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Don Lorenzo Milani: nasce a Firenze nel 1923 da una famiglia dell’alta borghesia di origine ebraica, i

temi trattati sono a disuguaglianza e il metodo per riuscire a combatterla. Per motivi lavorativi del padre, la
famiglia si sposta a Milano; a causa dell’ antisemitismo i genitori si sposarono con rito cattolico e
battezzarono i figli, Milani si convertì così al cattolicesimo. morto poche settimane dopo la stampa di
“lettera ad una professoressa”, proveniente da una ricca famiglia borghese. Diventato sacerdote, ha dedicato
la vita nel lavoro nelle fabbriche e in campagna. Milani comincia la sua attività di maestro a Barbiana nella
meta degli anni ’50 per dare ai ragazzi di quel Paese la possibilità di accedere alla cultura e di trovare un
lavoro migliore.
Contesto storico fiorentino: le figure che accompagnarono il panorama fiorentino furono: il Cardinale
Elia Dalla Costa, arcivescovo fiorentino; Don Raffaele Bensi; Don Giulio Facibeni; Cardinale Piovanelli,
Don Enzo Mazzi. Furono tutti compagni di seminario di Milani. Milani ha vissuto durante il periodo in cui
La Pira fu sindaco di Firenze (1951-58), questa figura fu importate poiché si impegnava a dare una casa a
tutti, un lavoro; La Pira fu eletto nella lista della democrazia cristiana e fu soprannominato come il “sindaco
della povera gente”. Nel 1955 convocò a Firenze i 38 sindaci delle capitali del mondo.
Scuola di Barbiana: esperienza educativa sperimentale avviata da Don Milani dal 1954-67, provocò un
dibattito sulle innovazioni da apportare in materia di pedagogia. Si tratta di un libro pubblicato nel 1967,
un atto di accusa verso la scuola italiana che definisce la scuola del tempo come “un ospedale che cura i
sani e respinge i malati”, in quanto si valorizzano solo coloro con un retroterra positivo.
Autori: sono un gruppo di ragazzi di Barbiana, sotto la guida di Milani in un paesino fiorentino,
sperimentarono un modo diverso di fare scuola. La scuola era un luogo per ricchi, per i “Pierini d’Italia”;
Milani denuncia la situazione scolastica nei confronti dei governi cattolici che per tutto il dopoguerra hanno
occupato il ministero della pubblica istruzione. Il progetto di scrivere “lettera ad una professoressa” nasce
quando due ragazzi che avevano studiato alla scuola vengono bocciati agli esami per ottenere il diploma di
maestro. I ragazzi della scuola di Barbiana, con l’aiuto di Milani, prendono spunto da questa delusione per
rimettere in discussione la scuola dell’obbligo (legge del 1859 di Casati). Nel 1962 nasce la scuola media
unificata, con un obbligo scolastico di 13 anni. Era stato abolito il sistema che costringeva i ragazzi e le
loro famiglie a scegliere alla fine delle elementari se continuare a studiare per proseguire alla scuola media
superiore o seguire l’avviamento al lavoro. Il risultato era scontato: continuavano a studiare solo quelli che
avevano i mezzi economici per farlo, cioè solo una piccola parte di coloro che uscivano dalle elementari.
Dalla riforma nasce la scuola media unificata, quella che abbiamo frequentato noi, che estende a tutti la
possibilità di fare 8 anni di istruzione obbligatoria e che permette l'accesso a tutte le scuole superiori.
Tuttavia, anche la nuova scuola dell’obbligo perdeva per strada molti studenti, essa veniva considerata
come un sacrificio ed questa situazione che i ragazzi di Barbiana denunciano nel loro libro. Le bambine di
Paese non si vedevano nelle scuole in quanto per la popolazione avevano un cervello di gallina, inferiore a
quello dei bambini. Questo perché la scuola del tempo era classista, divisa in classi e i ricchi risultavano
più agevolati; potevano permettersi le ripetizioni a pagamento che ogni anno gli permettevano di passare
alla classe successiva. La scuola di classe riproduce e consolida le diseguaglianze socioeconomiche e
culturali presenti nella società; impedisce la mobilità sociale, ovvero la possibilità di migliorare la propria
condizione sociale; non fornisce i mezzi affinché studenti diversi abbiano comunque successo a scuola.
Tutto questo va contro l’articolo 3 della nostra Costituzione. La maggior parte di coloro che abbandonava
la scuola, erano figli di contadini o operai che potevano svolgere delle faccende in casa. Lo Stato si era
dimenticato di loro, non erano scritti nel sistema scolastico e nemmeno in quello lavorativo a causa della
precoce età. Il risultato fu che in prima media arrivavano ragazzi ormai grandi, ed in seconda media
venivano bocciati.
Le critiche più importanti:
• La scuola è di classe: espelle i poveri
• I programmi sono sterili, vecchi e nozionistici
• La scuola è slegata dalla vita reale
• Ciò che si insegna a scuola non è utile ad essere cittadini consapevoli
• L’uso del voto
Le cause della selezione sociale: Per i ragazzi di Barbiana, le ragioni che spiegano questa selezione sociale
sono tante. Ne elenchiamo solo alcune:
1. Inadeguatezza delle strutture
2. Atteggiamento rinunciatario dei docenti
3. Sezioni divise per status sociale
4. Accettazione della selezione come se fosse un fatto naturale e non un prodotto sociale

In sostanza la scuola premia coloro che hanno alle spalle una famiglia già istruita e dotata di mezzi
economici ed espelle coloro che non hanno tutto ciò.
Le riforme:
“Perché l’eguaglianza non resti un sogno proponiamo tre riforme:

1. Non bocciare; in tal caso si deve inserire il doposcuola anche di domenica e durante le feste.
2. A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno;
3. Agli svogliati occorre dare uno scopo.

Il tempo pieno è l’aspetto centrale della proposta dei ragazzi di Barbiana. Il tempo pieno, significa, se è
fatto bene, avere più tempo e più mezzi per dare a tutti gli studenti, anche quelli che partono sfavoriti, la
possibilità di avere successo scolastico.

Critiche al modo in cui faceva scuola:

Don Milani e i suoi ragazzi istituirono un modo di fare scuola realmente rivoluzionario.
Critiche alle materie della scuola classicista: Gli alunni della scuola di Barbiana fanno delle critiche alle
materie insegnate all’interno delle scuole, tra queste: il latino, la matematica, la filosofia e la pedagogia che
non vengono considerate come delle scienze, la religione criticata perché potrebbe essere insegnata anche
dai preti, la storia poiché non si parla di sofferenze e lotte dei lavoratori. Di tutto questa vengono accusati
il re, Vittorio Emanuele II impegnato troppo nella questione della guerra assieme al generale La Mormora;
in occasione della guerra il re sciolse il Paramento e prese i poteri affidando Casati il compito di istituire
una legge sull’istruzione.

I programmi ministeriali, basati su un enciclopedico nozionismo, vennero rimpiazzati da una continua


ricerca critica del sapere all’interno di un percorso multidisciplinare costruito strada facendo.
La scuola, considerata come privilegio e non come obbligo o imposizione, diventava per i ragazzi di
Barbiana il luogo del riscatto. Il luogo attraverso cui acquisire gli strumenti necessari per partecipare
attivamente alla vita collettiva.
Soluzioni da parte della scuola di Barbiana:

Gli alunni della scuola tenevano in tasca un notes , ogni volta che avevano un’idea la scrivevano e poi nei
giorni seguenti la mostravano ai compagni, le idee venivano messe insieme e scritte in capitoli all’interno
di un testo. Successivamente veniva chiamato un estraneo e gli si fa leggere il testo, accettando i loro
consigli.

