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Mario Lodi, maestro e pedagogista antifascista, ha vissuto un'infanzia segnata dal

regime dittatoriale del duce.


Durante la guerra, ha sostituito molti insegnanti chiamati al fronte, insegnando in
una scuola in cui doveva seguire gli insegnamenti fascisti nonostante fosse in
contrasto con i suoi principi.
Dopo la guerra, ha deciso di cambiare mestiere diventando un artigiano.
Lodi è stato attivo nel PSI (partito socialista italiano) e ha collaborato con
diverse riviste, tra cui "Quarto Stato" e "Avanti!", scrivendo articoli sulla
storia e la cultura del movimento operaio.
Ha contribuito alla defascistizzazione di una biblioteca, bruciando i libri del
ventennio fascista.
Ha scoperto la competenza contadina e ha scritto i "Quaderni di Piadena" basati
sulle sue ricerche e interviste nel campo.
Lodi ha promosso l'idea di una scuola attiva in cui l'educazione si concentra sullo
sviluppo dello spirito e sulla conformità al bene supremo.
Ha criticato la scuola magistrocentrica del dopoguerra e ha sostenuto l'importanza
di mettere il bambino al centro del progetto educativo.
Ha utilizzato il metodo globale di Decroly e ha valorizzato l'esperienza personale
dei suoi studenti.
Lodi ha scritto diversi libri, tra cui "C'è speranza se questo accade al voh!", in
cui ha raccolto le sue esperienze quotidiane come maestro.
Ha sottolineato l'importanza di una scuola democratica, innovativa e in sintonia
con la vita, e ha criticato il sistema valutativo basato solo sui voti.

Dopo la fine della guerra, si percepisce la necessità di riformare la scuola


italiana e superare l'influenza delle leggi fasciste.
Gruppi di insegnanti si riuniscono per mettere in pratica nuove proposte
didattiche, come l'utilizzo della tipografia a scuola e la corrispondenza tra
scuole.
Gli obiettivi del movimento erano quelli di condividere tecniche e adattare la
scuola alle esigenze sociali, psicologiche ed educative della moderna pedagogia.
Per quanto riguarda la formazione degli insegnanti,si propone la creazione di una
cooperativa per la formazione degli insegnanti MCE(movimento educativo
cooperativo)con l'introduzione della tipografia come strumento di tirocinio.
Viene evidenziata l'assenza di conoscenza pedagogica tra gli insegnanti e si
propone l'utilizzo del giornale scolastico come strumento per coinvolgere gli
studenti e insegnare loro l'importanza della conoscenza.
Il movimento mira a creare un'educazione più inclusiva, democratica e orientata
alla partecipazione attiva degli studenti. Si riconosce l'importanza di coinvolgere
le famiglie nell'ambito scolastico, informandole sui piani di lavoro e ottenendo la
loro collaborazione.
Nel complesso, il movimento degli insegnanti negli anni '50 si concentra sulla
trasformazione della scuola italiana, promuovendo l'attivismo pedagogico, la
partecipazione degli studenti e il coinvolgimento delle famiglie. Questi sforzi
mirano a creare un'educazione più inclusiva, democratica e in sintonia con le
esigenze della società moderna.

Nel capitolo 3 del libro "Una Fonte. Un'Ora di Tirocinio 1954", Aurelio Pace scrive
una lettera a Tamagnini in cui condivide testimonianze sull'esperienza di tirocinio
degli insegnanti. Queste testimonianze evidenziano le sfide che gli insegnanti
affrontano nel lavoro quotidiano con gli allievi, come la creazione di un ambiente
collaborativo e di comprensione.
Le testimonianze descrivono diverse situazioni problematiche all'interno delle
classi: divisione tra "buoni" e "asini" con pratiche disciplinari inadeguate,
bambini indisciplinati e mancanza di collaborazione, scherzi e accuse reciproche,
mancanza di motivazione e coinvolgimento nell'apprendimento.
Anche le classi di secondo grado, composte da alunni provenienti da famiglie meno
abbienti, presentano sfide. Le maestre assegnano dettati e richiedono la scrittura
di un tema a casa, ma l'introduzione del dettato varia: in alcuni casi inizia con
una conversazione in cui i bambini esprimono le proprie osservazioni e condividono
le conoscenze.
Un aspetto interessante sollevato è la separazione dei bambini in diverse sezioni,
che sembra riflettere una divisione sociale. Mentre alcune tirocinanti concordano,
altre non sono d'accordo.
La lettera di Aurelio Pace conclude sottolineando che nonostante la sua natura
negativa, le testimonianze raccolte offrono un materiale educativo significativo,
mettendo in luce gli aspetti critici del sistema scolastico dell'epoca. Si invita
alla riflessione sulle sfide degli insegnanti e sull'importanza di creare un
ambiente educativo inclusivo, collaborativo e stimolante per gli alunni.

Un influenza rilevante fu data dalla critica di Tamaglini alla scuola attiva.


