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Costruire ponti, non muri

La casa de Bernalda Alba

Con ‘La casa de Bernalda Alba’ Lorca quiere denunciar la situacion de opresion en la que vivian las mujeres,
no solo de su Andalucia natal, sino las de toda la Espana rural de su tiempo. El tema principal es el conflicto
entre autoridad y libertad: la represion moral impuesta por la madre, Bernalda, a sus cinco hijas tras quedar
viuda por segunda vez, y las pasiones eroticas de las hijas llevaran a una resolucion tragica del conflicto.

En el primero acto el autor da al lector la posibilidad de crearse una idea muy clara de Bernalda Alba: su
actitud autoritaria, su lenguaje y sus maneras secas y frias, la falta total de cariño la identifican como el
simbolo de una sociedad que ahoga los sentimientos para guardar las aparencias impediendo toda
libertad personal. La dueña de casa no solo se revela opresora de sus hijas sino tambien de su madre, ya
muy anciana y enferma de mente, que como sus nietas cultiva en su locura el sueño de casarse otra vez y
escapar de la prision en la que se encuentra encerrada. En conclusion este fragmento introduce al lector en
un contexto que casi recuerda el de los cuentos de hadas en los que la heroina vive un drama personal para
que encontrarà una solucion inesperada, pero en este caso el final se revelarà muy distinto ya que el
desenlace va a quebrantar cualquier forma de esperanza y optimismo.

Dogma centrale della biologia molecolare (i processi di trascrizione e traduzione sono processi ‘collegati’)

I filamenti del DNA contengono le informazioni necessarie per la sintesi di tutte le proteine di un
organismo. Tali informazioni sono codificate nell'ordine in cui si susseguono i nucleotidi. La porzione di DNA
la cui sequenza specifica un preciso prodotto proteico è detta gene. Nello 1958, uno degli scopritori della
struttura del DNA, formulò quello che viene definito il «dogma centrale della biologia»: l'informazione
genetica passa obbligatoriamente dal DNA all'RNA e infine alle proteine, e mai viceversa.

