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Un possibile punto di incontro è l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, che in tutta Europa è sentita come
esigenza, ma il rischio è di avere dei dislivelli educativi tra istituti. Così in Europa sono stati fissati programmi minimi
relativi a capacità e competenze che tutti gli studenti devono avere. In Italia l’autonomia delle singole scuole è
sancita dalla Costituzione.
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CAP. 2 – GLI EFFETTI SOCIALI DELLA SCUOLA
1. PROSPETTIVE DI ANALISI
1.1.Funzionalismo e conflittualismo
La molteplicità dei ruoli svolti dalla scuola coesistono, si sovrappongono, e in parte si contraddicono, andando a
formare il complesso quadro dei rapporti fra questa istruzione e l’insieme delle società. La sociologia della scuola
presenta una pluralità di prospettive di analisi, che hanno spiegato l’ottica ottimistica o pessimistica.
Il funzionalismo afferma la possibilità di spiegare un’istituzione sociale a partire dalle sue funzioni, cioè dalle finalità
che essa svolge nella società. In questa prospettiva confluiscono diversi elementi:
- La convinzione che l’aumento dell’istruzione renda gli individui più produttivi (utilità economica)
- La concezione della scuola come strumento per raggiungere uguaglianza di opportunità
- La certezza che un’educazione ben realizzata permette una maggiore integrazione dei cittadini.
Il conflittualismo invece afferma che la caratteristica essenziale della società è costituita dalla lotta tra i diversi
gruppi sociali, per cui la scuola non è a servizio di tutti, ma della minoranza al potere. Pertanto si afferma che essa:
- Non rende gli individui più produttivi, ma più idonei ad accettare modelli di comportamento utili alle imprese
- Non aiuta lo sviluppo di tutti ma accentua le diseguaglianze esistenti, legittimandole
- Non integra tra loro gli individui, ma inculca l’ideologia della classe dominante.
1.2.Limiti delle prospettive macrosociologiche
Entrambe le prospettive convergono in una visione statica: il funzionalismo afferma l’importanza della riproduzione
sociale come mantenimento del consenso, il pessimismo spiega il conflitto dovuto alla riproduzione delle ideologie
dominanti.
Secondariamente, vi è una completa sottovalutazione di quanto avviene concretamente nella scuola e in particolare
nella classe scolastica. A partire dagli anni ’70 si è sviluppata una nuova sociologia dell’educazione che con un
approccio miscrosociologico (lo studio delle interazioni faccia a faccia nei gruppi sociali ristretti) ha approfondito
l’analisi di quanto avviene effettivamente nella scuola. C’è però un problema epistemologico perché guardando solo
a questa piccola struttura non si riescono a capire né i condizionamenti strutturali, né come l’interazione fra individui
modifichi la struttura sociale.
Il funzionalismo, con il suo determinismo, vede l’azione sociale solo come un fenomeno secondario delle strutture
sociali.
Il neoweberismo conflittualista invece considera le strutture sociali come epifenomeni delle azioni individuali.
Bisogna uscire da queste visioni, e orientarsi verso un dualismo analitico che considera la realtà sociale formata sia
da strutture, sia da agenti cioè due diverse dimensioni che hanno proprietà emergenti autonome.
2. SCUOLA ED ECONOMIA
2.1.APPROCCI FUNZIONALISTI E CONFLITTUALISTI
2.1.1. La teoria del capitale umano
Negli anni ’50 si afferma una visione secondo cui la crescita del PIL non è giustificata solo dal capitale fisico, ma che
l’educazione avesse un ruolo importante. Si andò a stimare che l’aumento del PIL tra il 1929 e il 1956 era dovuto al
78% dall’istruzione. Nucleo della teoria del capitale umano:
- L’educazione è in grado di aumentare la produttività del lavoro umano, perciò le spese per l’istruzione sono
un investimento da cui discendono possibilità di un maggior salario per chi ha investito
- La crescita del capitale umano spiega la crescita del reddito nazionale USA.
- I paesi con popolazione poco istruita hanno difficoltà a svilupparsi. Gli economisti hanno visto che c’è una
correlazione positiva tra alti livelli di reddito e di istruzione.
