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Elisa Camera, Dirigente Scolastico, interessata alle tematiche della legislazione scolastica e
all’innovazione didattica in ambito delle lingue classiche e moderne.
Alessandro Signorino Gelo, Docente di Lingue e Letterature straniere, già Responsabile didattico
D.U.T. per conto di Università europee, traduttore parlamentare presso il Segretariato generale del
Parlamento europeo in Lussemburgo.
Progetto grafico: ProMedia Studio di A. Leano – Napoli
Cover design and cover illustration: Digital Followers srl:
Fotocomposizione: TPM – Città di Castello (PG)
Stampato presso: PrintSprint s.r.l. – Napoli
Per conto della EdiSES edizioni S.r.l. – Piazza Dante 89 – Napoli
www.edises.it
ISBN 978 88 3622 526 2
I curatori, l’editore e tutti coloro in qualche modo coinvolti nella preparazione o pubblicazione di
quest’opera hanno posto il massimo impegno per garantire che le informazioni ivi contenute siano
corrette, compatibilmente con le conoscenze disponibili al momento della stampa; essi, tuttavia, non
possono essere ritenuti responsabili dei risultati dell’utilizzo di tali informazioni e restano a
disposizione per integrare la citazione delle fonti, qualora incompleta o imprecisa.
Realizzare un libro è un’operazione complessa e, nonostante la cura e l’attenzione poste dagli autori e
da tutti gli addetti coinvolti nella lavorazione dei testi, l’esperienza ci insegna che è praticamente
impossibile pubblicare un volume privo di imprecisioni. Saremo grati ai lettori che vorranno inviarci le
loro segnalazioni e/o suggerimenti migliorativi sulla piattaforma assistenza.edises.it
Premessa
Il volume sintetizza le principali tematiche della legislazione scolastica. Dopo
una breve storia degli ordinamenti scolastici italiani, sono analizzati tutti i più
rilevanti punti della legislazione e della normativa scolastica (il sistema di
istruzione e formazione, gli ordinamenti didattici, la tutela normativa dei
bisogni educativi speciali, l’autonomia delle istituzioni scolastiche, il profilo
giuridico e contrattuale del personale docente, il Sistema nazionale di
valutazione, la regolamentazione della vita scolastica, gli aspetti legati alla
sicurezza sul lavoro e alla privacy nel settore dell’istruzione). Una attenzione
particolare, infine, è dedicata all’educazione musicale nel primo e secondo
ciclo di istruzione, agli istituti a indirizzo musicale e all’Alta formazione
artistico-musicale (AFAM).
Aggiornato a tutte le principali novità normative rilevanti per il settore, il
volume costituisce un prezioso strumento di preparazione ai concorsi in cui è
richiesta la conoscenza della normativa relativa al settore dell’istruzione.
Il volume è corredato da batterie di quesiti a risposta multipla (disponibili
fra le estensioni online) per favorire la verifica delle conoscenze. Con il
software online, accessibile gratuitamente previa registrazione, sarà possibile
effettuare infinite simulazioni d’esame. Grazie all’estrazione casuale da un
vastissimo database, ogni simulazione è diversa dalla precedente.
La Legge n. 3961 del 13 luglio 1877, detta legge Coppino dal nome del
Ministro che la promulgò, Michele Coppino, innalzava a tre anni lâ
€™istruzione elementare obbligatoria, portandone a cinque anni la durata
totale.
Un passaggio significativo nella storia della scuola è costituito dal Metodo
di insegnamento nelle scuole elementari d’Italia, del 1880, e dai
successivi Programmi di insegnamento, accompagnati dalle relative
Istruzioni redatti nel 1888. L’autore di questi documenti fu il pedagogista
Aristide Gabelli, provveditore a Firenze e Roma, poi deputato. Grazie al suo
lavoro, la scuola italiana si trovò a disporre di programmi di studio
uniformi, basati su un metodo pratico e induttivo, legato all’osservazione
e all’esperienza.
Un altro caposaldo della storia della scuola italiana è rappresentato dal Patto
Lateranense, firmato l’11 febbraio 1929. Esso prevedeva che la religione
cattolica fosse insegnata in tutte le scuole non universitarie; chi non intendeva
avvalersi di tale insegnamento, aveva la possibilità di chiederne lâ
€™esonero. Gli insegnanti di religione dovevano essere riconosciuti dallâ
€™autorità religiosa.
Con il Regio Decreto n. 1390 del 5 settembre 1938 al “personale
scolastico di razza ebraica†fu proibito insegnare nelle scuole e allâ
€™università ; ai bambini ebrei fu preclusa la frequenza delle scuole statali.
Con il successivo Regio Decreto n. 1630 del 23 settembre 1938 furono
istituite scuole elementari speciali per “fanciulli di razza ebraicaâ€.
Unicamente in queste scuole erano ammessi insegnanti di origine ebraica.
La Legge n. 899 del 1 luglio 1940, già anticipata nella Carta della Scuola
presentata alla Riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 15 febbraio
1939, introdusse la riforma del sistema scolastico a opera di Giuseppe
Bottai.
Essa portò l’obbligo scolastico a otto anni, avendo il fine di estendere lâ
€™accesso alle scuole superiori ai ceti meno abbienti, in linea con il
programma del governo fascista. Le discipline scientifico-tecniche e le
attività manuali furono considerate alla medesima stregua delle discipline
umanistiche che la riforma Gentile aveva individuato quali cardini dellâ
€™istruzione superiore.
La scuola materna divenne obbligatoria, mentre la scuola elementare (anche
chiamata “del primo ordineâ€) era stata suddivisa in due cicli: la scuola
elementare triennale, divisa in urbana e rurale, con diversi orari e programmi
didattici, e la scuola del lavoro, di durata biennale.
La scuola media (detta “del secondo ordineâ€) veniva divisa in tre corsi: la
scuola artigianale, rivolta ai figli dei contadini, si articolava in vari indirizzi
(commerciale, industriale, nautica, agricola, artistica); la scuola triennale di
avviamento professionale, che permetteva di proseguire gli studi in una
scuola tecnica; la scuola media unica, che consentiva l’accesso al liceo e
all’università .
La Legge n. 517 del 4 agosto 1977 costituì un ulteriore tassello nella storia
della scuola italiana: l’integrazione, nelle classi comuni, dei ragazzi
portatori di handicap, con la conseguente abolizione delle classi
differenziali, la programmazione didattica e curricolare, la possibilità di
lavorare per classi aperte, la valutazione formativa connessa al percorso
didattico e progressi d’apprendimento di ciascun allievo.
Come più ampliamente si dirà nel prosieguo della trattazione, gli interventi
normativi degli anni Settanta hanno fatto da spartiacque nel mondo della
scuola soprattutto nel campo della disabilità , determinando una frattura
epocale tra la scuola della separazione e quella della inclusione e
integrazione.
Una prolifica attività legislativa ha caratterizzato, negli anni seguenti, ruolo
e funzioni dello Stato e delle istituzioni scolastiche procedendo da quella che
possiamo denominare la Scuola del programma, nella quale si dava molto
spazio alla funzione trasmissiva dei saperi, alla Scuola che individua nellâ
€™alunno il cuore pulsante e il co-protagonista del dialogo formativo,
ovvero quella Scuola nella quale l’apprendimento è identificato come
solo uno dei molteplici aspetti della formazione.
In questo contesto, è da ricordare la legge Bassanini (L. 59/1997),
approvata durante il Governo Prodi I, che con l’art. 21 introduceva lâ
€™autonomia delle istituzioni scolastiche nel nostro ordinamento. La
traduzione operativa dell’art. 21 è il Regolamento dell’autonomia
(D.P.R. 275/1999) che segnerà uno dei momenti più significativi nel
contesto scolastico italiano.
La Riforma Moratti (L. 53/2003), anch’essa maggiormente approfondita
più avanti, articola il sistema educativo di istruzione e di formazione:
1
Dal comunicato alla Presidenza del Senato del 9 luglio 2013, DDL
933/2013 (Norme per una nuova governance delle istituzioni scolastiche
autonome), del quale non si è mai iniziato l’esame.
2
Legge delega 30 luglio 1973, n. 477, “Delega al Governo per lâ
€™emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo,
ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria
e artistica dello Statoâ€.
3
Rizzi, R., La scuola dopo i decreti delegati, Roma, Ed. Riuniti, 1975, pag.
17-18.
4
Calzecchi Onesti, R., Gestione della scuola e partecipazione, giugno 1974,
pag. 398.
https://clmr.infoteca.it/bw5net/ShowFileAS.ashx?
Filename=IwNDLXrLT%20d86fddjq1guwjYICFZZAqw9/8JjPuB8ljRqnQ5s28GJ4VEYs
5
Legge 477/1973, art. 2, c. 1.
6
Rizzi, R., La scuola, cit, pag. 16.
7
Art. 4, c. 1. La libertà di insegnamento è tema da sempre indagato a
livello accademico – dottrinale e giurisprudenziale. Un aspetto del quale si
discute è se essa vada intesa nei termini di libertà individuale o libertÃ
dell’insieme degli appartenenti alla professione come corpo. Un
contributo interessante ci arriva dal Seminario nazionale dell’ADi del
novembre 2002 in cui è stata offerta la prospettiva secondo la quale
qualsiasi portatore di una conoscenza tecnica ha bisogno di un
riconoscimento/legittimazione da parte dei portatori di quella medesima
tecnica (uno è medico perché è riconosciuto tale dai medici). È
implicito che ogni tecnica si connota in una dimensione di gruppo sebbene le
due dimensioni siano strettamente correlate e non reciprocamente
escludentisi. Per una visione più estesa del tema consultare:
La libertà di insegnamento come garanzia del sistema pubblico dellâ
€™istruzione – Libertà e Servizio. Marzuoli, C., Testo della relazione
tenuta al Seminario nazionale dell’ADi, “Un nuovo stato giuridico per
la professione docenteâ€, svoltosi a Bologna il 30 novembre 2002.
8
Reguzzoni, M., La scuola come comunità , in Aggiornamenti Sociali,
(aprile) 1970, pp. 281-292, rubr. 31 – desunto da Rizzi, R., La scuola, cit.,
pag. 404.
9
Art. 6, c. 1.
10
D.P.R. 416/1974: Istituzione e riordinamento di organi collegiali della
scuola materna, elementare, secondaria ed artistica. (G.U. 13 settembre 1974,
n. 239).
11
“Modifiche al D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, concernente lâ
€™istituzione e il riordinamento di organi collegiali della scuola materna,
elementare, secondaria ed artisticaâ€.
12
Art. 25, c. 1.
13
Art. 25, c. 3.
14
D.P.R. 417/1974: Norme sullo stato giuridico del personale docente,
direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica
dello Stato.
15
D.P.R. 419/1974: Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento
culturale e professionale ed istituzione dei relativi istituti.
16
“Interventi correttivi di finanza pubblicaâ€.
17
D’Amore, G., Scala, S., Commento al Testo Unico delle disposizioni
vigenti in materia di istruzione, Roma, Ed. SEAM, 1996, pag. 52.
18
Approvata durante la Presidenza del Consiglio di Carlo Azeglio Ciampi,
con Rosa Iervolino Russo ministro della Pubblica istruzione.
19
Art. 4, c. 2.
20
Art. 4, c. 6.
21
Art. 4, c. 7, lettera a).
22
D’Amore, G., Scala, S., Commento al Testo Unico, cit. pag. 51.
23
Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni
scolastiche, ai sensi dell’art. 21, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
24
Governo di Romano Prodi con Luigi Berlinguer ministro dellâ
€™istruzione e Franco Bassanini ministro per la funzione pubblica e affari
regionali.
25
“Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativaâ€.
26
Legge 59/1997, Capo IV, art. 21, c. 1.
27
Art. 21, c. 4. I requisiti dimensionali erano elencati nel D.P.R. 18 giugno
1998, n. 233 secondo cui, per acquisire o mantenere la personalità giuridica,
gli istituti di istruzione dovevano avere, di norma, una popolazione
consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa
tra 500 e 900 alunni. Il decreto prevedeva ulteriori requisiti dimensionali che
riguardavano le piccole isole, i comuni montani, nonché le aree
geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche (lâ
€™argomento verrà trattato più approfonditamente in seguito).
28
Legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 21, c. 5, come modificato ex art. 2, c. 3,
D.L. 28-8-2000, n. 240 conv., con modif., in L. 27-10-2000, n. 306.
29
Legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 21, c. 5, come modificato ex art. 2, c. 3,
D.L. 28-8-2000, n. 240 conv., con modif., in L. 27-10-2000, n. 306.
30
Legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 21, c. 5, come modificato ex art. 2, c. 3,
D.L. 28-8-2000, n. 240 conv., con modif., in L. 27-10-2000, n. 306.
31
D.M. n. 21 del 1° marzo 2007, art. 3, come modificato dal D.M. n. 834
del 15 ottobre 2015, art. 1. Lo stesso D.M. n. 834, all’art. 1, c. 2, dispone
che alle istituzioni scolastiche possono essere assegnati, per esigenze
straordinarie, previa valutazione degli Uffici Scolastici Regionali e delle
risorse disponibili […] finanziamenti aggiuntivi rispetto a quelli determinati
sulla base dei parametri indicati nel presente decreto. I nuovi criteri e
parametri sono adottati a partire dall’anno scolastico 2016/2017.
32
Legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 21, c. 5, come modificato ex art. 2, c. 3,
D.L. 28-8-2000, n. 240 conv., con modif., in L. 27-10-2000, n. 306.
33
Legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 21, c. 10.
34
Legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 21, c. 10.
35
Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè editore, Milano, 2012,
pag. 81.
36
Art. 21, c. 1.
37
Decreto Legislativo 6 marzo 1998, n. 59, “Disciplina della qualifica
dirigenziale dei capi di istituto delle istituzioni scolastiche autonome, a norma
dell’articolo 21, comma 16, della legge 15 marzo 1997, n. 59â€.
38
Decreto Legislativo 6 marzo 1998, n. 59, art. 1, commi da 1 a 6.
39
“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59â€.
40
Art. 137.
41
Art. 138.
42
Art. 139.
43
“Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle
istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei
singoli istituti, a norma dell’art. 21 Legge n. 59 del 16.07.97â€.
44
D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233, art. 1, commi 1, 2 e 3.
45
D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233, art. 2, commi 1, 2, 3, 5.
46
“Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
Tributariaâ€.
47
Decreto Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 “Norme per
la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle
risorse umane della scuola, ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133.
48
Tale processo di razionalizzazione fu disposto con il comma 4, art. 19, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla L. 15
luglio 2011, n. 111.
49
Sentenza nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 19,
comma 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per
la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15
luglio 2011, n. 111, promossi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna,
Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana, e dalle Regioni Puglia e Basilicata,
con ricorsi notificati il 12-14 e il 13 settembre 2011.
50
“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59â€.
51
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre
2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e
ricerca.
52
Prevista dall’art. 8 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e
successive modificazioni.
53
D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, artt. 1 e 2.
54
Decreto R.0000039 del 26-06-2020, “Documento per la pianificazione
delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del
Sistema nazionale di Istruzione per l’anno scolastico 2020/2021â€.
55
RITENUTO di dover approvare in via transitoria un programma nazionale
di sperimentazione che consenta alle istituzioni scolastiche di sviluppare
gradualmente capacità di autorganizzazione tali da consentire loro di
prepararsi al passaggio dal vigente ordinamento a quello configurato dallâ
€™art. 21 della L. 15.3.97, n. 59, la cui attuazione avverrà con lâ
€™emanazione dei regolamenti ivi previsti, fino a tale data (1° settembre
2000), trova applicazione il D.M. n. 251 del 29 maggio 1998.
56
Rispettivamente agli articoli 4, 5 e 6.
57
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca,
Autonomia scolastica, archivio.
58
Art. 4, c. 2.
59
A norma dell’articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.
297.
2.6 D.Lgs. 30 giugno 1999, n. 233
Il 10 febbraio 1999, la 7° Commissione della Camera approvava le â
€œDisposizioni in materia di organi collegiali della scuola dellâ
€™autonomiaâ€; l’approvazione del disegno di legge ebbe solo
parzialmente seguito poiché portò alla rivisitazione dei soli organi
collegiali territoriali della scuola ad opera del D.Lgs. 30 giugno 1999, n.
23361.
Il decreto, all’art. 1, c. 2, prevedeva:
a) a livello centrale, il Consiglio superiore della pubblica istruzione62;
b) a livello regionale, i Consigli regionali dell’istruzione;
c) a livello locale, i Consigli scolastici locali.
Il Consiglio superiore della pubblica istruzione è organo di garanzia dellâ
€™unitarietà del sistema nazionale dell’istruzione, formula proposte ed
esprime pareri obbligatori sugli indirizzi in materia di definizione delle
politiche del personale della scuola e sulle direttive del Ministro della
pubblica istruzione in materia di valutazione del sistema dell’istruzione.
Si esprime inoltre sugli obiettivi, indirizzi e standard del sistema di istruzione
definiti a livello nazionale nonché sulla quota nazionale dei curricoli dei
diversi tipi e indirizzi di studio e sull’organizzazione generale dellâ
€™istruzione.
Il decreto sancisce inoltre che il Consiglio si pronunci sulle materie che il
Ministro ritenga di sottoporgli. È composto da 36 membri di cui:
a) quindici sono eletti dalla componente elettiva che rappresenta il personale
delle scuole statali;
b) quindici sono nominati dal Ministro tra esponenti significativi dei mondo
della cultura, dell’arte, della scuola, dell’Università , del lavoro,
delle professioni e dell’industria, dell’associazionismo
professionale, che assicurino il più ampio pluralismo culturale;
c) tre sono eletti rispettivamente uno dalle scuole di lingua tedesca, uno dalle
scuole di lingua slovena ed uno dalle scuole della Valle d’Aosta;
d) tre sono nominati dal Ministro in rappresentanza delle scuole pareggiate,
parificate e legalmente riconosciute e delle scuole dipendenti dagli enti
locali, tra quelli designati dalle rispettive associazioni.
Il Consiglio superiore della pubblica istruzione dura in carica cinque anni. Il
Consiglio elegge nel suo seno, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il
presidente; qualora nella prima votazione non si raggiunga la predetta
maggioranza il presidente è eletto a maggioranza relativa dei votanti.
60
Con Decreto Ministeriale 26 giugno 2000, n. 234, il Ministro della
Pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del Tesoro, del Bilancio e
della Programmazione economica, CONSIDERATO che, con effetto dal 1°
settembre 2000, la disciplina dell’autonomia si applica a tutte le
istituzioni scolastiche e che, a decorrere dalla stessa data, occorre dare
attuazione all’articolo 8 del citato regolamento (ovvero D.P.R.
275/1999); RITENUTO necessario assicurare alle scuole flessibilitÃ
organizzativa e didattica secondo i principi dell’autonomia; ADOTTA il
“Regolamento, recante norme in materia di curricoli nell’autonomia
delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275â€. Per completezza, si
segnalano anche i susseguenti D.M. 28 dicembre 2005 e D.M. 13 giugno
2006, n. 47.
61
“Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma dellâ
€™articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59â€.
62
Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, costituito con decreto del
Ministro del 31 dicembre 2015, n. 980, garantisce, a livello centrale,
rappresentanza e partecipazione alle diverse componenti della scuola. Le
tematiche da sottoporre al Consiglio sono determinate dal Presidente, sentito
l’Ufficio di Presidenza, o proposte da almeno cinque Consiglieri vincolati
all’approvazione del Consiglio stesso. Il Consiglio Superiore della
Pubblica Istruzione sostituisce il C.N.P.I. (Consiglio Nazionale della
Pubblica Istruzione) istituito a norma del decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1974, n. 416. Informazioni desunte da: Ministero dellâ
€™Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Home» Istruzione»
Direzioni Generali» D.G. Ordinamenti» Pareri CNPI.
63
Decreto Legislativo 20 luglio 1999, n. 258, “Riordino del Centro
europeo dell’educazione, della biblioteca di documentazione pedagogica
e trasformazione in Fondazione del museo nazionale della scienza e della
tecnica ‘Leonardo da Vinci’, a norma dell’articolo 11 della legge
15 marzo 1997, n. 59â€.
64
Fonte: INVALSI, Statuto, ai sensi del decreto legislativo 25 novembre
2016, n. 218, articoli 3, 4 e 19.
65
“Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dellâ
€™articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59â€, come modificato dallâ
€™articolo 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191 e dall’articolo 9 della
legge 8 marzo 1999, n. 50
66
Con decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1 Disposizioni urgenti per lâ
€™istituzione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dellâ
€™università e della ricerca (GU n. 6 del 9-1-2020) all’art. 1: “Sono
istituiti il Ministero dell’istruzione e il Ministero dell’università e
della ricerca ed è conseguentemente soppresso il Ministero dellâ
€™istruzione dell’università e della ricercaâ€. Il decreto è stato
convertito nella Legge 5 marzo 2020, n. 12, “Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, recante disposizioni
urgenti per l’istituzione del Ministero dell’istruzione e del Ministero
dell’università e della ricercaâ€, entrata in vigore il 10 marzo 2020.
67
“Regolamento recante istruzioni generali sulla gestione amministrativo-
contabile delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 1, comma 143,
della legge 13 luglio 2015, n. 107.
68
D.I. emanato a norma dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e
del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233.
69
Art. 5 Cost: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio
decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua
legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
70
Si forniscono qui solamente alcuni dei diciassette settori del comma 2 dellâ
€™art. 117 Cost.
71
L’iter procedurale della legge 107/2015, altrimenti detta Legge della
Buona Scuola, è stato decisamente più veloce rispetto al percorso
parlamentare consueto di una legge ordinaria. Il 9 luglio 2015 lâ
€™Assemblea della Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge
di riforma della scuola, presentato dal Governo il 27 marzo 2015. Il testo era
stato approvato dall’Assemblea della Camera in prima lettura, con
modifiche, il 20 maggio 2015 e, con ulteriori modifiche, il 25 giugno 2015,
dall’Assemblea del Senato. La legge è stata pubblicata nella Gazzetta
ufficiale del 15 luglio 2015 (L. 107/2015). (Fonte: camera.it).
72
Vengono indicate qui solo alcune delle finalità della riforma del sistema
nazionale di istruzione e formazione. Per una disamina esaustiva si rimanda
al comma 1 della legge.
73
Fonte: camera.it – XVII Legislatura dal 15/03/2013 – al 22/03/2018.
74
Fonte: camera.it – XVII Legislatura dal 15/03/2013 – al 22/03/2018.
75
D.Lgs. 165/2001, art. 25, c. 2.
76
Nel merito, è da ribadire che il dirigente scolastico, nell’esercizio di
autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle
risorse umane, esercita tali attribuzioni nel rispetto delle competenze degli
organi collegiali scolastici come sancito dal D.Lgs. 165/2001, art. 25, c. 2.
Ancor prima, il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 disponeva, all’art. 16,
comma 1, che gli organi collegiali della scuola garantiscono l’efficacia
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che
ne definiscono competenze e composizione.
77
Nota Ministeriale n. 2852 del 05-09-2016.
78
Ibidem.
79
Ibidem.
