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FARE SCUOLA FUORI DELLA SCUOLA F.

De Bartolomeis

IL SISTEMA INFORMATIVO ALLARGATO Le attività educative NON possono svolgersi tutte all’interno di un unico
luogo, ma devono estendersi anche su realtà esterne, ovvero il territorio. La scuola proprio x raggiungere le sue
finalità educative deve svilupparsi anche in spazi non scolastici. Tutto questo autorizza a considerare la scuola
come sistema formativo allargato. Il “fuori della scuola” è stato individuato nell’area in cui vivono gli studenti, nei
servizi della città, nei luoghi di produzione, nella campagna, nei cosiddetti beni culturali (musei, teatri, biblioteche).
DUE TENDENZE INNOVATIVE CONVERGENTI Le trasformazioni devono riguardare sia l’assetto e il funzionamento
interno dell’istituzione scolastica sia l’utilizzazione (che non deve essere occasionale!) dell’esterno: la sistemazione
degli spazi, l’organizzazione dell’orario, il tipo di gestione devono essere favorevoli all’assunzione della
metodologia della ricerca con anche sviluppi interdisciplinari. È importante che il “fuori della scuola” non diventi
artificioso e ciò accade quando non si progetta cosa si farà all’esterno e non si elaborano le conoscenze acquisite
nell’esterno. In questo caso le uscite dalla scuola si trasformerebbero in un tentativo di evadere, che serve a far
trascorrere il tempo in modo meno sgradevole.

È PROPRIO NECESSARIO IL TEMPO PIENO? Prima bisogna cercare di capire quali attività sono indispensabili x
avvicinarsi il più possibile alla soddisfazione del fabbisogno educativo, quali spazi e tempi sono correlati a queste
attività, quali strumenti occorrono, quali modificazioni sono richieste nel lavoro di studenti e insegnanti. Solo dopo
aver valutato questi aspetti, si può decidere se in conclusione adottare la soluzione del tempo pieno.
Per fabbisogno educativo non si deve intendere x forza scolastico! È indispensabile precisare che esso prende in
considerazione attività, esperienze, rapporti, ricerca e produzione, amicizia, gioia, humour, accettazione,
partecipazione, sicurezza, affettività, vita fisica, concentrazione, rilassamento…Dunque non si tratta di aspetti
esclusivamente legati allo studio, anche se ovviamente non è facile liberare la qualificazione educativa da ciò
che si fa a scuola, dal rapporto didattico, dai compiti…Una parte considerevole del fabbisogno di attività, di
esperienze, di rapporti ecc… non trova, in realtà, neanche nel tempo pieno opportunità di soddisfazione. Il
tempo pieno ha un vero valore educativo quando l’operazione realizzata è positiva e tiene conto di tutti gli
aspetti inizialmente indicati. Solo allora si potrà dire che è stata avviata l’attuazione del “nuovo tempo pieno” (x
capirci non la scuola a tempo pieno che ha solo un monte orario più ampio, ma una scuola in cui questo orario
prolungato permette di soddisfare il fabbisogno educativo il più possibile).

DIRITTO ALLO STUDIO Parlando di fabbisogno educativo abbiamo criticato l’identificazione studio-educazione
poiché lascia fuori le esigenze (non x forza legate alla scuola) la cui soddisfazione è essenziale x lo sviluppo
dell’individuo. Nemmeno l’espressione “diritto all’educazione” rende giustizia, in quanto potrebbe ancora
rivolgersi solo alla persona che studia, trascurando l’individuo. Invece l’espressione “diritto allo studio” può
essere adoperata in positivo visto che su tale diritto s’innestano iniziative previste dalla legge, in particolare il
decreto 616/1977 che realizza una trasformazione dell’amministrazione pubblica (decentramento*) mediante
l’istituto delle deleghe di funzioni essenziali alle Regioni e agli enti locali, prima di competenza esclusiva
dell’amministrazione centrale. I provvedimenti a favore del diritto allo studio sono legittimati dalla cosiddetta
“assistenza scolastica”. Diritto allo studio, scuola-territorio: richiamano direttamente alle situazioni locali, quelle
della vita quotidiana nell’intreccio del pubblico e del privato, dell’istituzionale e dell’extra-istituzionale.

DECENTRAMENTO, EDUCAZIONE, FORMAZIONE PROFESSIONALE *DECENTRAMENTO= attribuzione di poteri, in


