Sei sulla pagina 1di 13

LINEAMENTI DI SOCIOLOGIA DELLA SCUOLA

CAP. 1 - LO STUDIO SOCIOLOGICO DEI SISTEMI SCOLASTICI

1. L’EMERGERE DELLA FORMA SCOLASTICA E LA SUA EGEMONIA ATTUALE


1.1. La scuola è un’invenzione moderna
Parlare di invenzione della forma scolastica significa fare riferimento all’emergere del modo scolastico di
socializzazione, e non solo ad un’istituzione educativa, legato alla trasformazione complessiva della società avvenuta
tra il XVI e XVII (nascita della società moderna):
- si passa da un modo di socializzazione basato sull’imitazione (bottega) ad un sapere acquisito tramite il testo
scritto (apparato giudiziario e scolastico diventano elementi tipici di un potere razionale-legale).
- La forma scolastica della socializzazione è basata sul rapporto pedagogico, la relazione con l’infanzia che
prima non c’era
- Apprendimento basato sulla scrittura (invenzione della stampa nel 1400) che permette un apprendimento
simbolico- ricostruttivo (i simboli linguistici)
- Elemento invariante: la sottomissione a regole
1.2. Il predominio attuale della forma scolastica e la nuova centralità dell’istituzione scuola
Il modo scolastico di socializzazione permea la società e non si potrebbe più fare altrimenti. Non c’è solo la scuola ma
anche altre agenzie (es. lo sport) che hanno questa impostazione. La scolarizzazione non è mai stata così ampia come
oggi, anche se la scuola come istituzione ha perso la sua posizione monopolistica.
La scuola rimane il luogo dell’educazione formalizzata, intenzionale e strutturata, e anche avendo perso il monopolio
della socializzazione secondaria, rimane indispensabile.
Pur essendo nate altre occasioni di istruzione, la scuola conserva il mandato di preparare gli individui a vivere in una
società basata sull’informazione, e ad aiutarli ad acquisire capacità di organizzazione razionale del pensiero.
1.3. Lo sviluppo della scolarizzazione
1600 Paesi protestanti .  scolarizzazione dei bambini dai 6-12 anni
1600 Paesi cattolici  Fratelli delle Scuole Cristiane educavano i bambini poveri / Gesuiti l’aristocrazia
1789 Rivoluzione Francese  afferma valore dell’istruzione pubblica per attuare i principi egualitari
1800 Germania unificata  insegnamento laicizzato. Nel 1841 il tasso di alfabetizzazione in Prussia era del 90%.
L’istituzione dell’obbligo scolastico avviene:
- 1870 GB
- 1877 IT
- 1881 FR
Le masse lavoratrici capivano l’importanza dell’educazione richiedendola con forza: alla fine del XIX sec. l’obbligo
scolastico era generalizzato.
Dopo gli anni ’50 si ha uno sviluppo esponenziale della scolarizzazione secondaria (esplosione della scolarità). Tra i
paesi rimasti sotto la media ci sono gli USA.

2. ORIGINI E TRASFORMAZIONI DEI SISTEMI SCOLASTICI


2.1. Nascita del sistema centralizzato francese e di quello decentrato inglese
Tra il XVIII e XIX sec. sono nati sistemi più o meno centralizzati o decentrati. Il passaggio cruciale resta il passaggio
dell’istruzione dalle chiese allo stato.
FRANCIA: il trasferimento del controllo è stato netto e completo, dopo la rivoluzione.  sistema educativo
centralizzato con una forma di controllo top-down.
INGHILTERRA: sistema educativo decentrato, caratterizzato da un controllo centrale limitato e una forte autonomia
locale. Questo sistema comporta una maggiore negoziazione fra attori sociali, con richieste di trasformazione
bottom-up.
ITALIA: la mancata riforma è dovuta al fatto che il sistema politico è debole, la scuola può cambiare solo attraverso le
leggi che qui nessuno riesce a formulare.
2.2. Convergenza parziale fra i due modelli
Gli avvenimenti degli ultimi anni dimostrano che i sistemi centralizzati e decentrati tendono a trasformarsi in modo
parzialmente convergente:
- I sistemi decentrati tentano di superare l’eccessiva differenziazione tra scuole
- I sistemi centralizzati tentano di superare la loro mancanza di flessibilità

1
Un possibile punto di incontro è l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, che in tutta Europa è sentita come
esigenza, ma il rischio è di avere dei dislivelli educativi tra istituti. Così in Europa sono stati fissati programmi minimi
relativi a capacità e competenze che tutti gli studenti devono avere. In Italia l’autonomia delle singole scuole è
sancita dalla Costituzione.

3. LA TERZA RIVOLUZIONE EDUCATIVA


1° riv = inizio dei processi educativi destinati a pochi eletti in Egitto, Grecia, Roma
2° riv = scuola moderna
3° riv = scolarizzazione universale, non solo nella secondaria inferiore ma anche in quella superiore. Per la prima
volta nella storia entrano nella scuola non solo gli studenti con ottime capacità di apprendimento man anche quelli
che prima venivano allontanati. Il singolo docente può vedere un disastro totale, ma per la società è un
miglioramento. Di fronte ad una classe disomogenea, sono necessarie una riorganizzazione del lavoro docente e una
trasformazione del profilo formativo.
L’aumento del livello di istruzione, superata una soglia critica, svolge un ruolo sempre maggiore nello sviluppo
economico. Il Consiglio Europeo ha posto l’obiettivo di fare del nostro continente l’economia della conoscenza più
competitiva e dinamica del mondo.
Nella società basata sull’informazione i lavoratori si dividono in due categorie:
- Quelli generici
- Quelli autoprogrammabili, caratterizzati da alto livello di istruzione e dalla capacità di continuare a inglobare
conoscenze.
Cresce la domanda di conoscenza professionale e scientifica, e diminuisce quella di conoscenza operativa.

