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BIOLOGIA

TRASCRIZIONE DEL DNA IN RNA e REGOLAZIONE GENICA NEI


PROCARIOTI
Sbobinatori: Paola L’Abbate, Pasquale Guadagno Revisori: Francesco Graverini, Maria Eliana
Gramegna 16/12/2022
La cellula ha la capacità di leggere l’informazione genetica contenuta nel DNA (organizzato in cromosomi) e
copiarne delle parti sottoforma di RNA per poterle utilizzare per la sintesi proteica. Nel processo di trascrizione
la doppia elica di DNA viene aperta e viene assemblato un filamento di RNA seguendo il concetto di
complementarità delle basi azotate. Il filamento di RNA prodotto sarà complementare al filamento di DNA
utilizzato come stampo e identico all’altro filamento di DNA.
I tre principali tipi di RNA della cellula sono
-RNA messaggero (mRNA): dove è scritto come assemblare la
proteina, ovvero come assemblare i diversi
aminoacidi tra di loro;
-RNA di trasferimento o RNA transfer (tRNA): struttura che
porterà gli aminoacidi all’interno del ribosoma per assemblare le
proteine;
-RNA ribosomiale (rRNA): forma lo scheletro strutturale e
funzionale delle due subunità del ribosoma.
Negli ultimi 20-30 anni è emerso come dal patrimonio genetico
vengano copiati anche RNA che non sono coinvolti direttamente
nella sintesi proteica ma sono coinvolti nella regolazione
dell’espressione genica, ovvero sono principalmente coinvolti nel decidere quando gli RNA messaggeri
devono essere regolati. Questi RNA sono definiti RNA non codificanti per proteine.
Un concetto importante è che l’RNA prodotto come copia del DNA (chiamato anche pre-RNA) viene
ampiamente modificato prima di essere utilizzato.

LA TRASCRIZIONE NEI PROCARIOTI


Nei procarioti esiste un unico enzima in grado di copiare il DNA in RNA che è l’RNA polimerasi. L’enzima
non ha una grande affinità per il DNA, infatti non è in grado di legarsi da solo alla doppia elica di DNA e
soprattutto non sa dove legarsi. Per regolare questo tipo di processo interviene il Fattore sigma. La RNA
polimerasi è associata al fattore sigma e insieme si andranno a legare alla porzione di DNA che è antistante
l’inizio della copia del DNA in RNA.
Il fattore sigma è in grado di capire dove
legarsi perché riesce a riconoscere due
sequenze specifiche sempre presenti a monte
della porzione di DNA che deve essere
copiata. 10 nucleotidi prima del punto di
inizio della trascrizione è presente una
sequenza ricca in T e A (timina e adenina). La
seconda sequenza riconosciuta dal fattore
sigma è situata 35 nucleotidi prima del punto di inizio della trascrizione ed è la sequenza TTGACA. Il fattore
sigma, quindi, dopo aver riconosciuto queste sequenze è in grado di legarsi ad alta affinità, insieme alla
polimerasi, al sito di inizio della trascrizione. A questo punto la polimerasi inizia a copiare il DNA in RNA e
il fattore sigma rimane posizionato nella regione antistante.
Solitamente un fattore sigma è coinvolto nella trascrizione di tutti i geni procariotici e ci sono poi fattori sigma
alternativi che si attivano quando la cellula procariotica deve rispondere a degli stress (shock da calore).

Come fa la polimerasi a sapere quando deve finire di copiare?


Nei procarioti sono stati identificati 2 diversi meccanismi. Alcuni RNA
formano spontaneamente una struttura a stelo e ansa. Quindi nella
sequenza dell’RNA (filamento nero nell’immagine) ci saranno delle
sequenze nucleotidiche le cui basi azotate favoriscono la formazione di un
breve tratto a doppia elica. Questa struttura permette il legame di una
proteina che è associata all’RNA polimerasi chiamata NusA. La proteina
si lega all’ansa e ferma il cammino dell’RNA polimerasi. Questo quindi
porta la polimerasi a fermarsi e a terminare il suo lavoro
Nella trascrizione di altri tipi di RNA la terminazione è regolata dalla
proteina Rho che riconosce una specifica sequenza presente nell’RNA che
si sta producendo. Si lega a questa sequenza (disegnata in verde) e inizia a
scorrere sul filamento di RNA fino a che non incontra fisicamente la RNA
polimerasi e la scalza dal DNA.

TRASCRIZIONE DEL DNA IN RNA NEGLI EUCARIOTI


Mentre nei procarioti non c’è nucleo e quindi i prodotti di trascrizione vengono subito utilizzati per tradurre le
proteine, negli eucarioti la trascrizione avviene nel nucleo ma poi gli RNA devono essere portati fuori dal
nucleo, nel citoplasma, per poter essere utilizzati per la traduzione.
Avere un nucleo e separare la trascrizione dalla traduzione permette di regolare i due eventi in maniera
indipendente. Negli eucarioti, quindi, è possibile regolare quali RNA vengono prodotti sia a livello della
trascrizione, sia a livello delle modificazioni che avvengono nel nucleo, sia a livello di esporto dal nucleo, sia
a livello di accessibilità al macchinario della traduzione. Questa regolazione nei procarioti non è possibile.
Negli eucarioti un ruolo molto importante è giocato dalla capacità della cellula di modificare l’RNA nel nucleo
prima che venga tradotto.
A differenza di ciò che accade per i procarioti negli eucarioti sono presenti 3 tipi di RNA polimerasi:

-RNA polimerasi II: è un complesso di proteine dedicato alla sintesi


degli RNA messaggeri.
La somiglianza degli archeobatteri, per alcuni aspetti, più agli eucarioti
che ai procarioti (argomento affrontato in lezioni precedenti) viene
confermata dal fatto che la struttura dell’RNA polimerasi degli
archeobatteri è molto più simile alla struttura dell’RNA polimerasi II
degli eucarioti che di quella dei procarioti. Questo sostiene quindi
l’ipotesi che gli archeobatteri possano essere stati un organismo di
transizione tra procarioti ed eucarioti;

-RNA polimerasi I: si dedica alla sintesi degli RNA ribosomiali, in particolare 28s 18s e 5,8 s;
-RNA polimerasi III: si dedica principalmente alla sintesi del tRNA e dell’RNA ribosomiale 5s.
MECCANISIMO DI INIZIO DELLA TRASCRIZIONE NEGLI EUCARIOTI
Anche nel caso degli eucarioti l’RNA polimerasi non ha un’alta affinità con il DNA e non sa dove “sedersi”
per iniziare la copia. L’RNA polimerasi in questo caso è aiutata da un discreto numero di proteine chiamate
TFII (fattori generali di inizio della trascrizione) che sono in grado di riconoscere il punto in cui l’RNA
polimerasi deve “sedersi” per iniziare la copia. Queste proteine riconoscono particolari sequenze ricche in T e
A che negli eucarioti prendono il nome di TATA box. La prima proteina a legarsi a questa sequenza è la TATA
Binding Protein (TBP). Questa si associa a fattori ausiliari che si chiamano TAF e forma quello che è chiamato
complesso TFIID. Una volta che il fattore TFIID si è legato, arrivano altri fattori di inizio chiamati TFIIA
TFIIB TFIIF TFIIE e TFIIH, che, similmente al fattore sigma nei procarioti, si occupano del reclutamento
della RNA polimerasi II nel sito di inizio della trascrizione.
Qui è possibile vedere diversi tipi di sequenze
in una proteina che nel pollo si chiama
ovoalbumina e nel coniglio e nel topo si
chiama -globina. In tutti e tre i casi a monte
del sito di inizio trascrizione segnato in rosso è
presente la sequenza TATA box

In questa immagine invece è mostrato come esista un dominio


dell’RNA polimerasi rappresentato qui come una coda gialla che
è responsabile del riconoscimento e il legame ai fattori TFII.
TFIIH (in rosso) ha altre due particolari funzioni: è in grado di
legare questo dominio della polimerasi e quindi funziona da
chinasi ma è anche un’elicasi perché una delle cose che deve
avvenire per permettere alla RNA polimerasi di spostarsi lungo il
filamento di DNA è che la doppia elica venga svolta.

MECCANISMO DI TERMINAZIONE DELLA TRASCRIZIONE NEGLI EUCARIOTI


Come fa la polimerasi a capire quando terminare la trascrizione? Non vi sono sequenze specifiche che portano
la polimerasi a staccarsi ma la terminazione è una conseguenza di una prima modificazione che avviene a
livello degli RNA messaggeri. Una delle prime modificazioni è l’aggiunta di una coda di poli A importante
sia per proteggere questa estremità dalla degradazione sia per permettere il reclutamento dei fattori di inizio
della traduzione.
La coda di poli A è una lunga sequenza di adenine aggiunta da un enzima diverso dall’RNA polimerasi alla
fine dell’RNA messaggero e non corrisponde ad una sequenza presente sul DNA. Ancor prima che la
trascrizione venga terminata si decide il punto in cui l’RNA messaggero verrà tagliato per inserire la coda di
poli A. Questo evento è regolato dalla presenza di alcune sequenze specifiche a livello dell’RNA messaggero
che si sta trascrivendo, responsabili del legame del complesso proteico che sarà in grado di tagliare l’RNA e
aggiungere la coda di poli A.
Mentre si sta trascrivendo l’RNA si arriva a delle porzioni di
RNA che contengono due sequenze. Una sequenza ricca in A
riconosciuta da un fattore proteico chiamato CPSF (Cleavage and
polyadenylation specificity factor) e una sequenza ricca in U. A
quest’ultima si lega un altro fattore che si chiama CStF (cleavage
stimulation factor). Il legame di questi due fattori all’RNA che si
sta trascrivendo permette il reclutamento di fattori di taglio CF
(con attività endonucleasica) che andranno a tagliare l’RNA in
questo punto specifico.

La conseguenza del taglio dell’RNA nascente è che nella


porzione a monte (estremità 3’) inizierà a lavorare
l’enzima PAP (poli-adenilato polimerasi) per inserire la coda di poli A.
La porzione a valle (estremità 5’) viene attaccata da alcuni enzimi degradativi, gli RNAsi che degradano l’RNA
fino a che incontrano la RNA polimerasi. Questo destabilizza il legame tra polimerasi e DNA e la polimerasi
si stacca.

