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RIASSUNTO: Pronti per cosa?

Lucia Balduzzi

CAPITOLO 1. La continuità come problema istituzionale

1. Una scuola frammentata Per comprendere appieno la centralità del tema della continuità nel contesto
educativo contemporaneo e l’eterogeneità dei fattori e degli elementi che la contraddistinguono può
essere utile ripercorrerne lo sviluppo attraverso alcune traiettorie di natura istituzionale e pedagogica che
ne hanno segnato il delinearsi fino a oggi. Fino alla metà del XX secolo l’analisi del sistema scolastico
metteva in evidenza frammentazioni e scollamenti, sia in verticale (fra diversi ordini e gradi), sia in
orizzontale (in relazione agli altri elementi del sistema sociale). Il motivo di questa frammentazione va
ricercato nella Legge Casati (1859) che stabiliva l’obbligo scolastico per tutti i cittadini.
La scuola elementare nasce come percorso per le classi popolari:
 a carico dei Comuni
 durata di 4 anni solo il primo biennio era obbligatorio
 compito specifico: fornire una educazione minima di scrittura, calcolo e lingua italiana e,
soprattutto, ammaestrare le classi al rispetto per le autorità e le leggi.
Dopo la scuola elementare si potevano continuare gli studi nella scuola media e poi all’università (classi più
abbienti) oppure si veniva introdotti al mondo del lavoro (classi popolari).
Riforma Gentile (1923) sanziona la funzione discriminatoria della scuola elementare, difatti per proseguire
gli studi nelle scuole secondarie erano previsti esami di ammissione con nota selettiva. L’intento era quello
di evitare una mobilità sociale, al tempo considerata pericolosa.
Per la età di 3/6 anni l’Italia aveva istituito l’asilo che diventò un aspetto centrale dell’azione politica dei
liberati moderati. Si riportano esperienze notevoli sul piano pedagogico ed educativo come le azioni di
Maria Montessori, Ferranti Aporti, le sorelle Agazzi. Purtroppo, queste iniziative non diventarono oggetto di
investimento politico ed economico per lo Stato.
Riforma Gentile istituisce il grado preparatorio per i bambini3-6 anni caratterizzandolo con finalità
ricreative indirizzate a disciplinare le prima manifestazioni dell’intelligenza e del carattere del bambino. Si
afferma, da un lato, che il lavoro con l’infanzia rappresenta il primo grado di un percorso educativo ma,
dall’altro, che esso era considerato subalterno alla scuola elementare (non vi era necessità di cambiare le
norme).
L’istituzione infantile era affidata ai Comuni che molto spesso non avevano le risorse necessarie da
investire. Questo spazio fu occupato dalle istituzioni religiose.
La frammentarietà si ritrova, quindi, nella modalità istituzionale…
 Presenza di scuole “scarico” avviamento al lavoro o scuola post-elementare, introdotta in via
“amministrativa” cioè senza discussione parlamentare.
 Tipologie di gestione (fra enti locali, Stato e privati) pluralità di regole e organizzazioni.
 Formazione del corpo docente corsi triennali (scuola magistrale) per materna, quadriennali
(istituto magistrale) per elementari, lauree disciplinari per medie.
 … nella modalità organizzativa…
 Diversi tempi scuola esistenti fra scuola dello stesso ordine e fra gradi diversi.
 Differenze delle connotazioni culturali e di procedure didattiche.
 …e negli aspetti curriculari:
 Programmi e orientamenti diversi emanati in tempi diversi e secondo teorizzazioni pedagogico-
culturali diverse.
 Differenza dei metodi spesso in base alla partecipazione attiva degli alunni.
 Metodi e giudizi per la valutazione.

2. Alla “conquista” della continuità Il percorso istituzionale La fine della guerra trovò l'Italia in condizioni
drammatiche: il paese era da ricostruire, l'industria inefficiente, problemi di disoccupazione e di
analfabetismo che investivano buona parte della popolazione.

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Per quanto riguarda la scuola, l'intervento più immediato fu quello rivolto a eliminare i contenuti più legati
al regime fascista, compiuto ripulendo i libri di testo e promulgando nuovi programmi. Questi interventi
appaiono superficiali, ma nel frattempo erano stati emanati principi essenziali riguardanti la scuola e le sue
finalità nel testo legislativo più importante del dopoguerra: la Costituzione della Repubblica Italiana.
Il dibattito politico s'incentrò in particolare sulla scuola media ereditata dal fascismo. Le discussioni
politiche e pedagogiche dell'epoca misero in luce due posizioni contrapposte:
 quella dei partiti di governo che presentarono propose che ricalcavano la struttura della carta
della scuola;
 quella dei partiti di sinistra che proponevano un progetto di legge con una struttura unica per
tutti, per l'eliminazione delle discriminazioni sociali.
Nel documento principale di riferimento, la proposta di legge n. 359 e 904 A bis del 1961, "Istituzione della
scuola obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni e istituzione della scuola media" presentata dei senatori Donini e
Luporini, viene infatti menzionato in introduzione il tema della continuità (o meglio la critica a una certa
discontinuità) istituzionale ed educativa, cui le proposte avrebbero dovuto porre rimedio.
Queste discussioni si collocavano in un momento di notevole sviluppo economico e sociale, in cui i rapporti
di forza erano mutati in senso più favorevole ai ceti lavoratori mentre, sul piano politico, s'affacciava una
nuova formula di governo di centro-sinistra: in questo contesto fu approvata la legge istitutiva della scuola
media unica, la Legge 31 dicembre 1962, n. 1859. Essa proponeva un percorso formalmente unitario, con il
quale tutti potevano assolvere il diritto-dovere dell'obbligo scolastico fino al quattordicesimo anno d'età.
Questa struttura sanciva l'unicità del percorso, l'eliminazione del latino, la riorganizzazione degli studi
attraverso un gruppo di discipline comuni in funzione dell'innalzamento culturale di base, realizzato
attraverso l'inserimento e la rivalutazione di alcuni insegnamenti.
L'aspetto più rilevante però consisteva nell'affermazione che il processo formativo deve svilupparsi a partire
dal livello di formazione ricevuto nella scuola elementare.
L'arco dell'età di riferimento del sistema formativo si ampliava arricchendosi di un altro tassello: il 9 marzo
1968 il Parlamento approvò in via definitiva la legge che istituiva la scuola materna statale (L. 18 marzo
1968, n. 444). L'approvazione avvenne rapidamente, ma questo provvedimento aveva portato alla caduta
di un Governo e aveva conosciuto un dibattito, molto serrato, intenso e carico di ambiguità, che il
provvedimento non superava completamente, lasciando l'impressione che si fosse voluto costruire una
legge che sancisse la presenza degli interventi statali, laddove la speculazione privata non aveva
convenienza a istituire scuole proprie.
Nonostante ciò, questa legge era molto importante perché, innanzi tutto, sanciva per la prima volta
l'impegno diretto dello Stato in questo settore fino ad allora delegato ad altri enti; in secondo luogo, si
poneva come base per un processo formativo che interessava i bambini.
Queste riforme segnavano una svolta importante, perché avviavano la trasformazione concreta di una
scuola che stava conoscendo un'ampia crescita quantitativa del numero dei frequentanti e un ampliamento
della tipologia sociale. Il percorso rimaneva ancora frammentato, ma al suo interno cominciavano ad
affacciarsi riflessioni che affrontavano il problema della crescita.

Il percorso culturale e pedagogico A partire dagli anni '70, ci si rese conto che frammentazione e
discontinuità erano alla base di molte delle disfunzioni scolastiche e, in particolare, della forte selezione che
avveniva nelle prime classi.
Ci fu un passaggio significativo dove comparvero:
 il concetto di diritto allo studio, che le Proposte per il nuovo piano della scuola (1971) assunsero
come uno dei progetti qualificanti all'interno della scuola di stato
 l'esigenza del miglioramento qualitativo del sistema scolastico
 l’adeguamento ai nuovi fini sociali
 la riqualificazione del personale docente.
Si originò una prospettiva di lotta alla disuguaglianza, che poneva al suo centro la riflessione sulla
continuità, il cui significato è individuato chiaramente da Piero Bertolini, che sottolineava che non
dovrebbero esserci grandi disparità nelle opportunità reali di sviluppo dei cittadini.

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La continuità, perciò, va considerata come il perno di una concezione dell'educazione non sbilanciata su
uno dei suoi versanti e strumento per rifiutare ogni modello educativo unilaterale. Essa deve, cioè,
rappresentare uno dei punti qualificanti di un progetto educativo complessivo, capace di dare a tutti i
bambini ciò di cui hanno bisogno per sviluppare correttamente la loro personalità, in relazione con
l'ambiente e la cultura in cui sono inseriti o dovranno inserirsi in futuro. Da questo punto di vista, la
prospettiva della continuità deve coinvolgere sia la famiglia, sia la scuola.
Bertolini disegna un quadro preciso del senso e delle direzioni della continuità:
o verticale dove s'inserisce il concetto di "scuola di base" (0-14 anni), rivendicando la funzione
educativa dell'asilo nido e della scuola materna;
o orizzontale, in relazione a famiglia e territorio.
Al tempo stesso afferma che la prospettiva della continuità debba consentire di riconoscere e di valorizzare
le esperienze compiute dalle bambine e dai bambini.
La discontinuità, quindi, va considerata in un costante rapporto dialettico, teso a evitare la presenza di salti
e differenze rigide tra situazioni che richiedono momenti di sviluppo e di consolidamento e in cui esistono
sia le permanenze, sia gli elementi di novità e le dissonanze, dimensioni tutte necessarie al pieno sviluppo
di bambine e bambini.
Continuità del processo educativo significa che ogni struttura scolastica deve mantenere la propria identità
e la propria peculiarità, costruite attraverso una progressiva introduzione di proposte diversificate,
strutturate, con progetti più ampi e a lungo termine e con allargamento - nel tempo e nello spazio - delle
esperienze culturali e degli strumenti che le rendono possibili.
Considerata sulla base di queste chiavi di lettura, il principio pedagogico della continuità va anche inserito
in una riflessione più ampia che rimanda a problematiche di carattere psicologico, sociale, culturale.
Dal punto di vista psicologico appare opportuno un riferimento al processo di sviluppo, in cui momenti di
progressione lineare e cumulativa si alternano a regressioni, involuzioni, stasi. La continuità va considerata,
in questo caso, come la persistenza degli elementi fondamentali della personalità da difendere contro i
rischi di frammentarietà e di disgregazione che i cambiamenti possono apportare. Si presenta significativo il
rapporto che la personalità del bambino in formazione stabilisce con le diverse strutture con cui entra in
contatto.
La continuità, perciò, va considerata all'interno di un contesto sistemico che ha come centro il bambino e si
articola attraverso espansioni sempre più ampie e complesse.
Il processo di apprendimento assume una particolare importanza e appare evidente che la continuità
educativa non debba essere intesa rigidamente e che lo sviluppo per stadi non si articola in termini
meccanici e predeterminati per tutti allo stesso modo. Risulta pertanto problematico costruire un percorso
formativo "adeguato" su una continuità educativa fondata unicamente su un quadro di sviluppo.
La continuità sposta così il suo riferimento centrale dal piano psicologico a quello sociale, per combattere le
varie forme di condizionamento socioculturale attraverso scuole di pari efficacia per tutti ma, soprattutto, a
quello metodologico-didattico con l'affermarsi della programmazione e della logica curricolare. Pensare a
un curricolo bilanciato tra i vari gradi scolastici comporta una visione dialettica ed equilibrata del rapporto
sviluppo-educazione ma comporta soprattutto la considerazione della scuola come luogo in cui si lavora su
argomenti e concetti, attraverso attività che devono essere insegnate per essere apprese.

3. Continuità, programmi, orientamenti Anche se, fino al 1994, materna, elementare e media sono rimaste
separate istituzionalmente, non sono mancati espliciti riferimenti a una complessiva unitarietà delle tre
scuole. Il primo punto di riferimento è legato al fatto che tutti i gradi scolastici inseriscano fra le proprie
finalità, la formazione dell'uomo e del cittadino, con un esplicito richiamo alla continuità dei processi
formativi. Comuni ai tre livelli scolastici ci sono alcuni aspetti fondamentali:
- il riferimento al principio del diritto all'educazione, con il richiamo manifesto alla Costituzione e ai
documenti sui diritti dei bambini e delle bambine, cui spettano, in quanto persone, diritti
inalienabili alla vita, all'educazione, all'istruzione;
- l'impegno nei confronti de soggetti socio-culturalmente svantaggiati o dei bambini con disabilità.

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I Programmi della scuola media (DM 9 febbraio 1979) Questo documento nasce dalla percezione che la
scuola media non ha costruito un percorso capace di offrire una reale uguaglianza delle opportunità
educative. Come aveva denunciato Lettera a una professoressa, la scuola media conservava criteri di
selezione legati a vecchi schemi valutativi, cui s'erano aggiunti metodi più sofisticati e molti alunni, anche se
terminavano gli studi, non uscivano con le capacità critiche e le conoscenze necessarie per vivere e lavorare
come previsto dalla Costituzione.
Nel testo sono presenti numerosi richiami al collegamento con la scuola elementare e alla continuità poiché
è rilevato il carattere unitario dei processi educativi. Nei principi e fini generali della scuola media
compaiono affermazioni importanti: "la scuola media è formativa in quanto si preoccupa di offrire occasioni
di sviluppo in tutte le direzioni", favorendo "la progressiva maturazione della coscienza di sé e del proprio
rapporto con il mondo esterno"; è orientativa, ma soprattutto, "successiva alla scuola primaria, si colloca
all'interno di un processo unitario di sviluppo della formazione, che si consegue attraverso la continuità
dinamica dei contenuti e delle metodologie, nell'arco dell'istruzione obbligatoria".
Nella seconda parte, "una scuola adeguata all'età e alla psicologia dell'alunno" sono indicati gli aspetti
salienti della costruzione delle capacità di astrazione, di problematizzazione e di costruzione di un nuovo
rapporto col mondo. Questo passaggio, però, appare quello più significativo: dato per scontato che alla
scuola media accedono alunni che hanno un retroterra sociale e culturale ampiamente differenziato, la
scuola media deve programmare i propri interventi in modo da rimuovere gli effetti negativi dei
condizionamenti sociali, da superare le situazioni di svantaggio culturale e da favorire il massimo sviluppo di
ciascuno e di tutti.
Nella quarta parte, Le discipline come educazione. Metodologie dell'apprendimento, i programmi affermano
che tutte le discipline curricolari, promuovono nell'allievo comportamenti cognitivi, gli propongono la
soluzione di problemi, gli chiedono di produrre risultati verificabili, esigono che l'organizzazione concettuale
e la verifica degli apprendimenti siano consolidate mediante linguaggi appropriati.
Pur considerate nella loro specificità, le discipline si propongono come strumento e occasione di uno
sviluppo unitario, articolato e ricco, "passando da esperienze di vita più globali e di cultura più
indifferenziate, proprie della scuola primaria, a quelle più articolate e specifiche della scuola secondaria di
primo grado", perché "l'insegnamento della scuola media 'innesta sull'effettivo grado di sviluppo o di
preparazione conseguito nel corso dell'istruzione primaria".
Per questo scopo, non è sufficiente prendere atto delle condizioni soggettive di maturazione e di
preparazione raggiunte da ogni alunno. È necessario che la scuola media predisponga la sua organizzazione
didattica avendo presenti i caratteri metodologici inerenti alle attività educative realizzate nella scuola
elementare, precostituendo in tal modo una situazione scolastica nella quale la progressione dei processi di
apprendimento e di maturazione dell'alunno non abbia a subire compressioni artificiose o sollecitazioni
innaturali.

I Programmi della scuola elementare (DPR 12 febbraio 1985, n. 104) I Programmi della scuola elementare
si aprono con l'affermazione del diritto allo studio che si configura come formazione dell'uomo e del
cittadino, ispirandosi alla Costituzione e alla dichiarazione dei diritti dell'uomo e del fanciullo finalità che
"non si traducono nella conquista a tempo determinato di particolari saperi o abilità, ma investono la
totalità delle manifestazioni individuali”. Per conseguire questo obiettivo la scuola elementare promuove la
prima alfabetizzazione culturale, contribuendo alla rimozione degli ostacoli che limitano la libertà e
l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana; essa pone dunque le
premesse dell’esercizio del diritto-dovere di partecipare alla vita sociale. Il riferimento alla continuità
appare qui più ricco e complesso proprio per il suo richiamo sia al concetto, più classico, di continuità
verticale, sia a quello meno diffuso di continuità orizzontale. Inoltre, il secondo paragrafo della Premessa
presenta riferimenti specifici ai momenti di raccordo con le altre scuole e pone l'accento sul ruolo
fondamentale della famiglia.
Si afferma infatti che: la scuola elementare contribuisce a promuovere la continuità del processo educativo,
condizione essenziale per assicurare il positivo conseguimento delle finalità dell'istruzione obbligatoria. In
questa prospettiva un ruolo fondamentale compete alla scuola materna che, integrando l'opera della

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famiglia, concorre a favorire condizioni educative e di socializzazione idonee a eliminare, quanto più
possibile, disuguaglianze di opportunità nel processo di scolarizzazione.
La scuola elementare ha il compito di favorire, attraverso la partecipazione democratica degli organi
collegiali, l'interazione con la famiglia, costruendo un momento di riflessione aperta dove si aiutano gli
alunni a conoscere la complessa realtà che li circonda.

Gli orientamenti della Scuola materna statale (DM 3 giugno 1991, n. 139) Negli Orientamenti per la scuola
materna statale è possibile riscontrare due aspetti fondamentali.
 Il primo è l'incipit che rimanda ai programmi degli altri livelli scolastici mediante il riferimento alla
Costituzione e alle dichiarazioni dei diritti del bambino e dell'adolescente, che vanno collegati alle
rapide trasformazioni sociali e culturali.
 Il secondo è il riconoscimento che la scuola per l'infanzia ha assunto la forma di una vera istituzione
educativa, in cui sono state istituite istanze di natura pedagogica con cui si sono costruiti progetti
educativi ricchi e complessi.
Il quadro disegnato da una società in movimento e delle trasformazioni dell'istituto familiare richiede una
scuola che si proponga come espressione di una politica pedagogica consapevole delle sfide provenienti
dalle nuove dinamiche socioculturali. L’impegno della scuola per l'infanzia risulta, perciò, centrale nella
lotta ai condizionamenti che, costruiti in questa età, possono influenzare tutto il successivo sviluppo.
Le strutture linguistiche e logico-matematiche dell'intelligenza si costruiscono, infatti, in questo periodo e
condizionano gli sviluppi successivi, ma è dimostrato anche che la scuola può intervenire in maniera molto
positiva su questo contesto.
Il riferimento esplicito alla continuità educativa è più articolato e ricco di suggerimenti rispetto a quello
degli altri programmi. Per prima cosa richiama un bambino "storico", la cui identità culturale si sostanzia in
un complesso intreccio di esperienze che dipendono dall'ambiente in cui vive.
Il primo aspetto, perciò, si lega esplicitamente alla prospettiva di continuità orizzontale. Risulta importante
prevedere un sistema di rapporti interattivi con le istituzioni del territorio, perché la scuola ha il compito di
raccordare le conoscenze acquisite negli ambienti in cui il bambino vive, per permettergli una prima
organizzazione delle esperienze compiute, arricchendole con le risorse umane culturali e didattiche presenti
nella famiglia e nel territorio e messe a disposizione dagli enti locali. Altrettanto importanti sono i
collegamenti con i livelli scolastici contigui.
Per costruire collegamenti e raccordi, gli Orientamenti fanno riferimento a programmazioni educative e
didattiche, confronti e verifiche istituzionalmente preordinate tra i vari operatori professionali, con i
genitori, il rapporto organico fra le scuole e le organizzazioni del territorio. Fondamentali, da questo punto
di vista, appaiono l'attenzione da prestare all'accoglienza, con momenti d'interazione con gli educatori
dell'asilo nido, per predisporre modi di osservazione sistematica del comportamento.
L'aspetto della continuità verticale che richiede una particolare cura è, però, quello con la scuola
elementare che è finalizzata al coordinamento del curricolo degli anni ponte, alla comunicazione
d'informazioni utili sui bambini e sui percorsi didattici effettuati, alla connessione fra i rispettivi impianti
metodologici e didattici e all'eventuale organizzazione di attività comuni. Uno strumento importante per
realizzare queste prospettive è la programmazione coordinata di obiettivi, itinerari e strumenti di
osservazione e di verifica, accompagnata da momenti condivisi di formazione per gli insegnanti dei due
gradi di scuola.
In questa prospettiva può essere utile considerare attentamente gli strumenti predisposti in alcune
sperimentazioni per accompagnare il bambino nel viaggio da un'istituzione all'altra. Bisogna stare attenti ad
evitare il rischio di originare un "effetto Pigmalione” (la presentazione di un bambino condiziona il modo
con cui gli insegnanti giudicheranno i suoi comportamenti).

Continuità e riforma della scuola elementare (L. 5 giugno 1990, n. 148) Negli anni '80 emerge e diventa
sempre più determinata la necessità di una trasformazione della scuola elementare. Nel 1980 il ministro
Bodrato istituì una commissione per individuare le modalità di una riforma, proponendo alcune richieste
essenziali: elaborazione di nuovi programmi didattici; revisione degli ordinamenti; sviluppo di un'ampia
formazione in servizio dei docenti. La commissione prese il nome da Giuseppe Fassino, sottosegretario alla
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pubblica istruzione. Concluse i lavori nel 1982, presentando una relazione che conteneva la proposta di
nuovi programmi e un attento esame degli aspetti strutturali e organizzativi. Si giudicava, infatti, necessario
superare il divario esistente fra scuola "legale" e scuola "reale".
I nuovi programmi dovevano superare questo dislivello costruendo "la risposta da un lato alla domanda
sociale e dall'altro alla domanda personale del fanciullo: risposta che si traduce in condizioni di
riorganizzazione della scuola e dei suoi rapporti con la cultura e con la società". Era necessario che i
programmi costituissero un riferimento per la costruzione di un quadro normativo che garantisse la
possibilità di una loro applicazione: una moderna alfabetizzazione culturale, le nuove aggregazioni
disciplinari postulavano la revisione dei criteri organizzativi, l'ampliamento degli orari, l'arricchimento delle
dotazioni didattiche, la riqualificazione del ruolo docente.
Il dibattito parlamentare fu lungo e si svolse con discussioni spesso aspre che comportarono mediazioni e
compromessi. Vanno indicati i suoi aspetti principali:
- l'organizzazione delle classi e la pluralità dei docenti, che ha dato vita ai moduli didattici,
articolazione di due o più classi, con riferimento a un unico gruppo di docenti;
- l'ampliamento del tempo scuola e la legittimazione del tempo pieno;
- la riorganizzazione dell'intervento docente articolato per ambiti disciplinari;
- l'introduzione della lingua straniera;
- l’'integrazione degli alunni con handicap', che trovò poi la sua sanzione normativa nella Legge
quadro 104/1992.

