Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
a) l’insieme degli interventi educativi che, in ambito scolastico e/o extrascolastico, con metodologie
specifiche pongono la musica al centro delle pratiche di insegnamento/apprendimento per lo sviluppo
dell’identità musicale;
c) la disciplina curricolare che, negli ordinamenti della scuola italiana, è stata denominata anche come
“Educazione al suono e alla musica” o semplicemente “Musica”
Le attività musicali nella scuola italiana compaiono per la prima volta in una circolare del 1885 come
“esercizi di canto”. Nei programmi del ministro Baccelli del 1894 il canto è inserito tra le materie
facoltative e tale rimane anche nei successivi programmi del 1905 del ministro Orlando, nonostante nel
primo congresso pedagogico nazionale tenutosi a Torino nel 1898 si sottolineasse già, da parte di
Rosa Agazzi e Pietro Pasquali, la valenza educativa della musica. Di Rosa Agazzi va ricordato il
volume “L’abbicì del canto educativo” (I edizione 1908; II edizione Ed. La Scuola, Brescia, 1936).
Una maggiore attenzione alla musica viene dedicata nei “Programmi per gli Asili d’infanzia” emanati col
Regio Decreto n. 27 del 4 gennaio 1914. Con la riforma del 1923, ad opera di Giuseppe Lombardo-
Radice e del ministro Giovanni Gentile, nel “grado preparatorio”, coincidente con la scuola materna,
sono previste attività di canto e ritmiche, e nella scuola elementare “Canto” diventa disciplina
curricolare. L’Ordinanza Ministeriale applicativa del Regio Decreto n. 2185 del 1 ottobre 1923 contiene
dettagliati “Programmi di studio e prescrizioni didattiche per le scuole elementari” in ordine al canto –
fino al «canto corale e polifonico, che deve essere la meta tanto nella scuola quanto, e più nella vita»,
alla conoscenza e alla pratica della notazione, agli esercizi di ritmica, alle posture durante il canto, e,
nelle classi successive alla 5ª, alle «notizie sui grandi musicisti italiani; cori di opere classiche italiane,
più facilmente adattabili a giovinetti».
2
Purtroppo la musica era di fatto assente nelle scuole secondarie, ad eccezione dell’Istituto magistrale
(con due ore di “Elementi di musica e canto corale” e due, facoltative, di Strumento), nel Liceo
femminile e, come Canto corale, nelle scuole di avviamento professionale. Il canto e le attività ritmiche
sono riconfermate anche nelle disposizioni della “Carta della scuola” del 1939 e nei testi normativi
emanati nel 1945 dal ministro Vincenzo Arangio Ruiz.
Nella prima metà del secolo XX le vicende legate all’educazione musicale nei vari ordini e gradi di
scuola sono in qualche modo da correlare agli sviluppi dei Conservatori di musica. Una prima
sistemazione degli ordinamenti di tali istituzioni si ebbe con la legge n. 734 del 6 luglio 1912 e con il
regolamento del 1918 che definì i programmi di studio. Gli ordinamenti furono poi regolamentati con il
Regio Decreto n. 3123 del 31 dicembre 1923 (ministro Gentile) in cui tra l’altro si specifica che «I regi
Conservatori di musica di Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Parma e Roma, hanno per fine
l’educazione musicale […]».
Negli anni successivi ai sei conservatori statali se ne aggiungono via via in altre città, e nel 1930 il
ministro della Pubblica Istruzione Balbino Giuliano emanò le nuove norme per l’ordinamento e i nuovi
programmi d’esame. Non era previsto nessun corso specifico per la formazione degli insegnanti.
Qualche informazione di didattica musicale rivolta al canto corale era prevista nel corso di “Musica
corale e direzione di coro”
Numerosi sono i provvedimenti che hanno riguardato i vari ordini e gradi di scuola e che hanno
modificato anche le disposizioni relative all’insegnamento della musica. Le più recenti disposizioni
relative agli ordinamenti scolastici si basano sul Decreto del Presidente della Repubblica n. 275
“Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'art.21,
della legge 15 marzo 1999, n.59”. Alle istituzioni scolastiche è conferita l’autonomia didattica e
organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo attraverso il Piano dell’Offerta Formativa (POF)
che «è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni
scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le
singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia».