4. I SISTEMI SCOLASTICI EUROPEI E L’AUTONOMIA


4.1. Tipo scandinavo: la scuola unica
Presente in IS, DK, NO, SE, FI, PT, EE, LV, LT.
Obiettivo primario è la maggior eguaglianza di opportunità, fornendo a tutti i bambini la stessa preparazione fino ai
16 anni d’età. Il gruppo docenti rimane pressoché invariato, al fine di garantire la massima continuità pedagogica. Si
vuole ottenere che la totalità dei ragazzi, al termine dell’obbligo scolastico, raggiunga le stesse competenze di base
per le quali l’obbligo è stato istituto. Le votazioni perdono di significato perché non è contemplato l’insuccesso
scolastico. Questo sembra il modello più idoneo a realizzare una scuola giusta ed efficace.
4.2. La scuola polivalente
Presente in UK.
La comprehensive school invece di unificare primaria e secondaria, ricerca una continuità attraverso programmi che
le famiglie possono scegliere, anche se nel 1988 è stato definito un national curriculum. In UK permane un piccolo
numero di scuole tradizionali a cui accedono le famiglie bene. Il sistema di tutorato costituisce il principale supporto
al miglior funzionamento in termini di eguaglianza e qualità del sistema. Anche qui non sono previste ripetenze.
4.3. Tipo germanico: gli indirizzi separati
AT, DE, CH, NL, LUX, BE.
Tradizionale suddivisione in 3 indirizzi. A 10 anni bisogna scegliere, condizionati soprattutto dai risultati scolastici.
Oltre 1/3 degli studenti accede ad una formazione corta (Hauptschule) che introduce al lavoro. È il cosiddetto
sistema duale che è in discussione perché con la crisi economica è aumentata la disoccupazione. Questi ragazzi
hanno spesso scarsa preparazione, e si preferiscono ora quelli della Realschule o del Gymnasium. ¼ dei ragazzi va
verso la Realschule (scuola media) che permette di accedere al Gymnasium ma non all’università.
Esiste poi la Sonderschule dove sono confinati gli allievi con handicap fisici o psichici.
La logica di questo modello è opposta a quello scandinavo. L’orientamento molto precoce mantiene un forte
condizionamento sociale. Quindi questo sistema non garantisce l’equità.
4.4. Il tipo latino e mediterraneo: il tronco comune
FR, IT, GR, PL, ES, BE, RO, BG.
Scuola unica per la prima parte della secondaria, ma senza pedagogia differenziata. Rimane centrale un certo
classicismo che prevede l’acquisizione di molte conoscenze, prevedendo esami e ripetenze. Metodologie di
insegnamento non individualizzate. Questi paesi tradizionalmente centralistici stanno procedendo a decentramenti
abbastanza ampi, che danno spazio all’autonomia delle singole scuole.
 In sintesi: ci sono forti differenze strutturali dentro gli stati europei quindi è abbastanza inverosimile
realizzare una uniformazione.

2
CAP. 2 – GLI EFFETTI SOCIALI DELLA SCUOLA
1. PROSPETTIVE DI ANALISI
1.1.Funzionalismo e conflittualismo
La molteplicità dei ruoli svolti dalla scuola coesistono, si sovrappongono, e in parte si contraddicono, andando a
formare il complesso quadro dei rapporti fra questa istruzione e l’insieme delle società. La sociologia della scuola
presenta una pluralità di prospettive di analisi, che hanno spiegato l’ottica ottimistica o pessimistica.
Il funzionalismo afferma la possibilità di spiegare un’istituzione sociale a partire dalle sue funzioni, cioè dalle finalità
che essa svolge nella società. In questa prospettiva confluiscono diversi elementi:
- La convinzione che l’aumento dell’istruzione renda gli individui più produttivi (utilità economica)
- La concezione della scuola come strumento per raggiungere uguaglianza di opportunità
- La certezza che un’educazione ben realizzata permette una maggiore integrazione dei cittadini.
Il conflittualismo invece afferma che la caratteristica essenziale della società è costituita dalla lotta tra i diversi
gruppi sociali, per cui la scuola non è a servizio di tutti, ma della minoranza al potere. Pertanto si afferma che essa:
- Non rende gli individui più produttivi, ma più idonei ad accettare modelli di comportamento utili alle imprese
- Non aiuta lo sviluppo di tutti ma accentua le diseguaglianze esistenti, legittimandole
- Non integra tra loro gli individui, ma inculca l’ideologia della classe dominante.
1.2.Limiti delle prospettive macrosociologiche
Entrambe le prospettive convergono in una visione statica: il funzionalismo afferma l’importanza della riproduzione
sociale come mantenimento del consenso, il pessimismo spiega il conflitto dovuto alla riproduzione delle ideologie
dominanti.
Secondariamente, vi è una completa sottovalutazione di quanto avviene concretamente nella scuola e in particolare
nella classe scolastica. A partire dagli anni ’70 si è sviluppata una nuova sociologia dell’educazione che con un
approccio miscrosociologico (lo studio delle interazioni faccia a faccia nei gruppi sociali ristretti) ha approfondito
l’analisi di quanto avviene effettivamente nella scuola. C’è però un problema epistemologico perché guardando solo
a questa piccola struttura non si riescono a capire né i condizionamenti strutturali, né come l’interazione fra individui
modifichi la struttura sociale.
Il funzionalismo, con il suo determinismo, vede l’azione sociale solo come un fenomeno secondario delle strutture
sociali.
Il neoweberismo conflittualista invece considera le strutture sociali come epifenomeni delle azioni individuali.
Bisogna uscire da queste visioni, e orientarsi verso un dualismo analitico che considera la realtà sociale formata sia
da strutture, sia da agenti cioè due diverse dimensioni che hanno proprietà emergenti autonome.

2. SCUOLA ED ECONOMIA
2.1.APPROCCI FUNZIONALISTI E CONFLITTUALISTI
2.1.1. La teoria del capitale umano
Negli anni ’50 si afferma una visione secondo cui la crescita del PIL non è giustificata solo dal capitale fisico, ma che
l’educazione avesse un ruolo importante. Si andò a stimare che l’aumento del PIL tra il 1929 e il 1956 era dovuto al
78% dall’istruzione. Nucleo della teoria del capitale umano:
- L’educazione è in grado di aumentare la produttività del lavoro umano, perciò le spese per l’istruzione sono
un investimento da cui discendono possibilità di un maggior salario per chi ha investito
- La crescita del capitale umano spiega la crescita del reddito nazionale USA.
- I paesi con popolazione poco istruita hanno difficoltà a svilupparsi. Gli economisti hanno visto che c’è una
correlazione positiva tra alti livelli di reddito e di istruzione.
Punto debole della teoria: il postulato di partenza, che non è suffragato da dati “più l’individuo è istruito, più è
produttivo”.
La teoria del capitale umano risulta esplicativa per i gruppi sociali con libertà di scelta, ma non funziona per quanti
non risultano in tale condizione.
2.1.2. La teoria credenzialista
Afferma che i titoli accademici sono delle credenziali per presentarsi sul mercato del lavoro, e il sistema educativo
serve come sistema di filtro che etichetta gli individui in base al numero di prove che sono riusciti a superare. Perciò
il sistema educativo servirebbe solo a trasmettere le culture di ceto ai gruppi sociali dominanti (linguaggio, stili di
vita, gusti estetici, valori, buone maniere)  sottovalutazione dei contenuti dell’insegnamento scolastico perché la
preparazione per lo svolgimento di una data occupazione si realizza sul luogo di lavoro stesso.
Nel mercato del lavoro si possono verificare fenomeni di inflazione delle credenziali educative quando i posti sono
meno numerosi delle persone dotate di titolo di studio, innescando:
3
- Scoraggiamento nel chiedere istruzione
- Riduzione dell’offerta (numero chiuso)
2.2.EDUCAZIONE E GLOBALIZZAZIONE
2.2.1. Caratteristiche della società globalizzata
- Organizzazione del lavoro che passa da forma burocratica di produzione di massa, a disposizione reticolare
con individui con molteplici competenze che fanno lavori flessibili e meno garantiti
- Declino dell’industria pesante, entra l’alta tecnologia e servizi finanziari, informatici, tempo libero
- Predominio delle multinazionali
- Indebolimento del nazionalismo economico
- Aumento dei mercati di nicchia, enfatizzazione del consumo.
La globalizzazione ha anche prodotto un indebolimento degli stati nazionali e un rafforzamento delle politiche
neoliberiste, con aumento di consumo di educazione.
USA a partire dagli anni ’70 si è sviluppato un modello neofordista caratterizzato da più ampia flessibilità del
mercato, riduzione delle spese sociali, privatizzazione dei servizi pubblici. In DE, JP, si sviluppa un modello
postfordista che assegno allo stato un potere strategico di indirizzo degli investimenti.
2.2.2. Superamento del fordismo e scuola
Ormai non vengono richieste competenze settoriali ma trasversali che hanno due componenti
- Motivazionale-cognitiva
- Sociale-relazionale
 Viene ridotta l’importanza della formazione professionale tradizionale e si attribuisce molto rilievo al titolo di
studio come indicatore di una forte base culturale
 La crescita della produttività dipendono dal controllo dell’informazione. L’informazione è diventata per
l’economia ciò che fu l’energia per la rivoluzione industriale.
 I curricola si stanno trasformando per far fronte a questa richiesta del mercato.

