COUSINET
A.A. 2020/2021
Giulia Marchese
Roger Cousinet
1° Capitolo
La prima formazione: tra filosofia e psicologia
Vita
Roger Cousinet nacque nel 1881, compì i suoi primi studi a Parigi e fu allievo di Ribot, Binet
e Durkheim.
Nel 1903 assunse il servizio come maestro elementare e quattro anni dopo pubblicò il suo
primo studio di psicologia infantile.
Fu anche ispettore scolastico nel 1909.
Successivamente, partecipò alla Prima guerra mondiale e una volta ferito, si dedicò alla
propria attività della fondazione del movimento “La Nuova Educazione”.
Muore nel 1973.
Giulia Marchese
Tolstoi e Rousseau p.19
Cousinet ha anche modo di studiare il pensiero di due importanti pedagogisti moderni:
Tolstoi e Rousseau, considerati come i due maggiori rappresentanti della corrente
“mistica” dell’Educazione Nuova.
Del pensiero di entrambi egli apprezza prima di tutto il valore etico-sociale e i loro contenuti
diventeranno sempre più un pensiero ricco e articolato e un valore pratico-sperimentale.
In merito a Tolstoi, egli considera come nonostante la condanna severa nei confronti delle
istituzioni scolastiche, venga salvato il principio della scuola, diversa da quella vigente,
dove ogni allievo ha una propria individualità che va salvaguardata e dei bisogni che solo in
condizioni di libera scelta potranno essere tradotti in componenti di crescita personale.
Tolstoi, precisa che l’educazione popolare è sempre in gran parte dovuta alla vita e non alla
scuola.
Per Cousinet Tolstoi è un attento conoscitore dei sistemi scolastici europei.
“Il diritto di educare non esiste; la formazione nasce da un rapporto libero tra gli individui ed
è il risultato delle condizioni di vita di ognuno.”
Le idee di Tolstoj lasceranno un’impronta decisiva sul pensiero di Cousinet che porrà in
stretta relazione con il pensiero di Rousseau.
All’età di 21 anni, Cousinet decide di prepararsi al concorso per ispettore primario; viene
riformato dagli obblighi di leva, ed insegna per 5 anni come maestro elementare (percorso
obbligatorio per chi punta alla carriera di ispettore primario).
Ed è grazie a tale esperienza che Cousinet osserva e impara ogni manifestazione infantile.
A Malakoff divenne membro della Libera Società per gli Studi Psicologi del Bambino.
Binet, membro del gruppo, porta a compimento gli studi sulla misurazione della fatica
intellettuale e si occupa dei bambini che presentano uno scarso rendimento scolastico.
Precedentemente si pensò che questi bambini fossero ritardati o anormali, quando invece
le loro difficoltà dipendevano dalle condizioni di miseria in cui vivevano o dal rifiuto che
possedevano nei confronti del maestro.
Tali idee attirarono l’interesse di Cousinet, ritornando in mente la lezione di Tolstoj e
Rousseau, dove bisogna conoscere il bambino, porlo in libertà e osservarlo.
Si matura sempre più l’idea che l’apprendimento non sia un fatto solo scolastico e che
l’educatore debba superare ogni atteggiamento di indifferenza nei confronti dell’uomo.
Giulia Marchese
Gli studi e le statistiche hanno indicato solo la quantità degli errori e non la loro qualità (quali
essi siano).
Se un ragazzo dovesse commettere un errore e si cerca di capirne le cause, la psicologia
non troverebbe la causa ma si preoccuperebbe semplicemente di verificare e dire quello che
realmente è senza considerare i bisogni e i desideri del singolo individuo, ciò che non
farebbe la pedagogia ed è per tale motivo che vengono suscitate tantissime domande,
come: per quanto potrà durare la validità di un metodo? Trovare una risposta è difficile.
In merito a tali complessità e quesiti, si punta a considerare il singolo individuo solo in
rapporto a sé stesso, indipendentemente da ciò che lo circonda.
Cousinet si rende conto delle insufficienze della psicologia e in veste di pedagogo entra a far
parte del gruppo di redazione della rivista “L’Educazione Moderna” dove ha modo di
conoscere studiosi come Claparède.
Il primo articolo di Cousinet in questa rivista riguarda “l’insegnamento dell’ortografia”,
dove sostiene che la pratica del dettato è dannosa ed inutile per una corretta acquisizione
dell’ortografia.
Dopo un anno, appare un altro articolo in una rivista diretta da Ribot, legato alla psicologia
della percezione, dove è possibile osservare il tipo di relazione che Cousinet vuole stabilire
tra psicologia e pedagogia. Muovendo da un problema pedagogico: la possibilità di
comunicazione tra individui, adulti e bambini così diversi fra di loro, con il supporto della
psicologia si cerca di spiegare il fenomeno: il bambino è immerso in un modo di
indistinzione, non percependo diversità della realtà circostante; si arriva così alla sintesi di
un progetto educativo: la vita sociale. aiuta il bambino a cogliere le diversità del mondo
esterno, a non confondere le diverse percezioni.
Cousinet osserva che nel corso della vita scolastica scompaiono i giochi di immaginazione
ed imitazione e si costituisce una sorta di società infantila. che è più evidente nella
ricreazione, quindi fuori dall’ambito scolastico, dove il bambino si rapporta con i suoi simili ed
è interessato a conoscere le regole.
Giulia Marchese
All’interno di questi studi, anche se non verrà citato vi sarà l’influenza di Considérant, le sue
tematiche costituiscono un ruolo molto importante per il percorso di Cousinet, tematiche che
preferisce lasciare nell’ombra dal punto di vista politico.
La scuola secondo Considérant deve rispecchiare i principi della società democratica e sarà
qui che Cousinet cerca di organizzare una sperimentazione del self-government.