(1899)

Il problema dell’educazione è stato affrontato da Dewey, in particolar modo in “democrazia ed


educazione”.Egli pone una critica contro l’inadeguatezza dei metodi scolastici tradizionali. Nell’opera
illustra, sulla base di esperienze fatte in una scuola elementare sperimentale, come si possa trasformare
l’attuale scuola in un ambiente che faciliti lo spontaneo svolgimento delle attività infantili. Dewey parla
di atelier, un luogo in cui i ragazzi svolgono attività di tipo pratico. Tali attività sono fortemente connesse
ai bisogni dell'alunno, soprattutto al gioco e alla scoperta, che per il pedagogista americano devono essere
il centro del curricolo scolastico. L'esplorazione del vissuto deve partire dai problemi concreti e reali:
solamente in un secondo momento si studierà sul libro. In questo modo il bambino parteciperà alla vita
scolastica in un sistema del tutto simile a quello della vita adulta, ma senza finalità economiche, bensì
formative in vista del suo futuro da cittadino (apprendimento centrale).
La scuola per Dewey: Dewey è il primo pedagogista che mette in primo piano la scuola, la cultura, la
scuola è il luogo dell’esperienza sociale del bambino. La scuola è il luogo dove il bambino può scoprire il
mondo e dove ha inizio l’educazione. Dewey in scuola e società pone il bambino in primo piano, se ne
occupa dal punto di vista emotivo ed affettivo, ponendo al centro emozioni e sensazioni, che indirizzano
all’apprendimento.
Dewey mette in discussione, per la prima volta, i metodi e
l’organizzazione scolastica tradizionale:

- ripropone idea di scuola come progresso sociale


- coniuga il rapporto tra cultura umanistica e scientifica attribuendo, però, maggior importanza
all’aspetto scientifico. Codignola nella prefazione afferma che Dewey “accenni alla virtù liberatrice
delle scienze” e rinneghi la virtù catartica delle lettere e della poesia.
- Importanza della vita pratica connessa alla scuola, deve collegare la vita scolastica alla società, alla
vita in comunità.
- Importanza del gioco che favorisce la cooperazione per lo sviluppo etico e morale di una società
- Sottolinea l’importanza delle carriere e del lavoro ed il collegamento delle parti scolastiche, lavori
manuali connessi alla scienza in quanto la scienza è in gran parte di carattere
sperimentale (Appendice)
- Dewey mette al centro dell’attenzione il bambino occupandosene dal punto di vista emotivo ed
affettivo, mette al centro la profondità umana del bambino e si ha una rivalutazione della figura del
bambino. Il bambino deve essere in grado di svolgere dei poteri specifici come fa l’adulto.
Dewey si rifà al darwinismo e il suo pensiero è legato a una visione centrale che riguarda sia il piano
biologico, psicologico e sociale. Considera l’uomo come immerso nel flusso degli eventi, devi accettarne i
rischi e può prevederne o definirne il corso. Il pensiero, per Dewey scaturisce dall’esperienza umana che
anche un’esperienza sociale, l’educazione sarà una continua riorganizzazione dell’esperienza sociale e
personale.

Ogni volta che ci proponiamo di discutere un nuovo movimento nell’educazione, è necessario mettersi dal
punto di vista più ampio, quello sociale. Le modifiche che vengono effettuate nel metodo e nei programmi
dell’educazione, sono prodotti dalla situazione sociale mutata, sono uno sforzo di andare incontro alle
esigenze della nuova società che è in corso di trasformazione e nei cambiamenti che si verificano
nell’industria e nel commercio.
Il primo cambiamento che per primo si presenta alla mente è quello industriale. I confini politici sono stati
cancellati o spostati. La popolazione dai confini della terra si è spostata nelle città, le abitudini della vita si
sono radicalmente trasformate.

Il sistema della fabbrica è stato preceduto dall’organizzazione familiare e di vicinato. Nella pratica ogni
membro della casa aveva la sua parte nell’esecuzione del lavoro. I ragazzi giungevano ad avere parte diretta
nel lavoro. Non possiamo disconoscere quanti fattori di disciplina e formazione del carattere coinvolgesse
questo tipo di vita → formazione di abiti, dell’idea di responsabilità, dell’obbligo di far qualcosa, di
produrre qualcosa nel mondo. Gli individui si formavano nell’azione. Tutto questo implicava
un ininterrotto esercizio di osservazione, immaginazione e ingegno.
Le lezioni oggettive impartite, come lezioni oggettive allo scopo di informare, non potranno mai
sostituire le conoscenze sulle piante e sugli animali dell’orto o del giardino che si ottengono
effettivamente fra essi. Nessun addestramento introdotto nella scuola può competere con la pienezza di
vita dei sensi che provengono dall’intimità.
Rivolgendo l’occhio alla scuola vediamo che si sta cercando sempre di più di introdurre al suo interno il
lavoro manuale. Questo non è stato fatto di proposito, ma per istinto, avendo scoperto che quel tipo di
lavoro appaga un’esigenza vitale degli alunni. Il lavoro all’interno del sistema scolastico, rende svegli e
attivi gli studenti, anziché passivi e ricettivi, li rende più utili e capaci, più favorevoli ad aiutare la famiglia,
li prepara ai doveri pratici della vita. dovremmo concepire il lavoro come un metodo di vita e di
apprendimento. Una società consiste di un certo numero di individui tenuti insieme dal fatto di lavorare in
una stessa direzione e di perseguire obiettivi comuni.
Sotto l’aspetto etico, la debolezza della scuola consiste nel fatto che essa si impegna a preparare futuri
membri dell’ordine sociale in un ambiente in cui sono in gran parte assenti le condizioni dello spirito
sociale.
La scuola è stata tenuta talmente in disparte, è stata completamente isolata dalle condizioni della vita, che
il luogo in cui i ragazzi sono mandati per disciplinarsi è quello in cui è più difficile conseguire
un’esperienza. La scuola può diventare la dimora del ragazzo, dove egli impara vivendo, non dovrebbe
ridursi a un luogo dove si apprendono lezioni, in cui instaurare una relazione è pressoché impossibile. Il
ragazzo partecipa al lavoro non per il gusto di parteciparvi, ma in vista del prodotto. Nella scuola lo scopo
non è il valore economico dei prodotti, ma lo sviluppo della capacità e dell’intelligenza sociale. Le
occupazioni della scuola non devono essere inutili esperimenti pratici, forme di occupazione

abitudinaria, ma centri attivi di approfondimento della conoscenza scientifica di materiali e processi


naturali. L’occupazione fornisce al ragazzo un motivo effettivo, gli porge esperienze di prima mano, lo
mette in contatto con le cose reali. L’abito scientifico deve diventare uno strumento di libera e attiva
partecipazione alla vita sociale moderna.
Fino a che gli istinti di produzione e di costruzione non saranno sistematicamente esercitati negli anni
dell’infanzia e della giovinezza, controllati e illuminati da metodi scientifici, non saremo in grado di
individuare la sorgente dei nostri malanni sociali.
È necessario trasformare ciascuna delle nostre scuole in una comunità di vita. Quando la scuola farà di ogni
ragazzo della società un membro di questa piccola comunità avremo la più profonda e migliore garanzia di
una società rispettabile, amabile e armonica.

Viene affrontata la relazione esistente tra la scuola con la vita e lo sviluppo dei ragazzi all’interno di essa .
Il centro di gravità è fuori dal fanciullo, esse è nel maestro, nel testo scolastico, è in qualsiasi cosa eccetto
che negli istinti e nelle attività immediate del ragazzo stesso. Si parla infatti di rivoluzione, non molto
diversa da quella ideata da Copernico, nel nostro caso il fanciullo diventa il sole intorno al quale girano gli
strumenti dell’educazione. Esso è il centro intorno al quale essi sono organizzati (ciò fu analizzato dal poeta
e letterato Arnold che esercitò un notevole influsso sull’evoluzione del pensiero pedagogico in Inghilterra).

Educare significa “tirare fuori”, il problema dell’educazione è di come dominare le


attività per indirizzarle, per far ciò i ragazzi cercano di imitare gli adulti. I ragazzi presentano numerosi
istinti: l’uso della matita e della carta per esprimere se stessi; si esprimono attraverso il gioco, nel
movimento, nei gesti, nell’inventare e nel plasmare forme e oggetti. Ma anche attraverso un istinto artistico
che nasce dal bisogno di comunicare e di costruire; da un istinto sociale che si realizza tramite il desiderio
di rappresentare e dire.
La ripetizione diventa un’occasione per chiarire i problemi fra i membri di una società, occasione oppure
che le esperienze e le idee vengono scambiate sotto gusti alla critica e dove sono tracciate nuove linee di
pensiero e indagine. Il cambiamento della ripetizione determina una modifica nell’intera attività al
linguistica scolastica. Il linguaggio è un fatto sociale, un mezzo mediante il quale comunichiamo le nostre
esperienze agli altri, quando l’istinto del linguaggio è sollecitato vi è un contatto con la realtà, di
conseguenza il ragazzo ha sempre qualcosa da dire e da raccontare.