Le informazioni per la sintesi delle proteine contenute nella sequenza nucleotidica del DNA sono scritte in codice: per la
precisione, nella molecola di DNA a ogni tripletta di basi corrisponde un amminoacido. Poiché le basi azotate sono
quattro, le possibili triplette sono 64 (di cui 61 codificano per amminoacidi e 3 sono codoni di stop che arrestano la
trascrizione). Dato che nelle proteine sono contenuti solo 20 tipi di amminoacidi diversi, ne segue che ciascuno di essi
può essere codificato da più di una tripletta. Le lunghe catene di amminoacidi che formano ciascuna proteina sono
codificate da una lunga serie di triplette nella sequenza del gene: il trasferimento dell'informazione avviene attraverso
due processi sequenziali, la trascrizione e la traduzione.
La trascrizione
Il primo passaggio per rendere disponibile l'informazione per la sintesi proteica consiste nella sintesi di una molecola di
RNA, che contenga la stessa sequenza di triplette del gene. Questo processo avviene nel nucleo ed è detto trascrizione.
Nella doppia elica del DNA possiamo distinguere il filamento codificante, la cui sequenza di triplette corrisponde alla
proteina da esso specificata, e il filamento «antisenso», con sequenza complementare al filamento «senso».
Durante la trascrizione, il filamento antisenso è utilizzato come stampo per sintetizzare un filamento complementare
di mRNA. Il filamento di mRNA prodotto è quindi la copia fedele del DNA, ma presenta il nucleotide uracile al posto
della timina. L'mRNA possiede quindi una sequenza di triplette, identiche a quelle presenti sul filamento «senso» di D
A, che codificano per i vari amminoacidi della proteina La trascrizione è operata dall'enzima RNA polimerasi, che
funziona in modo analogo alla DNA polimerasi, solo che utilizza i ribonucleotidi invece che i desossiribonucleotidi
come substrato per la sintesi del polimero. Nella trascrizione si possono identificare tre fasi principali:
- inizio: l'enzima RNA polimerasi si lega alla sequenza iniziale, detta promotore, e inizia a svolgere i filamenti di
DNA;
- allungamento: la RNA polimerasi legge il filamento stampo e inizia la sintesi dell'mRNA aggiungendo nucleotidi in
direzione 5' ~ 3';
- terminazione: la RNA polimerasi giunge al sito di terminazione, si stacca dal filamento stampo e libera l'mRNA.
Negli eucarioti la trascrizione avviene nel nucleo, mentre la sintesi delle proteine avviene nel citoplasma. Quindi, negli
eucarioti l'mRNA deve andare incontro a delle modificazioni che ne consentono l'uscita dal nucleo.
Nei procarioti, invece, trascrizione e sintesi proteica sono accoppiate, in quanto il DNA non è avvolto dalla
membrana nucleare.
La traduzione
L'informazione codificata nei filamenti di mRNA è utilizzata per la sintesi di un polipeptide. Questo avviene grazie ai
ribosomi cellulari durante il processo della traduzione che avviene nel citoplasma. Ogni tripletta contenuta nella
sequenza degli mRNA viene chiamata codone e la corrispondenza tra codoni e amminoacidi costituisce il codice
genetico.
Quando gli mRNA si legano ai ribosomi, l'informazione viene decodificata in base all'ordine dei codoni: è questo a
determinare la sequenza degli amminoacidi della proteina finale. Fondamentale, in questa fase, è l'azione del tRNA, che
porta il corretto amminoacido al ribosoma e consente il suo inserimento nella catena polipeptidica in via di formazione
(grazie all'anticodone). La traduzione comincia sempre con l'inserimento di un amminoacido metionina in
corrispondenza del codone AUG dell'mRNA, che viene per questo chiamato codone d'inizio.
Le fasi della traduzione si svolgono nel citoplasma in rapida sequenza; anche in questo caso, possiamo distinguere tre
passaggi chiave:
- inizio: si forma il complesso di inizio in corrispondenza del codone AUG dell'mRNA e le due subunità del ribosoma
si uniscono;
- allungamento: il primo tRNA scorre nella subunità maggiore del ribosoma e il secondo tRNA vi entra. L'rRNA della
subunità maggiore catalizza la scissione del legame tra tRNA e amminoacido e la formazione del legame peptidico
tra ammino acidi. Il primo tRNA si stacca, il secondo scorre di una posizione e il terzo entra nel ribosoma; il
processo si ripete man mano che l'mRNA viene letto;
- terminazione: quando nel ribosoma entra uno dei tre codoni di stop, un fattore di rilascio lega l'mRNA e causa la
separazione del polipeptide dal ribosoma. Il processo continua finché l'intero mRNA non è stato totalmente
tradotto. Una volta completata la sintesi della proteina, l'mRNA si stacca dai ribosomi e viene successivamente
demolito.
Il polipeptide così formato dovrà essere ripiegato e acquisire la propria conformazione nativa prima di finire nel
compartimento cellulare cui è destinato per svolgere la sua funzione.

Metabolismo

L'energia non è trasferibile, quindi qualsiasi essere vivente deve produrla da sé utilizzando la materia, in
quanto essa è trasferibile, attraverso reazioni chimiche controllate dagli enzimi. Queste reazioni chimiche
vanno a costituire il metabolismo energetico.
Le funzioni principali del metabolismo sono: ricavare energia chimica per la cellula dalla degradazione di
sostanze nutritive ricche di energia; convertire le molecole nutritive nei precursori di base delle
macromolecole cellulari; utilizzare questi precursori di base per formare proteine, acidi nucleici, lipidi,
polisaccaridi e altre sostanze; formare e degradare biomolecole necessarie a funzioni specializzate delle
cellule.
Le reazioni chimiche sono organizzate in vie metaboliche che possono essere
 Convergenti: nel caso in cui siano volte alla produzione dello stesso prodotto da vari substrati;
 Divergenti: quando dallo stesso substrato c’è la produzione di vari prodotti;
 Un ciclo: se il substrato è uguale al prodotto.
Queste reazioni possono essere cataboliche o anaboliche. Le reazioni cataboliche, dette anche
esoergoniche, liberano l’energia necessaria alla cellula per mantenere le strutture e il livello di
organizzazione che le caratterizzano. Quelle anaboliche, dette anche endoergoniche, sono quelle di sintesi
dei composti necessari alla cellula che richiedono energia, fornita loro dalle reazioni cataboliche attraverso
un trasportatore intermedio: l’ATP.
L’ATP (adenosintrifosfato) al suo interno ha un legame ad alto contenuto energetico, in cui è presente un
gruppo fosfato; esso fa in che le due vie viaggino in modo sincrono.
Metabolizzando per vie convergenti, tutte portano a un metabolita (ovvero qualsiasi prodotto terminale o
intermedio del metabolismo), l’Acetil-CoA, che è il perno centrale del metabolismo, soprattutto quello
energetico, terminale.
La produzione di ATP può avvenire per trasformazione di carboidrati, lipidi o proteine.
Il metabolismo dei carboidrati possiamo averlo sia in organismi aerobi, ovvero aventi l’ossigeno come
accettore finale, sia in organismi anaerobi.
Negli organismi aerobi il processo viene chiamata respirazione cellulare ed è suddiviso in tre fasi:

1. Glicolisi: è il processo degradativo per cui otteniamo 2 moli di ATP dai substrati fosforilati e 5 moli di
ATP da 2 moli di NAD ridotto (coenzima trasportatore di elettroni e idrogeno), per un totale di 7
moli di ATP, con produzione finale di 2 moli di acido piruvico;
2. Decarbossilazione ossidativa: si arriva ad ottenere un complesso enzimatico (Acetil-CoA) attraverso
tre reazioni catalizzate da tre enzimi diversi:
- il primo sottrae una mole di anidride carbonica (decarbossilasi);
-il secondo sottrae una coppia di ioni H+;
-il terzo prevede l’aggiunta di 2 moli di coenzima A.
Il primo e il secondo servono per agganciare il terzo per ottenere, infine, l’aggiunta di 2 moli di NAD
ridotto con la formazione di 5 moli di ATP.
3. Ciclo di Krebs: metabolismo terminale che consiste in una serie incrociata di reazioni che la cellula
utilizza non solo per produrre energia ma anche per produrre metaboliti intermedi per la biosintesi
di altre molecole più complesse; completa ossidazione del substrato iniziale con il massimo della
resa energetica, ovvero 32 moli di ATP + 1 mole di glucosio.

Per quanto riguarda gli organismi anaerobi, in cui l’accettore finale non è l’ossigeno, le 2 moli di acido
piruvico vengono scaricate sull’organismo stesso e quindi rimangono solo le 2 moli di ATP. Avviene così la
fermentazione che può essere lattica, se si compie direttamente sull’acido piruvico, oppure alcolica o
propionica se l’acido piruvico viene ridotto.
Il processo di produzione energetica viene definita fosforilazione ossidativa e si realizza attraverso la
reazione ADP + E + P = ATP. L’energia si libera dai salti energetici e alla fine l’ossigeno diventa acqua
interna.

Il metabolismo dei lipidi consiste nel ridurre i lipidi ai loro precursori per essere metabolizzati, attraverso
l’utilizzo di lipasi, enzimi che li degradano nei loro costituenti, ovvero gli acidi grassi.
Gli acidi grassi vengono degradati nel fegato, essendo l’unico organo predisposto, secondo un ciclo
continuo di ß-ossidazione. Questo ciclo consiste nell’ossidare il carbonio ( C ) in posizione ß dell’acido
grasso, farlo reagire con il coenzima A per ottenere 1 mole di Acetil-CoA, 1 mole di FAD ridotto, 1 mole di
NAD ridotto e 1 mole di acile con 2C in meno. Per demolire un acido grasso non basta un ciclo di ß-
ossidazione, ma si avranno più cicli fin quando l’acido non sarà completamente ridotto ad Acetil-CoA che
andrà a finire nel ciclo di Krebs. Il numero dei cicli dipende da quanti atomi di carbonio ha l’acido grasso.
Gli acidi grassi possono essere saturi o insaturi e ciò infierisce nel processo di ossidazione. Nel primo caso
l’acido grasso viene degradato completamente; nel secondo, i doppi e i tripli legami ostacolano la ß-
ossidazione e questo porta all’idrogenazione, per poter renderli digeribili.
Se si ha un accumulo dell’Acetil-CoA nel fegato, esso viene utilizzato in modo alternativo, ad esempio per
produrre chetoacidi che infieriscono sul ph del sangue.

