto. Questa operazione viene svolta su input diverse, per questo motivo
l’output sarà diverso, anche se l’operazione sarà sempre lo stesso.
Alla corteccia arrivano due tipi di input.
Quelli colorati in arancione sono le fibre muscoidi, che provengono da midollo, vestibolo e
corteccia, entrano al cervelletto e danno collaterali al nucleo del cervelletto. In corteccia attivano
piccole cellule chiamate granuli. Qui il segnale prende le fibre parallele e va ad attivare le fibre di
Purkinjie attivate una dietro l’altra. La cellula di Purkinjie viene attivata e ha un’attività inibitoria
nei confronti del nucleo. Prima si attiva, poi si inibisce. Le fibre parallele diffondono l’attività quindi
alle fibre Purkinjie. L’input verde è un input che proviene solo dall’oliva inf, sono fibre rampicanti,
perché entrano, danno un colalterale al nucleo del cervelletto, poi si arrampicano sui dendriti
prossimali delle cellule di Purkinjie, con attività diretta sulla cellula di Purkinjie.
Nella corteccia cerebellare ci sono quindi 4-5 tipi di cellule: c’è l’arrivo della fibra muscoide sulla
cellula dei granuli, la quale attraverso le fibre parallele attiva la cellula di Purkinjie. Ci sono poi
degli altri interneuroni inibitori della corteccia cerebellare
Gli interneuroni inibitori vengono attivati dalle fibre parallele, ma hanno un’attività nella corteccia
cerebellare. Inibisce o la cellula dei granuli, oppure la cellula di Purkinjie. Quindi fanno cessare
l’attività o la demarcano. C’è quindi una complessa attività di inibizione ed eccitazione. L’attività
del cervelletto è quindi modulata nel tempo, perché ci sono afferenze che arrivano alla corteccia,
attivano i nuclei, attivano le cellule di Purkinjie che inibiscono.
1 attivazione2 inibizione3 ritorno di attività.
L’attività modulata nel tempo significa che il cervelletto può fare da attivatore di innesco delle
attività motorie corticali, che possono eseguire attività motorie già memorizzate in precedenza
senza troppo utilizzo della corteccia.
Oltre alle fibre muscoidi, ci sono anche le fibre rampicanti, con un importante effetto sinaptico
importante perché arrivano alle cellule di Purkinjie, perché producono una forte depolarizzazione
che si prolunga nel tempo, formando più potenziali d’azione. Si crea un potenziale d’azione
complesso, quindi la fibra rampicante attiva la cellula di Purkinjie. Di importante c’è da sapere che
si crea un meccanismo di plasticità neuronale sinaptica, perché entra il calcio, si modificano le
sinapsi e si crea un long term depression, modificando la circuiteria.
Sono un segnale di errore, si attivano quando qualcosa non va, modificando la microcircuiteria per
produrre un meccanismo di apprendimento motorio.
Le fibre rampicanti danno un meccanismo di depressione a lungo termine.
Al cervelletto arrivano info da corteccia, midollo, vestibolo, ma non a tutta la sua corteccia:
Le afferenze vestibolari arrivano stt al vestibolocerebellum e al verme. Le afferenze spinali arrivano
al verme e alla zona intermedia. Le afferenze corticali arrivano a tutto il cervelletto (allo spino stt
da M1, agli emisferi cerebellari stt dalla corteccia parietale o anche premotoria). A livello dello
spino c’è un arrivo di afferenze spinali e corteccia motorio, gli input arrivano però in modo
ordinato. La corteccia motoria primaria è rappresentata dall’omunculo capovolto. Queste
afferenze arrivano al cervelletto e ci sono sia afferenze sensoriali che motorie a livello della stessa
parte di soma. C’è quindi un’organizzazione somatotopica, dove nel verme c’è stt la
rappresentazione della parte assiale del soma, nella zona intermedia invece degli arti.
Le vie sono ipsilaterali, stesso lato. Questo perché le vie cortico-ponto-cerebellari partono dalla
corteccia, vanno nei nuclei pontini opposti, qui decussano e vanno nel cervelletto controlat.

