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A cura di: dott.

ssa Valentina Vaccaro

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Unità Didattica 1
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Legislazione scolastica
– I Unità Didattica – Lezione 1

UNITÀ DIDATTICA:
“GLI SVILUPPI NORMATIVI FINO ALLA SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO”

Le fonti dell’ordinamento dell’amministrazione della Pubblica Istruzione.

La scuola italiana è, incessantemente, attraversata da iniziative riformistiche espressione


di radicali mutamenti di rotta nell’enunciazione di principi, ispirate alla convinta volontà di
proiettare il sistema educativo italiano nel più complesso ed articolato sistema europeo in
materia d’istruzione.
La complessa trama legislativa che impegna tutto il mondo della scuola, dai docenti, agli
allievi, alle famiglie, insegue le disposizioni della Comunità Europea. La scuola della
responsabilità educativa non solo è chiamata ad assicurare cultura, disciplina ed applicazione,
ma richiede che si risponda sul piano della cultura, delle discipline e dell’applicazione ai
cambiamenti sociali ed alle modificazioni delle forme del sapere. Occorre, pertanto, fornire
gli strumenti ed i mezzi a quanti operano e vivono la scuola, anche e soprattutto in materia di
legislazione scolastica che orienti sulle più recenti disposizioni legislative.
Nel panorama legislativo scolastico si sono succedute numerose normative di grande
importanza e di forte impatto sulle quali hanno inciso, rimaneggiandole, gli interventi
successivi.
La prima normativa in materia d’istruzione risale alla seconda metà dell’Ottocento. In tale
periodo storico, caratterizzato dalla rivoluzione industriale si diffusero le idee illuministiche
che sostenevano il principio dell’istruzione di massa come bene nazionale. Dato l’alto tasso di
analfabetismo si cercò di ovviare a tale stato di cose con una legge che porta il nome
dell’allora ministro della pubblica istruzione Gabrio Casati (Legge Casati) considerato
come il testo normativo più organico in materia d’istruzione. Tale provvedimento legislativo
rimase in vigore fino al 1923 quando fu varata la Riforma Gentile. Con tale legge veniva
sancito il riconoscimento del diritto-dovere dello Stato di intervenire in materia scolastica,

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sostituendo ed affiancando la Chiesa, da secoli detentrice del monopolio dell’istruzione. La


Legge Casati prevede un sistema centralistico-burocratico di tipo piramidale con a capo il
Ministro, coadiuvato da un’organizzazione scolastica gerarchica, rigida ed autoritaria: il
Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, gli Ispettori generali, un Provveditore agli studi
per ogni provincia. I principi generali erano:
1. il diritto-dovere dello Stato di sostituirsi alla Chiesa nelle organizzazioni delle
strutture educative;
2. l’introduzione di scuole normali per la preparazione di maestri, con norme precise per
l’abilitazione all’insegnamento;
3. il principio di gratuità ed obbligatorietà dell’istruzione elementare ;
4. l’uguaglianza tra i due sessi in materia d’istruzione;
5. la rivendicazione esclusiva delle scuole pubbliche della facoltà di concedere diplomi e
licenze.
I limiti, tuttavia, di tale legge si evidenziarono presto, essendo un sistema comunque
classista. Gli anni successivi al primo conflitto mondiale vedono lo Stato fermamente
impegnato a dare un assetto organico al sistema scolastico riesaminando le norme in vigore. A
tanto provvede la Riforma Gentile (che prende il nome dal filosofo Giovanni Gentile al quale
fu affidato l’incarico di disegnare il nuovo assetto scolastico). Tale riforma si sostanzia in una
congerie di norme raccolti in un T.U. (R.D. 5-2-1928, n. 577) e nel relativo regolamento di
esecuzione (R.D. 26-4-1928, n. 1297) che interessano le scuole di ogni ordine e grado,
comprese le Università. I punti chiave:
l’estensione dell’obbligo scolastico fino al 14° anno di età con un corso elementare
della durata di 5 anni ed un corso di avviamento professionale della durata di 3 anni per tutti
coloro che non accedono alla scuola media;
l’istituzione di scuole speciali per handicappati sensoriali della vista e dell’udito;
la disciplina di tutti i tipi di istituzioni scolastiche (statali, private, parificate, etc.) nelle
quali svolgere l’obbligo scolastico;
l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica;
l’istituzione di rigidi controlli per l’inadempienza dell’obbligo scolastico;
la creazione dell’istituto magistrale per la preparazione dei maestri elementari.