Questa parte si occupa della scuola come istituzione in rapporto sia con la società che con i suoi membri,
ovvero ragazzi e si occuperà del problema della organizzazione.Con l’organizzazione si intende quella della
scuola stessa, in quanto comunità di individui, significa coordinare le cose in modo che esse operino con
facilità.
Durante il medioevo il sistema scolastico è stato un’aggruppamento di scuole professionali, in particolar
modo legge e teologia.In questo periodo nascono gli asili e le università. La scuola primaria nasce, poi, dal
moto popolare del XVI secolo, nel quale, in seguito all’invenzione della stampa e al diffondersi del
commercio, diventò necessario saper leggere, scrivere e disegnare. Al suo interno venivano insegnate le
lingue classiche , erano gli unici mezzi per sottrarsi ai limiti del Medioevo, nacque così la scuola
grammaticale, con l’intento di porre tra le mani della gente la chiave dell’antico sapere. Nel diciannovesimo
secolo nascono le scuole tecniche e normali ;la scuola normale nasce con l’esigenza di preparare i maestri
ed impartire la cultura.
Dal punto di vista del ragazzo, deriva la sua incapacità di utilizzare le esperienze, dall’altra parte non è in
grado di applicare nella vita quotidiana quello che apprende a scuola. È necessario che la scuola esca dal
suo isolamento e stringa un legame organico con la vita sociale; a tal proposito è consigliato che i ragazzi
vadano nei musei e nelle biblioteche, al fine di acquisire esperienze, acquisiti, problemi e arrivare a
discuterne (In questo modo sia l’unione fra teoria e prassi).
In conclusione è necessario che l’esperienza conseguiti da un fanciullo in famiglia sia trasportata e
adoperata nella scuola, e ciò che il fanciullo impara nella scuola sia introdotto e applicato nella vita
quotidiana, al fine di unire le due parti. “Solo vivendo l’infanzia con felicità gli adulti potranno essere
felici”.

La parte più importante dell’apparato universitario e quella scientifica, ovvero il suo contributo allo
sviluppo e del pensiero educativo. Soltanto la finalità scientifica può offrire una ragione valida al
mantenimento di una scuola elementare da parte di un’università; è necessario creare le condizioni che
permettano la libertà di investigazione e che offrono delle garanzie importanti sulla ricerca, che consentano
di mettere in atto la pratica educativa indicata. Due tipopuramente individuale e con un diretto contatto col
mondo esterno. Il solo problema che si poneva era quello del modo con cui il mondo e lo spirito si
influenzavano a vicenda, lo spirito individuale era concepito come una funzione della vita sociale, incapace
di operare e di svilupparsi da solo e bisognoso di stimoli continui da parte di fattori sociali esterni. Per
esempio la teoria dell’eredità afferma che la struttura mentale fisica dell’individuo è ereditata dalla razza;
mentre la teoria dell’evoluzione ha reso familiare il concetto che lo spirito rappresenta il prodotto dello
sforzo e del pensiero dell’umanità. Lo spirito si sviluppa in un ambiente più sociale che fisico, la differenza
fra stato selvaggio e civile non consiste nella nuda natura di fronte a cui ciascuno è posto, ma nell’eredità
sociale e nell’ambiente sociale. Il fanciullo impara a valutare e trattare lo stimolo fisico mediante
limitazione, la suggestione, l’istruzione e l’apprendimento indiretto. Psicologia precedente e
contemporanea: Allo stesso modo della psicologia precedente, ovvero che lo spirito riceveva il suo
contenuto grazie ad un diretto contatto con il mondo, anche quella dominante pensava che tutti i bisogni
dell’istruzione fossero soddisfatti portando lo spirito del ragazzo in diretto rapporto con i vari complessi di
fatti esterni. Non si riusciva a trovare nessun elemento sociale nella materia insegnata al fanciullo. Ci si
dimenticava che lo studio esercita la massima attrattiva su di un fanciullo e acquista il suo pieno significato
solo quando viene presentato non come un puro studio esterno,

ma sotto l’aspetto del suo rapporto con la vita sociale. In secondo luogo la vecchia psicologia era una
psicologia della conoscenza e dell’intelletto, l’emozione e l’impulso occupavano un posto secondario. Il
terzo punto di contrasto sta nella concezione moderna dello spirito come processo.In questa terza parte la
capacità di giudicare e di dedurre facevano la loro comparsa dopo che il fanciullo, mediante esercizi di
memoria, era stato ridotto in una condizione di dipendenza completa dal pensiero altrui. Il ragazzo era un
piccolo uomo e il suo spirito era un piccolo spirito identico a quello dell’adulto eccetto per la misura.

1) 4-8 anni → il primo stadio è caratterizzato dall’immediatezza degli interessi sociali e personali e
dalla prontezza con cui si effettua il rapporto fra impressioni, idee e azioni. In questa fase c’è un
urgente necessità di movimento per esprimersi. La materia per questi anni si sceglie fra le fasi
della vita che rientrano nello stesso ambiente del fanciullo e che lui stesso sia capace di riprodurre
per quanto possibile in qualcosa che si avvicini a una forma sociale, in giochi, occupazioni,
racconti, immaginazione. Il materiale non viene presentato sotto forma di lezione, come un
qualcosa che deve essere imparato, ma piuttosto come qualcosa che deve essere immesso nella
stessa esperienza del fanciullo attraversi attività. Queste attività sono dei veicoli diretti di saperi

2) 8/9-11/12 anni → lo scopo da proporsi è quello di riconoscere e favorire il mutamento che deriva
nel fanciullo
dal suo senso crescente della possibilità di risultati più duraturi e della necessità di controllare i
mezzi atti a fornire la maestria necessaria per raggiungere questi risultati. Il ragazzo non trae più
soddisfazione diretta da un pur gioco di attività. Sul piano educativo, per quanto riguarda la materia
di studio il problema consiste nel differenziare l’unità vaga dell’esperienza in tipiche fasi
caratteristiche, scegliendo quelle che servono ad illustrare l’importanza che ha per l’umanità il
dominio di strumenti e metodi specifici di pensiero e di azione per la realizzazione dei suoi fini.

L’attuale problema fondamentale riguardo al leggere, scrivere e far di conto è il riconoscimento di queste
condizioni e la loro applicazione all’attività del ragazzo. Queste condizioni potrebbero ridursi a 2:
1. L’esigenza che il ragazzo abbia nella sua esperienza vitale e personale una base variata di contatti e di
conoscenze con la realtà sociale e fisica.
2. L’esigenza che l’esperienza più comune, diretta e personale del ragazzo fornisca i problemi, i movimenti
e gli interessi che richiedono il sussidio dei libri per la loro soluzione e per il loro proseguimento. Altrimenti
il ragazzo si avvicina al libro senza un vero bisogno, senza un atteggiamento interrogativo.
Da queste due condizioni derivano altri due problemi: Dare al ragazzo una quantità abbastanza grande di
attività personale in occupazioni, espressione, conversazione in modo che la sua individualità morale e
intellettuale non sia sommersa da una sproporzionata quantità di esperienza altrui. In secondo luogo questa
esperienza più diretta deve essere organizzata in modo tale da far sentire al ragazzo il bisogno di ricorrere
agli strumenti sociali tradizionali e di padroneggiarli.
L’esperienza fatta finora nella scuola indica, anche se non dimostra, i risultati seguenti:

1. I modi più diretti di attività, di lavoro costruttivo e impegnativo, di esperimenti, presentano


innumerevoli opportunità e occasioni per l’uso necessario del leggere e scrivere.
2. L’incremento di attività e dell’intelligenza che risulta da questi studi rende possibile una riduzione
del tempo che si dedica loro comunemente.
3. L’impiego finale dei simboli, sia nella lettura, che nel calcolo, è più intelligente e meno meccanico,
più attivo e meno ricettivo.
Una crescente esperienza sembra avvalorare i seguenti punti:

1. È possibile, nei primi anni, far appello al potere di produzione e di creazione del fanciullo quando
si
insegna a riconoscere e impiegare i simboli. Si ha il vantaggio di conseguire definiti e limitati
risultati con i quali il ragazzo può misurare i progressi.

2. Sono state posposte alcune attività alcune fasi di questa attività con il risultato che il ragazzo,
essendosi spinto con l’intelletto a un piano più avanzato, avverte come compito ciò che avrebbe
potuto essere prima una forma più creativa.

3. Nel programma scolastico si richiedono una concentrazione periodica e un periodico alternamento


nel tempo dedicato a queste materie.

La scuola si sforza nell’intero suo corso di attuare certi principi che Froebel fu il primo ad enunciare
coscientemente. I principi sono:

1. Il principale compito della scuola e di addestrare ragazzi a una vita di cooperazione e di reciproco
aiuto, a promuovere la loro consapevolezza dell’interdipendenza.