una grande varietà di settori (servizi, casa, urbanistica, artigianato, assistenza, sanità, formazione…), alle
Regioni, alle Province e ai Comuni che sono anch’essi lo Stato. Guardiamo l’influenza del decentramento sul
sistema formativo, cioè sulle istituzioni per l’infanzia (nidi e materne), sulla scuola dell’obbligo e sulla scuola
superiore, e sui corsi professionali.
La prima cosa evidente è che esistono figure professionali che agiscono nel campo formativo con varie mansioni
e che dipendono dalla Regione e dagli enti locali e non dall’amministrazione centrale. La varietà degli enti può
rafforzare e migliorare la qualità, e questo è necessario che avvenga. Altre volte può produrre un
coordinamento delle forze meno semplice. In generale si tratta di dare concretezza al principio
dell’ampliamento della mansione educativa.
Le persone diverse dagli insegnanti statali sono di 3 tipi:
• insegnanti comunali
• operatori culturali messi a disposizione dall’ente locale ma diversi dagli insegnanti che dipendono da
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questo ente
• persone esperte delle realtà che si vogliono conoscere (con funzione di guida).
SCUOLA-TERRITORIO Non possiamo accontentarci di attuare un sistema scuola-territorio semplicemente visitando
musei e mostre o frequentando biblioteche ogni tanto: tutto questo, se non entra in un piano e non dispone di
strumenti adatti, finisce x ricadere nelle limitazioni della vecchia pedagogia. Il territorio è certamente un’ampia
estensione di spazio di vita, ma è anche la coordinazione di risorse, istituzioni, servizi, attività produttive. Ne
consegue che è da studiare come sistema a più variabili. La questione sul territorio ha investito anche le scienze
dell’educazione e la pratica scolastica. Il tema scuola-territorio è emerso, uscendo dall’ambito dottrinale, sia x
merito di alcune esperienze d’avanguardia sia x l’appoggio (in realtà debole e poco coerente) di dispositivi di legge.
L’espressione scuola-territorio ha 3 significati che fanno riferimento a strumenti legislativi e a tipi d’intervento
diversi:
1. Definisce un “sistema formativo territoriale” in risposta alla necessità di dare un’adeguata
organizzazione alle istituzioni formative (scolastiche e non) in una determinata area, tenuto conto delle
esigenze sia degli individui sia dello sviluppo della produzione, dei servizi, dei beni culturali. Lo scopo è
realizzare una buona misura di coordinamento tra il sistema formativo e il sistema delle attività di un
territorio.
2. Riguarda la necessità di censire le realtà istituzionali e produttive, le risorse e le opportunità di ogni
tipo esistenti sul territorio al fine di utilizzarle a favore della scuola nella direzione di un sistema
formativo allargato. Cosa c’è nel territorio?
 Istituzioni amministrative;
 Servizi con gestione pubblica nei vari campi (dai trasporti e dalla viabilità all'assistenza e alla sanità);
 Realtà economiche (dall'artigianato all'agricoltura e all'industria);
 Enti strumentali (ad esempio, centro per il trattamento automatico dell'informazione, centro di ricerche
economico sociali ente per lo sviluppo agricolo, finanziaria regionale);
 Beni culturali (in senso stretto: biblioteche, musei, edifici di valore storico-artistico, teatri, associazioni,
strutture urbanistiche, piazze, giardini, parchi ecc.);
 Istituzioni formative (scuole, corsi professionali, iniziative di educazione permanente ecc.);
 Servizi privati;
 Caratteristiche fisiche (clima, rilievi, acque, risorse naturali есс..);
 Fenomeni demografici;
 Fatti sociali preminenti;
 Attrezzature sportive e strutture per il tempo libero;
 Tradizioni, festività;
 Ambiente dal punto di vista delle esigenze di vita e della salute
 (fattori di rischio, nocività);
 Progetti di trasformazione dell'ambiente, di servizi: loro gra
 do di attuazione.
3. Si incentra sul fatto che la scuola stessa è una realtà del territorio su cui hanno influenze altre realtà.
A scuola agiscono persone (insegnanti, studenti, genitori, personale non docente) che formano le loro
caratteristiche di vita, i loro valori, le loro abitudini nelle situazioni interattive del territorio. Per
modificare il rapporto scuola-territorio ci sono alcuni mezzi (servizi) che collaborano direttamente
con la scuola (consultori, èquipe di neuropsichiatria infantile, medicina scolastica…), mentre altri
mezzi hanno bisogno di applicarsi ai grandi problemi sociali: la pace, la sicurezza, la salute, i
trasporti,la casa, il lavoro…

LE ATTIVITÀ EDUCATIVE SI ESTENDONO SULLE REALTÀ ESTERNE Una delle forme di uscita dalla scuola che ha
preso piede recentemente e che ha avuto sviluppi apprezzabili è rappresentato dagli scambi tra classi di città
diverse. Bisogna mettere a punto procedure che consentano di trarre dagli scambi il massimo vantaggio educativo:
gli scambi x se stessi, infatti, non sono sufficienti a produrre innovazioni sostanziali. La svolta è segnata dal
superamento della localizzazione scolastica delle esperienze educative così da produrre radicali rinnovamenti in
fatto di obiettivi, metodi, contenuti e strumenti. La metodologia degli scambi, dunque, adopera il metodo della
ricerca e dei rapporti diretti, sviluppando un forte interesse x il mutamento.

L’ESTERNO CAMPO ORDINARIO DI ESPERIENZE EDUCATIVE L’interesse per l’esterno è necessario x dare
all’apprendimento culturale e alla socializzazione carattere vitale, liberandoli dalla dipendenza da strumenti e da
obiettivi che restringono, surrogano e falsano le cose. Cose su cui è indispensabile fare ricerche ai fini sia della
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comprensione di eventi, di connessioni, di tendenze, di difficoltà sia dell’acquisizione di abilità pratiche. È
importante abituare il bambino a vedere ciò che ha intorno e a rendersi conto di cosa si tratta: per fare questo
bisogna partire operando sul bambino sin dai primi anni di vita.