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La struttura si mantiene, nella sostanza, aderente ai principi intellettualistici della riforma


Gentile.
La Costituzione della Repubblica Italiana promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in
vigore il 1° gennaio 1948 dedica alcuni articoli all’istruzione, considerata come uno dei fini di
benessere perseguiti dallo Stato in favore di una scuola democratica. In particolare, gli
articoli 9, 33 e 34 emanano i seguenti principi generali: art. 9- La Repubblica promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica; art. 33, 1° comma – l’arte e la scienza
sono libere e libero ne è l’insegnamento; art. 34, 1° comma – La scuola è aperta a tutti. Da
tempo, in seguito a riforme successive, si attendeva la preparazione di un testo unico che,
raccogliendo ed ordinando tutte le disposizioni legislative vigenti in materia d’istruzione (ad
eccezione di quella universitaria) svolgesse un compito chiarificatore e di organica
sistematicità. Con la legge delega 10-4-1991, n. 121, successivamente modificata dalla L. 20-
4-1993, n. 126, il Parlamento ha autorizzato il governo ad emanare entro il 30 aprile del 1994
un Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti relative alle scuole di ogni ordine e
grado, ivi comprese le scuole italiane all’estero e all’ordinamento dell’amministrazione
scolastica centrale e periferica: il D.Lgs. 16-4-1994, n. 297.
Nel corso della XIII legislatura, le varie modifiche legislative hanno costituito tasselli di
un mosaico volto tratteggiare una nuova fisionomia dell’intero sistema educativo e formativo
orientando verso modelli europei.
Successivamente, con l’emanazione della L. 10-2-2000, n. 30 (riforma De Mauro-
Berlinguer) è stata introdotta la “la riforma dei cicli”, ovvero un provvedimento con il quale
si è posto mano ad una complessiva ristrutturazione del percorso educativo degli alunni,
adottando una scansione scolastica articolata su due cicli (scuola di base e scuola secondaria)
in luogo dei tradizionali tre cicli. Ciò ha comportato lo snellimento del corso di studio
primario articolato in sette anni – dai 6 ai 12 – abolendo la scuola media come percorso
scolastico a sé stante ed accorpandola alla scuola elementare in un corso unico. Inoltre, ha
previsto una maggiore qualificazione del ciclo secondario rendendo obbligatoria la frequenza
dei primi due anni orientativi e facoltativi i successivi tre. L’innalzamento dell’età
dell’obbligo scolastico, considerato obiettivo prioritario ormai, viene sancito dalla L. 20-1-
1999, n. 9 che, a decorrere dall’anno scolastico 1999/2000 ha elevato da 8 a 10 anni l’obbligo

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d’istruzione. Al fine di potenziare la crescita culturale e professionale dei giovani, la L. 17-5-