Parallelamente all’aggiunta della coda di poli A gli RNA messaggeri


vengono protetti da un cappuccio all’estremità 5’. Il cappuccio è
costituito da un nucleotide modificato chiamato 7-metilguanosina
(rispetto alla guanosina presenta un metile in più). Questo nucleotide
non è attaccato seguendo il classico schema 3’-5’ ma viene attaccato
con un legame 5’-5’ (attaccato al contrario) lasciando presenti 3
fosfati.

Attraverso l’aggiunta della coda di poli A e del cappuccio viene prodotto il pre-mRNA. Copiare il DNA in
RNA porta a produrre un RNA dove l’informazione per fare una specifica proteina non è continua, nel senso
che vi sono tratti codificanti (esoni) intervallati da tratti non codificanti (introni). Perciò prima di essere
trasportato nel citoplasma l’RNA messaggero deve essere modificato rimuovendo gli introni, generando il
cosiddetto RNA maturo dove le diverse parti dell’RNA messaggero che codificano la proteina sono in
continuità. Questo processo di eliminazione degli introni è chiamato “splicing”.
Qui vengono rappresentate le dimensioni degli RNA presenti nel citosol
(in blu) e nel nucleo (in rosso), osservabili grazie alla presenza di un
nucleotide radioattivo in modo da poter seguire il nucleotide nell’RNA in
cui viene incorporato. Poco dopo aver fornito alla cellula il nucleotide
radioattivo la dimensione degli RNA prodotti è più grande del normale.
Osservando la situazione a distanza di un po’ di tempo osserveremo che gli
RNA messaggeri che hanno dimensioni più grandi diventeranno più
piccoli e acquisiranno le dimensioni simili a quelle degli RNA presenti nel
citosol.

Questa analisi può essere effettuata a livello biochimico


facendo ibridare il frammento di DNA stampo utilizzato per
copiare l’RNA e l’RNA messaggero maturo. L’ibridazione
consiste nell’unione di filamenti di DNA e RNA permettendo
la formazione di appaiamenti complementari tra basi azotate.
Quando si effettua l’ibridazione con il pre-mRNA e il DNA si
ha un’ibridazione 100%. Se si utilizza l’RNA maturo l’RNA si
ibriderà su una parte del DNA poi vi sarà un’ansa sul DNA che
non si ibriderà con l’RNA. Questo vuol dire che a questo RNA
è stata rimossa una parte che invece era presente nel DNA.

Per il processo di splicing è fondamentale la presenza di un macchinario in grado di riconoscere in maniera


molto precisa inizio e fine di introni ed esoni per permettere poi l’avvicinamento della fine del primo esone
con l’inizio del secondo esone. La precisione di questo macchinario è fondamentale per il corretto
funzionamento dello splicing, perché la presenza di un nucleotide in più o in meno nel filamento cambierà
completamente il frame di lettura dell’RNA. La tripletta che si andrà a leggere successivamente sarà spostata
di uno e la proteina verrà sintetizzata in maniera errata. Questo è guidato fondamentalmente dal fatto che tutti
gli introni iniziano con i nucleotidi G e U e terminano con i nucleotidi A e G. In più il macchinario per poter
riconoscere dove sono gli introni ha bisogno di informazioni che sono contenute all’interno dell’introne stesso
e si chiamano “punto di ramificazione” e “tratto polipirimidinico” (le pirimidine sono le basi azotate C e U
formate da un solo anello).

Il macchinario dello splicing utilizza una serie di proteine che non


lavorano da sole ma lavorano contenendo al loro interno dei piccoli
RNA. Queste proteine sono chiamate “small nuclear
ribonucleoprotein” (piccole ribonucleoproteine nucleari). Si tratta di
macromolecole formate da piccoli RNA nucleari e proteine e sono
identificate con la lettera U e un numero.
Quando inizia lo splicing nel bordo tra esone e introne viene
reclutata la ribonucleoproteina U1, invece, la U2 viene reclutata nel
sito di ramificazione. Gli RNA che contengono al loro interno sono
in grado di appaiarsi alla porzione di introne in corrispondenza del
confine con l’esone e nel sito di ramificazione e questo fornisce le
informazioni necessarie alle proteine a capire dove posizionarsi.
La SNRP1 contiene il piccolo RNA U1 in grado di formare
l’appaiamento tra lui e l’introne dell’RNA messaggero. Questo
legame guida il complesso ribonucleoproteico in quel punto. A
questo punto arrivano altre 3 componenti: U4 U5 e U6. L’U6 e l’U5
vanno a spiazzare l’U1 e sul confine esone introne non vi sarà più
U1 ma U6 e U5 che interagiranno con U2 presente nel sito di ramificazione. Quindi U6 e U5 sono in grado di
tagliare l’RNA al bordo tra esone e introne e l’estremità 5’ dell’introne è legata covalentemente al sito di
ramificazione. U5 a questo punto va a legarsi all’estremità tra il primo esone e il secondo esone e permette il
taglio dell’RNA a livello del bordo tra introne e esone favorendo l’unione dei due esoni tra di loro. Si tratta di
operazioni guidate da piccoli pezzi di appaiamento tra le basi azotate dei piccoli RNA con l’RNA degli introni.

AUTO-SPLICING
Si è notato che in alcuni organismi vi siano degli RNA che presentano degli introni che sono in grado di essere
rimossi dall’introne stesso, questo processo si chiama AUTO-SPLICING, nell’uomo non è presente questo
tipo di attività.

