Sei sulla pagina 1di 18

Insegnare: metamorfosi

di una responsabilità sociale


Mario Caligiuri

PREMESSA

Ogni analisi storica e sociale è inevitabilmente in qualche misura


distorta dalle due dimensioni in cui l’uomo si muove, ossia il tem-
po e lo spazio. Tali incertezze sono evidenti nell’approccio scienti-
fico riguardo agli studi sulla società contemporanea, investita da
una metamorfosi profonda. Infatti, stiamo assistendo a una tra-
sformazione paragonabile alla fase evolutiva della specie umana in
cui si passò dall’estinzione dell’Uomo di Neanderthal allo sviluppo
dell’Uomo Sapiens.1
Nonostante il mondo stia subendo una trasformazione radicale,
negli ultimi decenni nell’ambito dell’istruzione si continua a inse-
gnare sostanzialmente come si faceva più di un secolo fa.
Recentemente gli studenti britannici hanno evidenziato, per e-
sempio, che lo studio dell’economia non tiene conto di quanto è
accaduto in questi anni, in cui è stata messa in discussione gran
parte delle teorie sulle quali si basa la disciplina.2
Nel nostro Paese, ancora oggi, nelle scuole superiori si studiano
I Promessi Sposi perché fu stabilito nel 1881 dal ministro della Pub-
blica Istruzione del Regno d’Italia, Guido Baccelli3 e si approfondi-

1 U. Beck, La metamorfosi del mondo, Roma-Bari, Laterza, 2016 e Y.N. Harari,

Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, Milano, Bompiani, 2016.


2 D. Pilling, È ora di cambiare il modo di insegnare economia. Nei corsi tradizionali

non c’è traccia della crisi, in https://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-


idee/2016-10-03/e-ora-cambiare-modo-insegnare-l-economia-corsi-tradizionali-
non-c-e-traccia-crisi-201922.shtml?uuid=ADwqEaVB, 4 ottobre 2016.
3 «Passo decisivo sulla via dell’ufficializzazione della lettura scolastica del

romanzo viene compiuto dal Ministro Baccelli che nel 1881 indica per la quinta
classe ginnasiale “la lettura di alcune opere moderne fra le quali da preferirsi I
Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 242

sce la Divina Commedia perché il ministro Michele Coppino lo ha


previsto nei programmi scolastici del 1884.
Nell’ultimo cinquantennio, tuttavia, si è riscontrato che le scuo-
le e le università italiane, da un lato hanno favorito la mobilità so-
ciale garantendo, in una certa misura, l’uguaglianza in termini di
opportunità formative; dall’altro, però, in conseguenza di scelte po-
litiche, queste strutture educative si sono trasformate per studenti e
docenti in ammortizzatori sociali con ricadute preoccupanti.4 Non
solo si è indebolita la funzione di ascensore, ma anche, secondo
Tullio De Mauro, oltre il 70 per cento degli italiani è costituito da
analfabeti, semi analfabeti e analfabeti di ritorno, incapaci di inter-
pretare un semplice testo in italiano. In pratica, una larga parte del-
la popolazione «legge, guarda, ascolta ma non capisce».5 Peraltro,
da un’indagine OCSE-PIAAC del 2016, risulta che il 27,9 per cen-
to degli italiani è analfabeta funzionale, dei quali il 4,1 per cento è
costituito da laureati.6

Promessi Sposi del Manzoni” [...] Analogamente, nelle Istruzioni e programmi per le
scuole normali del 1883, in merito alla prima classe si preciserà: Si leggeranno il
Manzoni (I Promessi Sposi), il Tasso e l’Ariosto (brani scelti) […]». In seguito, le
riforme scolastiche «nel 1884 e, definitivamente, nel 1888, sanciscono l’ingresso
del Manzoni nel canone scolastico ufficiale». Si veda G. Polimeni, La similitudine
perfetta. La prosa di Manzoni nella scuola italiana dell’Ottocento, Milano, Franco Angeli,
2011, pp. 139-140.
4 N. D’Amico, Storia della formazione professionale in Italia. Dall’uomo del lavoro, al

lavoro per l’uomo, Milano, Franco Angeli, 2015, p. 414. Nel testo, si evidenza come
il processo che ha portato scuole e università italiane ad assumere il ruolo di
ammortizzatore sociale, ampliato negli ultimi decenni in modo parossistico sia
nelle scuole che nelle università, era già stato avviato negli anni ’60. Il Presidente
del Consiglio Amintore Fanfani aveva nominato una Commissione d’indagine,
presieduta da Giuseppe Ermini, rettore dell’Università di Perugia, per verificare
la qualità del sistema scolastico, al fine di migliorarlo a partire dalla formazione
delle risorse umane. Di fatto, il cospicuo finanziamento straordinario assegnato
alle scuole (Provvedimenti per lo sviluppo della scuola nel triennio del 1962-1965), venne
in gran parte utilizzato per incrementare le fila del personale scolastico, a scapito
di tutto il resto.
5 M. Candido, Il 70 per cento degli italiani è analfabeta (legge, guarda, ascolta ma non

capisce), in “La Stampa”, 10 gennaio 2017, in http://www.lastampa.it/2017/01/


10/blogs/il-villaggio-quasi-globale/il-per-cento-degli-italiani-analfabeta-legge-
guarda-ascolta-ma-non-capisce-MDZVIPwxMmX7V4LOUuAEUO/pagina.html
6 OCSE, Skills Matter Further Results from the Survey of Adult Skills, in

https://www.oecd-ilibrary.org/education/skills-matter_9789264258051-en. Ve-
di anche G. Di Francesco, M. Amendola, S. Mineo, I low skilled in Italia. Evidenze
dall’indagine PIAAC sulle competenze degli adulti, in “Osservatorio Isfol”, 6 (2016), n.
243 MARIO CALIGIURI