2. La radice principale di ogni attività educativa e risposta nelle abitudini e nelle attività istintive e
impulsive del fanciullo e non nella rappresentazione e manipolazione di un materiale esterno
attraverso le idee di altri o attraverso i sensi.
3. Le attività e le tendenze individuali sono organizzate e dirette attraverso l’impiego per mantenere
la cooperazione durante il corso della vita.
Dewey adottò i principi di Froebel nella sua scuola sperimentale all’università di Chicago. Con Froebel,
nella prima metà dell’Ottocento, nasce la scuola materna, intesa come luogo in cui i bambini piccoli
possano imparare giocando, cantando e ascoltando storie. Egli nel 1826 pubblicò il suo libro più famoso:
“L’educazione dell’uomo” e nel 1836, dopo vari tentativi creò una scuola che chiamò “giardino
d’infanzia” , destinata a bambini orfani da 1 a 6 anni.
Caratteristiche del giardino di Froebel:
1) Il gioco: è un valore fondamentale poiché è l’elemento principale nella formazione infantile
virgola che riesce a stimolare l’immaginazione e la fantasia. Egli segue il principio secondo cui le
regole apprese nel gioco infantile verranno trasferite nelle attività da adulti; in quanto il gioco è il
mezzo con il quale si costruisce il mondo interiore ed esteriore dell’uomo adulto.
2) Simbolismo: è il prodotto di due condizioni particolari della sua vita e della sua opera. In primo
luogo fu costretto a ricorrere a spiegazioni forzate e artificiali sul valore del gioco; in secondo
luogo le condizioni politiche e sociali della Germania erano tali che era impossibile concepire una
continuità fra la vita sociale libera e solidale del giardino d’infanzia e quella del mondo esterno.
3) Immaginazione e gioco:Il bambino vive in un mondo di immaginazione, ciò prende forma
attraverso suggestioni, reminiscenze e anticipazioni.Le realtà riprodotte dal fanciullo devono
essere di una natura familiare, diretta e reale (tra le attività del giardino d’infanzia si fa riferimento
alla riproduzione della vita di casa e del vicinato).
4) Materia di studio: Deve occuparsi di un’unica cosa, la vita domestica.
5) Il metodo: l’imitazione il suggerimento hanno luogo soltanto come strumenti per aiutarlo a
esprimere i suoi desideri e le sue idee, servono a farvi capire e dargli coscienza di ciò a cui tende
in maniera vaga. In conclusione si può notare che la materia di studio il metodo del giardino
d’infanzia sono connessi con l’attività dei fanciulli di sei anni, attraverso la riproduzione per mezzo
del gioco della vita domestica. Questo deve essere un cambiamento graduale che avviene nello
sviluppo del fanciullo, ma ciò è impossibile se nel giardino d’infanzia non si rinuncia a tutto ciò
che isola il bambino.

Con occupazione s’intende un modo di attività da parte del fanciullo che riproduce qualche forma di lavoro
attuale nella vita sociale. Nella scuola elementare dell’università queste occupazioni sono rappresentate dal
lavoro di officina, del cucinare, dal cucire e dal tessere.Si tratta di un’occupazione di tipo attivo che si
esprime attraverso gli organi fisici.Mediante il lavoro gli uomini hanno acquisito il dominio della natura,
hanno arricchito le loro condizioni di vita e hanno portato a delle invenzioni.

Il giardino d’infanzia intraprende lo studio dei problemi pedagogici che nascono dal tentativo di
congiungere l’attività del giardino d’infanzia a quella della scuola primaria.L’osservazione il pensiero dei
bambini più piccoli rivolti in modo speciale verso le persone, le loro azioni.L’aspetto intellettuale di questo
interesse non prende la forma di un compito, ma bensì una forma storica.
Le occupazioni sociali esistenti offrono il materiale che serve per soddisfare e alimentare questo
atteggiamento. Negli anni precedenti che si sono interessati alle occupazioni domestiche, ai rapporti
domestici con il mondo circostante. Dal punto di vista della dottrina educativa si possono notare i seguenti
aspetti:
1. Lo studio degli oggetti, dei processi e dei rapporti naturali è collocato nell’ambiente umano punto
il problema pedagogico consiste nell’indirizzare le facoltà di osservazione del fanciullo.Non si fa
separazione fra il lato sociale dell’attività e il suo rapporto con le occupazioni della gente e la
scienza o la considerazione dei fatti e delle forze della natura.L’ambiente è sempre quello nel quale
la vita è collocata, le teorie pedagogiche spesso perdono di vista il fatto che l’esistenza e la
rappresentazione di un singolo oggetto della natura non è garanzia di concretezza.
2. Ci deve essere una corrispondenza fra gli oggetti studiati e la facoltà in via di acquisto, sono la
continuità e la comunità dell’oggetto che fondano gli organi.
3. Il fanciullo ha bisogno di quel che gli e familiari e che ha sperimentato per muoversi verso sciocche
sconosciuto e lontano.I fanciulli che hanno familiarizzato fanno giocare la loro immaginazione sui
avvenimenti miglioramenti presenti e comuni della vita. Tramite l’attenzione in diretta il ragazzo
ha già in mente cosa vuole e ciò gli permetterà di raggiungere un risultato.
Per esempio se durante una lezione nel fanciullo c’è un interesse intrinseco sufficiente, ci sarà
un’attenzione spontanea, se questo non c’è l’insegnante cercherà di trattare l’argomento in modo
da attirare l’attenzione oppure utilizzerà delle minacce come per esempio i voti bassi o la
bocciatura.

Per l’educatore la storia deve essere una sociologia in diretta, ossia un fuso orario della sua nascita che
mette a nudo il processo del suo divenire e i modi della sua organizzazione . Studiare la storia non è
ammassare informazioni, ma adoperarle per costruire un quadro chiaro dei modi e delle cause che portano
gli uomini ai loro successi e fallimenti.

Si tratta di una scuola sperimentale che è in rapporto con l’educazione e i problemi educativi. All’interno
della scuola si sono sforzati, provando e facendo, di renderci conto se e come questi problemi si possono
risolvere. Di seguito vi sono lavori manuali connessi alla scienza:
- Lavoro di officina con legname ed arnesi
- Lavoro di cucina
- Lavoro tessile
Il lavoro manuale fa anche parte dello studio della storia, specialmente coi ragazzi più giovani, sotto
l’aspetto della costruzione di strumenti ed armi. Il lavoro quotidiano della scuola mostra che i ragazzi
possono vivere a scuola nello stesso modo in cui vivono fuori da essa e che la cultura può far leva sulla
sostanza della verità che nutre lo spirito, lo sviluppo può essere genuino, gioioso e completo.

LA TESTA BEN FATTA, EDGARD MORIN (1899)


Edgar Morin è uno pseudonimo che si da dopo la seconda guerra mondiale, è un sociologo educativo
francese nato nel 1921 ed ancora in vita, sta continuando a scrivere, a partecipare a conferenze e girare il
mondo per far riflettere studenti ed insegnanti che si occupano della formazione umana. Partecipò alla
seconda guerra mondiale con il proposito di libertà ed uguaglianza per tutti, orfano di madre da
piccolissimo, viene allevato a Parigi dal padre.

Prologo:
Il libro è dedicato all’educazione e all’insegnamento; Questi due termini coincidono. L’educazione è intesa
come la messa in opera dei mezzi atti ad assicurare la formazione e lo sviluppo di un essere umano.La
parola educazione sollecita la condizione umana a trovare la strada più adatta per noi, mentre la formazione
è intesa come un autoformazione dello spirito. Nell'opera Morin teorizza una riforma dell’educatore e
dell'educazione. Questa riforma deve riformare il pensiero, adattandolo alle sfide del presente, date
soprattutto dalla complessità e dalla globalità del sapere. L'educazione deve favorire lo sviluppo
dell'intelligenza del soggetto: la testa ben fatta è allora quella testa in grado di organizzare e ricomporre il
sapere con spirito critico e una logica scientifica. In questa riforma è fondamentale la scuola, che deve
promuovere una cultura in grado di dare una visione più ampia, capace di affrontare l’incertezza e ciò deve
avvenire fin dalla prima elementare.

Capitolo uno: le sfide


La sfida della globalità è dunque allo stesso tempo una sfida di complessità. Gli sviluppi disciplinari delle
scienze hanno portato vantaggi sulla divisione del lavoro ma anche degli inconvenienti, producendo
ignoranza e cecità.la conoscenza si incarna nel l’uomo e nell’ambiente e nelle relazioni, Morin parla di
conoscenza relazionale (conoscenza della conoscenza). Vi sono varie sfide tutte connesse tra di loro, come:
la sfida culturale (in cui si viene a creare una disgiunzione tra la cultura umanistica, che affronta i
fondamentali interrogativi umani e favorisce il sapere e la conoscenza, e la cultura scientifica che suscita
interesse per scoperte e teorie); La sfida sociologia e la sfida civile.Ma la sfida più grande di tutte è relativa
alla riforma di pensiero, che consentirebbe il pieno impiego dell’intelligenza per rispondere alle sfide e che
permetta il legame tra le due culture disgiunte punto si tratta di una riforma paradigmatica che organizza la
conoscenza.