1999, n. 144 e il relativo regolamento di attuazione D.P.R. 12-7-2000, n .257 hanno introdotto
e disciplinato – a decorrere dall’anno 1999/2000 – l’obbligo di frequenza di attività
formative fino al compimento del 18° anno di età fermo restando le disposizioni transitorie
(recate dalla L. 9/1999 e dal D.M. 323/1999, non più applicabili a seguito dell’approvazione
della riforma Moratti) per quanto riguarda l’adempimento e l’assolvimento dell’obbligo
dell’istruzione. L’obbligo formativo si intende assolto con il conseguimento di un diploma di
scuola secondaria superiore e di qualifica professionale.
La riforma Moratti – L. 28 marzo 2003, n. 53 – assume la legge 30/2000 come trama
normativa di base per delineare una riforma scolastica che sostituisca gli effetti della riforma
Gentile del 1923, dopo 80 anni ancora vigente. Questi i punti chiave:
nuova articolazione degli studi: scuola dell’infanzia, primo ciclo (scuola
primaria di 5 anni e scuola secondaria di primo grado di 3 anni) con esame di stato alla fine
del ciclo, secondo ciclo (sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione
professionale) ed esame di Stato;
istituzione nuovi licei: economico, tecnologico, musicale, linguistico, delle
scienze umane;
valorizzazione dei sistemi scuola-formazione attraverso alternanza scuola-
lavoro, percorso per i giovani di età compresa tra i 15 ed i 18 anni (D.Lgs. 15 aprile 2005, n.
77);
piani di studio con un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che
prevedono una quota riservata alle Regioni relativa agli aspetti d’interesse specifico;
Istituto Nazionale di Valutazione con l’obbligo di monitorare, con verifiche
nazionali, la qualità dell’offerta formativa e dei livelli di apprendimento (D.Lgs. 19 novembre
2004, n. 286);
investimento sulla qualità della funzione docente attraverso la formazione
iniziale universitaria per gli insegnanti di tutti gli ordini di scuole con lauree specialistiche e
tirocinio obbligatorio (D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 227).

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Legislazione scolastica
– I Unità Didattica – Lezione 2

Il diritto scolastico nell’ordinamento giuridico italiano

A) La carta dei servizi


L’adozione della Carta dei Servizi scolastici (D.P.C.M. 7-5-1995) impegna seriamente
ciascuna unità scolastica a garantire un servizio più orientato allo studente e perciò
qualitativamente migliore perché ancorato a precisi standard o fattori di qualità.
Tali standard si identificano in:
uguale possibilità di accesso e di fruizione dei servizi scolastici secondo
l’insegnamento costituzionale (art. 34, comma 1), cui si accompagna l’impegno in favore
dell’integrazione di alunni nella realtà scolastica con particolare riguardo alle situazioni
problematiche (studenti-lavoratori-stranieri-degenti negli ospedali-internati nei penitenziari);
imparzialità e regolarità dei servizi scolastici da intendersi come obiettività ed
equità nella gestione della scuola;
partecipazione alle scelte scolastiche nella quale si fa rientrare il diritto dell’utente
di scegliere liberamente fra le istituzioni che erogano il servizio scolastico ed il
coinvolgimento dello studente e dei genitori nell’offerta formativa elaborata nel Progetto
educativo d’istituto (c.d. contratto formativo);
efficienza e trasparenza delle decisioni di politica educativa, ma anche dei singoli
servizi amministrativi;
costante aggiornamento didattico dei docenti, punto focale della programmazione
educativa.
B) La riforma degli esami di maturità
Con la L. 10-12-1997, n. 425 si è provveduto a riformare l’esame di maturità avente come
finalità l’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione agli obiettivi
generali e specifici propri di ciascun indirizzo di studi.

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La citata legge ed il successivo regolamento di attuazione (D.P.R. 23-7-1998, n. 323)