La pratica della scuola attiva non si riduce a semplicemente dare un foglio ai
ragazzi e chiedere loro di disegnare. Responsabilità e interesse dei bambini
rimangono fuori dall'aula scolastica. Le lezioni preparate a tavolino tolgono
concretezza e connessione con la realtà, a differenza delle classi in cui insegnano
i maestri della CTS.
L'anno 1955 segna un momento cruciale in cui diventa evidente la necessità di
passare dalla denuncia alla ricostruzione. Si deve affrontare la situazione
precaria delle condizioni materiali dell'istruzione pubblica nella penisola e
contemporaneamente pensare alla formazione degli insegnanti. A San Marino si
gettano le basi per un discorso politico sulla professionalità degli insegnanti,
con l'introduzione dei nuovi programmi per la scuola elementare e due anni dopo il
primo sciopero di categoria.

Tra le tecniche descritte da Dina Bertoni Jovine sulla "riforma della scuola":
tipografia, testo libero e schedario.
Il testo libero permette ai ragazzi di scegliere sia il tema da trattare che il
momento e l'opportunità per farlo. La composizione viene fatta in base alla
maturazione del pensiero e dell'esperienza, seguendo un processo che include la
lettura delle composizioni presentate volontariamente dagli alunni, la valutazione
tramite votazione democratica e la scrittura del testo prescelto alla lavagna,
seguita da una critica e discussione aperta a tutti.
Si discute anche dello schedario come sostituto del sussidiario, per affrontare il
problema dei libri di testo che spesso sono troppo romanzati.
Si avverte l’emergenza di trasformare la CTS in un "movimento di cooperazione
educativa" a San Marino.
La cooperazione permette di affrontare le due questioni più urgenti:
• Il riconoscimento dei soggetti con un fine comune per liberare i
bambini tramite le tecniche di Freinet.
• La difesa delle istituzioni democratiche e dello spirito di
costruzione. il problema principale è come la scuola può essere utilizzata al
massimo per migliorare le proprie capacità educative.
Durante il dibattito di San Marino spicca l’assenza dei nuovi programmi della
scuola elementare, il problema principale è come la scuola può essere utilizzata al
massimo per migliorare le proprie capacità educative. La riforma deve essere una
trasformazione e una rivoluzione personale, non solo una riforma strutturale della
scuola.
È importante la partecipazione di MARIO LODI al congresso di San Marino.
Lodi decide di introdurre la tipografia a scuola nonostante le difficoltà
economiche personali. Il congresso gli ha aperto un nuovo mondo, in cui poesia,
arte e disegni sono apparsi come dimostrazione della libertà di espressione.
Sottolinea l'importanza di comunicare ciò che si fa nella scuola e di aprirsi agli
altri.

In sintesi:
• Tamagnini critica la scuola attiva.
• San Marino segna un punto di svolta.
• Tecniche descritte da Dina Bertoni Jovine: tipografia, testo libero e
schedario.
• Trasformazione della CTS in un movimento di cooperazione educativa.
• Assenza dei nuovi programmi della scuola elementare.
• Partecipazione di Mario Lodi al congresso di San Marino e la decisione
di introdurre la tipografia a scuola.
• Esperienza di Luisa Bigaretti e la consapevolezza della necessità di
intraprendere una nuova strada nella scuola.

Nel 1956, Mario Lodi si trasferisce a Vho di Piadena e inizia il suo diario
scolastico.
Conosce il movimento e partecipa ai congressi di San Marino e di Fano, sentendosi
più vivo e giovane.
Gli assegnano la classe terza, non ancora coinvolta nell'esperienza attiva.
Invia una lettera all'assessore della pubblica istruzione per spiegare le finalità
della scuola attiva.
Sul luogo trova una scuola desolante, con aule umide e scarsa ventilazione.
In questo periodo condivide con i suoi colleghi la conoscenza sulla psicologia dei
bambini e l’importanza del disegno infantile.
Propone lezioni sulla creatività infantile, sulla didattica della storia e
sull'insegnamento dell'aritmetica attraverso una Botteghina.
Lodi entra a far parte del movimento enfatizzando la necessità della socialità del
fanciullo nella scuola.
Si impegna come attivista socialista a Piadena, contribuendo ai "Quaderni di
Piadena" e collegandosi con Giovanni Bosio. Riflette sul canto popolare e
sull'integrazione tra esperienza scolastica e politica.
Inizia a riflettere sulla letteratura per l'infanzia e collabora con Gianni Bosio
per creare una nuova collana per ragazzi.
Pubblica "Cipì" e collabora con Gianni Rodari per "Filastrocche in cielo in terra".