LE ESPERIENZE FUORI DELLA SCUOLA MODIFICANO PROGRAMMI, CURRICOLI, PROGRAMMAZIONE


Visitando certi luoghi all’esterno/sul territorio si tende a cogliere, nella maggioranza dei casi, solo alcuni aspetti
esteriori. È assolutamente necessario che vi sia:
- l’appoggio di precedenti informazioni
- l’uso di documentazione
- una preparazione preliminare.
Questo va saputo, perché non basta portarsi sul territorio per conoscerlo. L’osservare, anche con la massima
attenzione è insufficiente! Il rapporto scuola-territorio non è un’estensione spaziale opzionale, ma è una necessità
x il rinnovamento della scuola. Lo stesso vale x il tempo pieno, che non è un’estensione temporale opzionale. E
così i problemi del rapporto scuola-territorio e i problemi del tempo pieno si incontrano: il maggiore tempo a
disposizione serve x l’ampliamento delle attività sulle realtà extrascolastiche.
Le esperienze fuori della scuola si caricano di un peso, ovvero quello di dover ridisegnare i programmi, di
costruire curriculi adeguati a strategie educative x campi più vasti e vari di quelli della scuola, e di usare come
mezzo ordinario la programmazione. Quest’ultima nasec dall’esigenza di affrontare i problemi in modo
intenzionale (=avendo presenti gli obiettivi da raggiungere) e sistematico (seguendo un metodo, rispettando
criteri cosi da non sprecare tempo, non perdere di vista gli scopi e realizzare invece la migliore congruenza tra
mezzi e scopi) e di tener conto di situazioni complessive che non possono essere rappresentate solo da fattori
scolastici. Uno schema diventa vero e proprio progetto finalizzato all’attuazione solo mediante l’intervento degli
insegnanti coi mezzi della programmazione. Questo significa che la programmazione raggiunge i suoi scopi se
riesce ad articolarsi in un certo numero di unità didattiche, ciascuna delle quali riguardi un particolare
argomento (anche disciplinare) da svolgere in un tempo che va, di norma, dai 5 ai 15 giorni.
Tra le utilità dell’uscita dalla scuola abbiamo:
• l’aumento dei rapporti informali
• la possibilità di socializzare in una varietà di occasioni lontane dal vincolo del “rendere conto”
• ridere e scherzare
• caduta di barriere tra insegnanti e studenti.

Su questa base di rivitalizzazione di comportamenti e rapporti si instaurano programmazione e ricerca x ampliare e


approfondire esperienze.
IL PRIVATO, L’EDUCAZIONE, LE ISTITUZIONI Nella vita privata ci sono valori formativi? Anche in essa si
sviluppano attività culturali, interessi x obiettivi comuni, rapporti di amicizia e affetto, fascino di scoprire nuove
cose… dall’altra parte quelle che vengono considerate qualità positive della vita privata devono potersi sviluppare
anche a scuola.
LA CULTURA COME PRODUZIONE
• Il carattere produttivo della cultura non ha campi preferenziali: sarebbe un grave errore attribuirlo
solo ad attività che richiedono strumenti materiali, procedimenti tecnologici/artistici, operazioni
organizzative.
Es: si è produttivi se x una ricerca si costruiscono questionari, interviste, schede di osservazione e
strumenti simili che consentono di arrivare a risultati significativi.
Il produrre ha sempre a che fare con il nuovo.
• Le attività manuali non sono l’opposto di attività intellettuali.
• Il valore del gioco non può diventare la centralità nella vita del bambino. Neppure il bambino può
permettersi il lusso di giocare e basta, perché ha bisogno di crescere e deve sviluppare conoscenze ed
esperienze che soddisfino il suo fabbisogno educativo.
• Teoria e pratica appartengono allo stesso processo di costruzione e di spiegazione dell’esperienza.
• Distinguere tra processo e prodotto non porta a una totale comprensione dell’attività produttiva, cioè
il processo che sbocca in un prodotto. Quindi il prodotto giustifica l’attività produttiva e anche
l’attenzione alla qualità del prodotto. Non serve più schierarsi o a favore del processo o del prodotto.
Questa conclusione ha conseguenze pratiche nel lavoro educativo perché stimola l’operare x obiettivi,
cosa che mette in primo piano la progettazione e la ricerca. Anche tutto il sistema della valutazione
viene rivoluzionato, poiché l’attività valutativa si distribuisce lungo l’intero processo e trova nel