La continuità (DM 16 novembre 1992) II DM 16 novembre 1992 si rende necessario in applicazione della
legge di riforma dell'ordinamento della scuola elementare (Legge 5 giugno 1990, n. 48) che ne prevede la
realizzazione nel secondo comma dell'art. 1 e nell'art. 2 richiamando gli elementi e le forme di raccordo fra i
diversi ordini scolastici. Nel primo caso la legge afferma che la scuola elementare, anche mediante forme di
raccordo curricolare e organizzativo con la scuola materna e con la scuola media, contribuisce a realizzare
la continuità del processo educativo". La continuità diventa, perciò, elemento portante di un percorso
educativo, ispirato a uno scopo comune, condizione essenziale per assicurare agli allievi il positivo
conseguimento delle finalità dell'istruzione obbligatoria. E sancita, in questo modo, la centralità della scuola
elementare nel percorso formativo che inizia dalla scuola dell'infanzia e giunge alla scuola media. Si rompe
la compartimentalizzazione tra i gradi di scuola e quindi la pretesa autosufficienza di ciascuno di essi, poiché
una corretta azione educativa richiede un progetto formativo continuo.
L'art. 2 è interamente dedicato alla continuità e prevede un apposito decreto ministeriale, già richiamato,
che presti attenzione ai suoi aspetti fondamentali:
- la comunicazione dei dati sull' alunno e di informazioni in collaborazione con la famiglia;
- il coordinamento dei curricoli degli anni iniziali e terminali;
- la formazione delle classi iniziali;
- il sistema di valutazione degli alunni;
- l'utilizzo dei servizi di competenza degli enti territoriali.
Per la formulazione del decreto fu nominato un gruppo di lavoro, presieduto da Clotilde Pontecorvo, che
elaborò una relazione articolata in cinque punti:
1. significato e ragioni della continuità educativa;
2. la continuità in rapporto alle impostazioni pedagogiche dei diversi gradi di scuola;
3. per un progetto di continuità nella programmazione curricolare;
4. linee organizzative di realizzazione della continuità verticale;
5. la continuità orizzontale: servizi di competenza territoriale e rapporti con l'extra-scuola.
Il documento si presenta con un forte spessore pedagogico e culturale e analizza con attenzione le ragioni
socio-educative, psicologiche e pedagogiche che stanno a fondamento di una continuità che nasce
dall'esigenza primaria di garantire il diritto del bambino/ragazzo a un percorso formativo organico e
completo, prevenendo ed evitando la dispersione scolastica che si riscontra soprattutto nel passaggio tra i
diversi gradi di scuola.

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La relazione forniva suggerimenti per costruire concretamente "progetti di continuità" nell'ambito della
programmazione curricolare e indica le modalità organizzative per garantire livelli di coordinamento, di
decisione e di verifica.
La circolare n. 339 del 16 novembre 1992, che trasmetteva il Decreto Ministeriale sulla continuità, individua
la programmazione educativa e didattica come pratica qualificante di ogni grado di scuola, da rapportare a
un itinerario curricolare articolato, organico e condiviso.
Punti essenziali risultavano:
 il coordinamento dei curricoli (prestando particolare attenzione agli anni iniziali e terminali dei
percorsi);
 la conoscenza del percorso formativo dell'alunno;
 il suo fascicolo personale;
 la realizzazione di una continuità orizzontale che prestasse attenzione alle risorse del territorio.
Una forte enfasi era riservata alle fasi operative:
 la prima era costituita dagli incontri dei dirigenti delle scuole che insistevano sullo stesso
territorio (si faceva riferimento all'ambito distrettuale) per operare una ricognizione dei problemi
specifici e costruire le opportune forme di collegamento;
 la seconda vedeva dei collegi dei docenti, che dovevano costruire un gruppo di lavoro interno
per la continuità, formulando i piani d'intervento da elaborare in seguito, progettando azioni
positive di raccordo.
Il decreto precisava in maniera dettagliata le operazioni da effettuare per realizzare il raccordo pedagogico,
curricolare e organizzativo tra le diverse scuole
-precisava l'art. 1 - i collegi dei docenti elaborano, nell'ambito della programmazione educativa e didattica,
piani d'intervento per promuovere la continuità", indicando "finalità e obiettivi, forme di collegamento con
le realtà culturali, ambientali e sociali presenti sul territorio, nonché modalità di verifica e valutazione (DM
16 novembre 1992).

Circolare Ministeriale 16 novembre 1992, n. 339 Oggetto: Continuità educativa.


Introduzione II Decreto Ministeriale rende concretamente operante nelle scuole materne, elementari e
medie di tutto il territorio nazionale un principio, che appare essenziale per assicurare il conseguimento
delle finalità della formazione di base. Costituisce, inoltre, motivo di riflessione per l'intero sistema
scolastico, all'interno del quale ogni scuola è tramite tra ciò che la precede e ciò che la segue.

1. Ragioni e obiettivi della continuità La continuità nasce dall'esigenza primaria di garantire il diritto
dell'alunno a un percorso formativo organico e completo, che mira a promuovere uno sviluppo articolato e
multidimensionale del soggetto, il quale costruisce così la sua particolare identità. Una corretta azione
educativa, infatti, richiede un progetto formativo continuo. Essa si propone anche di prevenire le difficoltà
che si riscontrano nei passaggi tra i diversi ordini di scuola, prevedendo opportune forme di
coordinamento.
Continuità del processo educativo consiste nel considerare il percorso formativo secondo una logica di
sviluppo coerente, che valorizzi le competenze già acquisite dall'alunno e riconosca la specificità e la pari
dignità educativa dell'azione di ciascuna scuola. Se si considerano le finalità generali, la prima costruzione
dell'identità, dell'autonomia e della competenza, che caratterizza la scuola materna, è poi ripresa dalla
scuola elementare che pone le basi per un esercizio consapevole delle capacità cognitive e sociali. La scuola
media è la sede in cui le discipline di studio e le attività didattiche sono elementi di auto-orientamento per
la costruzione di capacità di scelta e di decisione basate su di una ben fondata e "verificata conoscenza di
sé".

2. Piani di intervento per promuovere la continuità Le forme e le modalità del raccordo richiamate
esplicitamente dall'art. 2 della Legge n. 148/1990 comportano l'elaborazione di piani di intervento mirati a
promuovere la continuità, intesi come progettazione intenzionale e organizzata di "azioni positive" che
garantiscano il raccordo tra le scuole e con l'extra-scuola. Tali piani devono trovare la loro necessaria

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collocazione all'interno della più generale programmazione educativa e didattica articolata, organica e
condivisa.
Coordinamento dei curriculi È indispensabile una approfondita conoscenza dei programmi nazionali dei
diversi gradi di scuola, come base per azioni educative coordinate. Un progetto di continuità curriculare
comporta l'individuazione di obiettivi, coordinati in senso longitudinale in relazione al progressivo sviluppo
dell'alunno.
Essi, infatti, sottolineano l’importanza dell'acquisizione di abilità, di conoscenze, di strategie, di
consapevolezze, di comportamenti, all'interno dei campi di esperienza della scuola materna, come ambiti
disciplinari emergenti gradualmente nella scuola elementare, come discipline di studio nella scuola media.
Tali aeree hanno pari dignità formativa e si caratterizzano per quadri concettuali e metodologici
differenziati di cui è essenziale che siano consapevoli e competenti tutti i docenti.
Per la realizzazione della continuità educativa hanno, poi, un'importanza cruciale la conoscenza reciproca,
la problematizzazione e la progressiva armonizzazione delle concezioni e strategie didattiche, degli stili
educativi e delle pratiche d'insegnamento-apprendimento. L’azione didattica deve porre le condizioni
affinché il soggetto sia sempre costruttore attivo delle sue competenze, anche grazie a forma di
responsabilizzazione personale via via crescenti. Una particolare attenzione va dedicata al coordinamento
dei curricoli degli anni iniziali e terminali. Pertanto, nel quadro del previsto coordinamento dei curricoli, si
potranno realizzare, a titolo esemplificativo:
• conoscenza dei programmi reciproci;
• identificazione di percorsi curriculari continui relativamente alle aeree di intervento educativo comune;
• momenti di collaborazione incrociata, in classe, degli insegnanti delle due
scuole sulla base di specifici progetti;
• incontri e attività in comune tra gli alunni delle classi degli anni "ponte" insieme ai loro insegnanti.

Conoscenza del percorso formativo dell'alunno Un significato strategico assume, ai fini della continuità,
l'adeguata conoscenza-documentazione del percorso formativo dell'alunno. In questa prospettiva vanno
innanzi tutto collocate le informazioni sull'alunno e il contesto in cui la scuola opera, finalizzato alla
elaborazione di curriculi flessibili che possano rispondere in modo mirato alla domanda formativa di ciascun
bambino/ragazzo. Si possono richiedere ai genitori proprie osservazioni e indicazioni sui "punti di forza" o
di difficoltà di cui la scuola dovrà tener conto nel proprio intervento. Queste informazioni saranno collegate
ai "dati" sull'alunno che comprendono gli elementi informativi sul rendimento scolastico, la
documentazione relativa agli accertamenti e alle osservazioni sistematiche dei docenti, agli eventuali
interventi personalizzati e ai relativi esiti.
Il coordinamento dei sistemi di valutazione dei diversi gradi scolastici contribuirà ad aiutare gli operatori nel
compito essenziale di individuare le caratteristiche generali e specifiche dei soggetti, anche attraverso la
predisposizione di comuni strumenti di rilevazione.
Infatti, la conoscenza/valutazione di un processo formativo è data dalla esplicitazione dei punti di partenza,
degli interventi operati e dei conseguiti punti di arrivo del percorso.

Fascicolo personale dell'allievo Allo scopo di dare adeguata documentazione del percorso formativo di
ogni soggetto, il decreto istituisce il fascicolo personale dell'allievo. Questo strumento consiste in un
"raccoglitore" che conterrà i dati di tipo amministrativo (anagrafici, sanitari, scolastici, il foglio notizie), i
documenti di valutazione, la documentazione specifica per gli alunni portatori di handicap (diagnosi
funzionale, progetto educativo personalizzato), nonché ogni altro elemento significativo di conoscenza
dell'alunno, di documentazione della sua esperienza scolastica, acquisito anche in collaborazione con la
famiglia. Il fascicolo, quindi, è una ordinata e razionale raccolta di documentazione, accompagnata da una
sintesi globale elaborata collegialmente al termine di ogni grado scolastico, utile per la migliore conoscenza
di tutti gli alunni e in specifico di quelli in condizione di svantaggio che hanno seguito particolari percorsi
formativi come ad esempio extracomunitari e migranti.
L'istituzione scolastica che accoglie l'alunno deve richiedere alla scuola di provenienza il fascicolo personale
la cui trasmissione costituisce obbligo per quest'ultima e deve avvenire in tempo utile per la
predisposizione degli adempimenti connessi con l'avvio dell'anno scolastico. Questa base informativa è
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necessaria anche ai fini della formazione delle classi iniziali, in quanto la conoscenza della "storia"
dell'alunno nel grado scolastico precedente è essenziale per tener conto dei livelli di competenza raggiunti,
delle relazioni sociali già costruite, dei fattori socioculturali di sfondo.
Inoltre, aiutano gli operatori dei vari segmenti scolastici nell'impostare una progettazione curriculare che
non azzeri le esperienze già compiute e le competenze acquisite già raggiunte dagli alunni, ma che valorizzi
le acquisizioni anche nella loro variabilità intra e interindividuale.
"Continuità orizzontale" I rapporti tra la scuola, le famiglie, gli enti e le istituzioni territoriali danno luogo al
costituirsi di un ecosistema formativo, che pone l'esigenza di assicurare la continuità educativa
"orizzontale" tra i diversi ambienti di vita e di formazione dell'alunno. I rapporti con le famiglie sono
occasioni di partecipazione diretta e fonte di informazioni utili alla programmazione dell'attività scolastica,
soprattutto, al momento del primo ingresso degli alunni in un grado scolastico. Inoltre, nei momenti di
passaggio da un grado all'altro sarebbe utile promuovere incontri "triangolari" tra i genitori e i docenti dei
gradi contigui.
Dovrà essere presa in considerazione anche l'utilizzazione delle strutture scolastiche e dei servizi (trasporti,
mense, assistenza) di competenza degli Enti territoriali. È da tener presente, in proposito, che secondo le
indicazioni della più recente normativa in ordine alla razionalizzazione della rete e dell'edilizia scolastica “I
piani dovranno inoltre considerare e favorire l'utilizzo di edifici e attrezzature scolastiche fuori dall'orario
delle lezioni, per attività di realizzazione della funzione della scuola in quanto centro di promozione
culturale e sociale”. In materia di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap, si pone
l'esigenza di interventi congiunti e coordinati per “l'attuazione di precoci interventi atti a prevenire il
disadattamento e l'emarginazione e la piena realizzazione del diritto allo studio".
Analogamente, il piano nazionale di intervento sul fenomeno della dispersione scolastica nella scuola
dell'obbligo, ha previsto la realizzazione di "progetti integrati di aerea" fondati sulla integrazione delle
competenze dei diversi soggetti referenti per la piena realizzazione del diritto allo studio.
È evidente che tali indicazioni potranno trovare ora collocazione organica nell'ambito dei piani di intervento
finalizzati a promuovere la continuità sia "in verticale", tra i diversi gradi, sia "in orizzontale", tra scuola e
territorio.

Modalità di attuazione La promozione della continuità si sviluppa mediante il piano di intervento inserito
nella programmazione, a partire dal quale si sviluppa il processo di attuazione delle "azioni positive" di
raccordo tra le scuole.
Le fasi operative Il decreto prevede tre momenti organizzativi.
o Il primo concerne gli "appositi incontri" che saranno effettuati dai dirigenti scolastici delle "scuole
che insistono sullo stesso territorio” al fine di operare una ricognizione dei problemi specifici che
vengono posti dall'istanza della continuità e di elaborare comuni "progetti di continuità".
È da sottolineare l'importanza della conoscenza del contesto, affinché le scuole costruiscano i
progetti tenendo conto delle esigenze particolari delle situazioni socioculturali in cui esse operano.
Al fine di definire forme di collegamento con le realtà culturali, ambientali e sociali presenti sul
territorio, si stabiliranno rapporti organici con le famiglie, le comunità, le risorse offerte dall'extra-
scuola, sulla base della rilevazione dei bisogni e dell'individuazione delle potenzialità. Occorre
valorizzare le differenze di potenziale che caratterizzano la vita scolastica: la differenza e le pari
dignità fra i sessi, fra ragazzi di diversi ambienti e di diverse culture, la differenza fra i diversi gradi di
scuola in prospettiva di una continuità che sia anche ricordo capacità di anticipazione, capacità di
integrazione e di reciproco arricchimento. Il lavoro progettuale comune consentirà altresì di
collocare in tempi adeguati e di finalizzare meglio esperienze di rapporto scuola/extra-scuola
evitando ripetizioni o sovrapposizioni.
o Il secondo momento vede ciascun Collegio dei docenti delle scuole precedentemente individuate,
impegnato a designare -quei docenti (mediamente 3 per ogni grado di scuola) che dovranno
costituire il "gruppo di lavoro unitario per la continuità". Per quanto concerne il riconoscimento del
tempo speso per l'attività del gruppo di lavoro, esso può essere compreso nelle ore non di
insegnamento dedicate al funzionamento della scuola oppure considerato come "progettazione di
qualificazione scolastica".
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Tale gruppo formulerà proposte per i piani di intervento che saranno sottoposte a ciascun collegio
dei docenti per l'approvazione e l'inserimento nella programmazione. Il gruppo di lavoro, inoltre,
seguirà le singole iniziative, curando la raccolta di materiali e documentazioni, e sarà coordinato
collegialmente dai capi di istituto delle scuole interessate, i quali provvederanno anche a
mantenere i rapporti con gli Enti territoriali.
o I collegi dei docenti, che costituiscono il terzo momento organizzativo di elaborazione dei piani,
hanno il compito specifico di programmare i piani di intervento; di realizzare le progettate "azioni
positive" di raccordo; di seguirne l'andamento e lo sviluppo; di verificare periodicamente nel corso
dell'anno scolastico la realizzazione delle intese; di valutarne i risultati in funzione della
conseguente riprogettazione in itinere.

Coordinamento territoriale I Provveditori agli Studi promuoveranno i primi incontri tra i capi d'istituto
che costituiscono il momento d'avvio dell'elaborazione dei piani di intervento, garantiranno il
coordinamento e il supporto delle iniziative, cureranno il monitoraggio delle iniziative
Un ruolo particolarmente significativo ai fini della promozione della continuità, soprattutto orizzontale,
svolge anche il distretto scolastico, per le competenze istituzionali che ha in materia di dislocazione delle
unità scolastiche, di organizzazione dei servizi collaterali, di rapporto tra scuola ed enti territoriali.
A cura del Sovrintendente scolastico regionale saranno effettuati appositi incontri degli ispettori tecnici
delle tre scuole in seduta congiunta, per elaborare un comune piano di iniziative volte a favorire la
continuità e a garantire l'opportuna consulenza tecnica, la verifica-valutazione delle esperienze in atto,
curando la relativa documentazione.
4. Indicazioni per la fase di avvio e la valutazione
Le disposizioni contenute nel decreto ministeriale e illustrate con la presente circolare vengono applicate
dall'anno scolastico 1993/94. Nel periodo precedente i soggetti istituzionali sopraindicati (Provveditori, Capi
d'istituto, Ispettori) promuovevano ogni azione utile di sensibilizzazione, aggiornamento, approfondimento
sul tema della continuità, iniziative di messa a fuoco dei problemi e di conoscenza reciproche tra gli
operatori dei diversi gradi.
L'attuazione delle disposizioni sarà accompagnata da un'autovalutazione annuale dei piani e delle relative
"azioni positive" di raccordo da parte dei Collegi dei docenti interessati, finalizzata alla successiva
riprogettazione.
Inoltre, la valutazione delle iniziative sarà oggetto di specifiche indagini, in aggiunta a quelle sopraindicate e
autonomamente sviluppate da Provveditori e ispettori.
Il coordinamento dei curricoli va effettuato con un'approfondita conoscenza reciproca dei programmi
nazionali dei diversi gradi di scuola, da conseguire anche attraverso esperienze comuni di formazione in
servizio; determinante risultava perciò l'attenzione agli anni iniziali e terminali, tenendo in particolare
considerazione gli obiettivi specifici e gli stili educativi. Oltre a ciò, il raccordo doveva prestare attenzione
alla comunicazione dei dati dell'alunno, attraverso la redazione del fascicolo personale che, oltre i dati
"burocratici", comprendeva, e comprende anche oggi, informazioni acquisite in collaborazione con la
famiglia. Doveva infine prevedere la predisposizione di un sistema di verifica e di accertamento comune,
orientato a valutare non solo il singolo allievo, ma anche il processo d'insegnamento/apprendimento e
l'efficacia delle singole esperienze educative; l'utilizzazione di strutture scolastiche e di servizi di
competenza degli enti territoriali.
Il decreto definiva, infine, le modalità del raccordo attraverso incontri tra dirigenti, coordinamento e
monitoraggio delle iniziative, curando la documentazione delle esperienze.

La continuità orizzontale Necessità che la scuola non resti isolata, ma costruisca rapporti positivi con il
mondo dell'extra-scuola e costituito in primis dalla famiglia, poi dagli enti locali e dalle istituzioni territoriali,
rilevando come la scuola si collochi al centro di un ecosistema formativo.
Particolare importanza è riconosciuta al rapporto con la famiglia (per il rilievo che essa assume nel processo
della prima socializzazione infantile), all'utilizzazione delle strutture di competenza degli enti locali, e a
quelle per “l'integrazione scolastica degli handicappati", per cui risulta fondamentale la "sottoscrizione
d'intese", e alle strutture che lottano contro la dispersione scolastica.
70
La problematica appare complessa e la dialettica continuità-discontinuità gioca un ruolo molto rilevante
nella costruzione di tale complessità. Infatti, la scuola si trova di fatto in tensione fra due differenti polarità:
o necessità che le istituzioni scolastiche mantengano la loro specificità e possano operare per
raggiungere gli obiettivi indicati da programmi e orientamenti
o dovrebbero far fronte alle istanze di un territorio in cui appaiono sempre più forti contraddizioni e
rischi sempre più pressanti di emarginazione, di esclusione e di deprivazione socioculturale.
Occorre prestare, dunque, particolare attenzione al rapporto fra scuola e territorio, in modo da affrontare i
rischi di reciproche ingerenze, caricando il territorio (e soprattutto la famiglia) di valenze formative proprie,
ritenute prioritarie rispetto a quelle la scuola e, viceversa, 'scaricando' sulla scuola specifiche istanze
educative tradizionalmente responsabilità delle famiglie e della comunità sociale.
L'ambiente quotidiano di vita può essere, quindi, elevato a dignità pedagogica perché propone segnali e
simboli stimolanti dal punto di vista percettivo, lessicale, concettuale e perché offre itinerari importanti sul
piano didattico.
L'identificazione delle occasioni e delle aree attrezzate per le diverse attività risultano, perciò, fondamentali
per realizzare i "progetti di continuità" che sostituiscono i paradigmi rigidi di trasmissione del sapere con
altri più flessibili.
Non bisogna dimenticare da un lato, la profonda crisi ha investito molte delle istituzioni del territorio,
dall'altro, la funzione e i compiti della scuola. Programmi e orientamenti disegnano, infatti, il ruolo della
scuola come istituzione sociale forte, la sua centralità nel processo formativo, la sua specializzazione sul
piano cognitivo. Da questo punto di vista, la pedagogia degli obiettivi e dei curricoli, l'articolazione dei
contenuti disciplinari, le procedure di razionalizzazione di verifica e valutazione, considera con attenzione la
necessità di un distacco e di una discontinuità. Si tratta, perciò, di considerare un'interazione dinamica tra i
diversi soggetti e le diverse sedi in cui si costruisce il percorso educativo per evitare che, dietro le richieste
di continuità, si mascherino prospettive di subordinazione, di ripetitività dei modelli, di appiattimento, di
omologazione e di esclusione: il concetto di continuità educativa deve essere interpretato, sul piano
epistemologico, mediante le categorie della reciprocità e della coerenza.
Rispetto alla scuola, ciò disegna due direttrici.
- La prima fa riferimento alle sue funzioni e alle sue finalità. Riccardo Massa ci dice che è necessario
mantenere un rapporto continuo e sistematico di sollecitazione reciproca tra scuola e territorio.
- La seconda ci avverte che è riduttivo pensare a un rapporto che vada soltanto dalla scuola al
territorio: anche l'utilizzazione della scuola da parte della comunità, in vista di una crescita e di una
maturazione sociale e culturale rappresenta un'ulteriore possibilità di costruire momenti di
continuità educativa.

4. Le trasformazioni della scuola e gli istituti comprensivi A partire dagli anni '90 del XX secolo la scuola
italiana, è stata investita da forti tensioni politiche e culturali, caratterizzate da proposte di grandi riforme
istituzionali che, però, non sono andate sempre a buon fine. C'è, tuttavia, una produzione normativa che
modifica l'immagine della scuola. Due aspetti risultano particolarmente importanti: l'istituzione degli istituti
comprensivi e la sostituzione di una pluralità di documenti di programmi e orientamenti con l'unico testo
delle indicazioni nazionali per il curricolo. Questi elementi si collocano in un quadro normativo che tenta
disformare il modello di una scuola centralizzata e verticistica disegnandone o nuovo, che si caratterizza
come struttura autonoma e dotata di personalità giuridica.