Nel 1961, l'MCE compie 10 anni, ma la scuola italiana è ancora legata a un modello
istituzionale tradizionale, prescrittivo, classista e autoritario.
Gli insegnanti vicini all'MCE sono una minoranza e la velocità di cambiamento della
scuola dipende dal maestro che vi insegna.
Le scuole dell'obbligo possono variare notevolmente da città a città, sembrando
appartenere a paesi diversi.
Nel 1959 viene varato il piano della scuola per intervenire sul sistema
dell'istruzione, ma le azioni sono ancora insufficienti.
Lo SVIMEZ dedica due rapporti del 1961 e del 1962 alla scuola, evidenziando la
spinta dei settori produttivi verso la creazione di una forza lavoro qualificata.
La scuola diventa un fronte di conflitto sociale che culminerà nel '68.
La mancanza di una formazione adeguata è uno dei problemi principali degli
insegnanti.
Mario Lodi propone una nuova figura dell'insegnante e critica l'università per la
sua mancanza di autoriforma e per il trattamento degli insegnanti che cercano
strade alternative.
Gli insegnanti dell'MCE rappresentano una novità visibile e si riflette nelle
reazioni degli allievi.
La scuola si trasforma in un ambiente completamente nuovo, come descritto nel libro
"Cipì" di Mario Lodi, che racconta la storia di una famiglia di passeri e
rappresenta anche la storia di ogni bambino che affronta le scelte della vita.
è interessante notare che "Cipì" è il risultato di un processo di scrittura
collettiva e testo libero.
Gli insegnanti dell'MCE lavorano sulla lingua per migliorarla e utilizzano
l'osservazione diretta della natura come base della loro pedagogia dell'esperienza.
La creatività è considerata fondamentale, e i disegni dei bambini sono parte
integrante delle narrazioni.
La scuola di Vho si apre al mondo, consentendo agli studenti di esplorare e
incontrare altre realtà.
Si promuove l'idea di portare la scuola nel mondo e il mondo nella scuola, seguendo
gli ideali di Freinet.