Il sistema educativo italiano negli ultimi decenni, da quando si è


di fatto imposto il facilismo, ha spesso allargato le distanze sociali,
con l’illusione di ridurle.7 Non è, ovviamente, un caso che riguarda
solo il nostro Paese ma è diffuso in parte dell’Occidente.8
Diventa, quindi, importante verificare in che modo l’educazione
possa validamente concorrere nell’affrontare i problemi sempre più
complessi della società contemporanea: dalla criminalità organizza-
ta al degrado ambientale, dai rischi dell’uso non corretto delle nuo-
ve tecnologie alle incognite degli sviluppi dell’intelligenza artificiale,
dall’integrazione multiculturale alla crisi devastante della democrazia.
Non a caso, di fronte a tutte queste emergenze sistematicamen-
te s’invoca il ruolo dell’educazione.
Tuttavia, in Italia, l’istruzione non è affatto al centro delle poli-
tiche nazionali, a differenza di altri contesti. Ricordiamo che nel
1997, il leader dei laburisti Tony Blair, eletto per la prima volta Pri-
mo ministro del Regno Unito, ricordava che le sue tre priorità era-
no: education, education, education.9

QUAL È IL RUOLO DELL’INSEGNANTE?

In uno scenario dai tratti assai incerti, un dato è ineludibile: una


“buona scuola”, per essere definita tale, deve pure essere costituita
innanzi tutto da buoni insegnanti, selezionati secondo criteri meri-
tocratici e innovativi. Tutto questo rende necessario ripensare,

1-2, pp. 53-67. Cfr. ISFOL (2014), Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti
PIAAC-OCSE 2014, in http://www.isfol.it/piaac/Rapporto_Nazionale_Piaac
_2014.pdf.
7 M. Caligiuri, Il facilismo amorale. Una riflessione sulla responsabilità educativa del

‘68, in “Formazione & Insegnamento. Rivista internazionale di Scienze


dell’educazione e della formazione”, XVI, 1-2018, pp. 17-34.
8 Per il caso francese, vedi L. Alexander, La guerra delle intelligenze. Intelligenza

artificiale «contro» intelligenza umana, Torino, EDT, 2018.


9 L’intera campagna elettore laburista ebbe tra i punti nevralgici del suo pro-

gramma i temi dell’educazione e dal fatto che la scuola non selettiva con gli stu-
denti è divenuta non selettiva anche nell’assunzione degli insegnanti. E le cose
sono indiscutibilmente collegate. In un discorso a Blackpool, nel 1996, così si
esprimeva il leader laburista Tony Blair: «Ask me my three main priorities for
government and I tell you: education, education and education», in http://www.
britishpoliticalspeech.org/speech-archive.htm?speech=202.
Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 244

dunque, il ruolo del docente, nelle varie fasi: formazione, selezione,


aggiornamento, verifica.
Questa circostanza trova una paradossale conferma in una fake
news che circola in rete: in Giappone gli unici cittadini che non so-
no obbligati a inchinarsi davanti all’Imperatore sono i professori.10
Nell’impero del Sol Levante, infatti, si sostiene che senza insegnan-
ti non ci sarebbero neppure imperatori. Si tratta di una “falsa noti-
zia” perché in Giappone nessuno deve inchinarsi dinanzi al-
l’Imperatore, tuttavia, essa conferma l’indispensabilità di questa
funzione sociale.
Non per nulla, il ruolo preminente del docente è, per esempio,
testimoniato dalla presenza di magnificenti tombe medioevali, eret-
te a professori illustri e collocate in luoghi prestigiosi all’interno di
Università o di Musei o in pubbliche vie: è quanto si può ancora
oggi ammirare in città come Bologna e Padova. Questi monumenti
sono paragonabili per bellezza a quelli edificati, nel corso dei seco-
li, in memoria di re e papi. Tale pubblico riconoscimento derivava
dalla comprensione della funzione insostituibile dell’insegnante: la
trasmissione del sapere di generazione in generazione.
Attualmente, però, il ruolo del docente è in crisi nella sua stessa
essenza di custode della conoscenza. E questo non solo dovuto, a
volte, dai discutibili processi di formazione e di selezione ma anche
dall’incertezza derivante dall’individuare quale sia il sapere da tra-
smettere alle future generazioni, in un contesto in cui l’infor-
mazione ci segue dovunque. Di conseguenza, nessuno è davvero
consapevole di quali siano gli esiti di questo convulso sviluppo.
Allora, quale dovrebbe essere adesso il ruolo dell’insegnante
nelle scuole e nelle Università? Per alcuni, l’insegnante dovrebbe
essere un progettista della formazione;11 per altri, invece, un pro-
fessionista riflessivo.12 A mio avviso, invece, dovrebbe essere un
intellettuale, perché l’uomo contemporaneo vive in una società
complessa e il ruolo principale dell’intellettuale è appunto quello di
ridurre la complessità, rendendola così più comprensibile e gestibi-

10 https://www.bufale.net/home/bufala-giappone-gli-unici-cittadini-non-de
vono-inchinarsi-davanti-allimperatore-gli-insegnanti-bufale-net/#.
11 R. Raiteri, Progettare progettisti. Un paradigma della formazione contemporanea,

Macerata, Quodlibet, 2014.


12 D.A. Schön, Formare il professionista riflessivo. Per una nuova prospettiva della for-

mazione e dell'apprendimento nelle professioni, Milano, Franco Angeli, 2006.