Gli istituti comprensivi Gli istituti comprensivi nascono con l’obiettivo della salvaguardia delle zone di
montagna e delle piccole isole per evitare che lo spopolamento e i tagli imposti dalla situazione finanziaria
producesse la chiusura delle piccole scuole e la scomparsa di un centro istituzionale con competenze
decisionali, capace di affrontare i problemi di territorio e di offrire soluzioni possibili e sostenibili.
La legge prevedeva che fossero istituite strutture comprendenti le scuole materna, elementare e media,
che continuavano a funzionare secondo le proprie caratteristiche (programmi, orari, insegnanti), affidate a
un unico dirigente scolastico, con un unico Consiglio di circolo, un unico Collegio dei docenti, un unico
bilancio. L'incardinamento nel territorio comportava aspetti di facilitazione, soprattutto per gli enti locali,
perché i sindaci avevano la possibilità di rapportarsi e di collaborare con un unico dirigente scolastico, e ciò
71
spiega il favore con cui le autorità di molti comuni accolsero la nuova struttura. Originariamente era stata
prevista l'istituzione di un numero limitato d'istituti, in zone ben determinate, ma la proposta fu accolta con
favore anche in territori che non corrispondevano a quelli previsti dalla legge e il loro sviluppo fu rapido.

Due anni dopo, nel 1996, l'istituzione degli istituti comprensivi fu estesa ad altri territori, caratterizzati dal
persistente calo demografico degli alunni, per ottimizzare le risorse, venire incontro alle esigenze e,
soprattutto, affrontare i problemi delle periferie delle grandi aree urbane, dove l'impegno fondamentale
consisteva nella lotta alla dispersione e al degrado. Fu riconosciuto che la nuova struttura stava cambiando
la scuola nella sua articolazione, valorizzando la conoscenza reciproca e la collaborazione fra i vari gradi. Le
norme sancivano l'autonomia scolastica, indicando le dimensioni in base alle quali riconoscere la
personalità giuridica delle istituzioni, permettendo la costruzione di strutture comprensive sia verticali, sia
orizzontali, per le scuole secondarie superiori. Il segnale più importante in termini di costruzione di un
percorso di continuità verticale fu però quello dell'unificazione dei curricola in un unico documento. Si
eliminavano, infatti, gli Orientamenti e i Programmi come strumenti di governo centralizzato della didattica,
per sostituirli con le Indicazioni nazionali per il curricolo e il piano dell'offerta formativa (PoF). La Legge 15
luglio 2011, all'art. 19, stabiliva infine che: per garantire un processo di continuità didattica nell'ambito
dello stesso tipo d'istruzione, la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado
sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche
costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di primo grado. Indagini,
testimonianze e ricerche hanno confermato la positività dell'esperienza. I fattori del loro successo, osserva
Cerini sono legati ad alcuni elementi strategici che ne determinano la qualità:
1. Il curricolo, cioè i compiti formativi, i risultati attesi a 14 anni e l'idea di una scuola di base unitaria
(questioni che trovano conferma nelle indicazioni nazionali per il primo ciclo);
2. L'organizzazione, intesa come intelaiatura di una comunità che mette in comune le virtù dei tre gruppi
professionali che s'incontrano e interagiscono per crescere insieme;
La mera istituzione non rappresenta, però, un fattore di automatico successo; esistono infatti alcune
condizioni importanti per il loro buon funzionamento: la presenza e la competenza del dirigente scolastico
che impersona l'unitarietà dell'istituzione verticale; le modalità di funzionamento del collegio dei docenti,
che deve costruire le condizioni del collegamento e dell'integrazione di preparazioni, culture e competenze
diverse; il tipo di rapporto con il territorio, con le associazioni e le amministrazioni comunali, che non
debbono invadere il campo scolastico, ma mettersi in posizione di dialogo, ascoltando le proposte della
scuola e fornendo strumenti e risorse.
Non mancano infatti problemi riferibili al quadro istituzionale, a partire dalla separazione degli edifici e dalla
permanenza dei gradi scolastici che continuano a funzionare con caratteristiche e vincoli normativi propri e
con una normativa frammentaria: c'è una richiesta che ritorna spesso nei commenti e si riferisce alla
necessità d'interventi di riforma che superino le rigidità burocratiche che ancora permangono sul piano
istituzionale. Il rischio è che se non sono pienamente realizzate le istanze di sistema, l'unico risultato che si
ottiene è una semplificata gestione dovuta però a una mera contiguità materiale, che rischia di avere poche
o nessuna ricaduta sulla qualità dell'offerta formativa erogata.

Indicazioni nazionali e curricolo verticale La continuità costituisce il fondamento del curricolo verticale,
questione molto impegnativa, perché comporta un ripensamento effettivo delle scelte pedagogiche,
didattiche e organizzative. La verticalità comporta una scansione per gradi di scuola in maniera organica,
continua e coerente, pur nella progressione delle diverse età degli alunni e il senso di una crescita di
paradigmi culturali, didattici, epistemologici. Va, perciò, articolata in modo che la crescita personale degli
alunni venga accompagnata nel suo iter evolutivo da un'attività scolastica senza troppe cesure, in modo da
favorire uno sviluppo integrato della personalità dei ragazzi.

Nella costruzione del curricolo verticale due aspetti risultano fondamentali:


 la capacità epistemologica di ripensare i saperi secondo le loro strutture portanti e le loro idee
chiave;
72
 la capacità collaborativa perché nella costruzione di un curricolo verticale ogni insegnante lavora
con gli altri, anche se in gradi scolastici diversi.
Continuità e curricolo verticale risultano centrali nel definire la linea normativa e trovano un esplicito
riconoscimento nelle Indicazioni nazionali.
Le Indicazioni nascono per sostituire Orientamenti e Programmi e permettono di prestare attenzione a una
concezione dell'insegnamento più attenta ai processi di apprendimento.
Il curricolo si costruisce sull'integrazione di due dimensioni:
o quella nazionale, in cui le Indicazioni garantiscono un quadro flessibile di riferimento per l'unitarietà
del sistema scolastico;
o quella locale, in cui le singole scuole costruiscono il curricolo come prodotto sociale, frutto della
capacità di negoziazione interna alla scuola, ed esterna, per la rete di relazioni che lega la scuola
agli altri soggetti presenti nel territorio.
La continuità del curricolo è garantita dal fatto che il riferimento ai campi di esperienza, per la scuola
materna, e alle discipline, per gli altri gradi, è costruito in relazione a un profilo che identifica le competenze
al termine del primo ciclo di istruzione, tenendo presenti le competenze chiave indicate dalle
Raccomandazioni del Parlamento e del Consiglio europeo del dicembre 2016.
L'aspetto più rilevante dell'operazione è lo spostamento dai processi ai risultati degli apprendimenti: i
traguardi indicano i risultati attesi, quasi degli standard formativi; lo sviluppo richiama il dinamismo dei
processi, l'attenzione ai percorsi, ai contesti, alle motivazioni; le competenze riconducono a una parola
chiave della scuola europea, densa di una pluralità di significati. Designare traguardi attesi al termine di un
percorso educativo lascia aperte molte strade.
Le Indicazioni identificano anche gli "obiettivi di apprendimento", cioè i campi del sapere, le conoscenze e
le abilità ritenute indispensabili per sviluppare le competenze identificate. Essi sono organizzati per nuclei
tematici e definiti in relazione a periodi didattici lunghi. Nel passaggio fra i gradi scolastici gli obiettivi di
apprendimento si presentano via via più ricchi, articolati e complessi.
Nel 2017 è stato nominato un "Comitato scientifico nazionale per l'attuazione delle indicazioni nazionali e il
miglioramento continuo dell'insegnamento" che ha prodotto un documento Indicazioni nazionali e nuovi
scenari, in cui si sottolinea "il perdurare di situazioni di disorientamento, d'incertezze e di resistenze ad
abbandonare modelli didattici tradizionali di tipo prevalentemente trasmissivo".
Ciò significa che, nonostante la presenza di strumenti normativi ad hoc e di esperienze molto significative,
la continuità va costruita in situazione, utilizzando tutte le opportunità formative disponibili e, valorizzando
i percorsi di formazione dei docenti e promuovendo le occasioni di collaborazione.
Per evitare di cedere a una visione semplicistica della, il tema "continuità-discontinuità" non è una
contrapposizione rigida, e per costruire un'efficace continuità educativa occorre accettare il principio di una
discontinuità, che si appoggia sulla crescita, sullo svolgimento di compiti sempre più difficili e complessi,
con ostacoli, difficoltà, sfide e rotture che sono aspetti caratteristici di ogni crescita e di ogni esperienza
educativa.

CAPITOLO 2. La continuità come tema pedagogico


1.Il dibattito pedagogico sulla continuità negli anni '80 Negli anni '80 la continuità educativa comincia a
essere al centro di ulteriori attenzioni, sia sul piano politico sia accademico, in connessione con il dibatto
legato al tema dell'apprendimento permanente e per tutto il corso della vita (life long learning). In Italia si
assiste al fiorire di una pluralità di studi di natura psicologica e pedagogica sullo sviluppo dei bambini, i quali
dimostrano che i bambini sono soggetti competenti, capaci di impegnarsi attivamente fin dalla nascita in
interazioni sociali e che sviluppano quelle strutture cognitive che consentono loro di imparare sia tramite il
rapporto con i coetanei e con gli adulti di riferimento, sia grazie alle relazioni con l'intero ambiente
circostante. Tali studi confermano anche che lo sviluppo avviene attraverso percorsi diversi, in differenti
modalità che riflettono sia la dimensione intersoggettiva sia quella intrasoggettiva.
I risultati di questi studi hanno dunque contribuito ad alimentare il dibattito sulla continuità educativa
evidenziando come non vi siano di fatto prove scientifiche a giustificazione di una discontinuità nella
transizione da un contesto scolastico all'altro.

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Il dibattito sulla continuità educativa assume a partire dagli anni 80 una identità pedagogica specifica: essa
comincia a essere concepita come un'interazione fra gli elementi di continuità e di discontinuità che
caratterizzano l'apprendimento dei bambini lungo il loro percorso di crescita personale.
Gli elementi costituitivi della dimensione della continuità sono racchiusi soprattutto nell'area delle
metodologie educative e didattiche. La dimensione della discontinuità, al contrario, dovrebbe essere
rappresentata dalla differenziazione delle attività educative proposte.
In questa prospettiva, la continuità educativa diviene un processo che può essere definito concretamente
da educatori e insegnanti e che può essere da loro negoziato, a partire proprio dall'incontro e dallo scambio
di rappresentazioni ed esperienze realizzate nei diversi contesti educativi e scolastici. Così concettualizzata,
la continuità educativa ha implicazioni diverse e si realizza differentemente in relazione ai contesti
istituzionali nei quali si concretizza e prende vita.
Per quel che attiene i nidi e le scuole comunali, ad esempio, la continuità educativa si è concentrata
principalmente sulla creazione di una cultura dell'infanzia comune, fondata sulle metodologie attive e
sull'esplorazione sensoriale, sul gioco, sulla ricerca e sull'indagine. Tale approccio culturale rappresenta
l'humus che ha contribuito a nutrire e a dare forma a un'identità pedagogica ben definita per il comparto 0-
6. In questo contesto, uno dei fattori chiave che ha contribuito al successo e alla diffusione della continuità
educativa è da ricercarsi nell'istituzione della figura del coordinatore pedagogico: la figura di sistema
centrale per il collegamento fra servizi e scuole e fra questi e il territorio. Il coordinamento pedagogico ha
svolto un ruolo cruciale nel fornire opportunità condivise di sviluppo professionale per gli educatori e gli
insegnanti, in particolare offrendo occasioni di incontro e scambio reciproco così come di formazione
congiunta.
Per quel che attiene il comparto statale, le esperienze di continuità educativa fra scuola dell'infanzia e
scuola primaria realizzate in Italia a partire dagli anni '80 hanno avuto luogo riferendosi alle linee guida
emanate dal Consiglio d'Europa nel 1981, nelle quali si incoraggia la continuità fra i programmi dell'ambito
prescolastico e quelli della scuola dell'obbligo mediante il coordinamento di iniziative educative congiunte,
la promozione di percorsi di formazione comuni per gli insegnanti dei due differenti ordini scolastici e la
collaborazione amministrativa delle due gestioni.
In Italia sono stati avviati progetti sperimentali in queste aree. Un esempio è la sperimentazione di un
curricolo integrato per l'educazione dei bambini dai 4 agli 8 anni coordinato da Clotilde Pontecorvo (1989).
Esso era finalizzato all'elaborazione di un curricolo unitario che collegava gli ultimi due anni della scuola
dell'infanzia ai primi due di scuola primaria, in una prospettiva di continuità metodologica ed educativa. La
ricerca si basava su quattro principi fondamentali:
1. gli studi psicologici dimostrano che i bambini in età scolare sono in grado di utilizzare in modo
appropriato e competente i differenti linguaggi simbolici che sono espressione di forme
diversificate di intelligenza;
2. l'uso competente che i bambini fanno dei diversi linguaggi simbolici sono radicati in interazioni
sociali connate socialmente (interazioni con i coetanei e con gli adulti che popolano l'ambiente
umano e materiale che li circonda);
3. l'insegnamento dovrebbe essere inteso come una pratica che ha come obiettivo quello di
promuovere lo sviluppo cognitivo dei bambini e che si incentra in particolar modo
sull'organizzazione dell'ambiente di apprendimento e sostenendo l'interazione dei bambini;
4. va fronteggiato e osteggiato un approccio che privilegia l'acquisizione di contenuti scolastici, in
un'ottica anticipatoria scolastica, in cui gli obiettivi specifici dell'ambito prescolastico si definiscono
solo nell'ottica della preparazione al grado scolastico successivo. Al contrario, l'approccio previsto
dalla ricerca pone l'accento sulla necessità di adottare stili e metodologie educative e didattiche
incentrate sulla motivazione ad apprendere dei bambini, sui loro interessi e su processi di scoperta
che partano dalle loro competenze, da ciò che i bambini sanno e sanno fare, approccio da acquisire
soprattutto nella scuola primaria.
A partire da questi assunti di base, il progetto di ricerca di tipo sperimentale prevedeva l'elaborazione di un
curricolo co-costruito da insegnanti e ricercatori che avevano adottato forme di lavoro collegiale basate sul
confronto e sulla riflessione, attuando un costante processo di negoziazione che coinvolgeva sia la scuola
dell'infanzia sia quella primaria. In entrambi i contesti, le attività educative vennero attuate
74
contemporaneamente da insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria che lavoravano con piccoli gruppi di
bambini. La ricerca prevedeva, inoltre, che le esperienze educative condotte con i bambini venissero
costantemente analizzate e riviste dal gruppo di lavoro degli insegnanti, con la consulenza e la guida
pedagogica dei ricercatori universitari. Questo progetto portò all'elaborazione di un curricolo integrato che,
concentrandosi su aspetti quali il contesto educativo e il contesto relazionale, permise di predisporre un
quadro di riferimento orientato all'acquisizione delle competenze cognitive dei bambini che si sviluppava
attraverso un continuum che teneva conto dei loro bisogni di sviluppo.
Il curricolo era strutturato quindi non rispetto agli ambiti disciplinari quanto piuttosto per aree tematiche
trasversali e interdisciplinari:
- quella dell'espressione creativa (musica, teatro, arti visive)
- quella dell'alfabetizzazione (che comprende espressioni orali e scritte)
- quella scientifica (matematica e ragionamento scientifico).
Oltre a queste, era presente un ulteriore ambito interdisciplinare e trasversale che comprendeva tutte
quelle attività che non potevano, per loro natura, essere categorizzate entro una sola delle tre presentate
precedentemente in cui rientravano attività quali quelle relative allo spazio, al tempo, i progetti integrati, la
cucina ecc.
Rispetto alla scelta dell'individuazione di queste tre aree Pontecorvo sottolinea da un lato la necessità
organizzativa di un'offerta che fosse operativamente realizzabile a partire dalle modalità di
programmazione già note e utilizzate in ambito scolastico, dunque fattibile e attuabile. Dall'altro però, ne
evidenziava il portato innovativo più connesso all'operazione complessiva di articolazione della proposta
curricolare che al singolo approccio o alla singola area di sviluppo del curricolo:
Può avere però un qualche carattere innovativo l'insieme della proposta, i cui punti di riferimento essenziali
sono stati:
1. lo sviluppo di un curricolo longitudinale relativo a tutta la fascia d'età interessata;
2. la preoccupazione rivolta alla specificità dei contenuti e all'adeguatezza dei metodi ai processi
socio-cognitivi che sono propri di ciascun contenuto;
3. la ricerca di abilità e atteggiamenti trasversali rispetto ai vari campi, senza escludere possibilità di
raccordi e interazioni più strette tra alcune aree e sottosettori.
Purtroppo, i risultati di questo progetto non portarono a iniziative politiche e istituzionali indirizzate alla
revisione dei programmi di istruzione. A livello statale, la mancanza di investimenti continuativi e la
frammentazione delle iniziative politiche ha avuto come conseguenza quella di rendere minime le
potenzialità di innovazione di sperimentazioni così significative e importanti sul piano degli esiti.
Nonostante la ricerca di Pontecorvo non abbia portato a una revisione ufficiale dei programmi scolastici, il
contributo fondamentale di questo lavoro è stato quello di introdurre un approccio più ampio e globale
relativamente all'acquisizioni delle competenze legate a specifici ambiti disciplinari, focalizzandosi sulla
centralità dell'osservazione dei bisogni dei bambini e sulle loro strategie di apprendimento.
Negli anni 80 si svilupparono anche ulteriori studi e teorizzazioni rispetto al tema della continuità
orizzontale, che divenne oggetto di una crescente consapevolezza e si consolida anche a livello istituzionale
grazie a un'ampia gamma di collaborazioni interistituzionali e di scambi culturali tra scuola e territorio tra
cui ci preme ricordare:
o le collaborazioni tra professionisti dell'educazione, del sociale e del sanitario che operavano in
diversi comparti del servizio pubblico (ad esempio, l'istituzione delle commissioni sanitaria,
assistenza sociale e istruzione);
o il collegamento in rete tra scuole materne, elementari e istituzioni pubbliche per promuovere
l'apprendimento informale (ludoteche, biblioteche, centri gioco, atelier ecc.);
o la realizzazione di progetti educativi all'interno delle scuole costruite in collaborazione con esperti
esterni (associazioni culturali, artistiche ecc.).
Da questo punto di vista, la continuità orizzontale presuppone l'identificazione di un ruolo pedagogico ben
definito capace di integrare contesti formali e informali di apprendimento, apparenti al più ampio ambiente
socioculturale delle comunità. L’esistenza di questi collegamenti verticali e orizzontali ha portato nel corso
degli anni ’90, alla progressiva realizzazione del sistema formativo integrato.

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2. Dalle sperimentazioni degli anni '90 al sistema integrato. Il consolidamento delle esperienze. È a partire
dagli inizi degli anni '90 che la continuità trova un riconoscimento ufficiale all'interno di proposte legislative
più ampie che forniscono un riferimento istituzionale più stabile alle esperienze già in atto. Secondo alcuni
autori la prospettiva della continuità educativa comincia a essere presa sul serio, sia a livello politico sia
istituzionale, solo a partire dagli anni '90, con l'emanazione della L. 148/1990 e del decreto ministeriale 16
novembre 1992, che da un lato riconoscono lo stato di parità delle attività educative svolte in ogni livello
scolastico (materna, elementare e media) e, dall'altro, delineano pratiche educative da realizzarsi a livello
istituzionale e interistituzionale.
Nella prospettiva presentata dal nuovo quadro normativo la scuola materna ed elementare conservava la
loro specifica identità ma, allo stesso tempo, esse cominciavano a essere connesse fra loro grazie ad alcuni
obblighi istituzionali che, al centro, mettevano la promozione del pieno sviluppo dei bambini in quanto
persone e cittadini a pieno titolo. Vengono istituiti gli incontri collegiali fra insegnanti di scuola materna ed
elementare, che avevano come loro primario obiettivo quello di facilitare la transizione dei bambini fra i
diversi gradi scolastici (continuità educativa). I progetti avevano, e spesso hanno tuttora, come specifico
focus lo scambio di documentazione delle esperienze realizzate dai bambini, di informazioni raccolte
tramite colloqui con i genitori, l'introduzione dei bambini nei nuovi ambienti scolastici tramite visite e
incontri per cominciare a familiarizzare con gli spazi e gli abitanti delle scuole frequentate successivamente.
Questi progetti hanno contribuito allo sviluppo e al consolidamento di pratiche innovative volte a migliorare
il passaggio dei bambini e a favorirne un'accoglienza più 'morbida' nei livelli scolastici successivi. Un
esempio fra tanti è quello della valigia della memoria.
La metafora che guida questo progetto è quella del viaggio: il percorso scolastico è pensato come un
cammino di cui la transizione rappresenta una tappa fondamentale. A ogni viaggio ci si prepara con una
valigia che accompagna il bambino da una scuola all'altra. Al suo interno vengono raccolti gli artefatti della
memoria: disegni, immagini e oggetti che gli permettono di ricordare le tappe, i traguardi e le esperienze
più significative che egli ha realizzato nel suo permanere nella scuola. Progettualità come questa
permettono di valorizzare la ricchezza e l'eterogeneità delle esperienze di apprendimento dei bambini nel
loro complesso, includendo i diversi linguaggi e le differenti forme simboliche attraverso cui i bambini
sperimentano e realizzano i loro percorsi e dando loro la possibilità di richiamarli e descriverli nel modo più
diretto e personale.
Gli incontri collegiali interistituzionali permettono un vivo confronto tra le insegnanti delle diverse
istituzioni rispetto al senso attribuito alle diverse dimensioni dell'agire educativo e agli approcci pedagogici
adottati in modo da promuovere un quadro valoriale e pedagogico condiviso, passaggio che dovrebbe
facilitare la realizzazione di piste di lavoro che facilitano la transizione dei bambini.
In generale, le iniziative realizzate nei percorsi di continuità si concretizzano in: visite scolastiche in cui i
futuri nuovi arrivati vengono accolti da bambini più grandi, a volte con l'anticipazione di messaggi o altro
materiale che prepara e sostiene la visita e il lavoro su progetti comuni che coinvolgono i bambini nei
diversi livelli scolastici. Collegialmente gli insegnanti progettano anche percorsi di continuità orizzontale che
prevedono il coinvolgimento delle famiglie come, ad esempio, gli open day delle scuole, l'organizzazione di
incontri di gruppo e individuali prima e dopo l'ingresso del bambino a scuola, giornate e occasioni informali
(feste, meta, gioco ecc.) finalizzate alla reciproca conoscenza.
La ricchezza degli approcci pedagogici che hanno caratterizzato le esperienze realizzate negli anni '90 è
stata, purtroppo, presto sostituita da un approccio alle pratiche di continuità di tipo burocratico.
Mentre il tema della continuità educativa ha trovato via via crescente riconoscimento all'interno dei
documenti ufficiali, le pratiche educative volte a garantirla sono diventate progressivamente sempre più
formalizzate e rischiano oggi di essere eseguite "per abitudine", come qualcosa che deve essere fatto
perché si è sempre fatto, piuttosto che perché percepite come pratiche ricche di significato e, soprattutto,
di grande importanza per il successo scolastico e il benessere dei bambini. Il fatto che la continuità
educativa abbia perso centralità all'interno del dibattito pedagogico a partire dagli anni '90 e che, allo
stesso tempo, il mondo della scuola non abbia previsto l'incentivazione di progetti di natura sperimentale
su questo tema, ha prodotto un progressivo impoverimento delle pratiche pedagogiche all'interno di molti
contesti scolastici. La mancanza di investimenti di natura continuativa e la discontinuità di indirizzo politico
a livello nazionale possono essere identificate come le due cause più significative della burocratizzazione
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delle pratiche di continuità realizzate nel comparto scolastico. D'altro canto, in questi anni il tema in ambito
scolastico assumeva altre declinazioni grazie alle sperimentazioni e alle iniziative politiche avviate nell'area
0-6 anni, finalizzate alla creazione di un sistema integrato di istruzione, educazione e cura per il più piccoli.
Queste esperienze, spesso realizzate a livello locale e con il supporto di amministrazioni regionali e
comunali attente, hanno avuto il pregio di rinforzare le connessioni inter-istituzionali tra diversi contesti
destinati all'educazione dei bambini, prospettando la creazione di un vero e proprio sistema multicentrico,
capace di supportare l'interazione di servizi tradizionali (nidi e scuole dell'infanzia) e di servizi sperimentali e
innovativi, come ad esempio i centri per bambini e genitori, i centri gioco e i centri per le famiglie.