Nel 2015 è approvata dal Parlamento la Legge 13 luglio 2015 n. 107, cosiddetta La Buona Scuola,
“Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni
legislative vigenti”. Nella Legge 107, tra gli obiettivi formativi individuati come prioritari, si fa esplicito
riferimento al «potenziamento delle competenze nella pratica e nella cultura musicali» (Art. 1 comma 7
c) anche attraverso l’impiego di docenti inseriti nell’organico per il potenziamento. L’indicazione
dovrebbe essere resa operativa attraverso i decreti delegati previsti dalla stessa Legge (Art. 1 comma
180), con specifico riferimento alla «promozione e diffusione della cultura umanistica, valorizzazione
del patrimonio e della produzione culturali, musicali, teatrali, coreutici e cinematografici e sostegno
della creatività connessa alla sfera estetica» (comma 181
Evoluzione dell’obbligo scolastico e formativo
3
1859 - Legge Casati: sono obbligatori i primi due anni della scuola elementare
1877 - Legge Coppino: l’obbligo diventa di tre anni
1904 - Legge Orlando: l’obbligo di quattro anni di scuola elementare si completa con due anni di
obbligo formativo di “scuola popolare”
1923 - Riforma Gentile: l’obbligo di cinque anni di scuola elementare si completa con un obbligo
formativo triennale nelle classi integrative di avviamento professionale
1939 - Carta della Scuola (rimasta inapplicata): si prevedeva un l’obbligo scolastico di otto anni,
da adempiere nei cinque anni della scuola elementare, nei tre anni di istruzione della scuola media
o nei tre anni di obbligo formativo nella scuola professionale o artigianale
1948 - articolo 34 della Costituzione: “l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è
obbligatoria e gratuita”
La Legge porta il nome del conte Gabrio Casati ministro per la Pubblica Istruzione del Regno di
Sardegna nel gabinetto Lamarmora dal 19 luglio 1859 al 21 gennaio 1960.
Redatta nel giro di quattro mesi, viene emanata il 13 novembre 1859 da Vittorio Emanuele II in virtù
degli ampi poteri concessi al governo nel pieno della seconda guerra di indipendenza e alla vigilia delle
annessioni.
La Legge riflette la realtà scolastica piemontese e lombarda, ma dopo la proclamazione del Regno
d’Italia (1861) viene estesa gradualmente all’intero Paese.
Bilancio dello Stato italiano nel 1863 (lo stanziamento complessivo fu di 943 milioni di lire):
Guerra…………....250
Lavori pubblici……95
Marina…………….78
Interno……….……71
Giustizia…………. 31
Istruzione……........15
“Tre sistemi principali si offrivano da abbracciare: quello d’una libertà piena e assoluta, la quale, come
in Inghilterra, esclude ogni ingerenza governativa; quello in cui , come nel Belgio, è concesso agli
stabilimenti privati di far concorrenza cogli istituti dello Stato; quello, infine, praticato in molti paesi della
Germania, dove lo Stato provvede all’insegnamento non solo con istituti suoi propri, ma ne mantiene
eziandio la direzione superiore, ammettendo la concorrenza degli insegnamenti privati con quelli
ufficiali .[…] Restava pertanto da abbracciare il partito più sicuro, vale a dire un sistema di liberta
media, sorretta da quelle cautele che la contengono entro i dovuti confini”. Gabrio Casati
Istruzione magistrale
“Ha per fine di preparare” i maestri. L’istituto magistrale è di 7 anni.
Corso inferiore 4 anni, materie di insegnamento: italiano, latino (dal 2° anno), storia e geografia,
matematica, lingua straniera, disegno, musica e canto corale, strumento musicale.
Corso superiore 3 anni: lettere italiane, lettere latine e storia, filosofia e pedagogia, matematica e
fisica, scienze naturali, geografia ed igiene, disegno, musica e canto corale, strumento musicale.
La riforma degli ordinamenti scolastici e universitari, degli esami e dei programmi di insegnamento che
va sotto il nome di riforma Gentile venne decisa nei venti mesi (31 ottobre 1922-1° luglio 1924) in cui il
filosofo fu ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Mussolini, che il 3 dicembre 1922 aveva
avuto pieni poteri per riformare lo Stato .