CAPITOLO A SCELTA:
Il capitolo 7 del libro narra dell'incontro tra Mario Lodi e Don Lorenzo Milani, un
incontro che avrà un impatto significativo sulla scrittura della "Lettera a una
professoressa" e sullo stile e linguaggio di entrambi gli autori.
Tutto ebbe inizio nel 1960, quando il diario di scuola di Lodi fu pubblicato sul
bollettino del Movimento Cooperativo di Educazione (MCE). Questa pubblicazione
generò un dibattito nazionale sull'istruzione, concentrandosi in particolare sulla
pratica didattica incentrata sulla lingua descritta nel diario di Lodi. Questa
pratica era un punto di conflitto poiché le nuove classi comprendevano sia bambini
destinati all'avviamento professionale che quelli destinati alla scuola classica
con il latino.
La riforma delle scuole medie, in conformità con la Costituzione italiana, sollevò
la questione di come conciliare l'obbligo scolastico fino a 14 anni con la
necessità di percorsi differenziati. Si discusse sull'importanza di mantenere gli
studenti di diverse classi sociali nella stessa scuola il più a lungo possibile per
ridurre le disparità di nascita.
Tuttavia, molti insegnanti provenienti dalla scuola secondaria si dichiararono
impreparati ad affrontare questa transizione complessa a causa delle carenze nella
loro formazione pedagogica, psicologica e didattica. Di conseguenza, la formazione
degli insegnanti della scuola secondaria di primo grado divenne una priorità.
L'emigrazione interna ebbe un impatto significativo sulla vita delle scuole
primarie e delle scuole secondarie di primo grado. Questi cambiamenti misero in
crisi l'idea tradizionale dell'insegnamento come una missione statica e immobile,
evidenziando la necessità di adattarsi alle sfide del mondo moderno.
In questo contesto, il problema della didattica della lingua emerse come una
questione centrale nell'insegnamento. Sia Mario Lodi che Don Lorenzo Milani
sottolinearono l'importanza di questo tema. Don Lorenzo, in particolare, iniziò a
lavorare su un quaderno di lingua barbianese a Barbiana.
Durante lo stesso periodo di riforma, la pubblicazione di "C'è speranza se questo
accade al Vho" affrontò i problemi della didattica come questione centrale
dell'insegnamento. Questo testo divenne fondamentale per comprendere i problemi
legati all'istituzione della scuola media unica.
Ed è qui che si arriva al punto cruciale,l'incontro tra Mario Lodi e Don Lorenzo
Milani a Barbiana, reso possibile grazie all'intervento di Giorgio Pecorini, uno
dei pochi giornalisti ammessi a Barbiana. Pecorini mise in contatto Lodi e Milani,
e questo incontro avrebbe avuto un impatto significativo sul loro lavoro e sulla
loro comunicazione.
Lodi fu accompagnato da Pecorini nella parrocchia di Don Lorenzo, dove ebbe
l'opportunità di assistere a una lezione. Fu testimone del metodo di insegnamento
adottato a Barbiana, in cui i ragazzi più grandi insegnano agli altri ciò che
sanno, diventando maestri a turno. Questo approccio didattico fece sentire Lodi a
casa, poiché i ragazzi di Barbiana erano abituati a fare domande dirette, andando
al cuore delle cose.
Don Lorenzo si interessò particolarmente alle tecniche del Movimento Cooperativo di
Educazione (MCE) e accettò la proposta di instaurare una corrispondenza tra la
classe di Lodi e l'intera scuola di Barbiana. Lodi suggerì di utilizzare la tecnica
tradizionale dell'MCE: la corrispondenza. Nel mese di novembre, giunse la prima
lettera collettiva da Barbiana insieme a una lettera di Don Lorenzo che spiegava
come era stata realizzata. Questa lettera affrontava il tema del perché si va a
scuola e descriveva l'ambiente di vita a Barbiana, la cronaca del luogo, i mestieri
dei genitori e le difficoltà legate all'acqua ed all'elettricità.
In breve, Lodi e Milani si unirono grazie all'intermediazione di Pecorini, e i
ragazzi di Barbiana manifestarono interesse per le metodologie del MCE. Iniziò così
una corrispondenza tra la classe di Lodi e la scuola di Barbiana, e la prima
lettera affrontò il motivo per cui si va a scuola e descrisse la vita a Barbiana.
Un secondo paragrafo della lettera illustrava la scuola stessa a Barbiana, che
contava 29 allievi, di cui 26 erano ragazzi e tre bambine. La scuola occupava
l'intera giornata, tutti i giorni dell'anno, ad eccezione della domenica per la
messa. Vi erano 23 insegnanti, escludendo i sette più piccoli, che insegnavano agli
altri studenti più giovani. Il priore si occupava dell'insegnamento solo per i
ragazzi più grandi. Nel corso del tempo, i motivi per frequentare la scuola a
Barbiana erano cambiati: inizialmente i ragazzi vi andavano perché l'alternativa
era il lavoro, ma in seguito compresero l'importanza dell'apprendimento per servire
gli altri. La lettera introduceva anche il concetto di borghesia, che suscitò
domande e richieste di spiegazioni da parte dei bambini di Lodi.
Nella stessa lettera, i ragazzi di Barbiana parlavano del loro paese e dei
cambiamenti causati dall'emigrazione. Descrivevano anche i rapporti di lavoro
basati sulle loro storie personali, come il fatto che ci fossero donne che
guidavano il trattore, come la madre di Primo, o ragazzi come Giorgio che talvolta
mancavano dalla scuola per aiutare il padre. I bambini raccontavano dell'orario e
degli strumenti scolastici, del tempo impiegato per raggiungere la scuola, del
tempo dedicato ai lavori domestici e al lavoro in generale. Infine, i bambini di
Vho descrivevano la lezione più importante: come veniva praticata la democrazia in
classe attraverso un regolamento preciso, discussioni e votazioni.
La scrittura della lettera collettiva segnò l'inizio di una proficua corrispondenza
tra le due scuole. Successivamente, Virgilio Zangrilli, un esponente del Movimento
