Sei sulla pagina 1di 2

Università telematica Pegaso Facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione

Insegnamento: Legislazione scolastica. Docente: Prof. Avv. Paolo Maci

La riforma Gentile
(R.D. 1054 del 6 maggio 1923)

Nel primo governo Mussolini (1922-1924) è Ministro della Pubblica Istruzione il filosofo Giovanni
Gentile. La sua nomina ed il suo operato segnano la convergenza tra cultura neoidealista e buona
parte degli ambienti cattolici. Espressione della sopracitata borghesia conservatrice, la riforma
Gentile (definita da Mussolini "la più fascista delle riforme") prevedeva cinque anni di scuola
elementare uguale per tutti, frequentata da tutti gli aventi diritto con iscrizioni in base all'anno di
nascita. La scuola elementare aveva scansione 3+2, preceduta da un grado preparatorio di tre anni
(scuola materna), e seguita da un grado successivo chiamato scuola media inferiore, con diversi
sbocchi, seguito a sua volta dalla scuola media superiore, di tre anni per il liceo classico, di quattro
per il liceo scientifico, di tre o quattro anni per i corsi superiori dell'istituto tecnico, dell'istituto
magistrale e dei conservatori. Le scuole medie acquisivano un sistema a "doppio canale": da un lato
un canale che consentiva, o meglio impegnava il giovane al proseguimento degli studi alle scuole
superiori per ottenere un titolo di studi valido (per accedere a questo canale lo studente doveva
superare uno specifico esame di cultura generale), dall'altro un canale che immetteva direttamente
lo studente, al termine dei tre anni, nel mondo del lavoro senza consentire un proseguimento degli
studi. La riforma Gentile portava comunque l'obbligo dello studio a 14 anni di età. Ciò fu fatto per
aderire ad una convenzione internazionale di alcuni anni prima, ma di fatto anche questa volta
rimase lettera morta per la stragrande maggioranza delle ragazze e dei ragazzi italiani fino al 1962-
63, quando fu avviata la riforma dell'unificazione della scuola media. I programmi delle elementari
ripristinavano l'insegnamento della religione cattolica, salvo richiesta di esonero, e valorizzavano il
canto, il disegno, le tradizioni popolari. Vi era anche una relativa valorizzazione dei dialetti italiani
ma una netta chiusura verso le minoranze linguistiche (soprattutto verso quelle delle nuove province
slavofone e germanofone) a favore dell'approfondimento di una sensibilità linguistica nazionale
unitaria e coerente, ma sperimentale e aperta: articolata e popolare La struttura del sistema
scolastico italiano resterà sostanzialmente improntata al modello del 1923 anche dopo la fine del
fascismo, ed i programmi della scuola elementare non subiranno variazioni a tutt'oggi, a parte
qualche tentativo di trasformare i programmi di grammatica italiana e di matematica (ad es.
inserendo la Teoria degli insiemi ecc.).
Università telematica Pegaso Facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione
Insegnamento: Legislazione scolastica. Docente: Prof. Avv. Paolo Maci

Potrebbero piacerti anche