2° Capitolo
Dallo sperimentalismo alla pedagogia
Giulia Marchese
L’educazione alla libertà p.43
Le Scuole Nuove sono oggetto ricorrente negli articoli che compaiono su l’Educateur
Moderne. In tale periodo, Ferrière collabora con la rivista, e compaiono articoli che hanno
come tematica nuovi metodi sperimentali sia in Francia che all’estero. In particolare,
Cousinet scrive quattro importanti articoli che hanno per oggetto il metodo Montessori che
viene presentato senza trascurare dettagli importanti. Per Cousinet, la libertà non va
concepita come una concessione della scuola o dell’educatore ai fanciulli anzi noi dobbiamo
restituirgli la libertà che gli abbiamo preso. Egli si scontra continuamente con la rigidità,
l’uniformità di una struttura sociale quale la scuola. Essa appare identica nel tempo, sia nella
sua forma esteriore, che nelle nozioni e nei valori che trasmette. Passando da una scuola
all’altra, Cousinet come ispettore, ritrova sempre gli stessi libri e le stesse abitudini di lavoro
ed ironizza sulle consuetudini di lavoro degli insegnanti in una serie di articoli pubblicati sulla
rivista. Sono testi carichi di provocazione. Il suo ruolo di ispettore scolastico contrasta con la
volontà di rinnovamento del ricercatore.
Giulia Marchese
Rimane però in Rousseau e nello stesso Cousinet, un problema di conciliazione tra autorità
e libertà, entrambi non hanno mai pensato di risolvere questa questione, dell’intimità della
coscienza umana e del rapporto che l’uomo stabilisce con un’autorità.
Rousseau, fa dipendere la capacità di libertà, dall’effettivo stato di libertà e tale
concezione pedagogica, crea le premesse per una problematica che è già virtualmente
pedagogico-sociale.
Le leggi esercitano un’influenza sulla formazione e la legge è l’unico strumento che può
garantire la rigenerazione morale dell’umanità. Nella visione di Rousseau, però la politica
non fonda la morale più di quando essa non fondi la politica, ed in un certo qual modo
entrambe si identificano. Ma affinché legalità e libertà coincidano è necessario che la norma
sia talmente concorde con la natura umana che ogni individuo può viverla pienamente,
facendola propria. L’essere sociali è nella natura umana e lo stesso Cousinet si trova
concorde con tali affermazioni sottolineando che non è necessaria la distinzione tra i bisogni
dell’individuo e quelli della specie. I veri bisogni del ragazzo sono bisogni naturali il cui
soddisfacimento è insieme grato all’individuo e utile alla specie. Rovatti, in merito, osserva
che il sociale, per essere soggettivo, deve rinforzare e mantenere i percorsi individuali che lo
costituiscono, in tal modo il gruppo non sarebbe un secondo individuo, ma un nesso attivo di
pratiche individuali che non si negano ma si rafforzano in quanto tali. L’individuo sociale
sarà al centro delle ricerche di Cousinet a partire dal 1913.
Giulia Marchese
In questa prospettiva, pedagogo e sociologo assumono ruoli paralleli, dove il primo ha il
compito di far sì che la morale venga interiorizzata in quanto essa è il risultato di un prodotto
storico e l’insieme delle norme che regolano la convivenza civile e sociale, ed il secondo
dovrà costituire la morale come scienza positiva. Cousinet, ha la convinzione che il compito
dell’educatore è quello di lasciare che nel bambino si esprima il bisogno di socializzazione
che potrà manifestarsi, contro, malgrado o con l’insegnante.
Ad interrompere gli studi di Cousinet, subentra nel 1914 la Prima guerra mondiale, dove sarà
chiamato alle armi e di lì a poco, ferito, verrà curato a La Flèche e tornerà a riprendere le
proprie mansioni solo nel 1917.
3° Capitolo
La pedagogia sperimentale
Alla ricerca del metodo p.59
La guerra costringe Cousinet ad interrompere le sue ricerche, per evitare dunque che si
disperdessero i suoi studi di ricerca, egli fa il punto della pedagogia sperimentale, attraverso
13 articoli sull’argomento, apparsi tra il 1918 e il 1921 su una nuova rivista dal titolo l'École
et la vie”. La pedagogia sperimentale si fonda sulla psicologia e sull’esperienza, secondo
Cousinet è qui che egli prende una posizione più critica, che matura alla luce di nuovi studi
di cui viene a conoscenza, sulle questioni metodologiche e l’atteggiamento meno descrittivo
e più obiettivo delle ricerche di Binet e del suo gruppo. Vi è la fretta di sostituire
all’osservazione individuale dei primi ricercatori, l’osservazione metodica e la
sperimentazione, seguendo il criterio della misura invece che quello di una conoscenza del
bambino più approfondita dal punto di vista qualitativo. Per questo, Cousinet si orienterà in
direzione di un metodo fondato sul “lavoro libero”. Attraverso le sue letture, Cousinet scopre
in un testo di Formiggini Santamaria l’acutezza dell’osservazione sulla curiosità, che viene
definita preziosa e che va salvaguardata ed incoraggiata attraverso la libera ricerca.
La scelta del metodo di lavoro è molto importante, tanto quanto la scelta del soggetto da
studiare. Cousinet non abbandona mai la sua idea di self-government.
Cook, un professore di Cambridge, ritiene che i bambini siano perfettamente in grado di
gestire i loro giochi collettivi e che quindi potrebbero fare lo stesso nell’ambito del lavoro
scolastico e Cousinet sostiene che gli insegnanti non osservano abbastanza i bambini, non li
guardano giocare liberi nella ricreazione e non hanno idea di quante risorse essi sono in
grado di utilizzare in condizioni di libertà. Cousinet, si rende conto che è molto difficile
convincere gli insegnanti a non insegnare più, si accorge che accettano a fatica le sue
proposte, manifestano scarsa convinzione nelle sperimentazioni. Eppure, egli rimarrà colpito
dal lavoro di un’insegnante di 17 bambini, Wauthier, perché si serve spontaneamente di
criteri improntati al self-government e al lavoro di gruppo. Sarà appunto in questa classe,
che verranno introdotte le innovazioni di Cousinet che verificherà periodicamente visitando
la classe. Nel corso di una conferenza pedagogica nel 1920, Cousinet, nonostante
l’esperienza isolata e lo scarso numero dei bambini coinvolti, parlerà dei risultati ottenuti e
lancerà un appello agli educatori che vogliono partecipare ad una sperimentazione a più
ampio raggio di quello che per la prima volta egli definirà il “proprio metodo”.