3. SCUOLA E STRATIFICAZIONE SOCIALE


Analizziamo di seguito la relazione esistente tra la scuola e le classi sociali.
3.1.IL FUNZIONALISMO TECNICO
3.1.1. Scuola e stratificazione sociale
Proposizioni teoriche del Funzionalismo tecnico:
- Il cambiamento tecnologico necessita di sempre maggiori abilità lavorative, perciò aumenta la proporzione di
lavori che chiedono alti livelli di qualificazione
- L’aumentato bisogno di abilità produce da parte dell’imprenditore una maggiore domanda di educazione
Questa prospettiva considera le moderne società occidentali caratterizzate da: meritocrazia, competenza,
democrazia. La teoria si riassume così:
a) In tutte le società ci sono posizioni funzionalmente più importanti che richiedono una preparazione
b) In ogni società solo alcuni individui possiedono il talento necessario per accedervi
c) La trasformazione del talento in qualificazione implica una formazione che comporta sacrifici
d) Per invogliare gli individui più dotati occorre incentivarli
e) Questa necessità di ricompense diversificate produce una differenziazione sociale istituzionalizzata, cioè una
stratificazione che diventa inevitabile perché funzionale all’efficienza di tutte le società.
3.1.2. Critiche
- L’affermazione che in tutte le società esistono posizioni più importanti è troppo generica. Quali sono? L’unica
evidenza è che le posizioni più importanti possono usare il potere ad esso connesso per mantenere i privilegi
per sé e i propri figli.
- L’eccessiva diversificazione delle ricompense potrebbe essere disfunzionale per la società perché ritenuta
inaccettabile e ingiusta
- La meritocrazia postula che il successo educativo e sociale dovrebbe essere risultato dell’intelligenza (QI) e
sforzo individuale (no privilegi alla nascita). Perciò bisognerebbe focalizzarsi sull’uguaglianza delle
opportunità.

3.2.LA TEORIA CONFLITTUALISTA DELLA RIPRODUZIONE


3.2.1. Scuola e riproduzione

4
Secondo questa teoria, l’obiettivo della scuola è la riproduzione della struttura sociale esistente, che avviene in modo
occulto: sotto un’apparente neutralità, la scuola utilizza il proprio modo di trasmissione del sapere per realizzare una
selezione sociale mascherata. Gli svantaggiati hanno accesso alla scuola ma ne sono le vittime. 2 concetti chiave
- Capitale culturale: quando un bambino arriva a scuola ne è dotato, se lo porta dall’ambiente familiare in cui
è vissuto (fatto sociale)
- Ideologia del dono: nella scuola si attribuisce la mancata riuscita ad una carenza di doti naturali (fatto
naturale)  così la scuola trasforma un fatto sociale in un fatto naturale, legittimando così le disuguaglianze
sociali.
La scuola riproduce le frazioni della classe dominante secondo la quota preesistente di capitale culturale, perché chi
fa parte dell’élite grazie ad esso deve investirvi di più.
3.2.2. Limiti della teoria della riproduzione
- Impronta pessimistica
- La scuola viene vista come un’istituzione permeabile che non svolge nessuna trasformazione
- Mancata storicizzazione: non sempre la scuola ha svolto un ruolo determinante nella riproduzione delle
disuguaglianze!
- L’attuale miglior riuscita scolastica delle femmine e degli immigrati costituiscono una messa in discussione
forte alla radicalità di questa teoria.

4. SCUOLA E SOCIALIZZAZIONE
Effetti prodotti sulle personalità concrete, alla luce delle due teorie.
4.1.OTTICA FUNZIONALISTA
Parsons sostiene che la classe scolastica elementare costituisce per il bambino il luogo della prima essenziale uscita
dall’ambito familiare. Egli sarà preparato alla nuova situazione a seconda del grado di indipendenza rispetto agli
adulti, e al senso di responsabilità raggiunto. La scuola elementare svolge 4 compiti fondamentali, che avvengono se
c’è consonanza tra famiglia e scuola:
a) Liberare il bambino dall’immedesimazione emotiva della famiglia e favorire costruzione identità autonoma
b) Assimilazione norme, valori della società in un modo migliore di come avviene in famiglia
c) Differenziare gli alunni, ordinandoli in base a rendimento scolastico
d) Selezionare capacità dei bambini
4.2.OTTICA CONFLITTUALISTA
4.2.1. La scuola come apparato ideologico di stato
Quindi la scuola serve ad inculcare l’ideologia dominante e non una cultura condivisa dalla società nel suo
complesso. La riproduzione dei rapporti di produzione è resa possibile dall’esistenza degli apparati repressivi e
ideologici di stato (religioso, scolastico, familiare, giuridico, dell’informazione culturale). Nella fase attuale l’apparato
ideologico scolastico ha preso il posto della chiesa.
4.2.2. Scuola ed emancipazione delle classi subalterne
Secondo Althusser la scuola è il potenziale strumento di elevazione delle classi subalterne, se l’assimilazione
culturale viene fatto in modo critico e che i nuovi intellettuali usciti dalle classi popolari rimangano organicamente
collegati ad esse.
4.2.3. Teorie della resistenza
Metà anni 60: la resistenza dei dominati rispetto al processo inculcazione avviene attraverso l’assenteismo, la
disobbedienza, l’insolenza, e una ricerca consapevole dell’insuccesso scolastico (la resistenza dei “duri”). Willis parla
di una controcultura antiscolastica che porta a scuola la visione antintelletuale e antiborghese che però diventa di
fatto un mezzo privilegiato di riproduzione delle disuguaglianze.
Gramsci riteneva indispensabile l’appropriazione critica al fine di costruire una contro-egemonia!