Le modalità di collaborazione e di co-progettazione già sperimentate potrebbero essere di ispirazione per la


realizzazione di tavoli e gruppi di lavoro congiunti tra enti locali, Stato e privato sociale. Questo tipo di
politiche potrebbe essere alla base di una rilettura e riscrittura di un pensiero pedagogico comune, nato dal
confronto di tradizioni scientifiche e istituzionali anche diverse, capace di riformulare in modo negoziato le
relazioni fra adulti e bambini nei differenti contesti educativi e scolastici di cui il sistema è composto.

3. Il dibattito pedagogico più recente A partire dal 2010 il dibatto nazionale e internazionale sulla continua
educativa è tornato a essere di grande interesse per pedagogisti ed esperti dell’educazione. Tale ripresa ha
due motivazioni distinte legate, da un lato, agli studi sulla dispersione scolastica e quelli relativi al campo
della life long learning e, dall’altro, ad analisi inerenti al ritorno economico degli investimenti sul sistema
educativo e scolastico. Le ricerche condotte in questi ambiti, fortemente supportate dalla Commissione
Europea, evidenziano come i servizi per l'infanzia rappresentino un elemento chiave a favore del successo
scolastico, dell'inclusione sociale e della possibilità di sviluppare competenze utili a un atteggiamento di
apertura e flessibilità capace di supportare la disponibilità, ma anche la capacità, di apprendere per tutto
l'arco della propria vita.
In Europa le politiche nazionali si sono spesso orientate all'espansione territoriale dell'offerta educativa,
aumentando quindi il numero dei posti disponibili e la presenza di servizi e scuole su tutto il territorio.
Minor riflessione, invece, è stata dedicata all'aspetto della qualificazione dell'offerta educativa e formativa,
aspetto che in più ricerche risulti emergere come elemento cruciale della possibilità reale dei servizi di
incidere in un'ottica inclusiva e di pieno sviluppo delle potenzialità di ciascun bambino.
La necessità di qualificazione del sistema prescolastico (e dei suoi operatori) viene dunque posta al centro
della Comunicazione 66 della Commissione Europea (2011) che sin dal suo titolo, Educazione e cura della
prima infanzia: consentire a tutti i bambini di affacciarsi al mondo di domani nelle condizioni migliori,
evidenzia la necessità di convogliare gli sforzi politici ed economici dei diversi paesi europei verso questo
fondamentale obiettivo. La Direzione Generale Educazione e Cultura della Commissione Europea istituisce
nel 2012 un tavolo di lavoro che, nel 2014, produce quello che a oggi è il documento di indirizzo di
riferimento per la pianificazione degli interventi nel settore 0-6: lo "European Quality Framework in Early
Childhood Education and Care".
Il documento richiama fra i vari elementi chiave a sostegno della qualità del sistema 0-6 quello del
curricolo, pensato in un'ottica unitaria e coerente: “Il quadro europeo per la qualificazione dei servizi per
l'infanzia può rappresentare un utile strumento di riflessione per sostenere processi di miglioramento e
innovazione che prendano avvio dai bisogni di coloro che i servizi li abitano”. I richiami alla qualificazione di
servizi e scuole per l'infanzia, alla loro accessibilità e alla professionalizzazione del personale educativo ha
riattivato il dibattito sul tema dell'offerta formativa dei servizi prescolastici soprattutto rispetto agli
approfondimenti relativi alla formazione iniziale di educatori e insegnanti ma, soprattutto, al progetto
pedagogico e al curricolo, puntando l'attenzione nuovamente sulle questioni inerenti transizioni e
continuità.
Una recente metanalisi della letteratura sulla continuità educativa ha analizzato le pubblicazioni pubblicate
negli ultimi 10 anni e ha messo in luce che la maggioranza si concentra prevalentemente sul tema del
passaggio (transition) dalla scuola dell'infanzia alla scuola primaria. Le ricerche si focalizzano sull'analisi
delle percezioni rispetto al passaggio da un grado scolastico all'altro, oppure sull’analisi delle politiche
internazionali sul tema. Nella maggioranza dei casi, gli studi concordano nella critica agli approcci
anticipatori legati alla precocizzazione degli apprendimenti (readiness), grazie a importanti di studi di

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riferimento che dimostrano come tali approcci applicati al comparto 0-6 abbiano conseguenze negative sia
per i bambini sia per i loro genitori. Gli studi centrati sull'analisi dei contesi politici, invece, sono spesso
richiamati all'interno di progettualità più ampie di natura istituzionale, soprattutto nelle ricerche che
tentano di individuare le modalità con cui i sistemi organizzativi e gestionali potrebbero meglio sostenere i
professionisti nella sperimentazione di pratiche innovative.
Ulteriori ambiti di ricerca che emergono dall'analisi della letteratura riguardano più direttamente l'ambito
didattico, attraverso lo studio di strategie e strumenti specifici a sostegno della collaborazione fra i diversi
professionisti oppure tra essi e le famiglie mentre pochi riguardano la valutazione delle competenze
cognitive e sociali lette in un'ottica di prerequisito per l'accesso al grado successivo.
Il fatto che il numero prevalente di ricerche si concentri sulle percezioni e i vissuti di insegnanti, bambini e
genitori potrebbe essere il motivo per cui, sul piano del posizionamento pedagogico, la maggioranza degli
studi presenti un approccio nettamente contrario a ogni posizione di school readiness, che invece vede
nella possibile preparazione dei bambini l'oggetto fondante delle pratiche di continuità e di passaggio.

4. La continuità secondo gli insegnanti Gli studi che privilegiano lo sguardo degli insegnanti si orientano o
all'analisi dei loro vissuti e delle loro percezioni rispetto alla continuità oppure all'ambito della
sperimentazione didattica in questo settore. Emerge una crescente attenzione alle “prestazioni” dei
bambini, specialmente quando questi si preparano a lasciare il contesto educativo e scolastico frequentato
per accedere a quello successivo.
Nella prospettiva della school readiness l'idea centrale è che il grado precedente frequentato dai
bambini debba essere considerato propedeutico e necessario per la sua preparazione a quello successivo.
Come a dire che i bambini che hanno frequentato il nido accedono alla scuola dell'infanzia con un bagaglio
di esperienze e di conoscenze che permette loro di acclimatarsi meglio e più in fretta nel nuovo contesto e
di poter quindi usufruire in modo pieno delle esperienze e delle conoscenze offerte nella scuola
dell'infanzia e di conseguire più facilmente un percorso scolastico di successo. Il bambino, in questa
prospettiva, arriva dunque preparato, pronto all'appuntamento con il nuovo contesto scolastico.
I servizi e le scuole dell'infanzia sono dunque funzionali al grado successivo, ponendo spesso in primo piano
metodologie di insegnamento che vedono una forte centratura sull'impegno diretto dagli insegnanti.
È interessante notare che l’approccio anticipazionistico non solo rimane prioritario in paesi nei quali esso
era già sostenuto nelle politiche educative scolastiche che tradizionalmente lo concettualizzavano e
sostenevano, ma anche in altri contesti storicamente connotati da un approccio pedagogico più di matrice
sociale. In questi casi, il maggior interesse è legato al tema dell'alfabetizzazione precoce e alla richiesta
anche al segmento 0-6 anni di assumersi specifici obiettivi in questa area. Il dato più preoccupante che
emerge dalle ricerche più recenti è legato soprattutto all'idea che il bambino debba "essere pronto' per la
scuola, idea che va via via allargandosi oltre alla scuola dell’obbligo, ai contesti prescolastici, investendo sia
le transizioni nido-scuola dell'infanzia sia quelle famiglia-nido (o scuola dell'infanzia). In tal senso, il nido ma
soprattutto le famiglie dovrebbero operare per preparare il bambino al servizio, ai genitori spetterebbe il
compito di adeguare i propri comportamenti a quelli confacenti la scuola accogliente. Studi recente
realizzati in Belgio hanno messo chiaramente in luce la relazione esistente fra il rischio di esclusione latente
delle famiglie in situazione di fragilità e approcci educativi centrati sulle competenze dei bambini e sulla
school readiness. Gli studi citati, infatti, rivelano come le istituzioni prescolari spesso operino con l'assunto
che nei servizi i bambini sviluppino e acquisiscano le loro competenze indipendentemente dalle relazioni
che essi creano con gli altri bambini e con il contesto materiale, attribuendo una priorità alla relazione
adulto-bambino, dando poca importanza all'impatto su di essi del così detto curricolo implicito di cui ogni
contesto educativo è espressione (veicolato da tempi, regole e dai valori impliciti). Sottovalutare
l'importanza e la valenza del curricolo implicito fa che i bambini e le famiglie che possiedono poche o nulle
conoscenze rispetto la cultura prescolastica dei contesti educativi frequentati, si trovino nella condizione di
non 'rispondere' o interloquire in modo adeguato. Essi, dunque, sono già in partenza in una posizione di
svantaggio - spesso si tratta di famiglie di madrelingua differente e/o con uno sfondo socioeconomico basso
e di non comprensione delle pratiche realizzate nei contesti educativi. Il rischio di emarginazione e
stigmatizzazione della diversità diventa ancora più forte laddove agli elementi connessi alle incomprensioni
dovute alla doppia natura del curricolo offerto (esplicita e implicita) si aggiungono ulteriori richieste di
78
competenza (spesso linguistica e sociale). Lo confermano alcuni studi realizzati in Germania e in Svezia che
mettono in luce come l'eterogeneità dei gruppi dei bambini - in termini di abilità, competenza linguistica e
background socioculturale - diventa un problema nei passaggi dal comparto prescolastico a quello
scolastico quando si presta maggiore attenzione all'apprendimento formalizzato.
Il passaggio di attenzione da attività centrate sul gioco e sullo sviluppo sociale, più marcato nell'ambito
prescolare, a una visione dell'apprendimento orientata al risultato, in cui le prestazioni dei bambini
diventano centrali, molto spesso conduce alla stigmatizzazione della diversità e all'applicazione di
procedure competitive e selettive.
L'approccio della school readiness infine sembra avere effetti negativi anche sulla relazione fra educatori,
insegnanti e genitori. Infatti, in questa prospettiva, la partecipazione dei genitori finisce per essere vista
come meramente funzionale alle finalità educative e culturali prestabilite a priori dalle istituzioni
scolastiche. In questo senso, l'alleanza educativa formalmente richiesta e sollecitata dagli insegnanti si
trasforma in una richiesta retorica, connotata piuttosto da una asimmetria di potere generata dal fatto che
è la valutazione delle competenze dei bambini operata dagli insegnanti l'unica ad avere sostanzialmente
valore.
Lo studio italiano di Cecconi (2012), sembrerebbe confermare le percezioni e le analisi di docenti ed
educatori degli altri paesi europei fino a ora analizzati. Lo studio analizza il tema della continuità dal punto
di vista delle rappresentazioni che gli insegnanti sviluppano rispetto a tale processo e su quali fattori
risultano essere maggiormente influenti e significativi rispetto all'acquisizione di conoscenze e competenze.
L'obiettivo del gruppo di ricerca è dunque quello di indagare le rappresentazioni degli insegnanti rispetto a
tre temi considerati centrali rispetto alla continuità educativa infanzia primaria:
o la modalità di apprendimento dei bambini
o verso quali campi e aree del sapere orientare il loro interesse
o quali le metodologie didattiche adottate dagli insegnanti per realizzare i loro obiettivi e le loro
finalità.
I risultati dell'analisi delle lezioni-esperienze mettono in luce come, sul piano della progettazione,
insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria utilizzino modalità differenti per strutturare le loro attività. Nella
scuola dell'infanzia, infatti, la maggioranza dei docenti progetta percorsi e proposte educative che
scaturiscono da una attenta osservazione dei bambini, dei loro interessi o comunque da eventi fortemente
ancorati al loro contesto di vita, e tali progetti tendono a favorire la concettualizzazione a partire
dall'esplorazione della realtà (co-costruzione dei saperi). La progettazione didattica nella scuola primaria
tende a promuovere le competenze indicate dei documenti ufficiali, con modalità organizzative meno
flessibili e più strutturate, tipiche appunto delle unità didattiche. Risulta, quindi, essere l'intenzionalità e la
direzione del docente che, operazionalizza gli obiettivi di apprendimento e tende a uniformare i processi di
insegnamento-apprendimento, pensando alla personalizzazione come approccio da adottare
prevalentemente a fronte di situazioni di disagio o di complessità.
Sul piano delle strategie didattiche, nella scuola primaria appaiono maggiormente utilizzate quelle orientate
a stimolare il conflitto socio-cognitivo tra pari e analisi dell'errore visto come occasione per
l'apprendimento mentre la scuola dell’infanzia tende a privilegiare strategie di problem solving o a
mediazione artistica, sensoriale ed esperienziale (atelier) o ancora quelle a mediazione linguistica
(conversazione in cerchio, in piccolo gruppo ecc.).
Un ulteriore terreno comune ai due livelli scolastici è rintracciabile nella rappresentazione che gli insegnanti
condividono di apprendimento, visto come risultato di un processo sociale nel quale si realizza
l'elaborazione relazionale e cognitiva del sapere e la sua progressiva formalizzazione attraverso i linguaggi
disciplinari che il bambino coglie.
Un ulteriore punto di contatto fra le diverse rappresentazioni è legato alla centralità attribuita da quasi tutti
i docenti alla motivazione degli alunni individuata come leva per l'apprendimento. La motivazione si
solleciterebbe in un delicato equilibrio fra la percezione da parte del bambino della difficoltà del problema,
della sua autenticità e della propria responsabilità nella sua soluzione. Possono essere tracciate possibili
piste di lavoro condiviso in un processo che da modalità di apprendimento centrato sull'esperienza diretta,
passi a una sua rappresentazione grafica e linguistica capace di mantenere aperto e costante il confronto
con l'ambiente circostante, per poi arrivare a sviluppare competenze di stampo meta-cognitivo che
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permettano ulteriori possibili approfondimenti attraverso la ricerca, il problem solving, la sistematizzazione
e l'insegnamento reciproco. Gli elementi che, secondo i docenti intervistati, dovrebbero caratterizzate i
percorsi ma anche la concettualizzazione della continuità fra scuola dell'infanzia e primaria, possono essere
sintetizzati in:
1. ricerca di un terreno comune per osservare e definire in che modo/con quali strategie i bambini
apprendono (ogni apprendimento nasce da motivazione/ interesse);
2. lavoro in piccolo gruppo (sfruttando compresenza);
3. routine; ad esempio, con conversazione in cerchio per cominciare la giornata;
4. partire dalla motivazione / interesse dei bambini;
5. creare un buon clima relazionale, indispensabile per favorire l'apprendimento, all'interno della
classe (tempo per instaurare relazione educativa e creare il gruppo).
Le criticità maggiormente segnalate sono legate alla difficoltà nel reperire spazi e materiali adeguati cosi
come di dedicare a questi progetti il tempo necessario, a causa di tempistiche ristrette.
Il rapporto e la partecipazione delle famiglie, emerge dai dati una percezione ambivalente di questa
dimensione da parte degli insegnanti. Da un lato, infatti, i docenti riconoscono il rapporto di fiducia e di
scambio con le famiglie come uno dei punti di forza che caratterizza la scuola dell'infanzia, grazie
all'adozione di differenti strategie di coinvolgimento e informazione (newsletter, incontri con i docenti e
con esperti, laboratori aperti ecc.), che permettono di raggiungere l’obiettivo del mantenimento di un
confronto costante, la valorizzazione del contributo dei genitori, la condivisione del progetto pedagogico e
la costruzione di un forte senso di appartenenza alla comunità scolastica. Tale rapporto sembra diventare
più debole nella scuola primaria, dove l'attenzione dei genitori, nelle percezioni degli insegnanti, è fin
troppo rivolto alla dimensione dei risultati di apprendimento che a quella del processo di co-costruzione
delle conoscenze, con esiti poco partecipati dei momenti organizzati di confronto e scambio che non siano
centrati sulla consegna dei giudizi e sull'andamento del percorso scolastico del singolo studente.
Da questo punto di vista, una soluzione possibile potrebbe essere quella di incentivare il lavoro dei docenti
di scuola dell'infanzia e primaria non solo sulla progettazione di percorsi finalizzati alla definizione e
acquisizione dei prerequisiti, quanto piuttosto al confronto e allo scambio di informazioni più legate alle
esperienze pregresse dei bambini, ai loro interessi e alle modalità con cui si affacciano alle attività proposte
e all'intera vita nella comunità scolastica di appartenenza. Diviene centrale, in questo senso, una attenta
riflessione del gruppo docente rispetto agli interessi dei bambini, all'osservazione e rispetto dei loro tempi
di apprendimento e sedimentazione dei saperi, alla trasformazione delle esperienze in apprendimenti. Il
gruppo di lavoro, non solo nella sua dimensione istituzionale ma anche inter-istituzionale, diviene quindi lo
strumento privilegiato per accogliere e stimolare un reale confronto sugli aspetti pedagogici e didattici di
indirizzo per tracciare percorsi comuni e scrivere insieme le 'storie' dei bambini. In questi gruppi è sempre
più richiesta è la figura di un mediatore, ad esempio del coordinatore pedagogico o di un pedagogista
esperto, in grado di guidare e supportare i collettivi nei processi di scelta sul piano delle metodologie
educative e non solo didattiche.

CAPITOLO 3. LA CONTINUITÀ NELLE ESPERIENZE È difficile rintracciare l'analisi di documentazioni educative


di esperienze realizzate o anche solo una loro descrizione puntuale. Per trovare traccia di queste esperienze
è d'aiuto consultare le riviste di settore destinate a insegnanti ed educatori nelle quali i percorsi definiti di
'continuità', sono comunque presenti e spesso ben documentati.

1. Le esperienze tradizionali di continuità educativa nido e scuola dell'infanzia Nel definire la


continuità educativa abbiamo evidenziato come essa risponda a esigenze differenti che si collocano
sul piano teoretico, ovvero la declinano nella prospettiva di una necessità di ordine pedagogico e
non solo istituzionale, così come su quello metodologico. Quest’ultima richiama strategie operative
(strumenti e pratiche) volte a individuare e a sperimentare elementi comuni così come aspetti di
differenza fra servizi e scuole di diverso grado. Abbiamo individuato alcuni elementi fondanti e
irrinunciabili che sostengono le possibili progettualità da realizzarsi negli specifici progetti di
continuità. Transizione fra nido e scuola dell'infanzia  necessità di concepire tale momento in
un'ottica processuale, pensando quindi che sia la scuola a doversi preparare ad accogliere i nuovi
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iscritti. Abbiamo infine rilevato come le ricerche e gli studi mettano l'accento sulla necessità di
realizzare progettualità che puntino sulla partecipazione e collaborazione delle famiglie, in
un'ottica di alleanza, reciprocità e coinvolgimento attivato nell'accompagnamento del bambino e
nell'ascolto e osservazione dei vissuti. Sono, dunque, fortemente orientate al dialogo, alla
comunicazione e alla co-costruzione di alleanze in percorsi condivisi fra scuola e famiglia, nei quali
agli adulti è affidato il compito di accompagnare e sostenere il bambino in questo specifico e
delicato momento della propria crescita intellettuale e sociale.

In questa sezione del volume ci concentreremo sul piano operativo, delle pratiche di continuità più
diffuse nei nidi e scuole italiane. In alcuni casi si tratta di proposte attuative che, nel passaggio da un
contesto all'altro, rimangono sostanzialmente le stesse per obiettivi e modalità di realizzazione; altre
invece, pur mantenendo lo stesso titolo, cambiano in modo significativo in relazione all'istituzione nelle
quali vengono realizzate. Per questo motivo, la scelta si è orientata alla riproposizione delle schede in
ciascuna sezione.

Gli strumenti della continuità nido -scuola dell'infanzia per tessere reti e creare alleanze

L'incontro fra educatrici e insegnanti.


 In che cosa consiste
Educatori del nido e insegnanti di scuola dell'infanzia si incontrano per discutere e organizzare un
percorso di continuità.
 Obiettivi
Conoscenza e ascolto reciproco;
o descrizione delle peculiarità delle istituzioni;
o confronto e condivisione di punti di riferimento educativi;
o individuazione di strategie e strumenti comuni;
o attivazione di iniziative che vedano coinvolti bambini e insegnanti e che aiutino a crescere
nella conoscenza reciproca e nella relazione.
 Dove si realizza
o Primo incontro: presso la scuola in cui bambini andranno l'anno successivo in modo tale
che educatori e insegnanti possano visualizzare il tipo di passaggio che intendono favorire.
o Secondo incontro: presso il nido frequentato attualmente dal bambino per dare agli
insegnanti di scuola dell'infanzia un'idea concreta dell'ambiente da cui provengono i
bambini che si accingono a conoscere.
 Quando
o Primo incontro: inizio anno scolastico precedente il passaggio.
o Secondo incontro: prima della visita presso la scuola e della messa in atto dei momenti
condivisi, per confrontarsi sull'utilizzo degli strumenti precedentemente scelti e concordare
gli incontri.
 Soggetti coinvolti
Educatori di nido, insegnanti di scuola dell'infanzia.

La visita alla scuola dell'infanzia In che cosa consiste


I bambini grandi del nido saranno invitati dai bambini della scuola dell'infanzia a visitare la nuova
struttura. Durante questa visita si possono svolgere diverse attività e momenti di routine insieme
(momenti di gioco libero o strutturato, attività, costruzione di materiali da lasciare e ritrovare a
settembre, o da portare con sé e riportare a settembre, merenda/pranzo).
 Obiettivi
o Favorire un passaggio sereno e graduale attraverso la conoscenza di spazi, adulti di
riferimento e coetanei;
o riconoscere e valorizzare le competenze già acquisite;

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o informare e rasserenare le famiglie con la documentazione di queste attività e dare la
possibilità di comunicare con i propri figli rispetto al tema del passaggio.
 Dove si realizza Presso la scuola dell'infanzia.
 Quando Nei mesi di aprile/maggio.
 Soggetti coinvolti Educatori, insegnanti di scuola dell'infanzia, bambini del nido e della scuola
dell'infanzia.