Cooperativo di Educazione, si unì alla collaborazione e visitò Barbiana. Durante la
sua visita nell'estate del 1963, Dante Bellamio scrisse una lettera a Mario Lodi
riguardo alla redazione finale del libro "C'è speranza se questo accade al Vho".
Bellamio sostenne che il libro aveva un valore intrinseco di poesia e che non
avrebbe dovuto essere destinato solo agli insegnanti ed educatori, ma avrebbe
dovuto raggiungere un pubblico più ampio. Propose alcune modifiche alla parte
finale del libro, in particolare riguardo all'episodio della "casina spinosa". Lodi
accolse tutti i suggerimenti tranne quello riguardante lo spostamento
dell'episodio, poiché ciò avrebbe potuto alterare il ciclo di crescita delle bacche
spinose. Questa riflessione richiamò le lamentele dei ragazzi di Barbiana riguardo
alle illustrazioni inesatte presenti nei libri di scuola, come la semina errata dei
contadini o la crescita delle pere sugli alberi di pesco.
L'incontro tra Lodi e Milani, e la conseguente corrispondenza tra le due scuole,
rappresentò un importante momento di scambio e condivisione di conoscenze ed
esperienze. Contribuì a rafforzare l'importanza dell'apprendimento come strumento
per il servizio agli altri e promosse una visione più inclusiva e sociale
dell'istruzione. Questo incontro tra due educatori illuminati sottolinea
l'importanza delle connessioni e delle collaborazioni nel campo dell'educazione,
evidenziando come l'apertura al dialogo e alla condivisione possa arricchire le
esperienze educative e contribuire a promuovere un apprendimento più significativo
e inclusivo per tutti gli studenti.
In conclusione, l'incontro tra Mario Lodi e Don Lorenzo Milani a Barbiana ebbe un
profondo impatto sulla loro vita e sul loro lavoro. Lodi, colpito dal metodo di
insegnamento adottato a Barbiana, si sentì immediatamente a casa e intraprese una
corrispondenza con la scuola di Milani. Questa corrispondenza portò alla creazione
di una connessione significativa tra le due realtà educative.
Attraverso le lettere scambiate, i ragazzi di Barbiana esprimevano il loro
interesse per le metodologie del Movimento Cooperativo di Educazione (MCE), e Lodi
condivideva con loro i suoi insegnamenti e le sue esperienze. Questo scambio di
conoscenze e idee tra le due scuole contribuì a sviluppare una comprensione più
approfondita delle sfide e delle opportunità dell'istruzione e dell'apprendimento.
L'incontro tra Lodi e Milani rappresentò un momento cruciale nella loro ricerca
comune per una migliore educazione. La loro corrispondenza e la condivisione di
esperienze tra le due scuole contribuirono a rafforzare l'importanza
dell'apprendimento per servire gli altri e a promuovere una visione più inclusiva e
sociale dell'istruzione.
In definitiva, l'incontro tra Lodi e Milani a Barbiana dimostra l'importanza delle
connessioni e delle collaborazioni nella ricerca dell'eccellenza educativa. La
condivisione di idee e l'apertura al dialogo tra diverse realtà educative possono
portare a nuovi modelli di insegnamento e a un apprendimento più significativo e
inclusivo per tutti gli studenti.
La "Lettera ad una professoressa" della scuola di Barbiana, scritta da Don Lorenzo
Milani, presenta alcune caratteristiche pedagogiche distintive rispetto al lavoro
di Mario Lodi:
1. Contesto socio-culturale: La lettera di Don Milani è influenzata dal
contesto di Barbiana, una piccola comunità rurale caratterizzata da un'elevata
emigrazione interna. Questo contesto particolare si riflette nella visione
pedagogica di Milani, che cerca di adattare l'educazione alla realtà dei suoi
studenti.
2. Approccio umanistico: Don Milani pone l'accento sull'importanza di una
formazione umanistica e sociale, che vada oltre la mera trasmissione di conoscenze
accademiche. Egli mira a formare gli studenti non solo come individui istruiti, ma
anche come cittadini consapevoli e responsabili.
3. Partecipazione attiva degli studenti: Milani promuove un approccio
didattico basato sulla partecipazione attiva degli studenti. A Barbiana, i ragazzi
più grandi diventano insegnanti a turno, insegnando agli altri ciò che sanno. Ciò
favorisce l'apprendimento collaborativo e sviluppa le capacità di leadership e di
insegnamento dei ragazzi.
4. Educazione al servizio degli altri: Milani sottolinea l'importanza di
un'educazione che prepari gli studenti a servire gli altri. Egli vuole che i suoi
studenti comprendano che l'apprendimento è uno strumento per migliorare la propria
vita e contribuire al benessere della comunità.
5. Approccio critico e riflessivo: La lettera di Milani esprime una
critica del sistema educativo e delle disuguaglianze sociali. Egli invita i lettori
a riflettere sui problemi e sulle ingiustizie presenti nel sistema scolastico e
nella società, stimolando un atteggiamento critico e la ricerca di soluzioni.
D'altra parte, Mario Lodi, pur condividendo alcuni principi pedagogici con Milani,
ha un approccio più incentrato sulla pratica didattica e sulla valorizzazione della
lingua come strumento di emancipazione. Lodi, attraverso la sua scrittura, mira a
coinvolgere gli studenti nella scoperta del potere comunicativo della parola,
incoraggiando l'uso della lingua come strumento di espressione e di emancipazione
sociale.
In sintesi, la "Lettera ad una professoressa" di Don Lorenzo Milani si distingue
per il suo approccio umanistico, la promozione dell'educazione al servizio degli
altri e l'accento sull'apprendimento attivo e critico. D'altra parte, Mario Lodi
enfatizza l'importanza della pratica didattica e della lingua come strumento di
emancipazione. Entrambi i pedagogisti condividono l'obiettivo di fornire
un'educazione che vada oltre la trasmissione di conoscenze e che sviluppi il pieno
potenziale degli studenti.

