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1. APPROCCIO UNIDIREZIONALE
sistema scolastico unificato
tutti gli studenti con disabilità hanno libero accesso alla scuola
ordinaria
grande varietà di servizi incentrati sull’istruzione pubblica
2. APPROCCIO MULTIDIREZIONALE
molteplicità di approcci
pluralità di servizi all’interno di un sistema scolastico ordinario e di
uno differenziato
3. APPROCCIO BIDIREZIONALE
due distinti sistemi educativi:
o classi speciali differenziate per tipologia di deficit (l’iter
scolastico non segue il curriculum ordinario) riservate
agli studenti in condizioni di disabilità;
o scuole ordinarie per studenti “normodotati”.
I paradigmi dell’educazione speciale a cui fanno riferimento oggi le
differenti legislazioni scolastiche europee in materia di diritto all’istruzione delle
persone con disabilità, sono i seguenti:
IN ITALIA
Fino ai primi anni ’70 diritto all’istruzione per coloro che avevano una
disabilità avveniva in contesti separati, le “scuole speciali”: la scelta della
scuola speciale dipendeva dalla tipologia di deficit e, all’interno di esse, si
trovavano operatori esperti della particolare condizione nonché strumentazione
ad hoc; per i “borderline” (studenti con difficoltà di apprendimento, non
considerati afflitti da qualche disabilità, derivanti perlopiù da situazioni di
svantaggio socioculturale) erano allestite “classi differenziali” presso le scuole
ordinarie; erano spesso luoghi di ulteriore impoverimento culturale.
Porre in situazione di normalità una persona con disabilità risulta decisivo per
scoprire le potenzialità di sviluppo presenti sia nella persona stessa sia nei
contesti di apprendimento e di vita dentro i quali vive la persona. È questo il
più grande successo del modello dell’integrazione scolastica: l’aver compreso
che le persone e l’ambiente risultano decisivi nel caratterizzare una condizione
di disabilità consente di rivedere l’eziogenesi della disabilità che non può più
essere ricondotta alla gravità del deficit, ma alle forme e modalità con cui
determinate condizioni di salute interagiscono con determinati fattori
ambientali e personali. La comprensione del processo in base al quale una
menomazione, un deficit, una patologia grave, si possono trasformare in
disabilità, rinvia all’analisi approfondita del contesto di vita della persona, dei
sui problemi di funzionamento ossia le difficoltà che la persona incontra
I bisogni speciali non sono i bisogni dei diversi; nello specifico della scuola, il
termine “speciale” denota oggi tutti quei bisogni degli alunni che rinviano a
difficoltà di sviluppo e di apprendimento, temporanee o permanenti, che
possono manifestarsi a prescindere da una condizione di disabilità.
Fino alle riforme che abolirono in Italia le scuole speciali, “i bisogni speciali”
coincidevano con le necessità di cura e di sviluppo dei cosiddetti “esseri
speciali”: coloro che, a causa di condizioni mediche particolari, erano
considerati “anormali” o handicappati. I cosiddetti “esseri speciali” non hanno
solo bisogni speciali ovvero condizionati dalle loro specifiche e particolari
tipologie di disabilità, ma hanno soprattutto bisogni normali. Anche i cosiddetti
“esseri normali” possono avere bisogni speciali, possono vivere condizioni di
particolare difficoltà in grado di arrecare danni, ostacoli e svantaggi seppur in
assenza di disabilità. L’essere “normalmente speciale” è dato comune a tutti e
trasversale alle differenti storie di vita delle persone: siamo “tutti diversi e tutti
uguali”. Non avere o avere un bisogno speciale non dipende da un modo di
essere, ma dal modo con cui una certa persona “funziona” o “non funziona” nel
proprio ambiente di vita.
IN ITALIA
Ciò a cui mira il modello dell’Inclusive Education non è la tutela dei differenti
BES quanto, invece, la costruzione di un sistema scolastico Full Inclusion,
senza esclusioni e oltre ogni meccanismo di labelling.
Ombre come si può essere sicuri che tutti gli insegnanti abbiano le
necessarie competenze? Se un bisogno educativo è davvero speciale, significa
che anche le risposte a questo bisogno devono contenere almeno qualche
livello di specializzazione. La formazione specialistica degli insegnanti non può
seguire solo la logica della libera adesione o dell’interesse personale. A essa va
affiancata un’altra logica, espressione di una mentalità programmatica e
organizzativa consistente nella gestione oculata delle risorse umane presenti,
con l’ottica dell’implementazione delle competenze in capo all’organico stabile.
La ricerca scientifica ha dimostrato che per affrontare i problemi educativi
complessi bisogna imparare a interrogarsi sulle azioni in atto e saper esplorare
l’esperienza con una riflessione adeguata e attenta a individuare le “buone
prassi” ossia le pratiche educative e organizzative replicabili e generabili con le
risorse a disposizione, in quanto dotate di costanti significative, caratteristiche
operative positive e principi attivi che funzionano al di là delle ovvie differenze
di situazione. Altra ombra deriva dall’aver pensato di poter ampliare il raggio
dei BES senza alcuno stanziamento di risorse straordinarie: l’aumento di
certificazioni di handicap è interpretabile come fenomeno indotto dal sistema
scolastico a seguito del costante aumento di casi problematici nelle classi e per
la percezione, sempre più diffusa tra gli insegnanti, di non potervi far fronte se
non attraverso il ricorso a risorse straordinarie.
CRONOLOGIA LEGGI PRINCIPALI
Legge n.118 del 1971 Ufficializza il termine “inserimento”
all’art. 28.
Legge n. 517 del 1977 Ufficializza il termine “integrazione”.
Introduce la figura dell’insegnante di
sostegno.
Legge n.104 del 1992 Approfondisce il termine
“integrazione”.
Legge n. 170 del 2010 Riconosce che nelle classi non
esistono solo BES che fanno
riferimento a certificazioni di
handicap, ma esistono BES che non
derivano da condizioni di salute:
DSA, disturbi specifici
dell’apprendimento.
Direttiva dicembre 2012 Introduce nel sistema un’altra
categoria di BES non riconducibili a
una “certificazione di handicap”
perché derivanti o da condizioni
cliniche non previste nella 170/2010
o da condizioni di svantaggio
sociolinguistico e culturale
Circolare marzo 2013 Introduce le variabili ambientali quali
possibile causa BES