245 MARIO CALIGIURI

le. In questo modo, si possono aiutare gli studenti a diventare più


consapevoli rispetto al cambiamento, stimolandone la volontà e i
talenti.
Chi insegna deve essere in grado di educare al pensiero critico e
all’incertezza13, essendo l’uomo totalmente immerso nella domi-
nante società della disinformazione, che si realizza da un lato attra-
verso l’eccesso delle informazioni e dall’altro tramite un basso li-
vello di istruzione sostanziale.14 È necessario, pertanto, avere le ca-
pacità di selezionare le informazioni rilevanti in modo da avvici-
narsi alla comprensione della realtà che ci circonda.
Siamo totalmente immersi nella disinformazione ma lo igno-
riamo. Sembriamo come i pesci della celebre metafora di Marshall
McLuhan quando spiega che «quello di cui i pesci non sanno asso-
lutamente nulla è l’acqua. Del resto, quanto capiamo di noi stessi?
E quanto ci insegna, la scuola, a capire noi stessi?
Infatti, viviamo in un’epoca di straordinario autoinganno, poi-
ché non siamo in grado di distinguere la verità dalla menzogna, in
uno scenario in cui la verità diventa addirittura un’opinione.15
A questo punto, bisogna ulteriormente chiarire come si confi-
guri la società della disinformazione: mentre nei secoli passati si
cercava di mantenere il potere con la censura delle informazioni,
adesso accade con il programmato e intenzionale eccesso delle in-
formazioni, in modo da rendere indistinguibile il vero dal falso.
Questo aspetto richiama il problema dal mio punto di vista più
grave: gli esiti imprevedibili della rivoluzione dell’Intelligenza Artifi-
ciale, che sconvolgeranno la società, compresi i processi educativi.
Già l’uso delle tecnologie digitali è controverso dal punto di vi-
sta dell’istruzione. Clifford Stoll da tempo sostiene l’inutilità delle
tecnologie in presenza di docenti non adeguatamente preparati.16
Su questo tema interessanti sono le riflessioni sulla didattica di Pier

13 Si rinvia a E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Cor-

tina, 2001.
14 M. Caligiuri, Introduzione alla società della disinformazione, Soveria Mannelli,

Rubbettino, 2018.
15 Si veda H. Arendt, Verità e politica, Torino, Bollati-Boringhieri, 2004, p. 44.
16 “Un buon insegnante non ha bisogno di computer, e uno mediocre non

migliorerà certo con un Pentium”. C. Stoll, Confessioni di un eretico hight-tec, Milano,


Garzanti, 2001, p. 24.
Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 246

Cesare Rivoltella, in cui collega le neuroscienze con i processi di


apprendimento.17
Verosimilmente, il compito che dovrebbe avere l’insegnante è
quello di trasmettere un metodo per avere le capacità di apprende-
re per tutta la vita, aiutando a individuare le attività formative indi-
viduali più significative.
Nei percorsi accademici e scolastici non sembra a volte si presti
eccessiva attenzione alle diverse fasi evolutive dello studente: i
primi anni di vita alla scuola materna sono fondamentali perché in
questa fase si formano le abilità cognitive, invece, alle scuole ele-
mentari si sviluppano le abilità di base, che sono decisive per pro-
cedere negli studi successivi.18
Appare, dunque, evidente che il ruolo del docente deve necessa-
riamente essere differenziato: per cui, prima di “imparare a impara-
re”, si potrebbe affermare che è necessario “insegnare a insegna-
re”. E i tempi sono fondamentali poiché la società contemporanea
è caratterizzata dalla velocità e le innovazioni superano sistemati-
camente la nostra capacità di comprenderle.
In altre parole, è già arrivato lo “tsunami dell’intelligenza artifi-
ciale”, come in un certo senso ipotizza il filosofo e saggista Franco
Berardi, detto “Bifo”, secondo il quale se si mettessero in atto tutte
le tecnologie già disponibili quello che attualmente viene definito
lavoro scomparirebbe in gran parte nell’arco di una giornata.19
Una ricerca del Dipartimento del Lavoro statunitense sostiene
che chi frequenta oggi le scuole elementari, quando terminerà gli
studi, svolgerà un lavoro che al 65 per cento ancora non è stato in-
ventato: questo rafforza l’ipotesi che l’onda lunga e devastatrice
dell’intelligenza artificiale è ancora largamente sottovalutata.20

17 P.C. Rivoltella, La previsione. Neuroscienze, apprendimento, didattica, Brescia, La


Scuola, 2014.
18 Tra gli altri, J.J. Heckman, T. Kautz, Formazione e valutazione del capitale uma-

no. L’importanza dei “character skills” nell’apprendimento scolastico, Bologna, Il Mulino,


2017.
19 F. Berardi “Bifo”, L’anima al lavoro. Alienazione, estraneità, autonomia, Roma,

DeriveApprodi, 2016; F. Berardi “Bifo”, Futurabilità, Roma, Produzioni Nero,


2018.
20 I mestieri del futuro? Non esistono ancora, articolo senza firma, in http://www.

lastampa.it/2015/01/07/societa/i-mestieri-del-futuro-non-esistono-ancora-Dd7p
bIOoLJ0JgqmjxqaU9L/pagina.html, 7 gennaio 2015.
247 MARIO CALIGIURI

A duecento anni dal romanzo Frankenstein di Mary Shelley,21


dove si narra la storia di una creatura nata in laboratorio che finisce
col ribellarsi al suo stesso inventore, e a cinquant’anni dal film
2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, dove il computer per-
fetto Hal-9000 si ribella agli ingegneri che lo avevano progettato,22
quella che veniva definita fantascienza si sta velocemente avvici-
nando alla realtà.

CHE INSEGNARE?

Le abilità di base sono diventate cinque: oltre a leggere, scrivere


e saper far di conto bisogna aggiungere le competenze informati-
che e la conoscenza della lingua inglese. Inoltre, non è più possibile
insegnare efficacemente senza conoscere significativi elementi di
neuroscienza, genetica, bioeducazione, empatia, intelligence, tecniche
di comunicazione efficace oltre che sviluppo del pensiero critico,
creativo, laterale e contrarian. La pedagogia, inoltre, nei prossimi an-
ni, potrebbe essere destinata a diventare una branca della medici-
na.23 Di conseguenza, sarà sempre più difficile insegnare come av-
viene adesso, dove, per svolgere adeguatamente una professione,
questa si apprende spesso on the job, cioè sulla base della pratica e
con competenze disciplinari limitate. Bisogna, quindi, ripensare
profondamente i percorsi di formazione dei docenti, in modo da
fornire strumenti pertinenti per l’insegnamento efficace, mediante
l’uso di tecniche essenziali e sempre necessarie, come, ad esempio,
attirare l’attenzione, sviluppare le capacità di riassumere i contenuti
e tenere conto degli effettivi sbocchi lavorativi, che sarà sempre
più difficile individuare. Probabilmente, potranno essere richieste
mirate e avanzate tecniche di orientamento scolastico e universita-
rio, forse fin dai primissimi anni di vita. È necessario operare in