Capitolo due: la testa ben fatta


Il titolo dell’opera è proveniente dal filosofo Montaigne, che insoddisfatto della propria vita da giudice si
ritira e comincia una profonda riflessione su chi sia l’uomo e in un libro legge questa frase: “meglio una
testa ben fatta che è una testa ben piena“, quindi è importante ciò che mettiamo insieme e che
trasmettiamo attraverso lo spirito. Una testa ben piena è una testa nella quale il sapere si e ammucchiato e
non dispone di un principio di selezione e organizzazione.
Attitudine generale: L’educazione deve favorire l’attitudine generale della mente a porre e a risolvere i
problemi virgola e deve stimolare il pieno impiego dell’intelligenza generale, ciò deve avvenire attraverso
la serendipità, ovvero l’arte di trasformare dettagli insignificanti in indizi che consentono di ricostruire tutta
una storia.
Una testa ben fatta è una testa atta a organizzare le conoscenze. Ogni conoscenza è una ricostruzione sotto
forma di rappresentazioni, idee, teorie, discorsi. L’organizzazione delle conoscenze comporta delle
operazioni di interconnessione.
Un nuovo spirito scientifico: la seconda rivoluzione scientifica del ventesimo secolo può contribuire a
formare, oggi, una testa ben fatta. Questa rivoluzione opera delle ricomposizioni che conducono a
interconnettere, contestualizzare e globalizzare dei saperi che permettono di articolare le discipline le une
alle altre. In questo modo si ha la nascita di nuove scienze: ecologia, scienza della terra, cosmologia.
Un’educazione per una testa ben fatta consentirebbe di rispondere alle sfide della globalità e della
complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.

Capitolo tre: la condizione umana


L’apporto della cultura scientifica: lo studio della condizione umana non dipende solo dalle scienze
umane, ma anche dalle scienze naturali. Per conoscere l’umano diviene importante situarlo nell’universo,
l’umanità è intesa come entità planetaria e biosferica. L’essere umano ci appare come totalmente biologico
e culturale; biologico in quanto le attività più importanti sono quelle di mangiare, dormire e bere e sono
legate a valori/norme e simboli; mentre le attività culturali sono parlare, danzare, amare e mettono in moto
i nostri organi e corpi.
L’apporto delle scienze umane: sono le scienze umane che ad oggi apportano un contributo debole alla
condizione umana, questa situazione occulta il rapporto tra società e individuo.
L’apporto della cultura umanistica: dissolvono i caratteri esistenziali, soggettivi ed affettivi dell’essere
umano, che vive le sue passioni, i suoi amori, i suoi odi, coinvolgimenti… Il romanzo e il cinema
permettono di farci vedere la relazione dell’essere umano con la società, come anche la poesia e le arti.
L’insegnamento deve tentare di convergere le scienze naturali, le scienze umane, la cultura
umanistica e la filosofia nello studio della condizione umana, in questo modo si potrebbe giungere ad
una presa di coscienza della comunità del destino della condizione planetaria. Per Morin è importante
la ricaduta che si impara nel “qui e nell’ora”, inteso come viverci il presente e non rimanere intrappolati nel
passato o nel futuro.
Capitolo quattro: appendere a vivere
Come affermava Durkheim, l’oggetto dell’ educazione è quello di costituire uno stato interiore profondo,
ciò significa che per imparare a vivere è necessario conoscere e trasformare la conoscenza acquisita in
Sapienza. In tal modo la letteratura, la poesia e il cinema devono essere considerati come scuole di vita,
poiché stimolano l’apprendimento della lingua, della qualità poetica della vita, la scoperta di sé, la scoperta
della complessità umana che porta alla conoscenza del reale condizione dell’essere umano. Ciò è
determinato dal fatto che viviamo in un mondo di incomprensione tra stranieri, ma anche tra membri di una
stessa società, per affrontare le difficoltà della comprensione umana si richiede di giungere a una pedagogia
congiunta che raggruppi i filosofi, gli psicologi, sociologi storici, scrittori e ciò porterebbe a una lucidità.
La lucidità deve essere stimolato dal filosofo Attraverso la critica e l’autocritica per giungere alla
comprensione dell’essere umano.
Capitolo cinque: affrontare l’incertezza
Il contributo più importante del sapere del ventesimo secolo è stata la conoscenza dei limiti della
conoscenza. Una delle conquiste della mente umana è stata quella di metterci in condizione di affrontare le
incertezze e il destino incerto di ciascun individuo. La prima rivoluzione scientifica del nostro secolo ha
rovesciato l’ordine del mondo, per esempio la biologia si è aperta all’incertezza e questa si ripercuote sul
senso delle nostre vite umane.

L’uomo non avrebbe potuto esistere né svilupparsi se non avesse dovuto rispondere a così tante sfide
mortali.
La condizione umana è segnata da due grandi incertezze: l’incertezza cognitiva e l’incertezza storica punto
ci sono tre principi di incertezza nella conoscenza:
1. Il primo è cerebrale: la conoscenza non è mai un riflesso del reale poiché comporta rischi di
errore;
2. Il secondo è fisico: la conoscenza dei fatti è sempre debitrice dell’interpretazione;
3. Il terzo è epistemologico: deriva dalla crisi dei fondamenti della filosofia e della scienza.
La conoscenza della storia ci deve servire ad aprirci all’incertezza del futuro.
Tre viatici: significa essere coscienti dell’ ecologia dell’azione, che comporta come primo principio che
ogni azione, una volta intrapresa, entra in un gioco di interazioni nell’ambiente in cui si effettua. Il secondo
principio ci dice che le conseguenze ultime delle azioni sono imprevedibili e ciò ci conduce al secondo
viatico, la strategia. La strategia cerca di riunire le informazioni virgola di verificarle virgola e modifica la
sua azione in funzione delle informazioni raccolte. Il terzo viatico è la scommessa, ossia l’integrazione
dell’incertezza nella fede o nella speranza. In quanto ogni destino umano comporta un irriducibile
incertezza anche nella certezza assoluta , che è quella della sua morte.

Capitolo sei: apprendere a diventare cittadini


L’educazione deve contribuire all’ autoformazione della persona ( apprendere assumere la condizione
umana, apprendere a vivere) e insegnare a diventare un cittadino. Il cittadino è inserito all’interno di uno
stato- nazione, ovvero di una società organizzata territorialmente; la comunità è di carattere culturale e
storico. È culturale per i valori, i costumi, i riti, le norme e le credenze comuni mentre è storica per le
trasformazioni e le prove vissute nel corso del tempo. Viene, perciò, definita come una comunità di destino
e questo destino viene trasmesso da generazione in generazione attraverso la famiglia e la scuola. La
nazione è percepita come un ente femminile che possiede dei sentimenti di amore, mentre lo stato è di
natura paterna in quanto pretende di disporre un’autorità assoluta e incondizionata. Ad oggi ciò è superato
in quanto lo stato non si impone più in modo assoluto, si parla inoltre di una identità europea in quanto
tenta di costruirsi a partire da una coscienza e da una volontà di destino comune.
La storia dell’umanità è cominciata con l’apparizione dell’homo sapiens e nel corso del tempo si è unita in
un destino comune. Ad oggi l’Europa è concepita come:
- Una comunità di destino virgola in quanto tutti gli uomini sono sottomessi alle medesime minacce
mortali dell’arma nucleare, del pericolo dell’effetto serra, della deforestazione, della
sterilizzazione degli oceani, dell’inquinamento e delle catastrofi.
- Un’identità umana comune in quanto tutti gli uomini e le donne sono capaci di fecondare
indipendentemente dalla razza.
- Una comunità di origine terrestre a partire dalla nostra ascendenza e identità, ciò permette di
umanizzare questo pianeta.