Giulia Marchese
Secondo Cousinet, vanno rivisti sia i metodi che i programmi, facendo “storia delle cose”.
L’abbigliamento, la storia dell’insegnamento, le abitazioni, la storia dell’agricoltura saranno i
temi del programma. Ciascuna di queste storie parallele deve essere suddivisa in periodi, in
qualche modo collegati fra loro seppur distinti, attraverso appunto dei sincronismi,
spiegando ad esempio ai fanciulli, che un abito fatto in un determinato modo, corrispondeva
ad un periodo in cui le case avevano una data forma. Vi è dunque una polemica aperta
verso il metodo tradizionale di insegnamento della storia, improntato ad inculcare negli
alunni, sentimenti patriottici e nazionalistici. La storia non deve studiare avvenimenti
trascorsi, in quanto la verità storica è una ricostruzione del passato compiuta sulla base di
una preconcetta idea del presente. Al ragazzo, vanno proposte delle attività, che vengono
definite di lavoro storico, dove egli può richiamare l’azione trasformatrice del tempo su quegli
oggetti materiali, in grado di evocare situazioni lontane perché connesse al soddisfacimento
di determinati bisogni umani. Innumerevoli le critiche mosse a Cousinet in questo ambito, fin
dalle prime teorizzazioni di tale metodo, egli appare ancora legato ad una concezione
positivistica che considera gli oggetti fonte immediata di scienza e conoscenza, dove il “fare”
viene inteso spesso come un fare solamente manuale. Dimenticando che dietro le cose
operano gli uomini ed esse non hanno significato al di fuori dell’intenzionalità che le ha
prodotte, si rischia di rappresentare il tempo come lo svolgersi di un’azione anonima.
Bisogna quindi valorizzare la coscienza intenzionale dell’uomo che progetta, produce,
idealizza, cosicché ogni storia diventi esperienza vissuta ma anche coscienza in atto, frutto
di relazioni in divenire.
Giulia Marchese
I lavori si aprono in modo insolito:
● Alla solita conferenza iniziale si sostituisce una visita guidata ad una mostra dei
lavori fatti dai bambini articolata in 4 sezioni: lavoro letterario, aritmetico, storico
geografico e scientifico e sono presenti anche lavori di altre scuole europee.
Si definiscono chiaramente alcune caratteristiche del movimento:
● La dimensione internazionale, con una notevole corrispondenza in diverse lingue che
vivifica i contatti all’interno dell’associazione.
● L’apertura verso tematiche dell’insegnamento tecnico e dell’orientamento
professionale, tendenza estranea alla pedagogia ufficiale francese del tempo.
Cousinet si trova sempre più in contrasto con la gerarchia scolastica e viene esonerato da
ispettore primario ad Arcis sur Aube con la scusa che è stato soppresso il posto di ispettore
primario, quindi a malincuore, è costretto a trasferirsi alla frontiera, a Sedan.
4° Capitolo
Un metodo di lavoro libero
Individuo e socio p.75
Nelle Ardenne, Cousinet allarga il raggio della propria attività, come ispettore scolastico,
conducendo per circa 20 anni la sperimentazione del suo metodo del lavoro libero per
gruppi. Sebbene lontano dal gruppo della Nouvelle Education, riprende la propria attività di
ricerca e nel 1925 pubblica con il titolo: “La Méthode de travail libre par groupes”, per
illustrare i punti chiave del proprio metodo. Grazie alla formazione sui corsi di Lalande e
approfondendo il pensiero di Rousseau e Durkheim, matura il suo pensiero arrivando ad una
concezione dell’individuo come “essenza di alterità” (l’uomo è in grado di costruire la
propria libertà e la propria moralità come parte di un tutto). Davanti a un altro individuo su cui
esercitare la propria attività, non più un oggetto, ma un proprio pari con reazioni proprie, il
bambino si trova in difficoltà, non sa cosa fare, pur volendo agire. Questa difficoltà nasce da
un conflitto interno tra due bisogni naturali:
1. Socializzazione.
2. Preservare la propria individualità.
Compito dell’insegnante è suscitare le resistenze individuali. Il problema di essere allo
stesso tempo socio e individuo si risolverà in un’età in cui i due sviluppi, saranno
condizionati l’uno dall’altro e l’individuo maturo contribuirà allo sviluppo del gruppo, il quale lo
aiuterà a sua volta a sviluppare la sua individualità.
L’apprendimento sociale avviene in modo graduale e matura verso gli 8-9 anni. Prima di
questa età il processo di socializzazione avviene a tentativi, che possono diventare
atteggiamenti sottoforma di aggressioni verbali, manuali, dispetti.
Questo comportamento è antisociale solo all’apparenza, (l’apprendimento si nutre di questi
comportamenti maldestri che sono errori necessari per far si che si possa costruire in modo
graduale una produttiva cooperazione). Successivamente, Cousinet approda ad una
concezione della libertà non solo come fine, ma come fattore di educazione.
Egli giunto a Sedan, si interessa alla realtà dei bambini appartenenti a famiglie di immigrati e
osservando i ritmi di apprendimento veloci di tali bambini, (dovevano essere meno
agevolati), qui avvia un percorso di ricerca che punta sull’autoeducazione, superando ogni
sperimentazione sull’autogoverno attuata precedentemente. Questi bambini non ricevono
speciali insegnamenti, e, nonostante ciò, essi hanno un rendimento al di sopra della media.
Quindi un’insegnante decide di intraprendere la sperimentazione di Cousinet, in quella
occasione Prevot, ispettore dell’accademia delle Ardenne, visita la classe e una volta visti i
risultati, incoraggia Cousinet ad allargare e sviluppare la sua sperimentazione.