80
D.Lgs. 165/2001, art. 25, c. 2
81
Per una visione esaustiva delle potenzialità espresse nel comma 7, se ne
riporta qui il contenuto integrale: a) valorizzazione e potenziamento delle
competenze linguistiche, con particolare riferimento all’italiano
nonché alla lingua inglese e ad altre lingue dell’Unione europea, anche
mediante l’utilizzo della metodologia Content language integrated
learning; b) potenziamento delle competenze matematico-logiche e
scientifiche; c) potenziamento delle competenze nella pratica e nella cultura
musicali, nell’arte e nella storia dell’arte, nel cinema, nelle tecniche e
nei media di produzione e di diffusione delle immagini e dei suoni, anche
mediante il coinvolgimento dei musei e degli altri istituti pubblici e privati
operanti in tali settori; d) sviluppo delle competenze in materia di
cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dellâ
€™educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il
dialogo tra le culture, il sostegno dell’assunzione di responsabilitÃ
nonché della solidarietà e della cura dei beni comuni e della
consapevolezza dei diritti e dei doveri; potenziamento delle conoscenze in
materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione allâ
€™autoimprenditorialità ; e) sviluppo di comportamenti responsabili ispirati
alla conoscenza e al rispetto della legalità , della sostenibilità ambientale,
dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali; f)
alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e
diffusione delle immagini; g) potenziamento delle discipline motorie e
sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare
riferimento all’alimentazione, all’educazione fisica e allo sport, e
attenzione alla tutela del diritto allo studio degli studenti praticanti attivitÃ
sportiva agonistica; h) sviluppo delle competenze digitali degli studenti, con
particolare riguardo al pensiero computazionale, all’utilizzo critico e
consapevole dei social network e dei media nonché alla produzione e ai
legami con il mondo del lavoro; i) potenziamento delle metodologie
laboratoriali e delle attività di laboratorio; l) prevenzione e contrasto della
dispersione scolastica, di ogni forma di discriminazione e del bullismo, anche
informatico; potenziamento dell’inclusione scolastica e del diritto allo
studio degli alunni con bisogni educativi speciali attraverso percorsi
individualizzati e personalizzati anche con il supporto e la collaborazione dei
servizi socio-sanitari ed educativi del territorio e delle associazioni di settore
e l’applicazione delle linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio
degli alunni adottati, emanate dal Ministero dell’istruzione, dellâ
€™università e della ricerca il 18 dicembre 2014; m) valorizzazione della
scuola intesa come comunità attiva, aperta al territorio e in grado di
sviluppare e aumentare l’interazione con le famiglie e con la comunitÃ
locale, comprese le organizzazioni del terzo settore e le imprese; n) apertura
pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e di studenti per
classe o per articolazioni di gruppi di classi, anche con potenziamento del
tempo scolastico o rimodulazione del monte orario rispetto a quanto indicato
dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo
2009, n. 89; o) incremento dell’alternanza scuola-lavoro nel secondo
ciclo di istruzione; p) valorizzazione di percorsi formativi individualizzati e
coinvolgimento degli alunni e degli studenti; q) individuazione di percorsi e
di sistemi funzionali alla premialità e alla valorizzazione del merito degli
alunni e degli studenti; r) alfabetizzazione e perfezionamento dell’italiano
come lingua seconda attraverso corsi e laboratori per studenti di cittadinanza
o di lingua non italiana, da organizzare anche in collaborazione con gli enti
locali e il terzo settore, con l’apporto delle comunità di origine, delle
famiglie e dei mediatori culturali; s) definizione di un sistema di
orientamento.
82
La legge 107/2015 disponeva che la durata dei percorsi di alternanza fosse
la seguente: “negli istituti tecnici e professionali, nel secondo biennio e
nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, di
almeno 200 ore nel triennioâ€. Con la legge n. 145/2018 (legge di bilancio
per il 2019, art. 1, c. 784) la durata dei percorsi è stata riformulata: “I
percorsi in alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile
2005, n. 77, sono ridenominati «percorsi per le competenze trasversali e
per l’orientamento» e, a decorrere dall’anno scolastico 2018/2019,
con effetti dall’esercizio finanziario 2019, sono attuati per una durata
complessiva:
a) non inferiore a 210 ore nel triennio terminale del percorso di studi degli istituti professionali;
b) non inferiore a 150 ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi degli istituti
tecnici;
c) non inferiore a 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei liceiâ€.
83
Informazione desunta da: Ministero dell’Istruzione, dellâ
€™Università e della Ricerca – Alternanza Scuola/Lavoro - la Carta dei
diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti in alternanza.
84
Obiettivi del Piano nazionale della scuola digitale: a) realizzazione di
attività volte allo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, anche
attraverso la collaborazione con università , associazioni, organismi del terzo
settore e imprese, nel rispetto dell’obiettivo di cui al comma 7, lettera h);
b) potenziamento degli strumenti didattici e laboratoriali necessari a
migliorare la formazione e i processi di innovazione delle istituzioni
scolastiche; c) adozione di strumenti organizzativi e tecnologici per favorire
la governance, la trasparenza e la condivisione di dati, nonché lo scambio
di informazioni tra dirigenti, docenti e studenti e tra istituzioni scolastiche ed
educative e articolazioni amministrative del Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca; d) formazione dei docenti per lâ
€™innovazione didattica e sviluppo della cultura digitale per lâ
€™insegnamento, l’apprendimento e la formazione delle competenze
lavorative, cognitive e sociali degli studenti; e) formazione dei direttori dei
servizi generali e amministrativi, degli assistenti amministrativi e degli
assistenti tecnici per l’innovazione digitale nell’amministrazione; f)
potenziamento delle infrastrutture di rete, sentita la Conferenza unificata di
cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e
successive modificazioni, con particolare riferimento alla connettività nelle
scuole; g) valorizzazione delle migliori esperienze delle istituzioni scolastiche
anche attraverso la promozione di una rete nazionale di centri di ricerca e di
formazione; h) definizione dei criteri e delle finalità per l’adozione di
testi didattici in formato digitale e per la produzione e la diffusione di opere e
materiali per la didattica, anche prodotti autonomamente dagli istituti
scolastici.
85
La Carta può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in
formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili allâ
€™aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software,
per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione
delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di
laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo
professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al
profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per
l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo,
nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito
del piano dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di
formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce
retribuzione accessoria né reddito imponibile.
86
Piano per la formazione dei docenti, 2016 – 2019, MIUR, La Buona
scuola.
87
La stessa ordinanza ha statuito che: Il personale docente del comparto della
scuola assunto con contratto a tempo parziale, sulla base delle disposizioni
dettate dai CCNL 4.8.1995, art. 46, 24.7.2003, art. 36, e 29.11.2007, art. 39,
nonché dall’O.M. 23.7.1997, art. 7, ha l’obbligo di svolgere le
attività funzionali all’insegnamento di carattere collegiale, di cui agli
artt. 42, comma 3, lett. a) CCNL 1995, 27 comma 3 lett. a) CCNL 2003, 29,
comma 3, lett. a) CCNL 2007, con le stesse modalità previste per i docenti a
tempo pieno e, in caso di part time verticale o misto, è tenuto a partecipare
all’attività collegiale anche se la convocazione è disposta in giorni
della settimana non coincidenti con quelli stabiliti per l’insegnamento.
88
Quanto di nostra pertinenza è contemplato nella lettera c4.
89
Alla luce di talune improvvide interpretazioni, riteniamo di dover segnalare
che la dizione “personale scolastico†è da riferire a personale docente e
Ata.
90
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva
nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con
l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di
Stati non appartenenti all’Unione europea; b)immigrazione; c) rapporti
tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate;
sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del
risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario;
sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci
pubblici; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e
relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia
amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione
e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n)
norme generali sull’istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione
elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e
Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi
internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento
informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale,
regionale e locale; opere dell’ingegno; s) tutela dell’ambiente, dellâ
€™ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti
internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con lâ
€™estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia
delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della
formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e
sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute;
alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del
territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione;
ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa;
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione
dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivitÃ
culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere
regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle
materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa,
salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla
legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di
loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti
normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione
degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto
delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le
modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle Regioni.
La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestÃ
regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena paritÃ
degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e
promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il
migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi
comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con
Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme
disciplinati da leggi dello Stato.
Capitolo 3
Ordinamenti didattici: norme
generali comuni e per ogni ordine e
grado
di Elisa Camera
Tecnologia 2 66
Inglese 3 99
Arte e immagine 2 66
Musica 2 66
Religione cattolica 1 33
Tecnologia 2 66
Inglese 3 99
Arte e immagine 2 66
Musica 2 66
Religione cattolica 1 33
Nel caso in cui il collegio dei docenti non abbia effettuato tale
programmazione o non abbia impegnato totalmente la quota oraria eccedente
l’attività frontale e di assistenza alla mensa, tali ore saranno destinate
per supplenze in sostituzione di docenti assenti fino ad un massimo di cinque
giorni nell’ambito del plesso di servizio98.
L’attività di insegnamento è distribuita in non meno di cinque giornate
settimanali.
Negli istituti e scuole di istruzione secondaria, ivi compresi i licei artistici e
gli istituti d’arte, i docenti, il cui orario di cattedra sia inferiore alle 18 ore
settimanali, sono tenuti al completamento dell’orario di insegnamento da
realizzarsi mediante la copertura di ore di insegnamento disponibili in classi
collaterali non utilizzate per la costituzione di cattedre orario, in interventi
didattici ed educativi integrativi, con particolare riguardo, per la scuola dellâ
€™obbligo, alle finalità indicate al comma 2, nonché mediante lâ
€™utilizzazione in eventuali supplenze e, in mancanza, rimanendo a
disposizione anche per attività parascolastiche ed interscolastiche99.
Al di fuori dei casi previsti dalla riduzione dell’ora di lezione per cause di
forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica (vis maior cui
resisti non potest), qualunque riduzione della durata dell’unità oraria di
lezione ne comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche
programmate dall’istituzione scolastica. La relativa delibera è assunta
dal collegio dei docenti100.
Il CCNL 2016-18101, all’art. 28, precisa che, fermo restando l’articolo
28 del CCNL 29/11/2007, l’orario di cui al comma 5 di tale articolo può
anche essere parzialmente o integralmente destinato allo svolgimento di
attività per il potenziamento dell’offerta formativa o quelle
organizzative; le eventuali ore non programmate nel PTOF dei docenti della
scuola primaria e secondaria sono destinate alle supplenze sino a dieci giorni.
Inoltre, il potenziamento dell’offerta formativa comprende le attività di
istruzione, orientamento, formazione, inclusione scolastica, diritto allo studio,
coordinamento, ricerca e progettazione previste dal piano triennale dellâ
€™offerta formativa, ulteriori rispetto a quelle occorrenti per assicurare la
realizzazione degli ordinamenti scolastici, per l’attuazione degli obiettivi
di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 13 luglio 2015, n. 107, che
disciplina il fabbisogno dei posti dell’organico dell’autonomia. Le ore
di potenziamento dell’offerta formativa sono retribuite, purché
autorizzate, quando eccedenti quelle funzionali e non ricomprese nellâ
€™orario di attività dei docenti. Il CCNL 2016-18 conferma dunque lâ
€™orario di lavoro stabilito dagli artt. 28 e 29 del CCNL 2007
(rispettivamente attività di insegnamento e attività funzionali allâ
€™insegnamento), comprese le 40 + 40 di attività collegiali, con lâ
€™integrazione degli obblighi riguardanti i docenti impegnati sul
potenziamento e, all’art. 27, integra nel profilo professionale dei docenti
competenze disciplinari, informatiche, linguistiche, psicopedagogiche,
metodologico-didattiche, organizzativo relazionali, di orientamento e di
ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si
sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio
e di sistematizzazione della pratica didattica. Lo stesso art. 27 dispone inoltre
che i contenuti della prestazione professionale del personale docente si
definiscono nel quadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema
nazionale di istruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel piano dellâ
€™offerta formativa della scuola.
La definizione della scuola come comunità educante, che il CCNL 2016-
18 esplicita nell’art. 24, ovvero una scuola in cui ognuno, con pari
dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla
cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle
potenzialità di ciascuno […] riprende l’assunto già sancito dal Testo
Unico della scuola (D.Lgs. 297/1994), che, all’art. 3, aveva accomunato
la scuola a una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale
e civica. Il nuovo contratto collettivo amplia quanto espresso nel T.U.;
definisce la scuola comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza
sociale, improntata e informata ai valori democratici e volta alla crescita
della persona in tutte le sue dimensioni e ne estende la partecipazione a
dirigente scolastico, personale docente ed educativo, DSGA e personale
amministrativo, tecnico e ausiliario, nonché alle famiglie, alunni e studenti
i quali partecipano alla comunità nell’ambito degli organi collegiali
previsti dal D.Lgs. n. 297/1994. Il centro dell’azione della nuova
comunità educante è la progettazione educativa e didattica che trova
espressione nella realizzazione del Piano triennale dell’offerta formativa
elaborato dal Collegio dei docenti nel rispetto della libertà di insegnamento.
Nella predisposizione del Piano viene assicurata priorità all’erogazione
dell’offerta formativa ordinamentale e alle attività che ne assicurano un
incremento, nonché l’utilizzo integrale delle professionalità in
servizio presso l’istituzione scolastica. I docenti partecipano, a tal fine,
alle attività del collegio nell’ambito dell’impegno orario. Gli
obiettivi che la scuola si prefigge si realizzeranno in armonia con i princìpi
sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dellâ
€™infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i princìpi
generali dell’ordinamento italiano.
Il concetto di comunità educante offre dunque una visione della scuola più
ampia rispetto al passato. In una comunità nella quale tutti hanno valenza
educativa, ogni azione concorre alla formazione dell’alunno che è fine
ultimo della scuola. In sintesi, il processo formativo diventa il frutto dellâ
€™azione sinergica di tutti i componenti della scuola e non più soltanto
dell’azione dell’insegnante. Ciascuno, nella diversità dei ruoli, opera
per garantire la formazione dell’allievo alla cittadinanza e la crescita della
persona in tutte le sue dimensioni.
91
D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 2, c. 1.
92
D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, Testo Unico delle disposizioni legislative
vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado
(s.o. G.U. n.115 del 19/5/1994).
93
Bianca, C.M., Istituzioni di Diritto privato, Milano, Giuffrè Editore 2018,
pag. 21.
94
CCNL 2006-09, art. 26.
95
Art. 29, c. 2.
96
CCNL 2006-09, art. 28, comma 4.
97
CCNL 2006-09, art. 28, comma 5.
98
CCNL 2006-09, art. 28, comma 5.
99
CCNL 2006-09, art. 28, comma 6.
Il citato comma 2, anch’esso dell’art. 28, così recita: Nel rispetto
della libertà d’insegnamento, i competenti organi delle istituzioni
scolastiche regolano lo svolgimento delle attività didattiche nel modo più
adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine
possono adottare le forme di flessibilità previste dal Regolamento sulla
autonomia didattica ed organizzativa delle istituzioni scolastiche di cui allâ
€™articolo 21 della legge n. 59 del 15 marzo 1997 – e, in particolare,
dell’articolo 4 dello stesso Regolamento-, tenendo conto della disciplina
contrattuale.
100
CCNL 2006-09, art. 28, comma 7. La materia resta altresì regolata dalle
circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e n. 192 del 3.7.1980 nonché
dalle ulteriori circolari che le hanno confermate.
101
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) relativo al personale
del comparto Istruzione e ricerca, è valido per il triennio 2016-2018. Per
quanto non espressamente previsto, continuano a trovare applicazione le
disposizioni contrattuali dei CCNL dei precedenti comparti di contrattazione
e le specifiche norme di settore, in quanto compatibili con le disposizioni
degli stessi e con le norme legislative, nei limiti del D.Lgs. n. 165/2001.
4.2 L’ARAN
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) è la fonte normativa
che riunisce le regole che disciplinano il rapporto di lavoro a seguito di
confronto e di decisioni assunte tra le organizzazioni rappresentative dei
lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro.
Nel settore del pubblico impiego, e dunque anche per la scuola, il CCNL è
stipulato tra le rappresentanze sindacali dei lavoratori e l’ARAN, lâ
€™Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche
Amministrazioni, istituita dal D.Lgs. 29/1993 ed accresciuta e riconfermata
nelle sue funzioni dai decreti legislativi nn. 165/2001 e 150/2009. Unico
organismo preposto alla negoziazione nel pubblico impiego, l’ARAN è
l’Agenzia tecnica, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di
autonomia organizzativa, gestionale e contabile, che rappresenta le pubbliche
amministrazioni nella contrattazione collettiva nazionale di lavoro. Essa
svolge ogni attività relativa alla negoziazione e definizione dei contratti
collettivi del personale dei vari comparti del pubblico impiego e si attiene agli
atti di indirizzo dei Comitati di settore, con l’autonomia dettata dallâ
€™esigenza di garantire una corretta e funzionale dinamica negoziale102.
102
Fonte: aranagenzia.it
103
Art. 33 Cost. La ratio legis di tale articolo è da rintracciare nellâ
۪assunto secondo il quale la formazione culturale dei singoli ̬ essenziale
quale garanzia di un ordinamento democratico: pertanto si pone come proprio
scopo quello di garantire e favorire questa formazione. Fonte: Brocardi.it
104
Si veda D.Lgs. 297/1994, art. 1, commi 1 e 2.
105
D.Lgs. n. 297/1994, artt. 1 e 2.
106
D.Lgs. n.165/2001, art. 25, comma 3.
107
Legge n. 59/1997, art. 21, c. 9.
108
Art. 1.
109
Bianca, C.M., Istituzioni di Diritto privato, Milano, Giuffrè Editore
2018, pag. 15.
110
Art. 4 Cost.
111
Art. 35 Cost.
112
Legge 20 maggio 1970, n. 300, “Norme sulla tutela della libertà e
dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale,
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamentoâ€.
113
Art. 7. Licenziamento, tempestività della contestazione va valutata in
base a tipo di indagini, Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 6 aprile 2020,
n. 7703. Cassazione Civile, sez., sentenza 06 ottobre 2017 n° 23408,
Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 20 giugno 2017 n° 15204,
Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 03 novembre 2016 n° 22322.
Fonte: altalex.com
114
Art. 8.
115
D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, “Regolamento recante codice di
comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165â€.
116
Decreto Presidente Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, “Norme sullo
stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola
materna, elementare, secondaria ed artistica dello Statoâ€. In particolare: art.
89, lezioni private; art. 90, divieto di lezioni private per il personale ispettivo
e direttivo; art. 91, divieto di cumulo di impieghi; art. 92, altre
incompatibilità – decadenza.
117
Per incarichi extraistituzionali si intendono gli incarichi conferiti da
soggetti diversi dal Ministero, in assenza di formale designazione del
Ministero stesso.
118
In applicazione dell’articolo 53, comma 5, del decreto legislativo 20
marzo 2001, n. 165, come modificato dall’articolo 1, comma 42, della
legge 6 novembre 2012, n. 190.
119
L’autorizzazione non è richiesta per lo svolgimento delle attività ,
anche a titolo oneroso, riconducibili alle categorie di cui all’art. 53,
comma 6, D.Lgs. 165/2001, e cioè:
i) collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
ii) utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dellâ
€™ingegno e di invenzioni industriali;
iii) partecipazioni a convegni e seminari;
iv) incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese
documentate;
v) incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione
di aspettativa, di comando o fuori ruolo;
vi) incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le
stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;
vii) attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica
amministrazione, nonché di docenza e di ricerca scientifica;
viii) attività a titolo gratuito presso associazioni di volontariato e societÃ
cooperative a carattere socio-assistenziale senza scopo di lucro, e presso
società ricreative, culturali, sportive i cui ambiti di interesse non
interferiscano con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio,
secondo quanto previsto dall’art. 5, d.P.R. 62/2013 e dell’art. 5 del
Codice di comportamento dei dipendenti del Ministero dell’Istruzione.
120
Legge 28 dicembre 2001, n. 448, “Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)â€, art. 22,
c. 4.
Capitolo 5
L’educazione musicale nel
primo e secondo ciclo di istruzione.
Gli istituti a indirizzo musicale.
AFAM (Alta formazione artistico â
€“ musicale)
di Alessandro Signorino Gelo
121
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 30.12.2006,
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre
2006 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente,
(2006/962/CE).
122
Si riporta di seguito la definizione ufficiale delle otto competenze-chiave
(Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre
2006 (2006/962/CE)).
La comunicazione nella madrelingua è la capacità di esprimere e
interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale
sia scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed
espressione scritta) e di interagire adeguatamente e in modo creativo sul
piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali, quali
istruzione e formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero.
La comunicazione nelle lingue straniere condivide essenzialmente le
principali abilità richieste per la comunicazione nella madrelingua. La
comunicazione nelle lingue straniere richiede anche abilità quali la
mediazione e la comprensione interculturale. Il livello di padronanza di un
individuo varia inevitabilmente tra le quattro dimensioni (comprensione
orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e tra le
diverse lingue e a seconda del suo retroterra sociale e culturale, del suo
ambiente e delle sue esigenze ed interessi.
La competenza matematica è l’abilità di sviluppare e applicare il
pensiero matematico per risolvere una serie di problemi in situazioni
quotidiane. Partendo da una solida padronanza delle competenze aritmetico-
matematiche, l’accento eÌ€ posto sugli aspetti del processo e dellâ
€™attività oltre che su quelli della conoscenza. La competenza matematica
comporta, in misura variabile, la capacità e la disponibilità a usare modelli
matematici di pensiero (pensiero logico e spaziale) e di presentazione
(formule, modelli, schemi, grafici, rappresentazioni).
La competenza in campo scientifico si riferisce alla capacità e alla
disponibilità a usare l’insieme delle conoscenze e delle metodologie
possedute per spiegare il mondo che ci circonda sapendo identificare le
problematiche e traendo le conclusioni che siano basate su fatti comprovati.
La competenza in campo tecnologico è considerata l’applicazione di
tale conoscenza e metodologia per dare risposta ai desideri o bisogni avvertiti
dagli esseri umani. La competenza in campo scientifico e tecnologico
comporta la comprensione dei cambiamenti determinati dall’attivitÃ
umana e la consapevolezza della responsabilità di ciascun cittadino.
La competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e
spirito critico le tecnologie della società dell’informazione per il lavoro,
il tempo libero e la comunicazione. Essa implica abilità di base nelle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC): l’uso del
computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare
informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative
tramite Internet.
Imparare a imparare eÌ€ l’abilitaÌ€ di perseverare nellâ
€™apprendimento, di organizzare il proprio apprendimento anche mediante
una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale
sia in gruppo. Questa competenza comprende la consapevolezza del proprio
processo di apprendimento e dei propri bisogni, l’identificazione delle
opportunità disponibili e la capacità di sormontare gli ostacoli per
apprendere in modo efficace. Questa competenza comporta lâ
€™acquisizione, l’elaborazione e l’assimilazione di nuove
conoscenze e abilità come anche la ricerca e l’uso delle opportunità di
orientamento. Il fatto di imparare a imparare fa sì che i discenti prendano le
mosse da quanto hanno appreso in precedenza e dalle loro esperienze di vita
per usare e applicare conoscenze e abilità in tutta una serie di contesti: a
casa, sul lavoro, nell’istruzione e nella formazione. La motivazione e la
fiducia sono elementi essenziali perché una persona possa acquisire tale
competenza.
Le competenze sociali e civiche includono competenze personali,
interpersonali e interculturali e riguardano tutte le forme di comportamento
che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla
vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più
diversificate, come anche a risolvere i conflitti ove ciò sia necessario. La
competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno
alla vita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture
sociopolitici e all’impegno a una partecipazione attiva e democratica.
Il senso di iniziativa e l’imprenditorialità concernono la capacità di
una persona di tradurre le idee in azione. In ciò rientrano la creatività , lâ
€™innovazione e l’assunzione di rischi, come anche la capacitaÌ€ di
pianificare e di gestire progetti per raggiungere obiettivi. EÌ€ una competenza
che aiuta gli individui, non solo nella loro vita quotidiana, nella sfera
domestica e nella società , ma anche nel posto di lavoro, ad avere
consapevolezza del contesto in cui operano e a poter cogliere le opportunitÃ
che si offrono ed è un punto di partenza per le abilità e le conoscenze
più specifiche di cui hanno bisogno coloro che avviano o contribuiscono ad
un’attività sociale o commerciale. Essa dovrebbe includere la
consapevolezza dei valori etici e promuovere il buon governo.