Cosa ci dice da un punto di vista evolutivo questo


processo? Quello che ci dice è che, prima di tutto, la
componente RNA deve essere fondamentale nel taglio
e ricucitura degli introni ed esoni; quindi, questi piccoli
RNA non solo indirizzano i complessi nei posti giusti
ma partecipano direttamente al taglio e ricucitura degli
esoni tra di loro. Dall’altra parte, la scoperta di questi
introni che sono in grado di fare auto-splicing, da un
punto di vista evolutivo ha anche sottolineato la
possibilità che l’RNA deve essere stato l’acido
nucleico inizialmente utilizzato per generare gli
organismi viventi perché è una molecola che mostra
ancora dei segni di capacità di svolgere funzioni che
vanno dall’avere l’informazione genetica, quindi
codificare su come fare una proteina e saper anche
manipolare l’informazione genetica stessa iniziando un
processo di auto-splicing.

In parole povere, voglio dire che la teoria evolutiva prevede che inizialmente le primissime forme di vita
avessero come base la molecola di RNA, durante l’evoluzione poi l’informazione genetica è stata posizionata
sulla molecola di DNA, essendo una molecola più stabile; quindi, meno soggetta a cambiamenti e l’RNA è
diventato solamente uno strumento di trasferimento di questo tipo di informazione. Però trovare un RNA che
sa fare da solo lo splicing è un’indicazione molto forte di come queste primordiali molecole costituite da RNA
possano essere state alla base di prime reazioni biochimiche, le primissime che hanno permesso lo stabilimento
di forme considerate primordiali di vita.

Questa è un’immagine alla microscopia elettronica che vi fa comprendere come questi eventi di trascrizione
e di modificazione del trascritto avvengano in continuità.
Qui vediamo un
filamento di DNA in
blu che viene
copiato, in rosso
invece vediamo
copie di RNA in
itinere, quindi che
stanno avvenendo
sullo stesso
frammento di DNA.
Più andiamo avanti,
più ci spostiamo, più
il frammento è
lungo perché stiamo
copiando una
porzione maggiore di DNA e possiamo notare che mentre l’RNA sta ancora terminando di essere prodotto,
l’apparato di splicing già si preoccupa di andare a rimuovere gli introni. Questi processi li dovete immaginare
molto legati tra di loro, sia nel tempo che nello spazio. La trascrizione di un RNA comporta direttamente le
diverse modifiche che sono necessarie per poi renderlo maturo.

Questo è evidenziato maggiormente dal fatto che, ritornando al nostro enzima iniziale, RNA polimerasi II,
abbiamo detto che la porzione regolativa è necessaria per i legami con i fattori di inizio della trascrizione(TF2).

Vediamo come questa porzione


della proteina, serve non solo a
legare i TF2, serve anche a
legare lo spliceosoma e gli
enzimi che incappucciano il 5’
dell’RNA.

Quindi è la stessa RNA


polimerasi che mentre sta
facendo la sua copia di RNA, si
occupa di reclutare nello stesso
sito anche il complesso dello
spliceosoma e anche gli enzimi
che devono modificare l’RNA
stesso.

Questo ci fa capire come tutto


questo sia perfettamente
coordinato e avviene in maniera
sincrona.

Dal punto di vista evolutivo, perché esistono gli introni?

Qual è la funzione di aver generato dei geni in maniera così complessa, dove abbiamo l’informazione per fare
una proteina spezzettata e dobbiamo generare delle molecole più grandi, e quindi anche dal punto di vista
energetico è un impegno perché si vanno a fare delle molecole più grandi per poi utilizzarne solo una piccola
parte. Questo dal punto di vista energetico sembra uno spreco assurdo per la cellula ma se gli eucarioti hanno
evoluto questo tipo di organizzazione con introni ed esoni, allora ci deve essere qualcosa che gli ha dato un
grande vantaggio evolutivo rispetto ai procarioti dove invece gli introni non esistono.
Per comprendere questo tipo di discorso possiamo immaginare che dividere un RNA o il DNA stesso in esoni
e introni ci fornisce anche la possibilità di avere diverse parti della proteina separate tra di loro, dal punto di
vista dell’informazione genetica. Una possibile spiegazione del vantaggio di avere degli introni in mezzo, dal
punto di vista evolutivo, può essere legata al fatto che durante l’evoluzione le nuove proteine che si vengono
a formare sono spesso frutto della ricombinazione di vecchie proteine, nel senso che molte funzioni che si
acquisiscono sono nuovi geni in cui tramite ricombinazione genica, è successo che una parte di una proteina è
stata unita a una parte di un’altra proteina per generare un nuovo prodotto. Questo prima di tutto necessita di
una duplicazione genica, cioè io durante l’evoluzione posso pensare che se ho un gene che serve a fare una
funzione, durante l’evoluzione ci sono stati dei fenomeni che hanno favorito che questo gene venisse duplicato,
quindi invece di averne uno solo ne avrò 2, 3 o 4, a questo punto la funzione iniziale mi sarà garantita da uno
di questi geni che si sono duplicati, le altre copie possono evolvere e trasformarsi in qualcos’altro, acquisendo
o perdendo delle parti di informazioni e quello che si pensa è che se le parti delle informazioni sono intervallate
da introni è più facile che sono avvenuti degli eventi di ricombinazione di questi geni a livello degli introni e
non a livello degli esoni dove invece qualsiasi tipo di ricombinazione avrebbe poi alterato l’informazione
genetica.