dispongono l’articolazione dell’esame di maturità su tre prove scritte ed una prova orale,
introducono un nuovo sistema di valutazione del rendimento scolastico dell’alunno in
centesimi e prevedono un ulteriore parametro valutativo rappresentato dal credito scolastico.
È infatti, disposto nell’art. 6 della L. 425/97 che il Consiglio di classe attribuisca ad ogni
alunno he ne sia meritevole, nello scrutinio finale di ciascuno degli ultimi tre anni della scuola
secondaria superiore, un credito per l’andamento degli studi per un totale massimo di venti.
C) La legge finanziaria 2007
La Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 sulle
competenze chiave per l’apprendimento permanente invita gli Stati membri a sviluppare
nell’ambito delle loro politiche educative, strategie per assicurare l’acquisizione di
competenze chiave per preparare i giovani alla vita adulta e offrire loro un metodo per
continuare ad apprendere per tutto il orso della loro esistenza.
Le competenze chiave indicate nella Raccomandazione sono le seguenti:
comunicazione nella lingua madre;
comunicazione nelle lingue straniere;
competenze di base in scienza e tecnologia;
competenza digitale, imparare ad imparare, competenze sociali e civiche, spirito
d’iniziativa ed imprenditorialità;
consapevolezza ed espressione culturale.
In conformità a siffatta Raccomandazione sono state emanate alcune previsioni normative
d’attuazione: l’art. 1 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 e il D.M. 22-8-2007, n. 139.
L’art. 1 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 sancisce che:
l’istruzione impartita per almeno 10 anni è obbligatoria ed è finalizzata a
consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una
qualifica professionale di durata almeno triennale entro il dodicesimo anno di età;
l’adempimento dell’obbligo dell’istruzione deve consentire, una volta conseguito il
titolo di studio conclusivo del primo ciclo, l’acquisizione dei saperi e delle competenze
previste dai curricula relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria

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superiore. I saperi e le competenze essenziali sono riferiti a quattro assi culturali: dei
linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale.
Il D.M. 22-8-2007, n. 139, cd. regolamento sul nuovo obbligo scolastico di istruzione,
contiene le indicazioni nazionali sulle competenze ed i saperi che tutti i giovani devono
possedere a sedici anni, indipendentemente dalla scuola che frequentano, in modo da
assicurare l’equivalenza formativa di tutti i percorsi, nel rispetto dell’identità dell’offerta
formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curriculi dei diversi ordini, tipi ed indirizzi di
studio.
I saperi e le competenze essenziali sono riferiti a quattro assi culturali:
 dei linguaggi;
 matematico;
 scientifico-tecnologico;
 storico sociale.
Tali saperi sono articolati in abilità, capacità e conoscenze con riferimento al sistema
d’iscrizione previsto per l’adozione del Quadro Europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF).
Essi costituiscono il tessuto per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati
all’acquisizione delle competenze chiave che preparino i giovani alla vita adulta e, al tempo
stesso, sono la base per consolidare ed accrescere saperi e competenze in un processo di
apprendimento permanente.
L’obbligo d’istruzione si realizza a partire dall’anno 2007-2008 in una prima fase di
attuazione e ha carattere di sperimentazione. A tal fine è prevista la predisposizione di linee
guida e di un piano d’intervento sostenuto dall’Agenzia nazionale per lo sviluppo e
l’autonomia scolastica e dall’Istituto Nazionale per la valutazione del sistema educativo di
istruzione e formazione.
D) La riforma Gelmini
Il D.L. 1 settembre 2008, n. 137 (cd. decreto Gelmini) convertito in L. 169/2008 ha dato,
poi, il via ad una serie di riforme della scuola italiana, improntate alla razionalizzazione e
ottimizzazione delle risorse umane della scuola, ai sensi del D.L. 112/2008 conv. in L.
133/2008, che sono state oggetto uno scontro tra istituzioni e parti sociali. Tale riforma

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interviene sull’impianto della disciplina preesistente della legislazione scolastica; in


particolare si discosta dalla riforma Gentile per i seguenti punti:
nella scuola primaria viene superato il concetto di modulo con più insegnanti e viene
introdotto il maestro unico di riferimento;
lo studio della lingua inglese viene potenziato in tutte le scuole: per le scuole
secondarie di secondo grado, diviene obbligatorio per i cinque anni di corso e negli istituti
tecnici, al quinto anno, una delle materie viene insegnata in lingua inglese;
nella scuola dell’infanzia si introduce la facoltà di anticipare l’iscrizione dei bambini a
due anni e mezzo;
nella scuola secondaria di secondo grado, durante il quinto anno, gli studenti hanno la
possibilità di effettuare uno stage in azienda;
viene introdotto il criterio della premialità basata sul merito dei docenti, i migliori dei
quali potranno ricevere fino a 7000 euro all’anno;
le lezioni durano 60 min. e non più 50.