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prodotto criteri intrinseci.
• La centralità dell’educazione linguistica si basa su una concezione di impoverita esperienza: è utile
studiare una lingua come meccanismo formale ma l’interesse maggiore deve riguardare le funzioni del
pensiero.
Caratteristiche specifiche del laboratorio:
- un tipo di strutturazione dello spazio e del temporale
- capacità di porsi obiettivi determinati e di lavorare su essi x raggiungere ai prodotti
- materiali
- strumenti
- procedure di uso di materiali e strumenti
- metodologia di guida
- tendenza a usare realtà esterne.
I BENI CULTURALI I beni culturali comprendono:
• ambiente naturale
• attività economiche
• servizi
• musei
• parchi di vario genere
• monumenti, edifici, strutture urbane di valore storico
• associazioni e fondazioni culturali
Essi costituiscono un patrimonio immenso con cui la scuola (e la popolazione in generale) si mette in rapporto
con visite che perlopiù danno acquisizioni modeste. In anni recenti si è assistito a sforzi rivolti a modificare il
rapporto scuola-beni culturali e popolazione-beni culturali.
I musei hanno materialmente messo a disposizione delle scuole alcuni locali attrezzati a laboratori sotto la guida
di esperti. I musei sono fonte di apprendimento anche se non ci si muove in essi col mezzo della ricerca. Alcuni di
essi si danno un ordinamento e un allestimento specifico che favoriscono la ricerca x un uso didattico e x una
migliore qualità comunicativa.
Uno dei problemi su cui deve estendersi l’attività di ricerca è quella riguardante il recupero di edifici x destinarli
all’uso pubblico: farli diventare beni culturali attivi. Si parla in questo caso di edifici antichi, complessi lasciati
liberi da industrie… È grave che ci sia un disinteresse dell’uomo x ciò che usa continuamente: gli spazi della
casa, del quartiere, della città.
VARIE FORME DI UTILIZZAZIONE DELL’ESTERNO Per includere nell’educazione la conoscenza del territorio è
necessario agire x progetti. Ciò comporta il ricorso all’attività di programmazione e sperimentazione che finora
ha scarsissima incidenza nella vita della scuola. L’attività fuori della scuola si avvale della diversità, della
specificità di nuove opportunità educative. Bisogna entrare nell’ottica di creare un rapporto più vivo nel reale:
la scuola nel cinema e nel teatro, x esempio. Il nel deve diventare quella partecipazione ad attività produttive.
Elenchiamo alcune forme di utilizzazione dell’esterno grazie a cui si possono fare esperienze significative:
a) Attività “senza ricerca” → si tratta di rapporti con eventi dell’esterno senza che si ricorra a piani e
procedimenti di ricerca. Dunque osservazioni occasionali, abitudini culturali… il proposito è quello di
muoversi tra stimoli a cui si reagisce con senso di piacere senza doverne rendere conto. L’assenza di
tensione critica e dell’obbligo di giudicare con argomentazioni può aprire a valutazioni più libere e
inconsuete. Le attività senza ricerca sono la base delle attività mediante ricerca.
b) Visite → selezionano oggetti e tendono ad arrivare a valutazioni. Hanno una determinata
organizzazione e intenzionalità. La scuola deve promuovere visite a musei (di qualsiasi disciplina o
interesse). Inoltre si visitano anche aziende, fabbriche, fortezze, parchi, zone archeologiche… Anche se
non si fa ricerca, bisogna avere cmq una preparazione preliminare, qualche documentazione e il
prendere appunti durante la visita sarebbe opportuno. È importante che la consuetudine delle visite
prenda piede indipendentemente dalla scuola, così i giovani possono trovare sbocchi validi alla loro
iniziativa.
c) Ricerche → richiedono più tempo delle visite e si svolgono in settori limitati. Lo scopo è acquisire
conoscenze su particolar situazioni e problemi dell’ambiente fisico, economico, sociale e culturale. È
un contatto diretto che implica la collaborazione esplicita delle persone che lavorano nel settore
oggetto di ricerca.
d) Uso di servizi → biblioteche, centri multimediali, centri di attrezzature sportive… vi rientrano anche gli
spettacoli: cinema, teatro, auditorium, conservatorio.
e) Attività produttive in laboratori esterni creati appositamente o adattati x scopi educativi → la
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creazione di laboratori esterni alla scuola e la trasformazione della scuola in un laboratorio è la
stessa cosa. Conta che ci siano le condizioni x dare il massimo sviluppo alle attività educative.
f) Attività produttive in realtà esterne che perseguono finalità → lavori nei parchi regionali e nazionali,
nelle aziende agricole e zootecniche, in aziende industriali e artigiane, in servizi. Si tratta di inserirsi
nelle condizioni proprie del mondo del lavoro e ciò può essere, appunto, utile per l’alternanza scuola-
lavoro.
CONDIZIONI E CRITERI DEL PROGETTARE L’utilizzazione delle risorse che sono nel territorio ha bisogno di
programmazione, di sperimentazione e di aggiornamento. Il progetto si concretizza con la definizione di un campo
di ricerca e del piano delle cose da fare per raggiungere, con attività individuali e di gruppo, un determinato
obiettivo. Il progetto avrà qualità accettabili se sarà frutto di una collaborazione tra insegnanti ed esperti esterni.
Questo perché è impensabile che il rapporto scuola-territorio possa efficacemente stabilirsi per via didattica e con
le sole risorse della scuola. Mettere a disposizione della scuola mezzi che facilitino la produzione di progetti e
accorcino i tempi di preparazione. È necessario disporre di un’appropriata documentazione e di schemi di progetti
sui problemi del territorio, per operare, con progetti, su un determinato territorio bisogna conoscere le risorse e le
opportunità che offre e le esigenze che si collegano ad esse (inventario). L’inventario contiene dati significativi
acquisiti con ricerche su vasta scala attuate da enti o centri di studio. È indispensabile rapportarsi preliminarmente
al territorio. Nel rapporto scuola-territorio, l’intervento della Regione e degli enti locali non agisce come
interferenza politico-amministrativa nella vita della scuola ma come facilitatore (erogazione di fondi).