Nel capitolo 8 del libro "Lettera ad una professoressa" viene evidenziato il


contesto in cui Gioacchino Maviglia diventa insegnante nei primi anni '60. Durante
quel periodo, scopre un diario scolastico che lo colpisce particolarmente: "c'è
speranza se questo accade al Vho". Ciò che Maviglia ricorda di quel diario è la
preoccupazione del maestro Lodi nel verbalizzare ciò che accade in classe.
Lodi, secondo Maviglia, sembrava non insegnare perché interveniva solo raramente
nelle discussioni dei bambini, che sembravano non avere bisogno di lui. Affascinato
dal movimento e desideroso di approfondire le sue conoscenze pedagogiche, Maviglia
decide di prendere contatto con il movimento e partecipare a un corso di
aggiornamento residenziale a Frontale. È durante questo corso che Maviglia ha
l'opportunità di conoscere Tamagnini, ma frequenta anche un altro corso
residenziale condotto da Mario Lodi e Bruno Ciari, incentrato sull'osservazione
della natura.
Durante questo corso, Maviglia ha modo di conoscere meglio Lodi e ricevere una
lezione di didattica che si rivelerà estremamente utile per tutta la sua carriera
scolastica. Inizia così una collaborazione che durerà a lungo. Un esercizio che
Maviglia sperimenta con il gruppo guidato da Lodi è quello di guardare il muro. Per
giorni interi, il gruppo rimane attaccato a questo muro, sotto il sole, osservando
individualmente tutto ciò che i sensi percepiscono.
Col passare del tempo, i partecipanti al corso sviluppano la capacità di entrare in
relazione con ciò che vedono e di rielaborare le proprie osservazioni in modo
metodico e condiviso. Emerge una tecnica didattica chiara: osservare, ragionare
insieme, descrivere senza l'obbligo dell'oggettività e cercare di ricavarne una
regola da verificare. Questo approccio si basa sul metodo della ricerca, che
richiede a tutti di essere costruttori di sapere ogni giorno.
Lodi utilizza lo studio dell'ambiente come una delle tecniche principali in classe
con i suoi bambini, e questa pratica è uno degli argomenti più discussi nell'ambito
del Movimento Cooperativo di Educazione (MCE). Alcuni critici delle tecniche del
MCE esprimono preoccupazione per la mancanza di direzione. Tuttavia, secondo Ciari,
il primo approccio nei confronti del bambino dovrebbe essere un'accettazione totale
del suo mondo, in modo che la sua storia passata e presente venga riconosciuta
nella sua pienezza. Non si può insegnare nulla se non si conosce.
Ciari aggiunge che la scuola deve creare un ambiente completamente nuovo e diverso
da quello di origine, ma questo può essere fatto solo in relazione dialettica con
l'ambiente esterno. La scuola deve educare una coscienza critica dell'ambiente,
anche quando questo ambiente è animato da idee progressiste. Il ragionamento
presentato nel libro diventa il fondamento delle nuove tecniche didattiche e
rappresenta uno dei più importanti contributi alla pedagogia del dopoguerra, in
quanto unisce teoria e pratica in modo coerente.
Nel contesto degli anni '60, molti insegnanti confondono ancora la scuola attiva
con una sorta di scuola degli espedienti. Tuttavia, un gruppo di giovani aderenti
al MCE nel 1966 presenta una mozione per riflettere sull'attualità delle tecniche
didattiche nelle scuole medie che sono coinvolte dalla riforma. La critica alle
tecniche didattiche nasce dalla necessità di integrare metodi didattici con valori
educativi. C'è una crescente richiesta di specificare chiaramente cosa insegnare e
non solo come farlo.
Aldo Visalberghi sottolinea che la scuola attiva non significa spontaneità o
giocosità incontrollata, ma richiede, al contrario, uno straordinario impegno di
intelligenza da parte dell'insegnante. L'insegnante non si limita a mediare
indicazioni e risultati provenienti dalle scienze del comportamento, ma diventa
egli stesso un sperimentatore.
Insegnare in una scuola attiva significa creare un ambiente stimolante, che sia
come un giardino o un orto che i bambini amano e coltivano in base alle
inclinazioni dei loro insegnanti. Anni dopo, i ragazzi di Barbiana descriveranno la
loro scuola come un luogo che non sembrava una scuola tradizionale, con cattedra,
lavagna e banchi. Invece, c'erano solo grandi tavoli intorno ai quali si faceva
scuola e si mangiava.
Nonostante ciò, a metà degli anni '60 molti insegnanti continuano a confondere la
scuola attiva con approcci improvvisati. Pertanto, diventa fondamentale comprendere
che fare scuola attiva non significa imporre principi predefiniti, ma piuttosto
permettere che tali principi emergano dalla pratica stessa. La democrazia non si
insegna attraverso una semplice lezione sui concetti che la sorreggono, ma si
sviluppa attraverso la condivisione delle regole e delle esperienze di vita.

IPOTETICO CAPITOLO A SCELTA:


Nel capitolo 9 del libro "Lettera ad una professoressa" si affronta la situazione
del Movimento Cooperativo di Educazione (MCE) nel 1967.
Quest'anno segna l'inizio di una crisi all'interno del movimento, con la
separazione tra il MCE italiano e quello francese.
Una caratteristica distintiva del MCE italiano è il costante scambio tra teoria e
pratica.
Il libro "La scuola linguistica dell'Italia unita" di Tullio de Mauro modifica
radicalmente il modo di guardare e insegnare la lingua italiana, introducendo una
prospettiva storico-sociale.
De Mauro fornisce un fondamento epistemologico solido alle pratiche didattiche,
incorporando l'osservazione, il buon senso e teorie pedagogiche.
Jerome Bruner contribuisce alla prospettiva didattica sottolineando l'importanza
dello sviluppo delle capacità di organizzazione della realtà nel bambino e
l'apprendimento a imparare.
Si organizza uno stage di matematica che si concentra sulla spiegazione dei
concetti matematici di base e sull'uso di procedimenti didattici per sviluppare la
formazione concettuale nei bambini.
Si tiene il primo corso di linguistica a Montebelluna, tenuto da Tullio de Mauro,
con l'introduzione di testi di Vygotskij e Martinet tra gli insegnanti del MCE.
Si riconosce l'importanza di introdurre elementi linguistici nella didattica,
giustificati dalla scienza linguistica e rispondenti alle esigenze dei ragazzi.
L'apparente contraddizione tra la struttura delle materie e i principi del
movimento si dissolve quando si comprende che la scuola deve servire a interpretare
le esperienze degli studenti in modo critico.
Nel MCE italiano, l'approccio teorico si fonde con l'osservazione e l'esperienza
pratica, promuovendo l'innovazione nell'insegnamento e una visione più ampia delle
discipline.
In conclusione, nel capitolo viene affrontata la crisi del MCE e l'integrazione tra
teoria e pratica nel processo educativo. Nuove prospettive didattiche vengono
introdotte nella lingua italiana e nella matematica, con l'obiettivo di favorire
l'apprendimento attivo degli studenti. Nonostante le sfide, la scuola diventa uno
strumento per interpretare criticamente il mondo circostante, segnando
un'evoluzione importante nel MCE.