CAP. 5 – SCUOLA E AGENZIE DI SOCIALIZZAZIONE


1. SCUOLA E PRATICHE EDUCATIVE FAMILIARI
1.1. MODELLI EDUCATIVI FAMILIARI E RIUSCITA SCOLASTICA
Negli USA Baumrind ha elaborato 3 modelli educativi parentali, che producono 3 dimensioni dei comportamenti
infantili.
I) Stile repressivo: genitori che plasmano la condotta dei propri figli con modelli rigidi, comunicazione
unidirezionale, impulsi repressi del bambino che sviluppa scarsa autostima, ansia, comportamenti
ossessivi.

5
II) Stile indulgente-permissivo: all’opposto del primo, nessun freno agli impulsi del bambino, regolando
poco gli orari del bambino e le loro consegne scolastiche. I bambini sono poco attenti a scuola, hanno
atteggiamenti ostili verso professori e compagni, poco costanti e senza obiettivi
III) Stile autorevole: basato sulla reciprocità, è definito democratico. In famiglia esistono diritti e doveri per
tutti. Comunicazione basata su ascolto reciproco. Forte impegno da parte dei genitori.
 Questo è il migliore dei tre perché produce autostima, fiducia in sé stessi, indipendenza, responsabilità,
migliori competenze sul piano sociale e cognitivo.
In Italia mancano ricerche di questo tipo, anche se la cronaca sembra dimostrare una larga diffusione di quello
indulgente-permissivo: i bambini hanno sempre ragione qualunque cosa facciano. Fattori possibili: affettività,
mancanza di senso civico, familismo amorale.
Da una ricerca fatta a Ginevra, emergono altri stili:
I) Statutario o disciplinare: attribuita importanza all’obbedienza e al conformismo, il controllo dei genitori
è coercitivo, i ruoli educativi di padre e madre sono differenziati, c’è diffidenza verso altri enti educativi
II) Maternalista: impostaziona basata più sul controllo che sulla motivazione. Comunicazione intima, poche
influenze esterne alla famiglia
III) Contrattualista: importanza dell’autocontrollo e autonomia dei bambini, apertura alle influenze esterne
che genera elevata autostima nei bambini e favorisce l’apprendimento
1.2. SOSTEGNO FAMILIARE ALLO STUDIO E RAPPORTI GENITORI/INSEGNANTI
La madre è protagonista della spinta al proseguimento degli studi, il padre interviene solo nei momenti difficili e se
ha l’istruzione necessaria. La spinta familiare è cmq molto importante perché se un bambino si sente sostenuto,
riesce bene.
Il rapporto tra genitori e insegnanti è complesso. Da un lato gli insegnanti lamentano l’assenza di genitori degli allievi
problematici, dall’altro la presenza eccessiva di familiari che sembrano mettere in discussione la loro professionalità.
La scuola pubblica ha bisogno di dialogare con le famiglie senza però sottomettersi alle esigenze particolaristiche.

2. SCUOLA E GRUPPO DEI PARI


2.1. GLI EFFETTI SOCIALIZZATORI DEL GRUPPO DEI PARI
Le relazioni fra pari svolgono una funzione di socializzazione delle nuove generazioni. Caratteristiche:
- Struttura egualitaria (coetanei ad uno stesso livello di sviluppo)
- Ognuno partecipa democraticamente alle decisioni
- Appartenenza di carattere volontario, reciprocità
- Gruppo dei pari soddisfa il bisogno dei ragazzi di sfuggire al controllo degli adulti
Gli elementi che contraddistinguono le subculture giovanili (musica pop, ricerca esperienze tabù, linguaggio, abiti)
producono reazioni di fastidio da parte degli adulti, che accusano i giovani di irresponsabilità rispetto ai propri
doveri, e sono preoccupati per le attività autodistruttive dei giovani.
Nella crisi dell’adolescenza, gli individui trovano nel gruppo dei pari un rifugio nel quale condividere esperienze.
Genitori e insegnanti sono spesso preoccupati per la possibile influenza negativa del gruppo dei pari. Gli adolescenti
infatti possono vivere un’esperienza molto negativa (es. tossicodipendenza). Una famiglia equilibrata attutisce
questo impatto, mentre una monoparentale può amplificarlo. La scuola può produrre un clima di classe favorevole,
adottando un atteggiamento positivo e costruttivo rispetto ai valori della subcultura giovanile.
2.2. MODELLI CULTURALI AUTONOMI DEI RAGAZZI E RIUSCITA SCOLASTICA
Fra i giovani USA sono presenti tre subculture:
a) Del divertimento  tipicamente maschile, forme estese di socializzazione spontanea esterne alla famiglia
(attività sportive, punti d’incontro non istituzionali). Può degradare sporadicamente nella subcultura
delinquente. I maschi formano gruppi più ampi, le relazioni sono più estese.
b) Accademica  tipicamente femminile, maggior presenza a casa e privilegia forme di espressività individuale
con elementi di riflessione su sé stessi. Le ragazze formano gruppi più coesi caratterizzati da condivisione
intima. Relazioni più intense.
c) Deviante
Il conformismo è più forte nei ragazzi, e questo si riflette in una minore resa nello studio.

3. SCUOLA E MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA


3.1. SOCIALIZZAZIONE MEDIALE
Di fronte ai mezzi di comunicazione di massa ci sono due atteggiamenti
- Apocalittico: la televisione causa mali fisici, consumismo, alienazione, volgarità.
6
- Integrato: la televisione è un’opportunità di democratizzazione del sapere e della cultura, di potenziamento
dell’apprendimento
Nei paesi industrializzati la TV è la terza attività per gli adulti in ordine di tempo. Per gli studenti è la seconda, dopo il
riposo (25 h settimanali). La scuola ha il dovere di aiutare le nuove generazioni di alunni a interpretare i simboli della
cultura, e la TV è il mezzo elettivo. Bisogna aiutarli ad uscire dall’analfabetismo dell’immagine. Non è la TV che
produce difficoltà scolastiche, ma il suo cattivo uso.
3.2. NUOVI MEDIA E MODELLO COMUNICATIVO DI SOCIALIZZAZIONE
La stragrande maggioranza degli studenti usa il computer. La loro dimestichezza con questi strumenti dovrebbe
essere positivamente utilizzata per introdurre nella scuola una didattica più innovativa e vicina alle loro sensibilità.
La scuola deve rimanere come istituzione che insegna a selezionare nel mare delle informazioni odierno.
C’è l’idea che educazione (la scuola) e socializzazione (i medi) si contrappongano. La scuola deve attrezzarsi con una
forma di socializzazione leggera, per creare un processo di socializzazione coerente, rapportandosi in modo
costruttivo alle agenzia informali (gruppo dei pari, media). In quest’ottica è fondamentale una forte consapevolezza
degli insegnanti. È un compito nuovo, inedito, complesso ma potenzialmente più gratificante.

