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La straordinaria
esperienza di Franco
Cirillo
Un cammino in
solitudine lungo 46
anni
Marialuisa Bigiaretti
• Praticamente nulla.
• Ricordo alcune presenze in classi elementari dove
insegnanti di ruolo ci facevano assistere a qualche
momento delle cosiddette lezioni frontali.
• Due in particolare: una maestra che con un’arancia
cercava di far capire ai suoi alunni i movimenti della
terra, infilzandola con uno di quei ferri buoni per fare
maglie;
• un maestro che parlando del fegato lo definiva il
“cenciaiuolo” del nostro corpo. Una bella metafora che
probabilmente diceva molto poco ai suoi alunni, che
sicuramente non conoscevano il senso di quella parola.
• Era un significante a cui non corrispondeva un
significato certo.
• Questi sono termini della linguistica che a scuola non ci
avevano insegnato e che io scoprii contattando
formatori (che mi dovetti pagare) per fare meglio il
mestiere dell’educare.
Il tirocinio all’istituto
Magistrale
• Riesco ad avere
un incarico di
scuola carceraria
alla Casa di
Rieducazione di
Nisida.
• Di mattino
insegnavo ad una
classe di bambini
dell’obbligo; di
pomeriggio avevo
un corso di scuola
popolare, così si
chiamavano
allora, per i
ragazzi più grandi,
che erano usciti
dall’obbligo per
età.
I ragazzi di Nisida
• Il bambino impara a
camminare a 12 mesi
circa;
• A quell’età non sanno
parlare bene. Con una
parola si fanno capire:
• “pane” significa: voglio il
pane;
• “bua”: mi sono fatto male.
• Nessuno insegna ai
bambini a parlare:
imparano da soli.
Ascoltando, odorando,
guardando, toccando,
assaggiando,
muovendosi, facendo
gesti.
TuttiNoi
Ricordi dei genitori
• Eravamo curiosi di
conoscere com’era stata
la vita della loro infanzia.
Mamma Dora raccontò
che era nata a Parigi
perché il padre era
emigrato in quel paese
per fare fortuna. Un
brutto giorno scoppiò la
guerra. I francesi li
costrinsero a tornare in
Italia. Dal treno videro
nelle stazioni soldati
armati. Arrivati in Italia
trovarono che ci voleva
una tessera per
comprare il pane.
• Allora mamma Dora
aveva sei anni.
I ricordi di nonna
Nunzia
• Nonna Nunzia nacque a Pozzuoli
nel 1898.
• A 6 anni lavorava in campagna con il
padre.
• A 15 anni si fidanzò in casa con un
sellaio di nome Felice.
• Si sposò alla fine della prima guerra
mondiale, quando nonno Felice
tornò dalla guerra.
• Ai suoi figli dette il suo latte fino a
due, tre anni. Dopo mangiavano
tutto quello che si cucinava in casa.
Allora una fetta di carne costava 6
soldi. Il pane lo faceva lei in casa e
sapeva preparare pure il lievito. Il
fornaio andava per le case a
prendere l’impasto cresciuto e lo
portava a cuocere nel forno a legna.
• Allora non c’era la radio. Un uomo
spingeva un pianino per le vie del
paese e faceva sentire la musica
delle canzoni di quel tempo.
• Vendeva pure le parole delle
canzoni.
• Nonna Nunzia da piccola vedeva il
teatro dei pupi. Quando si fece più
grande andava a vedere i film muti.
Certe volte li facevano vedere nella
piazza del nostro paese.
Ancora nonna Nunzia
• Lavava i panni in un
recipiente di terracotta (‘o
cufanaturo) con un
sapone molle e scuro e i
panni li strofinava sopra
una tavoletta di legno.
Per fare bianco il bucato
usava o la cenere del
focolare o la liscivia. Non
aveva acqua in casa:
gliela prendevano alle
fontane pubbliche i
ragazzi che lavoravano
nella bottega del marito.
• In casa non c’era la luce
elettrica. Di sera
accendevano o le
candele o il lume a
petrolio o quello a olio.
• Allora non si vedeva la
televisione né si sentiva
la radio. Le ragazze
ricamavano la biancheria
del corredo e parlavano
con i genitori e con i
fratelli alla luce delle
lampade a petrolio.
I lampioni
• Su un giornale
leggemmo che
in Russia un
elefante aveva
parlato.
Inventammo
una storia. “In
giro per un
mondo
fantastico con
Batyr, un
elefante che
sapeva parlare”
.
Con l’elefante
Batyr
• Cammina
cammina,
arrivammo
nel paese
dove
fabbricavano
le parole.