Le Assemblee dei nuovi iscritti In che cosa consiste


Incontri collegiali in cui gli adulti di riferimento della scuola dell'infanzia incontrano le famiglie dei
nuovi iscritti. In questa occasione si forniscono ai genitori informazioni riguardanti le modalità e le
tempistiche di inserimento, illustrando prassi e regole della scuola e rispondendo alle domande che
emergono.
 Obiettivi
o Gettare le solide basi per co-costruire una alleanza educativa scuola-famiglia;
o alimentare la crescita del processo di conoscenza della scuola da parte delle famiglie;
o facilitare l'ambientamento e le transizioni da un punto di vista organizzativo.
 Dove si realizza Presso la scuola dell'infanzia.
 Quando Nei mesi di giugno/settembre.
 Soggetti coinvolti Coordinatore pedagogico e insegnanti di scuola dell'infanzia, famiglie.
Colloqui di ingresso tra genitori e insegnanti
 In che cosa consiste
Primo momento programmato di tipo individuale tra le famiglie e gli insegnanti di sezione. Gli
argomenti trattati riguarderanno gli aspetti del carattere del bambino e le autonomie acquisite nel
rapporto con gli adulti e con gli altri bambini e del primo 'impatto' della nuova situazione scolastica
sul bambino/a. Il punto centrale di questo momento consiste nella predisposizione e nell'attenzione
degli insegnanti all'ascolto e nella disponibilità.
 Obiettivi
o Approfondire la conoscenza tra insegnanti e famiglie;
o creare un clima di ascolto e fiducia;
o raccogliere indicazioni sulle necessità dei bambini;
o ricevere informazioni sul bambino e la famiglia.
 Dove si realizza
Presso la scuola dell'infanzia di appartenenza, in sezione o in ufficio.
 Quando
Qualche giorno prima dell'inizio della scuola, a settembre.
 Soggetti coinvolti
Famiglia e insegnanti di sezione.

Festa di inizio anno


 In che cosa consiste
Momento conviviale collettivo in cui le nuove famiglie vengono accolte dalle altre famiglie e da tutti
gli adulti e i bambini che abitano la scuola. Di solito si realizzano come colazioni in sezione o come
merende-gioco realizzate in giardino e possono prevedere anche l'organizzazione di laboratori e
letture proposte sia dagli insegnanti sia dai genitori. L'organizzazione di questi momenti dovrebbe
essere gestita in particolar modo dalle famiglie, in modo da comunicare ai nuovi arrivati la
possibilità d'azione all'interno del nuovo contesto.
 Obiettivi
o Rafforzare la conoscenza e la fiducia e il senso di appartenenza a una comunità educante;
o accogliere le famiglie all'interno di una comunità più ampia;

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o osservare la relazione genitore-bambino;
o permettere al bambino di sperimentare il collegamento esistente tra le persone che si
occupano di lui.
 Dove si realizza
Nella scuola dell'infanzia, in giardino o in salone.
 Quando
Prima dell'inizio del calendario scolastico, di solito la prima settimana di settembre.
 Soggetti coinvolti
I bambini e le bambine della scuola dell'infanzia, le famiglie, tutto il personale docente e non
docente della scuola.

Assemblea sull'esperienza di passaggio nido-scuola dell'infanzia


 In che cosa consiste
È rivolta ai genitori dei bambini frequentanti l'ultimo anno del nido. È organizzata dalle educatrici
del nido con la presenza del coordinatore pedagogico, il quale può fornire informazioni e accogliere
domande e perplessità.
• Obiettivi
o Informare/formare sull'esperienza del passaggio;
o presentazione del progetto di continuità;
o dare informazioni sull'istituzione scuola dell'infanzia;
o accogliere e contenere emozioni e ansie.
• Dove si realizza
Presso il nido di appartenenza, all'interno della sezione o in salone.
• Quando
Nei mesi di febbraio/marzo.
• Soggetti coinvolti
Famiglie dei bambini frequentanti l'ultimo anno del nido, educatori e coordinatore pedagogico.

Attività condivise nido-scuola dell'infanzia


• In che cosa consiste
Attività che si possono svolgere in grande o in piccolo gruppo in luoghi comuni.
• Obiettivi
o Rendere intima e quotidiana la relazione tra bambini del nido e future insegnanti;
o creare dei ricordi di situazioni concrete che potranno essere utili per recuperare la
relazione durante l'inserimento;
o favorire la nascita di amicizie tra bambini di nido e scuola dell'infanzia.
• Dove si realizza
Negli spazi comuni a entrambi i servizi oppure negli spazi di uno dei due edifici.
• Quando
Nel corso di tutto l'anno scolastico, e in particolare nei mesi in cui si sviluppano altri aspetti del
progetto di continuità.
• Soggetti coinvolti
Educatori e bambini del nido, insegnanti e bambini della scuola dell'infanzia.

Colloqui finali fra educatori e famiglie


• In che cosa consiste
Ha l'obiettivo di discutere e confrontare il percorso svolto dal bambino al nido, incrociando e
mettendo in comunicazione i diversi punti di vista. In questa occasione possono essere confrontate
le schede di passaggio compilate, autorizzandone (da parte delle famiglie) il passaggio alla scuola
dell'infanzia.
• Obiettivi
o Confrontare le proprie osservazioni;
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o restituire alle famiglie il percorso svolto dal bambino;
o accogliere domande, considerazioni, perplessità;
o confermare il patto educativo anche in questa fase di passaggio.
• Dove si realizza
Negli spazi del nido d'infanzia.
• Quando
A fine anno educativo, di solito a inizio giugno.
• Soggetti coinvolti
Educatori del nido e famiglie dei bambini frequentanti l'ultimo anno.

Colloqui fra educatori di nido e insegnanti di scuola dell'infanzia


• In che cosa consiste
Le educatrici descrivono alle insegnanti di scuola dell'infanzia i loro futuri alunni. Possono essere
mostrati e discussi diversi materiali come le schede di passaggio. Può prevedere anche differenti
tempistiche, in base alle modalità con cui è stato articolato il progetto di continuità e agli strumenti
attivati per il passaggio.
• Obiettivi
o Confronto tra educatori e insegnanti;
o scambio di informazioni;
o possibilità di costruire un percorso futuro che tenga conto di quello pregresso;
o ricerca di strategie di accoglienza coerenti con le esperienze già vissute.
• Dove si realizza
Negli spazi del nido o della scuola dell'infanzia.
• Quando
A fine anno educativo, di solito nel mese di giugno.
• Soggetti coinvolti
Educatori del nido e insegnanti della scuola a cui il bambino è stato assegnato.

1.2. Gli strumenti della continuità nido -scuola dell'infanzia per progettare e realizzare attività Questo
materiale ha come destinatari il personale docente della scuola dell'infanzia, la famiglia e il bambino stesso.
In questa documentazione, ogni bambino può riconoscersi e ritrovarsi grazie alla raccolta dei propri
prodotti, alle parole di descrizione e commento segnate dalle educatrici, alle fotografie che lo ritraggono
nelle routine come nei momenti 'speciali' e a tanto altro ancora, costruito e raccolto nel corso di un intero
anno educativo.

Libro personale, quaderno della memoria, librone


 In che cosa consiste
Sono creati dagli educatori per tener traccia del percorso svolto al nido dal bambino; raccolgono
quelle esperienze riguardanti la maturazione dell'identità, la conquista di autonomie e lo sviluppo
di competenze maturate nel corso dell'anno educativo. Possono contenere: informazioni sulla
programmazione; documentazioni relative a momenti particolari; disegni, manufatti, tracce lasciate
dal bambino; e qualunque altro materiale significativo incontrato/prodotto durante il percorso.
 Obbiettivi
o Verificare i cambiamenti avvenuti nei bambini;
o trasmettere il suo specifico affettivo e le competenze;
o far conoscere/riconoscere il percorso formativo del bambino;
o rievocare e condividere esperienze significative;
o preparare il passaggio alla scuola dell'infanzia;
o presentarsi e raccontarsi ad adulti e compagni all'inizio della nuova scuola;
o aumentare la conoscenza di sé e accrescere la propria autostima;
o acquisire consapevolezza del percorso svolto.

84
 Quando
Durante tutto l’anno educativo.
 Soggetti coinvolti
Educatori che raccolgono il materiale prodotto dal bambino.

La valigia
• In che cosa consiste
Evoca la metafora della transizione come viaggio, cui ci si appresta preparando la propria valigia. Lo
strumento, preparato da educatori e bambini insieme, può essere un contenitore in cui mettere
oggetti scelti per rappresentare il percorso, tenere memoria del viaggio fatto, presentarsi alla nuova
maestra e ai compagni con un bagaglio che evoca e racconta la propria storia. La preparazione e la
presentazione della valigia vanno concordate con gli insegnanti della scuola successiva.
• Obbiettivi
o Far conoscere/riconoscere il percorso svolto;
o facilitare il passaggio attraverso l'utilizzo di un oggetto transizionale;
o creare spunti di riflessione/condivisione di esperienze pregresse;
o tenere presente il percorso precedente in quello successivo;
o rievocare e condividere esperienze significative;
o accompagnare la gestione da parte del bambino di eventuali ansie e preoccupazioni
relative al passaggio.
• Quando
Costruita tra maggio e giugno, custodita durante l'estate a casa dal bambino, presentata i primi
giorni di scuola, utilizzata durante l'arco di tutto il percorso alla scuola dell'infanzia.
• Soggetti coinvolti
Il bambino insieme agli educatori.

Schede di passaggio/portfolio
• In che cosa consiste
Costituito da due parti compilate da educatori e famiglie che vengono lette, confrontate e discusse in sede
di colloquio finale, per essere poi consegnate alla scuola dell'infanzia alla quale è stato assegnato il
bambino. La scheda di passaggio o il portfolio possono raccogliere: informazioni relative al servizio in
generale, all'esperienza vissuta al suo interno; osservazioni degli educatori rispetto a interessi,
comportamenti, stili di relazione e di apprendimento; osservazioni della famiglia rispetto al percorso svolto
dal bambino al nido; informazioni della famiglia rispetto al bambino.
• Obiettivi
o Raccogliere informazioni che possono orientare rispetto al futuro percorso scolastico;
o far conoscere/conoscere i percorsi formativi, i progressi educativi e i risultati conseguiti;
o costruire proposte didattiche e operative coerenti con quanto già realizzato;
o fornire, da parte dei genitori, notizie significative sulla storia del bambino;
o osservare i progressi, gli apprendimenti e i cambiamenti del bambino;
o confrontare le osservazioni sul comportamento del bambino degli educatori e della
famiglia;
o comunicare dati relativi alla personalità del bambino, alle conquiste progressive nella sfera
relazionale, affettiva e culturale anche al di fuori dell'esperienza svolta al nido.
• Quando

85
o Una parte della documentazione viene compilata al nido e una parte a casa dalle famiglie. I
due documenti vengono poi messi a confronto e discussi nel corso di un incontro al nido.
Successivamente il documento, comprensivo delle due parti, viene consegnato agli
insegnanti della scuola dell'infanzia.
o Di solito si procede alla compilazione del documento nel mese di maggio e alla sua
condivisione fra nido e famiglia a giugno.
• Soggetti coinvolti
Famiglie dei bambini frequentanti l'ultimo anno di nido, educatori.

2. Le esperienze di continuità scuola dell'infanzia e scuola La scuola comprensiva frutto di un processo di


modernizzazione, si caratterizza per le proprie aspirazioni interdisciplinari e trasversali, è capace di aprirsi e
utilizzare metodologie cooperative e attive, è accessibile laddove non gratuita quando non obbligatoria,
punta all'inclusione e al riconoscimento delle differenze sia al proprio interno sia rispetto alla dimensione
della collegialità e alla partecipazione delle famiglie.
Sul piano metodologico, diverse sono le esperienze e le pratiche che hanno permesso di sperimentare e
sistematizzare progettualità che permettono a educatori e insegnanti di connettere le esperienze dei
bambini nei diversi contesti. Molte di queste pratiche trovano il loro punto di forza su due assunti
imprescindibili:
1. la collaborazione fra i docenti;
2. l'utilizzo di approcci didattici attivi e interdisciplinari.
Come si potrà notare, molte delle attività proposte ricorrono sia nei progetti di continuità nido-scuola
dell'infanzia sia in quelli tra scuola dell'infanzia-scuola primaria, variando sostanzialmente.
Necessità sempre maggiore di coinvolgimento dei bambini e della loro reale partecipazione, così come di
quella delle famiglie. Contenuti, scelte organizzative e didattiche, ruolo attribuito e agency dei bambini e
delle bambine e delle loro famiglie diventano quindi elementi che vanno ben valutati in sede di
progettazione e che necessitano di una chiara ed esplicita intenzionalità a sostegno.

2.1. Gli strumenti della continuità scuola dell'infanzia- scuola primaria per tessere reti e costruire alleanze
Incontro fra insegnanti
• In che cosa consiste
Insegnanti di Scuola dell'infanzia e Primaria si incontrano per discutere e organizzare un percorso di
continuità che coinvolga entrambe le strutture e metta in relazione i bambini e gli adulti che le
abitano.
• Obiettivi
o Conoscenza e ascolto reciproco;
o descrizione delle peculiarità di entrambe le istituzioni;
o confronto e condivisione di punti di riferimento educativi;
o individuazione di strategie e strumenti comuni;
o attivazione di iniziative che vedano coinvolti bambini e insegnanti e che aiutino a crescere
nella conoscenza reciproca e nella relazione
• Dove si realizza
Presso la scuola primaria perché coinvolgono insegnanti di più scuole dell'infanzia.
• Quando
o Primo incontro: inizio anno scolastico precedente il passaggio, per confrontarsi e scegliere
gli strumenti da utilizzare.
o Secondo incontro: prima della visita presso la scuola e della messa in atto dei momenti
condivisi, per confrontarsi sull'utilizzo degli strumenti precedentemente scelti e concordare
gli incontri.
• Soggetti coinvolti
Insegnanti della scuola dell'infanzia e della scuola primaria.

Visita alla scuola primaria


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• In che cosa consiste
I bambini della scuola dell'infanzia e i loro insegnanti si recano in visita alla scuola primaria presso cui
passeranno una giornata, incontrando bambini e insegnanti della primaria, visitando gli ambienti e
svolgendo delle attività. Sarebbe meglio organizzare due visite e andare in gruppi più ristretti in modo da
poter permettere ai bambini di entrare in relazione più facilmente. Si possono predisporre diverse attività
che lascino spazio all'incontro e la relazione tra i bambini, come costruire insieme un prodotto che resti
nella scuola e che accolga i nuovi alunni a settembre, o un oggetto che seguirà il bambino nel passaggio
(oggetto transizionale).
• Obiettivi
o Favorire un passaggio sereno e graduale attraverso la conoscenza di spazi, adulti di
riferimento e coetanei;
o riconoscere e valorizzare le competenze già acquisite come parte di un percorso formativo
unitario;
o rasserenare le famiglie attraverso la documentazione di queste attività e dando loro la
possibilità di comunicare con i propri figli il tema del passaggio, partendo da eventi e
attività concrete.
• Dove si realizza
Presso la scuola primaria.
• Quando
Nei mesi di aprile/maggio.
• Soggetti coinvolti
Bambini e insegnanti della scuola dell'infanzia e bambini e insegnanti della scuola primaria.

Assemblee nuovi iscritti


• In che cosa consiste
Sono momenti collegiali in cui gli adulti di riferimento della scuola primaria incontrano le famiglie dei nuovi
iscritti. Qui vengono fornite informazioni rispetto alle modalità e alle tempistiche degli inserimenti,
illustrate alcune scelte metodologico-didattiche, comunicate le regole e le prassi della scuola.
• Obiettivi
o Gettare le basi dell'alleanza educativa tra scuola e famiglia;
o far crescere il processo di conoscenza della scuola.
• Dove si realizza
Presso la scuola primaria.
• Quando
Nel mese di settembre.
• Soggetti coinvolti
Personale della scuola primaria e famiglie dei bambini nuovi iscritti.

Colloqui di ingresso tra genitori e insegnanti


• In che cosa consiste
Rappresentano il primo momento di incontro di natura individuale tra la famiglia e gli insegnanti di sezione.
Ci si confronta sulle osservazioni che entrambe le parti hanno raccolto durante il periodo di inserimento, si
cercano strategie per affrontare eventuali fatiche e problemi.
• Obiettivi
o Approfondire la conoscenza tra insegnanti e famiglia;
o creare un clima di fiducia;
o raccogliere indicazioni sulle necessità del bambino;
o ricevere informazioni sul bambino e la famiglia;
o aiutare i genitori a esprimere eventuali ansie e paure legate al nuovo ambiente.
• Dove si realizza
Presso la scuola primaria di appartenenza, in sezione o in ufficio.
• Quando
87
Nei mesi di ottobre/novembre.
• Soggetti coinvolti
Insegnanti di sezione e famiglie dei bambini frequentanti la prima classe primaria

Assemblea sull'esperienza di passaggio scuola dell'infanzia-scuola primaria


• In che cosa consiste
È rivolta ai genitori dei bambini frequentanti l'ultimo anno della scuola dell'infanzia ed è organizzata
dagli insegnanti di sezione.
• Obiettivi
o Informare/formare sull'esperienza del passaggio;
o presentazione del progetto di continuità;
o dare informazioni sull'istituzione scuola primaria;
o accogliere e contenere emozioni e ansie.
• Dove si realizza
Negli spazi della scuola dell'infanzia, all'interno della sezione dei grandi o in salone.
• Quando
Di solito, nei mesi che vanno da novembre a gennaio.
• Soggetti coinvolti
Coordinatore pedagogico e insegnanti della scuola dell'infanzia e famiglie dei bambini frequentanti
l'ultimo anno.

Colloqui finali tra insegnanti e famiglie


• In che cosa consiste
Rappresentano lo specifico incontro tra insegnanti della scuola dell'infanzia e famiglie. Si discute il percorso
svolto dal bambino e ci si confronta rispetto alla sua valutazione e alle esperienze vissute dai diversi punti di
vista, cercando un punto d'incontro e una mediazione rispetto alla descrizione del bambino nel suo
momento attuale. Di solito in questa occasione si confrontano le schede di passaggio e i genitori ne
autorizzano la consegna agli insegnanti della scuola primaria.
• Obiettivi
o Confrontare le proprie osservazioni;
o riflessione sulla descrizione di sé espressa dal bambino;
o restituzione del percorso svolto;
o accogliere domande, considerazioni, perplessità;
o confermare il patto educativo anche in questa fase di passaggio.
• Dove si realizza
In sezione, nella scuola dell'infanzia.
• Quando
A fine anno scolastico, di solito nel mese di giugno.
• Soggetti coinvolti
Insegnanti della scuola dell'infanzia e famiglie coinvolte nel passaggio alla scuola primaria.

Colloqui tra gli insegnanti dei due ordini


• In che cosa consiste
Durante questo incontro gli insegnanti di scuola dell'infanzia descrivono a quelli della scuola
primaria i loro futuri alunni, a volte avvalendosi delle schede di passaggio o altri strumenti o
semplicemente raccontando e/o rispondendo a domande.
• Obiettivi
o Confronto tra insegnanti di diversi ordini di scuola;
o scambio di informazioni sul bambino e la famiglia;
o possibilità di costruire un percorso futuro che tenga conto di quello pregresso;

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o ricerca di strategie di accoglienza coerenti con le esperienze già vissute da bambino e
famiglia.
• Dove si realizza
Negli spazi della scuola primaria.
• Quando
A fine anno scolastico, di solito nel mese di giugno.
• Soggetti coinvolti
Insegnanti della scuola dell'infanzia e insegnanti delle scuole primarie.

2.2. Gli strumenti della continuità scuola dell'infanzia- scuola primaria per progettare e realizzare attività

Attività condivise
• In che cosa consiste
Attività strutturate o gioco libero che si possono svolgere in grande o in piccolo gruppo in luoghi
comuni, soprattutto realizzabili negli Istituti Comprensivi.
• Obiettivi
o rendere intima e quotidiana la relazione tra bambini e future insegnanti;
o creare dei ricordi di situazioni concrete che potranno essere utili per recuperare la
relazione durante l'inserimento;
o favorire la nascita di amicizie tra bambini dei diversi ordini di scuola.
• Dove si realizza
Negli spazi condivisi dalle due scuole.
• Quando
Nel corso di tutto l'anno scolastico.
• Soggetti coinvolti
Bambini e rispettivi insegnanti della scuola dell'infanzia e primaria che condividono lo stesso plesso.

Libro personale, quaderno della memoria, librone


• In che cosa consiste
Sono costruiti attraverso la collaborazione di insegnanti e bambini ed ha l'obiettivo di fornire una
traccia del percorso svolto, raccogliendo la documentazione e/o i prodotti delle esperienze
riguardanti la maturazione dell'identità, la conquista di autonomie e lo sviluppo di competenze dei
bambini.
• Obiettivi
o Verificare i cambiamenti avvenuti nel bambino;
o trasmettere il bagaglio affettivo e le competenze del bambino;
o far conoscere/riconoscere il percorso formativo del bambino;
o rievocare e condividere esperienze significative;
o preparare il passaggio alla scuola primaria;
o presentarsi e raccontarsi ad adulti e compagni all'inizio della nuova scuola;
o aumentare la conoscenza di sé e accrescere la propria autostima;
o acquisire consapevolezza del percorso svolto.
• Dove si realizza
Nella scuola dell'infanzia.
• Quando
Durante tutto il periodo di frequenza alla scuola dell'infanzia.
• Soggetti coinvolti
Insegnanti e bambini frequentanti l'ultimo anno della scuola dell'infanzia.
Valigia
• In che cosa consiste

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Strumento preparato da insegnanti e bambini insieme in prossimità della conclusione di un ciclo.
Bambini e insegnanti predispongono una valigia metaforica all'interno della quale mettere oggetti
scelti per rappresentare il percorso, tenere memoria del viaggio fatto, presentarsi ai nuovi
insegnanti e ai compagni.
La preparazione e la presentazione della valigia vanno concordate con gli insegnanti della scuola
successiva organizzando con cura il momento in cui questa verrà aperta e mostrata ai compagni da
parte di ciascun bambino.
• Obiettivi
o Far conoscere il percorso svolto;
o facilitare il passaggio attraverso l'utilizzo di un oggetto transizionale:
o creare spunti di riflessione/condivisione di esperienze pregresso;
o tenere presente il percorso precedente in quello suc-cessivo;
o rievocare e condividere esperienze significative;
o tranquillizzare rispetto a eventuali ansie e preoccupazioni relative al passaggio.
• Dove si realizza
In sezione o durante la visita alla primaria va portata a scuola all'inizio dell'anno successivo.
• Quando
Costruita tra maggio e giugno, custodita durante l'estate, presentata ai nuovi insegnanti e
compagni i primi giorni di scuola, utilizzata durante il primo anno scolastico.
• Soggetti coinvolti
Bambini e insegnanti coinvolti nel percorso di continuità

Schede di passaggio/portfolio
 In che cosa consiste
Costituto da tre parti compilate rispettivamente da bambino, insegnanti e famiglie che vengono
lette, confrontate e discusse al colloquio finale da insegnante e genitori. La scheda viene poi
consegnata agli insegnanti della scuola primaria.
 Obiettivi
o Raccogliere informazioni che possono avere il senso di orientamento rispetto al futuro
percorso scolastico;
o far conoscere/conoscere i percorsi formativi seguiti, i progressi educativi raggiunti e i
risultati conseguiti;
o costruire proposte didattiche e operative coerenti con quanto già realizzato;
o dare notizie significative sulla storia del proprio figlio da parte delle famiglie;
o osservare i progressi, gli apprendimenti e i cambiamenti del bambino;
o confrontare le osservazioni sul comportamento del bambino;
o comunicare dati relativi alla personalità del bambino, alle sue conquiste progressive nella
sfera relazionale, affettiva e culturale anche al di fuori dell'esperienza svolta a scuola;
o prendere consapevolezza del percorso svolto fino a ora:
o visualizzare il momento del passaggio che si sta vivendo come parte di un percorso.
 Dove si realizza
Le parti vengono compilate a scuola (da insegnanti e bambini) e a casa dalle famiglie, poi si mettono
insieme le due parti a scuola. Successivamente, viene consegnata agli insegnanti della scuola
primaria.
 Quando
Maggio= compilazione delle schede; giugno= condivisione con la famiglia prima e con gli insegnanti
poi.
 Soggetti coinvolti
Insegnanti, bambini, famiglie.