Dopo la legge Casati del 1859-60, che aveva determinato l’assetto scolastico del nuovo Regno d’Italia,
la complessa manovra legislativa e amministrativa messa in atto da Gentile è stata la più importante
delle riforme scolastiche italiane del 20° sec., ed è diventata il banco di prova per misurare continuità e
discontinuità nella storia del sistema formativo nazionale. Essa merita tuttavia di essere reinterpretata
con maggiore distanza. Nei suoi confronti l’opinione pubblica e il ceto politico sono stati vittime di
strabismo: la riforma è stata posta al centro di ogni dibattito, come se fosse sempre attuale, senza
riuscire a collocarla nella giusta prospettiva di una valutazione comparativa che tenesse conto dei
mutamenti radicali intervenuti nella scuola e nella società italiane.
5
Questa attualità è peraltro tanto più sorprendente se si considera che la riforma Gentile venne a suo
tempo vissuta da ampi settori della cultura come profondamente inattuale, datata, fuori tempo
massimo, o sbagliata. L’inversione intercorsa tra una inattualità immediatamente percepita e
un’attualità poi sempre supposta, conferma un dato fondamentale per lo studio della storia della scuola
e dell’educazione, vale a dire l’impossibilità di ricondurre la politica scolastica allo schema dello scontro
tra borghesia e popolo o a un’analisi di tipo soltanto sociologico, con la necessità di tener conto della
radicalità dei processi di alfabetizzazione e di trasmissione del sapere che nella società contemporanea
hanno rivelato le profonde contraddizioni della modernità.
Una seria riforma della scuola è sempre molto più impegnativa di qualsiasi altra riforma delle politiche
pubbliche, e ciò spiega la riluttanza degli Stati, anche nell’Unione europea, a cedere parte della loro
sovranità: essa si pone sempre alla frontiera tra i principi identitari e le ragioni di sistema e, anche per
la rilevanza economica dei suoi fattori, richiede un alto livello di chiarezza e di condivisione sulle finalità
e i valori di cui il mondo della scuola è insieme depositario e fucina.
Quando Gentile accettò di ripetere l’esperienza di Croce, ministro della Pubblica Istruzione nell’ultimo
governo Giolitti (1920-21), l’intero mondo occidentale era pervaso dal bisogno di rilegittimare,
attraverso grandi riforme popolari, il principio di statualità che gli eventi bellici avevano rimesso in
discussione, modificando confini materiali, ma soprattutto la geografia politica e sociale delle comunità
nazionali. In Italia la riforma giunse allo scadere del tempo massimo concesso al sistema liberale e
parlamentare per adattarsi al nuovo assetto economico e civile del primo dopoguerra, e rappresentò
per il nascente fascismo mussoliniano l’occasione di legittimarsi agli occhi della borghesia italiana,
cercando di marcare una continuità pedagogica con la pedagogia liberale e una discontinuità con la
crisi dello Stato giolittiano.
L’appello gentiliano all’«obbedienza allo Stato e ai suoi legittimi organi» con cui il neoministro
inaugurava la sua azione, non apparve un’operazione politicamente ‘audace’, ma venne accolto e
interpretato dalla maggioranza degli addetti ai lavori, compreso Croce, come un necessario punto di
ripartenza.
A partire dai primi anni del Novecento il problema pedagogico aveva assunto uno straordinario rilievo
politico e istituzionale. Nell’immediato dopoguerra la pressione delle necessità economiche e il peso
delle responsabilità assunte durante il conflitto avevano posto in particolare evidenza la questione degli
insegnanti, i quali andavano quindi coinvolti più intimamente nella nuova missione dello Stato. L’idea di
una riforma democratica della scuola, aperta alle istanze popolari, si era arenata davanti alla mancanza
di risorse e alla litigiosità delle forze politiche. Per una complessa serie di fattori era fallita anche
l’inedita alleanza tra la minoranza idealista e liberale e la nutrita componente cattolica : il rifiuto
parlamentare e di piazza contro la riforma degli esami di Stato proposta da Croce rappresentò il punto
di non ritorno per le illusioni di una riforma condivisa.
In generale, l’intero sistema mirava a riscattare la sua evidente destinazione – il perpetuarsi della
borghesia come classe – impegnandosi in un’intensa opera di alfabetizzazione popolare e nella
realizzazione di un modello innovativo di scuola elementare. Pur in una situazione di ristrettezze di
bilancio, Gentile aumentò gli investimenti per la scuola elementare, anche se il meccanismo con cui
impiegava le risorse lo condusse di fatto a privilegiare le scuole urbane su quelle rurali, dove maggiore
era il problema dell’analfabetismo.