Consapevolezza ed espressione culturale riguarda l’importanza dellâ
€™espressione creativa di idee, esperienze ed emozioni in un’ampia
varietà di mezzi di comunicazione, compresi la musica, le arti dello
spettacolo, la letteratura e le arti visive.
123
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 30.12.2006, cit., L.
394/2018.
124
Decreto 16 novembre 2012, n. 254, “Regolamento recante indicazioni
nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo dâ
€™istruzione, a norma dell’articolo 1, comma 4, del decreto del
Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89â€.
125
G.U. L 394 del 30.12.2006, pag. 10.
126
COM (2016) 381 final.
127
G.U. C 189 del 4.6.2018.
Produzione
Utilizzare la voce, il proprio corpo, e oggetti
vari, a partire da stimoli musicali, motori,
ambientali e naturali, in giochi, situazioni,
storie e libere attività per espressioni parlate,
recitate e cantate, anche riproducendo e
improvvisando suoni e rumori del paesaggio
sonoro.
Percezione
Discriminare e interpretare gli eventi sonori,
dal vivo o registrati.
Attribuire significati a segnali sonori e
musicali, a semplici sonorità quotidiane ed
eventi naturali.
Finalità generali
Le Indicazioni nazionali proseguono con le “Finalità generali e con lâ
€™Organizzazione del curricolo†delle quali si offre qui una visione dâ
€™insieme.
La finalità generale della scuola è lo sviluppo armonico e integrale della
persona, all’interno dei principi della Costituzione italiana e della
tradizione culturale europea. La scuola italiana, statale e paritaria, svolge lâ
€™insostituibile funzione pubblica assegnatale dalla Costituzione della
Repubblica, per la formazione di ogni persona e la crescita civile e sociale del
Paese. Assicura a tutti i cittadini l’istruzione obbligatoria di almeno otto
anni (articolo 34), elevati ora a dieci. Contribuisce a rimuovere «gli ostacoli
di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertaÌ€ e lâ
€™eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori allâ
€™organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (articolo 3). Lâ
€™ordinamento scolastico tutela la libertaÌ€ di insegnamento (articolo 33) ed
è centrato sull’autonomia funzionale delle scuole (articolo 117). Le
scuole sono chiamate a elaborare il proprio curricolo esercitando così una
parte decisiva dell’autonomia che la Repubblica attribuisce loro. Con le
Indicazioni nazionali s’intendono fissare gli obiettivi generali, gli
obiettivi di apprendimento e i relativi traguardi per lo sviluppo delle
competenze dei bambini e ragazzi per ciascuna disciplina o campo di
esperienza. Per l’insegnamento della Religione Cattolica, disciplinata
dagli accordi concordatari, i traguardi di sviluppo delle competenze e gli
obiettivi di apprendimento sono definiti d’intesa con l’autoritÃ
ecclesiastica (decreto del Presidente della Repubblica dell’11 febbraio
2010). Il sistema scolastico italiano assume come orizzonte di riferimento
verso cui tendere il quadro delle competenze-chiave per l’apprendimento
permanente definite dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione
europea (Raccomandazione del 18 dicembre 2006) che sono: 1)
comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3)
competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4)
competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche;
7) spirito di iniziativa e imprenditorialità ; 8) consapevolezza ed espressione
culturale187. Queste sono il punto di arrivo odierno di un vasto confronto
scientifico e culturale sulle competenze utili per la vita al quale l’Italia ha
attivamente partecipato. La scuola italiana ha imparato a riconoscere e a
valorizzare apprendimenti diffusi che avvengono fuori dalle sue mura, nei
molteplici ambienti di vita in cui i bambini e i ragazzi crescono e attraverso
nuovi media, in costante evoluzione, ai quali essi pure partecipano in modi
diversificati e creativi. La generalizzazione degli istituti comprensivi, che
riuniscono scuola d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, crea
le condizioni perché si affermi una scuola unitaria di base che prenda in
carico i bambini dall’età di tre anni e li guidi fino al termine del primo
ciclo di istruzione e che sia capace di riportare i molti apprendimenti che il
mondo oggi offre entro un unico percorso strutturante.
Il profilo che segue descrive, in forma essenziale, le competenze riferite alle
discipline di insegnamento e al pieno esercizio della cittadinanza che un
ragazzo deve mostrare di possedere al termine del primo ciclo di istruzione. Il
conseguimento delle competenze delineate nel profilo costituisce lâ
€™obiettivo generale del sistema educativo e formativo italiano.
Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione
Lo studente al termine del primo ciclo, attraverso gli apprendimenti sviluppati a scuola, lo studio personale, le
esperienze educative vissute in famiglia e nella comunità , è in grado di iniziare ad affrontare in autonomia e con
responsabilità le situazioni di vita tipiche della propria età , riflettendo ed esprimendo la propria personalità in
tutte le sue dimensioni. Ha consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti, utilizza gli strumenti di
conoscenza per comprendere sé stesso e gli altri, per riconoscere ed apprezzare le diverse identità , le tradizioni
culturali e religiose, in un’ottica di dialogo e di rispetto reciproco. Interpreta i sistemi simbolici e culturali della
società , orienta le proprie scelte in modo consapevole, rispetta le regole condivise, collabora con gli altri per la
costruzione del bene comune esprimendo le proprie personali opinioni e sensibilità . Si impegna per portare a
compimento il lavoro iniziato da solo o insieme ad altri. Dimostra una padronanza della lingua italiana tale da
consentirgli di comprendere enunciati e testi di una certa complessità , di esprimere le proprie idee, di adottare un
registro linguistico appropriato alle diverse situazioni. Nell’incontro con persone di diverse nazionalità è in
grado di esprimersi a livello elementare in lingua inglese e di affrontare una comunicazione essenziale, in semplici
situazioni di vita quotidiana, in una seconda lingua europea. Utilizza la lingua inglese nell’uso delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione. Le sue conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche gli
consentono di analizzare dati e fatti della realtà e di verificare l’attendibilità delle analisi quantitative e
statistiche proposte da altri. Il possesso di un pensiero razionale gli consente di affrontare problemi e situazioni sulla
base di elementi certi e di avere consapevolezza dei
limiti delle affermazioni che riguardano questioni complesse che non si prestano a spiegazioni univoche. Si orienta
nello spazio e nel tempo dando espressione a curiosità e ricerca di senso; osserva ed interpreta ambienti, fatti,
fenomeni e produzioni artistiche. Ha buone competenze digitali, usa con consapevolezza le tecnologie della
comunicazione per ricercare e analizzare dati ed informazioni, per distinguere informazioni attendibili da quelle che
necessitano di approfondimento, di controllo e di verifica e per interagire con soggetti diversi nel mondo. Possiede un
patrimonio di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e di procurarsi velocemente
nuove informazioni ed impegnarsi in nuovi apprendimenti anche in modo di un sano e corretto stile di vita. Assimila
il senso e la necessità del rispetto della convivenza civile. Ha attenzione per le funzioni pubbliche alle quali
partecipa nelle diverse forme in cui questo può avvenire: momenti educativi informali e non formali, esposizione
pubblica del proprio lavoro, occasioni rituali nelle comunità che frequenta, azioni di solidarietà , manifestazioni
sportive non agonistiche, volontariato, ecc. Dimostra originalità e spirito di iniziativa. Si assume le proprie
responsabilità e chiede aiuto quando si trova in difficoltà e sa fornire aiuto a chi lo chiede. In relazione alle proprie
potenzialità e al proprio talento si impegna in campi espressivi, motori ed artistici che gli sono congeniali. È
disposto ad analizzare sé stesso e a misurarsi con le novità e gli imprevisti.
Per ciò che attiene all’organizzazione del curricolo, le Indicazioni
costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata
alle scuole. Il curricolo di istituto è espressione della libertà dâ
€™insegnamento e dell’autonomia scolastica e, al tempo stesso, esplicita
le scelte della comunità scolastica e l’identità dell’istituto. La
costruzione del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e
organizzano la ricerca e l’innovazione educativa. Fin dalla scuola dellâ
€™infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado lâ
€™attività didattica è orientata alla qualità dell’apprendimento di
ciascun alunno e non ad una sequenza lineare, e necessariamente incompleta,
di contenuti disciplinari. Storicamente le discipline sono state separate lâ
€™una dall’altra da confini convenzionali che non hanno alcun riscontro
con l’unitarietà tipica dei processi di apprendimento. A tal proposito,
nelle Indicazioni le discipline non sono aggregate in aree precostituite per
non favorire un’affinità più intensa tra alcune rispetto ad altre. Sul
piano organizzativo e didattico la definizione di aree o di asse funzionali allâ
€™ottimale utilizzazione delle risorse è comunque rimessa allâ
€™autonoma valutazione di ogni scuola. Al termine della scuola dellâ
€™infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado,
vengono fissati i traguardi per lo sviluppo delle competenze relativi ai campi
di esperienza ed alle discipline. Essi rappresentano dei riferimenti ineludibili
per gli insegnanti, indicano piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano
a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’allievo.
Nella scuola del primo ciclo i traguardi costituiscono criteri per la valutazione
delle competenze attese e, nella loro scansione temporale, sono prescrittivi,
impegnando così le istituzioni scolastiche affinchè ogni alunno possa
conseguirli, a garanzia dell’unità del sistema nazionale e della qualitÃ
del servizio. Gli obiettivi di apprendimento individuano campi del sapere,
conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine di raggiungere i traguardi
per lo sviluppo delle competenze. Agli insegnanti competono la
responsabilità della valutazione e la cura della documentazione, nonché la
scelta dei relativi strumenti, nel quadro dei criteri deliberati dagli organi
collegiali.
Le Indicazioni entrano poi nello specifico della scuola dell’infanzia e
della scuola del primo ciclo. La prima si rivolge a tutte le bambine e i
bambini dai tre ai sei anni di età ed è la risposta al loro diritto allâ
€™educazione e alla cura; la scuola del primo ciclo d’istruzione
comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. La
finalità del primo ciclo è l’acquisizione delle conoscenze e delle
abilità fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base nella
prospettiva del pieno sviluppo della persona. Per realizzare tale finalità la
scuola concorre con altre istituzioni alla rimozione di ogni ostacolo alla
frequenza; cura l’accesso facilitato per gli alunni con disabilità ; previene
l’evasione dell’obbligo scolastico e contrasta la dispersione; valorizza
il talento e le inclinazioni di ciascuno, persegue con ogni mezzo il
miglioramento della qualità del sistema di istruzione. La musica, quale
componente fondamentale e universale dell’esperienza umana, offre uno
spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi di
cooperazione e socializzazione e all’acquisizione di strumenti di
conoscenza. Le Indicazioni individuano nel canto, nella pratica degli
strumenti musicali e nell’ascolto il veicolo per la promozione dellâ
€™integrazione delle componenti percettivo-motorie, cognitive e affettivo-
sociali della personalità . Mediante la funzione cognitivo-culturale gli alunni
esercitano la capacità di rappresentazione simbolica della realtà ,
sviluppano un pensiero flessibile, intuitivo, creativo e partecipano al
patrimonio di diverse culture musicali. L’apprendimento della musica
consta di pratiche e di conoscenze, e nella scuola si articola su due
dimensioni:
a) produzione, mediante l’azione diretta (esplorativa, compositiva,
esecutiva) con e sui materiali sonori, in particolare attraverso l’attivitÃ
corale e di musica d’insieme;
b) fruizione consapevole, che implica la costruzione e l’elaborazione di
significati personali, sociali e culturali, relativamente a fatti, eventi, opere
del presente e del passato.
In quanto mezzo di espressione e di comunicazione, la musica interagisce
costantemente con le altre arti ed è aperta agli scambi e alle interazioni con i
vari ambiti del sapere.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado (*)
L’alunno partecipa in modo attivo alla realizzazione di esperienze musicali attraverso l’esecuzione e lâ
€™interpretazione di brani musicali e vocali appartenenti a generi e culture differenti.
Usa diversi sistemi di notazione funzionali alla lettura, all’analisi e alla produzione di brani musicali.
È in grado di ideare e realizzare, anche attraverso l’improvvisazione o partecipando a processi di elaborazione
collettiva, messaggi musicali e multimediali, nel confronto critico con modelli appartenenti al patrimonio musicale,
utilizzando anche sistemi informatici.
Comprende e valuta eventi, materiali, opere musicali riconoscendone i significati, anche in relazione alla prima
esperienza musicale e ai diversi contesti storico-culturali.
Integra con altri saperi e altre pratiche artistiche le proprie esperienze musicali, servendosi anche di appropriati codici
e sistemi di codifica.
(*) per il quadro delle competenze specifiche connesse allo studio dello strumento musicale, si rinvia
alle specifiche norme di settore.
Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado
Eseguire in modo espressivo, collettivamente e individualmente, brani vocali e strumentali di diversi generi
e stili, anche avvalendosi di strumentazioni elettroniche.
Improvvisare, rielaborare, comporre brani musicali vocali e strumentali, utilizzando sia strutture aperte, sia
semplici schemi ritmico-melodici.
Riconoscere e classificare anche stilisticamente i più importanti elementi costitutivi del linguaggio
musicale.
Conoscere, descrivere e interpretare in modo critico opere d’arte musicali e progettare/realizzare eventi
sonori che integrino altre forme artistiche, quali danza, teatro, arti visive e multimediali.
Decodificare e utilizzare la notazione tradizionale e altri sistemi di scrittura.
Orientare la costruzione della propria identità musicale, ampliarne l’orizzonte valorizzando le proprie
esperienze, il percorso svolto e le opportunità offerte dal contesto.
Accedere alle risorse musicali presenti in rete e utilizzare software specifici per elaborazioni sonore e
musicali.
QUINTO ANNO Oltre al consolidamento delle competenze già acquisite (in particolare nello
sviluppo dell’autonomia di studio anche in un tempo dato), per il primo
strumento lo studente conosce e sa interpretare i capisaldi (autori, metodi e
composizioni) della letteratura solistica e d’insieme, rappresentativi dei diversi
momenti e contesti della storia della musica, fino all’età contemporanea. Daâ
€™ prova di saper mantenere un adeguato equilibrio psicofisico nellâ
€™esecuzione anche mnemonica di opere complesse e di saper motivare le proprie
scelte espressive. Sa altresì adottare e applicare in adeguati contesti esecutivi,
strategie finalizzate alla lettura a prima vista, al trasporto, alla memorizzazione e
all’improvvisazione, nonché all’apprendimento di un brano in un tempo
dato. Sa utilizzare tecniche adeguate all’esecuzione di composizioni
significative di epoche, generi, stili e tradizioni musicali diverse, dando prova di
possedere le necessarie conoscenze storiche e stilistiche, nonché di aver
compreso le poetiche dei diversi autori presentati.
La sezione “Teoria, analisi e competenze†traccia le linee generali e le
competenze nel corso del quinquennio durante il quale lo studente acquisisce
familiarità con le strutture, i codici e le modalità organizzative ed
espressive del linguaggio musicale. Al termine del percorso liceale lo
studente padroneggia i codici di notazione dimostrando di saperli utilizzare
autonomamente e consapevolmente sia sul piano della lettura sia su quello
della scrittura. Sul piano compositivo lo studente padroneggia i diversi
procedimenti armonici rintracciandoli in brani significativi attraverso
appropriate tecniche di analisi.
La sezione elenca gli obiettivi specifici di apprendimento scanditi in primo
biennio, secondo biennio e quinto anno, durante i quali lo studente consolida
le competenze relative allo sviluppo dell’orecchio, alla padronanza dei
codici di notazione, all’acquisizione dei principali concetti del linguaggio
musicale. Nel corso del secondo biennio, egli approfondisce i concetti e i
temi affrontati in precedenza assumendo una prospettiva storico-culturale che
evidenzi continuità e discontinuità nell’evoluzione dei sistemi di regole
e delle modalità di trasmissione della musica, sia sul piano della notazione
sia su quello della composizione. Al quinto anno, lo studente affina
ulteriormente sia le capacità di lettura e trascrizione all’ascolto di brani
con diversi organici strumentali e vocali, sia gli strumenti analitici, che
saranno prevalentemente esercitati su brani del XX secolo appartenenti a
differenti generi e stili, ivi comprese le tradizioni musicali extraeuropee.
Approfondisce la conoscenza dell’armonia tardo-ottocentesca e
novecentesca, in modo di servirsene all’interno di improvvisazioni,
arrangiamenti e composizioni. Consolida le tecniche compositive funzionali
alla realizzazione di prodotti multimediali e di brani elettroacustici ed
elettronici.
La sezione “Storia della musica†traccia le linee generali e le competenze
le quali prospettano, al termine del percorso, che lo studente abbia acquisito
familiarità con la musica d’arte di tradizione occidentale. Egli sa
riconoscere e collocare nei quadri storico-culturali e nei contesti sociali e
produttivi pertinenti i principali fenomeni artistici, i generi musicali primari e
gli autori preminenti, dal canto gregoriano ai giorni nostri. Lo studente coglie
le differenze che delimitano il campo della storia della musica rispetto al
dominio di due territori contigui, ad essa peraltro collegati da importanti
connessioni: da un lato, lo studio delle musiche di tradizione orale (con unâ
€™attenzione particolare per la musica popolare italiana, da nord a sud);
dall’altro, la prospettiva sistematica nella descrizione e analisi dei
fenomeni musicali (estetica musicale; psicologia della musica; sociologia
della musica; ecc.). Negli “Obiettivi specifici di apprendimento†si fa
esplicito riferimento a opere ben definite di cui si raccomanda, nell’arco
del biennio, l’ascolto integrale in quanto costitutive per l’identitÃ
occidentale moderna e radicate nell’immaginario collettivo (una
Passione di Bach, Don Giovanni o Il flauto magico di Mozart, la Nona
Sinfonia di Beethoven, Rigoletto o Otello o la Messa da Requiem di Verdi,
qualche ampio estratto dai drammi musicali di Wagner, un balletto di
Ciajkovskij, il Sacre du printemps di Stravinskij, e simili).
Nel secondo biennio, viene tracciata una elencazione di autori rappresentativi
della musica europea di tradizione scritta dal canto gregoriano e dalle origini
della polifonia fino al secolo XIX, ovvero Machaut, Dufay, Josquin,
Palestrina, Monteverdi, Vivaldi, Rameau, Bach, Händel, Haydn, Mozart,
Beethoven, Rossini, Schubert, Berlioz, Schumann, Chopin ecc.
Nel quinto anno, lo studente conosce il profilo storico dal secolo XIX ai
giorni nostri e analizza autori come Liszt, Verdi, Wagner, Brahms, Puccini,
Debussy, Mahler, Stravinskij, Schönberg, Bartok, Webern, Šostakovic,
Britten, Berio, Stockhausen ecc., nonché a margine fenomeni come il jazz,
la “musica leggera†e la cosiddetta popular music.
LABORATORIO DI MUSICA D’INSIEME
LINEE GENERALI E COMPETENZE Nel corso del quinquennio lo studente si esercita nellâ
€™esecuzione/interpretazione di composizioni vocali e
strumentali di musica d’insieme, diverse per epoche,
generi, stili e tradizione musicale, e acquisire elevata
padronanza: sia in contesti esclusivamente musicali, sia in
forma scenica (ovvero in rapporto ad altre forme
espressive artistiche performative quali la danza, il teatro
ecc.). In particolare, al termine del percorso liceale, lo
studente avrà maturato elevate capacità sincroniche e
sintoniche (nella condivisione espressiva degli aspetti
morfologici: ritmici, metrici, agogici, melodici, timbrici,
dinamici, armonici, di fraseggio), nonché elevate
capacità di ascolto, di valutazione e autovalutazione,
nelle esecuzioni di gruppo.
Lo studente dovrà infine possedere appropriati strumenti
di lettura e di interpretazione critica (anche filologica)
delle partiture studiate, nonché adeguate capacitÃ
improvvisative nella musica d’insieme. Una maggiore
e più pertinente specificazione degli Obiettivi Specifici
di Apprendimento del Laboratorio di Musica dâ
€™insieme non può prescindere dalla definizione delle
quattro sottosezioni che tale materia necessariamente
presuppone:
1. Canto ed esercitazioni corali
2. Musica d’insieme per strumenti a fiato
3. Musica d’insieme per strumenti ad arco
4. Musica da camera
Dette sottosezioni saranno specificate, nell’ambito del
Piano dell’offerta formativa e della collaborazione
con le Istituzioni di Alta formazione musicale, tenendo
conto della composizione delle classi e della maturazione
delle competenze strumentali degli studenti.
128
Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo di istruzione. Annali della pubblica Istruzione, numero speciale
2012, pag. 22.
129
Di fatto, il D.P.R. n. 503/1955 forniva i primi programmi didattici per la
scuola primaria della Repubblica italiana. Con esso venivano abrogati i
programmi didattici e le relative istruzioni per le scuole elementari, pubbliche
e private, stabiliti con il decreto luogotenenziale 24 maggio 1945, n. 459, e i
programmi per l’insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole
elementari approvati con il decreto del Capo provvisorio dello Stato 8
novembre 1946, n. 383. La scuola elementare del 1955 era strutturata in due
cicli così ripartiti: 1° ciclo: I e II classe; 2° ciclo: III, IV e V classe.
130
O.M. 11 novembre 1923, in esito al R.D. 1° ottobre 1923, n. 2185.
131
Vedi nota 10.
132
“Approvazione dei nuovi programmi didattici per la scuola primariaâ€,
(in G.U. Serie generale n. 76 del 29-03-1985 – Suppl. Ordinario)
133
Vedi: D’Amico N., Storia e storie della scuola italiana, dalle origini
ai giorni nostri, Bologna, Zanichelli, 2010, pag. 588.
134
Legge 5 giugno 1990, n. 148, “Riforma dell’ordinamento della
scuola elementareâ€.
135
Art. 34 della legge 27 dicembre 1947.
136
D’Amico N., Storia e storie della scuola italiana, cit., pag. 641.
137
D’Amico N., Storia e storie della scuola italiana, cit., ivi.
138
Per una disamina approfondita dell’argomento, si veda: D’Amico
N., Storia e storie della scuola italiana, cit., passim.
139
“Delega al Governo per la definizione delle norme generali sullâ
€™istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione
e formazione professionaleâ€.
140
D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59, “Definizione delle norme generali
relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a
norma dell’articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53â€.
141
Sebbene non sia questa la sede per un approfondimento ulteriore della
riforma Moratti, appare utile ricordare che la legge n. 53/2003 conferiva al
Governo la delega ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione
delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle
prestazioni in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale.
In esito alla legge, riportiamo qui i cinque decreti che entrarono in vigore
prima della fine della legislatura:
1) Decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, “Definizione delle norme
generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dellâ
€™istruzione, a norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n.
53â€;
2) Decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, “Istituzione del Servizio
nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di
formazione, nonché riordino dell’omonimo istituto, a norma degli
articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53â€;
3) Decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, “Definizione delle norme
generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dellâ
€™articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53â€;
4) Decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, “Norme generali e livelli
essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo
di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della legge 28
marzo 2003, n. 53â€;
5) Decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 227, “Definizione delle norme
generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell’accesso
all’insegnamento, a norma dell’articolo 5 della legge 28 marzo
2003, n. 53â€.
142
Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, â
€œRevisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della
scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dellâ
€™articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. (Testo in
vigore dal 16 luglio 2009).