Punto debole della teoria: il postulato di partenza, che non è suffragato da dati “più l’individuo è istruito, più è
produttivo”.
La teoria del capitale umano risulta esplicativa per i gruppi sociali con libertà di scelta, ma non funziona per quanti
non risultano in tale condizione.
2.1.2. La teoria credenzialista
Afferma che i titoli accademici sono delle credenziali per presentarsi sul mercato del lavoro, e il sistema educativo
serve come sistema di filtro che etichetta gli individui in base al numero di prove che sono riusciti a superare. Perciò
il sistema educativo servirebbe solo a trasmettere le culture di ceto ai gruppi sociali dominanti (linguaggio, stili di
vita, gusti estetici, valori, buone maniere) sottovalutazione dei contenuti dell’insegnamento scolastico perché la
preparazione per lo svolgimento di una data occupazione si realizza sul luogo di lavoro stesso.
Nel mercato del lavoro si possono verificare fenomeni di inflazione delle credenziali educative quando i posti sono
meno numerosi delle persone dotate di titolo di studio, innescando:
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- Scoraggiamento nel chiedere istruzione
- Riduzione dell’offerta (numero chiuso)
2.2.EDUCAZIONE E GLOBALIZZAZIONE
2.2.1. Caratteristiche della società globalizzata
- Organizzazione del lavoro che passa da forma burocratica di produzione di massa, a disposizione reticolare
con individui con molteplici competenze che fanno lavori flessibili e meno garantiti
- Declino dell’industria pesante, entra l’alta tecnologia e servizi finanziari, informatici, tempo libero
- Predominio delle multinazionali
- Indebolimento del nazionalismo economico
- Aumento dei mercati di nicchia, enfatizzazione del consumo.
La globalizzazione ha anche prodotto un indebolimento degli stati nazionali e un rafforzamento delle politiche
neoliberiste, con aumento di consumo di educazione.
USA a partire dagli anni ’70 si è sviluppato un modello neofordista caratterizzato da più ampia flessibilità del
mercato, riduzione delle spese sociali, privatizzazione dei servizi pubblici. In DE, JP, si sviluppa un modello
postfordista che assegno allo stato un potere strategico di indirizzo degli investimenti.
2.2.2. Superamento del fordismo e scuola
Ormai non vengono richieste competenze settoriali ma trasversali che hanno due componenti
- Motivazionale-cognitiva
- Sociale-relazionale
Viene ridotta l’importanza della formazione professionale tradizionale e si attribuisce molto rilievo al titolo di
studio come indicatore di una forte base culturale
La crescita della produttività dipendono dal controllo dell’informazione. L’informazione è diventata per
l’economia ciò che fu l’energia per la rivoluzione industriale.
I curricola si stanno trasformando per far fronte a questa richiesta del mercato.
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Secondo questa teoria, l’obiettivo della scuola è la riproduzione della struttura sociale esistente, che avviene in modo
occulto: sotto un’apparente neutralità, la scuola utilizza il proprio modo di trasmissione del sapere per realizzare una
selezione sociale mascherata. Gli svantaggiati hanno accesso alla scuola ma ne sono le vittime. 2 concetti chiave
- Capitale culturale: quando un bambino arriva a scuola ne è dotato, se lo porta dall’ambiente familiare in cui
è vissuto (fatto sociale)
- Ideologia del dono: nella scuola si attribuisce la mancata riuscita ad una carenza di doti naturali (fatto
naturale) così la scuola trasforma un fatto sociale in un fatto naturale, legittimando così le disuguaglianze
sociali.
La scuola riproduce le frazioni della classe dominante secondo la quota preesistente di capitale culturale, perché chi
fa parte dell’élite grazie ad esso deve investirvi di più.
3.2.2. Limiti della teoria della riproduzione
- Impronta pessimistica
- La scuola viene vista come un’istituzione permeabile che non svolge nessuna trasformazione
- Mancata storicizzazione: non sempre la scuola ha svolto un ruolo determinante nella riproduzione delle
disuguaglianze!
- L’attuale miglior riuscita scolastica delle femmine e degli immigrati costituiscono una messa in discussione
forte alla radicalità di questa teoria.