Capitolo sette: i tre gradi


Primaria: Il fine della “testa ben fatta” sarà favorito da un programma di domande che parta dal l’essere
umano. È interrogando l’essere umano che si scoprirebbe la sua natura duplice, biologica e culturale. Da
una parte si acquisirebbero le basi della biologia, poi le scienze fisiche porterebbero a collocare l’essere
umano nel cosmo, mentre dall’altra parte si scoprirebbero le dimensioni psicologiche, sociali, storiche della
realtà umana. L’apprendistato alla vita si potrebbe fare seguendo due vie, quella interiore e quella esteriore;
la via interiore passa per l’esame di sé, per l’autoanalisi e per l’autocritica occupandosi di occultare i fatti
che disturbano la visione delle cose, mentre quella esteriore indica l’introduzione alla conoscenza dei media
(tv, giochi, video)
Secondaria: L’insegnamento secondario sarebbe il luogo dell’apprendistato a ciò che deve essere la vera
cultura, quella che stabilisce il dialogo fra la cultura umanistica e la cultura scientifica. La storia dovrebbe
giocare un ruolo principale nella scuola secondaria, permettendo all’ individuo di riconoscersi nella propria
nazione virgola di situ arsi nel divenire storico dell’Europa virgola di sviluppare in lui un modo di conoscere
che colga i caratteri della realtà umana.
Università: Conserva, memorizza, integra un’eredità culturale di saperi, idee e valori. Ha un carattere
conservatore che può essere sterile o vitale; sterile in quanto ha una visione rigida mentre vitale in quanto
salvaguardia e prepara al futuro.
Con l’università si ha alla coesistenza tra la cultura umanistica e la cultura scientifica, in quanto deve
adattarsi ai bisogni della società contemporanea in modo da favorire l’arricchimento di tutti.
Capitolo otto: la riforma del pensiero
Si ha la necessità di una riforma di pensiero capace di: cogliere la conoscenza, riconoscere trattare i
fenomeni multidimensionali e trattare la realtà. La riforma di pensiero è paradigmatica, poi che concerne la
nostra attitudine a organizzare la conoscenza. Tale riforma consentirebbe di conformarsi alla finalità della
“ testa ben fatta”, che favorirebbe il pieno impiego dell’intelligenza. La riforma di pensiero dovrebbe
integrare la cultura umanistica con quella scientifica in modo da avere un pensiero che non si rinchiuda più
nel locale e nel particolare, ma capace di concepire gli insiemi, adatto a favorire il senso della responsabilità
e il senso della cittadinanza.
Capitolo nove: al di là delle contraddizioni
Ad oggi il sistema educativo è rigido, burocratico e molti insegnanti non vogliono cambiare.
L’insegnamento deve ridiventare una missione di trasmissione, alla base dell’insegnamento è necessario
porre l’eros, ovvero il desiderio, il piacere e l’amore, si intende il desiderio e il piacere di trasmettere amore
per la conoscenza e amore per gli allievi. Gli insegnanti nella loro missione devono:
- Fornire una cultura che permetta di distinguere, contestualizzare, globalizzare e affrontare i
problemi.
- Preparare le menti a rispondere alle sfide che pone la conoscenza umana.
- Preparare elementi ad affrontare le incertezze.
- Educare alla comprensione umana
- Insegnare la storia e la cultura europea.
- Insegnare ad essere cittadini.
La riforma di pensiero è, dunque, necessaria per portare ad un sistema democratico capace di formare i
cittadini e aiutarli ad affrontare i loro problemi. Lo sviluppo di una democrazia è possibile solo all’interno
di una riorganizzazione del sapere.

La relazione educativa sta al centro del processo formativo dell’uomo: attraverso di essa egli
può entrare in contatto con l’ambiente esterno e con gli altri individui. Attraverso la relazione educativa e
la comunicazione si può comprendere lo sviluppo del bambino e dell’adolescente. È importante per un
insegnante, così come per un genitore, essere capaci di buone relazioni. La relazione, così come
l’apprendimento, diventano patrimonio personale di ogni persona.È importante creare relazioni educative
che possono contribuire allo sviluppo del bambino/ragazzo.
Vi è un rapporto circolare tra la formazione, la relazione e la comunicazione. Le tipologie comunicative e
gli stili comunicativi possono qualificare, infatti, la relazione educativa.
categoria di cura  il processo di cura sta dentro le relazioni.
Ogni azione educativa deve, necessariamente, essere pensata con cura: quest’ultima, infatti, ci
consente di comprendere il contesto.
Dunque, c’è bisogno di un modello di formazione nella cura. Essa si presenta come gesto di disponibilità
verso l’altro.
Attraverso l'ascolto, l'attenzione, il dialogo, la scrittura, la lettura, esercizi e modi di essere,
ogni soggetto adulto può curare, sostenere, la propria formazione: può continuare, per tutto
l'arco della vita, a “darsi una forma” attraverso l'apprendimento. Il soggetto può imparare a
conoscere sé stesso.
Siamo esseri relazionali, infatti, ogni uomo ha bisogno della cura dell'altro. Imparare la cura
della cura: ciò significa esercitare la cura di sé nei luoghi di lavoro, nelle professioni, nei
luoghi della politica, non solo in quelli della socializzazione.

La relazione è stata categoria portante del pensiero filosofico del Novecento: categoria
determinante per la nascita della psicoanalisi per tutti quei saperi sulla comunicazione volti a comprendere
lo sviluppo umano. La relazione si fonda sullo scambio reciproco che forma e modella due soggetti. È
veicolo di educazione, è trasmissione di apprendimenti, di esperienze e saperi sulla vita. La relazione
primaria tra madre e bambino ha una connotazione biologica ed è determinata dalla matrice culturale entro
la quale l'educazione trova tutta la propria espressione.

Apprendere vuol dire educare la propria mente e il proprio corpo. Si tratta di un processo educativo e
formativo: educativo in quanto si apprendono discipline e saperi che conformano i soggetti ai saperi del
luogo e del tempo, formativo in quanto i soggetti permettono la trasmissione di alcuni tipi di apprendimento
a scapito di altri.
La relazione può dirsi educativa e formativa poiché è nello scambio reciproco che avviene il passaggio dei
saperi e dei significati educativi e formativi. La relazione educativa è sempre anche formativa.

Non si può parlare di relazione senza richiamare il mezzo che la determina: la


comunicazione. È proprio la comunicazione a rappresentare il vettore della relazione: la relazione e la
comunicazione dipendono l’una dall’altra. È la comunicazione a determinare e qualificare la relazione.
Dobbiamo a John Bowlby la teorizzazione scientifica che ci ha permesso di comprendere l’importanza
della relazione madre-bambino, considerandola come punto di partenza per analizzare e interpretare
i legami affettivi e familiari. All’autore si riconosce il merito per aver sviluppato una teoria
sull’attaccamento in grado di spiegare, in termini universali, il legame madre-bambino.
La relazione di attaccamento può incidere sulla personalità del bambino che diventerà adulto:
in questo senso è di fondamentale importanza il ruolo e la responsabilità da parte del
caregiver.
Il bambino “aggiusta” le proprie emozioni osservando il comportamento del caregiver. Bowlby parla di
modelli operativi interni, ossia dei modelli di comportamento del bambino che riguardano la
rappresentazione che egli ha di sé, dell’altro e del legame instaurato.
Mentalizzazione significa avere la capacità di pensare i sentimenti e di sentire i pensieri: è la
consapevolezza di esserci con il proprio corpo, mente ed emozioni.
Freud sostiene l’importanza di distinguere ciò che è inconscio da ciò che è cosciente poiché soltanto in
questo modo diventa possibile comprendere i processi patologici della vita psichica.
Freud definisce l’Io come l’istanza psichica, la parte cosciente dell’uomo che domina gli impulsi. È dunque
l’Io a rimuovere certi contenuti che diventano così inconsci.
Melanie Klein è stata una psicoanalista britannica che si è occupata dei bambini disturbati,
dando vita alla psicoanalisi delle relazioni d’oggetto (teoria delle relazioni oggettuali).
L’autrice afferma di essere giunta alla conclusione che l’invidia sia uno dei fattori che
compromette maggiormente le radici dell’amore e della gratitudine, poiché essa colpisce il
rapporto più precoce, quello con la madre. La Klein afferma che la prima relazione oggettuale del
bambino (ossia il rapporto con il seno materno e con la madre stessa) ha un ruolo determinante nello
sviluppo del piccolo. Può infatti porre le giuste basi, radici, per promuovere uno sviluppo
positivo e soddisfacente. Il bambino sente l’esistenza di un seno buono (che trasmette sentimenti
di sicurezza) e un seno cattivo. Le prime esperienze emotive sono caratterizzate dalla
sensazione di perdere e riconquistare l'oggetto buono. L'ipotesi è che l'oggetto buono primario
sia il seno materno, capace di formare l’Io e di contribuire in modo vitale al suo sviluppo.
Il bambino prova odio e invidia per il seno (che considera avaro) quando quest’ultimo tiene per sé il latte
e l’amore di cui il bambino ha bisogno. Con il passare degli anni il rapporto con il seno materno diventa il
punto di riferimento per lo sviluppo dei sentimenti di devozione verso le persone e verso i valori ideali, su
cui si sposta parte dell’amore che era stato in genere sperimentato per l’oggetto primario. Il bambino può
provare un godimento completo solo se la sua capacità di amare è sufficientemente
sviluppata.
Anna Freud getta le basi per lo studio dell’Io spostando l'attenzione sulla costruzione e la
di difesa-rimozione secondo una nuova ottica dinamica  le difese vengono osservate come
attività per fuggire da pericoli provenienti dall’esterno.
La difesa consente all’Io di proteggersi da conflitti. La rimozione si presenta come uno dei tanti meccanismi
di difesa dell’Io di proteggersi da richieste non accettabili, dagli istinti. La rimozione consiste nell’
escludere dall’Io cosciente una rappresentazione o un affetto. Mentre la rimozione ha il compito di lottare
contro desideri sessuali, vi sono altri meccanismi di difesa che si oppongono ad altre forze, come gli impulsi
aggressivi.
Durante l’adolescenza si possono individuare due atteggiamenti dell’Io nei confronti degli istinti:
l’ascetismo e l’intellettualismo. Nel primo caso si fa riferimento a quell’atteggiamento in cui ad ogni
richiesta istintuale, ogni “io voglio” dell’istinto, viene proibita e negata dall’Io.
In secondo luogo, essa deve comportarsi in modo da assumere un atteggiamento che possa
corrispondere (e non imitare) il comportamento del bambino.
Infine, il bambino deve leggere nella risposta della madre l’esistenza di un rapporto affettivo.
La sintonizzazione degli affetti implica la capacità di essere partecipi dell’esperienza
interiore del bambino, provando lo stesso stato d’animo. Consiste, dunque, nella capacità di
assumere comportamenti che esprimono un sentimento condiviso.