Questo spiega perché a livello del verme arrivano le info vestibolari centrali. Si è visto con RMN
funzionale
Lo spino cervelletto attraverso i nuclei profondi può proiettare a livello del tronco a strutture del
tronco che proiettano al midollo spinale, quindi influisce sull’esecuzione motoria, attraverso la via
reticolo-spinale o vestibolo-spinale (verme) o rubro-spinale (arti, quindi parte degli arti). In
alternativa, può attraverso il talamo tornare in corteccia. Gli emisferi cerebellari ricevono solo
dalla corteccia e anche la via d’uscita è verso la corteccia.
A livello del cervelletto quindi ci sono diversi circuiti
Allo spino cervelletto c’è l’incrocio di due circuiti, uno che parte della corteccia  spino cervelletto
 talamo  corteccia.
L’altro midollo  spino cervelletto  tronco  midollo.
A livello degli emisferi c’è invece un solo circuito: corteccia  emisferi cerebellari  corteccia

Lesioni cerebellari: ancora non ben definito del cervelletto


deficit nella programmazione ed esecuzione motoria
deficit di plasticità motoria (adattabilità ed apprendimento motorio)
Luciani: atonia, astenia, astasia
Segni fondamentali: ipotonia, stasia-abasia, atassia (disorganizzazione movimento, eseguito in
modo goffo e non ordinato), tremore.
Perdita della capacità di eseguire movimenti in modo automatico ed inconscio, specialmente se
multiarticolari. Nella pratica quindi bisogna ben pensare ai vari movimenti, come camminare,
andare in bici ecc. In caso di lesione del cervelletto non si riesce, ci si deve pensare. Non c’è più la
spontaneità del movimento.
Il paziente cerebellare è quindi asinergico. Nella sd cerebellare c’è ritardo nell’inizio del
movimento, atassia posturale e della marcia (marcia del marinaio ubriaco), tremore intenzionale
(difficoltà a coordinare agonisti-antagonisti), dismetria, disartria, disgrafia, adiadococinesia (non
coordina agonisti-antagonisti), perdita del controllo e della calibrazione dei movimenti oculari
(deve aggiustare). In breve, non coordina il movimento.
Il vestibolo-cerebellum è implicato nel controllo dei movimenti oculari e dell’equilibrio. La parte
med è più connessa con il vestibolare lat (equilibrio). La parte lat è più connessa con il vestibolare
med. Compromissione dei movimenti di inseguimento. C’è anche mancata soppressione del VOR
(riflesso vestibolo-oculare) con la fissazione. Significa che con lesione del cervelletto se si gira la
testa non si riesce a controllare l’attività riflessa.
Lo spino-cervelletto è implicato nel controllo dell’esecuzione motoria. In caso di lesione c’è un
ritardo nell’inizio del movimento e asinergia tra antagonisti e agonisti, andando su e giù, come se
fosse un tremore.
La prova indice-naso valuta l’integrità del cervelletto, il pz non riesce a fare una linea retta con
occhi chiusi. Stesso concetto per l’AI con la prova tallone-ginocchio.

In breve, lo spinocerebellum monitora il movimento continuamente e controlla che si svolga come


programmato.
Gli emisferi cerebellari invece intervengono a monte, nella fase di preparazione del movimento,
direttamente con la corteccia parietale e motoria. Serve perché a livello degli emisferi si attivano
microcircuiterie, la cui esecuzione guidano i movimenti. Il cervelletto è un deposito di modelli
interni che rendono possibile un controllo motorio anticipatorio. Importante nella componente di
pre programmazione, senza aver bisogno di fare ad uso delle afferenze sensoriali. Grazie agli
emisferi si può quindi suonare il pianoforte e nel frattempo conversare con dei movimenti di pre
programmazione, per eseguire dei movimenti rapidi.
Il cervelletto è quindi anche fondamentale per l’apprendimento motorio in modo tale che poi si
possa controllare bene in un secondo momento.
Il cervelletto interviene anche nella vita di tutti i giorni con i meccanismi di apprendimento
motorio e di adattamenti, in tempi piuttosto rapidi. Lo si vede anche per il vestibolo cerebello che
è importante per la plasticità dei riflessi vestibolo oculari (quando si sposta la testa mantiene fisso
sul focus visivo). Stesso concetto che chi quando cambia occhiali, se cambiano le diottrie si deve
adattare.
Nei pazienti cerebellari non c’è adattamento del sistema motorio a nuove situazioni.
In questo caso il pz non riusciva ad avere la forma di adattamento.
Le fibre rampicanti servono per l’adattabilità del sistema motorio.
Negli ultimi anni si crede che il cervelletto sia coinvolto anche per le funzioni cognitive, per quanto
riguarda le aree del linguaggio, specie per le funzioni motorie. È quindi un falso problema.