Giulia Marchese
Un progetto di scuola sperimentale p.79
Cousinet sostiene che risulta impossibile parlare di autogoverno senza autoeducazione,
domandandosi se la scuola pubblica è disposta a dare spazio alla sperimentazione.
In prospettiva di una risposta negativa, si fa strada l’idea di trovare spazi alternativi dove
poter agire con le nuove metodologie. Arriva nel 1924 l’occasione per Cousinet di una
sperimentazione totale, un’associata alla Nouvelle Education, MmeOdier, decide di aprire
nella periferia di Parigi una scuola sperimentale chiedendo a Cousinet di redigere un
progetto. Successivamente viene illustrato il piano. Ferrière era favorevole al progetto.
La scuola si fonda sul principio del lavoro in gruppo e della libertà e si articola in due sezioni:
1. Una per bambini più piccoli dai 4 anni in su, qui è di fondamentale importanza
l’attività legata allo sviluppo sensoriale, dove viene proposto il materiale Montessori
2. Una per i più grandi fino a 13 anni dove è prevista l’attività domestica fondata sul
bisogno che hanno i ragazzi di condurre la casa in maniera conforme ai loro bisogni.
All’interno dell’attività domestica, vengono svolti compiti manuali, scientifici ed
estetici.
Gli insegnanti che dirigeranno tale scuola dovranno:
1. Lasciare che i fanciulli sviluppino la loro attività in totale libertà.
2. Osservare attentamente i bambini.
3. Prestare attenzione, a tutte le manifestazioni di attività nuove.
4. Seguire lo sviluppo di ogni attività.
Probabilmente, fu proprio questa non direttività a preoccupare la Odier, che senza dare
troppe spiegazioni, rinuncia al progetto, lasciando Cousinet fortemente deluso.
Ecco che nuovamente al centro del problema riaffiora la libertà e dà sfogo alla sua delusione
sulle pagine della Nouvelle Education.
Piaget p.83
Anche se lontano da Parigi, Piaget continua a essere partecipe al mondo della pedagogia e
anche a la Nouvelle Education. Nel 1925, nell’assemblea annuale dell’associazione, alla
quale prende parte anche Cousinet, interverrà, tenendo la sua relazione sui suoi ultimi lavori
di ricerca sulla psicologia del bambino.
Dal 1921 Piaget insegnava Psicologia infantile alla Facoltà di scienze di Ginevra.
E scoprì, somministrando test di intelligenza ai bambini della scuola di Binet, la strada
scientifica che avrebbe conciliato i suoi interessi biologici e filosofici.
Secondo Piaget, il linguaggio non riflette direttamente le azioni del bambino, e per capire la
sua logica, non è sufficiente analizzare solo la sfera dell’interazione verbale. Nei suoi studi vi
erano due mancanze:
1. L’aver limitato la propria ricerca al linguaggio ed al pensiero espresso;
2. Deriva dalla prima; Piaget aveva tentato di scoprire le strutture caratteristiche che
riguardano le operazioni logiche ma non ci riuscì perché non aveva cercato la loro
origine nelle operazioni concrete. Infatti, si accorge, che per comprendere la genesi
delle operazioni intellettuali, vanno considerate prima di tutto, la manipolazione e
l’esperienza con gli oggetti (esiste un'unità fra l’organizzazione delle strutture
affettive, cognitive e sociali). Anche lo sviluppo sociale implica la ristrutturazione del
concetto di “sé”, come tutti i processi che riguardano le “cognizioni fisiche”, alla
base dello sviluppo sociale.
Giulia Marchese
Piaget, svilupperà questa direzione di ricerca fino ad incontrare anche l’esperienza del
lavoro libero per gruppi. Anche Cousinet, approfondendo il tema del rapporto tra lo sviluppo
individuale dell’essere pensante e divenire sociale, troverà sempre nuovi elementi di
rielaborazione, affermando di aver sempre creduto che il ragazzo è distinto dall’adulto per
l’andamento del suo pensiero concettuale e per la natura della sua affettività e per il posto
che l’adulto occupa in questa sua affettività, per i legami che uniscono la sua intelligenza e
la sua attività così che il suo pensiero non è mai svincolato dalla sua sensibilità.
Freinet p.86
Cousinet, avrà un importante confronto con il pensiero di Freinet che nel 1925, si iscrive alla
Nouvelle Education. Quest’ultimo, aveva già avuto l’idea di affidare dei piccoli lavori manuali
collettivi ad un gruppo di alunni, e anche se l’iniziativa di Cousinet gli sembrava troppo
sistematizzata, se ne servì e la utilizzò per calmare i timori eccessivi del suo direttore.
Cousinet e Freinet, sono molto diversi.
● Freinet, nega valore ad ogni innovazione e sperimentazione di cui le scuole più
povere e disagiate non possano trarre vantaggio, rimanendo perplesso per
l’avanzare incalzante della pedagogia progressista.
● Cousinet, invece, con un atteggiamento diverso, a partire dalla seconda metà degli
anni Venti, conquista popolarità sia all’estero che in Francia, dove molte saranno le
occasioni per presentare il suo metodo ad un ampio pubblico anche straniero.
Per quanto diversi, emergono molte affinità tra i due, dall’utilizzo di un metodo naturale per
l’apprendimento, al fatto di sostenere la socialità e la cooperazione, dall’importanza
riconosciuta al lavoro, espressione dell’essere e non di un semplice fare etc.
Condividono insieme la posizione secondo cui, l’educazione non è traducibile in alcuna
forma di imposizione.
Nel Congresso di Nice nel 1932, dove entrambi partecipano, Freinet, lancia un appello che
invita i relatori ad intervenire in una tavola rotonda a Saint Paul de Vence, dove i genitori
degli alunni sono molto diffidenti nei confronti del suo metodo di insegnamento. Ad aderire
all’iniziativa sono solo due, uno dei quali Cousinet. Nell’anno successivo, alcuni deputati
reazionari otterranno la promessa della rimozione di Freinet dai ruoli, ma questo
provvedimento non verrà mai attuato. Qui Cousinet interviene presso il Ministero insieme ad
altri rappresentanti delle associazioni pedagogiche: il loro intervento ha lo scopo di evitare
l’assimilazione delle posizioni del movimento dell’Education Nouvelle a quelle del
rivoluzionario Freinet, che da sempre si dichiara appartenente al partito comunista.
