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Le riforme di inizio Novecento

Il Novecento vedrà un’evoluzione davvero radicale del sistema scolastico italiano, partendo dalla Legge
Orlando del 1904, che portò l’obbligo scolastico fino ai dodici anni, prevedendo anche un “corso popolare”
(classi quinta e sesta) e obbligando i Comuni a istituire scuole almeno fino alla quarta classe e di sostenere
gli alunni più poveri.

Nel 1905 vengono promulgati i “programmi Orestano”, con cui si mostra maggiore interesse per un
approccio interdisciplinare e si migliorano i contenuti e la parte metodologica dell’insegnamento.

Sarà dal 1911, con la Legge Daneo-Credaro, che le scuole elementari, gestite fino a quel momento dai
Comuni, diventeranno statali. I maestri iniziano a essere pagati dallo Stato, vengono fatti stanziamenti per
l’edilizia scolastica, si attua l’alfabetizzazione di militari e carcerati, si potenziano le “scuole estive e festive”
per adulti per combattere l’analfabetismo, si istituisce il “Patronato scolastico” per le famiglie con alunni più
bisognosi.

La riforma Gentile e gli altri interventi del


fascismo
Ciò apre la strada a una delle riforme più consistenti, ovvero la ben nota Riforma Gentile, promulgata nel
1923 sotto il Governo Mussolini, che concretizza la volontà di una scuola rigida ed elitaria. Essa sancisce
l’obbligatorietà fino ai quattordici anni, rende obbligatorio l’insegnamento della religione cattolica, crea
scuole speciali per portatori di handicap, fa chiudere gli istituti scolastici nelle lingue delle comunità
nazionali annesse all’Italia (tedesco, sloveno, croato), l’accesso alle università è consentito solo a chi ha
conseguito la licenza liceale classica.

La struttura della scuola permarrà a lungo anche dopo il fascismo: scuola materna (della durata di tre anni);
scuola elementare (cinque anni); scuola media o scuola media inferiore (tre anni), che apriva alla scuola
superiore con il liceo classico (tre anni), il liceo scientifico (quattro anni) l’istituto tecnico, il conservatorio o
istituto magistrale (di tre o quattro anni).

Successivamente, nel 1928, venne istituita una scuola di avviamento professionale, voluta dal ministro
Belluzzo, che i ragazzi potevano frequentare dopo le elementari e che introduceva al mondo del lavoro e agli
istituti tecnici.

Nel 1939 il ministro Bottai propone una “Carta della scuola”, rimasta più o meno inattuata, eccetto per
l’istituzione, nel 1940, della scuola media di tre anni che unificava i corsi inferiori di licei, istituti tecnici e
istituti magistrali, lasciando comunque attivo il canale dell’avviamento professionale.

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