10 maggio

Circuiti cortico-sottocorticali

Sono i gangli della base, nel diencefalo, sottocorticali, anatomicamente separati, ma con
collegamenti tra di loro e quindi vengono coinvolti insieme nei circuiti.
Sono strutture coinvolte in svariate funzioni motorie e non motorie, hanno connessioni diffuse con
tutta la corteccia, quindi coinvolte anche in funzioni di tipo cognitivo.
I problemi sono tuttavia maggiormente a carico della sfera motoria, con difficoltà nella modalità
dei movimenti, stt nell’innesco. Contribuiscono quindi agli atti motori che siano fluidi e appropriati.
Siamo nel diencefalo, il putamen e il caudato è come se fosse un’unica struttura e si chiama striato
Il pallido invece è più int ed è separato in pallido int e pallido ex. Nei gangli della base c’è anche la
sostanza nigra, formata da una parte compatta e una reticolata, davanti al peduncolo cerebrale. Il
circuito è cortico-sottocorticale, per tornare in corteccia deve poi passare dal talamo.
La corteccia proietta allo striato, che è la principale struttura di entrata. Da qui il flusso si biforca e
si hanno una via diretta, che dallo striato va al pallido int  talamo  corteccia (percorso più
breve)
L’altra via (indiretta) va al globo pallido int passando attraverso il globo pallido ex e il nucleo
subtalamico. Una volta al globo pallido int va in corteccia.
Come entra al ganglio della base? Attraverso una proiezione tra corteccia e striato (proiezione
cortico-striatale) che origina da quasi tutta la corteccia. Ci sono altri input allo striato, tra cui il
talamo che è l’ultima parte prima di tornare in corteccia, dà dei collaterali che sono feedback allo
striato.
C’è infine un input della substantia nigra pars compacta che ha un ruolo particolare del
funzionamento dei gangli della base. Queste info provenienti dalla corteccia sono organizzate
topograficamente
Questo schema non è proprio così, è una visione classica. C’è un’organizzazione topografica, ma il
modo in cui si distribuiscono è comunque differente.
A livello dello striato c’è una convergenze di proiezioni che provengono anche da aree premotorie,
prefrontali ecc, che provengono da aree distanti. A livello dello striato c’è un’organizzazione quindi
funzionale e non anatomica. C’è una modularità di tipo funzionale. Questi moduli vengono poi
elaborati in parallelo lungo i flussi di info che arrivano allo striato, ritornando poi in corteccia in
posizioni diverse, con una separazione di elaborazione.

Riassumendo: la proiezione cortico-striatale è organizzata su base funzionale. A livello dello striato


c’è una modularità che si crea per la convergenza con moduli funzionali da cui partono dei
sottocircuiti paralleli dei gangli della base.
A livello dello striato non ci sono molti tipi di neuroni, il più importante è quello che fa proseguire il
flusso, è di proiezione. Per le caratteristiche morfologiche è il neurone spinoso.

il neurone spinoso riceve segnali dagli interneuroni vicino, dalla corteccia, dal talamo e dalla
sostanza nigra. Dallo striato poi la via si biforma, esistono infatti due tipi di neuroni spinosi.
Entrambi sono inibitori (producono GABA), ma si differenziano perché sono alla base della via
diretta o indiretta.