4. SCUOLA E SOCIALIZZAZIONE
Effetti prodotti sulle personalità concrete, alla luce delle due teorie.
4.1.OTTICA FUNZIONALISTA
Parsons sostiene che la classe scolastica elementare costituisce per il bambino il luogo della prima essenziale uscita
dall’ambito familiare. Egli sarà preparato alla nuova situazione a seconda del grado di indipendenza rispetto agli
adulti, e al senso di responsabilità raggiunto. La scuola elementare svolge 4 compiti fondamentali, che avvengono se
c’è consonanza tra famiglia e scuola:
a) Liberare il bambino dall’immedesimazione emotiva della famiglia e favorire costruzione identità autonoma
b) Assimilazione norme, valori della società in un modo migliore di come avviene in famiglia
c) Differenziare gli alunni, ordinandoli in base a rendimento scolastico
d) Selezionare capacità dei bambini
4.2.OTTICA CONFLITTUALISTA
4.2.1. La scuola come apparato ideologico di stato
Quindi la scuola serve ad inculcare l’ideologia dominante e non una cultura condivisa dalla società nel suo
complesso. La riproduzione dei rapporti di produzione è resa possibile dall’esistenza degli apparati repressivi e
ideologici di stato (religioso, scolastico, familiare, giuridico, dell’informazione culturale). Nella fase attuale l’apparato
ideologico scolastico ha preso il posto della chiesa.
4.2.2. Scuola ed emancipazione delle classi subalterne
Secondo Althusser la scuola è il potenziale strumento di elevazione delle classi subalterne, se l’assimilazione
culturale viene fatto in modo critico e che i nuovi intellettuali usciti dalle classi popolari rimangano organicamente
collegati ad esse.
4.2.3. Teorie della resistenza
Metà anni 60: la resistenza dei dominati rispetto al processo inculcazione avviene attraverso l’assenteismo, la
disobbedienza, l’insolenza, e una ricerca consapevole dell’insuccesso scolastico (la resistenza dei “duri”). Willis parla
di una controcultura antiscolastica che porta a scuola la visione antintelletuale e antiborghese che però diventa di
fatto un mezzo privilegiato di riproduzione delle disuguaglianze.
Gramsci riteneva indispensabile l’appropriazione critica al fine di costruire una contro-egemonia!
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II) Stile indulgente-permissivo: all’opposto del primo, nessun freno agli impulsi del bambino, regolando
poco gli orari del bambino e le loro consegne scolastiche. I bambini sono poco attenti a scuola, hanno
atteggiamenti ostili verso professori e compagni, poco costanti e senza obiettivi
III) Stile autorevole: basato sulla reciprocità, è definito democratico. In famiglia esistono diritti e doveri per
tutti. Comunicazione basata su ascolto reciproco. Forte impegno da parte dei genitori.
Questo è il migliore dei tre perché produce autostima, fiducia in sé stessi, indipendenza, responsabilità,
migliori competenze sul piano sociale e cognitivo.
In Italia mancano ricerche di questo tipo, anche se la cronaca sembra dimostrare una larga diffusione di quello
indulgente-permissivo: i bambini hanno sempre ragione qualunque cosa facciano. Fattori possibili: affettività,
mancanza di senso civico, familismo amorale.
Da una ricerca fatta a Ginevra, emergono altri stili:
I) Statutario o disciplinare: attribuita importanza all’obbedienza e al conformismo, il controllo dei genitori
è coercitivo, i ruoli educativi di padre e madre sono differenziati, c’è diffidenza verso altri enti educativi
II) Maternalista: impostaziona basata più sul controllo che sulla motivazione. Comunicazione intima, poche
influenze esterne alla famiglia
III) Contrattualista: importanza dell’autocontrollo e autonomia dei bambini, apertura alle influenze esterne
che genera elevata autostima nei bambini e favorisce l’apprendimento
1.2. SOSTEGNO FAMILIARE ALLO STUDIO E RAPPORTI GENITORI/INSEGNANTI
La madre è protagonista della spinta al proseguimento degli studi, il padre interviene solo nei momenti difficili e se
ha l’istruzione necessaria. La spinta familiare è cmq molto importante perché se un bambino si sente sostenuto,
riesce bene.