CAP. 4 – LA SCUOLA NELLE SOCIETA’ MULTIETNICHE


1. SOCIETA’ MULTIETNICHE E MODALITA’ DI CONVIVENZA DEMOCRATICA
I conflitti di interesse sono negoziabili, mentre le domande identitarie no e devono essere prese in considerazione.
Le richieste identitarie si pongono in contrasto con l’universalismo e l’eguaglianza dei cittadini. Possibili risposte:
I) Autodifesa intransigente: dei valori democratico-liberali della rivoluzione francese. Le diverse culture
vengono tollerate, ma solo nell’ambito della sfera privata, e le richieste di identità rifiutate.
II) Prospettiva interculturale: viene riconosciuta la necessità di soddisfare le domande identitarie per
realizzare un giusto inserimento. Negare le differenze renderebbe impossibile trattare i membri dei
gruppi di minoranza con eguale rispetto. Una democrazia liberale, volendo interagire proficuamente con
le minoranze culturali, deve fondarsi su un insieme di principi (i diritti dell’uomo) che occorre vengano
accettati da tutti, e costruire un rapporto negoziale per distinguere ciò che è tollerabile, rispettabile e
condivisibile di una data cultura.
III) Multiculturalismo pluralista: le differenze culturali possono essere riconosciute, ma nel pieno dei diritti
di cittadinanza di ogni singolo individuo. I diritti non sono più solamente individuali ma anche collettivi.
Sono accettabili quelli volti a garantire una tutela del gruppo verso l’esterno, mentre sono inammissibili
quelli indirizzati a ridurre i diritti fondamentali dei partecipanti.
IV) Multiculturalismo radicale: i valori della democrazia liberale sono mistificazioni ideologiche e mezzi di
oppressione culturale perpetrati dall’etnocentrismo occidentale. Qui distinguiamo un’ottica radicale
essenzialista, che afferma la primazia dei diritti collettivi negando quelli individuali; e un’ottica radicale
comunitaria che accetta i diritti individuali purché vengano subordinati a quelli etnici. Questo approccio
è fortemente criticato perché:
a. Annullamento dei diritti individuali dell’uomo
b. Cultura come essenza naturale immodificabile
c. Rafforzamento delle visioni stereotipate dell’altro
d. Enfatizzazione delle differenze che finiscono per accentuare i comportamenti emarginanti

2. CRITICHE ALLE FORME RADICALI DI RELATIVISMO


Le forme radicali di multiculturalismo si fondano su una posizione relativista, che afferma che non esistono fatti ma
solo opinioni di essi. Perciò i relativisti radicali negano la possibilità di affermare che la democrazia sia migliore di
altre forme di organizzazione sociale.
Il relativismo radicale afferma l’impossibilità di comparare fra loro elementi culturali in quanto avrebbero significato
solo all’interno del proprio ambito. Invece lo scopo di un atteggiamento scientifico corretto dovrebbe proprio essere
quello di formulare strumenti di analisi per studiare la realtà sociale superando la visione di universi culturali chiusi.
Bisogna creare strumenti di graduazione, perché non tutti gli atteggiamenti di una cultura possono essere giustificati
e considerati validi in se stessi (es. la tortura).
Il relativismo culturale radicale può portare al razzismo differenzialista e culturale, cioè la celebrazione
dell’appartenenza comunitaria che nega ogni esigenza di universalità con l’affermazione della necessità di
separazione (pulizie etniche). Il nazismo invece è esempio di razzismo biologico inegualitario (uniformizzazione che
nega il valore delle identità culturali).

7
3. I RAGAZZI STRANIERI NELLA SCUOLA
L’istituzione scolastica può essere lo strumento essenziale di comunicazione tra culture e di costruzione di una nuova
convivenza possibile. L’ingresso degli studenti nella scuola può assumere tre forme:
- Assimilazione: è il prodotto dell’universalismo intransigente. Le minoranze immigrate vengono assorbite
dalla cultura della società ricevente, perciò la scolarizzazione si limita alla lingua e cultura maggioritarie.
Questo tipo di istituzione scolastica si preoccupa di riprodurre se stessa ed i propri contenuti monoculturali,
escludendo le differenze. La strategia è l’educazione compensativa. Questa impostazione segue la logica
dell’esclusione.
- Separazione: è il prodotto del relativismo radicale, che porta alla necessità di mantenere le diverse culture
divise. È un modello scolastico che impone l’autochiusura in ghetti, al fine di preservare l’identità originaria
di ogni cultura. Il pluralismo è un semplice accostamento di culture fra loro separate, che auspica l’apartheid.
- Interculturalismo: tramite l’interazione fra culture si prefigge l’accettazione attiva e positiva delle diversità.
Questa impostazione si realizza a partire da un equilibrio mai stabile tra universalità e particolarità. Si
propone di creare una scuola capace di garantire la più ampia pluralità.

4. LA PROBLEMATICA DELL’INTERCULTURALITA’ NEL NOSTRO PAESE


L’interazione culturale fra italiani e stranieri è efficace solo se la percentuale di stranieri non supera ¼ o 1/3 del
totale. A queste condizioni si realizza una classe scolastica utilmente eterogenea che favorisce l’apprendimento di
tutti.
In Italia fin dall’inizio dell’immigrazione non sono state previste classi speciali.
La scuola rimane una sorta di enclave protetta più avanzata della società che la circonda, in cui la convivenza risulta
invece più difficile. Quest’azione della scuola è molto difficile ma dimostra ancora una volta l’insostituibilità di questa
istituzione.
La necessità di impostare un curriculum internazionale potrebbe portare ad una vera educazione alla cittadinanza. La
scuola deve insegnare il rispetto delle regole, il modo di vivere insieme in un mondo occupato da valori differenti.
Nell’educazione interculturale un elemento fondamentale è lo sviluppo di una mentalità razionale che scarta le
superstizioni. Questo è possibile se ci si pone in un’ottica che rifiuta il relativismo radicale e ammette che la
razionalità è patrimonio di tutti i gruppi umani.