21 M. Shelley, Frankestein, Milano, Giunti, 2001. L’opera originale inglese è

del 1818.
22 Film 2001: Odissea nello spazio (2001: Space Odyssey, regista di Stanley Ku-

brick, 1968). La pellicola ha ispirato e sviluppato in contemporanea il romanzo


di fantascienza omonimo scritto da A.C. CLARKE, 2001: Odissea nello spazio, Mi-
lano, TEA Due, 1988.
23 L. Alexander, La guerra delle intelligenze. Intelligenza artificiale «contro» intelligenza

umana, cit., p. XIV.


Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 248

ampiezza, dilatando nella lunga durata la nostra interpretazione del


mondo.
Tutti i fenomeni vanno contestualizzati. Prendiamo ad esempio
la criminalità organizzata che incide, anche dal punto di vista edu-
cativo e che rappresenta l’emergenza sociale più acuta, non più nel-
le aree di origine. A riguardo, sostiene Isaia Sales che il fenomeno
delle mafie non può essere arginato se chi avrebbe dovuto combat-
terle ne condivide gli stessi orizzonti culturali.24
Un ulteriore elemento caratterizza la contemporaneità: il recen-
tissimo fenomeno della mobilità sociale. Uno studio di due ricerca-
tori della Banca d’Italia ha messo a confronto le famiglie più ricche
della Firenze del XV secolo ossia quella di Lorenzo de’ Medici, con
quelle del 2010. È emerso che le stesse famiglie di sei secoli sono
ancora oggi i maggiori contribuenti della città del giglio.25
Per affrontare consapevolmente questa fase di straordinaria me-
tamorfosi probabilmente, potrebbe essere utile guardare alla nostra
storia in profondità. Quella del nostro Paese è intimamente legata
al concetto estetico di arte e di bellezza, poiché rappresentiamo
una potenza culturale del pianeta. L’economista John Kenneth
Galbraith evidenzia:

l’Italia, partita da un dopo guerra disastroso, è diventata une delle princi-


pali potenze economiche. Per spiegare questo miracolo, nessuno può ci-
tare la superiorità della scienza e dell’ingegneria italiana, né la qualità del
management industriale, né tantomeno l’efficacia della gestione ammini-
strativa e politica, né infine la disciplina e l’atteggiamento collaborativo
dei sindacati e delle organizzazioni industriali. La ragione vera è che
l’Italia ha incorporato nei suoi prodotti una componente essenziale di
cultura e che città italiane come Milano, Parma, Firenze, Siena Venezia,
Roma, Napoli e Palermo, pur avendo infrastrutture molto carenti, pos-
sono vantare nel loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza.
Molto più che l’indice economico del PIL, nel futuro il livello estetico di-
venterà sempre più decisivo per indicare il progresso della società.26

24 I. Sales, Storia dell’Italia mafiosa. Le mafie hanno avuto successo, Soveria Mannel-

li, Rubbettino, 2015.


25 G. Barone, S. Mocetti, Intergenerational Mobility in the Very Long Run: Florence

1427-2011, in “Banca D’Italia, Vorking Papers”, n. 106, aprile 2016, https://ww


w.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2016/2016-1060/en_tema_10
60.pdf?language_id=1ù.
26 Riflessione del 1983 dell’economista John Kenneth Galbraith riportato in

G. Cassese (a c. di), Patrimoni da svelare per le Arti del futuro, Roma, Gangemi, 2016,
p. 290.
249 MARIO CALIGIURI

Questa considerazione è fondamentale per due motivi: il primo,


perché il valore dei prodotti nei prossimi decenni sarà valutato sul-
la base del design, che diventa più importante della funzionalità; il
secondo, perché nel futuro saremo destinati a vivere più a lungo,
mentre muterà la struttura della famiglia con il ruolo delle donne
più accentuato rispetto a quello odierno e non solo nel campo
dell’istruzione, dove già adesso c’è una massiccia presenza, soprat-
tutto in alcuni ordini di scuole. Nel prossimo futuro, inoltre, lavo-
reremo solo un settimo della nostra esistenza poiché molta forza
lavoro sarà sostituita dai robot. Nelle scuole, perciò, non dovremo
insegnare solo a lavorare, ma dovremo pure educare le nuove ge-
nerazioni su come trascorrere utilmente il tempo libero, che sarà
occupato in prevalenza da consumi estetici e culturali. Allora, si
porranno due problemi: l’organizzazione del sistema sociale per
una efficace convivenza umana27 e l’abbandono delle definizioni
educative insufficienti (o imperfette) di competenze, conoscenze e
saperi stabilendo, invece, rinnovati percorsi scolastici ed accademi-
ci. Nelle università italiane, infatti, le materie sono suddivise in 367
settori disciplinari, probabilmente non sempre funzionali all’af-
fermazione del merito.28 Ma la frammentazione eccessiva delle
specializzazioni, come già osservava più di un secolo fa Alexander
Dunlop Lindsay della Oxford University potrebbe rappresentare
un grande problema: “Colui che sa sempre di più in ambiti sempre
più ristretti sta diventando un pericolo pubblico”.29

A CHI INSEGNARE?

Come appare evidente, l’insegnamento uniforme è impossibile


nelle scuole e nelle Università. A prescindere dalla nozione di nor-
malità, l’insegnamento attualmente richiede “un impegno eccezio-
nale”: tra DVA, DSA, BES, bulli, ansiosi, stranieri possiamo anco-

27 K. Popper, La società aperta e i suoi nemici, a cura di D. Antiseri, (2 voll.),

Roma, Armando, 1973-1974.