90
3. Attivare e sostenere la riflessività. Il punto 'zero' per progettare la continuità educativa L’idea che
muove la proposta operativa che verrà di seguito presentata parte dal presupposto che ogni progetto e
ogni strumento didattico dovrebbe essere coerente al contesto specifico nel quale viene utilizzato e che
non possa essere preso e applicato senza una intenzionalità che lo orienti e un adattamento che lo
perfezioni. In questo senso, i materiali, le strategie e le pratiche presentate hanno lo scopo di sollecitare la
riflessione condivisa nei gruppi di lavoro e di orientare la progettazione educativa. La fase iniziale di
elaborazione si riferisce al momento della definizione dei bisogni cui si vuole rispondere. Nei servizi e nelle
scuole dell'infanzia questo momento di ricognizione e analisi si realizza in sede di collettivo e richiede la
partecipazione attiva a processi di natura riflessiva da parte di tutti i professionisti coinvolti. Creare
momenti in cui sia concesso al gruppo di lavoro un luogo e un tempo per pensare e dire il proprio pensiero
insieme diventa dunque necessario. Occorre sostenere la riflessività di educatori e insegnanti rispetto al
tema della continuità educativa, per ripensare le pratiche agite in modo da evitare la loro riproposizione
asettica e meccanica più tipica. In questo capitolo cercheremo di proporre alcuni strumenti indirizzati a
supportare processi riflessivi individuali e di gruppo, nella consapevolezza che non esistono 'ricette' valide
una volta per tutte ma possibili per corsi che vanno, di volta in volta, rivisti, modificati, rielaborati e adattati
alle situazioni.
3.1. Il primato dell'osservazione Osservare non significa semplicemente guardare: la pratica osservativa
comporta sempre un posizionamento dell'osservatore, poiché lo sguardo con cui ci si approccia alla
situazione è sempre intenzionalmente 'guidato' dalle informazioni che vogliamo raccogliere rispetto al
bambino, ai suoi comportamenti, alle relazioni che intesse con gli altri e con l'ambiente che lo circonda.
L'osservazione diviene più o meno utile a seconda degli obiettivi che ci poniamo e delle prospettive teoriche
che adottiamo. In un'ottica di continuità educativa, la proposta si concentra sulla possibilità di ricostruire
una visione olistica (visione a 360°, il mondo e l’uomo sono visti come un unico insieme e non separati) del
bambino, nella quale le dimensioni della cura e dell'apprendimento convivono e si rinforzano l'una con
l'altra, declinandosi in ciascun contesto in modo differente e in relazione allo sviluppo sia individuale sia del
gruppo classe. Le proposte di osservazione offerte si muovono nella direzione di supportare l'intenzionalità
dello sguardo adulto sul bambino e di rafforzare la creazione di gruppi di lavoro aperti, con un clima
condiviso di fiducia e rispetto reciproco, al fine di realizzare un processo di apprendimento ricco e fruttuoso
per tutti.
L'osservazione reciproca di educatori e insegnanti come strumento di co-costruzione di percorsi di
continuità.
Durante il lavoro quotidiano nelle sezioni e nelle classi, infatti, educatori e docenti sono costantemente
'attenti' a guardare che cosa fanno i bambini e quello che succede nei diversi momenti della giornata.
Educatori e insegnanti osservano costantemente i gruppi loro affidati in modo spontaneo ma non sempre
questo 'guardare' si trasforma in una reale esperienza osservativa, orientata alla riflessione e al
cambiamento di approcci e prassi.
Avere la possibilità di condurre osservazioni di colleghi che operano in servizi educativi e scuole di grado
diverso rispetto al proprio, è sicuramente un'occasione molto ricca per lavorare sul piano della continuità
educativa.
Quando l'osservazione viene realizzata in un contesto diverso dalla propria classe/sezione e si è accolti in
un altro spazio, è importante creare con i colleghi una relazione di fiducia, assumendo un atteggiamento
non giudicante. Dare e ricevere feedback richiede una certa dose di umiltà, di curiosità e uno sguardo non
giudicante.
Il percorso ideale, dunque, dovrebbe disporre di tempi lunghi nel corso dei quali i gruppi di educatori e
insegnanti hanno la possibilità di incontrarsi per svolgere le proprie osservazioni nelle sezioni/classi dei
colleghi, essere a loro volta osservati nei propri contesti, discutere e condividere pensieri e riflessioni . La
condivisione può orientare il gruppo di lavoro a trovare un punto di partenza e un linguaggio comune fra i
profili professionali per creare la condizione ottimale per l'osservazione reciproca.
In un primo momento lavorare su filmati di documentazione.
In un secondo momento analisi dei contesti di lavoro di educatori e insegnanti del gruppo di lavoro.
Obiettivi:

91
1. supportare una riflessione comune fra i professionisti, sulle esigenze dei bambini e delle famiglie,
cercando di mettere sullo sfondo quelle di programmazione istituzionale;
2. osservare i molteplici contesti come strategia per arrivare alla costruzione di un linguaggio e di una
visione condivisa.
In questa sede è importante fare attenzione al linguaggio che si utilizza e all'esplicitazione di alcuni assunti
che, se dati per scontati, finiscono per influenzare in modo pregiudiziale il lavoro del gruppo rispetto al
tema della continuità (sottolineare ciò che i bambini appena arrivati alla primaria non sanno fare, invece
che enfatizzare ciò che sanno fare). La visione olistica del bambino a cui l’osservazione vuole arrivare,
ricostruisce su un unico piano cura e apprendimento, bisogni e competenze.
Di seguito si presentano alcuni strumenti che aiutano nella messa in comune di visioni e approcci.
Scegli una foto.
Il coordinatore pedagogico posiziona alcune fotografie che ritraggono particolari degli ambienti di lavoro
dei partecipanti, le quali sono in un numero di almeno un terzo superiore rispetto a quello dei partecipanti.
Ciascun insegnante/educatore sceglie una fotografia che lo/la attrae maggiormente e illustra al gruppo
perché l’ha scelta, che cosa lo ha colpito, che cosa vi vede e quali altri immagini evoca anche rispetto allo
specifico della propria professionalità. Questo tipo di esercizio può essere utile ad avviare il lavoro
successivo, per conoscersi, per presentarsi e creare un clima di apertura, fiducia e rispetto.
Il mio primo giorno di scuola.
Può essere molto interessante che ciascun componente ricordi e restituisca al gruppo il racconto del
proprio primo giorno di scuola, riflettendo sulle proprie rappresentazioni di continuità.

Nel gruppo si possono confrontare i diversi ricordi e ragionare sugli elementi che hanno reso quel giorno
'unico', sia in termini positivi sia negativi, per poi passare a definire quale potrebbe essere un 'primo giorno
di scuola ideale'. Il passaggio successivo è rappresentato dall'analizzare il primo giorno di accoglienza nei
propri contesti educativi.
Discussioni in gruppo rispetto alle dimensioni metodologiche e relazionali.
La discussione in gruppo può avvenire sia a livello di plesso sia a livello inter-istituzionale e dovrebbe essere
preceduta dalla visione di un breve filmato che rappresenta uno dei momenti più significativi
dell'organizzazione del servizio e delle scuole (attività di routine che aprono la giornata nella scuola).
Questo strumento è efficace per concettualizzare le visioni e strategie centrate sul tema della relazione e
coinvolgere educatori, insegnanti e genitori, in processi riflessivi e di empowerment. Inoltre, è proprio
questo riportare in primo piano la dimensione del contesto (e della sua organizzazione) a rendere ancora
più potente la lettura dell'interconnessione fra intenzionalità educativa e sua espressione concreta. Allo
stesso tempo, però, l'immagine catturata permette di lavorare sulle pratiche come se fosse un oggetto che
può essere indagato a più dimensioni.
Sul piano operativo, si propone la visione di un filmato prima dalla prospettiva dell'educatore o
dell'insegnante, poi da quella del bambino e anche da quella degli altri soggetti.
Primo passo prendere nota di ciò che si vede cercando di non interpretare e poi discutere le diverse
visioni nel collettivo, ponendosi dal punto di vista delle diverse soggettività.
Costruire una comunità di apprendimento interistituzionale.
Le comunità condividono scopi, linguaggi, simboli, rappresentazioni e saperi pratici che accomunano i
membri che le compongono. Qui i professionisti riflettono su problemi e tematiche condivise, trovando
nuove soluzioni e introducendo innovazioni, co-costruendo nuovi visioni e saperi. Ogni comunità determina
quindi autonomamente quale oggetto specifico desidera inquadrare e quanto tempo vorrà dedicarci.
La finalità principale di tale suggerimento consiste nel proporre ai gruppi di lavoro di istituzioni diverse, la
costruzione di comunità di pratiche e di apprendimento che abbiano come propria direzione lo sviluppo di
pratiche capaci di porre al centro il bambino lasciando, allo stesso tempo, la libertà a ogni comunità di
apprendimento professionale di sviluppare la propria visione.
Durante tutti gli incontri, i membri della comunità discutono alcuni degli aspetti qualificanti dei processi di
transizione e continuità inclusiva, utilizzando anche strumenti didattici e di valutazione con i quali hanno già
dimestichezza. Una buona organizzazione degli incontri potrebbe prevedere il supporto di un coordinatore

92
pedagogico o di una funzione obiettivo dedicata alla continuità che assuma un compito di facilitazione e
supporto al lavoro collettivo sviluppando tre elementi fondamentali:
- la cooperazione
- una visione condivisa
- processi riflessivi.
Il lavoro del gruppo richiede che tutti i suoi membri siano disponibili a mettere in comune le loro
esperienze, le attività realizzate, ad analizzare le reazioni e le risposte dei bambini, a prevedere la possibilità
di predisporre spazi e materiali diversamente o agire in modo differente. La presenza di un facilitatore  ha
la funzione di sollecitare gli interventi di tutti i partecipanti, di richiamare gli elementi teorici, conclude re gli
incontri raccogliendo le sollecitazioni emerse e pianificando i passi e gli incontri successivi.
Documentare per confrontarsi.
Una ulteriore strategia per rendere visibili i processi realizzati è quella della documentazione: appunti,
osservazioni, video, fotografie e narrazioni fanno parte della memoria di un processo di cambiamento.
Raccogliere la documentazione supporta la prova crescita professionale, quella dei propri colleghi e
l'intera rete di apprendimento interistituzionale.
Condividere la documentazione può diventare un potente strumento riflessivo nei progetti di continuità,
per analizzare la realizzazione delle attività in corso, monitorare i miglioramenti e le criticità, riprogettare in
modo ricorsivo il lavoro.
Può essere utile affiancarne una di tipo personale, che prevede di documentare ogni attività contemplata
dal progetto di continuità dal proprio punto di vista, in modo da rendere ordinato il processo organizzato,
rendendo l'azione visibile e comprensibile a tutti i colleghi.
Questa permette anche di tracciare il proprio processo di cambiamento e di vedere come questo si
connetta con lo sviluppo del gruppo. Il primo passaggio è rappresentato dall'esplicitazione dei valori e dei
principi pedagogici di riferimento.

Esempio di visione comune (caso studio belga), coinvolta nel progetto Start:
1. Rispettiamo ogni bambino nella sua identità e organizziamo per lui un percorso di continuità che lo
rappresenti;
2. Ci avviciniamo ai bambini e ai genitori in modo positivo e personalizzato: poniamo al centro i loro
punti di forza e le loro criticità;
3. Vogliamo garantire una transizione graduale e confortevole per i bambini e i genitori.
4. Attraverso l'incontro e il dialogo, coinvolgiamo attivamente i genitori nel processo di transizione e
costruiamo con loro un rapporto di fiducia.
5. Grazie a un'accoglienza aperta e calorosa, i bambini e i genitori possono sentirsi benvenuti.
6. Ci sosteniamo e ci rafforziamo a vicenda per intraprendere azioni di transizione.
7. Uniamo le nostre forze per stabilire una continuità nel processo di educazione dei bambini.
Questi principi hanno rappresentato le linee guida progettuali risultate utili per definire gli obiettivi e
pianificare le azioni. Insieme agli esiti dell'analisi dei bisogni iniziale (necessaria a qualsiasi progettazione),
questi principi rappresentano un ulteriore terreno comune per sviluppare azioni che possono
effettivamente fare la differenza.

4. Coinvolgere i genitori

Un ultimo punto che dovrebbe essere oggetto di riflessione e di scambio nel gruppo di lavoro riguarda le
modalità di partecipazione o di collaborazione con le quali si intende realizzare il coinvolgimento dei
genitori. Il gruppo degli adulti che accompagnano i bambini nel loro percorso di frequenza del nido o della
scuola dell'infanzia è, il più delle volte, di tipo eterogeneo in relazione a molteplici caratteristiche: età,
provenienza, lingua madre parlata, condizione culturale e/o socio-economica ecc. Nel progettare percorsi di
continuità che vogliano promuovere la partecipazione delle famiglie diviene fondamentale predisporsi alla
conoscenza e alla comprensione dei contesti locali in cui essi sono inseriti, analizzando anche quelle
dimensioni territoriali che influiscono in maniera più o meno diretta sui bisogni e sulle esigenze dei bambini
e delle loro famiglie. Educatori e insegnanti, quindi, dovrebbero mettersi in ascolto rispetto alle istanze che
93
emergono dai territori e da chi li abita, alla ricerca di quella consapevolezza necessaria alla comprensione
dei fattori che potrebbero rendere difficoltoso sia l'accesso sia la comunicazione con le famiglie.
In primo luogo occorre chiedersi chi sono i genitori dei bambini che frequentano il servizio o la scuola, le
loro caratteristiche e, più in generale, le peculiarità dei contesti nei quali si è inseriti.
In secondo luogo può essere importante focalizzarsi sulle modalità con cui essi si sono rapportati al
servizio o alla scuola.
In questa sezione sono presentate alcune attività a supporto di una progettazione orientata
all'empowerment genitoriale, nella prospettiva di realizzare modalità di incontro e confronto che
riconoscano la ricchezza dei gruppi eterogenei e si orientino verso una reale partecipazione di tutti alla vita
dei servizi e delle scuole.
I genitori protagonisti dei percorsi di continuità
Alcune semplici domande potrebbero guidare la riflessione dei gruppi circa le modalità di coinvolgimento
dei genitori, focalizzandosi su punti nodali della questione: l'accoglienza, le pratiche di ambientamento e
familiarizzazione, i momenti quotidiani di scambio nido/scuola-famiglia, modalità di comunicazione
istituzionali.
Fare insieme: i genitori come partner
L'inserimento e l'accoglienza iniziale rappresenta un momento fondamentale per porre le basi di una buona
relazione con i genitori, basata sul reciproco rispetto e fiducia. Programmare con attenzione le attività di
questo periodo dell'anno educativo, diviene una delle priorità nell' impostare il lavoro con i genitori.
La vera domanda, un po’ scomoda forse, che nel gruppo di lavoro dobbiamo avere il coraggio di porre e di
porci è: vogliamo veramente raggiungere tutti i genitori? E se sì, quale ruolo vogliamo realmente attribuire
a essi?
La risposta a queste domande non è per nulla banale o scontata, poiché se spesso si trova un accordo
rispetto alla necessità di coinvolgere i genitori nella vita della scuola, non sempre l'accordo permane
rispetto al livello di partecipazione richiesta, all'autonomia da 'concedere', allo spazio da dare alle loro
richieste e alle loro proposte.
Uno strumento che può essere utilizzato per raggiungere e dialogare con le famiglie e comprendere
appieno in che modo esse vivono il passaggio dei loro figli all'istruzione prescolare, è quello dei gruppi di
discussione o focus group.
Bisogna però fare attenzione e pianificare in modo preciso il percorso da presentare, specialmente se uno
degli obiettivi è quello di raggiungere il maggior numero di famiglie dei bambini iscritti, includendo tutte le
diversità. I gruppi di discussione possono accogliere un massimo di 10-12 partecipanti; per questo motivo
occorre organizzare gruppi sufficientemente eterogenei, con l'obiettivo di raggiungere genitori con
differenti caratteristiche. Inoltre, se si vuole raggiungere la diversità all'interno del gruppo dei genitori, si
dovranno pianificare focus group in più riprese e in diversi momenti. È importante anche predisporre il
luogo in cui si organizza l'incontro.
La gestione della discussione è un ulteriore elemento di attenzione: ogni focus group dovrebbe sostenere la
condivisione e la co-costruzione di significati tra i partecipanti. La discussione potrebbe partire da
percezioni e punti di vista individuali, ma l'obiettivo è che essa evolva attraverso il confronto. Per questo
può essere utile che il facilitatore (un educatore, un insegnante o il coordinatore pedagogico) ricordi gli
obiettivi dell'incontro (ha il compito di assicurarsi che vengano affrontati tutti i temi e che tutti abbiano la
possibilità di esprimere la propria posizione).

CAPITOLO 4. LA CONTINUITÀ COME STRUMENTO DI INCLUSIONE SCOLASTICA. ALCUNI ESEMPI DI


SPERIMENTAZIONE.

La tendenza sempre più marcata verso processi di ‘scuolificazione’ dell’educazione infantile spinge gli
insegnanti e i professionisti a orientare le loro programmazioni e progettazioni in un'ottica anticipatoria, in
cui la prospettiva prevalente è quella dell'approntamento ai cicli successivi. L'enfasi è posta sulla gestione
della sezione pensata già come 'classe', ovvero sulla capacità dei bambini di controllare i propri
comportamenti e di rispondere a sessioni di lavoro strutturate. A fare le spese di uno spostamento

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eccessivo sul versante istruttivo piuttosto prevalentemente educativo sono soprattutto i bambini che
provengono da contesti fragili e svantaggiati.
Gli elementi che appaiono come maggiormente critici in relazione a questo approccio (school readiness)
sono riconducibili:
• ad un'eccessiva separazione delle dimensioni istruttive e di cura;
• all'omologazione dei prerequisiti ritenuti necessari 'in ingresso' affinché i bambini possano
apprendere in modo efficace.
In contesti scolastici caratterizzati da una eterogeneità linguistica e socio-culturale, appare evidente che
questi elementi contribuiscano a mettere in una 'posizione di svantaggio' proprio quei bambini che
rischiano di diventare oggetto di interventi compensativi e spesso discriminatori.
Passare da una scuola a quella di grado successivo, per i bambini con buone competenze relazionali e
linguistiche lo sforzo può costituire una sfida, e dunque stimolare la crescita, invece per i bambini che
provengono da situazioni di svantaggio e vulnerabilità, rischia di tradursi in un ostacolo insormontabile, con
ripercussioni negative sulle loro esperienze di socializzazione e apprendimento sia sul breve sia sul lungo
periodo. L'accumulo di frustrazioni e la percezione crescente di inadeguatezza potrebbero quindi innescare
un processo a spirale che conduce verso l'insuccesso scolastico.

1. Lavorare sulla continuità verticale: il caso italiano La maggior parte delle esperienze di continuità
educativa realizzate nel momento del passaggio dei bambini, tendono a proporre attività didattiche
congiunte strutturate a priori "dagli adulti per i bambini'.
Molto spesso, inoltre, l’ottica nella quale tali attività si collocano tende a essere "unidirezionale,
prevedendo l'accoglienza dei bambini nel nuovo contesto che li ospiterà l'anno successivo. Raramente le
esperienze riferite a tali progetti si soffermano, invece, sulla conoscenza del contesto di provenienza dei
bambini da parte delle insegnanti accoglienti, oppure sul reciproco confronto tra educatori e insegnanti.
Bisogna infine sottolineare che i genitori e le famiglie non vengono quasi mai coinvolti come interlocutori
attivi nei momenti di passaggio, se non per incontri informativi in cui viene spiegato 'come funziona’ il
nuovo contesto o per le feste di fine anno che sanciscono la chiusura di un percorso e l'inizio di quello
successivo.
La sperimentazione intrapresa nell'ambito del progetto Start partiva dunque da queste evidenze e aveva
come obiettivo quello di intrepretare in senso più ampio la continuità educativa con particolare riferimento
al passaggio tra scuola dell'infanzia e primaria.
Primo passo presa di consapevolezza, da parte delle insegnanti, della possibilità di procedere
diversamente partendo da una lettura critica dei progetti di continuità già realizzati nelle proprie scuole.
Partendo dall'attivazione di un percorso di riflessione su questi presupposti - percorso con la partecipazione
congiunta di insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria in momenti di confronto facilitati da ricercatori
universitari - al gruppo di lavoro è stato proposto un percorso di ricerca-formazione.
La ricerca-formazione forte tensione trasformatrice, promuovendo percorsi di innovazione didattica
attraverso la raccolta e analisi di dati empirici e la loro condivisione.
Il progetto di ricerca-formazione intrapreso, dunque, si proponeva di 'cambiare prospettiva', rilanciando il
protagonismo dei bambini e delle loro famiglie nei momenti di passaggio. Il percorso di ricerca-formazione
si è articolato in 6 fasi.
1. La prima fase obiettivo quello di creare un primo momento di ‘familiarizzazione' orientato ad
approfondire la conoscenza del contesto e la formazione del gruppo di lavoro. Abbiamo realizzato
una serie di focus group con il personale scolastico e con i coordinatori referenti della scuola
dell'infanzia e di quella primaria coinvolte e, allo stesso tempo, il gruppo di ricercatori universitari
ha svolto osservazioni dirette volte a cogliere l'organizzazione didattica quotidiana e le progettualità
attuate.
2. La seconda fase rilevazione dei bisogni di tutti gli attori coinvolti. Siamo dunque partiti dall'analisi
delle loro percezioni e aspettative rispetto al percorso attraverso dei questionari somministrati sia
agli insegnanti dei due gradi scolastici, sia ai genitori i cui bambini frequentavano le 'classi-ponte'.
Abbiamo inoltre dato anche ai bambini la possibilità di esprimere i loro vissuti e punti di vista

95
rispetto alle loro esperienze nella scuola dell'infanzia e primaria attraverso la produzione di
elaborati grafici e la loro discussione.
3. Il momento specificatamente formativo ha avuto luogo in Inghilterra, presso il Pen Green Centre
che era uno dei partner di progetto; vanta una tradizione molto importante di lavoro con le famiglie
(in particolare con quelle in situazione di fragilità).
Obiettivo della formazione favorire il confronto e l'apprendimento tra pari (partecipavano insegnanti
italiani, inglesi, belgi e sloveni). La formazione aveva inoltre come obbiettivo quello di individuare tracce di
lavoro che sarebbero state sviluppate dai ricercatori universitari, in modo da arrivare a una reale co-
progettazione di interventi volti a migliorare le esperienze di bambini e famiglie nel momento del passaggio
da un grado scolastico all'altro attraverso l'elaborazione condivisa di pratiche educative che dessero
concretamente risposta ai bisogni emersi in ciascun contesto.
Mettere in luce l'importanza e la centralità dell'osservazione come strumento ineludibile di sostegno alla
progettualità nei contesti scolastici.
4. Un secondo incontro di formazione è stato organizzato, su questi temi, in Slovenia dove gli
insegnanti hanno avuto la possibilità di riflettere insieme sulle differenti prassi osservative e sugli
strumenti utilizzati, ma anche su come trasformare i dati raccolti in progettualità educativa.
Osservazione strumento per la riflessione sulle pratiche di continuità sperimentate in una prospettiva
evolutiva e di miglioramento continuo, incentrata sullo scambio reciproco rispetto alle esperienze realizzate
in ciascun contesto nazionale (“come rendere maggiormente inclusive le pratiche educative nel momento
dell'accesso di bambini e famiglie alle scuole e ai servizi per l'infanzia?”).