143
Art. 4.
144
Art. 8.
145
Vedi artt. 6 e 7.
146
Linee guida al D.M. 8/2011 – Indicazioni operative - Ministero dellâ
€™Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Prot. n. 0000151 –
17/01/2014.
147
Decreto 16 novembre 2012, n. 254, rubricato “Regolamento recante
indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo d’istruzione, a norma dell’articolo 1, comma 4, del
decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89â€.
148
Parte delle considerazioni qui esposte sono rinvenibili nella nota
introduttiva del ministro Francesco Profumo alle Indicazioni nazionali.
149
Art. 1, c. 20.
150
Nota 2852 del 5 settembre 2016.
151
Le informazioni di ordine storico fin qui riportate sono rinvenibili in:
Prima e dopo Cavour: la musica tra Stato Sabaudo e Italia unita (1848-
1870), Napoli, 11-12 novembre 2011, Atti del Convegno Internazionale,
Napoli, ClioPress, 2015.
152
Filosofo e grecista.
153
L’argomento è compiutamente approfondito in: D’Amico N.,
Storia e storie della scuola italiana, cit., passim.
154
Prima e dopo Cavour: la musica tra Stato Sabaudo e Italia unita, cit.
passim.
155
Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia, n. 167, del 16 luglio 1896.
156
Legge 31 dicembre 1962, n. 1859, “Istituzione e ordinamento della
scuola media stataleâ€.
157
D’Amico N., Storia e storie della scuola italiana, cit., pag. 490.
158
D’Amico N., Storia e storie della scuola italiana, cit., ivi.
159
Il riferimento è all’insegnamento del latino: come materia autonoma,
l’insegnamento del latino ha inizio in terza classe; tale materia è
facoltativa. (Legge 31 dicembre 1962, n. 1859, art. 2, c. 4).
160
“Orari e programmi d’insegnamento della scuola media stataleâ€,
in SO n. 1 alla GU 11 maggio 1963, n. 124.
161
Legge 16 giugno 1977, n. 348, “Modifiche di alcune norme della Legge
31 dicembre 1962, n. 1859, sulla istituzione e l’ordinamento della scuola
media stataleâ€.
162
Dalla Premessa generale del decreto ministeriale 9 febbraio 1979, art. 2, c. 5.
163
“Programmi, orari di insegnamento e prove di esame per la scuola media statale†(in S.O. alla
GU 20 febbraio 1979, n. 50).
164
Nella Premessa generale del decreto viene ribadito come la legge 4 agosto
1977, n. 517, che detta “Norme sulla valutazione degli alunni e sullâ
۪abolizione degli esami di riparazione nonch̩ altre norme di modifica
dell’ordinamento scolasticoâ€, che in questa trattazione non avendo
apportato nuove disposizioni sulla musica non prenderemo in esame, ha
rafforzato la capacità democratica delle strutture della scuola media
ponendo al centro dei suoi interventi la programmazione educativa e didattica
dalla quale discendono nuovi criteri di organizzazione del lavoro scolastico,
nuovi strumenti valutativi e corrispondenti iniziative di integrazioni e di
sostegno. Per completezza di informazioni si rilevano comunque le modifiche
più rilevanti introdotte: 1) vengono aboliti gli esami di riparazione della
scuola elementare e media: Gli alunni che, per assenze determinate da
malattia, da trasferimento della famiglia o da altri gravi impedimenti di
natura oggettiva, non abbiano potuto essere valutati al termine delle lezioni,
sono ammessi a sostenere, prima dell’inizio dell’anno scolastico
successivo, prove suppletive che si concludono con il giudizio complessivo di
ammissione o di non ammissione alla classe successiva; 2) abolite le classi
differenziali e di aggiornamento; 3) adottate forme di integrazione a favore
degli alunni portatori di handicaps (sic!) con la prestazione di insegnanti
specializzati.
165
http://wwcat.saggiatoremusicale.it/saggem/ricerca/bibliografia/emer_insegnamento_dello_
166
“Corsi sperimentali ad orientamento musicaleâ€.
167
D. M. 3 agosto 1979, art. 1, c. 2.
168
Art. 1, commi 6 e 7.
169
La valutazione dei requisiti artistico-didattico-professionali dei docenti
aspiranti all’insegnamento delle materie musicali nei corsi di cui trattasi
viene effettuata dalla commissione di valutazione del provveditorato agli
studi di competenza, così composta: provveditore agli studi o un suo
delegato che la presiede; un funzionario preposto al settore delle nomine; un
impiegato della carriera di concetto o esecutiva anche con funzioni di
segretario; quattro esperti designati dal direttore del conservatorio di musica
di competenza; uno per gli strumenti a tastiera (pianoforte); uno per gli
strumenti ad arco (violino o violoncello) anche per la chitarra classica; uno
per gli strumenti a fiato (oboe o clarinetto o flauto); uno per gli strumenti a
fiato (corno o tromba).
170
Art. 5.
171
Art. 6.
172
Art. 8.
173
“Programmi, orari di insegnamento e prove di esame per la scuola
media stataleâ€, cit.
174
“Nuova disciplina della sperimentazione musicale, nelle scuole medie
statali ad indirizzo musicaleâ€.
175
Art. 1, c. 2.
176
Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico.
177
L’art. 16 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 60, dispone che, a
decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto, l’articolo 11,
comma 9, terzo periodo, della legge 3 maggio 1999, n. 124, è abrogato.
178
“Riconduzione ad ordinamento dei corsi sperimentali ad indirizzo
musicale nella scuola media ai sensi della legge 3 maggio 1999, n. 124, art.
11, comma 9†(in G.U. 6 ottobre 1999, n. 235).
179
Ovvero: Flauto, Oboe, Clarinetto, Saxofono, Fagotto, Corno, Tromba,
Chitarra, Arpa, Pianoforte, Percussioni (tamburo, timpani, xilofono,
vibrafono), Violino, Violoncello, Fisarmonica.
180
Art. 3.
181
Oggi A56 (D.P.R. n. 19/2016 come integrato dal D.M. n. 259/2017).
182
Per una maggiore comprensione di quanto enunciato, forniamo il
contenuto del comma 2, art. 16 e del comma 3, art. 12 del D.Lgs. n. 60/2017.
c. 2, art. 16: A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui allâ
€™art. 12 il decreto ministeriale 6 agosto 1999, n. 201, cessa di produrre
effetti.
c.3, art. 12: Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universitÃ
e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
adottato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono definiti:
a) le indicazioni nazionali per l’inserimento dell’insegnamento dello
strumento musicale, in coerenza con le indicazioni relative allâ
€™insegnamento della disciplina della musica, tenuto anche conto delle
competenze richieste per l’accesso ai licei musicali;
b) gli orari;
c) i criteri per il monitoraggio dei percorsi a indirizzo musicale.
183
Decreto Ministeriale 6 agosto 1999, n. 201, cit.
184
Testo coordinato delle disposizioni impartite in materia di ordinamento
delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento tecnico-pratico e
di arte applicata nelle scuole ed istituti di istruzione secondaria ed artistica (n.
39).
185
Art. 2, c. 1, del Decreto Ministeriale 37 del 26 marzo 2009.
186
“Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della
scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, a norma dellâ
€™articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 20
marzo 2009, n. 89â€.
187
L’argomento è più diffusamente trattato all’inizio del capitolo.
188
“Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione
del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività , a
norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera g), della legge 13 luglio
2015, n. 107â€.
189
Ovvero: Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in collaborazione
con l’Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa
(INDIRE); Istituzioni scolastiche; Istituzioni dell’alta formazione
artistica, musicale e coreutica (Afam); Università ; Istituti tecnici superiori;
Istituti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; Istituti
italiani di cultura.
190
Scuola media a indirizzo musicale.
191
La circolare ministeriale n. 101, alla pag. 4, così dispone: Le istituzioni
scolastiche, nell’ambito della propria autonomia, organizzano i corsi di
strumento musicale sia in classi di una stessa sezione, sia con gruppi di alunni
provenienti da classi diverse, sulla base dell’assetto ordinamentale e dei
criteri generali previsti dal D.M. 6 agosto 1999, n. 201 e, comunque, nel
rispetto dei criteri generali per la formazione delle classi e dei limiti dellâ
€™organico assegnato.
192
La nota prosegue con il richiamo ai principali riferimenti normativi utili
che noi elenchiamo per opportuna conoscenza: D.P.R. 81/2009, art. 13. c. 1;
Legge 124/99, art. 11, c. 9; D.M. 201/1999, art. 1, art. 2, art. 3 - 3° cpv;
C.M. 51/ 2014 (18/12/2014); C.M. 28/2014 (10/01/2014); C.M. 101/2010
(30/12/2010); C.M. 4/2010 (15/01/2010).
193
La nota era chiaramente volta a fornire chiarificazioni in merito alla prassi
di costituire sezioni ad indirizzo musicale della scuola secondaria di primo
grado “sparpagliando su più corsi quegli alunni che invece, nella gran
parte delle sedi SMIM funzionanti nella regione Piemonte, vengono inseriti
insieme nella stessa classeâ€.
194
Art. 5, c. 7.
195
“Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
Tributariaâ€, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008 â
€“ Suppl. Ordinario n. 152/L.
196
“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e
la perequazione tributariaâ€.
197
L’art. 64, c. 4, della legge 6 agosto 2008, n. 133, aveva previsto che [al
fine della realizzazione del piano programmatico di interventi volti ad una
maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali
disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema
scolastico] con uno o più regolamenti da adottare entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto ed in modo da assicurare
comunque la puntuale attuazione del piano di cui al comma 3, in relazione
agli interventi annuali ivi previsti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dellâ
€™istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al
citato decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, anche modificando le
disposizioni legislative vigenti, si provvede ad una revisione dell’attuale
assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico,
attenendosi ai seguenti criteri:
a) razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una
maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti;
b) ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche
attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari,
con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;
c) revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi;
d) rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica della scuola
primaria ivi compresa la formazione professionale per il personale docente
interessato ai processi di innovazione ordinamentale senza oneri aggiuntivi a
carico della finanza pubblica;
e) revisione dei criteri e dei parametri vigenti per la determinazione della
consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA,
finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi;
f) ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione
per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, previsto dalla vigente normativa;
f-bis) definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e lâ
€™articolazione dell’azione di ridimensionamento della rete scolastica
prevedendo, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, lâ
€™attivazione di servizi qualificati per la migliore fruizione dell’offerta
formativa;
f-ter) nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede
nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono prevedere
specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti.
198
“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1°
settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e
università â€.
199
“Declinazione dei risultati di apprendimento in conoscenze e abilità
per il primo biennioâ€, redatto con riferimento alle indicazioni nazionali per
l’adempimento dell’obbligo di istruzione di cui al regolamento
emanato con decreto del Ministro della Pubblica istruzione n. 139/2007 e ai
risultati di apprendimento - allegati B) e C) del regolamento D.P.R. n.
87/2010.
200
“Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per
il riordino delle disposizioni legislative vigentiâ€.
201
La riduzione delle compresenze nei quadri orari allegati al D.P.R. 87/2010,
ad esempio, ha ostacolato la possibilità di lavorare con classi aperte, per
gruppi di livello, in affiancamento agli studenti più deboli. Anche per
questo, la dispersione scolastica registrata nel primo biennio degli istituti
professionali non ha trovato misure di contrasto efficaci.
202
“Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto
dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi
dell’istruzione e formazione professionale, a norma dell’articolo 1,
commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107†(G.U. n.
112 del 16-5-2017 - Suppl. Ordinario n. 23).
203
Ovvero: Agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del
territorio e gestione delle risorse forestali e montane; Pesca commerciale e
produzioni ittiche; Industria e artigianato per il Made in Italy; Manutenzione
e assistenza tecnica; Gestione delle acque e risanamento ambientale; Servizi
commerciali; Enogastronomia e ospitalità alberghiera; Servizi culturali e
dello spettacolo; Servizi per la sanità e l’assistenza sociale; Arti
ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; Arti ausiliarie delle
professioni sanitarie: ottico.
204
Per ulteriori approfondimenti si rimanda alle norme ivi citate dalle quali
è desunto l’iter di riforma in parola.
205
“Regolamento recante revisione dell’assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico dei licei a norma dell’articolo 64, comma 4, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133â€, (G.U. 15-6-2010, n. 137, s.o. 128).
206
Art. 2, c. 1.
207
Art. 2, c. 2.
208
Art. 2, c. 7.
209
Allegato A, Area storico-umanistica.
210
Schema di regolamento recante «Indicazioni nazionali riguardanti gli
obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli
insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di
cui all’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della repubblica
15 marzo 2010, n. 89, in relazione all’articolo 2, commi 1 e 3, del
medesimo regolamento».
229
Decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999, art. 16, c.1.
230
Testo unico sul Pubblico impiego, D.Lgs. 165/2001, art. 25, c. 6.
231
“Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di
istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado†Decreto Legislativo
16 aprile 1994, n. 297.
232
“Applicazione del regolamento tipo nelle more dell’adozione del
regolamento internoâ€.
233
D.Lgs. 297/1994, art. 10, c. 3, l. a).
234
Ordinanza Ministeriale 15 luglio 1991, n. 215, come modificata dallâ
€™Ordinanza Ministeriale 24 giugno 1996, n. 293 e dall’Ordinanza
Ministeriale 17 giugno 1998, n. 277.
235
Ordinanza ministeriale 15 luglio 1991 n. 215, art. 21, commi 1, 2 e 3.
236
“Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di
istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado†Decreto Legislativo
16 aprile 1994, n. 297, art. 5, comma 2.
237
Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 25, comma 2.
238
Testo Unico, art. 5, commi 6, 7 e 8.
239
D.Lgs. n. 62/2017, art. 2, c. 6.
240
Testo Unico, art. 7, comma 4.
241
Testo Unico, art. 7, comma 1.
242
Testo Unico, art. 7, comma 2, lettera h).
243
C.M. 16 aprile 1975, n. 105, art. 1.
244
C.M. n. 105/1975, cit.
245
CCNL relativo al personale dell’Area V della Dirigenza per il
quadriennio normativo 2006-2009 ed il primo biennio economico 2006-2007,
art. 14.
246
Testo Unico, art. 396, comma 2, lettera c).
247
Testo Unico, art. 7, comma 5.
248
Testo Unico, art. 37, commi 2, 3 e 4.
249
D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, art. 1, “Regolamento recante codice di
comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165â€.
250
“Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati
civili dello Statoâ€, D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 24.
251
Regio Decreto 30 aprile 1924, n. 965, art. 35, “Il processo verbale dâ
۪ogni adunanze ̬ trascritto in un libro da conservarsi in archivio, a
pagine numerate e firmate dal preside. Esso è sottoscritto dal presidente e
dal segretario ed è approvato dal collegio nella stessa adunanza o allâ
€™aprirsi di quella immediatamente successivaâ€. Ancora, Circolare
Ministeriale 16 aprile 1975, n. 105, art. 1, c. 4, “Di ogni seduta dellâ
€™organo collegiale viene redatto processo verbale, firmato dal presidente e
dal segretario, stesso su apposito registro a pagine numerateâ€.
252
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, “Disposizioni legislative in materia
di documentazione amministrativaâ€, art. 7, c. 2.
253
Art. 2700 del codice civile, cit.
6.2.2 Elezione
La prima convocazione del consiglio è di pertinenza del dirigente
scolastico. Ad avvenuta elezione del presidente, questi ne assume la
presidenza.
“L’organo collegiale è validamente costituito anche nel caso in cui
non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza. Per la
validità dell’adunanza del consiglio di istituto, nonché della rispettiva
giunta, é richiesta la presenza di almeno la metà più uno dei componenti
in carica. Le deliberazioni sono adottate a maggioranza assoluta dei voti
validamente espressi, salvo che disposizioni speciali prescrivano
diversamente. In caso di parità , prevale il voto del presidente. La votazione
è segreta solo quando si faccia questione di personeâ€258. Per quanto attiene
alla validità della costituzione del consiglio di istituto anche nel caso in cui
non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza, occorre
procedere ad elezioni suppletive nel caso in cui manchi la rappresentanza dei
genitori in quanto la presidenza dell’organo è sempre attribuita a tale
componente.
“I membri eletti e quelli designati, i quali non intervengono, senza
giustificati motivi, a tre sedute consecutive dell’organo di cui fanno parte,
decadono dalla carica e vengono surrogati con le modalità previste dallâ
€™articolo 35259†che così dispone: “per la sostituzione dei membri
elettivi degli organi collegiali a durata pluriennale, di cui al presente titolo,
venuti a cessare per qualsiasi causa, o che abbiano perso i requisiti di
eleggibilità , si procede alla nomina di coloro che, in possesso dei detti
requisiti, risultino i primi fra i non eletti delle rispettive liste. In caso di
esaurimento delle liste si procede ad elezioni suppletive. In ogni caso i
membri subentrati cessano anch’essi dalla carica allo scadere del periodo
di durata dell’organo260â€. La ratio della decadenza dalla carica dopo tre
assenze consecutive dei membri eletti e designati trova giustificazione nella
volontà del legislatore di far sì che determinati organi non si svuotino nel
corso del tempo, assicurando alle istituzioni scolastiche la continuitÃ
necessaria per il loro corretto funzionamento.
“Il presidente è eletto a maggioranza assoluta dei componenti. Qualora
non si raggiunga detta maggioranza nella prima votazione, il presidente è
eletto a maggioranza relativa dei votanti. Può essere eletto anche un vice
presidente261â€.
6.2.3 Funzioni
Il consiglio di istituto assolve funzioni di indirizzo politico-
amministrativo262 e ad esso sono devolute competenze di primaria
importanza nell’organizzazione della scuola. L’art. 10 del T.U. gli
attribuisce la elaborazione e adozione degli indirizzi generali e la
determinazione delle forme di autofinanziamento. Il CdI delibera inoltre il
bilancio preventivo e il conto consuntivo e dispone in ordine all’impiego
dei mezzi finanziari per quanto concerne il funzionamento amministrativo e
didattico del circolo o dell’istituto. Fatte salve le competenze del collegio
dei docenti e dei consigli di intersezione, di interclasse, e di classe, il
consiglio di circolo o di istituto ha potere deliberante, su proposta della
giunta, per quanto concerne l’organizzazione e la programmazione della
vita e dell’attività della scuola, nei limiti delle disponibilità di bilancio,
nelle seguenti materie:
a) adozione del regolamento interno del circolo o dell’istituto che deve,
fra l’altro, stabilire le modalità per il funzionamento della biblioteca e
per l’uso delle attrezzature culturali, didattiche e sportive, per la
vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola
nonché durante l’uscita dalla medesima, per la partecipazione del
pubblico alle sedute del consiglio ai sensi dell’articolo 42;
b) acquisto, rinnovo e conservazione delle attrezzature tecnico-scientifiche e
dei sussidi didattici, compresi quelli audio-televisivi e le dotazioni librarie,
e acquisto dei materiali di consumo occorrenti per le esercitazioni;
c) adattamento del calendario scolastico alle specifiche esigenze ambientali;
d) criteri generali per la programmazione educativa;
e) criteri per la programmazione e l’attuazione delle attivitÃ
parascolastiche, interscolastiche, extrascolastiche, con particolare riguardo
ai corsi di recupero e di sostegno, alle libere attività complementari, alle
visite guidate e ai viaggi di istruzione;
f) promozione di contatti con altre scuole o istituti al fine di realizzare scambi
di informazioni e di esperienze e di intraprendere eventuali iniziative di
collaborazione;
g) partecipazione del circolo o dell’istituto ad attività culturali, sportive
e ricreative di particolare interesse educativo;
h) forme e modalità per lo svolgimento di iniziative assistenziali che
possono essere assunte dal circolo o dall’istituto.
Il consiglio di circolo o di istituto indica, altresì, i criteri generali relativi
alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei singoli docenti,
all’adattamento dell’orario delle lezioni e delle altre attivitÃ
scolastiche alle condizioni ambientali e al coordinamento organizzativo dei
consigli di intersezione, di interclasse o di classe; esprime parere sull’
andamento generale, didattico ed amministrativo, del circolo o dellâ
€™istituto, e stabilisce i criteri per l’espletamento dei servizi
amministrativi263.
Esercita sia le funzioni in materia di sperimentazione ed aggiornamento, sia
le competenze in materia di uso delle attrezzature e degli edifici scolastici ai
sensi dell’articolo 94.
Delibera, sentito per gli aspetti didattici il collegio dei docenti, le iniziative
dirette alla educazione della salute e alla prevenzione delle tossicodipendenze
e si pronuncia su ogni altro argomento attribuito dal testo unico, dalle leggi e
dai regolamenti, alla sua competenza.
Il consiglio di istituto, sulle materie devolute alla sua competenza, invia
annualmente una relazione al provveditore agli studi e al consiglio scolastico
provinciale.
Per quanto attiene alla elaborazione del PTOF, già previsto dall’articolo
3 del Regolamento di cui al D.P.R. n. 275/1999, la legge 107/2015 ne ha
novellato l’iter attribuendo al consiglio di istituto la sua approvazione.
254
Legge 107/2015, art. 1, c. 83.
255
T.U. art. 7, c. 2, lett. l).
256
T.U. art. 8, commi 10 e 11.
257
T.U. art. 8, commi 1 e 2.
258
T.U. art. 37.
259
T.U. art. 38.
260
T.U. art. 35, commi 1 e 3.
261
T.U. art. 8, comma 6.
262
Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 4, c. 1.
263
L’attribuzione dei docenti alle classi è sovente motivo di
contenzioso. Una luce ci è offerta dalla sentenza n. 2778 emessa dal
tribunale di Agrigento in data 03 dicembre 2003 con la quale si fa chiarezza
sulla successione temporale e logica a cui è tenuto il dirigente scolastico in
ordine alla formazione delle classi ed all’assegnazione ad esse dei
singoli docenti. Il disposto dell’art. 396, c. 2, lettera d), del D. Lgs
297/1994, richiamato in sentenza, chiaramente sancisce che il personale
direttivo procede, tra l’altro, all’assegnazione dei docenti alle classi
sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto,
ai sensi dell’art. 10, c. 4, del D. Lgs. citato, e delle proposte del collegio
dei docenti, formulate ai sensi dell’art. 7, c.2, lett. b), del D. Lgs. Ritiene
infatti il giudice che una diversa procedura costituirebbe un modus procedenti
in violazione del disposto del citato art. 396.
264
“Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del
Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo statuto
delle studentesse e degli studenti della scuola secondariaâ€.
265
“Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della
scuola secondariaâ€.
266
Regio Decreto 4 maggio 1925, n. 653, “Regolamento sugli alunni, gli
esami e le tasse negli istituti medi di istruzioneâ€, integrato e modificato dal
Regio Decreto 21 novembre 1929, n. 2049, “Modificazioni al regolamento
sugli esami per gli istituti medi di istruzione, circa la suddivisione dellâ
€™anno scolasticoâ€. Per comprendere l’iter di abrogazione e la
successiva sottrazione all’effetto abrogativo dei Regi decreti citati, v.
Nota prot. 2532/R.U./U del 01-04-2010.