CAPITOLO 10:
Nel 1967 viene pubblicata una lettera a una professoressa, mentre nel 1968 esce il
libro "L'istituzione negata" curato da Franco Basaglia.
Il libro critica l'essenza della scuola, mettendo in discussione l'istituzione
stessa.
Il movimento studentesco del '68 sostiene che gli studenti sono privi di diritti.
Basaglia propone di coinvolgere Mario Lodi nella pubblicazione dell'autobiografia
di un ex ricoverato in ospedale psichiatrico.
Viene criticata la scuola per le classi differenziali che istituzionalizzano
l'inferiorità intellettuale e psicologica.
Il pensiero psicoanalitico e l'approccio didattico vengono messi in discussione.
Si inizia a mettere da parte la ricerca didattica all'interno dell'MCE.
L'esperienza della corrispondenza tra le classi di Ciari e Lodi viene presentata
nel convegno di Pesaro nel 1966.
Nel 1968 avviene una rottura nel movimento dell'MCE a Lignan, Val d'Aosta.
Si sollevano temi come il voto, i libri di testo, l'autoritarismo.
Nella scuola secondaria del '68 si iniziano a richiedere cambiamenti nella
didattica, l'opportunità del voto e la legittimità delle punizioni.
La lettera ad una professoressa diventa un catalizzatore per il movimento
studentesco.
Vengono proposti tre punti: non bocciare, dare scuola a tempo pieno a coloro che
sembrano cretini e dare uno scopo agli svogliati.
L'interesse è strettamente legato all'attività che ha un fine.
Si lavora per trasformare il dopo scuola in un tempo pieno.
L'educazione dei genitori è fondamentale per preparare i bambini alla scuola come
esperienza sociale.
Si mette in discussione la pratica della bocciatura.
Viene dibattuta la valutazione e molti insegnanti rifiutano la valutazione
tradizionale.
Si sperimenta il voto alle scuole medie e si incontrano problemi legati alla
società, all'emulazione e alla preparazione per la scuola superiore.
Nel 1977 viene approvata una legge che abolisce i voti numerici e introduce i
giudizi.
Lodi sostiene che i bambini hanno intelligenza normale ma differiscono per
carattere e livello di maturazione.
Si garantisce la promozione dei bambini alla quinta elementare con la
responsabilità del maestro e della scuola di sviluppare al massimo le loro
attitudini e intelligenza.

Tonucci conobbe Milani attraverso una lettera ad una professoressa. Il libro di


Milani fu una rivelazione. Nel 1971 Tonucci lesse anche "Il paese sbagliato" di
Lodi, che lega i due libri attraverso l'elaborazione della lettera e il rimando
alle parole di Don Milani. Il libro di Lodi cerca di trasformare il rapporto tra
insegnanti e studenti, mettendo in relazione scuola e mondo attraverso la ricerca.
Lodi utilizza il metodo della ricerca per disegnare una mappa del paese e mettere
in discussione il paese stesso. La classe decide di ripartire da capo per
correggere gli errori e aprire la possibilità di cambiarlo. Il libro viene
pubblicato a puntate sulla rivista del MCE a partire dal novembre 1964. La versione
finale del libro è influenzata dagli eventi del '68.
"Il paese sbagliato" riceve un'entusiasta risposta dal pubblico, vince il premio
Viareggio nel 1970 e viene tradotto in diverse lingue. Lodi firma un contratto con
Einaudi per un altro libro, "C'è speranza se questo accade al Vho", che viene
pubblicato nel 1972. Il successo del libro dimostra un cambiamento nell'approccio
all'insegnamento dopo il '68, ma crea anche una spaccatura con la sinistra
radicale.
La scuola presentata da Lodi è criticata per la sua visione irreale e per la sua
tecnica didattica che non affronta gli aspetti conflittuali. Lodi impone modelli e
un falso spirito democratico ai bambini, ostacolando la loro presa di coscienza e
perpetuando un rapporto non conflittuale ma repressivo tra maestro e allievo.
Bassi critica il libro per la sua visione superficiale dell'infanzia e per
trasformare la scuola in un parco giochi attraverso l'uso delle tecniche come il
testo libero. Viene organizzato un dibattito sul libro, durante il quale Lodi
rivendica la riproducibilità della sua esperienza anche in quartieri difficili e
città grandi.
Il numero degli iscritti all'MCE aumenta, ma nel 1972 nasce il CIDI in
contrapposizione all'MCE. La scuola è una sovrastruttura, ma gli insegnanti hanno
la responsabilità di migliorarla e contribuire al cambiamento della società,
partendo sempre dai bambini.