SCUOLA-TERRITORIO PER L’ORIENTAMENTO Una cultura del territorio, in cui si accentua la cultura del lavoro, ha
un’insostituibile funzione orientativa. Svolgendo attività sul territorio, gli studenti, non solo conoscono
opportunità ma hanno modo di saggiare le proprie preferenze, motivazioni e capacità in situazioni di esercizio e
sviluppo. È un’impresa ardua orientare in mezzo a fattori disorientati e disorientanti, sarebbe più semplice se ci
fossero situazioni economiche molto attive e richieste chiare e diffuse di professionalità. La scuola contribuisce
all’azione orientativa con la qualità complessiva dell’educazione che si realizzi in particolari conoscenze e abilità.
Essa può dare solo un contributo all’orientamento in quanto vi è una parte di quest’ultimo che non è istituzionale
ma dipende all’andamento dei processi economici, dalle condizioni di vita, da una varietà di fattori di esperienza
che non sono controllati o controllabili da parte della scuola.
La scuola per mettersi in grado di partecipare con efficacia a compiti orientativi deve essere investita da un
rinnovamento che la porti ad accogliere come necessari i rapporti con il territorio. Affrontare a scuola la cultura
del lavoro, si vuole sapere quali sono le realtà fuori dalla scuola, come è possibile raggiungerle e comprenderne il
funzionamento. Già nella scuola primaria e media è possibile, oltre a una cultura cognitiva del lavoro, sviluppare
esperienze di lavoro sia interne sia esterne alla scuola. Il lavoro appartiene alle esigenze di base dell’individuo.
VENTI PUNTI Individuati 20 punti e con essi è stato costruito una sorta di strumento: criteri/guida per le attività
fuori dalla scuola. Questi punti centrano problemi fondamentali delle esperienze formative fuori dalla scuola e
servono per delineare un nuovo tipo di istituzione educativa e per valutare il cambiamento.
1. Sistema formativo allargato
Inclusione nel piano educativo di attività da svolgere nell’esterno.
2. Differenziazione dei modi di allargamento
Il passaggio dalla scuola ad un sistema formativo allargato (esterno) è necessario e si realizza in diversi modi:
 Rapporti con operatori culturali degli enti locali, l’ente locale deve estendere la sua azione alle
istituzioni scolastiche, no solo provvedendo all’edilizia, ai materiali didattici ma anche promuovendo
iniziative che contribuiscano a migliorare il regime educativo. L’aiuto degli operatori culturali è
indispensabile per realizzare i rapporti scuola-territorio.
 Rapporti con istituzioni e servizi, con realtà produttive, e con gli esperti che ne assicurano il
funzionamento, tali rapporti possono fruttare se previsti dalla progettazione e assumono forme
collaborative.
 Utilizzazione di strutture non scolastiche aventi fini non esclusivamente educativi, diventa più
sistematico ed educativo l’uso dell’esterno se gli enti locali posseggono strutture in cui convergono
finalità educative e finalità economico-produttive. Esperienze comunitarie e per ricerche su realtà
naturali e sociali molto diverse.
3. Alcune condizioni favorevoli per la salute
Nell’esterno sono presenti elementi patologici, veri e propri pericoli. Tuttavia l’ampliamento dello spazio
educativo porta effetti psicologici e fisici positivi: l’esterno è potenzialmente ambiente sano di vita.
4. La sperimentazione al di là della didattica
Le realtà esterne hanno istituzioni, eventi, meccanismi e funzionamenti rispetto cui le innovazioni puramente
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didattiche sono del tutto inadeguate (abbandonare la centralità dei piani di studio e dei programmi).
5. Superamento della struttura a classi
Gli spazi dell’edificio scolastico sono una riduzione e una devitalizzazione degli spazi educativi. Vengono
imposte barriere alla mobilità e quindi alle scelte, ai rapporti e alla collaborazione. L’uscita dalla scuola
produce sostanziali novità se i mezzi vengono adoperati in vista, del superamento della struttura a classi. Le
attività di apprendimento vengono collegate a spazi più vasti e diversificati, non bastano le trasformazioni
interne (es. laboratori).
6. Tempo pieno contro il prolungamento della permanenza a scuola
Il tempo pieno non comporta un appesantimento dei caratteri scolastici dell’educazione e lo svolgimento
delle attività quasi esclusivamente all’interno della scuola ma ha influenze rivoluzionarie circa gli spazi
educativi.
7. Ampliamento e rinnovamento della cultura
Emergono a scuola due esigenze: portare la cultura su un terreno di ricerca così che venga riscoperta come
intrico di problemi in relazione a una varietà di condizioni e accogliere come cultura l’insieme dei fatti che di
solito vengono considerati privi di dignità culturale. Le esperienze fuori dalla scuola possono dare un grande
contributo. Le ricerche sull’esterno danno occasione di conoscere diffuse abitudini di vita, tradizioni, fatti
tecnici e economici, strumenti di uso e di lavoro. La cultura come letteratura, poesia, saggistica, scienza
rompe e si mette in relazione con la cultura materiale. Emerge una cultura del territorio e del lavoro.
8. Prelievo sociale dei problemi
Il significato di molti problemi può essere colto solo nel luogo in cui nascono, si formano, operano e
sviluppano effetti (conoscenza sul campo).
9. Programmazione educativa
Le uscite dalla scuola, per non avere il carattere di episodi singoli, sconnessi, appoggiati solo a contingenti
misure organizzative, devono essere elementi di precisa determinazione della programmazione educativa.
10. Il prima e il dopo: dalla preparazione all’attività sul campo e all’elaborazione Prima: mettere a punto
le metodologie per attività conoscitive e produttive nell’esterno. Individuare i problemi, di apprestare
strumenti di ricerca e di svolgere lavoro organizzativo.
La vera precisazione sia del progetto sia dei mezzi si ha sul campo, come se la preparazione continuasse.
Dopo: si completa l’attuazione sul campo, sistemazione e sviluppo, con una varietà di mezzi, di ciò che si è
sperimentato. Confronti, discussioni, si ricercano supplementi di informazione e si prospettano nuove
indagini.