Con la legge 107/2015 era stata normata una diversa e più incisiva
configurazione del periodo di prova e di formazione. Al comma 118, la legge
aveva previsto l’emanazione di un decreto del Ministro dellâ
€™istruzione, dell’università e della ricerca, con il quale sono
individuati gli obiettivi, le modalità di valutazione del grado di
raggiungimento degli stessi, le attività formative e i criteri per la
valutazione del personale docente ed educativo in periodo di formazione e di
prova. Tale disposto ha trovato modalità operative nel Decreto ministeriale
n. 850/2015273 che esplicita attività formative, modalità di verifica e criteri
per valutare il suddetto personale. In tale periodo di formazione e di prova è
verificata la padronanza degli standard professionali da parte dei docenti neo-
assunti con riferimento al corretto possesso ed esercizio delle competenze
culturali, disciplinari, didattiche e metodologiche; al corretto possesso ed
esercizio delle competenze relazionali, organizzative e gestionali; allâ
€™osservanza dei doveri connessi con lo status di dipendente pubblico e
inerenti la funzione docente e alla partecipazione alle attività formative e
raggiungimento degli obiettivi dalle stesse previsti274.
A tal fine, il 5 novembre 2015 il MIUR, con nota protocollare 36167, forniva
i primi orientamenti operativi utili all’espletamento del periodo di
formazione e di prova per i docenti neo-assunti, da realizzare presso la sede
in cui viene validamente prestato il servizio. In coerenza con i contenuti del
decreto n. 850/2015, con la nota 36167 si fornivano alcune indicazioni utili a
programmare un ordinato avvio delle attività e una opportuna informazione
ai dirigenti scolastici e ai docenti coinvolti nelle operazioni. Tali orientamenti
sono in larga parte desunti dall’esito positivo delle innovazioni in materia
di anno di formazione, introdotte sperimentalmente già dall’anno
scolastico 2014-15. Come previsto dall’art. 2 del citato D.M., sono tenuti
al periodo di formazione e di prova:
a) i docenti che si trovano al primo anno di servizio con incarico a tempo
indeterminato, a qualunque titolo conferito, e che aspirino alla conferma nel
ruolo;
b) i docenti per i quali sia stata richiesta la proroga del periodo di formazione
e prova o che non abbiano potuto completarlo negli anni precedenti. In ogni
caso la ripetizione del periodo comporta la partecipazione alle connesse
attività di formazione, che sono da considerarsi parte integrante del
servizio in anno di prova;
c) i docenti per i quali sia stato disposto il passaggio di ruolo.
La legge 107/2015, al comma 120, dispone che in tema di valutazione del
periodo di formazione e di prova continuano ad applicarsi, in quanto
compatibili con i commi da 115 a 119 dello stesso articolo di legge, gli
articoli da 437 a 440 del T.U.
267
D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235, cit, art. 1, c. 6.
268
T.U. art. 10, c. 10.
269
T.U. art. 43.
270
T.U. art. 42.
271
T.U. art. 11, c. 4, come modificato dalla legge 107/2015, c. 129.
272
Legge n. 107/2015, art. 1, c. 117: “Il personale docente ed educativo in
periodo di formazione e di prova è sottoposto a valutazione da parte del
dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione istituito ai sensi
dell’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297, come sostituito dal comma 129 del presente articolo, sulla base
dell’istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente
scolastico le funzioni di tutorâ€.
273
“Obiettivi, modalità di valutazione del grado di raggiungimento degli
stessi, attività formative e criteri per la valutazione del personale docente ed
educativo in periodo di formazione e di prova, ai sensi dell’articolo 1,
comma 118, della legge 13 luglio 2015, n. 107â€.
274
D.M. 27/10/2015, n. 850, art. 4, c. 1.
275
T.U. art. 501, c. 2, e art. 492, c. 2, l. d).
276
D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, art. 43, novellato nel T.U. art. 13.
277
D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, art. 44, novellato nel T.U. art. 14.
278
D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, art. 43 novellato nell’art. 13, comma 4
del decreto legislativo 16 febbraio 1994, n. 297.
279
D.P.R. 10 ottobre 1996, n. 567, “Disciplina delle attivitÃ
complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolasticheâ€,
modificato e integrato dal D.P.R. 9 aprile 1999, n. 156.
280
D.P.R. n. 275/1999, art. 1, c. 2.
281
D.P.R. n. 275/1999, art. 3, commi 1 e 3.
282
Che novella l’articolo 3 del Regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.
283
Legge 107/2015, art. 1, c. 14.
Capitolo 7
L’inclusione scolastica
di Elisa Camera
7.1.3 L’integrazione
Con gli anni Settanta, in seguito alle contestazioni studentesche, viene messa
per la prima volta in discussione la presenza di corsi separati per gli alunni
affetti da disabilità e, con la Legge n. 118 del 30 marzo 1971, che
convertì in legge il Decreto Legislativo n. 5 del 30 gennaio 1971, si
assistette, per la prima volta, a un’apertura del sistema scolastico nella
direzione dell’inclusività e dell’accoglienza. Vi si ribadiva, infatti,
l’inserimento degli alunni affetti da forme lievi di disabilità allâ
€™interno delle classi comuni296. Inoltre, ai mutilati e invalidi civili non
autosufficienti frequentanti la scuola dell’obbligo o i corsi di
addestramento professionale finanziati dallo Stato veniva assicurato
gratuitamente il trasporto dall’abitazione, a carico dei patronati scolastici
o degli enti gestori dei corsi, e l’eliminazione delle barriere
architettoniche. I mutilati e gli invalidi civili con una disagiata condizione
economica, coloro che avessero subìto una diminuzione superiore ai due
terzi della propria capacità lavorativa e i figli di titolari di pensione di
invalidità erano poi esonerati dal pagamento delle tasse scolastiche e
universitarie.
Un’ulteriore svolta si verificò con la Circolare Ministeriale n. 277 dellâ
€™8 agosto 1975, contenente la Relazione della Commissione ministeriale
presieduta dalla Senatrice Franca Falcucci, per questo nota anche come â
€œdocumento Falcucciâ€. Quest’ultimo conteneva principi
fondamentali sulla strada dell’inclusione scolastica: la presenza a scuola
degli alunni con disabilità non comprometteva il raggiungimento di obiettivi
minimi comuni e anche il processo di valutazione, si ribadiva, doveva
svincolarsi dal voto, per fare riferimento al grado di maturazione raggiunto
dagli alunni.
La Legge n. 517 del 4 agosto 1977 rese possibile il compimento di un
ulteriore passo in avanti sulla strada dell’inclusione: per le scuole
elementari, infatti, l’art. 2 promuoveva, al fine di assicurare il pieno
sviluppo della personalità di ciascun alunno, attività scolastiche integrative
organizzate per gruppi della medesima classe oppure di classi diverse, anche
allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze
dei singoli alunni. Al c. 2 è specificato che tali attività sono altresì
mirate a favorire forme di integrazione a favore degli alunni portatori di
handicap, con la prestazione di insegnanti specializzati297. Questa legge
sottolinea il diritto alla piena integrazione dei disabili, affermando, al c. 3,
che devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il
servizio socio-psicopedagogico e forme particolari di sostegno secondo le
rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti. Nell’art. 7 si
ribadisce l’importanza di tali attività integrative a favore degli alunni
portatori di handicap anche per la scuola media, con la precisazione che lâ
€™insegnante specializzato potesse essere utilizzato entro il limite di una
unità per ciascuna classe che accogliesse alunni portatori di handicap e nel
numero massimo di sei ore settimanali (c. 2). La Legge n. 449 del 27
dicembre 1997, “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica†ha
previsto, in questo senso, all’art. 40 c. 1 la possibilità di assumere con
contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto
docenti-alunni indicato dal c. 3 (un docente ogni gruppo di 138 alunni
complessivamente frequentanti le scuole statali della provincia) in presenza
di handicap particolarmente gravi.
Inoltre, il c. 3 specifica che le classi che accolgono alunni portatori di
handicap sono costituite con un massimo di 20 alunni, mentre il c. 5 fornisce
ulteriori indicazioni sulle attività a sostegno della disabilità , da attuarsi
periodicamente in sostituzione delle normali attività didattiche, fino ad un
massimo di 160 ore nel corso dell’anno scolastico con particolare
riguardo al tempo iniziale e finale del periodo delle lezioni. Una vera e
propria rivoluzione è attuata dal c. 10, ultimo del sopracitato art. 7, che
abolisce le classi differenziali e di aggiornamento previste, come si è detto,
dalla L. 1859/1962. Alla L. 517/1977 fa riferimento una serie di circolari che
ne interpreta e ne applica i contenuti298.
Con la Legge n. 270 del 20 maggio 1982, l’insegnante di sostegno è
previsto anche nella scuola materna, dove ogni sezione che ospita bambini
disabili deve essere costituita con un numero massimo di 20 alunni e un
minimo di 10.
Negli anni successivi, si assistette a diversi interventi che andarono a definire
ulteriormente le caratteristiche del percorso formativo dei disabili. Per
esempio, la Circolare Ministeriale n.1 del 4 gennaio 1988, “ContinuitÃ
educativa nel processo di integrazione degli alunni portatori di handicapâ€,
ribadisce l’importanza della formulazione e costruzione di un progetto
educativo-formativo personalizzato che rispetti il percorso evolutivo di
crescita degli alunni disabili e che si sviluppi in parallelo con il passaggio ai
vari ordini e gradi di scuola.
Questo concetto fu ribadito dall’art. 10 del Decreto Ministeriale n. 331
del 24 luglio 1998, “Disposizioni concernenti la riorganizzazione della
rete scolastica, la formazione delle classi e la determinazione degli organici
del personale della scuolaâ€:
“Per garantire la massima possibile efficacia nel processo di integrazione
scolastica le classi che accolgono alunni in situazione di handicap (comprese
le sezioni di scuola materna) possono essere costituite con meno di 25
iscritti, tenuto conto sia dell’organizzazione complessiva della scuola,
con riguardo alle attività formative previste e alle risorse di personale, sia
della natura dell’handicap e delle condizioni soggettive dei singolo
alunno, nonché degli obiettivi e della metodologia prevista dal piano
educativo individualizzato.
Le classi che accolgono alunni portatori di handicap in situazione di disagio
e difficoltà di apprendimento particolarmente gravi possono essere
costituite con meno di 20 iscritti, ove tale esigenza sia adeguatamente
motivata nei piani educativi individualizzati, con riguardo anche alle
condizioni organizzativi delle singole scuole e alle risorse professionali
disponibiliâ€.
La Circolare Ministeriale n. 153 del 15 giugno 1988, “Illegittimità dellâ
€™uscita di classe degli alunni con handicapâ€, sottolinea l’importanza,
ai fini della piena realizzazione dell’inclusione, della presenza degli
alunni portatori di handicap all’interno della classe, nonché dellâ
€™interazione con i compagni, salvo i casi in cui l’intervento didattico
esterno all’aula si renda necessario e sia supportato da motivazioni
contenute nel piano educativo individualizzato e concordato tra lâ
€™insegnante specializzato e i docenti di classe.
La Circolare Ministeriale n. 291 del 14 ottobre 1992, “Visite guidate e
viaggi d’istruzione o connessi ad attività sportive†definisce le
modalità di partecipazione degli alunni con disabilità alle visite, ai viaggi e
alle attività sportive organizzate dalla scuola: deve essere garantito un
membro del personale scolastico quale accompagnatore, oltre alle misure atte
a garantirne la sicurezza connaturate alla gravità della situazione.
Fondamentale è la normazione del diritto alla privacy delle persone disabili
dettata dalla Legge n. 135 dell’11 maggio 1999, che all’art. 3 c. 5
afferma che “I dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale
sono conservati separatamente da ogni altro dato personale trattato per
finalità che non richiedano il loro utilizzo. Al trattamento di tali dati si
procede con le modalità di cui al comma 4299 anche quando detti dati non
sono contenuti in elenchi, registri o banche dati o non sono tenuti con lâ
€™ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzatiâ€.
Con il passare del tempo, l’intervento del sistema sanitario a supporto
della disabilità si fa sempre più sistematico; a livello normativo, infatti, a
partire dalla Legge n. 833 del 23 dicembre 1978, “Istituzione del servizio
sanitario nazionaleâ€, sono previste misure obbligatorie dedicate a persone
affette da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali, per esempio le
prestazioni di riabilitazione, delle quali all’art. 26300. L’importanza
dell’interazione sinergica fra più attori è stata poi ribadita anche dalla
Circolare Ministeriale n. 258 del 22 settembre 1983, “Indicazioni di linee
di intesa tra scuola, Enti locali e UU.SS.LL. in materia di integrazione
scolastica degli alunni portatori di handicapâ€, in cui sono specificati i
compiti di ciascuna parte per favorire la realizzazione del diritto allo studio
degli alunni con handicap.
Il Decreto del Presidente della Repubblica del 24 febbraio 1994, “Atto
di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in
materia di alunni portatori di handicap†ha individuato il ruolo fondamentale
delle allora USL nel periodo di scolarizzazione degli alunni disabili.
Fondamentale fu l’istituzione degli accordi di programma, previsti dallâ
€™art. 27 della Legge n. 142 dell’8 giugno 1990, “Ordinamento delle
autonomie localiâ€; è promossa l’azione integrata e coordinata di
comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti
pubblici per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di
programmi di intervento. È sottintesa l’inclusione, fra questi, di
interventi a favore della disabilità : indicazioni per la stipula di accordi di
programma specificamente destinati alla disabilità sono contenute nel
Decreto Ministeriale del 9 luglio 1992.
Ma è stato soprattutto il consolidamento dell’autonomia nellâ
€™amministrazione a garantire un ruolo sempre più importante agli enti
locali in materia di disabilità : il Decreto Legislativo n. 112 del 31 marzo
1998, “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n.
59†prevedeva che i Comuni, per i gradi inferiori di scuola, e le Province,
per l’istruzione secondaria superiore, fornissero i servizi di supporto
organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in
situazione di svantaggio301. Tra questi servizi, rientrava quello, essenziale, del
trasporto.
Fino a questo momento, come si è visto, si era realizzato l’inserimento e
l’integrazione degli alunni disabili nelle classi comuni della scuola,
apertasi al processo inclusivo, soprattutto per quel che concerneva la scuola
materna, elementare e media, quindi il periodo dell’obbligo.
Non così per la scuola superiore, siccome l’art. 28, c. 3, della L.
118/1971 prevedeva che la frequenza della scuola media superiore e dellâ
€™università fosse “facilitata†anziché “assicurataâ€. Per questo
motivo, la Sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 3 giugno 1987
dichiarò illegittimo il sopra citato articolo, ribadendo questo ulteriore e
pieno diritto delle persone disabili. La sentenza venne attuata e concretizzata
con la Circolare Ministeriale n. 262 del 22 settembre 1988, “Attuazione
della sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 3.6.1987 - Iscrizione e
frequenza della scuola secondaria di II gradoâ€.
Un altro tema cruciale, in fatto di inclusione, riguarda l’abbattimento
delle barriere architettoniche. Questo tema era contenuto già nella L.
118/1971, per poi essere ripreso dal Decreto del Presidente della Repubblica
n. 384 del 27 aprile 1978, “Regolamento concernente norme di attuazione
dell’art. 27 della L. 30 marzo 1971, n. 118, in favore degli invalidi civili
in materia di barriere architettoniche e di trasporti pubbliciâ€. Tale
regolamento, successivamente abrogato dall’art. 32 del Decreto del
Presidente della Repubblica n. 503 del 24 luglio 1996, è ancora richiamato
dall’art. 32 c. 20-21 della Legge n. 41 del 28 febbraio 1986, â
€œDisposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Statoâ€. Nei cc. di cui sopra, si forniscono direttive precise sulle
caratteristiche che gli edifici di nuova costruzione devono obbligatoriamente
possedere302. Ulteriori norme puntuali e specifiche per ogni elemento
architettonico facente parte degli edifici, di nuova costruzione e non, sono
contenute nel Decreto Ministeriale n. 236 del 14 giugno 1989, â
€œPrescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità , lâ
€™adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale
pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dellâ
€™eliminazione delle barriere architettonicheâ€.
284
A questo proposito occorre citare, anzitutto, Aurelio Nicolodi, fondatore
dell’Unione Italiana Ciechi, e Augusto Romagnoli, insegnante promotore
dell’istruzione obbligatoria per ciechi, entrambi non vedenti.
285
“Con decreto reale, promosso dal ministro dell’interno, di concerto con quello dellâ
€™istruzione, possono essere dichiarati istituti scolastici e posti alla dipendenza del ministero dellâ
€™istruzione quegli istituti a favore dei ciechi, nei quali gli scopi dell’educazione e dellâ
€™istruzione, in base alle tavole di fondazione e agli statuti, siano esclusivi o abbiano una prevalenza
notevole sui fini di assistenza, i quali saranno tuttavia conservatiâ€.
286
“Con decreti reali di concerto tra il ministro della pubblica istruzione e
il ministro dell’interno sarà determinato quali degli istituti che
provvedono all’educazione dei ciechi e dei sordomuti debbano
accogliere gli scolari obbligati in virtù dell’articolo precedente, la
misura dei contributi che lo stato pagherà agli istituti privati che assumono
tale cura, le trasformazioni da apportarsi agli statuti dei singoli istituti ed
all’ordinamento didattico di essi, perché possano rispondere ai nuovi
compiti loro assegnati dalla legge. Agli istituti di cui al comma precedente
possono essere annessi speciali giardini d’infanziaâ€.
287
Questo il testo degli artt. 406 e 407: “art. 406 - L’obbligo dellâ
€™istruzione elementare dei ciechi si assolve, per i fanciulli che non
ricevano l’istruzione in scuole private o paterne, fino alla III classe
elementare negli istituti dei ciechi all’uopo designati e presso le
pubbliche scuole elementari specializzate. Dalla quarta classe elementare in
poi gli alunni debbono frequentare le pubbliche scuole elementari comuni.
art. 407 - L’obbligo dell’istruzione dei sordomuti si assolve, per i
fanciulli che non ricevono istruzione paterna, presso i Regi istituti dei
sordomuti di Roma, Milano e Palermo, presso gli istituti dei sordomuti a ciò
designati e presso le pubbliche scuole o classi elementari esclusivamente
riservate ai sordomutiâ€.
288
“Ad una delle facoltà mediche del regno è affidato con decreto reale
il compito di promuovere gli studi relativi alla morfologia, fisiologia e
psicologia delle varie costituzioni umane in rapporto alle anomalie della
crescenza infantile.
L’incarico suddetto ha la durata di tre anni ed è confermabile.
La facoltà di cui al 1/a comma propone al ministero dell’istruzione le
norme per l’assistenza ai fanciulli anormali e la organizzazione delle
classi differenziali; dà parere sulle domande di sussidio; controlla, mediante
tecnici di sua scelta, le scuole differenziali per anormali.
Resta in facoltà del ministero della pubblica istruzione di concedere sussidi
ad istituzioni esistenti al 14 ottobre 1925, che prestino opera per lâ
€™educazione e l’istruzione degli anormali.
Per le spese di assistenza educativa agli anormali nello stato di previsione
della spesa del ministero della pubblica istruzione è stanziata annualmente
la somma di l. 500,000.
I comuni versano allo stesso fine, ai patronati scolastici, una somma annua
di l. 100 per ogni alunno che presenti, a giudizio tecnico, anormalità di
sviluppo, suscettibile di correzione e miglioramento mediante speciale
assistenza educativa.
Tale somma può essere aumentata in rapporto a speciali inderogabili
convenzioni da stipulare fra patronato e comuneâ€.
289
“Quando gli atti di permanente indisciplina siano tali da lasciare il
dubbio che possano derivare da anormalità psichiche, il maestro può, su
parere conforme dell’ufficiale sanitario, proporre l’allontanamento
definitivo dell’alunno al direttore didattico governativo o comunale, il
quale curerà l’assegnazione dello scolaro alle classi differenziali che
siano istituite nel Comune o, secondo i casi, d’accordo con la famiglia,
inizierà pratiche opportune per il ricovero in istituti per l’educazione
dei corrigendiâ€.
290
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori allâ
€™organizzazione politica, economica e sociale del Paeseâ€.
291
“La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per
almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se
privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La
Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle
famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorsoâ€.
292
“Per l’istituzione di scuole speciali per minorati psicofisici e per la
rieducazione sociale, di classi differenziali nella scuola di completamento
dell’obbligo, per l’incremento delle classi differenziali nelle scuole
elementari, per l’assistenza igienico-sanitaria, didattica e per lâ
€™attrezzatura necessaria al funzionamento delle scuole e classi predette,
per il razionale reperimento degli alunni e per l’organizzazione di corsi
di specializzazione per gli insegnanti, è stanziata, nello stato di previsione
della spesa del Ministero della pubblica istruzione, la somma di lire 1.200
milioni per l’esercizio finanziario 1962-63 con un progressivo aumento
di lire 300 milioni per ciascuno degli esercizi successivi fino a raggiungere,
con l’esercizio finanziario 1964-65, la somma di lire 1.800 milioniâ€.
293
“Possono essere istituite classi differenziali per alunni disadatti
scolastici. Con apposite norme regolamentari, saranno disciplinate anche la
scelta degli alunni da assegnare a tali classi, le forme adeguate di assistenza,
l’istituzione di corsi di aggiornamento per gli insegnanti relativi, ed ogni
altra iniziativa utile al funzionamento delle classi stesse. Della Commissione,
che dovrà procedere al giudizio per il passaggio degli alunni a tali classi,
faranno parte due medici, di cui almeno uno competente in neuropsichiatria,
in psicologia o materie affini, e un esperto in pedagogia. Le classi
differenziali non possono avere più di 15 alunni. Con decreto del Ministro
per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio superiore, sono stabiliti per le
classi differenziali, che possono avere un calendario speciale, appositi
programmi e orari d’insegnamentoâ€.
294
“Nella scuola media è data facoltà di istituire classi di
aggiornamento che si affiancano alla prima e alla terza. Alla prima classe di
aggiornamento possono accedere gli alunni bisognosi di particolari cure per
frequentare con profitto la prima classe di scuola media. Alla terza classe di
aggiornamento possono accedere gli alunni che non abbiano conseguito la
licenza di scuola media perché respinti. Le classi di aggiornamento non
possono avere più di 15 alunni ciascuna: ad esse vengono destinati
insegnanti particolarmente qualificatiâ€.
295
“Per i bambini dai tre ai sei anni affetti da disturbi dell’intelligenza
o del comportamento o da menomazioni fisiche o sensoriali, lo Stato
istituisce sezioni speciali presso scuole materne statali e, per i casi più
gravi, scuole materne speciali. Ad ogni sezione non possono essere iscritti
più di dodici bambini.
Per il reperimento dei casi da ammettere alle sezioni speciali e alle scuole
materne speciali, e per l’assistenza sanitaria specifica, il servizio medico
scolastico si avvale di gruppi di espertiâ€.
296
Art. 28, comma 2: “l’istruzione dell’obbligo deve avvenire
nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano
affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale
gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o lâ
€™inserimento nelle predette classi normaliâ€.
297
La Circolare Ministeriale n. 184 del 3 luglio 1991 ne avrebbe definito la
figura professionale.
298
Circolare Ministeriale n. 167 del 10 luglio 1978, sul servizio psico-
pedagogico nella scuola dell’obbligo; Circolare Ministeriale n. 169 del 21
luglio 1978, per l’attuazione dell’art. 2 della L. 517/1977; Circolare
Ministeriale n.178 del 31 luglio 1978, per l’attuazione dell’art. 7;
Decreto del Presidente della Repubblica n. 50 del 6 febbraio 1979 e il
Decreto Ministeriale del 9 febbraio 1979, nei quali sono illustrati i nuovi
programmi per la scuola media, con riferimento anche ai disabili; Circolare
Ministeriale n. 159 del 28 giugno 1979, relativa alla collaborazione tra la
scuola e servizi specialistici sul territorio; Circolare Ministeriale n. 199 del 28
luglio 1979, che, sulla base degli art. 2 e 7 della L. n. 517/1977, dove si
danno indicazioni sulla formazione delle classi in cui sono presenti alunni
disabili. In esse non deve essere inserito più di un allievo disabile per classe,
con l’assegnazione un insegnante di sostegno ogni quattro, anziché sei
alunni.