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Legislazione scolastica
– I Unità Didattica – Lezione 3

Il sistema educativo di istruzione e formazione disegnato dalla riforma Moratti: gli


sviluppi normativi successivi.

L’iter parlamentare che ha condotto, il 12 marzo 2003, all’approvazione definitiva della L.


28 marzo 2003, n. 53,cd. riforma Moratti (Delega al Governo per la definizione delle
norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia d’istruzione
e formazione professionale) è stato particolarmente travagliato.
Nelle more dell’iter parlamentare dell’iter parlamentare, il M.I.U.R. ha ritenuto opportuno
avviare un progetto nazionale di sperimentazione che consentisse di verificare, nella realtà
operativa della scuola, i contenuti della riforma L. 30/2000.
La riforma punta a costruire una scuola più moderna attraverso il potenziamento
dell’alfabetizzazione informatica ed anche una scuola più europea con lo studio obbligatorio
di una lingua comunitaria fin dai 6 anni e di una seconda lingua comunitaria dall’età di 11
(scuola secondaria di primo grado). Apporta una nuova articolazione degli studi e della
formazione: scuola dell’infanzia, primo ciclo (scuola primaria di 5 anni e scuola secondaria di
primo grado di 3 anni) con esame di Stato alla fine del ciclo, secondo ciclo (sistema dei licei e
il sistema dell’istruzione e della formazione professionale) ed esame di Stato. Al compimento
del quindicesimo anno di età, all’apprendistato si aggiunge la possibilità di stage in realtà
sociali, culturali e del mondo produttivo. Il liceo sarà sempre di 5 anni: nell’ultimo anno
saranno anche favorite attività di orientamento e di raccordo con le università e con la
formazione tecnica superiore. Sono confermati gli assi culturali tradizionali: classico,
scientifico, artistico. Nascono nuovi licei: economico, tecnologico, musicale, linguistico, delle
scienze umane. È garantito l’accesso all’università anche per chi effettua corsi professionali di
durata almeno quadriennale, con un ulteriore anno di studio e con esame di Stato. La riforma
prevede che esistano piani di studio che contengano un nucleo fondamentale, omogeneo su

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base nazionale, che rispecchi la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale. Si è voluto


assicurare più rigore nella valutazione degli apprendimenti e dei comportamenti. È
confermata la valutazione periodica ed annuale dei docenti. Viene introdotta ogni due anni la
valutazione dei periodi didattici: si è promossi o respinti ogni due anni ai fine del passaggio al
periodo successivo. Più qualità: ogni due anni l’Istituto Nazionale di valutazione misurerà,
con verifiche nazionali la qualità complessiva dell’offerta formativa e dei livelli di
apprendimento per monitorare il livello culturale degli studenti. Investimento sulla qualità
della funzione docente: formazioni iniziale universitaria della stessa dignità per gli insegnanti
di tutti gli ordini dei scuole con lauree specialistiche e tirocinio obbligatorio. Formazione in
servizio dei docenti con crediti universitari ai fini dello sviluppo della carriera.
In attuazione della delega conferita all’art. 1, comma 3, lett.i) L. 53/2003 è stato approvato
il D.L.gs. 15 aprile 2005, n. 76 per la disciplina degli interventi di orientamento contro la
dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere di istruzione-
formazione nel primo ciclo del sistema d’istruzione (scuola primaria e scuola secondaria di
primo grado) e nel secondo ciclo (licei e sistema dell’istruzione e formazione professionale,
nonché nel sistema dell’apprendistato di cui all’art. 48 D.Lgs. 276/2003.
La riforma prevede inoltre che gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di
età, possono svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso l’alternanza scuola-
lavoro espressamente disciplinato con D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77.
Con D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto
attuativo riguardante la riforma del ciclo della scuola secondaria superiore, prevedendo
l’articolazione in otto tipologie liceali e modificando, al contempo, gli assetti della
formazione professionale regionale. La struttura del percorso si biforca in studi liceali o in
istruzione e formazione professionale in modo da garantire comunque il conseguimento di un
diploma liceale o di un diploma o di una qualifica spendibile sul mercato del lavoro.
Con il D.Lgs. 24 novembre 2004, n. 286 si dà attuazione ad uno dei contenuti della
delega contenuta nella riforma: l’istituzione di un Sistema Nazionale per la valutazione del
sistema educativo che si occupa della valutazione dei livelli di apprendimento e dell’offerta
formativa. Alle finalità del Sevizio concorre l’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema
d’Istruzione (INVALSI) che viene completamente riorganizzato, le istituzioni scolastiche del