11. Conoscenza per raffronto


La città è un meccanismo complesso, solo ricerche accurate possono farci superare lo stadio delle
conoscenze superficiali. Trovare una necessaria continuazione in iniziative che favoriscano la conoscenza di
altre città e il criterio della conoscenza per raffronto. Impadronirsi di quadri di riferimento invece di isolare
la realtà scelta come oggetto d’indagine.
12. Mobilità: contro l’impoverimento delle esperienze
La mobilità contrasta l’impoverimento delle opportunità di esperienze, pone le condizioni per sviluppare
l’osservazione sia sistematica sia causale della diversità, per intrecciare nuovi rapporti interpersonali.
13. Qualcosa si trasforma delle realtà conosciute
Le realtà esterne devono in una qualche misura, anche minima, modificarsi per essere disponibili quali campi
di esperienze educative.
14. Il lavoro organizzativo come fattore educativo
Deplorevole svalorizzazione del lavoro organizzativo quasi che mancasse di rilevanza culturale, invece esso è
parte integrante dei processi formativi.
15. Arricchimento delle fonti di informazione
Riscontri diretti sulla realtà, le fonti d’informazione non sono monopolizzate dai libri di testo e no, dai
mezzi di comunicazione di massa. Gli studenti hanno più opportunità e strumenti a disposizione per
produrre cultura.
16. Miglioramento delle condizioni per la socializzazione degli studenti e degli insegnanti
Con attività all’esterno gli insegnanti hanno modo di conoscere meglio gli studenti e migliorare il rapporto
con questi e gli altri insegnanti. Cadono convenzioni e norme irrazionali, vengono allo scoperto tensioni,
conflitti e difficoltà e c’è la possibilità di affrontarli.
17. Miglioramento dei rapporti scuola famiglia

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Capacità di collaborare da parte dei genitori quando possono applicarla a problemi concreti la cui
soluzione richieda l’utilizzazione di loro particolari competenze o anche l’incontro produttivo con
qualcosa di validamente nuovo.
18. Opportunità nuove per l’integrazione degli handicappati
Stimolate le capacità di collaborazione e la disponibilità all’accettazione. Crea opportunità particolarmente
favorevoli per l’integrazione degli handicappati.
19. Unione studio lavoro
Il rapporto con l’esterno avvia l’unione di studio e lavoro, non vi è più il percorso scolastico standard per cui
prima studi e poi pensi al lavoro.
20. Influenze sul tempo libero
Le esperienze educative, sospinte a espandersi su realtà nuove, influiscono positivamente sul tempo
libero. Il tempo libero come un insieme di attività che porti a scoperte e a realizzazioni nuove in cui la
cultura è fatto vitale.
L’educazione da sola non può contrastare quel complesso di cause che genera l’uomo diviso ma certamente
essa contribuisce ad aggravarlo se non spezza gli schemi di una scuola chiusa, fondata sulla irrazionale
riduzione dell’individuo a colui che deve studiare le cose dette, scritte e fatte da altri.
LE REALIZZAZIONI Ci sono buone realizzazioni non solo nei grandi comuni, ma la loro efficacia sarebbe più
estesa se ci fossero una documentazione sufficientemente accurata e completa insieme una teorizzazione
capace di rendere più chiari i progetti e più incisivi li interventi. Pur avendo in mente cose nove si resta fermi a
vecchie procedure. Occorre dare avvio a vere ricerche capaci di abbracciare la vastità e la varietà
dell’utilizzazione educativa di realtà esterne e di valutare la portata dei risultati.
Gli interventi degli enti locali non sono sostitutivi di quelli che la scuola di stato dovrebbe fare e non fa. Il ritiro
degli enti locali significherebbe arretramento del decentramento che invece ha bisogno di svilupparsi e di
qualificarsi in tutti i campi proprio per affermare una differenziazione d’interventi. Il personale dipendente degli
enti locali favorisce l’apprendimento fuori dalla scuola (portata innovativa).
Non in tutti i casi la politica scolastica degli enti locali si è dimostrata capace di tenersi lontana dagli obiettivi e
dai metodi tradizionali. Sono la minoranza dei casi le politiche che si ispirano alle tendenze innovative della
pedagogia. Gli enti locali realizzano gli interventi mediante collaborazione con singoli esperti o con istituzioni
quali biblioteche e musei civici, università ecc...
Necessità di un bilancio critico per verificare la qualità delle realizzazioni e per mettere a munto strumenti più
efficaci.