28 R. Perotti, L’università truccata, Torino, Einaudi, 2008. Con un altro taglio,

vedi anche G. Viesti, La laurea negata. Le politiche contro l’istruzione universitaria, Ro-
ma- Bari, Laterza, 2018.
29 G. Mulgan, Big Mind. L’intelligenza collettiva che può cambiare il mondo, Torino,

Codice, 2018, p. 216.


Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 250

ra parlare di normalità? Bisognerà formare degli insegnanti che sia-


no in grado di cogliere i segnali deboli che ogni studente trasmette,
inquadrandoli nelle caratteristiche individuali e nello scenario edu-
cativo complessivo. Stiamo assistendo, peraltro, a una progressiva
e costante ibridazione tra uomo e tecnologie avanzate, come ipo-
tizzava già quindici anni fa Giuseppe O. Longo.30
Pertanto, nell’immediato futuro, gli studenti potranno muoversi
in tre dimensioni: la vita reale, quella virtuale e quella aumentata.31
L’intelligenza artificiale, però, potrebbe anche rappresentare una
straordinaria opportunità di cambiamenti e di innovazione sociale
per migliorare la qualità della vita.
Di conseguenza, essa potrebbe offrire sorprendenti opportunità
a chi ha un elevato quoziente intellettuale. Va considerata però an-
che l’altra faccia della medaglia poiché la stragrande maggioranza di
coloro che ha prestazioni intellettuali normali o modeste corre il
rischio di fare parte di una moltitudine di diseredati.
Quindi, occorre prioritariamente considerare sia l’impatto
dell’intelligenza artificiale32 che gli effetti dell’uso massiccio delle
tecnologie a livello mentale e cerebrale.33
A quest’ultimo riguardo, sono interessanti le riflessioni di Mar-
yanne Wolf che riporta una serie di ricerche dalle quali risulta che
l’esercizio della lettura su sopporti digitali indebolisce il ragiona-
mento deduttivo, l’analisi critica e l’empatia e pertanto invita a col-
tivare “un cervello bi-alfabetizzato capace delle forme di pensiero
più profonde usando sia i mezzi digitali che quelli tradizionali”.34

COME SCEGLIERE GLI INSEGNANTI?

Di fronte a questi inediti e rapidissimi mutamenti a livello globa-


le, occorre chiedersi quanto l’attuale modello italiano di selezione
degli insegnanti sia ancora valido, anche perché la valutazione ap-

30 G.O. Longo, Il Simbionte. Prove di umanità futura, Milano, Mimesis, 2003.


31 M. Benasayag, Il cervello aumentato, l’uomo diminuito, Trento, Erickson, 2016.
32 Y.N. Harari, Homo Deus. Breve storia del futuro, Milano, Bompiani, 2017.
33 N. Carr, La Gabbia di Vetro. Prigionieri dell’automazione, Milano, Raffaello

Cortina, 2015.
34 M. Wolf, Doppia lettura, in “Internazionale”, n. 1277, 12 ottobre 2018, p. 63.
251 MARIO CALIGIURI

prossimativa degli studenti è spesso conseguenza della selezione ap-


prossimativa dei loro docenti, sia nelle scuole che nelle Università.
Un docente scolastico, per abilitarsi, negli ultimi vent’anni, ha
dovuto attraversare la lunga trafila delle ex scuole abilitanti (SIS o
SISSIS), sino ai PAS e ai TFA (tutti corsi abilitanti pagamento), si-
no ai più recenti percorsi di Formazione Iniziale e Tirocinio
(FIT).35 Tali percorsi sono stati messi recentemente in discussione
a livello ministeriale, quanto meno nelle modalità concorsuali, per i
docenti con tre anni d’insegnamento e non abilitati. Tra l’altro la
trafila dei potenziali docenti abilitati passa attraverso test ministe-
riali di selezione basati su domande a risposte multipla (che ricor-
dano una rivisitazione dei famosi quiz televisivi della metà del No-
vecento stile “Rischia Tutto” di Mike Bongiorno), per concludersi,
infine, con un colloquio d’esame orale. Si tratta, dunque, di un me-
todo di selezione che rischia di essere privo di organicità.
Non a caso, da più parti si richiede un radicale ed esplicito ag-
giornamento delle scienze dell’educazione.36
Pure il sistema accademico italiano, in generale, dovrebbe essere
ripensato.
Sia nell’ambito scolastico che universitario gli insegnanti do-
vrebbero essere individuati in base a una effettiva selezione meri-
tocratica e, di conseguenza, essere anche maggiormente incentivati
dal punto di vista economico e delle progressioni di carriera. In
questo modo, l’insegnamento non sarebbe inteso come un mero
ripiego rispetto ad altre professioni.
E se il sistema dell’istruzione pubblica continuerà a essere debo-
le, saranno penalizzati soprattutto i figli delle classi sociali più svan-

35 Si rinvia al Decreto Legislativo n. 59 del 13 aprile 2017, secondo il quale le

modalità di reclutamento degli insegnanti prevede un concorso pubblico nazio-


nale, indetto su base regionale o interregionale; un successivo percorso triennale
di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione di docente, diffe-
renziato fra posti comuni e posti di sostegno, destinato ai soggetti vincitori del
concorso; una procedura di accesso ai ruoli a tempo indeterminato, previo supe-
ramento delle valutazioni intermedie e finali del citato percorso formativo. Supe-
rato il concorso, i docenti stipuleranno un contratto triennale retribuito di for-
mazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione di docente (percorso
FIT). Per i docenti con tre anni d’insegnamento continuativo e per i laureati è
stato necessario, prima di accedere al concorso, superare 24 CFU in discipline
d’ambito psicologico, pedagogico e antropologico.
36 M. Gennari, Trattato di pedagogia generale, Milano, Bompiani, 2006.
Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 252