299
Questo il comma 4 citato: “I dati contenuti in elenchi, registri o banche
di dati, tenuti con l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati,
sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici
identificativi o di altri sistemi che, considerato il numero e la natura dei dati
trattati, permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità â€.
300
“Le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei
soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da
qualunque causa, sono erogate dalle unità sanitarie locali attraverso i
propri servizi. L’unità sanitaria locale, quando non sia in grado di
fornire il servizio direttamente, vi provvede mediante convenzioni con istituti
esistenti nella regione in cui abita l’utente o anche in altre regioni,
aventi i requisiti indicati dalla legge, stipulate in conformità ad uno schema
tipo approvato dal Ministro della sanità , sentito il Consiglio sanitario
nazionaleâ€.
301
Art. 139 c. 1.
302
“20. Non possono essere approvati progetti di costruzione o
ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi alle disposizioni
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, in
materia di superamento delle barriere architettoniche. Non possono altresì
essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o agevolazioni
per la realizzazione di progetti in contrasto con le norme di cui al medesimo
decreto. 21. Per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati alle
prescrizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978,
numero 384, dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni
competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno
dalla entrata in vigore della presente leggeâ€.
303
“1. È persona handicappata colui che presenta una minorazione
fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di
difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale
da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore
in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacitÃ
complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia
personale, correlata all’età , in modo da rendere necessario un
intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera
individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di
gravità . Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei
programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti,
domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative
prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla
vigente legislazione o da accordi internazionaliâ€.
Questi termini hanno conosciuto un ampio uso nei testi normativi. Come si
può notare, ognuno è contenuto nel termine successivo, di significato più
ampio. In particolare, nella legislazione italiana si ha il sentore che il termine
“handicap†e l’aggettivo “handicappato†siano ormai superati,
nonostante essi compaiano già nella L. 517/1977 e soprattutto nella L.
104/1992, oltre che in gran parte della legislazione degli anni Novanta.
Desunto dal lessico sportivo anglosassone, “handicap†è stato
progressivamente sostituito dal termine “disabilità â€, fissato
ufficialmente dall’Unicef nella “Convenzione Internazionale sui diritti
delle persone con disabilità del 2006â€305, ratificata dal Parlamento italiano
con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009. Questo stesso termine è richiamato
altresì dall’Atto Europeo sull’Accessibilità 306, che, in unâ
€™ottica inclusiva, accanto alla disabilità menziona anche le limitazioni
funzionali, di durata determinata:
“L’accessibilità previene o elimina le barriere all’uso di prodotti
e servizi generici. Essa consente la percezione, l’utilizzo e la
comprensione di tali prodotti e servizi da parte di persone con limitazioni
funzionali, comprese le persone con disabilità , su una base di uguaglianza
con gli altriâ€.
304
Le definizioni qui riportate sono tratte dall’International Classification
of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH) del 1980.
305
La Convenzione è stata adottata il 13 dicembre 2006 durante la
sessantunesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
con la risoluzione A/RES/61/106.
306
“Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sul
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
degli Stati membri relative ai requisiti di accessibilità dei prodotti e dei
servizi, Bruxelles, 2 dicembre 2015â€.
307
Dei quali si parlerà in maniera approfondita al par. 7.3.2.
308
L’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica viene
istituito proprio da questo decreto, all’art. 15:
“1. È istituito presso il Ministero dell’istruzione, dell’universitÃ
e della ricerca l’Osservatorio permanente per l’inclusione
scolastica, che si raccorda con l’Osservatorio nazionale sulla condizione
delle persone con disabilità .
2. L’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica svolge i
seguenti compiti: a) analisi e studio delle tematiche relative allâ
€™inclusione delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle
studentesse e degli studenti con disabilità certificata a livello nazionale e
internazionale; b) monitoraggio delle azioni per l’inclusione scolastica;
c) proposte di accordi inter-istituzionali per la realizzazione del progetto
individuale di inclusione; d) proposte di sperimentazione in materia di
innovazione metodologico-didattica e disciplinare; e) pareri e proposte sugli
atti normativi inerenti l’inclusione scolastica.
3. L’Osservatorio di cui al comma 2 è presieduto dal Ministro dellâ
€™istruzione, dell’università e della ricerca o da un suo delegato, ed è
composto dai rappresentanti delle Associazioni delle persone con disabilitÃ
maggiormente rappresentative sul territorio nazionale nel campo dellâ
۪inclusione scolastica, da studenti nonch̩ da altri soggetti pubblici e
privati, comprese le istituzioni scolastiche, nominati dal Ministro dellâ
€™istruzione, dell’università e della ricerca.
4. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, sono determinate le modalità di funzionamento, incluse le
modalità di espressione dei pareri facoltativi di cui al comma 2, lettera e),
nonché la durata dell’Osservatorio di cui al comma 2.
5. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblicaâ€.
309
L’unità di valutazione multidisciplinare, istituita con l’Atto di
indirizzo del 1994, è composta da un medico specialista o un esperto della
condizione di salute della persona, da uno specialista in neuropsichiatria
infantile, da un terapista della riabilitazione, da un assistente sociale o da un
rappresentante dell’Ente locale di competenza che ha in carico il
soggetto. La composizione dell’unità di valutazione multidisciplinare è
stata in seguito modificata dal D.Lgs. 96/2019. Essa è stata notevolmente
ridimensionata, con un numero di elementi che oscilla da 3 a un massimo di 4
professionisti (Neuropsichiatra infantile o esperto nella patologia più
almeno due tra terapista della riabilitazione, psicologo e assistente sociale o
rappresentante dell’Ente Locale).
310
Il D.Lgs. 96/2019 ne ha variato la composizione, ribadendo: “Il GIT è
composto da personale docente esperto nell’ambito dell’inclusione,
anche con riferimento alla prospettiva bio-psico-sociale, e nelle metodologie
didattiche inclusive e innovativeâ€. A ora, il ruolo e il compito del GIT non
è tuttavia stato messo a punto in modo concreto.
311
L’art. 9 del D.Lgs. 96/2019, che ha novellato e integrato l’art. 10
del D.Lgs. 66/2017, prevede il seguente iter per la richiesta delle risorse per il
sostegno didattico: “1. […] il Dirigente Scolastico, sulla base del PEI di
ciascun alunno, raccolte le osservazioni e i pareri del GLI, sentito il GIT,
tenendo conto delle risorse didattiche, strumentali, strutturali presenti nella
scuola, nonché della presenza di altre misure di sostegno, al fine di
realizzare un ambiente di apprendimento favorevole allo sviluppo dellâ
€™autonomia delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle
studentesse e degli studenti con accertata condizione di disabilità in etÃ
evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, invia all’ufficio scolastico
regionale la richiesta complessiva dei posti di sostegno.
2. L’ufficio scolastico regionale assegna le risorse nell’ambito di
quelle dell’organico dell’autonomia per i posti di sostegno. Il
Dirigente Scolastico, in tempo utile per l’ordinario avvio dell’anno
scolastico, trasmette, sulla base dei PEI, di cui all’articolo 7, comma 2,
la richiesta complessiva delle misure di sostegno ulteriori rispetto a quelle
didattiche agli enti preposti, i quali, relativamente all’assegnazione di
dette misure, attribuiscono le risorse complessive secondo le modalitÃ
attuative e gli standard qualitativi previsti nell’accordo di cui allâ
€™articolo 3, comma 5-bisâ€.
7.4 I Disturbi Specifici dell’Apprendimento
7.4.1 Definizione
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) costituiscono un insieme
di disturbi di natura eterogena che si manifesta in presenza di capacitÃ
cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit
sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune
attività della vita quotidiana. Si tratta di disturbi dovuti presumibilmente a
disfunzioni del sistema nervoso centrale. I disturbi specifici dellâ
€™apprendimento hanno trovato una normazione con la Legge n. 170 dellâ
€™8 ottobre 2010, “Nuove norme in materia di disturbi specifici di
apprendimento in ambito scolasticoâ€, mentre le modalità operative di
intervento per favorire l’inclusione degli alunni con DSA sono definite
nelle “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con
disturbi specifici di apprendimento†allegate al Decreto Ministeriale n. 5669
del 12 luglio 2011. I principali disturbi dell’apprendimento sono i
seguenti:
312
Cfr. par. 7.2
disabilità ;
disturbi specifici di apprendimento e disturbi evolutivi specifici;
svantaggio socio-economico, linguistico, culturale, disagio
comportamentale/relazionale.
314
Cfr. nota 26, par. 7.3.4.
Capitolo 8
Il Sistema Nazionale di Valutazione.
Organi tecnici di supporto
di Elisa Camera
315
“Art. 1. Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema
educativo di istruzione e di formazione 1. Ai fini del progressivo
miglioramento e dell’armonizzazione della qualità del sistema educativo
definito a norma della legge 28 marzo 2003, n. 53, è istituito il Servizio
nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione
con l’obiettivo di valutarne l’efficienza e l’efficacia,
inquadrando la valutazione nel contesto internazionale. Per l’istruzione
e la formazione professionale tale valutazione concerne esclusivamente i
livelli essenziali di prestazione ed è effettuata tenuto conto degli altri
soggetti istituzionali che già operano a livello nazionale nel settore della
valutazione delle politiche nazionali finalizzate allo sviluppo delle risorse
umane.
2. Al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 concorrono lâ
€™Istituto nazionale di valutazione di cui all’articolo 2 e le istituzioni
scolastiche e formative, nonché le regioni, le province ed i comuni in
relazione ai rispettivi ambiti di competenza. L’Istituto nazionale di
valutazione di cui all’articolo 2, le istituzioni scolastiche e formative, le
regioni, le province ed i comuni provvedono al coordinamento delle
rispettive attività e servizi in materia di valutazione dell’offerta
formativa attraverso accordi e intese volti alla condivisione dei dati e delle
conoscenze.
3. Ai fini di cui al comma 2 l’Istituto nazionale di valutazione di cui allâ
€™articolo 2, le istituzioni scolastiche e formative, le regioni, le province ed
i comuni attivano le opportune procedure atte a favorire lâ
€™interoperabilità tra i loro sistemi informativi, in modo da poter
scambiare con continuità dati ed informazioni riguardanti i sistemi di
istruzione e di istruzione e formazione professionale, riducendo al tempo
stesso duplicazioni e disallineamenti fra i dati stessi, ai sensi del decreto
legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni. 4. Ferma
restando l’autonomia dell’Istituto nazionale di valutazione di cui allâ
۪articolo 2 e dei servizi di valutazione di competenza regionale, ̬
istituito, presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, un Comitato tecnico permanente, cui partecipano i rappresentanti
delle amministrazioni interessate, con il compito di assicurare lâ
€™interoperabilità fra le attività e i servizi di valutazioneâ€.
8.2 L’INVALSI
L’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema di Istruzione (INVALSI)
nasce dal riordino del Centro europeo dell’educazione. Tale centro,
istituito con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 419 del 31 maggio
1974, “Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e
professionale ed istituzione dei relativi istitutiâ€, è stato riconvertito nellâ
€™INVALSI per mezzo del Decreto Legislativo 20 luglio 1999, n. 258, â
€œRiordino del Centro europeo dell’educazione, della biblioteca di
documentazione pedagogica e trasformazione in Fondazione del museo
nazionale della scienza e della tecnicaâ€.
L’art. 1 di quest’ultimo decreto individua le finalità generali dellâ
€™INVALSI: “[…] L’Istituto valuta l’efficienza e l’efficacia
del sistema di istruzione nel suo complesso ed analiticamente, ove opportuno
anche per singola istituzione scolastica, inquadrando la valutazione
nazionale nel contesto internazionale; studia le cause dell’insuccesso e
della dispersione scolastica con riferimento al contesto sociale ed alle
tipologie dell’offerta formativa; conduce attività di valutazione sulla
soddisfazione dell’utenza; fornisce supporto e assistenza tecnica allâ
€™amministrazione per la realizzazione di autonome iniziative di
valutazione e supporto alle singole istituzioni scolastiche anche mediante la
predisposizione di archivi informatici liberamente consultabili; valuta gli
effetti degli esiti applicativi delle iniziative legislative che riguardano la
scuola; valuta gli esiti dei progetti e delle iniziative di innovazione promossi
in ambito nazionale; assicura la partecipazione italiana a progetti di ricerca
internazionale in campo valutativo e nei settori connessi dell’innovazione
organizzativa e didattica. […] Ai fini della realizzazione di iniziative che
comportino attività di valutazione e di promozione della cultura dellâ
€™autovalutazione da parte delle scuole l’Istituto si avvale, sulla base
della direttiva di cui al comma 1, anche dei servizi dell’amministrazione
della pubblica istruzione istituiti sul territorio provinciale e delle specifiche
professionalità degli ispettori tecnici dipendenti dal Ministero della
pubblica istruzioneâ€.
In particolare, come riportato dall’art. 3 del D.Lgs. 286/2004, lâ
€™INVALSI si occupa anche della valutazione dell’offerta formativa
delle istituzioni di istruzione e formazione professionale, anche nel contesto
dell’apprendimento permanente. A questo proposito, verifica conoscenze
e abilità degli studenti, svolge attività di ricerca, nell’ambito delle sue
finalità istituzionali studia le cause dell’insuccesso e della dispersione
scolastica con riferimento al contesto sociale e alle tipologie dell’offerta
formativa.
Assume inoltre iniziative volte ad assicurare la partecipazione italiana a
progetti di ricerca europea e internazionale in campo valutativo, svolge
attività di supporto e assistenza tecnica all’amministrazione scolastica,
alle regioni, agli enti territoriali, e alle singole istituzioni scolastiche e
formative per la realizzazione di autonome iniziative di monitoraggio,
valutazione e autovalutazione, svolge attività di formazione del personale
docente e dirigente della scuola sui processi di valutazione e di
autovalutazione delle istituzioni scolastiche.
Gli esiti delle attività svolte dall’INVALSI sono oggetto di apposite
relazioni al Ministro, che ne dà comunicazione alla Conferenza unificata
Stato-Città ed autonomie locali di cui all’articolo 8 del Decreto
Legislativo n. 281 del 28 agosto 1997. Le relazioni riferiscono sui risultati e
possono segnalare indicatori ritenuti utili al miglioramento della qualitÃ
complessiva del Sistema. Relativamente al sistema della formazione
professionale, tali indicatori sono definiti previa intesa con il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali e sentita la Conferenza unificata di cui sopra. Il
Ministro relaziona quindi al Parlamento, con cadenza triennale, sugli esiti
della valutazione, mentre l’INVALSI pubblica ogni anno un rapporto
sull’attività svolta.
Nell’ambito del SNV, l’INVALSI, secondo quanto stabilito dallâ
€™art. 3 del D.P.R. 80/2013, riveste i seguenti compiti:
316
Una delle direttive derivanti dalla Legge n. 176 del 25 ottobre 2007, â
€œConversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 settembre
2007, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare l’ordinato avvio
dell’anno scolastico 2007-2008 ed in materia di concorsi per ricercatori
universitariâ€.
8.3 L’INDIRE
L’Istituto nazionale di documentazione per l’innovazione e la ricerca
educativa (INDIRE) nasce dal riordino della Biblioteca di documentazione
pedagogica. Quest’ultima, istituita dal D.P.R. 419/1974, con sede a
Firenze, è stata trasformata nell’INDIRE dall’art. 2 dal D.Lgs.
258/1999; i cc. 4 e 5 illustrano le sue prerogative: “L’Istituto, in
collegamento con gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e
aggiornamento educativi (IRRSAE), cura lo sviluppo di un sistema di
documentazione finalizzato alle esperienze di ricerca e innovazione didattica
e pedagogica in ambito nazionale e internazionale oltre che alla creazione di
servizi e materiali a sostegno dell’attività didattica e del processo di
autonomia; rileva i bisogni formativi con riferimento ai risultati della
ricerca; sostiene le strategie di ricerca e formazione riferite allo sviluppo dei
sistemi tecnologici e documentari ed elabora e realizza coerenti progetti
nazionali di ricerca coordinandosi con le università e con gli organismi
formativi nazionali e internazionali, curando la diffusione dei relativi
risultati; collabora con il Ministero della pubblica istruzione per la gestione
dei programmi e dei progetti della Unione europea.
L’Istituto cura lo sviluppo delle attività di raccolta, elaborazione,
valorizzazione e diffusione dell’informazione e di produzione della
documentazione a sostegno dell’innovazione didattica e dellâ
€™autonomia; sostiene lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie dellâ
€™informazione, della documentazione e della comunicazione nelle scuole;
cura la valorizzazione del patrimonio bibliografico e documentario giÃ
appartenente alla biblioteca pedagogica nazionale e lo sviluppo di un settore
bibliotecario interno funzionale alla creazione di banche datiâ€.
L’art. 1 cc. 610-611 della Legge n. 296 del 27 dicembre 1996 sopprime lâ
€™INDIRE, trasformandolo nell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dellâ
€™autonomia scolastica (ANSAS) avente sede a Firenze, articolata, anche a
livello periferico, in nuclei allocati presso gli uffici scolastici regionali ed in
raccordo con questi ultimi, con le seguenti funzioni:
Per ciascuna di queste prime tre aree (Contesto, Esiti e Processi) il RAV
fornisce una definizione dell’area al fine di esplicitarne più
compiutamente il contenuto, individua un certo numero di indicatori idonei a
rappresentare le caratteristiche di qualità dell’area. La mappa sintetica
degli indicatori è arricchita anche da descrittori che ne facilitano ancor più
la comprensione e ne specificano il contenuto. Sono presenti domande guida,
con lo scopo di stimolare la riflessione sui dati; per l’area Contesto sono
individuati opportunità e vincoli, per Esiti e Processi sono definiti i punti di
forza e punti di debolezza. Per le sezioni Esiti e Processi è richiesta la
formulazione di un giudizio autovalutativo mediante una scala di possibili
situazioni che va da 1 a 7. Gli Esiti, in particolare, rappresentano la prima
sezione di carattere valutativo del RAV in relazione alla quale ciascuna
scuola è chiamata a individuare i punti di forza e di debolezza. Essi
attengono a fattori endogeni, parte integrante dello specifico sistema
scolastico e sui quali è possibile agire direttamente. Alla fine di ciascuna
area, la scuola è tenuta a formulare un giudizio, che richiede di portare a
sintesi una varietà di informazioni riferite alla pluralità di indicatori
proposti dal sistema e/o inseriti da ciascuna istituzione scolastica.
La quarta sezione orienta la riflessione critica sul percorso di autovalutazione
svolto.
La quinta sezione (individuazione delle priorità e dei traguardi di
miglioramento e degli obiettivi di processo) è la logica conclusione del
processo di autovalutazione in quanto chiede alle scuole di fare delle scelte
individuando priorità e traguardi da raggiungere attraverso il successivo
Piano di Miglioramento.
Nel successivo a.s. 2015/2016, le istituzioni scolastiche sono state tenute alla
redazione del Piano di miglioramento (PdM), strettamente connesso al
RAV. Figure centrali nel processo di miglioramento sono il dirigente
scolastico e il nucleo interno di valutazione (NIV)318. Quest’ultimo,
composto dal dirigente scolastico e da alcuni docenti individuati dal Collegio
Docenti, secondo quanto riportato nella Nota Ministeriale n. 1738 del 2
marzo 2015, “Orientamenti per l’elaborazione del Rapporto di
Autovalutazione†e nella Nota Ministeriale n. 7904 del 1 settembre 2015, â
€œPubblicazione del RAV e primi orientamenti per il PdM†ha il compito di
supportare il dirigente scolastico per il conseguimento dei seguenti obiettivi:
317
Di cui all’art. 2 c. 5 del D.P.R. 80/2013. Tale conferenza è composta
dal presidente dell’Istituto, che la presiede, dal presidente dell’Indire
e da un dirigente tecnico (di cui all’articolo 5, comma 3 del medesimo
decreto) in rappresentanza del contingente ispettivo designato dal direttore
generale per gli ordinamenti scolastici e l’autonomia scolastica del
Ministero, con incarico rinnovabile una sola volta.
318
Il riferimento al nucleo interno di valutazione compare per la prima volta,
con la denominazione di “unità di autovalutazioneâ€, nella Circolare
Ministeriale n. 47 del 21 ottobre 2014, “Priorità strategiche della
valutazione del Sistema educativo di istruzione e formazione. Trasmissione
della Direttiva n. 11 del 18 settembre 2014â€, relativa alla predisposizione
del rapporto di autovalutazione da parte delle istituzioni scolastiche. La
medesima Circolare afferma che essa è “costituita preferibilmente dal
dirigente scolastico, dal docente referente della valutazione e da uno o più
docenti con adeguata professionalità individuati dal Collegio dei docentiâ€,
mentre la Nota Ministeriale 1738 del 2 marzo 2015 afferma che “La
composizione interna di ogni unità può essere comunque variamente
articolata a seconda del contesto di riferimento, della realtà scolastica e
delle modalità di analisi che si intendono intraprendereâ€. La Nota
Ministeriale n. 7904 del 1 settembre 2015, “Pubblicazione del RAV e
primi orientamenti per il PdM†contiene invece la denominazione â
€œnucleo interno di valutazioneâ€.
319
Art. 22, c. 4, lett. c), punto c4) del CCNL 2016-2018 del 19 aprile 2018.
320
Come da art. 448 del D.Lgs. 297/1994.
321
Come da art. 501 del D.Lgs. 297/1994.
8.7 La valutazione della Dirigenza Scolastica
Il procedimento di valutazione dei dirigenti scolastici (con riferimento allâ
۪art. 1, c. 93 della L. 107/2015) ̬ finalizzato alla valorizzazione e al
miglioramento professionale dei dirigenti stessi nella prospettiva del
progressivo incremento della qualità del servizio scolastico ed è
disciplinato dalla Direttiva Ministeriale n. 36 del 18 agosto 2016.
Ai sensi dell’art. 10 della citata direttiva, la valutazione dei dirigenti
scolastici è effettuata sulla base del Piano regionale di valutazione, adottato
annualmente da parte del Direttore dell’USR, su proposta del
Coordinatore regionale del servizio ispettivo, che contiene:
Gli indicatori generali per la valutazione dei dirigenti scolastici sono definiti
dall’INVALSI. Il modello di valutazione della dirigenza scolastica presta
attenzione agli obiettivi di miglioramento della scuola individuati attraverso il
rapporto di autovalutazione e alle aree di miglioramento organizzativo e
gestionale delle istituzioni scolastiche direttamente riconducibili allâ
€™operato del dirigente scolastico, ai fini della valutazione dei risultati della
sua azione dirigenziale, secondo quanto previsto dall’articolo 25 del
Decreto Legislativo n. 165 del 30 marzo 200l e dal contratto collettivo
nazionale di lavoro dell’ area della dirigenza scolastica.
Un altro documento fondamentale nel processo di valutazione è il Portfolio
dei Dirigenti Scolastici: si tratta di uno strumento di orientamento, analisi e
riflessione sui compiti e sulle competenze richieste per l’esercizio della
specificità delle proprie funzioni, nonché uno strumento di supporto per
lo sviluppo professionale e per la raccolta di documenti significativi, con
particolare attenzione all’autovalutazione e alla valutazione. Il dirigente
scolastico può utilizzare questo strumento come parte integrante di un
processo di miglioramento organizzativo e gestionale delle istituzioni
scolastiche nelle aree direttamente riconducibili al dirigente scolastico, ai fini
della valutazione dei risultati della sua azione dirigenziale.
Per i dirigenti scolastici con incarichi presso l’Amministrazione centrale
e periferica del MIUR, altra amministrazione dello Stato, enti pubblici o
privati, con retribuzione a carico dell’Amministrazione scolastica, è
predisposta una versione specifica del Portfolio.