CULTURA DEL TERRITORIO Si desidera una sistematica cultura del territorio, che colleghi le realtà, le quali si
influenzano reciprocamente (utopistica e falsa). Le realtà del territorio hanno un altissimo grado di eterogeneità,
vivono in ambiti che, pur non essendo autonomi, non mostrano allo scoperto le loro connessioni. Non ci
figuriamo una cultura che tenga sotto controllo i vari fattori del territorio. Eterogeneità non è caos, la vera
comprensione scaturisce solo se si scende nei particolari in connessione.
Il termine cultura sottolinea una necessità di base: non fermarsi a particolarità tecniche riguardanti i vari fattori
del territorio e del lavoro anche se queste particolarità sono essenziali e richiedono grandi sforzi intellettuali
per cercare di comprenderle. La cultura del territorio è molto mobile e mutevole, non sempre ha senso
positivo. Necessità dello sviluppo di una tale cultura anche a favore della scuola e selezionare i contenuti da
conoscere.
Il territorio è anche le molteplici visioni che gli uomini hanno del territorio (dimensione psicologica). Cercare di
individuare realtà particolari ma sempre complesse a causa sia della loro struttura interna sia di un numero
indefinito di relazioni con altre realtà.
Nel territorio vi è un panorama vastissimo. Come ci si informa? Il mezzo ordinario è la ricerca. Molto
importante è la qualità delle informazioni che arrivano a noi senza un deliberato proposito di ricerca. La via
dell’informazione è ardua perché dati essenziali in enorme quantità sono del tutto inaccessibili. Per lo sviluppo
di programmi educativi legati alla realtà del territorio occorrono informazioni su questa realtà. La qualità delle
informazioni di tanti mezzi da scarso affidamento e la scuola continua a contare quasi esclusivamente su i suoi
strumenti tradizionali.

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Non vanno sottovalutate le esperienze informali (quelle non sostenute da progetti o da metodi) perché
possono fornire stimoli di grande interesse, aperture su rilevanti fatti nuovi. Per svolgere mediante la ricerca un
argomento è necessario che la programmazione di riferisca ad un’unità didattica, specificata in rapporto ad
obiettivi e strumenti. Il procedimento per unità didattiche ha lo scopo di superare quelle forme di
frammentarismo e d’improvvisazione che non riescono a confluire in un lavoro più organizzato.
SCHEMA PER LA COSTRUZIONE DI UNITA’
DIDATTICHE
Precisare l’argomento delimitarlo in unità organica
Individuare gli obiettivi da raggiungere lavorando su un argomento
Stabilire conoscenze e abilità i prerequisiti che gli studenti devono avere per affrontare
le difficoltà dell’unità
Apprestare i materiali stimolanti a ricercare e a usare altri materiali
Organizzare il lavoro in modo che possa essere svolto nelle ore a
disposizione
Assicurarsi dell’idoneità dei luoghi fisici e preliminari misure organizzative
Controllare l’estensione disciplinare collegamenti interdisciplinari e apporti di esperti
dell’unità esterni richiesti
Decidere tecniche e metodi da applicare alla trattazione dell’argomento
Fare gli apprestamenti necessari per usare realmente le tecniche e i
metodi
Prevedere le operazioni in relazione agli obiettivi, alla scelta di tecniche e di
d’insegnamento/apprendimento metodi, ai luoghi in cui si svolgeranno le attività, agli
esperti
Prevedere mezzi e tempi per l’elaborazione e l’interpretazione dei risultati
delle varie attività
Predisporre mezzi di valutazione anche lungo tutto il percorso, funzione formativa
della valutazione
CULTURA MATERIALE E EDUCAZIONE
Due obiettivi principali dell’apertura dei piani di studio ai problemi della cultura materiale:
1. acquisizione di una mentalità che tende a togliere dall’isolamento, che si sforza di considerare le
relazioni esistenti sulla scena umana.
2. Attivazione di ricerche per comprendere che gli oggetti, la materialità sono cultura, in quanto riguardano i
comportamenti degli uomini, sono prodotti degli uomini e hanno potere di trasformazione.
È riconosciuto che riportare a cultura materiale sul terreno delle tecniche sarebbe una riduzione e insieme una
deformazione.
Gli studi della cultura materiale hanno il compito di fare venire alla luce nessi e meccanismi ignoranti e
sottovalutati: per conoscere veramente gli uomini, la vita quotidiani, le risorse e il loro uso. La cultura materiale è
dentro la civiltà complessiva e non può essere isolata.
Bucaille e Perez: alla metodologia delle accentuazioni unilaterali e delle distinzioni per chiusura bisogna
sostituire la metodologia delle relazioni, altrimenti si perde di vista il fato che i fenomeni studiati interagiscono
con altri fenomeni appartenenti allo stesso sistema.