5. L'ultima fase realizzazione della sperimentazione vera e propria e l'analisi dei suoi esiti, ovvero lo
studio della ricaduta delle attività messe in atto nelle realtà scolastiche coinvolte, che ha previsto
sia un momento di confronto interno al gruppo di lavoro tramite lo strumento della
documentazione pedagogica, sia un momento di confronto con i genitori dei bambini coinvolti nelle
sezioni/classi in cui si è svolta la sperimentazione, che ha previsto la realizzazione di video-
interviste.

1.1. Il protagonismo di bambine, bambini e famiglie

L'analisi dei dati raccolti ha messo in luce che, in un contesto già caratterizzato da una progettualità
riguardante la continuità educativa, affrontare questo tema in un'ottica di sperimentazione avrebbe
significato fare un ulteriore passo in avanti rispetto alle buone prassi esistenti. Un punto di criticità rilevato
era legato al protagonismo dei bambini e delle famiglie e alla presa in carico dei loro vissuti. Con le
insegnanti coinvolte abbiamo individuato come finalità prioritaria del percorso di ricerca-formazione
proprio quella di produrre un cambiamento attraverso l'attivazione di processi collettivi incentrati sul 'dar
voce a quegli attori che, nelle istituzioni scolastiche, tendono ad avere meno 'potere decisionale' (i bambini
e le famiglie).
Il primo passo da compiere in questa prospettiva era quello di accompagnare e facilitare un'assunzione di
consapevolezza, da parte delle insegnanti, rispetto al 'punto di vista' di questi ultimi, ponendo particolare
attenzione alle seguenti dimensioni:
o rispetto ai bambini: le aspettative dei bambini nei confronti del passaggio alla scuola primaria; gli
elementi di 'continuità' e discontinuità che, ai loro occhi, caratterizzano i due ambienti di
apprendimento;
o relativamente ai genitori: le aspettative e i vissuti che accompagnano questo cambiamento; se e
come si sono sentiti accompagnati e supportati dalle insegnanti nell'affrontarlo.
Ai bambini esprimere il loro punto di vista sia attraverso momenti di discussione collettiva, sia grazie a
elaborati grafici che rappresentassero le loro esperienze alla scuola dell'infanzia e scuola primaria. Questa
attività ha coinvolto i bambini delle classi prime.
Ai genitori questionario a domande aperte: con i genitori dei bambini frequentanti l'ultimo anno di
scuola dell'infanzia, abbiamo sondando quali fossero le loro aspettative; ai genitori dei bambini

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frequentanti la prima classe di scuola primaria, abbiamo invece
proposto di raccontare le principali sfide che hanno incontrato e come
hanno cercato di affrontarle.

Dall'analisi dei dati raccolti attraverso le conversazioni con i bambini


dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia si è potuto riscontrare come le
loro aspettative rispetto alla scuola primaria racchiudessero sia elementi
che richiamavano la loro esperienza alla scuola dell'infanzia (la
possibilità di farsi degli amici, di giocare nei momenti di pausa tra
un'attività e l'altra, di imparare cose nuove) sia elementi che
anticipavano il cambiamento, come una diversa strutturazione degli
spazi e una maggior formalizzazione degli apprendimenti.
Dall'analisi delle rappresentazioni grafiche prodotte dai bambini delle
classi prime della scuola primaria emerge, invece, come gli elementi di
discontinuità con la scuola dell'infanzia siano decisamente superiori
rispetto a quelli di continuità. In particolare, fanno riferimento ad alcune delle dimensioni maggiormente
significative sul piano della progettazione didattica. Essi riguardano infatti:
• l'ambiente di apprendimento, che nella scuola primaria si riduce alla classe indicata come fulcro
delle attività didattiche;
• le attività svolte, che nella scuola primaria si riducono a situazioni didattiche nelle quali i bambini
ascoltano l'insegnante, leggono e scrivono, copiano dalla lavagna mentre raramente compaiono
momenti di gioco o di lavoro di gruppo;
• l'agentività e l'intenzionalità motoria e corporea, alla scuola primaria il corpo tende a essere
rappresentato per lo più in modo parziale, in forma statica dunque con un ruolo prevalentemente
passivo. I bambini si rappresentano seduti dietro un banco, mentre solo l'insegnante viene
disegnata per intero, in piedi di fronte alla classe;
• il mondo relazionale: nonostante in entrambi i casi i bambini si rappresentino perlopiù insieme ai
compagni, nelle situazioni rappresentate alla scuola primaria tale aspetto compare solo raramente.
Prevale il grande gruppo, ovvero l'intera classe, in assenza di relazioni fra pari e con un'unica
interazione con l'insegnante: nella maggior parte dei casi i bambini sono disegnati frontalmente
seduti in banchi separati.
Dalle verbalizzazioni dei bambini emergono prevalentemente vissuti e percezioni di discontinuità. I dati
raccolti fanno emergere i timori e le preoccupazioni degli adulti, che si rivolgono sia alla dimensione sociale
e inclusiva sia alla dimensione educativa e didattica. Il tema dell'accoglienza diventa centrale, interpretata
dai genitori in modo olistico, come riconoscimento del bambino in ogni suo aspetto specifico.
I dati analizzati, da un lato, mettono in luce che gli aspetti di discontinuità legati ai diversi approcci educativi
e metodologici utilizzati nei due contesti scolastici sono quelli che incidono maggiormente sulle
rappresentazioni dei bambini e delle loro famiglie nel momento del passaggio; dall'altro fanno emergere
che la presenza di una certa continuità sul piano delle relazioni tra adulti, tra insegnati e bambini, e
all'interno del gruppo classe viene vista come una potenziale risorsa per far fronte a tali cambiamenti.
I genitori riconoscono alle insegnanti di scuola primaria un ruolo educativo importante non solo sul
versante degli apprendimenti ma anche su quello della promozione della crescita personale dei bambini sul
piano relazionale e sociale.
Essi sottolineano la necessità di creare e mantenere un dialogo costante con gli insegnanti. La presenza di
una stretta collaborazione tra scuola e famiglia viene considerata come elemento cruciale soprattutto
nell'affrontare le eventuali difficoltà che il bambino può incontrare all'inizio del nuovo percorso scolastico.

1.2. Sperimentare il cambiamento Il percorso di formazione e sperimentazione ha preso avvio basandosi


sull’analisi dei dati emersi dal confronto con i bambini e con i loro genitori. Il gruppo di lavoro si è
interrogato sulle strategie da mettere in atto per realizzare l'obiettivo di rendere più graduale il passaggio
da un grado scolastico all'altro.

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Il punto di partenza nell'agito metodologico: si rendeva necessaria una attenta rilettura in chiave critica
delle metodologie educative e didattiche utilizzate all'interno dei due contesti. Bisogno, questo, che è
emerso all'interno del gruppo stesso di insegnanti, le quali hanno riscontrato come fosse necessario
promuovere una maggiore reciprocità nel dialogo tra insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria nella fase
di co-progettazione delle iniziative di continuità.
L'idea di fondo era che non fosse sufficiente fermarsi a uno scambio di informazioni sui bambini, ma
neppure a una mera descrizione delle pratiche realizzate in ciascun contesto: le prassi dovevano essere
osservate e analizzate con attenzione, attraverso un gioco di sguardi e di interpretazioni incrociato e
negoziato.
La settimana di formazione transnazionale che ha avuto luogo presso il Pen Green Centre di Corby
(considerato all'avanguardia rispetto alla partecipazione delle famiglie nella progettualità educativa) ha
contribuito da un lato ad approfondire queste domande in una prospettiva di ricerca-azione partecipativa,
dall'altro ha offerto alle insegnanti un esempio concreto con cui confrontarsi per ripensare le loro pratiche
educative in un’ottica trasformativa. L’opportunità di condividere il percorso formativo con colleghi e
colleghe provenienti da diversi Paesi ha permesso alle insegnanti di “mettersi in gioco” uscendo dai propri
confini culturali e istituzionali, e di superare le resistenze al cambiamento a traverso il reciproco scambio di
esperienze e l'apprendimento tra pari.
Visitare servizi basati su matrici pedagogiche e metodologiche molto diverse alle proprie, ha creato un
effetto di spaesamento che ha raggiunto diversi risultati:
- la messa in crisi di modelli e prassi date per scontate
- la leggibilità delle intenzionalità messe in atto
- la consapevolezza della sensatezza di alcune buone prassi che potevano fungere da ispirazione per
altri ma anche quella che le 'cose possono anche essere differenti'.
Nella settimana intensiva di formazione e lavoro comune, le domande delle insegnanti si sono trasformate
in proposte operative di sperimentazione, da implementare a partire dall'anno scolastico successivo.
Lo schema delle iniziative introdotte è riportato nella foto La settimana di formazione residenziale ha
portato alla formalizzazione di alcune piste di lavoro e di specifiche azioni da sperimentare, iniziative che
coinvolgevano sia gli insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria, sia le referenti coordinatrici per i due
gradi scolastici, sia i ricercatori universitari. Di fatto, quindi, gli insegnanti hanno assunto il ruolo di co-
ricercatori, andando a identificare possibili azioni di miglioramento che partissero dalla lettura dei bisogni
riscontrati, mentre i ricercatori hanno assolto la funzione di facilitatori, sostenendo il processo di
progettazione e implementazione della sperimentazione attraverso 'accompagnamento pedagogico dei
gruppi di lavoro.

1.3. Le ricadute della sperimentazione: il punto di vista delle famiglie e della scuola.
La fase attuativa della sperimentazione ha previsto in primo luogo l'osservazione congiunta da parte delle
insegnanti di scuola primaria e dei ricercatori con il duplice obiettivo di identificare alcuni elementi cardine -
sul piano delle metodologie educative e didattiche - che ebbero potuto fungere da 'ponte' tra i due
ambienti di apprendimento e di mettere a confronto 'gli sguardi' sul bambino all'interno del suo ambiente
di apprendimento, facendo dunque emergere i convincimenti impliciti che guidano le scelte educative e
didattiche all'interno dei due contesti scolastici.
Un ulteriore obiettivo legato alla presenza delle insegnanti di scuola primaria all'interno delle sezioni di
scuola dell'infanzia era quello di favorire la conoscenza reciproca e una prima familiarizzazione tra i bambini
che avrebbero effettuato il passaggio a settembre e le loro
future insegnanti.
È stato utilizzato il medesimo strumento per l'osservazione=
una griglia che si concentrava su ambiente di apprendimento,
strategie didattiche, competenze dei bambini in uscita con
l'intento di favorire il confronto rispetto ai dati raccolti e
un'analisi condivisa di quanto emerso nel momento della
restituzione. In tale processo, il ruolo dei ricercatori è stato da
un lato quello di far emergere alcune categorie interpretative
98
condivise e, dall'altro, quello di facilitare il passaggio dalla riflessione all'operazionalizzazione guidando la
discussione su come ri-fondare alcune pratiche educative e didattiche nel periodo di transizione.
A partire dagli esiti della discussione, si sono delineati gli elementi che avrebbero caratterizzato la
declinazione operativa delle azioni progettuali individuate. In particolare, si è deciso di:
• proporre ai genitori in ingresso alla scuola primaria di realizzare una presentazione del loro
bambino/a scegliendo liberamente la modalità;
• incentrare i colloqui individuali di ottobre con i genitori dei bambini neoiscritti sull'ascolto
(illustrazione della presentazione di loro figlio/a);
• istituire tre giornate di accoglienza per i bambini di prima e i loro genitori all'inizio dell'anno
scolastico, posticipando per loro l'entrata mattutina di 10 minuti rispetto alle altre classi e
consentendo ai genitori di entrare in classe insieme;
• adottare un'articolazione flessibile di spazi, tempi e attività nelle prime settimane di scuola
riprendendo anche alcune metodologie didattiche utilizzate alla scuola dell'infanzia per favorire una
graduale familiarizzazione dei bambini con il nuovo ambiente scolastico;
• riservare un'attenzione particolare alla creazione del gruppo classe e all'instaurarsi di un clima
relazionale positivo tra i bambini attraverso la proposta di attività ludiche e momenti
appositamente dedicati alla condivisione e valorizzazione delle loro esperienze.
Tutte queste iniziative hanno contribuito a far acquisire alle insegnanti maggiore consapevolezza rispetto a
obiettivi e metodologie operative, dall'altro hanno permesso ai bambini e alle famiglie di sentirsi accolti,
diventando protagonisti.
Questo passaggio è particolarmente importante poiché la sperimentazione non ha completamente
'sconvolto' routine e organizzazione ma ha comunque permesso di risignificare quelle 'tradizionali'
sostanziandole con alcune nuove. Dai resoconti è emerso che aver avuto l'opportunità di ascoltare i genitori
durante il primo colloquio ha cambiato lo sguardo degli insegnanti sul bambino.
A loro volta, i genitori coinvolti in queste azioni hanno espresso piena soddisfazione poiché si sono sentiti
più partecipi e attivi nella vita scolastica. È emerso anche che gli stessi bambini hanno apprezzato il modo in
cui sono stati accolti, sentendosi importante e protagonista.
Le azioni intraprese hanno contribuito in modo significativo a creare un clima di fiducia e di serenità che
sicuramente ha favorito positivamente il primo approccio dei bambini alla nuova realtà scolastica.

1.4. I punti di forza della sperimentazione, ovvero che cosa si potrebbe attuare anche in altri contesti Il
limite di ogni ricerca di natura qualitativa consiste nel fatto che in essa incide in modo molto significativo il
contesto nella quale si sperimentano le azioni innovative, rendendo difficilmente ripetibile l'esperienza.
Diviene quindi importante riflettere, pur salvaguardando la singolarità di ogni percorso, su che cosa ha
funzionato nell'esperienza ma soprattutto sulle motivazioni che hanno favorito il successo. Ragionare sul
processo permette, infatti, di cogliere quegli elementi significativi che possono diventare un solido punto di
riferimento per altre sperimentazioni in contesti differenti, a partire proprio dalla lettura delle
caratteristiche specifiche della scuola e dei suoi utenti.
In sintesi, gli elementi di attenzione su cui l'esperienza sperimentata si è spesa possono essere riassunti in:
 Articolo I attenzione prestata alle relazioni= ricaduta positiva sia sulle esperienze di passaggio sia
sui loro processi di apprendimento;
 Articolo II impostare sin dall'inizio la relazione con le famiglie in una prospettiva di accoglienza e
reciprocità= favorire la dimensione dell'ascolto attivo e sollecitare le famiglie a parlare dei figli.
Inoltre, ciò ha permesso agli insegnanti di cogliere potenzialità, interessi e peculiarità dei bambini
che, in assenza di questa, sarebbero rimasti a loro sconosciuti;
 Articolo III riportare il bambino al centro della progettazione educativa= le prassi attuate hanno
portato il focus dell'intenzionalità insegnante nella fase dell'accoglienza e del passaggio, non tanto
sull'implementazione di obiettivi curricolari quanto piuttosto alle specificità e alla soggettività di
ciascun bambino, cioè aumentando la predisposizione a capirli e ad andare loro incontro;
 Articolo IV l'approccio inter-disciplinare adottato= un'autentica co-progettazione tra insegnanti
che si occupano di vari ambiti disciplinari, mediante la strategia dello sfondo integratore. Questo ha
avuto una ricaduta positiva sul lavoro di team, sollecitando un autentico scambio tra gli insegnanti
99
e la riflessione condivisa come opportunità per migliorare ciò che si fa, sul piano metodologico-
didattico.
 Articolo V la sostenibilità sul lungo periodo= uno dei rischi della ricerca è quello che la portata
innovativa che essa innesca si esaurisca al termine del progetto e che tutto 'torni come prima'. In
questo caso, per proseguire e ampliare la riflessione e l'attivazione di prassi di accoglienza più
inclusive, assume un ruolo chiave la formazione di un numero di insegnanti più ampio, in modo che
il lavoro fatto possa anche proseguire in un'ottica evolutiva.

2. Sperimentare la continuità orizzontale: il caso belga Per comprendere pienamente la portata della
sperimentazione realizzata del progetto START, può essere utile conoscere il contesto per comprendere
l'organizzazione e la cultura pedagogica e didattica. Il Belgio presenta un sistema di servizi e scuole definito
“split” (diviso) il comparto 0-3, affidato al Ministero del Welfare e delle istituzioni prescolastiche, è
separato da quello scolastico, gestito dal Ministero dell'Istruzione. Le due istituzioni hanno organizzazione e
programmi distinti, richiedono diversi profili professionali e presentano un rapporto adulti/bambini molto
diversificato. Una delle maggiori differenze fra servizi e scuole dell'infanzia è legato all'accessibilità: per le
famiglie che vivono in situazioni di svantaggio fragilità i nidi d'infanzia risultano inaccessibili a fronte di un
ampio utilizzo di questi servizi dei loro coetanei di famiglie più agiate. Al contrario, l'accessibilità al
comparto pre-scolastico è abbastanza buona: in Belgio ogni bambino ha diritto all'accesso a una scuola
dell'infanzia (gratuita) a partire dai due anni e mezzo d'età. Sul piano pedagogico, la scelta di dividere il
comparto 0-3 da quello 3-6 ha portato a una accentuazione della separatezza delle dimensioni educative
della cura e dell'apprendimento:
- la prima rappresenta la dominanza delle esperienze famigliari e dei nidi;
- la seconda caratterizza i contesti scolastici formali, a partire dalla scuola dell'infanzia.
Questa fa si che vi sia la percezione diffusa che i nidi siano prevalentemente orientati all'accudimento,
mentre il comparto pre-scolastico sia già fortemente orientato sul versante istruttivo.

La scelta del gruppo di ricerca belga si è dunque orientata a progettare e realizzare un percorso di
ricerca/azione finalizzato a sostenere processi di continuità orizzontale e verticale capaci di supportare
l’accesso ai servizi e alle scuole dell’infanzia di bambini in situazione di fragilità attraverso il supporto e la
partecipazione dei genitori.
In Belgio, lo studio di strategie di contrasto alle disuguaglianze sociali vanta una lunga e proficua tradizione.
Negli ultimi anni l'attenzione si è maggiormente orientata allo studio di processi inclusivi dei bambini con
sfondo migratorio o in situazione di povertà. Investire affinché tutti i bambini frequentino le scuole e i
servizi per l'infanzia, per il governo belga, è risultato una priorità ma, nonostante gli sforzi intrapresi, non
sempre gli esiti raggiunti rispondono alle aspettative attese. In particolare, sono state messe in atto diverse
strategie che hanno fatto leva sull'importanza per i bambini di frequentare servizi e scuole per l'infanzia,
sensibilizzando i genitori e a volte di fatto 'obbligandoli' a iscrivere i propri figli. Infatti, i politici belgi e
fiamminghi hanno presentato più volte la proposta di una normativa che preveda l'abbassamento dell'età
di inizio dell'obbligo scolastico. Poiché in Belgio tale scelta è possibile solo se intrapresa a livello nazionale, il
governo fiammingo ha realizzato un piano atto a sostenere la frequenza dei bambini a servizi e scuole
dell'infanzia. Questo prevede però alcune scelte di introduzione di obbligo quali, ad esempio, il rifiuto
all'iscrizione dei bambini alla scuola primaria se questi non parlano in maniera adeguata il duch, ovvero la
lingua olandese fiamminga, e se non hanno frequentato in modo regolare la scuola dell'infanzia.
Una politica analoga è quella attuata sempre dal governo fiammingo in materia di assegni familiari: la
normativa prevede decurtazioni per chi non inscrive e fa frequentare regolarmente i figli alla scuola
dell'infanzia. L'assunto per cui la frequenza di servizi e scuole per l'infanzia rappresenti di per sé la garanzia
di un'offerta educativa e formativa più ampia e qualificata di quella delle famiglie svilisce le competenze
educative delle famiglie. Il Dipartimento di Educazione, Welfare ed Integrazione della Comunità Fiamminga
del Belgio ha recentemente iniziato a lavorare nella prospettiva di rendere più fluide e agevoli le transizioni
fra contesti domestici, educativi e scolastici, favorendo allo stesso tempo la partecipazione reale dei
bambini e delle loro famiglie. È stato così realizzato un piano d'azione atto a garantire processi di continuità
istituzionale e strutturale sul piano pedagogico e in relazione sia alle professionalità coinvolte sia sul piano
100
territoriale. L'idea chiave che lo guida consiste nel riconoscimento del fatto che le transizioni segnano una
fase molto significativa e delicata nella vita dei bambini e delle loro famiglie. La transizione è qui concepita
nella sua ambivalenza, come processo di continuità da un lato, così come, dall'altro, di profondo
cambiamento

2.1. Superare le concezioni di separatezza dei contesti educativi e istruttivi e la precocizzazione delle
esperienze: la sperimentazione di Aalst La scelta di lavorare nella città di Aalst è stata dettata della
presenza sul territorio di alcuni enti e servizi il cui fine è quello di combattere la povertà anche attraverso
l'accesso generalizzato a servizi educativi e scuole: il contesto, dunque, si presentava particolarmente
sensibile nell'accogliere un progetto finalizzato alla sperimentazione di modalità più fluide di continuità
educativa che, fra i propri obiettivi condividevano quello del supporto all’inclusione e al successo scolastico
delle fasce più deboli. Ad Aalst l’8,8% dei bambini nasce in famiglie in condizione di povertà.
Il gruppo di ricerco belga, in questo caso, si è attivato per costruire un gruppo di lavoro che comprendesse
non solo educatori e insegnanti di scuola dell'infanzia ma anche dirigenti e personale impegnato nel
contrasto alla povertà, affinché l'intervento si collocasse all'interno di una rete più ampia di azioni di
contrasto alla povertà. Il gruppo di lavoro si è incontrato a scadenza mensile in tutto il periodo della durata
del progetto per discutere e realizzare azioni di supporto alle transizioni educative sia livello verticale sia, e
soprattutto, orizzontale. Il progetto ha coinvolto anche il centro per l'infanzia Mezennestje, l'associazione
KOLVA e l'associazione 'Mensen voor mensen' (un organismo che si occupa di advocacy delle persone in
povertà).
Il centro per l'infanzia Mezennestje fornisce anche un servizio post-scolastico pomeridiano e riesce a
ospitare fino a 100 bambini in full time. Il centro è gestito dal complesso ospedaliero di OLV, per questo
motivo oltre il 60% dei bambini che accoglie sono figli del personale (amministrativo e medico
infermieristico) occupato nella struttura sanitaria. Per accogliere bambini figli di genitori in difficoltà
economica, il Centro attua specifiche politiche di accessibilità, destinando il 30% dei posti disponibili a
questa fascia sociale; infine, un ulteriore 10% è destinato ai bambini di famiglie che vivono nel quartiere. Il
Centro sostiene politiche di accoglienza anche per bambini con bisogni speciali.