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sistema nazionale di istruzione e le istituzioni del sistema di istruzione e formazione


professionale. Il percorso di valutazione, dunque si sdoppia. Da una parte la valutazione
formativa, affidata agli insegnanti a carattere periodico ed annuale che ha come oggetto gli
apprendimenti e i comportamenti degli alunni, nonché la certificazione delle competenze
acquisite; dall’altro una valutazione di sistema con verifiche periodiche sulle conoscenze ed
abilità degli studenti e sulla qualità dell’offerta formativa. Con la L.27 dicembre 2006, n. 296
(legge finanziaria 2007), all’art. 1 commi 612, 613, 614 e 615, al fine di potenziare la
qualificazione scientifica nonché l’autonomia amministrativa dell’INVALSI, sono apportate
modifiche all’assetto organizzativo e assegnati allo stesso Istituto ulteriori compiti nel campo
della valutazione dei dirigenti scolastici.
Con l’approvazione, in via definitiva, da parte del Consiglio dei Ministri del D.Lgs. 17
ottobre 2005, n. 227 disciplina la formazioni iniziale e permanente dei docenti delle varie
comunità d’apprendimento, e, dunque, l’accesso alla professione docente.
La filosofia di fondo sottesa muove dal concetto della apri dignità dei docenti di ogni
ordine e grado di scuola in quali di protagonisti attuatori del processo di cambiamento e di
apprendimento degli alunni. Per sostenere e qualificare la funzione docente nei suoi essenziali
aspetti cognitivi e pedagogici, di autonomia professionale e di libertà d’insegnamento (art. 1,
comma 3) e valorizzare la formazione,il decreto prevede percorsi di formazione da svolgersi
presso università e le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica
rispettivamente nei corsi di laurea magistrale e in appositi corsi accademici di secondo livello.
I nuovi percorsi formativi sono a numero programmato e sono ripartiti tra le Università di
ciascuna Regione in misura pari al numero di posti che si prevede di coprire per concorso
nelle scuole statali della Regione stessa, più una percentuale del 30% per le esigenze
complessive del sistema istruzione. Ai corsi si accede previa selezione, dopo aver conseguito
laurea di primo livello o diploma accademico di primo livello. Alla fine del percorso è
previsto esame di Stato abilitante. Gli abilitati sono assegnati alle scuole della Regione per un
periodo di applicazione di un anno tramite un contratto di inserimento formativo al lavoro,
con assunzione di responsabilità di insegnamento sotto la supervisione di un tutor e
svolgimento di attività formative connesse all’esperienze didattica, coordinate dal Centro di