Freud Introduce accanto alla trattazione di Io, Es, Super Io il concetto di sé , che appartiene alla
psicologia del profondo.Al centro del disturbo si trova un Sé indebolito o difettoso dove l’intensa
aggressività viene considerata come la risposta del sé a una varietà di esperienze negative e di traumi.

Egli individua due tipi di oggetti-sé:


- Speculare: quelli che confermano, riconoscono il senso di grandezza e perfezione del
bambino;
- l’immagine parentale idealizzata: cioè le immagini di imperfezione ed onnipotenza che il bambino
attribuisce al genitore.

Le interazioni difettose tra il bambino e i suoi oggetti-Sé possono comportare lo sviluppo di


un Sé danneggiato.
La novità della posizione di questi autori sta nell’introduzione del costrutto della mentalizzazione. La
mentalizzazione si riferisce alla capacità di pensare gli stati mentali (come le intenzioni, i desideri, i
sentimenti, i pensieri stessi) propri e altrui, è la base da cui si può comprendere e costruire la relazione con
l’altro.
Il caregiver, infatti, facilita lo sviluppo della capacità di mentalizzazione attraverso processi linguistici.
sviluppo della capacità di comprendere la mente.

La famiglia è il luogo dell'origine da cui la maggior parte degli esseri umani “partono” per
entrare in relazione con il mondo circostante, dal quale apprendono sicurezza o incertezza,
modi di pensare, modelli comportamentali.
Bettelheim, nel suo libro “un genitore quasi perfetto”, cerca di illustrare come la genitorialità
può essere esercitata. Per crescere i propri figli, Bettelheim sottolinea l’importanza di porre lo sguardo verso
la propria infanzia per comprendere il modo in cui ciascun genitore si è formato come adulto e come
genitore attraverso tutta una serie di eventi verificatesi nel corso degli anni.
La conversazione diviene luogo della formazione nella relazione familiare, attraverso l’interazione,
durante la routine quotidiana, il bambino impara a comprendere e ad interiorizzare i meccanismi della
socializzazione. L’identità si costruisce grazie alla comunicazione e la conversazione in famiglia ma
anche grazie all’apprendimento dei modelli comportamentali della propria comunità.
Nella comunicazione familiare vi sono due gli aspetti importanti: la contingenza e la
congruenza. Creare comunicazioni congruenti e contingenti significa sapere che il qui e ora
riveste un aspetto molto importante del comunicare: è necessario comunicare senza
contraddizioni, cercando di dare continuità. Infatti, la congruenza è la coerenza della storia
che raccontiamo al bambino e la correttezza logica degli eventi espressi.
tratteggiano le personalità familiari. Il dialogo in famiglia dovrebbe essere lo strumento per la costruzione
della base sicura.
Per promuovere lo sviluppo emotivo di ciascun bambino i genitori devono costruire un ambiente affettivo
in cui il bambino può gradualmente imparare a condividere emozioni e sentimenti, nel quale può
imparare a comunicare con se stesso e a riconoscersi soggetto portatore di affetti, di ansia e di
angoscia che si possono trasformare in dolori, in gioie, in rabbie da guidare e addomesticare, senza che
siano quest’ultime a guidare e a dominare il soggetto passionale.
Aver cura della relazione genitoriale e della formazione dei figli implica avere accesso alla
profondità della propria anima: implica imparare ad ascoltare se stessi per imparare ad
ascoltare gli altri.
A Bettelheim si riconosce il merito per aver scritto il più significativo volume sulla
genitorialità di tutto il Novecento. A questo proposito è importante considerare che solamente
nel Novecento si verrà a consolidare l’idea di infanzia e di genitorialità.
Winnicott ha riconosciuto il ruolo della famiglia per lo sviluppo dell’individuo e la centralità
che lo sviluppo emotivo riveste nella vita di ciascun individuo a partire dalla prima infanzia
fino alla piena maturità. L’autore introduce il concetto di «maturità secondo l’età»: egli considera la
maturità come sinonimo di buona salute. Se un bambino di 2 anni è sano allora è maturo come bambino di
2 anni.
Qual è il ruolo della famiglia nello sviluppo emotivo del bambino?
La famiglia contribuisce alla maturità emotiva dell'individuo offrendo l’opportunità di
usufruire di un altro grado di dipendenza ma anche la possibilità di distaccarsi dalla famiglia
per identificarsi con altri raggruppamenti e istituzioni dell’ambiente in cui la persona si sente
parte.
Secondo Lévy-Strauss la famiglia è l’unione durevole, socialmente approvata, di un uomo e
di una donna e dei loro figli. La famiglia è una forma sociale primaria che garantisce il
processo generativo dal punto di vista biologico, sociale e culturale.

Secondo l’approccio strutturale-funzionalista, la famiglia svolge la funzione di socializzazione


primaria dei figli. Inoltre, le sue funzioni principali consistono nell’allevamento dei figli, nel
soddisfacimento dei bisogni di intimità e supporto degli adulti.

Perché la famiglia è un’organizzazione?


La famiglia è organizzata con una struttura e una gerarchia interna che interagisce con il contesto nel quale
è inserita.
L’analisi della relazione familiare ci consente di comprendere i legami, gli stili comunicativi,
le relazioni di potere che stanno alla base delle azioni.
È uno psicoanalista che ha seguito le orme di John Bowlby. Ha studiato l’attaccamento
infantile formulando la teoria degli script (“copione” - rappresentazione mentale di un
comportamento di attaccamento). Inoltre, ha contribuito all’analisi della trasformazione
soggettiva attraverso la cura della narrazione dell’esperienza interpersonale e intrapersonale.
Mary Ainsworth ha usato per prima il concetto di base sicura. Una famiglia può essere definita come base
sicura se offre una rete affidabile di relazioni di attaccamento che consentono a tutti i membri della famiglia
di sentirsi abbastanza sicuri da spingersi ad esplorare le relazioni interne ed esterne alla famiglia.
Un ruolo particolarmente importante spetta alla scuola capace di guidare i giovani verso una
consapevolezza critica dei problemi che via via insorgono, senza passare per stereotipi e pregiudizi.
L’identità di ciascun individuo è inevitabilmente condizionata e modificata dai media che fanno
parte dell’ambiente in cui viviamo. Tali strumenti tecnologici incidono su modelli di comportamento, stili
di vita, sulle dinamiche comunicative.
La comunicazione è parte integrante del processo formativo di ogni soggetto. Tuttavia, con lo
sviluppo tecnologico che coinvolge la nostra società, cambiano anche le modalità
comunicative: sono gli strumenti tecnologici ad offrirsi come nuovi mezzi di comunicazione.
I media agiscono all’interno di contesti educativi come la scuola e la famiglia.
Quello che manca all’uomo contemporaneo è la capacità di comprendere che gli esseri umani stanno
diventando essi stessi servi della tecnologia e non al controllo di essa.
È importante formare i bambini e gli adolescenti ad un corretto utilizzo della tecnologia. Per
questa ragione si parla di media education, una disciplina piuttosto recente che si pone (dalla
seconda metà del Novecento) tra le scienze dell’educazione e le scienze della comunicazione, promuovendo
un utilizzo consapevole dei media.
Secondo Cambi, gli obiettivi sono: da una parte rendere più critico l'uso dei media,
dall'altra comprendere ciò che sta oltre la struttura linguistica e comunicativa dei media
stessi, assumere gli strumenti per imparare a leggerne il ruolo ideologico, sociale e politico.
La scuola dovrebbe educare ad una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni, può offrire gli
strumenti per comprendere se stessi e il mondo. Egli dovrebbe basarsi su queste regole:
1) insegnare secondo verità, ma sempre attraverso un metodo critico;
2) dare strumenti ai soggetti per emanciparsi da condizionamenti, pregiudizi, affinché possano
formarsi secondo il principio della libertà, della libera costruzione di sé;
3) capire l'individualità degli allievi per orientarli e comprenderli meglio nel loro percorso
formativo;
4) mettersi a disposizione: intervenire per capire disagi e problemi, agire stando vicino;
5) valorizzare il dialogo in quanto produce vicinanza, comunicazione, empatia;
6) farsi mediatore razionale rispetto a tutte quelle questioni che sono spesso accompagnate da
pregiudizi e chiusura emotiva;
7) mostrare sempre la cultura come valore che potenzia, ne interpreta e arricchisce l’umanità.
Gli adolescenti hanno bisogno di confrontarsi con gli adulti, a loro volta interessati e disposti
a porsi nei confronti dei giovani. Devono poter sperimentare relazioni con adulti disponibili ed avere un
rapporto con loro. Per un adolescente crescere significa cercare faticosamente di costruirsi, significa
diventare autonomi rispetto al mondo degli adulti.
Il ruolo del sé: Per la formazione di un adeguato concetto di sé, i giovani hanno bisogno di autostima e di
auto-accettazione: due aspetti indispensabili per far fronte alle situazioni difficili.
Gli insegnanti non offrono loro concrete situazioni di scambio e confronto, non permettono loro di
esprimere le proprie emozioni. Come ci ricorda Gardner non si può istruire se prima di tutto non si
promuove la costruzione di un’identità. L’identità si costruisce a partire dal riconoscimento dell’altro. Se
il riconoscimento manca, l’identità si costruisce altrove, in tutti quei luoghi dove è possibile
ottenere riconoscimenti.