Il secondo interlocutore di questo progetto è stata l'associazione di scuole cattoliche di Aalst KOLVA. Nello
specifico è stata coinvolta la scuola dell'infanzia e primaria Sint Maarten Institute. La maggioranza degli
alunni che frequenta l’istituto vive ad Aalst e circa il 20% proviene da minoranze etniche e culturali.
Per sostenere le famiglie in difficoltà, la scuola ha investito in due direzioni:
- nell'abbattimento delle rette
- in programmi di didattica attiva che prevedono l’utilizzo a scuola di più lingue.
La scuola, dunque, ha sviluppato metodologie di stampo cooperativo, finalizzate a co-costruire conoscenze
e competenze a partire dal lavoro con i bambini che non parlano la lingua dominante del contesto: il duch.
La visione pedagogica, di stampo cattolico, è incentrata sull'idea dell'alunno come persona e della scuola
come comunità a lui vicina e premurosa. Dal punto di vista organizzativo e pedagogico la scuola si avvicina
al modello italiano.

Il terzo interlocutore coinvolto nel progetto è stata l'associazione "Mensen voor mensen" ("Persone per le
persone"), un gruppo di difesa dalla povertà che lavora a stretto contatto con i servizi e le scuole per
l'infanzia.
Questa organizzazione associa persone che hanno vissuto situazioni di povertà e di esclusione sociale e
persone che sono tuttora in questa condizione, fornendo loro uno spazio di parola e di confronto rispetto a
possibili percorsi di inclusione sociale anche al fine di costruire documenti e raccomandazioni politiche. La
prospettiva è quella di promozione dei diritti e della dignità umana; in quest'ottica le persone in povertà
chiedono di essere riconosciute, valorizzate e ascoltate nella società e sul piano politico al fine di
contrastare le cause strutturali e sistemiche della povertà.

Al gruppo di lavoro composto da esponenti di questi tre organismi si aggiungevano, con il ruolo di
promotori e di facilitatori, i ricercatori del VBJK, un Centro di Ricerca per l'Innovazione nella prima infanzia,

101
partner istituzionale del progetto. Le fasi della progettazione realizzata ad Aalst corrispondono a quelle già
descritte nell'esperienza italiana.
o Inizialmente, il gruppo di lavoro ha acquisito informazioni sul contesto o sulle modalità di lavoro
delle istituzioni coinvolte, con un approccio di tipo osservativo ed etnografico.
o Il gruppo ha analizzato e discusso i protocolli osservativi focalizzandosi in particolar modo sul tema
delle transizioni fra casa e scuola e fra i differenti livelli scolastici.
o Dal confronto sono emersi alcuni temi che hanno rappresentato l'oggetto specifico della
sperimentazione successiva.
- Da parte del Sint-Maarten Institute scelta di focalizzarsi maggiormente sui temi
dell'accoglienza e della partecipazione dei genitori.
- Il contributo de Centro per l'Infanzia e dell'associazione Mansen voor mansen si è
focalizzato sulla partecipazione delle famiglie e in particolare di quelle in stato di povertà.
Il lavoro che ci interessa maggiormente riportare in questa sede è quello realizzato con i genitori che hanno
partecipato attivamente ai focus group e ai gruppi di discussione realizzati. Il primo dato che emergeva da
questi incontri era la necessità di riconcettualizzare, ampliando, il concetto stesso di 'transizione' e di
'continuità'. I genitori, si riferivano a tutti quei cambiamenti importanti nella vita di un bambino che
potrebbero avere una ricaduta nella qualità della frequenza dei bambini (trasferimento, emigrazione…).
Una ulteriore considerazione riportata era la necessità di prestare attenzione anche alle micro-transizioni
che ogni giorno caratterizzano la vita di un bambino nei servizi e nelle scuole dell'infanzia (cambiamenti
nella fruizione degli spazi, nella gestione dei tempi, nelle relazioni con il personale educativo e docente…).
Infine, molti genitori hanno espresso il timore di non essere in grado di preparare il proprio figlio per la
scuola dell'infanzia, ovvero di insegnare loro quei comportamenti che, implicitamente o in modo esplicito,
sono richiesti dalla scuola e, più in generale, dall'accesso a una dimensione sociale più allargata
(preparazione all'uso del vasino…). Per quanto riguarda il rapporto tra genitori e scuola dell'infanzia, i focus
group e le interviste hanno messo in luce il desiderio dei genitori, ma anche la necessità, di sapere che cosa
succedeva al loro bambino a scuola. Alcuni genitori hanno espresso il desiderio di essere più presenti in
classe per facilitare la transizione del loro bambino e per avere la possibilità di parlare con l'insegnante.
I dati raccolti dal gruppo di ricerca belga indicano che i genitori tendono ad assumere una posizione
piuttosto subalterna (di dipendenza) rispetto al personale, percependoli come rappresentanti esperti di
queste istituzioni e ciò accade più spesso quando i genitori non padroneggiano la lingua appartengono a
gruppi sociali fragili e marginali.

I principi Il gruppo di insegnanti ed educatori belgi ha utilizzato le settimane intensive di formazione per
elaborare il proprio progetto di intervento e i punti chiave della sperimentazione. Il gruppo ha concordato
sulla formulazione di 7 principi cardine:
1. Rispettiamo ogni bambino e bambina nella sua identità e cerchiamo di accompagnarli in ogni loro
cambiamento.
2. Ci avviciniamo ai bambini e ai genitori in modo positivo e personalizzato: mettiamo al centro i punti
di forza e le competenze.
3. Vogliamo garantire una transizione graduale e confortevole per i bambini e per i genitori.
4. Attraverso l'incontro e il dialogo coinvolgiamo attivamente i genitori nel processo di transizione e
costruiamo con loro un rapporto di fiducia.
5. Con un'accoglienza aperta e calorosa, i bambini e i genitori possono sentirsi benvenuti.
6. Ci sosteniamo e ci rafforziamo a vicenda per intraprendere azioni di transizione.
7. Uniamo le nostre forze per stabilire una continuità nel processo di educazione dei bambini.
Questi principi sono stati utilizzati nel corso di tutta la ricerca come strumento di riflessione e di guida alla
sperimentazione. Essi hanno rappresentato un terreno comune per sviluppare azioni che potessero
effettivamente fare la differenza nella costruzione di percorsi di continuità sia verticale sia orizzontale, per i
bambini, i genitori e i professionisti. Sebbene inizialmente il gruppo si sia concentrato principalmente
nell'assicurare che i bambini e le famiglie in condizioni di povertà vivessero transizioni non problematiche,
le pratiche di continuità sviluppate hanno influito positivamente su tutti i bambini e le famiglie.

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Gli obiettivi Ampliare la politica/pratiche di familiarizzazione e ambientamento dei bambini e delle
bambine.
Sebbene il Centro per l'Infanzia avesse una lunga tradizione di pratiche di accoglienza e di familiarizzazione
per bambini e famiglie in differenti condizioni socio-economiche e culturali, alcuni educatori hanno
sviluppato la consapevolezza che non sempre consideravano i genitori come partner. I presupposti sbagliati
già presenti sono stati decostruiti e ricostruiti grazie a diverse discussioni di gruppo.
Creare occasioni di incontro per i bambini e le famiglie che non hanno frequentato i nidi d'infanzia
Il Centro Mezennestje ha iniziato a organizzare mensilmente dei momenti per le famiglie residenti nel
quartiere per sostenerne le pratiche genitoriali e, nello specifico, per agevolare il passaggio alla scuola
dell'infanzia. In questi incontri era occasionalmente presente anche il personale della scuola dell'infanzia, a
disposizione dei genitori per discutere con loro dell'accesso a scuola, con l'obiettivo di ridurre lo stress e
l'incertezza che da questo potrebbero derivare.

Contemporaneamente, l'associazione Mensen voor mensen ha iniziato a prestare maggiore attenzione alle
domande e alle preoccupazioni legate ai temi dell'accesso a servizi e scuole dell'infanzia che emergevano
dei genitori. Ogni settimana i genitori che vivevano in povertà e provenivano da contesti culturali diversi si
incontravano per prendere un caffè mentre i loro figli usufruivano della ludoteca. Queste iniziative si sono
trasformate in un progetto più ampio e continuativo, orientato a creare e stimolare luoghi di incontro per i
genitori che non avevano accesso ad altre reti sociali. Si tratta di famiglie che spesso non mandano o non
possono mandare i loro figli in strutture per l'infanzia per diverse ragioni, non ultima quella economica.
Queste azioni si sono inserite all'interno di un progetto più ampio, denominato progetto Koala che riguarda
proprio la continuità orizzontale, fra casa e scuola dell'infanzia, con azioni a sostegno del processo di scelta
della scuola, di iscrizione e di accesso a essa.

Organizzare attività in cui i bambini familiarizzano con la scuola dell'infanzia Per rendere più agevole
l'ambientamento, il nido di infanzia ha iniziato a organizzare i martedì dei bambini. Durante questi incontri i
bambini di nido più grandi uscivano dal servizio e giocavano in spazi esterni al nido, ma sempre del Centro
per l'infanzia, o nel parco giochi della vicina scuola dell'infanzia.
L'obiettivo di questa attività era quello di consentire ai bambini di acquisire un po' di familiarità con un
ambiente più spazioso e non conosciuto e in altri spazi esterni alla scuola e con le regole che in essi vigono.
Durante queste sessioni è stato raccolto del materiale documentale che ha dato vita a un libro di racconti
corredati da foto della scuola dell'infanzia e del centro per l'Infanzia che i bambini potevano guardare e
commentare con gli altri bambini, con i loro educatori o con i
loro genitori.

Le azioni realizzate Accogliere i genitori ogni giorno nelle aule e dialogare con loro
La scuola dell'Infanzia Sint-Maartensinstituut ha iniziato con l'accoglienza dei genitori nella sezione dei
bambini più piccoli. Prima della sperimentazione, i genitori dovevano aspettare l'ingresso dei bambini
all'esterno del plesso scolastico e raramente avevano l'opportunità di parlare con gli insegnanti. La
sperimentazione, iniziata con una sola sezione, si è poi allargata a tutto il servizio, per garantire ai genitori
la possibilità di entrare negli spazi scolastici. Quello realizzato può sembrare un piccolo passo, ma per la
scuola dell'infanzia in oggetto questa sperimentazione ha rappresentato un enorme passo in avanti verso la
creazione di opportunità per genitori e insegnanti di incontrarsi, conoscersi e iniziare a costruire un
rapporto di fiducia tra adulti che andrà a beneficio dei bambini.

Sviluppare pratiche di familiarizzazione per i nuovi bambini e i genitori nella scuola dell'infanzia La scuola
dell'infanzia ha iniziato con la sperimentazione di pratiche di ambientamento e di familiarizzazione,
permettendo ai bambini e ai genitori di trascorrere un po' di tempo in classe insieme all'insegnante e agli
altri bambini.Questa attività dava l'opportunità all'insegnante di raccogliere informazioni dai genitori
rispetto alle caratteristiche dei propri bambini, alle loro abitudini, a ciò che piace o non piace loro, alle
modalità di conforto preferite e più familiari.

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Per realizzare queste nuove prassi di ambientamento è stato fondamentale l'apporto professionale del
personale del centro infanzia Mezennestje. Questo passaggio è da sottolineare ed è particolarmente
importante perché in Belgio, come in Italia del resto, vi è la diffusa ed erronea percezione che la
professionalità del personale educativo del nido si caratterizzi prevalentemente sul piano del mero
accudimento e che dunque poco abbia da insegnare a quello delle scuole dell'infanzia che già si caratterizza
per lo status di docente. Durante la sperimentazione, invece, le raffinate competenze degli educatori sono
state riconosciute dagli insegnanti e dal personale dirigente, dando luogo a un reale scambio 'alla pari' fra
professionisti. Sono inoltre stati organizzati open day nella scuola dell'infanzia, in cui i bambini e i genitori
potevano andare a visitare le sezioni, giocare insieme agli altri bambini e gli insegnanti potevano anticipare
ai genitori le modalità di funzionamento del nuovo contesto educativo.

Ripensare la cura- e i momenti di routine Come sottolineato dai genitori, molte transizioni avvengono
anche all’interno di una sola giornata scolastica. Pensiamo, ad esempio, a che cosa accade quando vengono
organizzate attività di gioco all'aperto. Altri esempi di transizioni sono rappresentati dal passaggio al
momento del pranzo o del sonno o ancora dal cambio turno degli educatori. Inoltre, sono piccole
transizioni anche gli intervalli fra una attività e un'altra e le pause. A causa della divisione istituzionale e
concettuale tra apprendimento e cura, il sistema educativo prescolare fiammingo è caratterizzato da molti
momenti intermedi in cui i bambini sono al parco giochi, pranzano, vanno al bagno ecc senza
necessariamente avere il pieno sostegno del personale docente. Spesso queste attività sono gestite
prevalentemente dal personale assistente, personale che non ha funzioni educative ma solo di
accudimento e pulizia. Tale personale si trova quindi a gestire un numero significativo di bambini in
momenti delicati quali il cambio e il pasto, senza alcuna qualifica o preparazione professionale.
Grazie ai momenti di riflessione condivisa proposti dalla ricerca/azione nell'ambito del progetto START e
delle visite internazionali sul campo nel Regno Unito e in Slovenia, questi momenti intermedi (momenti
cerniera) sono diventati oggetto di intervento nella scuola dell'infanzia e sono stati introdotti i seguenti
cambiamenti nell'organizzazione e nella gestione delle attività:
 Gli spazi esterni ripensare l'organizzazione del gioco e della permanenza all'aperto per rendere
anche lo spazio esterno un ambiente caratterizzato da intenzionalità educativa. Le osservazioni
mettevano in luce che lo spazio esterno veniva usufruito dai bambini in gruppi che tendevano a
organizzarsi per età, lasciando spesso i più piccoli in una situazione di marginalità rispetto ai più
grandi.
Le insegnanti hanno così sviluppato un sistema che potremmo definire di peer tutoring, o di
"buddy", in cui i bambini più grandi venivano sollecitati a prendersi cura dei più piccoli, includendoli
nei momenti di gioco.
Un altro problema che emergeva dalle parole dei bambini era il 'sovraffollamento' di alcune aree di
gioco. Per rispondere a questo, le insegnanti hanno installato una casetta di legno ("miniutopia")
destinata alla lettura.
 Il pasto l'ora di pranzo è stata identificata come uno dei momenti la cui gestione risultava
particolarmente complessa. Gli insegnanti dei bambini più piccoli hanno deciso di rendere questo
momento più famigliare e tranquillo e quindi di mangiare in classe con i bambini.
 Il sonno Il direttore e i membri dello staff hanno deciso di tentare di rispondere a questa esigenza
organizzando gli spazi per dare la possibilità, per i bambini che ne avessero ancora bisogno, di
dormire nel pomeriggio. Tuttavia, questa parte della sperimentazione è risultata la più difficile da
attuare a causa delle normative relative alla gestione degli spazi ma anche all'organizzazione del
personale.
 Il bagno La routine del bagno era organizzata in modo collettivo per i bambini piccoli, vista la
presenza di una unica insegnante sulla sezione. Man mano che cresceva la consapevolezza che i
bambini piccoli avevano bisogno di cure e sostegno più individualizzati, si è deciso di agire anche
rispetto a questa routine, attraverso il potenziamento del personale su questa sezione, in modo da
poter sviluppare un approccio più intenzionalmente educativo e individualizzato, caratterizzato sia
nella dimensione della cura sia dell'apprendimento.

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Questo importante esercizio di riflessione per riorganizzare i diversi 'momenti cerniera' di una giornata
scolastica ha anche portato all'idea che forse in futuro la scuola potrebbe organizzare i gruppi classe, le
sezioni, in modo diverso: anziché mantenere l'organizzazione per sezioni di bambini di età omogenea,
passare alle sezioni miste (eterogenee per età), in modo che i bambini possano imparare a vivere insieme
anche grazie alla cura e all'aiuto reciproco. Le sperimentazioni introdotte e i cambiamenti pensati e
realizzati con l'obiettivo di rendere le transizioni più calde e inclusive hanno avuto successo poiché tutti gli
stakeholder hanno notato come l'atmosfera in generale fosse più confortevole, amichevole e accogliente.
Insegnanti e genitori hanno osservato la diminuzione di stress nei bambini. Un ulteriore fondamentale
risultato è stato l'aumento di un diffuso sentimento di fiducia tra tutti, del senso di appartenenza a una
comunità educativa.

2.3. I risultati della sperimentazione: ricadute su bambini, genitori e istituzioni

Ricadute sui bambini


Grazie alla diversa organizzazione delle attività di continuità verticale e orizzontale, i professionisti ECEC e i
genitori hanno osservato che i bambini si sono trovati più a loro agio e hanno messo in atto comportamenti
che dimostrano maggior confidenza e benessere rispetto a prima. I bambini sono stati accolti nei servizi e
invitati a far parte di una comunità in cui essi venivano considerarti importanti proprio come persone.
L'obiettivo rimane quello di favorire una maggiore integrazione fra la dimensione della cura e quella
dell'apprendimento, realizzando dunque modalità di transizione alla scuola dell'infanzia che supportino sia
il benessere sia l'acquisizione di competenze dei bambini.

Ricadute sulle famiglie


Sia i genitori sia i professionisti hanno riconosciuto di essersi sentiti maggiormente a proprio agio, sostenuti
e mentalmente preparati a vivere questo periodo di transizione. Il Centro di assistenza per l'Infanzia e il
gruppo di sostegno alla povertà hanno aiutato i genitori a partecipare in modo più attivo alla vita del
servizio.
Sia nel Centro di assistenza per l'Infanzia sia nella scuola dell'infanzia il dialogo con i genitori è aumentato:
essi sono stati materialmente più presenti, si sono sentiti accolti, hanno dialogato tra loro e condiviso sogni
e preoccupazioni sull'educazione e la cura dei bambini a scuola.

Ricadute sugli insegnanti e sugli educatori all'infanzia


La scuola dell'infanzia aveva visto un cambiamento, negli ultimi anni, relativamente alla popolazione dei
bambini frequentanti: da una prevalenza di bambini europei di famiglie di ceto medio-alto a una prevalenza
di bambini con una eterogeneità di background culturale ed economico. Questo processo è stato difficile da
accettare per alcuni degli insegnanti della scuola, che percepivano questo cambiamento come un
peggioramento dello status dell'istituzione e della loro professionalità. Le questioni più cogenti dei
professionisti rimangono legate alla bassa competenza linguistica dei bambini accolti. Investendo in questo
progetto, l'immagine che il personale scolastico ha sviluppato si è gradualmente trasformata in una visione
più positiva e capace di valorizzare le competenze piuttosto che le carenze.
Più concretamente, gli insegnanti hanno dichiarato di aver sviluppato migliori rapporti con i bambini e i
genitori. L'attenzione precedente centrata sulle comunicazioni realizzate prevalentemente in forma scritta
ha via via perso terreno a favore di relazioni più personali: parlare e interagire è così diventata una delle
attività principali degli insegnanti.

Ricadute sulle organizzazioni


È stato un risultato molto importante osservare come la ricerca di una comunicazione più personale e
intima sia diventata lentamente un focus continuo dei professionisti nei diversi contesti. Il feedback positivo
e critico dei genitori rispetto alle nuove pratiche di continuità e ambientamento ha dato diversi input
riflessivi ai docenti.

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Questo progetto ha dunque messo in luce come il rispetto e la comprensione reciproca tra i professionisti
dei diversi contesti si siano sviluppate e rinsaldate grazie al confronto e alla co-progettazione. I vari gruppi
di professionisti si sono sentiti più legati nella loro intenzionalità, sviluppando pratiche educative adatte e
significative in risposta alla diversità di bambini e genitori specifica di questo quartiere svantaggiato di
Aalst.

2.4. I punti di forza della sperimentazione, ovvero che cosa si potrebbe attuare anche in altri contesti

Le Fiandre sono una delle regioni con più alto tasso di iscrizione al nido di tutti i paesi dell'OCSE, ma sono
anche una delle regioni con il più alto divario educativo.
Esperienze di transizione e continuità particolarmente negative possono creare difficoltà permanenti che
conducono a risultati scolastici meno promettenti per i bambini che vivono in circostanze svantaggiate. Per
questo motivo la ricerca-azione ha cercato di sfidare il sistema educativo tradizionale con l'obiettivo di
rendere le transizioni accoglienti e inclusive per i bambini e le famiglie che vivono in condizioni di povertà.
La riflessione condivisa ha portato i professionisti a comprendere che tali divisioni possono rappresentare
un'opportunità per pensare fuori dagli schemi tradizionali di matrice istituzionale e culturale: attraverso
l'apprendimento collaborativo e il confronto, educatori ed insegnanti provenienti da quattro paesi diversi
hanno messo in comune, decostruito e analizzato criticamente le immagini tradizionali dei bambini e delle
famiglie, permettendo cosi una rilettura delle pratiche educative utilizzate, la loro ri-contestualizzazione e
reinvenzione. Come risultato, gli insegnanti hanno abbandonato la loro convinzione rispetto alla funzione
preparatoria del nido in relazione alla frequenza della scuola dell'infanzia. Questa esperienza dimostra
dunque che è possibile un cambiamento sistemico, facendo piccoli passi in una prospettiva che prevede la
relazione, la cura, la fiducia e il senso di comunità come concetti chiave del proprio agire pedagogico.
Le azioni chiave possono quindi essere così sintetizzate:
o impegnarsi costantemente con i bambini e le famiglie per tenere al centro i temi in merito alle
transizioni e alla continuità educativa;
o sostenere e collegare costantemente gli operatori di diversi contesti nell'affrontare le sfide che il
processo di trasformazione comporta;
o investire nell'interazione ricorsiva tra ricerca e sperimentazione, tra teoria, politica e pratica.

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