Una minima parte dell’energia richiesta dal nostro organismo proviene anche dal catabolismo degli
amminoacidi. Tutto parte dall’eliminazione del gruppo amminico legato al carbonio α grazie
all’accoppiamento di una reazione di transaminazione con una deaminazione ossidativa. Si tratta di
spostare il gruppo amminico all’α-chetoglutarato per generare l’acido glutammico e un α-chetoacido.
Il loro gruppo amminico perso viene trasferito all’accettore α-chetoglutarato. Quest’ultimo, unito al gruppo
amminico, diventa glutammato (acido glutammico). L’effetto di queste reazioni è quello di raccogliere tutta
l’ammoniaca (NH3) proveniente dagli amminoacidi sul glutammato. Dal glutammato, attraverso la
glutammato deidrogenasi, si avrà l’α-chetoacido corrispondente che può essere utilizzato nel ciclo di Krebs
e lo ione ammonio. Lo ione ammonio viene trasformato in urea, che è una sostanza innocua eliminata con
le urine.

Coniugazione

I genomi sono una sorta di collage genetico. Lo scambio di materiale genetico tra organismi diversi è
definito flusso genico orizzontale, per distinguerlo dalla trasmissione verticale dell’informazione genetica,
che avviene invece da cellula madre a cellula figlia. Il flusso genico orizzontale è mediato da elementi
genetici mobili, in grado di spostare orizzontalmente l’informazione genetica da una cellula all’altra.
Abbiamo tre esempi di questo flusso:
 I virus rimescolano la loro informazione genetica con quella della cellula che infettano (cellula
ospite), sia acquisendo geni cellulari sia trasferendo all’ospite parte della propria informazione
genetica;
 I plasmidi sono elementi genici mobili che possono diffondere rapidamente la resistenza agli
antibiotici nelle popolazioni genetica;
 I trasferimenti sono elementi genici mobili che possono interrompere geni o causare la
ricombinazione tra regioni cromosomiche diverse.
I virus sono parassiti endocellulari obbligati, ovvero dipendono dal metabolismo della cellula ospite per
potersi riprodurre. Essi hanno dimensioni molto piccole e sono costituiti da un involucro proteico, detto
capside, al cui interno si trova il genoma (più piccolo di quello dei procarioti), che po' essere costituito da
uno o più filamenti di DNA o RNA. In alcuni virus, il capside è circondato da una membrana detta envelope,
costituita da un frammento di membrana citoplasmatica derivata da una cellula infetta.

Il ciclo vitale di un virus si distingue in cinque fasi principali:

1. Adesione, la particella virale si attacca alla membrana esterna della cellula ospite attraverso i
recettori, che sono proteine cellulari;
2. Penetrazione, durante la quale il virus entra nella cellula;
3. Espressione dei geni virali e replicazione del genoma che porta all’accumulo delle molecole di
genoma e delle proteine necessarie per assemblare le nuove particelle virali;
4. Assemblaggio dei capsidi, all’interno dei quali verranno inseriti i genomi virali;
5. Rilascio delle nuove particelle virali all’esterno della cellula.

Alcuni virus hanno cicli virali ancor più complessi, in cui alternano la fase di produzione di nuovi virioni,
detta ciclo litico perché causa la lisi cellulare, a una fase di latenza, detta ciclo lisogeno, in cui il genoma
virale permane nella cellula ospite senza produrre nuovi virus. I virus che infettano le cellule batteriche
sono i batteriofagi.