taggiate, poiché chi proviene da famiglie facoltose non avrà diffi-


coltà a studiare in istituti di formazione competitivi privati o
all’estero. In altre parole, una scuola pubblica non al passo coi
tempi, poco qualificata e qualificante danneggia principalmente chi
ha bisogno dei servizi dello Stato.
Ma, allora, l’intelligenza artificiale potrebbe essere usata per mi-
gliorare l’apprendimento? E se sì, come farlo? Investendo su buoni
insegnanti, secondo quello che potremmo definire il modello
“Dewey”, che proviamo a spiegare. Quando nel 1923 Kemal Ata-
türk assunse il potere in Turchia, uno dei primi interventi struttura-
li a cui si dedicò riguardò appunto l’istruzione, coinvolgendo i più
importanti pedagogisti del tempo. Tra questi anche John Dewey
che si recò in Turchia nel 1924, vi restò tre mesi e redasse due rap-
porti in base ai quali consigliava di individuare i docenti tra i mi-
gliori laureati del Paese, formandoli specificamente e retribuendoli
adeguatamente.37 Infatti, all’interno della sconvolgente metamorfo-
si sociale a cui stiamo assistendo, nell’ambito dell’educazione, pro-
babilmente quella più evidente riguarderà la funzione dei docenti.

TRA NECESSITÀ E REALTÀ

Potremmo concludere identificando tre regole per evidenziare


alcune urgenti necessità educative. Regola numero uno: non è più
possibile procedere con la politica dei piccoli passi, magari da “ri-
forma” in “riforma”, poiché i cambiamenti sono già in atto, ren-
dendo evidente l’inadeguatezza del sistema educativo rispetto alle
necessità sociali. Regola numero due: in pochi, almeno a livello di
politica educativa, si sono posti questo problema e, quindi, risulta
difficile affrontarlo in modo immediato e appropriato. Regola nu-
mero tre: bisogna essere consapevoli di questa inadeguatezza e
cominciare a creare “oasi di resistenza educativa”.
Saremo sommersi dal cambiamento, poiché nei prossimi cinque
anni ci saranno rivoluzioni sconvolgenti.38 Di fatti, innovazioni
tecnologiche, che sono sempre più veloci, non vengono immesse

37M. Caligiuri, Prove tecniche di democrazia. L’esperienza educativa di John Dewey in


Turchia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007, pp. 19-20.
38 Roberto Cingolani durante la lezione al Master in Intelligence

dell’Università della Calabria il 13 marzo 2018.


253 MARIO CALIGIURI

subito nel mercato, perché altrimenti si produrrebbe una disoccu-


pazione spaventosa.39
Saremo presto immersi nel cambiamento, per cui è urgente tro-
vare una soluzione tra la necessità di avere docenti intellettuali e le
modalità burocratiche del loro attuale sistema di reclutamento.
Essendo incolmabile il divario tra tempi della formazione e le
innovazioni sociali provocate essenzialmente dalle tecnologie e
dall’intelligenza artificiale, non è possibile avere subito a disposi-
zione la quantità necessaria di insegnanti adeguati nelle scuole e
nelle Università: siamo, però, ancora in tempo per renderli consa-
pevoli di tale metamorfosi.40
Esiste, perciò, una distanza strutturale tra l’innovazione e la cul-
tura, diventando una necessità sociale puntare sul docente intellet-
tuale: una figura in grado di fare comprendere agli studenti i reali
cambiamenti che stiamo vivendo, fornendo gli insegnamenti di cui
hanno bisogno. In tale quadro, diventa necessario riuscire a con-
temperare la dimensione culturale umanistica con le competenze
digitali. In questo senso ritornano di attualità le riflessioni di Fran-
cesco De Bartolomeis sulla responsabilità sociale della cultura.41
Si manifesta così la decadenza della democrazia, in una fase in
cui l’educazione sembra non riesca a dare un apporto vitale42, forse
perché la legittimazione del potere formale si sta radicalmente tra-
sformando.43 E peraltro, in un contesto in cui le principali politiche
governative non sono più decise nelle istituzioni democratiche, ma
in gran parte dal potere finanziario.44
Si pone, allora, un problema gigantesco: e cioè la necessità so-
ciale dell’istruzione pubblica. Questo tema è diventato significativo
solo dall’Ottocento in poi, quando gli Stati nazionali avevano biso-

39 F. Berardi, L’anima al lavoro. Alienazione, estraneità e autonomia, cit.


40 Cfr. L. Alexander, La guerra delle intelligenze. Intelligenza artificiale «contro» intel-
ligenza umana, cit.
41 F. De Bartolomeis, La responsabilità sociale della cultura, in “Maestrale”, nn. 2-

3, febbraio-aprile 1951, pp. 5-10.


42 Cfr. J. Dewey, Democrazia e educazione. Una introduzione alla filosofia dell’edu-

cazione (a c. di Giuseppe Spadafora), Roma, Anicia, 2018.


43 M. Naím, La fine del potere: Dai consigli di amministrazione ai campi di battaglia,

dalle chiese agli stati, perché il potere non è più quello di un tempo, Milano, Mondadori,
2013.
44 G. Galli, M. Caligiuri, Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci, Soveria

Mannelli, Rubbettino, 2017.


Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 254

gno di persone istruite e sane per fare funzionare le fabbriche, gui-


dare gli eserciti e praticare le forme della democrazia.
Oggi, però, le fabbriche sono mandate avanti soprattutto dai ro-
bot, le guerre possono essere combattute prevalentemente con i
droni oppure sul web e la democrazia è di fatto una procedura elet-
torale, determinata dalle strategie di marketing e dalla propaganda.
In questi casi, le classi dominanti delle varie nazioni continue-
ranno a investire somme ingenti nell’istruzione e nella sanità?45
La decadenza della democrazia, in ogni caso, espone concreta-
mente al rischio di generare addirittura due diverse razze umane,
condannando all’irrilevanza la grande delle persone. Sostiene Yo-
shua N. Harari:

Gli algoritmi che elaborano i Big Data potrebbero instaurare dittature di-
gitali i cui tutto il potere è concentrato nelle mani di una minuscola élite
mentre la maggior parte delle persone soffre non tanto per lo sfrutta-
mento, bensì per qualcosa di peggiore: l’irrilevanza”.46

Potremmo, dunque, trovarci di fronte al tragico fenomeno dei


popoli superflui dei quali le élite non avranno alcun bisogno per
governare e anche per produrre.47
Pertanto, nella ricerca di un indispensabile e delicato equilibrio
tra scuola democratica e scuola del merito, vanno valorizzati i ta-
lenti e anche, in una certa misura, i plus dotati.