6
Costituzione (1948)
Articolo 33
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Art.34
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
“Ho sentito dire che la scuola deve formare l'uomo moderno; io non so che cosa sia quest'uomo
moderno.
La scuola deve formare l'uomo capace di guardare dentro di sé e attorno a sé; a formare l'uomo
moderno provvederanno i tempi in cui egli è nato. Ogni uomo è moderno nell'epoca in cui vive”.
Concetto Marchesi
Il processo di alfabetizzazione
Fino agli anni Sessanta le scuole primarie - pur presenti in quasi i tutti i Comuni italiani – non riescono
ad assolvere al compito di alfabetizzare compiutamente il Paese.
Nel 1951 circa un quarto dei bambini non frequenta regolarmente il corso elementare e ancora nel
1957 180.000 degli iscritti abbandonano la scuola elementare.
Un apporto importante viene con la trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” del maestro Manzi,
il primo programma educativo della nostra televisione: la spia sin troppo evidente del fatto che
l’analfabetismo è ben lungi dall’essere debellato.
In tre anni (1959-1962) - senza né i “pieni poteri” di Casati nel 1859, né l’ampia delega di Gentile nel
1923 - le Camere approvano (Amintore Fanfani presidente del Consiglio, Luigi Gui ministro della P.I.) la
legge di riforma della scuola media.
1990 – 2003
In Europa si discute della necessità di una riforma dei sistemi di istruzione e formazione
Il Consiglio europeo di Stoccolma (2001) fissa tre obiettivi strategici da raggiungere entro il 2010:
migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e formazione
facilitare a tutti l’accesso ai sistemi di istruzione e formazione;
aprire i sistemi di istruzione e formazione al resto del mondo
8
QUESTIONARIO RISERVATO AI MIEI STUDENTI DEL CONSERVATORIO
I libri di testo erano divisi in “elementi grammaticali+strumento” e “ascolti” con riferimenti alla storia della musica?
Quanta parte in percentuale dei libri di testo sono stati effettivamente utilizzati ?
Come valuti la mescolanza tra brani del repertorio classico e brani “commerciali” ( canzoni)
L’ ascolto di qualche brano ti ha interessato nel cercare altri brani o a proseguire l’ascolto su Cd e internet?
Quali argomenti del libro hai ritrovato nei corsi del conservatorio?
Insegnante/insegnanti
Libri di testo
Ascolti
Come o che cosa avresti voluto avere dal corso di educazione musicale?
Ordinamenti e programmi
9
SCUOLA DELL’INFANZIA
Nel 1969 sono ridefiniti gli “Orientamenti della scuola materna statale”, con l’inserimento di “Educazione
musicale” che «va dalla ritmica, dalla danza, dall’interpretazione figurativa all’ascolto, all’esecuzione e
all’invenzione di musiche e canti». Gli Orientamenti saranno rinnovati solo nel 1991, prevedendo i “campi di
esperienza”. La musica è inserita nel campo “messaggi, forme e media”, e le attività sonore e musicali «mirano a
sviluppare la sensibilità musicale, a favorire la fruizione della produzione presente nell’ambiente, a stimolare e
sostenere l’esercizio personale diretto, avviando anche alla musica d’insieme». Negli anni 2000 sono emanati
diversi provvedimenti di riforma, fino alla elaborazione delle Indicazioni nazionali per il curricolo, definitivamente
approvate nel 2012, che riguardano le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado.
SCUOLA PRIMARIA
Dopo la proclamazione della Repubblica, le prime modifiche ai programmi scolastici sono quelle per la scuola
elementare emanate nel 1955 dal ministro Ermini. L’insegnamento della musica è praticamente ridotto al “Canto
corale” e ad alcune attività di ascolto. Nel 1985, sono emanati, con la dizione “Educazione al suono e alla
musica”, anche i nuovi programmi della scuola elementare in cui sono esplicitati con più chiarezza gli obiettivi
formativi e date nuove indicazioni metodologiche. Nel 2012 sono definitivamente approvate le Indicazioni
nazionali per il curricolo, con una prospettiva omogenea per la scuola primaria e la scuola secondaria di I grado
ma con obiettivi e traguardi di competenza distinti.