Lo scambio di materiale genetico tra cellule batteriche può avvenire con tre diverse modalità:

Trasduzione: si verifica quando il materiale genetico viene trasferito mediante un batteriofago da


un batterio all’altro. Durante il ciclo litico, il fago utilizza alcuni suoi enzimi per frammentare il DNA
batterico; in questo modo si procura i nucleotidi che gli servono per sintetizzare il suo DNA e le
nuove particelle virali vengono riempite con il Dna del virus. Dato che il frammento di DNA
batterico viene incapsulato nel virus in maniera del tutto casuale, si parla di trasduzione
generalizzata. Durante il ciclo lisogeno, il DNA virale si integra all’interno del cromosoma batterico
sotto forma di profago. Una volta infettata una nuova cellula ospite, le sequenze di DNA batterico
trasportate dal batteriofago potranno ricombinarsi con il DNA della cellula infetta grazie alle
omologie di sequenza. In questo caso si parla di trasduzione specializzata, perché molti batteriofagi
integrano il loro DNA in punti specifici del cromosoma batterico e tenderanno quindi a portarsi
dietro sempre lo stesso frammento di DNA batterico.
Trasformazione: si basa sui plasmidi che sono molecole extracromosomiche di DNA circolare che
contengono alcune informazioni genetiche accessorie. Essi possono passare facilmente da un
batterio all’altro: quando una cellula batterica muore o viene lisata, i plasmidi rilasciati sono
assorbiti da cellule batteriche adiacenti attraverso il processo di trasformazione batterica.
Coniugazione: richiede l’unione fisica tra due cellule batteriche, attraverso un canale filamentoso
proteico, detto pilo sessuale, che mette in comunicazione il citoplasma delle due cellule. Nella
coniugazione si ha l’unione di un batterio donatore o F-positivo e uno ricevente o F-negativo. La
distinzione si basa sulla presenza del plasmide F, che porta i geni per la sintesi del pilo e per il
trasferimento del DNA. Il frammento del DNA trasferito potrà poi ricombinarsi con il cromosoma
batterico della cellula ricevente.

Schopenahuer

Schopenhauer imposta la sua filosofia partendo dalla distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno. Ma
mentre per Kant il fenomeno è ciò che appare, l’unica realtà conoscibile, e il noumeno è ciò che è,
inconoscibile, il limite della conoscenza umana, pere Schopenhauer il fenomeno è illusione ingannevole,
sogno, la cosa così come appare (un velo di Maya), dietro cui si nasconde il noumeno, la cosa in sé, una
realtà assoluta che il filosofo può arrivare a conoscere.
Il fenomeno schopenhaueriano, a differenza di quello kantiano che è oggetto della rappresentazione, è
rappresentazione soggettiva, ovvero esiste solo dentro la coscienza poiché è oggetto di conoscenza da
parte di un soggetto. Essa consiste in due aspetti essenziali, imprescindibili, in quanto nessuno dei due
sussiste senza l’altro: il soggetto rappresentante e l’oggetto rappresentato (materialismo falso perché nega
il soggetto, idealismo pure perché nega l’oggetto). La rappresentazione si basa su tre forme a priori: spazio,
tempo e causalità (unica categoria invece delle dodici kantiane, poiché tutte sono riconducibili ad essa).
Attraverso queste forme a priori la visione delle cose si deforma. Al di là del sogno e del fenomeno, al di là
del velo di Maya, esiste la realtà in sé, verso la quale l’uomo non può fare a meno di interrogarsi,
proporzionalmente a quella della sua intelligenza.

Siccome noi non siamo solo conoscenza o rappresentazione (testa d’angelo alata, senza corpo) ma abbiamo
anche un corpo vissuto con i propri desideri e bisogni (Leib), ovvero ci viviamo anche dal di dentro,
quest’esperienza ci permette di squarciare il velo di Maya del fenomeno e vedere la cosa in sé, che è la
brama o volontà di vivere. Essa è il noumeno del mondo, un impulso irresistibile che ci spinge ad agire ed
esistere, poiché noi siamo solo una delle tante manifestazioni esteriori della volontà nel mondo (apparato
digerente è la manifestazione esteriore della volontà di nutrirsi): il mondo fenomenico, quindi è il modo in
cui la volontà si manifesta. La volontà, però, non è soltanto l’essenza nascosta dell’uomo ma di tutte le cose
dell’universo, e il passaggio dell’essenza da essenza dell’uomo all’essenza dell’universo avviene poiché
quando vivo il mio corpo, invece di renderlo un oggetto tra gli altri, lo sottraggo al fenomeno, smettendo di
usare spazio, tempo e causalità. Ciò permette di uscire dalla sfera individuale e passare a quella
universale.

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