• Tanta gente
veniva da
tutti paesi a
comprare le
parole.
Nel Paese delle parole
• Le case
avevano la
forma delle
lettere.
Le fabbriche
• La gente
andava a
lavorare
nella
fabbrica e
costruiva le
lettere.
Un computer gigante
• Saldava le
lettere e
formava tutte
le parole del
mondo. Dei
camion
portavano le
parole fresche
fresche sulle
bancarelle dei
mercati.
Venne un soldato
• E comprò:
• Guerra
• Carro armato
• Fucile
• Mitraglia
• Divisa
• Cannone
• Pugnale
• Pistola
• Missile
• Bomba
atomica!!
Batyr
• Prese il
soldato e
lo buttò
nel mare.
Tanti coriandoli
• I bambini
tagliarono le
parole del
soldato e
fecero tanti
coriandoli che
Batyr soffiò in
aria.
Con i soldi della cassa
• Comprarono
le parole per
farsi capire
negli altri
paesi e tutte
le parole più
giuste per
scrivere la
loro storia. E
partirono.
• Cammina
cammina…
La storia di Batyr
continua
• Nel paese TUTTOBELLO
Nel paese delle paure
• Il fantasma
• Da una
casa nera
uscì un
fantasma.
• Cacciò le
unghie e
urlò:
• -
Aaaaaaah!
Nel paese della Befana
• (Marcella, Simona,
Carmen e tutti noi)
Nel paese a metà
Adele
L’errore
•
• “Cecino e il
bue”
Il lupo ha
divorato la
carne della
carcassa di un
cavallo rubato
nelle stalle del
re. Insieme alla
carne ha
ingoiato Cecino
che grida nella
pancia del lupo.
• - Ho dell’aria
nella pancia –
pensò il lupo. E
allora lo buttò
fuori dal suo
corpo.
• (Da “Fiabe
Italiane” di I.
Calvino).
Scrivemmo tante
“poesie”
Cielo che cammini sempre
E vedi un angelo che vola
Io vorrei volare come l’angelo
Oooh! Oooh!
Io voglio volare
In cielo!
Enza
Tic tic
Piove
Piove sul mio tetto
Cade la neve
Il sole si nasconde
Le nuvole coprono il cielo
Il cielo si fa scuro
E io sto qua
Che faccio il baccalà.
Lucia
• Per gli ultimi dieci anni della mia carriera curai nelle
classi del mio modulo l’ambito logico-matematico, che
comprendeva anche l’insegnamento della scienza e la
formazione musicale.
• Non potei ripetere l’esperienza che ho raccontato
all’inizio di questa mia comunicazione. Tuttavia feci
sempre il possibile per rendere la mia scuola
interessante, divertente. Gli argomenti relativi alle
discipline del mio ambito li presentavo sempre in
termini problematici, come indovinelli da risolvere. Alle
soluzioni si arrivava partendo dalla manipolazione di
materiali anche strutturati ( i numeri colorati, i blocchi
logici, il multibase);
• i fenomeni scientifici li affrontavamo secondo la
procedura del metodo galileano: osservazione, ipotesi,
verifica di questa attraverso l’esperimento, scoperta
della legge.
• Per la musica facemmo esperienza di ascolto di
composizioni di grande suggestione e pratica del flauto
dolce. Nella lettura delle note scoprimmo i legami
profondi che esistono tra matematica e scrittura della
partitura.
1997
• Quando arrivò quest’anno avevo sessantaquattro anni.
Completavo l’ultimo ciclo della mia storia di maestro.
• Dal diploma erano passati con una velocità
impressionante 47 anni.
• Una vita intera di studio solitario, affannoso, alla ricerca
continua di soluzioni ai problemi del fare scuola;
• un procedere faticoso per tâtonnement, come diceva C.
Freinet: un procedere per tentativi.
• Spesso si sbagliava con i ragazzi, ma poi si tentava di
nuovo, nuove vie.
• E quando riuscivi a farli avanzare con gioia sul
cammino della conoscenza, si provava una
soddisfazione intima, profonda, che ti ripagava di tutti i
sacrifici che ti aveva chiesto l’insegnamento.
• Ero partito da solo, me ne andavo solo. Un saluto dei
colleghi e completamente ignorato dal nostro datore di
lavoro.
• Ho aperto questo racconto con un pensiero di
Marialuisa Bigiaretti. Voglio chiudere con le stesse
parole.
• “Bisogna preparare gli insegnanti, non scaraventarli in classe
appena finiti gli studi. E poi vanno pagati meglio per
permettere loro l’autoaggiornamento e per esercitare con più
dignità questo mestiere altamente difficile”.