Il rapporto tra genitori e insegnanti è complesso. Da un lato gli insegnanti lamentano l’assenza di genitori degli allievi
problematici, dall’altro la presenza eccessiva di familiari che sembrano mettere in discussione la loro professionalità.
La scuola pubblica ha bisogno di dialogare con le famiglie senza però sottomettersi alle esigenze particolaristiche.
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3. I RAGAZZI STRANIERI NELLA SCUOLA
L’istituzione scolastica può essere lo strumento essenziale di comunicazione tra culture e di costruzione di una nuova
convivenza possibile. L’ingresso degli studenti nella scuola può assumere tre forme:
- Assimilazione: è il prodotto dell’universalismo intransigente. Le minoranze immigrate vengono assorbite
dalla cultura della società ricevente, perciò la scolarizzazione si limita alla lingua e cultura maggioritarie.
Questo tipo di istituzione scolastica si preoccupa di riprodurre se stessa ed i propri contenuti monoculturali,
escludendo le differenze. La strategia è l’educazione compensativa. Questa impostazione segue la logica
dell’esclusione.
- Separazione: è il prodotto del relativismo radicale, che porta alla necessità di mantenere le diverse culture
divise. È un modello scolastico che impone l’autochiusura in ghetti, al fine di preservare l’identità originaria
di ogni cultura. Il pluralismo è un semplice accostamento di culture fra loro separate, che auspica l’apartheid.
- Interculturalismo: tramite l’interazione fra culture si prefigge l’accettazione attiva e positiva delle diversità.
Questa impostazione si realizza a partire da un equilibrio mai stabile tra universalità e particolarità. Si
propone di creare una scuola capace di garantire la più ampia pluralità.
3. DIFFERENZE DI GENERE
3.1. La miglior riuscita scolastica femminile
Nei paesi OCSE, la partecipazione femminile all’istruzione ha ormai superato quella maschile, anche se in quasi tutti i
paesi permangono differenze a seconda dei settori disciplinari.
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Nei paesi sviluppati ormai il genere femminile studia più a lungo e ottiene risultati migliori, dimostrati anche dalla
ricerca PISA (program for international student assessment)
3.2. La situazione italiana
Anche da noi le donne sono più degli uomini ma questo non si riflette in uno sviluppo nel mercato del lavoro. Il
genere femminile studia più a lungo ma anche conseguendo migliori risultati.
3.3. Spiegazioni del sorpasso femminile
Il capovolgimento della differenza di genere costituisce il principale cambiamento verificatosi nell’ultimo quarto di
secolo scorso. È una rivoluzione silenziosa, e per questo è più efficace perché modificano nella società i
comportamenti in modo irreversibile.
La mobilitazione femminile per la scolarizzazione costituisce il costo che le ragazze sono disposte a sostenere per
trovare un lavoro. Avere successo a scuola significa investire in una vita complessivamente migliore.
In FR il dibattito sociologico sulle cause della miglior riuscita scolastica femminile ha portato a tre prospettive
esplicative:
I) Determinismi sociali: le ragazze interiorizzano comportamenti di genere (obbedienza, docilità,
perseveranza) e quindi non compiono scelte controcorrente, aderendo così agli stereotipi di genere
prodotti dalla socializzazione familiare
II) Scelte femminili come razionali e consapevoli: le donne scelgono percorsi di studio che permettano loro
di conciliare la vita lavorativa con quella familiare
III) Scelte femminili come libere: le donne che hanno scelto rami tradizionalmente maschili, non vengono
penalizzate, si trovano meglio di quelle che hanno seguito percorsi tradizionalmente femminili.
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Grandi differenze anche tra maschi e femmine, le ragazze italiane hanno competenze al di sopra della media
internazionale.
I licei italiani superano i risultati medi internazionali.
Le competenze realmente acquisite dai quindicenni non hanno un preciso rapporto con le valutazioni ottenute da
parte della scuola, dimostrando che il nostro sistema formativo manca di adeguate modalità di verifica delle
competenze.
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