La Direttiva 36/2016, sulla valutazione dei dirigenti scolastici, prevede, allâ
€™art. 12, l’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla
valutazione della dirigenza scolastica, che dura in carica tre anni, svolge i
seguenti compiti:
L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio dellâ
€™amministrazione e destinato ad attività sociali a favore dei dipendenti.
La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione fino a un massimo di 10 giorni si applica, graduando lâ
€™entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla
pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie;
per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme
amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per
tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola
o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di
vigilanza;
per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi
pubblicamente nell’esercizio delle funzioni, o per concorso negli
stessi;
per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad
affari trattati per ragioni di servizio;
per gravi abusi di autorità .
Nessun alunno può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto
lezioni private; sono considerati pertanto nulli gli scrutini o le prove di esame
svoltisi in contravvenzione a tale divieto.
Al personale ispettivo e direttivo è fatto divieto di impartire lezioni private.
L’ufficio di docente, di dirigente scolastico, di ispettore tecnico non è
cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico. L’assunzione del
nuovo impiego comporta infatti la cessazione di diritto dall’impiego
precedente, salva la concessione del trattamento di quiescenza eventualmente
spettante ai sensi delle disposizioni in vigore.
Il personale di cui sopra, inoltre, non può esercitare attività commerciale,
industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle
dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro,
tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è
riservata allo Stato e sia intervenuta l’autorizzazione del Ministero della
pubblica istruzione. Questo divieto non si applica nei casi si societÃ
cooperative.
Il personale che contravvenga a questi divieti viene diffidato dal dirigente
scolastico a cessare dalla situazione di incompatibilità . L’ottemperanza
alla diffida non preclude l’azione disciplinare. Decorsi quindici giorni
dalla diffida senza che l’incompatibilità sia cessata, viene disposta la
decadenza.
Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del dirigente
scolastico, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio
all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano
compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio.
Per quanto riguarda il ruolo dei docenti, inoltre, l’art. 29 del contratto
collettivo nazionale 2016-2018 introduce due nuove ipotesi di
licenziamento con preavviso nelle seguenti ipotesi:
Lo stesso articolo chiede inoltre di prevedere una specifica sanzione nel caso
di condotte e comportamenti non coerenti, anche nell’uso dei canali
sociali informatici, con le finalità della comunità educante, nei rapporti con
gli studenti e le studentesse.
322
Cfr. V. Tenore.
323
Si caratterizza, a questo proposito, come responsabilità contrattuale come
da art. 1218 del Codice Civile: “Il debitore che non esegue esattamente la
prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che lâ
€™inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della
prestazione derivante da causa a lui non imputabileâ€.
324
Fatto salvo quanto previsto dall’art. 101, comma 8, ultimo capoverso,
della Sezione Afam del CCNL 2016-2018.
Una sezione degna di nota del Regolamento di Istituto è, senza dubbio, il
Regolamento di disciplina. Sulla base delle sanzioni sopra citate e valide tuttâ
€™oggi, tale Regolamento dovrà contenere, non solo per la scuola
secondaria, ma anche per la scuola primaria, un esauriente punto di
riferimento per docenti, famiglie e alunni in ambito disciplinare e
sanzionatorio.
In particolare, nel rispetto di ciò che è previsto dalle fonti normative, ogni
istituto potrà prevedere sanzioni specifiche per infrazioni o comportamenti
scorretti ordinati secondo un principio di gradualità .
9.2.2 Il cyberbullismo
Nell’epoca della rivoluzione digitale e tecnologica, caratterizzata da un
susseguirsi repentino di cambiamenti, si fanno strada atteggiamenti e
comportamenti non consoni a un uso consapevole e corretto dei dispositivi
elettronici nonché lesivi della dignità personale delle vittime.
Per questo motivo sono state emanate, nell’aprile 2015, le “Linee di
orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al
cyberbullismoâ€, dove emerge il ruolo chiave della scuola, in collaborazione
con le famiglie, per prevenire e monitorare ogni forma di violenza e di
prevaricazione connessa a questi fenomeni negativi.
Ha fatto seguito alle Linee di orientamento la Legge n. 71 del 29 maggio
2017, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto
del fenomeno del cyberbullismoâ€, che contiene, all’art. 1, una sua
definizione stringente: “[...] Per «cyberbullismo» si intende qualunque
forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione,
diffamazione, furto d’identità , alterazione, acquisizione illecita,
manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni,
realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line
aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il
cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un
gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la
loro messa in ridicoloâ€.
La Legge prevede che ciascun minore ultraquattordicenne, nonché ciascun
genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore che abbia subito
taluno degli atti sopra riportati, possa inoltrare al titolare del trattamento o al
gestore del sito internet o del social media un’istanza per lâ
€™oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del
minore, diffuso nella rete internet, previa conservazione dei dati originali.
Il Ministero dell’Istruzione ha, inoltre, istituito un Tavolo tecnico, con il
compito di elaborare un piano di azione integrato per il contrasto e la
prevenzione del cyberbullismo, nonché di realizzare un sistema di raccolta
dati finalizzato al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni,
avvalendosi anche della collaborazione della Polizia postale e delle
comunicazioni e di altre Forze di polizia.
325
Art. 1.
326
Le sanzioni previste dal R.D. 653/1925 sono riportate dal D.Lgs.
297/1994, al Capo VI, “Disciplina degli alunniâ€, art. 328. Di esse
rimangono in vigore soltanto le seguenti:
> la sanzione disciplinare della sospensione fino a 15 giorni, che rientra nella competenza del
consiglio di classe;
> le sanzioni disciplinari che comportano la sospensione per un periodo superiore ai 15 giorni, che
rientrano nella competenza della giunta esecutiva del consiglio di istituto. Le deliberazioni sono
adottate su proposta del rispettivo consiglio di classe.
327
Prevedendo, tra l’altro, una netta separazione fra la valutazione del
comportamento e quella del profitto, che non influiscono l’una sullâ
€™altra.
Capitolo 10
La sicurezza a scuola
di Alessandro Signorino Gelo
328
Emanato in attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.
123.
329
Il D.Lgs. 81/2008 è stato più volte oggetto di interventi modificativi, lâ
€™ultima ad opera del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito in L. 17
dicembre 2021, n. 215.
330
Già nel 1994, infatti, l’emanazione del Decreto Legislativo 19
settembre 1994, n. 626, rubricato “Attuazione delle direttive 89/391/CEE,
89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE,
90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori sul luogo di lavoroâ€, segnava una precisa
attenzione del legislatore a un settore strategico e complesso. Ma ancor prima
del D.Lgs. 626/1994 vi era stato un altro intervento normativo a tutela della
sicurezza dei lavoratori. Con la “Delega al Potere esecutivo ad emanare
norme generali e speciali in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene
del lavoroâ€, L. 12 febbraio 1955, n. 51, il Governo era autorizzato ad
emanare norme generali e speciali per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro e per l’igiene del lavoro, ovvero tutte le cautele atte a prevenire gli
infortuni e le malattie professionali, particolarmente per quanto riguardava le
condizioni di lavoro e l’uso di macchine. A seguito di tale delega furono
emanati: il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, “Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoroâ€; il D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, “Norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni†e il D.P.R. 19
marzo 1956, n. 303, “Norme generali per l’igiene del lavoroâ€. Tali
decreti, che segnaliamo per completezza di informazione, furono abrogati
dall’art. 304 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, emanato in attuazione dellâ
€™articolo 1 della L. 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e
della sicurezza nei luoghi di lavoro, fatta eccezione per l’articolo 64 del
D.P.R. n. 303/1956. Ancora, il 29 settembre 1998 veniva emanato il Decreto
n. 382, “Regolamento recante norme per l’individuazione delle
particolari esigenze negli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
grado, ai fini delle norme contenute nel decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modifiche ed integrazioniâ€. Utile rilevare che
negli allegati del T.U. sono confluite alcune norme dell’abrogato Decreto
Legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
331
Art. 3, c. 2.
332
In corsivo, per tutto il capitolo, sono evidenziate le modifiche e le
integrazioni apportate dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106.
333
Si riportano in questo paragrafo solo le figure di sistema delle quali si
tratterà di seguito. Per una elencazione esaustiva si rimanda all’art. 2,
Titolo I, Capo I del T.U.
334
Articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
10.3 Lavoratore
In premessa occorre evidenziare che, per quanto attiene alla scuola, il
Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (Direzione regionale del lavoro
per la Lombardia) e la D.G. Sanità della Regione Lombardia, nel parere in
merito all’obbligo di visita medica per studenti interessati da percorsi
formativi in alternanza scuola-lavoro ed in tirocini formativi di
orientamento335, riportando una nota del Ministero del Lavoro336, chiarivano
in modo inequivoco che in nessun caso lo studente minorenne acquista la
qualifica giuridica di “lavoratore minore337â€: infatti, la legge338 considera
esclusivamente “i minori di diciotto anni, che hanno un contratto o un
rapporto di lavoro, anche speciale, disciplinato dalle norme vigenti,
contemplandosi quindi tutti i rapporti di lavoro, anche di natura autonoma,
inclusi quelli speciali tra cui l’apprendistato, i contratti di formazione e
lavoro, il lavoro a domicilio, ecc., ma non i rapporti didattici che
coinvolgono gli studenti quand’anche partecipanti a corsi formativi che
richiedono l’applicazione lavorativa presso imprese terze rispetto allâ
€™Istituto scolastico339â€. Nel caso in cui gli studenti partecipino ai corsi di
istruzione scolastica che prevedono un periodo lavorativo presso unâ
€™impresa “ospitanteâ€, sono equiparati ai lavoratori ai sensi e per gli
effetti di cui agli articoli 4 e 21 del D.Lgs. 626/1994. In ordine alla ricorrenza
degli obblighi di cui al D.Lgs. n. 626/1994 si ritiene che la normativa attuale
di riferimento, il D.Lgs. n. 81/2008 (nella sua ultima versione con le
modifiche di cui al D.Lgs. n. 106/2009), nulla abbia innovato intervenendo a
regolare la materia della sicurezza sui luoghi di lavoro. Infatti, l’art. 2
prescrive che, ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al decreto
medesimo, si debba intendere per lavoratore: â€persona che […] svolge unâ
€™attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore
di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione anche al solo fine di
apprendere un mestiere, un’arte o una professione, […] â€; ma anche â
€œ[...] il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di
orientamento340 […] †ed ancora “l’allievo degli istituti di istruzione
ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionali nei quali
si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,
fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali
limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alle
strumentazioni o alle apparecchiature in questioneâ€.
Il parere citato prosegue, in ordine all’obbligo di sorveglianza sanitaria,
distinguendo due casi:
335
Direzione regionale del Lavoro per la Lombardia – Regione Lombardia
D.G. Sanità - Prot. n. 87 DRL/D - Prot.n. H1.2010.0008366/San – del 2
marzo 2010.
336
Vedi: Ministero del Lavoro – Direzione Generale Affari Generali e
Risorse Umane – Div. VII - Coord. Isp. lavoro, su impulso della Direzione
Regionale del Lavoro della Lombardia, si è espressa con nota n. 1650 del
04/11/2002.
337
Ai sensi e per gli effetti di cui alla legge n. 977/1967 e succ. modifiche.
338
Legge n. 977/1967, così come modificata dai Decreti Legislativi n.
345/1999 e n. 262/2000.
339
Ne deriva, pertanto, che non debbano trovare applicazione le disposizioni
contenute nell’art. 8 della L. 977/1967, come modificata dal D.Lgs. n.
345/1999 e dal D.Lgs. n. 262/2000.
340
Di cui all’art. 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e di cui a
specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare
momenti di alternanza tra studio e lavoro.
Il datore di lavoro non provvede alla nomina del Arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai 3.071,27 a 7.862,44 euro.
rischi e violazione dell’obbligo di frequenza dei corsi
di formazione nel caso in cui il datore di lavoro intenda
svolgere direttamente i compiti propri del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi.
VIOLAZIONI SANZIONI
Adozione, da parte del datore di lavoro, del DVR in Ammenda da 1.228,50 a 2.457,02 euro.
assenza:
341
Ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.
368.
342
Art. 59 – Sanzioni per i lavoratori. Comma 1: I lavoratori sono puniti:
a): con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 245,70 a 737,10
euro per la violazione degli articoli 20, comma 2, lettere b), c), d), e), f), g),
h) e i), e 43, comma 3, primo periodo. b): con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 61,42 a 368,56 euro per la violazione dell’articolo 20
comma 3.
343
Rubricato: “Individuazione del datore di lavoro negli uffici e nelle
istituzioni dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, ai sensi dei
decreti legislativi n. 626/94 e n. 242/96â€.
344
Rubricato: “Regolamento recante norme per l’individuazione delle
particolari esigenze negli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
grado, ai fini delle norme contenute nel decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modifiche ed integrazioniâ€.
345
T.U. art. 16, c. 1.
346
Disposizione sanzionata con la pena della sola ammenda.
347
Disposizione sanzionata con la pena alternativa dell’arresto o dellâ
€™ammenda.
348
Legge n. 145/2018, art. 1, c. 445, lettera d) n. 2): del 10 per cento per
quanto riguarda gli importi dovuti per la violazione delle disposizioni di cui
al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sanzionate in via amministrativa o
penale; n. 3): del 20 per cento per quanto riguarda gli importi dovuti per la
violazione delle altre disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale,
individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
349
Lettere a, b, c, d, f, disposizioni sanzionate con la pena della sola
ammenda.
350
Di cui all’articolo 28, comma 2.
351
Art. 33, commi 2, 3.
352
Art. 31, T.U.
353
Art. 32, commi 1, 2 T.U.
354
Cass. pen., sez. IV, 24 maggio 2011, n. 20576 – Culpa in eligendo -
Olympus.
355
Disposizione sanzionata con la pena alternativa dell’arresto o dellâ
€™ammenda.
356
Ovvero di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8.
357
Art. 32, c. 9.
358
Cass., pen., sez. IV, 15 gennaio 2010, n. 1834, in Olympus –
Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e
giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro.
359
Lettere a, d, e, disposizioni sanzionate con la pena alternativa dellâ
€™arresto o dell’ammenda. Lettera r, disposizione punita con sanzione
pecuniaria amministrativa. Lettere b, i, m, disposizioni sanzionate
amministrativamente. Per tutti gli altri “Obblighi del datore di lavoro e del
dirigente†qui omessi, si rimanda all’art. 18 del T.U.
10.5 Dirigente
Occorre evidenziare che nelle istituzioni scolastiche la figura del dirigente
non va confusa con il dirigente scolastico, che è datore di lavoro. L’art.
2, c. 1, lett. d) del T.U., sancisce che il dirigente è la persona che attua le
direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e
vigilando su di essa. La definizione è di dubbia interpretazione e lascia
ampio margine di discrezionalità . Rileviamo che secondo ipotesi alquanto
accreditate, nelle scuole non vi è la figura del dirigente; secondo altre, il
dirigente corrisponde al collaboratore vicario del dirigente scolastico. In
posizione di subordinazione gerarchica rispetto al datore di lavoro, ad esso
sono attributi gli obblighi derivanti dall’art. 18 del T.U. ovvero lâ
€™organizzazione e l’attuazione delle disposizioni in esso contenute.
360
Art. 35, c. 1, del T.U.
361
Art. 35, c. 2. Lettere a, b, c, d, del comma 2: disposizioni punite con
sanzione pecuniaria amministrativa.
10.6 Preposto
Il preposto è la persona che sovrintende alla attività lavorativa e garantisce
l’attuazione delle direttive ricevute. In ragione di ciò, il preposto è
chiamato a:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei
loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di
salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di
persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate
istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e
specifico;
c) richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di
rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in
caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di
lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un
pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o
da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori
di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le
deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di
protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi
durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della
formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dallâ
€™articolo 37362.
In sede di conversione del D.L. 146/2021 (con L. 215/2021) il Legislatore è
intervenuto poi, in particolar modo, sulla figura del preposto e più nel
dettaglio sugli artt. 18 e 19 del D.Lgs. n. 81/2008 per meglio specificare le
funzioni attribuite allo stesso, che assume ora, nel contesto di gestione
aziendale della sicurezza sul lavoro un ruolo di primaria delicatezza e di
assoluta centralità affianco a datore di lavoro e dirigente. I preposti, secondo
le loro attribuzioni e competenze, devono sovrintendere e vigilare sullâ
€™osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge,
nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul
lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di
protezione individuale messi a loro disposizione; in caso di rilevazione di
comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal
datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale,
devono intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo
le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle
disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, devono
interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti.
Inoltre, ai sensi del nuovo art. 19, co. 1, lett. f-bis) del T.U. Sicurezza, il
preposto è tenuto “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle
attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante lâ
€™attività di vigilanza, se necessario, ad interrompere temporaneamente lâ
€™attività e, comunque, a segnalare tempestivamente al datore di lavoro e
al dirigente le non conformità rilevateâ€.
Per la violazione di tali specifiche funzioni obbligatorie del preposto, il T.U.
Sicurezza, dopo la L. 215/2021, prevede ora l’applicazione della pena
dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da 491,40 a 1.474,21
euro (Fonte: Labor et Lex).
L’art. 299 del T.U. istituisce il preposto di fatto, ovvero quel soggetto
(insegnante, collaboratore scolastico, assistente tecnico) che pur in assenza di
regolare investitura da parte del datore di lavoro, è tenuto, in particolari
momenti della vita lavorativa, ad attuare le misure di sicurezza e a disporre ed
esigere che esse siano rispettate. Così, l’insegnante che conduce i suoi
allievi in laboratorio chimico e li espone a rischio, assume, per il tempo di
permanenza nel laboratorio, la funzione di preposto di fatto. L’art. 299
(Esercizio di fatto di poteri direttivi) recita: “Le posizioni di garanzia
relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e),
gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura,
eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi
definitiâ€. A tal proposito, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito (sez.
IV, 14 gennaio 1970, n. 48) che nella concreta attribuzione di tale qualifica
deve farsi riferimento al criterio della effettività , atteso che “La qualifica
e le responsabilità del preposto non competono soltanto ai soggetti forniti di
titoli professionali o di formali investiture, ma a chiunque si trovi in una
posizione di supremazia sia pure embrionale, tale cioè da porlo in
condizione di dirigere l’attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi
ordini†(Cass. pen., sez. IV, 14 gennaio 2010, n. 1502). In tal senso, vi è
un consolidato orientamento della Suprema Corte363.
In ultimo, segnaliamo che i preposti ricevono, a cura del datore di lavoro, unâ
€™adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in
relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro364. I
contenuti della formazione comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di
prevenzione e protezione365.
SANZIONI PER IL PREPOSTO (art. 56, D.Lgs. 81/2008)
VIOLAZIONI – Con riferimento a tutte le disposizioni SANZIONI
del D.Lgs. 81/2008, i preposti, nei limiti delle proprie
attribuzioni e competenze, sono puniti per la violazione
dei seguenti obblighi:
Arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 491,40 a
1.474,21 euro.
sovrintendere e vigilare sulla osservanza da
parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di
legge, nonché delle disposizioni aziendali in
materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso
dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuale messi a
loro disposizione e, in caso di persistenza della
inosservanza, informare i loro superiori diretti;
richiedere l’osservanza delle misure per il
controllo delle situazioni di rischio in caso di
emergenza e dare istruzioni affinché i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato
e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o
la zona pericolosa;
astenersi, salvo eccezioni debitamente
motivate, dal richiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attività in una situazione di
lavoro in cui persiste un pericolo grave ed
immediato;
segnalare tempestivamente al datore di lavoro
o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle
attrezzature di lavoro e dei dispositivi di
protezione individuale, sia ogni altra
condizione di pericolo che si verifichi durante
il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla
base della formazione ricevuta;
in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e
delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione
di pericolo rilevata durante la vigilanza, se
necessario, interrompere temporaneamente lâ
€™attività e, comunque, segnalare
tempestivamente al datore di lavoro e al
dirigente le non conformità rilevate.
Per l’aumento degli importi delle sanzioni di cui alla Legge n. 145/2018,
v. nota 21.
362
Tutte disposizioni sanzionate con la pena alternativa dell’arresto o
dell’ammenda.
363
Cass. pen., sez. IV, 10 aprile 2017, n. 18090; Cass. pen., sez. IV, 20
gennaio 1998, n. 2277; Cass. pen., sez. III, 15 aprile 2005, n. 14017; Cass.
pen., sez. IV, 29 maggio 2014, n. 22246.
364
Art. 37, c. 7, del T.U.
365
Diposizioni sanzionate con la pena alternativa dell’arresto o dellâ
€™ammenda.
10.7 Addetto al servizio di prevenzione e protezione
(A.S.P.P)
La figura di addetto al servizio di prevenzione e protezione fa parte del più
ampio “servizio di prevenzione e protezione dai rischi366â€, ovvero di
quell’insieme di persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda
finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali
per i lavoratori. Nei casi di cui al comma 8 dell’art. 32 del T.U., ovvero
quando il datore di lavoro non opta per lo svolgimento diretto dei compiti
propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi e dunque si avvale
di un esperto esterno, deve comunque organizzare un servizio di prevenzione
e protezione con un adeguato numero di addetti.
Per quanto attiene alla formazione dell’A.S.P.P., in base all’accordo
Stato Regioni del 7 luglio 2016367, secondo il disposto dell’art. 32, c. 4, il
percorso formativo per responsabili ed addetti dei servizi di prevenzione e
protezione è strutturato in tre distinti moduli: A, B e C.
Il Modulo A costituisce il corso base per lo svolgimento della funzione di
RSPP e di ASPP. La durata complessiva è di 28 ore, escluse le verifiche di
apprendimento finali. Il modulo A è propedeutico per l’accesso agli altri
moduli. Il suo superamento consente l’accesso a tutti i percorsi formativi.
Il modulo A deve consentire ai responsabili e agli addetti dei servizi di
prevenzione e protezione di essere in grado di conoscere:
Il modulo B è il corso correlato alla natura dei rischi presenti sul luogo di
lavoro e relativi alle attività lavorative. Come il modulo A, anche il modulo
B è necessario per lo svolgimento delle funzioni di RSPP e ASPP. Lâ
€™articolazione degli argomenti formativi e delle aree tematiche del modulo
B è strutturata prevedendo un Modulo comune a tutti i settori produttivi
della durata di 48 ore. Il modulo B comune è propedeutico per l’accesso
ai moduli di specializzazione. La durata dei corsi non comprende le verifiche
di apprendimento finali. Il Modulo B deve essere orientato alla risoluzione
dei problemi, all’analisi e alla valutazione dei rischi, alla pianificazione di
idonei interventi di prevenzione delle attività dei rispettivi livelli di rischio,
ponendo attenzione all’approfondimento in ragione dei differenti livelli di
rischio ed evitando la ripetizione di argomenti. Il Modulo B deve consentire
ai responsabili e agli addetti dei servizi di prevenzione e protezione di
acquisire le conoscenze/abilità per:
366
Art. 2, c. 1, lettera l) del T.U.
367
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano. Accordo finalizzato alla individuazione della
durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli
addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32
del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
368
Ai sensi dell’art. 38, c. 1, del T.U.
369
Ufficio VIII – Servizio legale, nota Prot. n. MIUR AOODRLO R.U.
14822 del 9 ottobre 2013.
370
In particolare agli artt. 2, 18, 25, 28 e 29.