Quindi avere questo eccesso di spazio(introni), dal punto di vista evolutivo può aver favorito la possibilità di
generare nuove proteine nate dall’unione, dalla combinazione di diverse parti di altre proteine che erano
presenti su geni differenti.

Ora torniamo agli argomenti della lezione più strettamente correlati.

Ci siamo concentrati su come


vengono fatti gli RNA
messaggeri, adesso vedismo
come vengono fatti gli RNA di
altro tipo, quindi gli RNA
ribosomiali e gli RNA
transfer.

Le nostre cellule codificano per


4 diversi tipi di RNA
ribosomiale: il 18S va a
formare la subunità minore, il
28S, il 5.8S e il 5S vanno a
formare la subunità maggiore
associandosi ad una grande
quantità di proteine.

Comprendere come vengono


prodotti gli RNA ribosomiali ci porta a parlare di una struttura ben visibile, presente all’interno del nucleo che
è il NUCLEOLO.
Gli RNA ribosomiali vengono
prodotti in un determinato
punto della cellula che si
organizza in modo tale da
produrre questi RNA e poi
permettere subito
l’assemblaggio di questi RNA
con le proteine che andranno a
formare il ribosoma.

Quindi all’interno del nucleo,


vi è una struttura chiamata
nucleolo che serve a trascrivere
gli RNA ribosomiali e
permettere a questi di associarsi
con le proteine ribosomiali e
formare le subunità maggiori e
minori. Quindi dal nucleolo
partono direttamente le
subunità maggiori e minori che
poi andranno nel citosol a lavorare, già pre-assemblate.

Questo è il motivo per cui, questa regione del nucleo è ben distinguibile dal resto, perché c’è una tale
concentrazione di attività in questa regione, sia di trascrizione che di assemblaggio in complessi, che risulta al
microscopio elettronico facilmente distinguibile dal resto del nucleo.

Nucleolo

Se andiamo ad osservarlo nel dettaglio,


possiamo apprezzare il fatto che questo
tipo di organizzazione parta dal centro
della struttura verso la periferia, vuol dire
che vi è una zona centrale, chiamata
fibrillare, dove il DNA che codifica per
gli RNA ribosomiali viene trascritto.
Fibrillare, da proprio l’idea del fatto che
si generano RNA, qualcosa di allungato.

Il tutto è circondato da una regione


granulare, dove gli RNA vengono
assemblati a formare le subunità maggiori
e minori del ribosoma. Granulare perché
si vanno a formare delle strutture che
hanno un aspetto granulare.

RICORDATE che il NUCLEOLO è una


struttura NON circondata da membrane; quindi, non vi è una separazione fisica con il resto del nucleo, ma è
visibile e quindi distinguibile dal resto soltanto per motivi funzionali, perché lì sono presenti i geni che
codificano gli RNA ribosomiali e sono presenti delle porzioni di DNA che codificheranno per i geni
ribosomiali e lì si assemblano le subunità maggiori e minori del ribosoma.

Quindi c’è una componente fibrillare


densa in cui abbiamo trascrizione e
modificazioni dell’RNA e una
componente granulare, più esterna,
dove gli RNA ribosomiali vengono
assemblati a formare le subunità che
verranno portate separatamente fuori
dal nucleo e poi si uniranno
solamente quando sono pronte per la
traduzione.

L’organizzazione dei geni ribosomiali è peculiare. Nel senso che i geni per il 18S, il 5,8S, il 28S, sono
posizionati vicini tra di loro ma in realtà vengono inizialmente trascritti come un’unica copia e questo qui è
indicato come unità di trascrizione.

Qual è il vantaggio di generare


un’unica copia di RNA?

Facendo ciò posso garantire che


avrò le stesse quantità molari,
perché il 18S, il 5,8S e il 28S
deriveranno da uno stesso
filamento di RNA.

A questo punto avrò bisogno di


rimuovere le porzioni in eccesso.

Questo non è uno splicing perché


quello che voglio produrre non è
una molecola unica come avviene
nello splicing degli RNA
messaggeri, ma voglio semplicemente liberare gli RNA ribosomiali maturi.

Quindi ci saranno degli enzimi diversi da quelli dello spliceosoma che saranno in grado di riconoscere i confini
degli RNA ribosomiali e tagliare e rimuovere le porzioni in eccesso. In questa maniera quindi potrò produrre
il 18S, il 5,8S e il 28S, pronti per l’utilizzo.

Il 5S, invece ha un RNA ribosomiale che viene prodotto da un’altra polimerasi localizzata da un altro punto
del genoma e raggiungerà il nucleolo solamente una volta che viene prodotto.

Un’altra cosa che dobbiamo notare è il fatto che nei nostri cromosomi non abbiamo una singola copia degli
RNA ribosomiali ma abbiamo molte copie posizionate una di seguito all’altra. Come vediamo sopra, 18S, 28S,
e 5,8S i geni sono presenti numerose volte e ripetuti; questo perché abbiamo bisogno di produrre una grande
quantità di questi RNA che sono strutturali, le cellule hanno bisogno di molti ribosomi; quindi, una sola copia
di un gene non potrebbe garantire mai la quantità necessaria per produrre tutti i ribosomi di una cellula e quindi
si è adottato questo tipo di organizzazione. Ne troviamo ripetuti numerose volte e ne troviamo presenti anche
in diversi cromosomi.