CAP. 5 – LE DIFFERENZE A SCUOLA


1. DIFFERENZE DI CLASSE SOCIALE
1.1. LE SPIEGAZIONI ESTERNE ALLA SCUOLA
1.1.1. Teoria della deprivazione
L’approccio inizialmente prevalente per spiegare le differenze in merito alla riuscita scolastica è stato quello che ha
considerato l’ambiente socioculturale di nascita degli allievi come causa di possibili difficoltà. Questo approccio però
rischia di deresponsabilizzare gli insegnanti, perché imputa a cause esterne alla scuola l’insuccesso.
Altra conseguenza: politiche di educazione compensativa basate sul principio della discriminazione positiva, creando
classi omogenee che sono sempre negative per gli studenti più deboli.
Feuerstein ha proposto un programma di arricchimento strumentale che prevede lo sviluppo della metacognizione
ed è rivolto non solo a bambini e adolescenti ma anche adulti.
1.1.2. Teoria della differenza culturale
Uno dei fattori più rilevanti per la crescita scolastica è la capacità linguistica, che è strettamente connessa all’ambito
culturale di provenienza. Ogni classe sociale utilizza un diverso linguaggio per comunicare:
- Pubblico o ristretto (classe operaia)
- Formale o elaborato (classi medio-alte)
Bernstein afferma che il primo non è di per sé inferiore, ma è inadatto a determinate utilizzazioni. Per questo
afferma che il successo scolastico non è determinato tanto da disuguaglianze intellettuali ma dalla capacità di
utilizzare il codice elaborato. La scuola deve farsi carico di questa emancipazione.
1.2. SPIEGAZIONI INTERNE ALLA SCUOLA
1.2.1. Effetto insegnante
In che modo i docenti influenzano i risultati degli allievi? Quando prevedono che certi alunni conseguiranno buoni
risultati, si verifica l’effetto Pigmalione, cioè una profezia che si autoadempie. Vedi l’esperimento di Jakobson e
Rosenthal alla Oak School.
8
Attese elevate producono risultati altrettanto elevati, mentre se l’insegnante si aspetta poco da un certo allievo, il
suo rendimento diminuisce.
In Francia alcune ricerche hanno messo alla luce come allievi dotati di caratteristiche analoghe, se scolarizzati con
insegnanti diversi, possono raggiungere risultai diseguali. I docenti inefficaci sono quelli che non si aspettano nulla
dai propri allievi e reputano inutile ogni sforzo per migliorarne l’apprendimento. Quelli efficaci sono quelli che invece
nutrono attese positive e li incentivano a progredire.
1.2.2. Effetto scuola
La più famosa tra le indagini sociologiche negli anni 70 in USA aveva constatato che i risultati degli allievi delle
minoranze miglioravano in proporzione alla maggior presenza di studenti bianchi. Ne derivò una politica di lotta
contro la segregazione scolastica attuata con spostamenti da un quartiere all’altro per favorire una mescolanza di
culture capace di produrre migliori risultati.
Altri studi individuarono il profilo della school effectivness:
- Direzione forte e credibile, che eserciti leadership pedagogica
- Attese elevate verso la riuscita degli studenti
- Clima ordinato ma non rigido
- Centralità dell’apprendimento dei saperi fondamentali
- Progetto sugli obiettivi condiviso da tutti gli attori interessati
 Nella scuola di base l’obiettivo consiste nell’ottenere che gli allievi riescano a padroneggiare le competenze
che si considerano indispensabili per tutti i cittadini del XXI sec.

2. DIFFERENZE ETNICHE E CULTURALI


2.1. Etnia come criterio di divisione variabile
Studiando l’impatto delle differenze etniche rispetto alla riuscita scolastica, pare che siano più importanti di quelle
attribuibili alla classe sociale. Anche in questo caso possiamo spiegare l’insuccesso con:
- Cause esterne (vita familiare, linguaggio, resistenza giovanile)
- Cause interne (curriculum etnocentrico, libri razzisti, docenti negativi)
Non conta l’intelligenza che è distribuita normalmente nelle varie etnie, ma il diverso atteggiamento nei confronti
dell’istruzione.
Un’importante distinzione tra i gruppi etnici minoritari riguarda la volontarietà del fatto migratorio. Le minoranze
che hanno subito una storia di sfruttamento e discriminazione nel paese ospitante, spesso hanno un rifiuto del
processo educativo.
2.2. Studenti immigrati e riuscita scolastica
Gli stranieri non presentano tutti la stessa condizione sociale, ma appartengono ad etnie e culture diversificate che si
rapportano variamente con la scuola. Bisogna dunque evitare di considerare gli studenti stranieri in modo
indifferenziato.
Alcune ricerche Francesi hanno evidenziato che:
1- Gli studenti stranieri rischiano maggiormente di incorrere in difficoltà ed insuccessi
2- A parità di condizioni sociali tra stranieri ed autoctoni, i ragazzi più sfavoriti son quelli che presentano
percorsi scolastici positivi
3- Le famiglie immigrate hanno aspirazioni educative più forti
In DE invece il quadro è ben peggiore perché il sistema differenziato continua a creare danni irreversibili ai figli degli
immigrati.
In Italia sembra riprodursi la situazione francese. Pare che il nostro sistema scolastico sia uno strumento di mobilità
sociale.
Altro fatto: gli studenti stranieri soprattutto femmine dichiarano di trovarsi molto bene con i propri insegnanti, e i
professori della scuola media italiana in genere sono molto accoglienti con gli immigrati.
In GB i risultai degli studenti delle minoranze sono migliorati.
 Tutte queste ricerche evidenziano che è sbagliato sopravvalutare le differenze etniche e culturali nella
spiegazione dell’insuccesso scolastico. Classe sociale, etnica, e genere si intersecano in modo complesso.

3. DIFFERENZE DI GENERE
3.1. La miglior riuscita scolastica femminile
Nei paesi OCSE, la partecipazione femminile all’istruzione ha ormai superato quella maschile, anche se in quasi tutti i
paesi permangono differenze a seconda dei settori disciplinari.

9
Nei paesi sviluppati ormai il genere femminile studia più a lungo e ottiene risultati migliori, dimostrati anche dalla
ricerca PISA (program for international student assessment)
3.2. La situazione italiana
Anche da noi le donne sono più degli uomini ma questo non si riflette in uno sviluppo nel mercato del lavoro. Il
genere femminile studia più a lungo ma anche conseguendo migliori risultati.
3.3. Spiegazioni del sorpasso femminile
Il capovolgimento della differenza di genere costituisce il principale cambiamento verificatosi nell’ultimo quarto di
secolo scorso. È una rivoluzione silenziosa, e per questo è più efficace perché modificano nella società i
comportamenti in modo irreversibile.
La mobilitazione femminile per la scolarizzazione costituisce il costo che le ragazze sono disposte a sostenere per
trovare un lavoro. Avere successo a scuola significa investire in una vita complessivamente migliore.
In FR il dibattito sociologico sulle cause della miglior riuscita scolastica femminile ha portato a tre prospettive
esplicative:
I) Determinismi sociali: le ragazze interiorizzano comportamenti di genere (obbedienza, docilità,
perseveranza) e quindi non compiono scelte controcorrente, aderendo così agli stereotipi di genere
prodotti dalla socializzazione familiare
II) Scelte femminili come razionali e consapevoli: le donne scelgono percorsi di studio che permettano loro
di conciliare la vita lavorativa con quella familiare
III) Scelte femminili come libere: le donne che hanno scelto rami tradizionalmente maschili, non vengono
penalizzate, si trovano meglio di quelle che hanno seguito percorsi tradizionalmente femminili.