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ateneo. Al termine dell’anno di applicazione i docenti con esito positivo, potranno essere
ammessi a concorso per l’assunzione nelle scuole.
La consapevolezza del ruolo strategico dell’istruzione per la crescita della persona, si è
ispirata all’obiettivo del miglioramento qualitativo del sistema scuola attraverso:
il ripristino di un sistema coerente di obiettivi di apprendimento, con l’adozione in via
sperimentale delle indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia primaria e secondaria di
primo grado – D.M. 31 luglio 2007;
l’innalzamento dell’obbligo dell’istruzione a 10 anni e la sua successiva fissazione,
con D.M. 22 agosto 2007, n. 139;
la riorganizzazione degli istituti tecnici e professionali e del Sistema dell’Istruzione e
Formazione Tecnica Superiore, cui ha dato abbrivio la L.40/2007 e il succ. D.P.C.M. 25
gennaio 2008, in qualità di percorsi formativi di rango pari a quelli dei licei;
il rafforzamento dei sistemi di valutazione interni alla scuola, con la riforma degli
esami di Stato – L.1/2007 con gli interventi recati dai D.M. 22 maggio 2007, n. 42 e D.M.3
ottobre 2007, n. 80 recupero dei debiti formativi con il riconoscimento e la valorizzazione
delle eccellenze di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2007, n. 262, con i provvedimenti (DD.Lgs. 14
gennaio 2008, nn. 21 e 22) per l’orientamento degli studenti, il rapporto con le università ed
il mondo delle professioni e del lavoro;
il rafforzamento dei sistemi di valutazione esterni alla scuola;
il sostegno all’autonomia scolastica, con il finanziamento diretto alle scuole e
l’incremento delle risorse necessarie per le supplenze e per il funzionamento amministrativo e
didattico;
la creazione di presupposti e l’impostazione di un miglioramento nell’organizzazione
del lavoro e per la valorizzazione del personale, con la trasformazione (comma 605, art. 1 L.
296/2007) delle graduatorie permanenti degli insegnanti in graduatorie a esaurimento e la
modifica del regolamento delle supplenze con modalità di maggiore rapidità ed economicità.

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Legislazione scolastica
– I Unità Didattica – Lezione 4

Il primo ciclo d’istruzione. La scuola dell’infanzia e la scuola primaria. La riforma


Moratti e la riforma Gelmini.

A)La scuola dell’infanzia


La L. 28 marzo 2003, n. 53,cd. riforma Moratti ed il D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59
che ne dà attuazione, rinominano la scuola materna come scuola dell’infanzia. La scuola
dell’infanzia ha durata triennale e concorre all’educazione ed allo sviluppo affettivo,
psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale dei bambini, promuovendone le
potenzialità, l’autonomia, la creatività e l’apprendimento e realizza la continuità educativa con
il complesso dei servizi all’infanzia. La frequenza della scuola dell’infanzia non è
obbligatoria, tuttavia la Repubblica assicura la generalizzazione dell’offerta formativa.
Nella riforma Gelmini la disciplina della scuola dell’infanzia è stata modificata nel
quadro di una revisione delle scuole di ogni ordine e grado improntata alla razionalizzazione
dell’uso delle risorse umane della scuola, che investe, in particolare gli aspetti del
dimensionamento delle singole istituzioni scolastiche, dell’organico, definito annualmente sia
a livello nazionale che per ambiti regionali e dell’assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico, ai sensi del D.L. 112/2008, convertito in L.133/2008.
Il regolamento contenuto nel D.P.R. 20 marzo 2009 ha rivisto l’assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.
a) L’orario di funzionamento
Riforma Moratti: l’orario complessivo annuale delle attività educative comprensivo
della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome, e all’insegnamento
della religione cattolica si diversifica da un minimo di 875 ad massimo di 1700 ore, a
seconda dei progetti educativi, delle singole scuole dell’infanzia, tenuto conte delle richieste
delle famiglie. Rimane affidato all’autonomia delle scuole la definizione dei quadri-orario

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settimanali e giornalieri compatibili con le risorse di organico assegnate e con le prevalenti