Quindi dobbiamo poi immaginarci che tutte queste porzioni di DNA convergono fisicamente nella regione del
nucleolo e lì vengono trascritte.

MODIFICAZIONE DEGLI RNA RIBOSOMIALI

Anche gli RNA ribosomiali devono essere modificati per raggiungere la loro azione finale.

In particolare, qui ne sono indicate due


tipi di modificazioni.

Abbiamo l’uridina, quindi la base


azotata dell’uracile può essere
modificata e trasformata in
pseudouridina. Se andiamo a guardare
la base azotata vediamo come la
pseudouridina prevede la sostituzione
di un carbonio con un azoto.

L’altra modificazione è invece la


metilazione a livello del ribosio.
Alcuni nucleotidi presentano un metile
a livello del carbonio 2.

Che obiettivo hanno queste


modificazioni? Questi sono RNA strutturali, quindi sono RNA che sono presenti dentro al ribosoma e hanno
una funzione di organizzare la subunità nella maniera corretta, andare a modificare questi aspetti dei nucleotidi
gli permette di acquisire delle caratteristiche diverse; quindi, un azoto qui e un metile lì conferisce ad alcuni
nucleotidi dell’RNA ribosomiale delle caratteristiche biochimiche differenti che saranno importanti per
acquisire la struttura tridimensionale del ribosoma e l’attività. Quindi tutto questo va visto in un’ottica
strutturale, cioè far acquisire a questo RNA la forma finale.

Nella parte bassa della diapositiva è mostrato come questo tipo di modificazioni vengono guidate da delle
ribonucleoproteine, proteine che mediano questo tipo di modificazioni e vengono chiamate nucleolari, proprio
perché sono presenti nel nucleolo e quindi le distinguiamo da quelle nucleari dello splicing.

Nell’immagine è mostrato come queste possono funzionare, quindi andandosi ad appaiare sempre tramite la
legge delle basi azotate con gli RNA ribosomiali da modificare e andando poi ad identificare qual è il
nucleotide che deve essere modificato, sopra nel caso della metilazione del ribosio, sotto invece nel caso della
pseudouridina che viene indicata con la lettera (psi greca Ψ).
Un concetto simile lo
possiamo descrivere nel
caso degli RNA transfer.

Anche qui abbiamo


bisogno di numerose copie
del gene perché abbiamo
bisogno di poter generare
una grande quantità di RNA
transfer, quindi troviamo
delle regioni nei
cromosomi dove sono
posizionati i geni per gli
RNA transfer.

Quindi come indicato qui,


abbiamo circa 50 geni che
codificano per diversi
tRNA, i quali possono
essere ripetuti numerose
volte. Per esempio,
nell’uomo troviamo fino a
1300 geni che codificano per questo tipo di RNA che è processato dall’RNA polimerasi III.

DIFFERENZE NEI VARI TIPI DI NUCLEO

Il nucleo non assume sempre la stessa forma, anche esso, come tante altre strutture, si adatta alle condizioni
delle cellule e acquisisce forma, dimensione e numero differenti a seconda del tessuto che prendiamo in
considerazione.

Tutte le cellule nascono con un nucleo


ma il processo di differenziamento può
andare ad influenzare sia la forma che il
numero di nuclei.

Qui sulla destra vediamo una striscia di


sangue dove il nucleo viene colorato in
viola. Già da questa immagine possiamo
realizzare che in uno striscio di sangue ci
sono molte cellule in cui non vi è una
colorazione viola ed un certo numero di
cellule in cui la forma del nucleo
acquisisce aspetti peculiari.

Adesso vediamo qualche peculiarità delle cellule del nostro organismo.


Per esempio, i globuli rossi sono cellule che non presentano nucleo, questo vuol dire che queste cellule vanno
incontro ad un differenziamento talmente estremo che porterà all’espulsione del nucleo stesso.

Quello che vediamo sulla destra sono globuli


rossi colorati con ematossilina eosina, l’eosina
colora il citoplasma mentre l’ematossilina non
colora niente perché nelle cellule mature il
nucleo è stato eliminato per lasciare più spazio
possibile nella cellula per l’accumulo di
emoglobina.