4. DIFFERENZE RISPETTO ALLA SCUOLA IN ITALIA


4.1. Evoluzione e limiti della scolarizzazione
Dispersione scolastica è il concetto prevalentemente utilizzato. L’evoluzione storica nel nostro paese:
- Anni ’60: bassa scolarizzazione con obbligo 5 anni scuole elementari
- 1962 approvazione della riforma della scuola media unica, ma solo nel 1989 quasi la totalità dei ragazzi
ottiene la licenza media.
- La secondaria superiore: nel 2002 il 82% dei diciannovenni ha ottenuto il diploma
Oggi nella scuola elementare, la frazione dei bocciati è bassissima, poco più alta nelle medie. Nella secondaria
superiore ci sono grosse differenze tra i licei (9%) e l’istruzione tecnica e professionale (21-27%) questo perché i
liceali solitamente arrivano con una buona preparazione e livello culturale, infatti nel 70% dei casi sono figli di
dirigenti e insegnanti, mentre ¾ dei figli di operai e lavoratori autonomi studia al professionale.
4.2. Un livello di competenze molto carente
Nella scuola dell’obbligo il problema reale è costituito dal mancato raggiungimento effettivo delle competenze e dei
saperi che vengono riconosciuti come indispensabili per l’inserimento a pieno titolo nella società contemporanea, al
fine cioè di acquisire una vera cittadinanza sociale.
La forte riduzione della dispersione scolastica:
- Da un lato dimostra l’accresciuta domanda di istruzione
- Dall’altro nasconde il tentativo di dirigenti ed insegnanti di evitare l’abolizione delle classi scolastiche e
l’accorpamento di istituti.
Oggi dunque è prioritario lavorare affinché i titoli di studio ottenuti corrispondano a competenze e saperi reali.
4.3. Valore sociale dell’istruzione
Ad un livello di studi più elevato corrispondono redditi maggiori. Un laureato in Italia guadagna nell’arco della vita il
27% in più di un diplomato. Quali sono i fattori che incidono maggiormente sulla durata dell’istruzione?
- Il rischio di abbandono e bocciature che è correlato ai risultati scolastici precedenti
- Mancanza di un’elevata domanda di forza lavoro altamente istruita (PMI)
- Bassa differenza tra la remunerazione da lavoro dipendente di laureati e diplomati
La mancanza di un titolo di studio esclude cmq la possibilità di una migliore collocazione sociale.
4.4. La situazione dell’Italia delle ricerche comparative internazionali
In base alle ricerche PIRLS e PISA, la situazione italiana risulta abbastanza contradditoria, cioè fino ai 15 anni le
prestazioni sono buone e poi diventano deludenti. I bambini infatti hanno punteggi molto alti nella lettura.
Negativo invece è la forte disomogeneità dei risultati nelle 5 macroaree geografiche del paese. I risultati del Nord Est
e Nord Ovest presentano situazioni nettamente al di sopra della media internazionale, il Centro rimane nella media,
Sud e Isole sono molto al di sotto.

10
Grandi differenze anche tra maschi e femmine, le ragazze italiane hanno competenze al di sopra della media
internazionale.
I licei italiani superano i risultati medi internazionali.
Le competenze realmente acquisite dai quindicenni non hanno un preciso rapporto con le valutazioni ottenute da
parte della scuola, dimostrando che il nostro sistema formativo manca di adeguate modalità di verifica delle
competenze.

4.5. Possibili politiche educative


I risultati di queste ricerche possono dare indicazioni per riformulare la proposta scolastica. Vi sono 3 parametri
fondamentali dei sistemi scolastici sui quali è possibile intervenire per renderli più giusti ed efficaci.
- La costruzione di un ampio tronco comune fino ai 15 anni d’età  così i ragazzi scelgono sulla base di una
vocazionalità, e non dai condizionamenti socio culturali
- La sostituzione delle ripetenze con altri strumenti di gestione dei diversi ritmi di apprendimento  chi viene
bocciato non recupera le competenze mancanti, anzi più ripete e più regredisce
- La riduzione delle possibilità di scelta dell’istituto scolastico da parte delle famiglie.
Bisogna puntare su una didattica cooperativa, che stimola i migliori ad aiutare i più scarsi. È impensabile di
suddividere le classi per livelli omogenei come nei paesi anglosassoni o come richiesto da molti genitori. Le
pedagogie ugualitarie sono le più efficaci.
Forse la questione di fondo è quindi quella di limitare le pressioni dei genitori sui capi di istituto che sono fortemente
condizionai dalla concorrenza di dover accaparrarsi il maggior numero di studenti.

5. LE DISEGUAGLIANZE SOCIALI DI FRONTE ALLA SCUOLA NEI PAESI SVILUPPATI


5.1. Stabilità delle disuguaglianze sociali?
In generale le diseguaglianze sociali nella riuscita scolastica sono molto simili nei paesi sviluppati e tendono a ridursi
solo se diminuiscono quelle economiche.
Ruolo sociale svolto dalla formazione professionale rispetto alla mobilità occupazionale:
- Ipotesi del dirottamento: l’istruzione professionale riproduce le diseguaglianze sociali
- Ipotesi della rete di protezione: la formazione professionale aiuta a trovare un lavoro qualificato anziché
generico
Il rapporto tra formazione e lavoro è più forte quando il sistema educativo:
a) E’ standardizzato
b) È organizzato in canali educativi distinti e gerarchizzati
c) È finalizzato alla preparazione di tipi di lavori e ben definiti.
Nel caso opposto, i diplomi servono solo come credenziali.
 Il modello formativo generalista (USA e GB) si è combinato con un notevole incremento delle disuguaglianze
di reddito. Invece, il modello di segregazione professionale tedesco ha sortito effetti opposti.
5.2. Disuguaglianze sociali e apprendimento scolastico effettivo
L’indagine PISA evidenzia che i diversi sistemi scolastici influiscono soprattutto, sia positivamente che
negativamente, sugli allievi più deboli.

CAP. 6 – GLI INSEGNANTI


1. ELEMENTI DI COMPARAZIONE INTERNAZIONALE
La questione retributiva è uno dei motivi più gravi di insoddisfazione. Ci sono molte disparità a livello Europeo. I
penalizzati sono soprattutto in Italia i docenti della secondaria superiore.
2. IL LAVORO DOCENTE
L’insegnamento è una forma particolare di lavoro sull’umano. L’oggetto dell’attività è un altro umano.
2.1.Tra professionalizzazione e proletarizzazione
Il processo di professionalizzazione è controllato dallo stato. Può condurre ad un miglioramento del livello di
competenze, dall’alto al prestigio sociale che non è necessariamente parallelo al primo. Si può pensare all’esistenza
di due gruppi: il professore universitario scientifico che produce la conoscenza, il professore pratico che la applica
nelle scuole.
Dagli anni ’80 si è diffuso il pensiero che l’insegnamento è soggetto a deprofessionalizzazione e proletarizzazione per
un aumento degli aspetti burocratici del lavoro a discapito dell’autonomia. Ciò che gli insegnanti lamentano è una
crescente complessità del loro ruolo.
2.2.L’insegnante professionista riflessivo e/o intuitivo
11
L’insegnante è chiamato a riflettere nel corso dell’azione e non applicare insegnamenti meccanici. Si tratta di passare
dall’expertise tecnica alla pratica riflessiva. Il professionista intuitivo deve padroneggiare tre fondamentali processi
nel proprio lavoro docente:
a) Il pensiero intuitivo che sottostà all’azione e alle prese di decisione rapide
b) La competenza tecnica che permette agli insegnanti di programmare l’apprendimento
c) Il pensiero riflessivo che è cruciale per imparare dall’esperienza e valorizzarla.
Il rapporto riflessivo con ciò che si fa dovrebbe essere l’habitus di ogni insegnante.