AMBITO DELLA CULTURA MATERIALE Non è possibile definire la cultura materiale in base a una precisa e
separata specificità. Bucaille e Perez ne hanno individuato quattro caratteri distintivi (interpretazione
marxista).
a) Dimensione del maggioritario e del collettivo (cultura di massa)
b) Stabilità e costanza, lo studio della cultura materiale si volge ad osservare di preferenza ciò che
nella collettività è stabile e costante tanto da caratterizzarla.
c) Consistenza di fenomeni strutturali, i fenomeni infrastrutturali come elementi secondari, gli specialisti
non concedono loro un ruolo esplicativo essenziale nei fenomeni che studiano e neppure nella cultura
generale.
d) Natura di oggetti concreti, l’attenzione per i fenomeni culturali strutturali giustifica che si ricorra agli
unici documenti sicuri su cui li si può studiare: gli oggetti concreti.
Studio della cultura materiale, collegando struttura e sovrastruttura, modifica radicalmente i metodi di ricerca
storica sociale in generale.
La definizione di cultura materiale non è isolabile. Il suo contributo consiste nell’imporre una svolta di metodo
e insieme la focalizzazione dell’attenzione su una molteplicità di fatti particolari. I caratteri che dovrebbero

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essere più specifici della cultura materiale, il radicamento strutturale e la concretezza degli oggetti,
trasformano nell’essenziale il concetto di cultura. Interessa come struttura e sovrastruttura interagiscono,
come gli oggetti entrano nei comportamenti, nei rapporti, nelle opportunità di esperienza, nell’organizzazione
sociale.

LE ATTIVITÀ DI LAVORO NELLO STUDIO DEL TERRITORIO Le attività di lavoro sono tra i maggiori fattori di trasformazione
degli assetti sociali, uno dei posti centrali nella cultura generale. Le esperienze formative fuori dalla scuola che saltino i
problemi del lavoro sono superficiali e convenzionali. Il problema della formazione professionale deve entrare nel giro dei
grandi problemi sociali. Essa è materia non isolabile, si definisce in incontri, conflitti, deviazioni di una molteplicità di forze e
va affrontata con strumenti che non mirino a una congruenza diretta e lineare tra formazione e mansione. La formazione
professionale è materia esposta, non po’ trovare sicurezza in progetti autosufficienti, confortati da aggiornamenti di
contenuti e metodi.

Il tema del rapporto tra formazione generale e formazione professionale ha forte rilevanza sociale. Da modo in cui viene
inteso questo rapporto dipendono aspetti non secondari delle decisioni e delle azioni riguardanti la politica scolastica e la
politica formativa, conseguenza sulla vita degli individui, sulle istituzioni, sui processi economici. Uno schema in cui la
formazione generale sia prima di quella professionale non ha buon senso in quanto come può essere la formazione realmente
generale se manchi di elementi professionali. Formazione professionale: aspetti fondamentali della realtà, non con il lavoro
isolato ma con il lavoro in complessi meccanismi produttivi, nelle esperienze d’individui e di gruppi, nelle influenze sui vari
settori della vita.
Uno degli effetti del malfunzionamento della scuola di base è l’espulsione implicita o esplicita di chi non resiste o on si adatta
alle richieste. Questo porta molti individui in condizione di estrema debolezza e povertà culturale, la selezione iniziata nella
scuola di base trova completamento nelle fasi di apprendimento professionale. Se non si da una fisionomia nuova alla
formazione professionale questa continuerà a muoversi lungo diramazioni irrazionali di un sistema scolastico irrazionale.
La professionalità si definisce come insieme di conoscenze indispensabile per occupare un posto attivo nel mondo del lavoro.
Il lavoro ha una forte incidenza, se questa è negativa tutti i settori della vita ne soffrono. Nella cultura del lavoro entrano in
rapporto i fatti specifici del progresso tecnologico con altri fatti. Senza conseguenze positive il rapporto studio/lavoro,
cultura/professione e manca di svilupparsi il concetto profondamente innovatore di diritto alla professione e al lavoro se la
formazione professionale non si libera della funzione di innalzare barriere e di produrre incanalamenti.
IL RENDIMENTO SCOLASTICO Lo scarso rendimento è rilevato dalle persone che lo conoscono, come un insieme di difficoltà
pratiche, che lo vivono, come disturbo e fastidio. Tendenza di farne un fenomeno interno alla scuola da affrontare con mezzi
scolastici, che nella maggior parte dei casi sono i corsi di recupero, in cui l’isolamento dei singoli da recuperare viene
scambiato per individualizzazione. Il problema dello scarso rendimento deve spingere a rivedere condizioni, mezzi e obiettivi
delle esperienze educative. Il recupero non è una faccenda privata tra il singolo e l’insegnante ma dipende largamente
dall’ambiente generale della scuola e dalla opportunità che questa offre.
Cause: percezione negativa della scuola, compressione delle motivazioni, proibizioni, confuso permissivismo, mancanza di
riferimenti attivi, rapporti frammentati e potenzialità di sviluppo non incentivate. Il recupero che punti su conoscenze e abilità
puramente strumentali non è motivante, ha una bassissima produttività. Lo scarso rendimento non va misurato
esclusivamente negli studenti singoli perché in essi si manifesta come congruenza di ciò che sono le situazioni di esperienza.
L’ampliamento di stimoli, di problemi e di attività che si realizza con un’uscita dalla scuola, con l’impego di metodologie di
ricerche in diverse aree è uno dei modi più efficaci per il fabbisogno di strumenti e di esperienze. L’interesse è una congruenza
tra ciò che si fa e ciò che si desidera fare. L’interesse tuttavia deve servire per l’ampliamento e l’approfondimento che
facciano entrare nel campo dell’individuo altre motivazioni.
Il problema del peso della situazione personale nelle attività vale anche per gli insegnanti, occorre eliminare alcuni disturbi
e attenuarne altri perché la sua personalità non abbia un’influenza negativa sul processo educativo. Questo prospetta
periodi di formazione e aggiornamento.

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