La Nouvelle Education pubblica un articolo sul contraddittorio compromesso tra Educazione
Nuova e potere costituito in Francia. Si tratta di una deliberata “riduzione” della portata
innovativa del pensiero di Freinet alla tecnica della tipografia a scuola e una
disapprovazione sulla sua opera pedagogica. Cousinet interviene nell’articolo, per la
posizione che ricopre nell’associazione e per il rammarico nel vedere riapparire la filosofia in
ambito pedagogico sotto forma di analisi derivate dal marxismo che, secondo Cousinet non
possiedono fondamento scientifico. Cousinet pone il proprio metodo tra quelli che lui ritiene
importanti, come Montessori e Decroly ad esempio. Solo verso la fine, viene citata la
tipografia scolastica e Freinet. Cousinet qui, cerca di evitare ogni forma di dissidio.
Anche in successivi congressi, come quello tenutosi in Inghilterra, evita lo scontro non
partecipandovi. Alla fine degli anni Trenta, si fa sempre più presente (clima di guerra), il
delinearsi di gravi circostanze sociali; rimanere neutrali è difficile di fronte a contraddizioni.
Giulia Marchese
Scoppia la Seconda guerra mondiale, la Francia è occupata dai tedeschi e terminano così le
pubblicazioni della Nouvelle Education. Cousinet scrive alcuni articoli che vengono pubblicati
in una rivista di psicologia diretta da Guillaume, che inviterà Cousinet a tenere un
corso di pedagogia pratica alla facoltà di lettere, corso interrotto senza spiegazioni: il
nazismo avanza e Cousinet viene accusato di essere comunista.
5° Capitolo
Formare l’educatore nuovo
Giulia Marchese
Les Annales p.98
Cousinet sente il bisogno di definire il proprio impianto teorico. Per questo, una delle
tematiche principali affrontate in qualità di docente universitario alla Sorbona è quella
dell’insegnamento della storia. A questo problema egli si dedica fin da giovane con grande
fervore. Cousinet, è aperto ad una concezione innovativa di “fatto storico”: non è più un
oggetto di osservazione dai contorni definiti, quel passato stabile, che veniva definito
“storia”, si trasforma in un reticolo di interconnessioni, su cui non può essere scritta nessuna
parola definitiva, perché le variabili operano a loro volta e dipendono dal soggetto critico che
interpreta gli eventi. Secondo Cousinet, non esiste una realtà spoglia di tutto, essa può
essere oggetto di una sperimentazione scientifica, dove è possibile, ma non costituisce
materia di storia. L’arte, la letteratura, e gli aspetti sociali della vita dell’individuo, ignorati
prima dallo storico, divengono adesso anch’essi, oggetto di storia al pari di quello che viene
definito “documento”.
Febvre precisa che anche le emozioni hanno un particolare carattere perché esse sono
contagiose e implicano rapporti tra uomo e uomo, dei rapporti collettivi.
Nel 1950, viene pubblicata un’opera dal titolo “L’insegnamento della storia e l’educazione
nuova” e viene definito da Leonardo Patanè un volume, dove emerge la metodologia di
Cousinet sull’insegnamento della storia, posta nell’ambito della pedagogia attivistica
seppur con ispirazione vicina al marxismo, con riflessioni approfondite sui problemi della
storia, essendo passata dal filtro dell’esperienza degli storici delle “Annales” in particolare.
In un quaderno dell’Ecole Nouvelle Francaise, scritto da Cousinet e Chatelain, viene
evidenziata ogni possibile errata interpretazione del concetto di Educazione Nuova, sia nei
suoi principi teorici che pratici.
Giulia Marchese
L’allievo ed il maestro sono dei costruttori e l’apprendimento, che comporta sempre un
apprendistato, diviene cultura nel momento in cui implica un lavoro personale di
osservazione e ricerca personale di soluzioni adeguate al progetto prefisso.
6° Capitolo
Dall’interesse alla motivazione
Socializzare l’individualità p.109
Si può suggerire una chiave di lettura dell’opera di Cousinet ripercorrendo il suo itinerario
formativo tramite due connessioni:
● La prima ruota intorno al concetto di sapere, come apprendimento naturale,
veicolato dal “lavoro” e caratterizzato dalla ricerca personale, dall’operatività e dalla
sperimentazione pratica. Questa concezione del sapere caratterizza l’uomo come
costruttore.
Cousinet, da un grande contributo alla svolta delle problematiche legate all’apprendimento, e
lo fa in primo luogo, in ambito di sperimentazione didattica, cosa tutt’altro che semplice.
● Un’altra istanza è quella tesa a valorizzare la società, veicolo chiave per accedere a
un’identità, dove sfera cognitiva ed affettiva, ormai non più considerate in modo
separato, interpretano la realtà su basi diverse, tali da permettere all’individuo di
esprimersi in modo creativo, individualmente e collettivamente.
Nel bambino il pensiero è frutto di sensibilità e la socializzazione è la risposta di un vero e
proprio bisogno. Nella diversità che lo circonda, il bambino costruisce la propria identità ed il
passaggio dal diverso all'uguale avviene in modo del tutto naturale. All’età di 12 / 14 anni, il
fanciullo vive, secondo Cousinet, in un’età di “grazia sociale”, ma fin dalla sua infanzia,
quando comincia ad avere i suoi primi rapporti sociali, il bambino incontra la difficoltà di
essere contemporaneamente individuo e socio.
Giulia Marchese
Il gioco come apprendistato sociale p.111
L’apprendimento sociale avviene in modo graduale, attraverso dei tentativi che
nascondono dietro comportamenti talvolta aggressivi ed apparentemente antisociali, un
bisogno di socializzare.
Dai 3 ai 5 anni, i bambini si urtano, si tirano, si strattonano continuamente, senza nessuna
causa apparente e questo testimonia il bisogno di manifestarsi come distinto dagli altri e
quello ancora larvale di unirsi all’altro.