Utilizzare voce, strumenti e nuove tecnologie sonore in modo creativo e consapevole, ampliando le proprie
capacità di invenzione e improvvisazione.
La Legge n. 1859 del 1962, con la costituzione della scuola media unica, segna una svolta importante negli
ordinamenti scolastici italiani. La disciplina "Educazione musicale" è stata introdotta col Decreto ministeriale del
24 aprile 1963 (come attività non autonoma ossia legata all'ambito dell'educazione artistica) con 1 ora
settimanale obbligatoria nella prima classe e facoltativa nella seconda e terza classe con un programma
indirizzato verso un'educazione alla musica. Con il Decreto ministeriale del 9 febbraio 1979 l'educazione
musicale diviene una materia autonoma con 2 ore settimanali obbligatorie in tutte e tre le classi della scuola
media con un programma basato su un'educazione alla e con la musica. Con la legge del 28 marzo 2003
relativa alla Riforma Moratti tale disciplina viene ridenominata "Musica". Con il Decreto legislativo del 19 febbraio
2004 le indicazioni nazionali prevedono un programma con una serie di obiettivi specifici di apprendimento (osa)
comuni per il primo biennio e diversi per la terza classe integrati rispetto ai programmi del 1963 e 1979 con
obiettivi inerenti alle nuove tecnologie applicate alla musica. Con il Decreto ministeriale del 31 luglio 2007 le
Indicazioni nazionali per il curricolo snelliscono l'impostazione del programma del 2004 pur mantenendo
sostanzialmente gli stessi contenuti. Le nuove Indicazioni nazionali del 16 novembre 2012 riflettono e
sostituiscono quelle del 2004 e 2007 ed hanno come traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della
scuola secondaria di primo grado anche capacità musicali utilizzando sistemi informatici.
10
Da ricordare che nel 1975 sono stati attivati in via sperimentale i corsi a indirizzo musicale, con la possibilità di
scelta tra quattro strumenti. I corsi sono stati poi ricondotti ad ordinamento nel 1996 e nel 1999 sono stati definiti
i programmi di insegnamento.
Ecco di seguito gli obiettivi disciplinari finali comuni a tutte e tre le classi:
Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado
L'alunno partecipa in modo attivo alla realizzazione di esperienze musicali attraverso l'esecuzione e
l'interpretazione di brani strumentali e vocali appartenenti a generi e culture differenti.
Usa diversi sistemi di notazione funzionali alla lettura, all'analisi e alla riproduzione di brani musicali.
È in grado di ideare e realizzare, anche attraverso l'improvvisazione o partecipando a processi di
elaborazione collettiva, messaggi musicali e multimediali, nel confronto critico con modelli appartenenti al
patrimonio musicale, utilizzando anche sistemi informatici.
Comprende e valuta eventi, materiali, opere musicali riconoscendone i significati, anche in relazione alla
propria esperienza musicale e ai diversi contesti storico-culturali.
Integra con altri saperi e altre pratiche artistiche le proprie esperienze musicali, servendosi anche di
appropriati codici e sistemi di codifica.
Eseguire in modo espressivo, collettivamente e individualmente, brani vocali e strumentali di diversi generi e stili,
anche avvalendosi di strumentazioni elettroniche.
Improvvisare, rielaborare, comporre brani musicali vocali e strumentali, utilizzando sia strutture aperte,
sia semplici schemi ritmico-melodici.
Riconoscere e classificare anche stilisticamente i più importanti elementi costitutivi del linguaggio
musicale.
Conoscere, descrivere e interpretare in modo critico opere d'arte musicali e progettare/realizzare eventi
sonori che integrino altre forme artistiche, quali danza, teatro, arti visive e multimediali.
Decodificare e utilizzare la notazione tradizionale e altri sistemi di scrittura.
Orientare la costruzione della propria identità musicale, ampliarne l'orizzonte valorizzando le proprie
esperienze, il percorso svolto e le opportunità offerte dal contesto.
Accedere alle risorse musicali presenti in rete e utilizzare software specifici per elaborazioni sonore e
musicali.
Esame di musica
Al termine della scuola secondaria di primo grado la musica rientra, come tutte le altre discipline, nel colloquio
pluridisciplinare che costituisce la fase orale dell'esame.
FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
11
Anche a seguito dell’introduzione di “Educazione musicale” negli ordinamenti della scuola media nel 1969 venne
sollecitata l’attivazione del corso straordinario di Didattica della musica nei Conservatori finalizzato alla
formazione dei futuri insegnanti. Nel 1970 una circolare del ministro Misasi definì l’ordinamento del corso. Negli
anni ’80 furono elaborate diverse proposte per il passaggio da Corso straordinario a “Scuola” ordinaria, obiettivo
che venne raggiunto nel 1992 grazie alle azioni del Coordinamento nazionale dei Docenti di Didattica della
musica. L’apposito Decreto Ministeriale del 13 aprile 1992 definì la struttura del Corso ordinario di Didattica della
musica articolato in cinque insegnamenti: Pedagogia musicale, Elementi di composizione per la didattica,
Direzione di coro e repertorio corale, Storia della musica per la didattica, Pratica della lettura vocale e pianistica.
Nel 2002 il Diploma in Didattica della musica ha acquisito valore abilitante per l’insegnamento nelle scuole
secondarie. In seguito, su iniziativa dei Docenti di Didattica della Musica – Gruppo Operativo (DDM-GO), sono
state elaborate diverse proposte per l’adeguamento dei percorsi formativi alle modifiche apportate dalla
legislazione in merito sia alla formazione iniziale degli insegnanti sia agli ordinamenti scolastici. Attualmente
sono stati attivati anche corsi triennali in Didattica della musica, il cui diploma non è però abilitante.
Per insegnare musica nella scuola fino ad oggi era sufficiente un diploma di conservatorio o una laurea Dams.
I Diplomi di conservatorio e le lauree Dams non comprendevano di fatto uno specifico percorso di formazione in
Didattica della musica. Diplomi e lauree davano la possibilità di accesso alle graduatorie di Istituto, funzionali alla
copertura dei posti di insegnamento vacanti tramite l’affidamento di supplenze (annuali o temporanee).
Ai posti di ruolo (contratto a tempo indeterminato) si accede, tramite concorso, solo da chi è in possesso
dell’abilitazione all’insegnamento. Oggi la nuova normativa prevede che anche per l’accesso alle graduatorie
d’istituto si debba essere in possesso della specifica abilitazione all’insegnamento acquisibile con un biennio
specialistico e un anno di tirocinio.
La Legge 107 del 13 luglio 2015 prevede, con apposita delega al Governo, il «riordino, adeguamento e
semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, in
modo da renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione» (Art. 181 b). Le norme
vigenti attualmente sono quelle stabilite dal decreto ministeriale 249 del 10 settembre 2010: «I percorsi formativi
preordinati all’insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo
grado e di secondo grado sono attivati dalle università e dagli istituti di alta formazione artistica, musicale e
coreutica di cui alla Legge 21 dicembre 1999, n. 508, nell’ambito dei quali si articolano nel corso di diploma
accademico di II livello e nel successivo anno di tirocinio formativo attivo secondo quanto prescritto dal presente
decreto» (art. 3, comma 3).
Per la formazione degli insegnanti di materie artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo e
secondo grado, i percorsi formativi comprendono: «a) il conseguimento del diploma accademico di II livello ad
indirizzo didattico a numero programmato e con prova di accesso al relativo corso; b) lo svolgimento del tirocinio
formativo attivo comprensivo dell’esame con valore abilitante, disciplinati dall’articolo 10. 2. Le tabelle 8, 9 e 10
allegate al presente decreto individuano per ciascuna delle classi di abilitazione ivi indicate e previste dal decreto
del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 26 marzo 2009, n. 37: a) i requisiti per l’accesso alla
prova di cui al comma 1, lettera a); b) i corsi accademici biennali necessari per accedere al tirocinio annuale di
cui al comma 1, lettera b)» (Art. 9).
Di fatto, dopo l’entrata in vigore del Decreto, sono stati attivati solo alcuni corsi relativi alle cattedre di strumento
musicale per la scuola secondaria inferiore. In base alle norme transitorie del decreto (Art. 15) sono stati attivati
anche i Tirocini Formativi Attivi.
A) ASCOLTARE. RICONOSCERE E SCRIVERE LE NOTE SULLA LINEA
12
QUATTRO NOTE
______________________________________________________________________________
SEI NOTE
_________________________________________________________________________
Parte B ascolto
14
15
16