45 Cfr. Y.N. Harari, Homo deus. Breve storia del futuro, cit.
46 Y.N. Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, Milano, Bompiani, 2018, p. 12.
47 «Le ibridazioni possono essere sempre più spinte e hanno come limite

vincoli etici e giuridici e non tecnici o economici, con la possibilità di originare


due diverse categorie di cittadini, fortemente differenziate. Perciò, oltre alla tra-
dizionale divisione castale, potremmo avere a che fare molto presto con due di-
versi tipi di umanità. Da un lato avremo pochi uomini potenziati dalla tecnologia
che orientano l’intelligenza artificiale, e dall’altro la moltitudine rappresentata da
chi invece ne è diretto e controllato. Questo pone problemi etici, democratici e
organizzativi di grande rilevanza, poiché, alla lunga, potrebbe comportare ap-
punto l’avvento di due distinte razze umane con capacità nettamente diverse».
M. Caligiuri, Educazione per popoli superflui. Gli studenti plusdotati e l’avvento dell’in-
telligenza artificiale: per una pedagogia consapevole, in “Formazione & Insegnamento.
Rivista internazionale di Scienze dell’educazione e della formazione”, XVI, 2-
2018, pp. 17-34.
255 MARIO CALIGIURI

Sono temi complessi, che non possono essere costantemente


elusi in ossequio a principi educativi spesso astratti smentiti dalla
realtà.
In definitiva, richiamando i temi della guerra nucleare e della ca-
tastrofe ambientale, Noam Chomsky mette in guardia su scenari
apocalittici che potrebbero presto verificarsi.48 Potrebbero essere
falsi allarmi, ma in ogni caso, si evidenzia la necessità di realizzare
presto interventi strutturali, da avviare con la ricostruzione di
un’educazione che abbandoni i propri “silenzi”.49

CONCLUSIONI

Siamo consapevoli di avere affrontato temi delicati anche per-


ché i modelli dell’istruzione sono il riflesso della società.50 Per capi-
re abbiamo bisogno di recuperare il senso della realtà, ripartendo
dalle parole, che ci aiutano a comprendere tutto ciò che ci circon-
da. Don Lorenzo Milani ai ragazzi di Barbiana ricordava che «ogni
parola che non capite oggi è un calcio nel sedere che prenderete
domani», anche perché «è la lingua che rende uguali».51
In ultima analisi, per interpretare la realtà abbiamo bisogno di
ripensarla con strumenti che ci aiutino a ragionare.
Risulta emblematico quanto scrive Leonardo Sciascia nel ro-
manzo Una storia semplice, in cui è narrato il furto, avvenuto nel
1969, del dipinto della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi,
realizzato da Caravaggio per l’Oratorio della Compagnia di San Lo-
renzo a Palermo.52
Lo scrittore siciliano, a un certo punto della storia, racconta di
un magistrato che si trovò a interrogare sul furto un suo vecchio
insegnante di scuola:

48 N. Chomsky, 2 minuti all’apocalisse, Segrate, Piemme, 2018.


49 F. Cambi, S. Ulivieri (a c. di), I silenzi nell’educazione, Firenze, La Nuova Ita-
lia, 1994.
50 D. Demetrio, L’educazione non è finita. Idee per difenderla, Milano, Raffaello

Cortina, 2009, pp. 16-20.


51 L. Milani, Lettera a una professoressa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina,

1967.
52 L. Sciascia, Una storia semplice, Milano, Adelphi, 1989.
Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 256

“Posso permettermi di farle una domanda?... Poi gliene farò altre, di altra
natura… Nei componimenti di italiano lei mi assegnava sempre un tre,
perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?”. E il pro-
fessore rispose: “Perché aveva copiato da un autore più intelligente”. Il
magistrato scoppiò a ridere. “L’italiano: ero piuttosto debole in italiano.
Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore del-
la Repubblica…”. “L’italiano non è l’italiano: è il ragionare. Con meno
italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto”.

Pertanto, il ruolo del docente intellettuale dovrebbe essere pro-


prio quello di fare recuperare l’uso del ragionamento, la capacità di
pensare, perché, più diventano invadenti – e indispensabili – le
tecnologie, maggiormente il fattore umano diventa la discriminante
tra l’evoluzione e il disastro.

BIBLIOGRAFIA

Alexander L., La guerra delle intelligenze. Intelligenza artificiale «contro» intelligenza uma-
na, Torino, EDT, 2018.
Arendt H., Verità e politica, Torino, Bollati-Boringhieri, 2004.
Beck U., La metamorfosi del mondo, Bari, Laterza, 2016.
Benasayag M., Il cervello aumentato, l’uomo diminuito, Trento, Erickson, 2016.
Berardi “Bifo” F., Futurabilità, Roma, Produzioni Nero, 2018.
Berardi “Bifo” F., L’anima al lavoro. Alienazione, estraneità, autonomia, Roma, Deri-
veApprodi, 2016.
Caligiuri M., Introduzione alla società della disinformazione, Soveria Mannelli, Rubbet-
tino, 2018.
Caligiuri M., Educazione per popoli superflui. Gli studenti plusdotati e l’avvento
dell’intelligenza artificiale: per una pedagogia consapevole, in “Formazione & Inse-
gnamento. Rivista internazionale di Scienze dell’educazione e della forma-
zione”, Anno XVI, Numero 2-2018.
Caligiuri M., Il facilismo amorale. Una riflessione sulla responsabilità educativa del ‘68, in
“Formazione & Insegnamento. Rivista internazionale di Scienze
dell’educazione e della formazione”, Anno XVI, Numero 1-2018.
Caligiuri M., Prove tecniche di democrazia. L’esperienza educativa di John Dewey in Tur-
chia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007.
Cambi F., Ulivieri S. (a c. di), I silenzi nell’educazione, Firenze, La Nuova Italia,
1994.
Carr N., La Gabbia di Vetro. Prigionieri dell’automazione, Milano, Cortina Raffaello,
2015.
257 MARIO CALIGIURI