‘’I Pampini Bugiardi" è un libro scritto da Umberto Eco e Marisa Bonazzi che
critica i libri di testo delle scuole elementari, esplorando gli aspetti arcaici e
nocivi di tali materiali. L'MCE (Movimento Cooperativo Educativo) critica i libri
di testo e cerca alternative, proponendo l'uso di dispense e giornalini di classe
come libri di testo, stimolando la collaborazione tra insegnanti e studenti per la
produzione di libri divertenti. Tuttavia, molti insegnanti continuano a preferire i
libri di testo tradizionali, poiché non sanno come insegnare senza di essi.
Nel 1969, un gruppo di maestri pubblica una ricerca sui manuali scolastici delle
elementari con l'intento di coinvolgere i genitori operai nella lotta per una
scuola democratica e contro l'arretratezza ideologica dei libri di testo. Nel 1971,
un dibattito sulla riforma della scuola critica Mario Lodi per negare l'esistenza
di un buon libro di testo nel posto sbagliato.
La circolare ministeriale n. 15 del 1976 ribadisce l'obbligo di adottare i manuali
scolastici in collaborazione con l'associazione italiana editori. Tuttavia, a
Milano, gli insegnanti legati all'MCE sperimentano l'autoproduzione di materiali
didattici come alternative ai libri di testo tradizionali. Si sottolinea che
l'alternativa non è un nuovo libro di testo, ma una scuola nuova, in cui i bambini
imparano a interagire criticamente con la realtà utilizzando libri adatti e
documenti raccolti durante le ricerche.
Viene menzionata la "Biblioteca di Lavoro", un progetto editoriale diviso in guide,
documenti e letture, rivolto alle scuole elementari e agli adulti dei corsi delle
150 ore. La "Biblioteca di Lavoro" propone una metodologia didattica basata sulla
ricerca e sull'interdisciplinarietà, mentre "Io e gli Altri" è un'enciclopedia di
stampo marxista, che cerca di sostituire il sistema culturale esistente con un
altro. Quest'ultima rappresenta un esito opposto alla filosofia della "Biblioteca
di Lavoro".
Si fa riferimento anche ai libri "TantiBambini" di Einaudi come alternative ai
libri di testo unici. Si sostiene l'importanza di insegnare ai bambini a interagire
criticamente con la realtà, utilizzando libri adatti e documenti raccolti durante
le ricerche.

Nel 1973, Mario Lodi scrive sull'articolo del tempo pieno scolastico e sostiene
l'importanza di trasformare il dopo scuola in un'attività educativa anziché solo di
cura.
Rodari concorda che il tempo pieno scolastico attuale non corrisponde all'ideale in
cui il gioco e la lezione sono separati, ma dovrebbe consentire ai bambini di
sperimentare tutti gli aspetti dell'apprendimento senza gerarchie.
Mario Lodi affronta diversi temi nel dibattito educativo, come la corporeità del
bambino, i diversi modi di apprendimento, i voti e l'educazione linguistica.
Nel 1975, Lodi pubblica le 10 tesi per un'educazione linguistica democratica e il
volume "Lingua e dialetti" insieme a de Mauro.
Nel 1974, pubblica "Insieme", una raccolta di giornali di classe realizzati insieme
ai bambini, che documenta le loro osservazioni, esperienze e riflessioni sulla
relazione con il mondo.
Lodi valorizza l'immaginazione come un valore fondamentale per i bambini, che viene
alimentato dalla realtà e volto alla sua trasformazione.
Viene menzionato anche il libro "Cipì", nato dall'osservazione curiosa e creativa
del mondo esterno, ma spesso utilizzato solo come libro di testo.
"Grammatica della fantasia" di Rodari diventa uno strumento indispensabile di
stimolo e confronto per insegnanti e bambini.
Lodi sottolinea l'importanza per gli insegnanti di reagire in modo creativo ai
tempi nuovi e mantenere la fiducia nella creatività dei bambini, nonostante le voci
di scoraggiamento.
Negli anni '70, gli insegnanti sono sotto attacco da ogni fronte, e la condizione
dei maestri elementari viene descritta come disastrosa.
Negli ultimi anni della sua carriera, Lodi continua a seguire la strada intrapresa,
promuovendo la collaborazione, l'osservazione e l'invenzione con i bambini.
Lodi svolge anche attività politica a Piadena, costituendo un gruppo aperto ai
genitori per discutere della scuola e promuovendo l'uso della biblioteca di lavoro.

Nel capitolo 14 intitolato "C'è ancora speranza (nel paese sbagliato)", Mario Lodi
si concentra sulla necessità di insegnare la democrazia attraverso la democrazia
stessa. La scuola dovrebbe essere un luogo che promuove la collaborazione, il
rispetto e l'utilità del sapere. Lodi critica l'approccio autoritario e mette in
luce l'importanza di imparare dai bambini, riconoscendo la centralità dei processi
di apprendimento e delle procedure di insegnamento.
Nella sua lettera aperta ai giovani maestri, Lodi si chiede perché la scuola non
sia ancora diventata una realtà per tutti. Nota un ritorno alla formazione basata
esclusivamente sui libri, a discapito della cooperazione e del confronto.
L'organizzazione modulare della scuola, che prevede più insegnanti per ogni classe,
ha portato a una separazione dei programmi disciplinari e ha limitato le attività
espressive e creative. Lodi elenca alcune azioni semplici che possono essere
adottate in classe per rendere la scuola un luogo di crescita democratica e
culturale per tutti.
Queste azioni includono coinvolgere gli studenti nella gestione della classe,
garantire loro di sapere cosa faranno ogni giorno, far prendere loro coscienza dei
progressi compiuti attraverso la partecipazione attiva a verifiche, considerare le
discussioni e la ricerca di soluzioni ai problemi di vita della classe con la
stessa importanza dei contenuti del programma e degli apprendimenti strumentali, e
puntare a creare una comunità di studenti che condividano valori positivi alla fine
del ciclo elementare.
Lodi conclude sottolineando che non esistono ricette o conclusioni rassicuranti, ma
è necessario impegnarsi per migliorare la scuola e perseguire una formazione che
sia autenticamente democratica.

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