Cousinet osserva ad esempio, che nelle situazioni in cui i bambini si contendono un oggetto,
il bambino desidera non l’oggetto in sé, in quanto nel momento in cui gli viene presentato un
altro oggetto uguale egli lo rifiuta, ma vuole possedere l’insieme costituito dell’altro bambino
nell’atto di giocare con quell’oggetto, l’attività estranea rappresentata dai gesti eseguiti
dall’altro bambino, di cui egli vuol fare sua l’attività. Questo è in realtà un vero esercizio di
pre-socializzazione.
L’essere dispettosi, musoni, spavaldi, sono modi di fare che esprimono la ricerca dell’altro,
tali comportamenti sono asociali, attuati per compensare le proprie frustrazioni attirando
l’attenzione del gruppo su di sé, e questo è un vero e proprio tirocinio sociale. Nel corso di
tali tentativi, il bambino soffre nel vedere che l’altro può fare a meno di lui, specialmente se
questo avviene con un intero gruppo e non con un singolo individuo. Attraverso una lenta
evoluzione, il bambino impara pian piano a relazionarsi con gli altri bambini ed il giuoco è
fondamentale per l’affermazione della propria identità all’interno del gruppo.
Infatti, fin dalle prime esperienze di gioco, il compagno comincia a trasformarsi, inizialmente
da oggetto in pseudo-persona e successivamente (quando si avrà chiara l’idea che la
cooperazione è indispensabile) il compagno diventerà una persona reale.
Si trasformerà anche il giuoco: all’inizio i bambini giocheranno insieme fianco a fianco, senza
però intraprendere attività in comune, poi passeranno al gioco di imitazione e di finzione.
A questo livello di gioco, il bambino si sottomette al gruppo come insieme, senza dare troppa
importanza ai singoli elementi del gruppo, considerati necessari solo alla realizzazione del
gioco. Successivamente, compaiono i giochi sociali, basati sulla vera cooperazione, su
regole e divisione dei compiti. Compaiono la distribuzione dei ruoli e delle specifiche
funzioni, e gradualmente i singoli membri assumono il ruolo di persone reali.
Quando si passerà alla scelta dei compagni del gruppo, si avrà una certa regolarità: in una
prima fase, dopo che il capo gruppo è stato individuato, si sceglieranno i compagni o per
ragioni affettive o a caso; successivamente, si cerca di guadagnare un vantaggio
assicurandosi i migliori giocatori. Alla fine, i capi cominciano a ragionare su criteri di
uguaglianza, e si divideranno i migliori membri per dare uguali opportunità di riuscita.
Così, arrivati alla soglia dell’adolescenza, i bambini possono definirsi socializzati. Per questo
il giuoco è importante ai fini della socializzazione e della formazione della personalità.
Giulia Marchese
● Afferma che non esistono oggetti interessanti, ma oggetti che corrispondono a degli
interessi, di cui il bambino solo sperimentandone il valore può coglierne l’importanza,
attraverso un ruolo sociale attivo. In condizioni normali, il bambino sperimenta sé
stesso come individuo, come membro di un gruppo assume un atteggiamento attivo,
per il superamento delle possibili anomalie della vita del gruppo. Ritorna sempre
presente il tema della libertà, intesa come metodo, come cultura e come
apprendimento.
● Cousinet concepisce il progresso per l’uomo solo se è in armonia con la sua vera
natura di essere libero, in base alla quale egli obbedisce all’istinto di perseguire il
soddisfacimento di bisogni che l’individuo non potrebbe riconoscere come tali se
distratto da comportamenti indotti, che sono manifestazioni di disagio, espressione,
in negativo, di una ricerca. Quando un ragazzo si sente annoiato o fa delle
sciocchezze, avviene o perché la sua attività è stata disturbata da un adulto o perché
la sua attività si esplica a vuoto.
● Anche la nozione di interesse, di ispirazione deweyana, tende ad essere sostituita da
quella di bisogno. Cousinet osserva che il significato di interesse, risiede tutto in ciò a
cui tende, nelle esperienze nuove che esso rende possibile e nei poteri nuovi che
crea. Le abitudini e gli impulsi dei ragazzi devono essere interpretati e compito
dell’educatore è quello di vedere in questi interessi delle funzioni che hanno delle
possibilità e portano ad uno scopo ideale. Anche Freinet si trova concorde con tali
affermazioni, e come Cousinet, ricorre alla motivazione, per definire la qualità
dell’azione didattica ed educativa: l’uno riguardo al senso che l’individuo dà alla
propria azione in riferimento al vissuto personale, l’altro sulla risposta ai bisogni
biologici e affettivi della persona.
I bisogni p.119
Cousinet stila una serie di bisogni che risiedono all’interno dell’individuo in crescita: bisogno
di crescere, di libertà, di sicurezza. Sono bisogni strettamente legati l’uno all’altro. Seguono il
bisogno di socializzazione, di fiducia in sé stessi, di apprendimento ecc...
● Il bisogno di crescere risiede proprio nel ragazzo, che appunto lo definisce come tale
e lo differenzia dall’adulto. Questo bisogno all’inizio si manifesta come spinta ad
agire e si evolve con l’età, coinvolgendo via via tutta la personalità dell’individuo che
energicamente chiede di potersi esercitare liberamente nella scoperta.
● Insieme a questa evoluzione, vi è il bisogno di sicurezza, fiducia che la sua crescita
non sarà intralciata né guastata e che potrà avvenire in libertà. Libertà e sicurezza si
condizionano a vicenda: il ragazzo si sente libero perché sicuro, e si sente sicuro
perché è libero.
Cousinet fa sempre riferimento a Rousseau, quando parla di bisogni. Concorda infatti con
lui nella distinzione tra bisogni “veri”, naturali, e bisogni <fantastici>, asserendo anche
l’intolleranza verso i moderni mezzi di comunicazione, come strumenti possibili di uso
didattico e creativo, come ad esempio il cinema, la radio o la stampa, che danno
informazioni frammentarie.