Cassese G. (a c. di), Patrimoni da svelare per le Arti del futuro, Roma, Gangemi, 2016.
Chomsky N., 2 minuti all’apocalisse, Segrate, Piemme, 2018.
Clarke A.C., 2001: Odissea nello spazio, Milano, TEA Due, 1988.
D’Amico N., Storia della formazione professionale in Italia. Dall’uomo del lavoro, al lavoro
per l’uomo, Milano, Franco Angeli, 2015.
De Bartolomeis F., La responsabilità sociale della cultura, in “Maestrale”, nn. 2-3,
febbraio-aprile 1951.
Decreto Legislativo, in Gazzetta Ufficiale del 13 aprile 2017, n. 59.
Decreto Regio, Legge Casati del 13 novembre del 1859 n. 3725 del Regno di
Sardegna.
Demetrio D., L’educazione non è finita. Idee per difenderla, Milano, Raffaello Cortina,
2009.
Dewey J., Democrazia e educazione. Una introduzione alla filosofia dell’educazione (a c. di
Giuseppe Spadafora), Roma, Anicia, 2018.
Di Francesco G., Amendola M., Mineo M., I low skilled in Italia. Evidenze
dall’indagine PIAAC sulle competenze degli adulti, in “Osservatorio Isfol”, VI
(2016), n. 1-2.
Galli G., Caligiuri M., Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci, Soveria Man-
nelli, Rubbettino, 2017.
Gennari M., Trattato di pedagogia generale, Milano, Bompiani, 2006.
Harari Y.N., 21 lezioni per il XXI secolo, Milano, Bompiani, 2018.
Harari Y.N., Homo Deus. Breve storia del futuro, Milano, Bompiani, 2017.
Harari Y.N., Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, Milano, Bompiani, 2016.
Heckman J.J., Kautz T., Formazione e valutazione del capitale umano. L’importanza dei
“character skills” nell’apprendimento scolastico, Bologna, Il Mulino, 2017.
Longo G.O., Il Simbionte. Prove di umanità futura, Milano, Mimesis, 2003.
Milani L., Lettera a una professoressa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967.
Morin E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina,
2001.
Mulgan G., Big Mind. L’intelligenza collettiva che può cambiare il mondo, Torino, Codi-
ce, 2018
Naím M., La fine del potere: Dai consigli di amministrazione ai campi di battaglia, dalle
chiese agli stati, perché il potere non è più quello di un tempo, Milano, Mondadori,
2013.
Perotti R., L’università truccata, Torino, Einaudi, 2008.
Polimeni G., La similitudine perfetta. La prosa di Manzoni nella scuola italiana
dell’Ottocento, Milano, Franco Angeli, 2011.
Popper K., La società aperta e i suoi nemici, a c. di D. Antiseri, (2 voll.), Roma, Ar-
mando, 1973-1974.
Raiteri R., Progettare progettisti. Un paradigma della formazione contemporanea, Macerata,
Quodlibet, 2014.
Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale 258

Rivoltella P.C., La previsione. Neuroscienze, apprendimento, didattica, Brescia, La Scuo-


la, 2014.
Sales I., Storia dell’Italia mafiosa. Perché le mafie hanno avuto successo, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2015.
Schön D.A., Formare il professionista riflessivo. Per una nuova prospettiva della formazione
e dell'apprendimento nelle professioni, Milano, Franco Angeli, 2006.
Sciascia L., Una storia semplice, Milano, Adelphi, 1989.
Shelley M., Frankestein, Milano, Giunti, 2001.
Stanley K., 2001: Odissea nello spazio, 1968.
Stoll C., Confessioni di un eretico high-tech, Milano, Garzanti,2001.
Viesti G., La laurea negata. Le politiche contro l’istruzione universitaria, Roma-Bari, La-
terza, 2018.
Wolf M., Doppia lettura, in “Internazionale”, 1277, 12 ottobre 2018.

SITOGRAFIA

Barone G., Mocetti S., Intergenerational Mobility in the Very Long Run: Florence 1427-
2011, in “Banca D’Italia, Vorking Papers”, n. 1060, aprile 2016,
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2016/2016-
1060/en_tema_1060.pdf?language_id=1ù
Candido M., Il 70 per cento degli italiani è analfabeta (legge, guarda, ascolta ma non capi-
sce), in “La Stampa”, 10 gennaio 2017, in http://www.lastampa.it/2017/
01/10/blogs/il-villaggio-quasi-globale/il-per-cento-degli-italiani-analfabeta-leg
ge-guarda-ascolta-ma-non-capisce-MDZVIPwxMmX7V4LOUuAEUO/pagi
na.html
http://www.britishpoliticalspeech.org/speech-archive.htm?speech=202.
https://www.bufale.net/home/bufala-giappone-gli-unici-cittadini-non-devono-
inchinarsi-davanti-allimperatore-gli-insegnanti-bufale-net/#.
ISFOL (2014), Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti PIAAC-OCSE 2014,
in http://www.isfol.it/piaac/Rapporto_Nazionale_Piaac_2014.pdf.
OCSE, Skills Matter Further Results from the Survey of Adult Skills, in
https://www.oecd-ilibrary.org/education/skills-matter_9789264258051-en.
Pilling D., È ora di cambiare il modo di insegnare economia. Nei corsi tradizionali non c’è
traccia della crisi, in http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-
10-03/e-ora-cambiare-modo-insegnare-l-economia-corsi-tradizionali-non-c-
e-traccia-crisi-201922.shtml?uuid=ADwqEaVB, 4 ottobre 2016.

Potrebbero piacerti anche