371
La nota riporta in ultimo i fattori di rischio che più comunemente
possono rilevarsi in ambito scolastico (chimico, biologico, movimentazione
carichi, videoterminali, rumore, stress lavoro-correlato, per le lavoratrici in
stato di gravidanza) con evidenza dei lavoratori coinvolti.
372
Art. 47, c. 5, T.U.
373
Disposizione punita con sanzione pecuniaria amministrativa.
374
Ovvero in materia di salute e sicurezza con particolare riferimento a: a)
concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della
prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di
vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili
danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione
caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
375
Per una elencazione completa delle attribuzioni del RLS si rimanda allâ
€™art. 50 del T.U.
376
Art. 33, T.U.
377
Ovvero: Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che
svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna
parte del territorio nazionale, attività di medico competente.
378
Disposizioni punite con sanzione pecuniaria amministrativa.
379
Art. 41, c. 4.
380
Art. 41, c. 6.
10.13 Pericolo
L’art. 2 del T.U. definisce il pericolo come la proprietà o qualitÃ
intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni. Le
Linee guida UE sulla valutazione dei rischi sul lavoro definiscono il pericolo
come la proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità (p.es.
materiali o attrezzature di lavoro, metodi e pratiche di lavoro) avente il
potenziale di causare danni.
10.14 Rischio
Il rischio indica la probabilità di raggiungimento del livello potenziale di
danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore
o agente oppure alla loro combinazione381. A titolo esplicativo, in una scuola,
uno scaffale non fissato comporta decisamente un pericolo. Il rischio che lo
stesso scaffale possa arrecare danni a terzi è dato dal luogo in cui esso è
posto. Più è fruibile dai lavoratori, più alto è il rischio; di converso, uno
scaffale al quale non si ha accesso, comporta un rischio basso.
La valutazione globale e documentata di tutti i rischi è ciò che le Linee
guida UE hanno sintetizzato nella definizione di “valutazione dei rischiâ€
specificando che trattasi di un esame sistematico di tutti gli aspetti del lavoro
intrapreso per definire quali siano le cause probabili di lesioni o di danni e
deve riguardare i rischi derivanti dall’attività lavorativa e che risultano
ragionevolmente prevedibili. Quelli derivanti invece dalla vita di tutti i giorni,
in generale, e che non fanno oggetto di particolari preoccupazioni (p.es. il
fatto che un impiegato d’ufficio si ferisca mentre taglia un pezzo di carta)
non richiederanno di norma un’attenzione così minuziosa, a meno che
l’attività o l’organizzazione del lavoro aggravi questi rischi.
La valutazione di tutti i rischi deve ricomprendere anche la scelta delle
attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegate,
nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro382.
A tal proposito, è il datore di lavoro che effettua la valutazione dei rischi in
collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e
il medico competente, come sancito dall’ art. 29, c. 1, T.U. e dal decreto
29 settembre 1998, n. 382383, art. 3, c. 1.
La collaborazione tra Direzione Sanità della Regione Piemonte, Ufficio
Scolastico Regionale del Piemonte e Direzione Regionale INAIL Piemonte
ha consentito, in attuazione del D.lgs. 81/2008, di realizzare una serie di
interventi significativi a favore delle scuole nel campo della sicurezza. Tra le
diverse attività realizzate, hanno assunto un certo rilievo i corsi di
formazione e aggiornamento degli R/ASPP e RLS della scuola, la
costituzione di Reti di scuole per la promozione della sicurezza e la
realizzazione di attività didattiche in tema di sicurezza. Dall’intesa tra i
tre enti, è stato redatto il “Documento di indirizzo per la sicurezza negli
istituti scolastici del Piemonteâ€384 che nell’ambito delle attività di
promozione della sicurezza nelle scuole, costituisce la sintesi dellâ
€™iniziativa di formare un gruppo di lavoro composto da rappresentanti
delle Istituzioni Scolastiche, dell’INAIL Piemonte e da personale di
alcune ASL appartenente ai Servizi di prevenzione e sicurezza ambienti di
lavoro (SPRESAL) e ai Servizi di igiene e sanità pubblica (SISP) e
coordinato dalla Direzione Sanità della Regione Piemonte al fine di
redigere una linea guida per l’applicazione delle norme di igiene e
sicurezza del lavoro nelle scuole piemontesi. Lo scopo del Documento è
quello di fornire ai Dirigenti e alle figure preposte alla sicurezza di tutte le
scuole del Piemonte una sintesi della normativa in tema di salute e sicurezza
e di indicare delle modalità di attuazione dei diversi adempimenti previsti
dalla norma, suggerendo il corretto approccio, dal punto di vista giuridico e
operativo, nella gestione delle problematiche relative alla salute e sicurezza
negli Istituti scolastici.
Preliminarmente il Documento fornisce chiarimenti in merito alla valutazione
dei rischi come sono stati forniti dal Ministero del Lavoro con circolare n.
102/95. In tale documento sono ribadite le definizioni dei termini: â
€œrischio†e “valutazione del rischioâ€, cosiÌ€ come accettati a livello
comunitario:
381
Art. 2 del T.U.
382
Come disposto dall’art. 28 del T.U.
383
Regolamento recante norme per l’individuazione delle particolari
esigenze negli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, ai
fini delle norme contenute nel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modifiche ed integrazioni.
384
Documento di indirizzo per la sicurezza negli istituti scolastici del
Piemonte, INAIL Piemonte, Ufficio Scolastico regionale per il Piemonte,
Regione Piemonte, Assessorato alla Tutela della salute e Sanità , Documento
approvato con Determinazione Dirigenziale n. 411 del 18/06/2012 e
pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 27 del
5/07/2012, pag. 20.
385
Documento di indirizzo per la sicurezza negli istituti scolastici del
Piemonte, cit. pag. 26.
Capitolo 11
La privacy e la trasparenza
amministrativa a scuola
di Alessandro Signorino Gelo
11.1.1 Definizioni
Ai fini del Regolamento UE, l’art. 4 dello stesso Regolamento fornisce le
definizioni che qui sintetizziamo:
386
Bianca, C.M., Istituzioni di diritto privato, Milano, Giuffrè Editore 2018,
pag. 15-16.
387
Codice in materia di protezione dei dati personali.
388
“Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle
disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche
con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera
circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento
generale sulla protezione dei dati)â€.
389
Tali disposizioni erano previste dall’abrogato art. 11 Decreto
Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, integrato con le modifiche introdotte dal
Decreto Legislativo 10 agosto 2018, n. 101. Le disposizioni sono oggi
novellate nel Regolamento (UE) 2016/679, art. 5, c. 1.
390
Regolamento (UE) 2016/679, art. 28, c. 1.
391
Per quanto attiene alla scuola, si veda la Delibera ANAC n. 430 del 13
aprile 2016, ovvero “Linee guida sull’applicazione alle istituzioni
scolastiche delle disposizioni di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 e al
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33â€.
392
Decreto Legislativo 25 maggio 2016, n. 97, “Revisione e
semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione,
pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e
del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della
legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubblicheâ€.
indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta ovvero gli
elementi che ne consentano l’individuazione specificando (ovvero
comprovando) l’interesse connesso all’oggetto della richiesta;
dimostrare la propria identità e, ove occorra, i propri poteri di
rappresentanza del soggetto interessato.
393
“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativiâ€.
394
Legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 22, come sostituito dall’art. 15, co.
1, L. 11 febbraio 2005, n. 15, c. 2, comma così sostituito dall’art. 10,
co. 1, lett. a), L. 18 giugno 2009, n. 69.
395
Come modificato dall’art. 22, comma 1, lett. b), L. 13 febbraio 2001,
n. 45, poi così sostituito dall’art. 16, comma 1, L. 11 febbraio 2005, n.
15.
396
Si veda l’art. 24 per l’elencazione di altri casi.
397
Articolo così sostituito dall’art. 15, co. 1, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
398
Legge 241/1990, art. 22, comma 1, lett. b).
Inoltre, per quanto riguarda l’interesse ad accedere, questo è stato
sempre considerato coincidente con un’esigenza di tutela di una
situazione giuridicamente rilevante (Con. di Stato, sez. VI, sen. 22 marzo
1992, n. 193; Con. di Stato, sez. V, sen. 14 ottobre 1998, n. 1478). In base a
quanto afferma l’art. 2 del D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352, emanato in
attuazione dell’art. 24 comma II della L. n. 241, l’interesse a ricorrere
deve essere personale e concreto e non avere uno scopo emulativo (Con. di
Stato, sez. IV, sen. 11 gennaio 1994, n. 8) o riconducibile a mera curiositÃ
(Con. di Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98, in Con. di Stato, 1996, I,
p.45). La Pubblica Amministrazione deve accertare l’esistenza dellâ
€™interesse riferendosi alle finalità che l’istante dichiara di perseguire
(Con. di Stato, sez. IV, sen. 27 agosto 1998, n. 1131); tale valutazione deve
essere compiuta in astratto, senza che possa essere operata alcuna valutazione
in ordine alla fondatezza di una successiva domanda giurisdizionale (Con. di
Stato, sez. IV, sen. 26 novembre 1993, n. 1036; Con. di Stato, sez. IV, sen. 8
settembre 1995, n. 688). Fonte: diritto.it
399
Legge n. 241/1990, art. 25, Rubrica aggiunta dall’art. 21, comma 1,
lett. ee), L. 11 febbraio 2005, n. 15.
400
“Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti
amministrativiâ€.
401
D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, art. 6, commi 4, 5, 6.
402
Fonte: qualitapa.gov.it
403
Le ultime rilevanti modifiche sono state apportate dal D.L. 31 maggio
2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
404
Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione
pubblica.
405
Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività nonché in materia di processo civile.
406
Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione
della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni.
407
Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33, “Riordino della disciplina
riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità ,
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni†(titolo così sostituito dall’art. 1, c. 1, D.Lgs. n. 97
del 2016), approvato ai sensi dell’art. 1, commi 35 e 36 della legge
anticorruzione 6 novembre 2012, n. 190. La Corte Costituzionale, nella
sentenza 20/2019, ha evidenziato come con la legge 6 novembre 2012, n.
190, la trasparenza amministrativa viene elevata anche al rango di principio-
argine alla diffusione di fenomeni di corruzione.
408
Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione
della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre
2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dellâ
€™articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
409
Art. 5-bis, D.Lgs. n. 33/2013: articolo introdotto dall’art. 6, comma 2,
Decreto Legislativo 25 maggio 2016, n. 97.
410
La normativa cosiddetta FOIA (Freedom of Information Act), introdotta
con decreto legislativo n. 97 del 2016, è parte integrante del processo di
riforma della pubblica amministrazione, definito dalla legge 7 agosto 2015, n.
124. L’accesso civico generalizzato garantisce a chiunque il diritto di
accedere ai dati e ai documenti posseduti dalle pubbliche amministrazioni, se
non c’è il pericolo di compromettere altri interessi pubblici o privati
rilevanti, indicati dalla legge. Con la normativa FOIA, l’ordinamento
italiano riconosce la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle
pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale. Il principio che guida
l’intera normativa è la tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo
di tutti i soggetti della società civile: in assenza di ostacoli riconducibili ai
limiti previsti dalla legge, le amministrazioni devono dare prevalenza al
diritto di chiunque di conoscere e di accedere alle informazioni possedute
dalla pubblica amministrazione. L’accesso civico generalizzato, istituito
dalla normativa FOIA, differisce dalle altre due principali tipologie di
accesso già previste dalla legislazione. A differenza del diritto di accesso
procedimentale o documentale (regolato dalla legge n. 241/1990), garantisce
al cittadino la possibilità di richiedere dati e documenti alle pubbliche
amministrazioni, senza dover dimostrare di possedere un interesse
qualificato. A differenza del diritto di accesso civico “sempliceâ€
(regolato dal D.Lgs. n. 33/2013), che consente di accedere esclusivamente
alle informazioni che rientrano negli obblighi di pubblicazione previsti dalla
legge (in particolare, dal decreto legislativo n. 33 del 2013), l’accesso
civico generalizzato si estende a tutti i dati e i documenti in possesso delle
pubbliche amministrazioni, all’unica condizione che siano tutelati gli
interessi pubblici e privati espressamente indicati dalla legge (Fonte:
http://www.funzionepubblica.gov.it/foia-7)
411
“Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle
esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5, co. 2 del
D.Lgs. 33/2013â€.
11.3 Disposizioni in materia di prevenzione della
corruzione. Ruolo dell’ANAC (AutoritÃ
nazionale anticorruzione)412
Preliminarmente occorre ribadire che gli istituti, le scuole di ogni ordine e
grado, le istituzioni educative, espressamente ricomprese tra le
amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2 del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, sono destinatarie delle disposizioni in materia di
prevenzione della corruzione e trasparenza previste dalla legge n. 190/2012,
dai decreti attuativi, dal PNA (Piano Nazionale Anticorruzione) 2019/2021
approvato dall’Autorità con delibera n. 1064 del 13 novembre 2019 e
dai suoi successivi aggiornamenti.
Alla luce di tali disposizioni, l’Autorità nazionale anticorruzione
(ANAC) fornisce, nel rispetto della particolarità delle istituzioni scolastiche,
alcune indicazioni volte a orientare dette istituzioni nell’applicazione
della normativa anticorruzione e della disciplina in materia di trasparenza e
definisce alcune misure organizzative per consentire una piena attuazione,
non formalistica, del disposto normativo. Le Linee guida fornite con la
Delibera n. 430 del 13 aprile 2016 sono rivolte alle istituzioni scolastiche
statali cui è stata riconosciuta autonomia didattica, organizzativa e
gestionale ai sensi del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.
Anche per le istituzioni scolastiche statali debbono essere individuati il
Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) e il Responsabile
della trasparenza (RT).
Il Responsabile della prevenzione della corruzione
Nella Delibera n. 430/2016 è rappresentato in via preliminare come alla luce
del ruolo ricoperto e delle funzioni svolte dal dirigente scolastico cui compete
l’adozione di tutti i provvedimenti e atti di gestione delle risorse umane,
finanziarie e strumentali nell’ambito dell’istituzione scolastica di cui
è responsabile, l’Autorità non ritiene opportuno che lo stesso possa
assumere anche il ruolo di Responsabile della prevenzione della corruzione
(RPC). In quanto unica figura dirigenziale presente nelle istituzioni
scolastiche, l’attribuzione dell’incarico di RPC al dirigente scolastico
potrebbe, dunque, comportare uno svolgimento non efficiente delle funzioni e
dei compiti che la normativa prevede in capo allo stesso RPC, ciò in quanto
al dirigente competono attribuzioni e responsabilità di attività a rischio di
fenomeni corruttivi.
Stante il particolare assetto delle strutture preposte all’istruzione, lâ
€™Autorità ritiene necessario indirizzare la scelta del RPC verso altre
figure di livello dirigenziale che, seppure non organicamente inserite nelle
singole istituzioni scolastiche, siano idonee a svolgere tale incarico. In
considerazione del disposto normativo dell’art. 43 del decreto legislativo
n. 33/2013 secondo il quale all’interno di ogni amministrazione il
responsabile per la prevenzione della corruzione […] svolge, di norma, le
funzioni di Responsabile per la trasparenza, la delibera ANAC 430/2016
dispone che tenuto conto dell’articolazione periferica del sistema
scolastico e dei rapporti che intercorrono tra le istituzioni scolastiche e lâ
€™Amministrazione ministeriale, si ritiene di individuare il RPC nel
Direttore dell’Ufficio scolastico regionale413 le cui funzioni sono
rinvenibili nel coordinamento e monitoraggio delle attività di prevenzione
della corruzione assumendo le correlate responsabilità attribuite dalla
normativa per l’ambito territoriale di competenza.
Considerato l’ambito territoriale particolarmente esteso, al fine di
agevolare il RPC, i dirigenti di ambito territoriale operano quali referenti del
RPC […] mentre i dirigenti delle singole istituzioni scolastiche sono i
soggetti cui compete l’attuazione delle misure individuate nel Piano. A
tal fine è da rilevare che le misure, essendo di natura organizzativa e di
gestione delle ordinarie attività amministrative da attuare laddove il rischio
corruttivo è più elevato, rientrano integralmente tra le attività di
pertinenza dei dirigenti scolastici.
Il Responsabile della trasparenza
L’art. 43 del D.Lgs. n. 33/2013, nel delineare i compiti del RT, specifica
che il RPC di cui all’art. 1, co. 7, della legge n. 190/2012 svolge, di
norma, anche le funzioni di Responsabile della trasparenza. Considerata,
tuttavia, la numerosità delle istituzioni scolastiche che insistono su alcuni
ambiti territoriali e l’esigenza di garantire la qualità delle informazioni
da pubblicare, la correlazione con i bisogni informativi propri di ogni
istituzione scolastica, il loro costante aggiornamento, la completezza, la
tempestività dei dati, l’Autorità ritiene di individuare il dirigente
scolastico quale Responsabile della trasparenza di ogni istituzione scolastica.
Questo consente di acquisire e gestire i dati direttamente alla fonte, assicurare
una costante verifica sull’adempimento degli obblighi di pubblicazione
previsti dalla normativa vigente e garantire la qualità dei dati pubblicati,
come disposto dall’art. 6 del D.Lgs. n. 33/2013. Il Responsabile della
trasparenza, ai sensi dell’art. 5, co. 2, del D.Lgs. n. 33/2013, si pronuncia
in ordine alla richiesta di accesso civico e ne controlla e assicura la regolare
attuazione. Nel caso in cui il RT non ottemperi alla richiesta, il titolare del
potere sostitutivo di cui all’art. 5, co. 4, è individuato nel dirigente dellâ
€™ambito territoriale414.
Piano triennale per la prevenzione della corruzione e della trasparenza
Prima della novella apportata dall’art. 10 del D.Lgs. 97/2016, il comma 1
dell’art. 10 del D.Lgs. n. 33/2013 prevedeva l’adozione da parte di
ogni amministrazione di un Programma triennale per la trasparenza e lâ
€™integrità , da aggiornare annualmente. Nella nuova formulazione del
D.Lgs. 33/13, tale obbligo viene abrogato.
In ragione di ciò, è stata prevista la piena integrazione del Programma
triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI) nel Piano triennale di
prevenzione della corruzione, che ha assunto la nuova denominazione di
Piano triennale per la prevenzione della corruzione e della trasparenza
(PTPCT), di cui alla delibera n. 831/2016 dell’Autorità sul PNA 2016.
Il Piano Triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza
(PTPCT), secondo il disposto dell’articolo 1, c. 5, della Legge 6
novembre 2012, n. 190, costituisce la modalità principale attraverso la quale
le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al
Dipartimento della funzione pubblica un piano di prevenzione della
corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione
degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a
prevenire il medesimo rischio.
Il PTPCT rappresenta dunque lo strumento attraverso il quale il Ministero
descrive il “processo†finalizzato ad implementare una strategia di
prevenzione del fenomeno corruttivo ovvero all’individuazione e allâ
€™attivazione di azioni, ponderate e coerenti tra loro, capaci di ridurre
significativamente il rischio di comportamenti corrotti. Esso, quindi, è
frutto di un processo di analisi del fenomeno stesso e di successiva
identificazione, attuazione e monitoraggio di un sistema di prevenzione della
corruzione.
Ai fini della piena accessibilità delle informazioni pubblicate, il D.Lgs.
33/2013 prescrive che nella home page dei siti istituzionali è collocata unâ
€™apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente», al cui
interno sono contenuti i dati, le informazioni e i documenti pubblicati ai sensi
della normativa vigente.
Nella stessa sezione ogni amministrazione ha l’obbligo di pubblicare
il Piano triennale per la prevenzione della corruzione. Ogni istituzione
scolastica provvede ad inserire nella sezione “Amministrazione
trasparente†un link con un rinvio al Piano pubblicato dall’USR.
Dispone infatti l’art. 1, c. 15, della legge n. 190/2012 che ai sensi dellâ
€™art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, la trasparenza
dell’attività amministrativa […] costituisce livello essenziale delle
prestazioni concernenti i diritti sociali e civili (come già sancito dal D.Lgs.
150/2009) ed è assicurata mediante lo strumento della pubblicazione sui siti
istituzionali delle amministrazioni pubbliche delle informazioni concernenti
ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli strumenti
gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni
istituzionali […] allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto
dei principi di buon andamento e imparzialità .
Il Piano, la cui adozione è comunicata via mail a ciascun dirigente
scolastico ed a ciascuna istituzione scolastica, è precipuamente rivolto a
tutto il personale dipendente ed in servizio presso le istituzioni scolastiche del
territorio regionale, ivi compreso quello con qualifica dirigenziale, con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato, a tempo pieno e a
tempo parziale, nonché il personale comandato. Ciascun dipendente è
tenuto al rispetto delle misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nellâ
€™amministrazione.
A tal proposito è da dire che il pubblico dipendente che, nell’interesse
dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile
della prevenzione della corruzione e della trasparenza […] ovvero allâ
€™Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autoritÃ
giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a
conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere
sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura
organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di
lavoro determinata dalla segnalazione415.
Sempre in tema di trasparenza, al fine di operare una valutazione comparativa
dei Piani triennali dell’offerta formativa (PTOF), tale opportunità è
stata maggiormente incentivata dall’istituzione del “Portale unico dei
dati della scuola†(Legge 107/2015, art. 1, c. 136 sgg.) con il quale si
garantisce stabilmente l’accesso e la riutilizzabilità dei dati pubblici del
sistema nazionale di istruzione e formazione, pubblicando in formato aperto:
412
La trattazione che segue ha per oggetto di indagine procedimenti normativi
che a un lettore privo di una conoscenza preliminare dell’argomento
possono risultare alquanto ostici. Parte dell’esposizione normativa che
qui illustriamo è desunta dal “Piano triennale di prevenzione della
corruzione 2020 – 2022 del Ministero dell’istruzione†e dal “Piano
triennale per la prevenzione della corruzione e della trasparenza per le
istituzioni scolastiche dell’Emilia-Romagna, 2020-2022â€, dove ne viene
magistralmente tracciata una cronologia che qui rappresentiamo in larga
misura rielaborata. Per una disamina esaustiva, si rimanda ai Piani in parola.
413
Sebbene la norma, prevedendo la nomina di un Responsabile della
prevenzione e della corruzione, abbia inteso concentrare in un unico soggetto
le iniziative e le responsabilità della complessa azione di prevenzione, non
si può escludere che possano essere individuati “referenti†che siano di
supporto all’attività svolta dal RPCT nell’assolvimento dei compiti
assegnategli. In particolare, al fine di consentire l’effettiva attuazione del
Piano triennale di prevenzione della corruzione e dalla trasparenza del
Ministero dell’Istruzione, in ragione della complessa struttura
organizzativa che caratterizza l’apparato ministeriale, vengono
individuati nei Capi dipartimento e nei Direttori generali delle strutture
centrali e periferiche i Referenti del Responsabile della prevenzione della
corruzione e della trasparenza. Negli uffici scolastici regionali che a seguito
della riorganizzazione ministeriale di cui al D.P.C.M. 21 ottobre 2019, n.
140, in relazione alla popolazione studentesca della relativa Regione sono di
livello dirigenziale non generale, il referente della prevenzione della
corruzione eÌ€ individuato nel dirigente di seconda fascia preposto allâ
€™USR stesso.
414
Autorità Nazionale Anticorruzione, Delibera n. 430 del 13 aprile 2016.
415
Testo unico sul Pubblico impiego, D.Lgs. n. 165/2001, art. 54 bis, inserito
dall’art. 1, comma 51, L. 6 novembre 2012, n. 190 e modificato dall’
art. 31, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni,
dalla L. 11 agosto 2014, n. 114. Successivamente, il presente articolo è stato
così sostituito dall’ art. 1, comma 1, L. 30 novembre 2017, n. 179.