Vanno entrambi a finire sulla parte reticolata o sul globo pallido int.
D è dopamina
La corteccia è eccitatoria attraverso il glutammato. La via diretta, data da neuroni inibitori.
Il globo pallido int tiene sotto inibizione il talamo. Il segnale dalla corteccia fa aumentare i segnali
di inibizione che inibiscono il pallido int. Il pallido int riduce quindi l’attività inibitoria del talamo e
quindi il talamo aumenta il segnale che va in corteccia, favorendo l’attività talamo-corticale. Con
doppia inibizione aumenta l’attività del talamo
Con la via indiretta si ha una doppia inibizione che aumenta l’attività del subtalamico, aumentando
l’attività inibitoria del pallido int, aumentando il freno sul talamo.

La via diretta promuove il movimento promuovendo l’attività della corteccia motoria e


premotoria. Si promuove l’innesco dell’azione.
La via indiretta fa invece diminuire attività a livello della proiezione talamo-corticale.
A cosa serve quindi?
Il ruolo è coordinato, si inibisce o si produce il movimento.
La sostanza nigra pars compatta se va incontro a degenerazione provoca il Parkinson. Proietta allo
striato e libera dopamina. È un neuromediatore che a livello dello striato ha effetti opposti su via
diretta o indiretta. La dopamina prodotta dalla pars compatta promuova il movimento.
Le vie vengono attivate contemporaneamente durante l’esecuzione di un’azione e agiscono su vie
diverse, quindi con la via indiretta si inibisce gli altri movimenti che possono interrompere il
movimento selezionato, mentre la via diretta promuove il movimento.

Proiezione da corteccia direttamente a nucleo subtalamico che aumenta l’effetto inibitorio sul
talamo. È la via iperdiretta che contribuisce alle inibizioni dei movimenti conflittuali rispetto a
quello selezionato.
Ci sono quindi componenti che facilitano l’attività motoria e componenti che la inibiscono.
Ci sono anche neuroni che hanno modulazioni legate all’attesa di una ricompensa, la cui attività
cresce quando arriva un premio. Queste attività hanno messo in luce le possibili attività dei gangli
della base anche a livello emozionale, che sono poi vantaggiose. Vale quindi per le abitudini.
L’attività legata alla ricompensa deriva dalla pars nigra part compacta, derivante da segnali limbici
legati dalla ricompensa.

I gangli della base quindi servono per consolidare atti motori e abitudini che si sono rivelati in
passato come vantaggiosi. Quindi a livello di queste strutture ci sono meccanismi di memoria che
possono avvenire a livello del cervelletto, ma anche ai gangli della base.
Esistono anche delle interconnessioni dirette tra cervelletto e gangli della base.

Patologie: Parkinson (ipocinetico) e Huntington (ipercinetico)


Nel Parkinson si ha una degenerazione della sostanza nigra pars compacta, per svariati motivi. Può
essere sconosciuto, fattori familiari, neurotossici. Questa struttura può degenerare anche nel
giovane in seguito a eventi virali (che portano Parkinsonismo, es spagnola o eroina). Se la
degenerazione supera un determinato numero di neuroni, c’è troppa carenza di dopamina e
quindi non si può più compensare.
Cosa succede con degenerazione sostanza nigra? Perdita di dopamina nello striato, la via diretta
diventa meno attiva e aumenta l’attività della via indiretta, quindi aumenta il freno e diminuisce
l’accelerazione, quindi nel Parkinson c’è acinesia, con estrema difficoltà a innescare il movimento.
Nel Parkinsoniamo c’è anche una ridotta mimica facciale, dovuta anche a una diminuzione delle
tipologie di movimento, c’è poca tipologia. Si associa anche un po’ di rigidità, con aumento del
tono sia dei flessori, che degli estensori, con una prevalenza sui flessori. È rigido. C’è anche un
tremore molto fine, che avviene a riposo, è un tremore fine delle estremità distale.
Un tempo come trattamento si somministrava dopa, che nel sistema nervoso veniva trasformata
in dopamina. La terapia farmacologica può essere più o meno efficace, ma in diversi pz diventa
sempre meno efficace.
Un altro approccio è la deep brain stimulation, con l’impianto degli elettrodi collegati a pacemaker
sottocute, che producono una stimolazione della struttura.

Per le malattie ipercinetica invece c’è iperfunzionamento della via diretta e diminuzione della via
indiretta e quindi abnorme produzione di movimento.
A lungo corsa va incontro a demenza e morte. Simula una sorta di danza, con movimenti
involontari.

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