3. LA PREPARAZIONE DEI DOCENTI


3.1.Specificità della formazione degli insegnanti
Dall’esame dei percorsi formativi per i docenti si ricavano le sue peculiarità e probabilità di professionalizzazione;
deve riguardare i seguenti punti:
a) Attività di triplice negoziazione con i colleghi, la dirigenza e gli allievi. Soprattutto la mediazione con gli allievi
che devono essere motivati a imparare
b) Integrazione tra cultura da insegnare e per insegnare. Il modello del magister è anacronistico
3.2.Caratteristiche attuali della formazione dei docenti
Gli insegnanti di scuola primaria vengono formati secondo la tradizione della scuola normale. L’apprendistato viene
fatto coincidere col tirocinio che invece dovrebbe avere altre potenzialità.
Nelle scuole accademiche prevale la tradizione accademica che dà priorità alla conoscenza delle strutture scientifiche
e delle metodologie della disciplina da insegnare. Le scienze dell’educazione sono marginali. C’è una struttura
interuniversitaria denominata SSIS.
Il tirocinio dovrebbe essere un raccordo tra università e scuola.
La professionalizzazione dell’insegnamento richiede un modello formativo che dia ampio spazio ai praticanti
riflessivi. La pratica professionale non è mai mera applicazione del sapere universitario.

4. TENDENZE ATTUALI ED IPOTESI PER IL FUTURO DEI DOCENTI E DELLA SCUOLA


4.1.Tre modelli di docente
a) Magister: il più antico e tradizionale, è centrato sul sapere. Alta qualità intellettuale. La pedagogia è
subordinata al sapere disciplinare. Visione elitista, ritualismo accademico che crea una distanza con gli
allievi.
b) Pedagogo: con l’accesso generalizzato alla scuola secondaria da parte degli studenti, diventa sempre più
difficile fare il ruolo del magister, bisogna orientarsi allo studente, facendosi carico dei suoi bisogni e
adottando metodologie nuove di insegnamento. Pragmatismo pedagogico. L’insegnante deve aiutare gli
allievi a sviluppare la loro capacità di imparare, cioè attraverso il lavoro metacognitivo.
c) Animatore: orienta la sua attenzione allo sviluppo complessivo dell’istituto scolastico. Trasposizione di
modalità organizzative tipiche delle imprese dentro all’istituto. Centralità sull’istituto che richiede molte
energie e anche lavoro non pagato.
4.2.Tre scenari possibili per l’evoluzione della professione docente
a) Restaurazione nostalgica del modello canonico e delle diseguaglianze. Auspicato dall’insegnante magister.
Comporta un sistema scolastico a doppia velocità.
b) Presa di controllo da parte di imprenditori amanti della tecnica. Cioè la tecnologia dovrebbe costituire il
mezzo per cambiare l’istituzione scolastica e la professione docente. Il mestiere del docente cambierebbe,
trasformando una professione basata sulla parola e sul sapere in una funzione organizzativa di ambienti
pedagogici per massimizzare l’efficacia dell’insegnamento.
c) Organizzazioni professionali che apprendono. Un servizio pubblico che tragga profitto dai progressi
manageriali nell’ambito dell’impresa privata, in modo da assicurare l’equità sociale; una preoccupazione allo
sviluppo delle competenze, senza staccarle dai saperi; una presa in carico delle specificità locali tenendo
conto del contesto nazionale o internazionale.
La scuola non può non riflettere la società e le sue contraddizioni; la difficoltà nuova è la rapidità delle
trasformazioni.
La 3° riv. Educativa richiede agli insegnanti nuove caratteristiche, più vicine a quelle degli insegnanti di scuola
primaria che ai docenti universitari.

5. I RISULTATI DELLE RICERCHE ITALIANE SUGLI INSEGNANTI


5.1.Considerazioni del ruolo docente
12
Alcuni risultati di una ricerca sociologica sugli insegnanti.
Le figure organizzative presenti in Italia sono:
- I vicari
- I collaboratori del dirigente
- Le funzioni obiettivo
- I coordinatori di area o di apprendimento
Gli insegnanti del centro nord sono più propensi a considerare il proprio ruolo come una professione. Gli insegnanti
con compiti gestionali dimostrano una vocazionalità più elevata e anche maggiore professionalità.

5.2.Conoscenza della riuscita scolastica degli studenti


La maggior parte degli insegnanti non sa niente delle problematiche generali della scolarizzazione nella scuola
italiana. Sembra che i docenti si rendono conto della diversa riuscita scolastica dei propri studenti solo quando
arrivano a bocciarli. Nelle scuole elementari dove non si boccia più, la miglior riuscita femminile viene ignorata.
5.3.La questione della valutazione degli insegnanti
Dalle indagini emerge che quasi tutti gli insegnanti non gradiscono essere valutati.
5.4.Una tipologia tradizionale dei docenti
Le ricerche italiane negli ultimi 40 anni hanno utilizzato una tipologia di indicatori che permette di individuare 4 tipi
di insegnanti
a) Motivati persistenti: diminuiti tra gli anni 60 e 70, ma poi aumentati
b) Motivati delusi: cresciuti
c) Non motivati adattati: si sono ridotti
d) Non motivati non adattati: si sono ridotti
5.5.Una nuova tipologia dei docenti di fine millennio
Due aspetti fondamentali dell’atteggiamento lavorativo:
- Livello di vocazionalità: quelli che si sentono di svolgere un’importante funzione sociale
- Impegno presente nell’attività di insegnamento: si sentono dei professonisti
La scuola secondaria superiore risulta maggiormente problematica perché al suo interno la maggioranza dei docenti
di autodefinisce poco impegnata e questa caratteristica rischia di diventare un ostacolo per la realizzazione delle
riforme e dell’autonomia scolastica.
5.6.Caratteristiche delle figure organizzative emergenti fra gli insegnanti
- I vicari: sono i più vicini ad una carriera autonoma di vicedirigenti, ma non ne sembrano molto convinti
- I collaboratori del dirigente: risultano piuttosto avanti nell’affermazione della necessità dei compiti svolti per
far funzionare la nuova organizzazione scolastica che si va realizzando
- I coordinatori di area disciplinare e di dipartimento: nonostante l’importanza dei compiti che dovrebbero
assolvere, nell’ambito dei cambiamenti profondi che la massificazione della scuola superiore rende
inderogabili al fine di migliorare l’apprendimento, rimangono figure incerte ed embrionali
5.7.Nuove competenze necessarie ai docenti
Le competenze richieste oggi non sono le risorse intellettuali ma le capacità di mobilitarle.
- Conoscere a fondo i contenuti e le metodologie della propria disciplina
- Stimolare negli studenti la capacità di imparare ad imparare
- Socializzare gli allievi alla partecipazione democratica e al senso civico
- Utilizzare il momento della valutazione come feedback
- Sapersi avvalere delle nuove tecnologie senza sopravvalutarle
- Saper lavorare in gruppo coi colleghi
- Possedere competenze relazionali utili per un rapporto costruttivo con le famiglie
- Essere consapevoli dei limiti e delle possibilità del proprio ruolo sociale di insegnanti
- Occuparsi della personale formazione permanente
- Considerare la valutazione dei docenti come strumento formativo e di miglioramento del proprio lavoro.

13

Potrebbero piacerti anche