Ci sono anche dei casi opposti, in cui le cellule presentano più di un nucleo. Qui nessuna di queste cellule
nasce con più di un nucleo ma è una caratteristica che può acquisire con il differenziamento.
Abbiamo due modalità con cui una cellula può acquisire più di un nucleo.
→Abbiamo quello che può avvenire
nel muscolo scheletrico dove le cellule
precursori che hanno un nucleo e sono
indifferenziate vanno incontro a
differenziamento che prevede la
fusione della membrana plasmatica di
queste cellule a generare una struttura
più grande, più lunga, queste strutture
vengono chiamate “miotubi” o fibre
muscolari, quello che viene messo in
comune sono i citoplasmi, quello che
rimane separato sono i nuclei.
Quindi in queste cellule, una singola
cellula riesce ad avere decine di nuclei.
Sappiamo che queste righe che
vediamo sono i sarcomeri e vediamo
come la cellula è completamente piena di citoscheletro, i nuclei che sembrano quasi fuori dalla cellula,
vengono messi di lato, acquisiscono una forma piatta e comunque devono continuare a fornire le
informazioni necessarie a queste cellule per sostenere il loro metabolismo.
→Un altro modo per avere una cellula con più nuclei durante il differenziamento è quello di andare incontro
a divisioni mitotiche che non sono seguite da divisioni dell’intera cellula. Questo, ad esempio, avviene nella
cellula specializzata dell’osso, che si chiama osteoclasto, che ha la capacità di riassorbire l’osso.
Da questa immagine a destra possiamo vedere appunto questi osteoclasti, dove vediamo più di un nucleo
evidenziato, in blu vediamo la matrice ossea.
Questo tipo di cellule nasce da un precursore che presenta un singolo nucleo che poi va incontro a successive
divisioni mitotiche che non sono seguite da divisioni dell’intera cellula.
Lo stesso tipo di processo è ben visibile negli epatociti.
Negli epatociti possiamo trovare cellule
BINUCLEATE, anche in questo caso sono cellule
in cui la mitosi non è seguita da una divisione del
citoplasma. Quello che si pensa è che essendo
l’epatocita, nel fegato, una cellula di una certa
capacità di rigenerazione il fatto di avere già cellule
con due nuclei presenti in qualche maniera
accelererebbe il processo di divisione cellulare;
quindi, non c’è bisogno di attendere una nuova
mitosi, la cellula può dividersi direttamente in due e
andare a sostituire cellule morte.
Altra cellula con un gran numero di cromosomi
sono i megacariociti. Essi sono i precursori delle
piastrine, sono cellule in cui abbiamo numerose successive mitosi senza divisioni cellulari questo porta ad
una grande quantità di cromosomi che possono arrivare fino a 64. Questa cellula poi è dedicata alla
produzione di piastrine, frammenti cellulari privi di nucleo.

Per parlare di cellule con forma particolare ci spostiamo sul sistema immunitario, in particolare parliamo di
granulociti.
Sono cellule in cui sembrano avere più di un
nucleo, in realtà è il nucleo che va incontro a
diverse strozzature. È un nucleo solo in cui ci
sono delle regioni a seguito di una strozzatura.
Quindi, a seconda del tipo cellulare i nuclei
possono acquisire forme ben diverse da quelle che
studiamo normalmente.

Gli adipociti sono cellule in cui gran parte dello


spazio è occupato da gocce lipidiche, il nucleo
così come nel muscolo si va a posizionare in
periferia, come vediamo nell’immagine
evidenziati dalla freccia. Il resto della cellula è
pieno di grasso.

Questo era per dare una visione più realistica della


struttura di cui stiamo parlando.
REGOLAZIONE GENICA NEI PROCARIOTI
Affronteremo l’argomento della complessità dell’informazione genetica continua nel nucleo e la capacità
delle cellule di decidere quando esprimere ciò che è necessario.

Questa è una domanda che si devono porre tutti


gli organismi viventi, anche i procarioti che
sicuramente hanno un numero di geni inferiore a
quello degli eucarioti, nei batteri troviamo da
1000 a 5000 geni che codificano per RNA
contrapposti a 30-35.000 geni che codificano
l’RNA nell’uomo.
La domanda è: come regolare la frequenza con
cui uno o più geni vengono espressi in
relazione alla funzione che devono svolgere i
prodotti di questi geni?

Noi fino adesso abbiamo visto che nelle nostre cellule sono presenti degli enzimi che si chiamano polimerasi
che hanno bisogno dei fattori di inizio della trascrizione per iniziare a lavorare sul DNA. A questo punto la
domanda è: come si decide da questi 30-35000 geni quali verranno utilizzati, quali verranno copiati e
quali non.
Iniziamo dalla regolazione nei procarioti dove molti dei geni che sono presenti vengono costitutivamente
espressi; quindi, non avviene un fenomeno di regolazione sì o no. Ci sono delle situazioni in cui anche i
batteri devono decidere se utilizzare o meno un determinato gene.
Nei batteri, si è visto che ci sono una serie di regolazioni che vanno sotto il nome di operoni.
I batteri posizionano i diversi geni che
codificano per diverse proteine coinvolte in un
determinato processo in unico punto del loro
genoma, DNA, in maniera tale che la loro
trascrizione avvenga in maniera sincrona. Nel
senso che la decisione se trascriverli o meno
viene presa a monte, una volta presa questa
decisione i geni vengono trascritti
contemporaneamente. Quindi viene fatto un
unico prodotto di trascrizione che poi porterà a
diversi prodotti proteici.
Questo permette ai batteri di avere il livello di
regolazione concentrato sulle regioni che sono a
monte dell’inizio della trascrizione del primo
gene.
Le sequenze di DNA posizionate a monte dell’inizio della trascrizione vanno sotto il nome di promotore, ad
indicare che sono le sequenze di DNA necessarie per promuovere la trascrizione.
Quindi abbiamo detto che la polimerasi batterica ha bisogno di un fattore sigma per potersi sedere sul DNA,
perché il fattore sigma riconosce due sequenze, a -10 e -35, posizionate nella regione del promotore.
Questo tipo di organizzazione mi permette di poter decidere se trascrivere o meno i diversi geni coinvolti in
un determinato processo utilizzando un’unica proteina regolatrice. Vedremo come questo tipo di regolazione
viene decisa dall’attività o meno di un repressore, questa proteina si posizionerà o meno su una regione del
promotore che verrà definita come operatore.
Quindi la polimerasi deve decidere se posizionarsi o meno su questo promotore, la decisione è regolata da
una proteina repressore che si posiziona su una regione del promotore chiamata operatore.
Vediamo due esempi.
→Un esempio in cui cellule batteriche devono decidere o meno se trascrivere i geni per l’ingresso e la
degradazione del lattosio. Le cellule batteriche sono in grado di decidere se trascrivere o meno questi geni a
seconda se il lattosio è disponibile o meno. Ovviamente i batteri hanno diverse fonti energetiche a
disposizione e avere pronti gli enzimi che servono per utilizzare queste fonti è conveniente.
Nel caso del lattosio, che è un
disaccaride, deve essere degradato
e poi utilizzato per i diversi scopi
dal batterio. Codificare per
proteine coinvolte in questo tipo di
processo è dispendioso e quindi i
batteri sono organizzati in maniera
tale da esprimere questi geni per
questi enzimi solamente quando il
lattosio è disponibile
nell’ambiente.
Se qui andiamo a misurare i livelli
di RNA degli enzimi che regolano
il lattosio e una proteina coinvolta
nel metabolismo del lattosio, la B-
galattosidasi, quando il batterio
viene esposto al lattosio, gli RNA
messaggeri vengono trascritti e la
proteina viene fatta, se tolgo il
lattosio a questo punto la trascrizione termina drasticamente e il processo si ferma.
Come funziona questo tipo di regolazione?