Di fronte a tale situazione, sono 2 i possibili atteggiamenti: la rimozione o la frustrazione.


Un eccesso di frustrazione sposta altrove la ricerca di riconoscimento verso il divertimento. I giovani
cercano i divertimenti per colmare quella sensazione di vuoto.
Lettere: Nel suo testo racconta la sua esperienza di studente. A scuola era considerato l’ultimo della
classe, veniva trattato da stupido al punto da convincersi di esserlo davvero. Una volta divenuto professore,
si accorse di avere studenti che, come lui, avevano difficoltà come la mancanza di autostima, la difficoltà
di concentrazione, la rinuncia allo sforzo. Si trattava di ragazzi difficili, che avevano bisogno di attenzioni
e di un aiuto costante. Pennac, invece di agire come fecero i suoi professori con lui, si interessa di loro
cercando di non lasciarli
abbandonati a loro stessi e alle loro difficoltà.
È stata una fra le più importanti e interessanti voci filosofiche del ‘900. Da sempre vicina agli oppressi, agli
operai, ai disoccupati, ai contadini, agli emarginati.
In una delle sue lettere destinata ad una sua allieva, racconta della sua preoccupazione causata dal trionfo
del nazionalismo e dell’oppressione. Tuttavia, riconosce l’importanza di non rinunciare alle proprie
idee per non lasciarsi riempire la testa.
In un’altra lettera, invece, racconta della condizione di reclusione delle donne in fabbrica a cui viene
richiesto di lavorare rapidamente inibendo, in questo modo, la loro capacità di pensiero
Daniel Stern afferma che attraverso la dimensione della mindfulness si può raggiungere la
pienezza della vita, dell’attimo fuggente, la consapevolezza del «qui e ora».
La consapevolezza della nostra mente e delle nostre azioni influenza il nostro modo di essere e di vivere:
tale consapevolezza ci consente di comprendere la nostra dimensione interiore e ci rende attivamente
partecipi delle esperienze di vita vissute. Il modo in cui prestiamo attenzione al presente, al «qui e ora»,
influenza il modo in cui ci sentiamo, e dunque i nostri pensieri, le nostre scelte, il modo in cui ci
relazioniamo con gli altri.
Essa ci invita a riflettere sulla nostra mente, ci rende consapevoli delle scelte che facciamo: è in questo
modo che l’uomo può cambiare se stesso, costruendo un nuovo «modo di essere».
L’efficacia della mindfulness ha una valenza soggettiva: deriva dal rapporto con l'altro e dal dialogo con il
Sé interiore.
Pierre Hadot riconosce l’importanza degli esercizi spirituali come pratiche della cura di sé, dell’uomo,
individua tre gruppi di esercizi:
1) l’attenzione, la meditazione, il ricordo;
2) esercizi intellettuali: la lettura, la scrittura, l’ascolto, la ricerca, la riflessività;
3) esercizi attivi sul sé: compiere i propri doveri, prestare indifferenza alle cose indifferenti.

Jean Tronto analizza la cura in 4 fasi:


1) interessarsi a: questo passaggio comporta un’attenzione verso l’altro → significa riconoscere
la necessità del bisogno di cura;
2) il prendersi cura di: questo passaggio comporta l'assunzione di responsabilità nei confronti del
destinatario della cura;
3) il prestare cura: implica un’azione mirata al raggiungimento del benessere, ossia al
soddisfacimento dei bisogni di cura → implica il possesso di competenze/abilità: essere competenti
significa avere le capacità e la consapevolezza degli strumenti necessari per rispondere al bisogno
di cura;
4) il ricevere cura: questo passaggio implica la partecipazione attiva (al processo di cura) del destinatario
di tale pratica.
Le Lettere sull’autoformazione rappresentano una raccolta di riflessioni sul senso da dare alla propria vita
e al proprio cammino nel mondo. La prima lettera parla dell’importanza della gioia nel cuore, quel
sentimento che vive nella nostra interiorità, profondamente radicata in noi. Nella seconda lettera parla del
donare e del ricevere. Il dono deve essere fatto con amore, e quindi con disinteresse, senza secondi fini.

L’autore considera gli esercizi spirituali come esercizi volti a trasformare la visione del mondo, che
conducono ad una metamorfosi della personalità.
Altrettanto importante è la memorizzazione e la meditazione, intesa come capacità di ordinare il
«discorso interno». Tuttavia, tali esercizi spirituali hanno bisogno di essere allenati tramite la lettura,
l’ascolto, la ricerca.

È importante osservare le relazioni educative nel loro rapporto con il lavoro dal momento che il mondo del
lavoro è uno dei luoghi specifici della formazione adulta.
Siamo esseri relazionali, apprendiamo dall'altro, e, così facendo, impariamo l'arte della vita.
È stata una filosofa ebrea, vicino al pensiero fenomenologico di Husserl, che si interrogò a lungo sul
significato della comprensione dell’altro e sulla conoscenza dei diversi livelli di esperienza dell’altro
(raggiungibile attraverso l’empatia).

Lo scopo dell’approccio fenomenologico consiste in un «puro guardare» che ci consente di percepire e di


cogliere un fenomeno nella sua essenza.
L’autrice ha rimesso al centro della riflessione contemporanea gli stati più profondi, quelli che determinano
le azioni dell’uomo, che danno senso a quest’ultime.
La metafora del cuore: La metafora ha la funzione di definire qualcosa, una realtà, che la ragione non può
comprendere. «Avere il cuore in fiamme» è una metafora molto comune che ci offre una diversa visione
del cuore. A questo proposito, si fa riferimento ad un elemento in particolare: la luce (della fiamma).
Quest’ultima illumina la strada da percorrere, ci guida nelle situazioni difficili che sembrano non aver via
di uscita.
Altrettanto importante è la memorizzazione e la meditazione, intesa come capacità di ordinare il
«discorso interno». Tuttavia, tali esercizi spirituali hanno bisogno di essere allenati tramite la lettura,
l’ascolto, la ricerca.
I temi di cui si occupò maggiormente la filosofa riguardano i fondamenti della soggettività, le origini dei
totalitarismi come fenomeni politici radicati nell’essenza dell'uomo e nella natura del potere.
È stato necessario osservare le relazioni educative attraverso una molteplicità di sguardi appartenenti a
diverse aree disciplinari di studio. Questo perché il discorso pedagogico non è soltanto un discorso
educativo ma un discorso delle scienze dell’educazione.
È altrettanto importante osservare le relazioni educative nel loro rapporto con il lavoro dal momento che il
mondo del lavoro è uno dei luoghi specifici della formazione adulta.
Siamo esseri relazionali, apprendiamo dall'altro, e, così facendo, impariamo l'arte della vita. Tutti coloro
che agiscono e attuano la cura di sé e la cura dell’altro è come se pensassero per due. All'interno di
quest'ultima prospettiva si situa la dimensione etica del pensare, del sentire, dell'agire con cura. Comunicare
autenticamente vuol dire pensare per
indica, che propone, che suggerisce le azioni del soggetto per l’altro e nel mondo. Pensare all’altro vuol
dire sentire l’altro.

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