Tutta l’importanza della teoria dei bisogni di Cousinet si esplica in sede di proposta
educativo didattica. In primo luogo, si deve considerare, come obbedendo al naturale
bisogno di socializzazione, si possano osservare effetti positivi, sia sul piano morale che
intellettuale. Quel che invece suggerisce l’ambiente scolastico tradizionale è una riflessione
solo teorica e logica, sui comportamenti, che snatura il concetto stesso di moralità che di
per sé implica un agire pratico.
Giulia Marchese
Le regole imposte ad un ragazzo hanno un carattere negativo e limitano le sue scelte
decisionali. Gli unici spazi in cui l’insegnante potrebbe vedere il bambino muoversi in libertà
è la ricreazione, ma egli se ne disinteressa. Il problema della autonomia – eteronomia, è
stato più volte preso in considerazione dai molti interpreti del pensiero di Cousinet. Uno in
particolar modo va ricordato, Broccolini, in quale afferma che, in tale ambito, Cousinet cade
in un grosso equivoco, che nasce dal fatto che, stando alle affermazioni di Cousinet, il
ragazzo dovrebbe essere posto in una situazione di totale libertà, e tuttavia l’educatore,
deve comunque conservare la propria autorità morale ossia l’elemento più dominante
dell’eteronomia. Per Cousinet il ragazzo deve dipendere, non obbedire e l’adulto deve
essere costante, deve garantire sicurezza in quanto egli rappresenta sempre l’autorità e la
legittimità della stessa legge morale. L’insegnante deve comunque accettare il dato di fatto
secondo cui l’educazione non è affar suo ma del ragazzo, il suo ruolo è quello di osservare
per modificare l’ambiente a favore del ragazzo e del suo sviluppo. È importante che sia
discreto, in tutte le sue manifestazioni, specialmente in quella del linguaggio, importante
canale di intrusione del mondo adulto; egli non critica, non giudica né desidera, ma osserva
lo sviluppo.
● Il maestro deve in primo luogo, amare l’infanzia e non i bambini con l’aspirazione a
farli divenire quanto prima possibile adulti e quindi totalmente diversi di quel che in
realtà sono. La prima qualità del maestro deve essere quella di saper convivere con
il dissimile perché solo da un buon esercizio della diversità può nascere una solida
identità.
● Un’altra caratteristica fondamentale che deve possedere il maestro è la capacità di
riconoscere dei limiti per il proprio sapere, sapere espresso attraverso il pensare e
l’agire, finalizzati al riconoscimento dei bisogni del ragazzo e alla soddisfazione di tali
bisogni.
Ma “fare la classe” non è un compito esclusivamente riguardante il maestro. Le
interrogazioni, le lezioni, gli esercizi sono pratiche che servono solo a sottolineare
l’atteggiamento del sapiente nei confronti dell’ignorante, atteggiamenti gratificanti per il
maestro, ma fondamentalmente inutili. Sono invece gli allievi che devono fare la classe
perché istruirsi è agire, andare alla ricerca del sapere: l’unico protagonista della crescita è
l’apprendimento.
7° Capitolo
Il metodo in azione: attività, apprendimento, conoscenze
Preparare l’ambiente p.129
L’insegnante ha il compito di organizzare l’ambiente, il contesto in cui deve avvenire questo
apprendimento. Preparare l’ambiente, comporta innanzitutto l’offrire opportunità e mettere a
disposizione strumenti, affinché il fanciullo possa liberamente esprimere le proprie tendenze
e riconoscere i suoi bisogni. In età scolare, il ragazzo non si accontenta più solo di giocare
con i compagni ma manifesta il bisogno di formare con loro un gruppo di lavoro. Intorno ai 9
anni, il bambino prende coscienza dei due fondamentali motori dell’ambiente che lo
circonda, ossia le cose in movimento ed i compagni, comincia a cogliere la vera funzione del
linguaggio come comunicazione di pensieri individuali, imparando ad esprimersi con
precisione, ad ascoltare, comprendere e cercare di essere compreso.
Giulia Marchese
L’apprendimento come libera ricerca p.132
Ogni azione dell’insegnante, l’ambiente stesso e l’igiene con cui lo ha predisposto hanno lo
scopo di creare le tre condizioni che rendono possibile ogni processo di apprendimento.
Per Cousinet, l’apprendimento è vera e propria cultura. La teoria viene dopo, a giustificare la
pratica. Bisogna dunque distinguere l’apprendimento da ciò che gli assomiglia: infatti, non si
può dire ad esempio che il bambino apprenda a camminare, perché l’atto del camminare,
appare in contemporanea al suo bisogno. L’apprendimento è necessario, tutte le volte che
un bisogno appare senza essere dotato dei mezzi interiori che ne permettano il
soddisfacimento.
In riferimento agli umanisti e al dibattito sui temi della “cultura generale” e dell’insegnamento
scientifico, per Cousinet l’educazione è nata con la specie umana. La natura
dell’apprendimento e dunque della cultura, è di essere ricerca personale, definizione di
soluzioni superiori in cui emerge la qualità dell’uomo come costruttore.
E’ l’allievo che va coltivato e non la materia o la disciplina. Alla fine degli anni 30, Cousinet
sperimenta personalmente, con il proprio figlio un itinerario di formazione non direttivo,
ben lontano dal tradizionale modello scolastico. Il piccolo Pietro ritarda il suo ingresso a
scuola e vive in casa fino all’età di 9 anni. La casa dispone di un giardino e poco distante c’è
anche l’oceano, vi sono libri, musica e piante. In tale contesto, gradualmente il bambino
mostra il suo interesse verso la natura, le piante, i piccoli animali del suolo (lumache
vermicelli), animali acquatici e animali d’aria (farfalle e insetti). Impara a leggere da solo e
sfoglia in libertà i libri cercando di afferrarne i contenuti, cominciando con le illustrazioni e
progressivamente a leggendo le didascalie fino ad arrivare al testo. Cousinet precisa che per
un anno il lavoro del figlio è stato di natura scientifica, sempre alla ricerca di documentazioni.