La presenza di un
repressore che è in grado di
legarsi sull’operatore.
Z,y,a sono i geni coinvolti
nel metabolismo del
lattosio. La trascrizione di
questi geni è inibita quando
la cellula non è in presenza
di lattosio. Quindi il
repressore si siede sul
promotore e blocca la
possibilità della polimerasi
di posizionarsi e quindi di
trascrivere.
Quando il lattosio è
presente, esso lega il
repressore ne induce un
cambio conformazionale che ne impedisce il legame all’operatore, questo fa sì che il promotore sia libero;
quindi, la polimerasi può legarsi e i geni vengono codificati e il batterio è in grado di metabolizzare il
lattosio. Se il lattosio termina o viene rimosso a questo punto il repressore torna allo stato attivo, è di nuovo
in grado di legarsi all’operatore e ne inibisce la trascrizione.
Quindi è una regolazione basata su una competizione per siti di legami, sul promotore di questi geni o si lega
il repressore o si lega la polimerasi.
→Ci sono delle condizioni in cui invece la regolazione deve avvenire nella maniera opposta, abbiamo
bisogno di regolare la trascrizione di una serie di geni in maniera che questi vengano trascritti quando lo
stimolo è assente.
Questo è il caso dell’operone del triptofano.
Il triptofano è un amminoacido che i
batteri sono in grado di sintetizzare,
usano una serie di enzimi che
permettono la sintesi del triptofano.
Il batterio sa bene che questo processo
è dispendioso, quindi se c’è triptofano
nell’ambiente il batterio deciderà di
fermare la sintesi del triptofano
all’interno della cellula e utilizzare il
triptofano che arriva dall’esterno.
In questa situazione il repressore sarà
attivo solamente quando legherà il
triptofano, a differenza del lattosio in
cui invece il repressore era attivo
quando non legava il lattosio.
In questo caso invece il repressore è
inattivo e quindi i geni vengono trascritti,
quando da fuori entra il triptofano esso si
lega al repressore ne cambia la
conformazione e non permette il legame
all’operatore e questo blocca la polimerasi
e quindi non vengono codificati gli enzimi
per la sintesi del triptofano.

Il batterio può decidere se ha a disposizione più di una fonte energetica qual è quella che preferisce
utilizzare. Cioè se il batterio è in presenza di glucosio e in presenza di lattosio favorirà l’utilizzo del glucosio
che è più facile da metabolizzare rispetto al lattosio e quindi si troverà in una condizione tale che pur
trovandosi in presenza di lattosio, e quindi in teoria l’operone del lattosio dovrebbe essere acceso, si troverà
invece se è presente il glucosio a non far funzionare l’operone del lattosio.
Questo ci ha fatto capire che esiste in questo promotore un terzo livello di regolazione.
Quindi fino adesso abbiamo visto:
- Sito di legame per l’RNA polimerasi
- Sito di legame per il repressore

Nell’operone del lattosio si è visto che c’è un sito di legame per una proteina che si chiama CRP.
Questa proteina per funzionare ha bisogno di un AMP ciclico, questo è prodotto quando nella cellula
sono presenti i livelli di lattosio; invece, la presenza anche del glucosio porta a una riduzione dei livelli
di AMPciclico, questo impedisce a CRP di funzionare.
Quindi qui siamo in un caso in cui, un promotore di un operone necessita del fatto che il repressore non
leghi il suo operatore, però necessita anche di una proteina stimolatrice, la proteina CRP che favorisce il
legame dell’RNA polimerasi.
Quindi in presenza di glucosio il repressore è vero che non è legato, però se è presente anche il Glucosio
CRP non sarà legata al promotore e quindi l’affinità per la polimerasi sarà fortemente ridotta e quindi
l’operone del lattosio verrà spento in presenza del lattosio se è presente anche il glucosio.

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