Dopo poco, comincia ad interessarsi alla storia. Osservando il figlio, Cousinet, conferma le
sue convinzioni, secondo cui il bambino può apprendere solo per effetto della propria
curiosità naturale, per la presenza di un adulto disposto a rispondere ai suoi interrogativi.
Tutto ciò che chiede Cousinet agli insegnanti è proprio questo.
Giulia Marchese
Con l’espressione “metododilavoro” egli si riferisce a qualsiasi procedimento di
apprendimento, sia che esso derivi da un lavoro manuale che dallo scambio verbale.
Cousinet afferma che ogni spiegazione da parte del maestro è un’azione
pedagogica infondata perché si basa sul fatto che chi ha compreso possa spiegare
a chi non ha compreso. L’unico procedimento esplicativo, l’unica spiegazione ha
luogo in virtù dell’attività che il ragazzo svolge in collaborazione con altri membri di
un gruppo, oppure per imitazione sul modello dell’apprendistato artigianale.
● Nel primo caso, la spiegazione nasce dall’approccio reciproco tra i vari
membri del gruppo,
● Nel secondo caso Cousinet descrive accuratamente, quel che il maestro deve
fare nel corso dell’apprendimento pratico sperimentale: il maestro esegue il
lavoro davanti all’allievo senza modificare niente del suo modo di operare;
mostra tale lavoro, lo esegue lentamente, enunciandone le forme e facendolo
eseguire all’allievo; scompone questo lavoro nei suoi elementi e fa eseguire
ai suoi allievi ogni singolo movimento, senza che essi compiano nessun
movimento nuovo, se quello precedente non è stato fatto correttamente;
infine spiega le ragioni dei movimenti ed il posto che occupano nell’attività. Se
si riesce a far si che l’imitazione produca successi, può assicurare una base
sicura per i successivi apprendimenti, purché venga distinta da atteggiamenti
simili, ma diversi nella sostanza.
Giulia Marchese
In tal modo, gli alunni, lasciati liberi trovano il modo di esplicare la propria attività.
L’insegnante si limiterà ad avviare gli alunni al lavoro, fornendo loro il materiale utile,
successivamente, saranno i ragazzi stessi a procurarsi altro materiale utile, per
l’andamento del loro lavoro. In tal modo gli alunni divengono individui impegnati in un
lavoro, sono dei veri e propri apprendisti.
Il metodo proposto da Cousinet può essere definito proprio uno schema didattico vicino
all’apprendistato artigianale. Un processo in cui l’apprendimento si basa sull’esecuzione
materiale del lavoro e passa, successivamente, prima alla scomposizione del lavoro nelle
sue fasi essenziali e poi alla fine, alla spiegazione come ricostruzione di una procedura
logica non più sconosciuta ma già sperimentata. Cousinet si ispira al principio del metodo
naturale dell’apprendimento in base al quale l’apprendimento sorge come risposta ad un
bisogno. Il fanciullo è autonomo nei bisogni e nella volontà, ma gli mancano i mezzi, e
quindi deve essere messo in condizioni di servirsi degli strumenti idonei al suo sviluppo
formativo. Questo è il sapere dal punto di vista del ragazzo: il possesso degli strumenti atti a
soddisfare i suoi bisogni reali. Cultura e metodo, per Cousinet, si identificano. La base
dell’intera prospettiva pedagogica-didattica di Cousinet è la ricerca: in questo procedimento,
confluiscono sia il suo metodo (apprendimento come conquista personale) che il suo
concetto di cultura (libera acquisizione per il soddisfacimento dei bisogni presenti).
8° Capitolo
L’insegnamento della storia
Trasformare per costruire relazioni p.147
Partendo dalla lettura critica di alcuni scritti della maturità poco conosciuti, possiamo
approfondire il pensiero di Cousinet sull’insegnamento della storia. Per lui la storia non è
uno studio del passato in quanto tale, quel che studia la storia sono i fatti presenti, i
documenti che essa può procurarsi. Allargare il raggio della storia, significa sfuggire alla
degenerazione del nazionalismo per accedere ad un modello diverso di civilizzazione, con
lo scopo civile e morale di educare alla solidarietà.
In un suo articolo, Febvre afferma che anche le emozioni non sono da considerare come
semplici automatismi in reazione al mondo esterno, perché implicano il rapporto tra gli
uomini e tra la collettività, formando un sistema di stimoli interindividuali.
Cousinet, ispirandosi agli storici di Les Annales, osserva che non è la memoria del passato
che ci aiuta a comprendere il presente, ma viceversa, la coscienza del presente che è
indispensabile per comprendere il passato, in quanto l’osservatore scopre nella lettura del
passato, quello che egli vi porta.
Gli studenti impegnati solo nello studio di una serie di eventi non traggono nessun profitto
dall’insegnamento della storia perché quello che viene proposto loro è del tutto estraneo
alla loro natura e distante dai loro interessi. Infatti, secondo Cousinet non sono stati fatte
ricerche per comprendere quali suoi interessi la storia può soddisfare. Un interesse potrebbe
trovarsi nella naturale curiosità che il bambino manifesta a contatto con gli oggetti materiali,
le cose. E poiché sulle cose egli esercita un’ininterrotta attività, manipolandole e
utilizzandole e poiché nel bambino azione e osservazione non sono momenti separati, la
consapevolezza della realtà circostante è contemporanea alla sua manipolazione.
In questo suo fare istintivo, egli è simile allo storico perché entrambi sanno cogliere gli effetti
della propria azione, del proprio lavoro di trasformazione nel tempo.
Giulia Marchese
Se il bambino può capire la storia perché ne rivive il percorso in prima persona attraverso la
propria azione sulle cose, è anche vero che gli oggetti assumono valore se riferiti a dei
bisogni presenti corrispondenti. Infatti, la storia è lo studio dell’azione esercitata dal tempo
sulle cose che sotto tale azione, soddisfano i bisogni a cui esse corrispondono.
Giulia Marchese