richieste delle famiglie.
Riforma Gelmini: il regolamento stabilisce che l’orario tipo di funzionamento è fissato a
40 ore settimanali con possibilità di estensione a 50. Secondo le norme vigenti, le famiglie
possono chiedere un tempo scuola ridotto alle ore del mattino pari a 25 ore settimanali. Questi
orari, che sono comprensivi dell’insegnamento della religione cattolica, possono essere scelti,
dunque dalle famiglie; di conseguenza le singole istituzioni scolastiche organizzeranno
attività educative inserendo i bambini in sezioni distinte in base al modello orario scelto.
b) Le indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative.
Relativamente alla riforma Moratti con D.M. 31 luglio 2007 (Indicazioni per il curricolo
della scuola dell’infanzia e della scuola del primo ciclo) si è provveduto alla disciplina del
curricolo. A partire dall’anno 2007/2008 le scuole dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione
procedono all’elaborazione dell’offerta formativa avendo a riferimento, in prima attuazione e
con gradualità, le indicazioni contenute nel citato decreto ministeriale. Nel biennio
corrispondente agli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009 le istituzioni scolastiche verificano
la congruità dei contenuti proposti e la loro articolazione per campi di esperienza, aree,
discipline e competenze, anche al fine di eventuali modifiche e integrazioni.
c) Anticipo delle iscrizioni.
Riforma Moratti: l’art. 2, comma 1 del D.Lgs. 59/2004 prevede, in via generale, che alla
scuola dell’infanzia possono essere iscritti i bambini che compiono 3 anni di età entro il 30
aprile dell’anno scolastico di riferimento. L’attuazione degli anticipi va realizzata in via di
sperimentazione.
Riforma Gelmini: la scuola dell’infanzia accoglie bambini tra i 3 ed i 5 anni compiuti
entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento, ma su richiesta delle famiglie
possono essere iscritti alla scuola dell’infanzia quei bambini che compiono 3 anni entro il 30
aprile dell’anno scolastico di riferimento, introducendo di fatto, la possibilità dell’inserimento
anticipato dei bambini a 2 anni e mezzo di età, subordinato alla disponibilità dei posti,
all’esaurimento delle eventuali liste d’attesa, alla disponibilità dei locali. Il regolamento
prevede anche che possano continuare le iniziative relative all’attuazione di “sezioni
primavera” previste dalla finanziaria 2007. Nell’ambito dello studio della disciplina

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Unità Didattica 1
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“Cittadinanza e Costituzione”, introdotto dalla L. 169/2008 nella scuola dell’infanzia si


dovranno trasmettere conoscenze di tipo relazionale specifiche sul concetto di famiglia, di
scuola e di gruppo, i modi di agire corretti con i compagni, con i genitori, con gli insegnanti e
con gli altri adulti.
B) Il I Ciclo d’Istruzione.
È costituito dalla scuola primaria e dalla scuola secondaria di primo grado. Ha durata
di 8 anni e costituisce il primo segmento in cui si realizza il diritto-dovere all’istruzione e
formazione. La scuola primaria ha durata di 5 anni, la scuola secondaria di primo grado di 3
anni.
La scuola Primaria
Il numero di alunni in ciascuna classe non può essere superiore a 25 (oggi 27, ai sensi del
D.P.R. 20 marzo 2009) ed è limitato a 20 nelle classi che accolgono alunni portatori di
handicap (D.M. 15 aprile 1994).

Riforma Moratti. Riforma Gelmini.


Con la L.28 marzo 2003, n. 53 e D.Lgs. 19 A) D.L. 1 settembre 2008, n.137 (cd. decreto
febbraio 2004, n. 59 che ne dà attuazione, la Gelmini), conv. in L. 30 ottobre 2008, n. 169: le
scuola elementare, come già nella L.30/2000, classi sono affidate ad un insegnante unico. Infatti
assume la denominazione di scuola primaria a nel regolamento contenuto nel D.P.R. 20 marzo
carattere obbligatorio. Non c’è più il maestro 2009 che riorganizza la scuola dell’infanzia e il
unico, ma su tre classi operano tre docenti primo ciclo d’istruzione, il modello dell’insegnante
ciascuno in ambito disciplinare diversificato. unico supera il precedente assetto
Essa promuove: dell’insegnamento per moduli e delle compresenze,
lo sviluppo delle personalità è applicabile secondo le differenti articolazioni
l’acquisizione e lo sviluppo delle dell’orario scolastico settimanale a 24, 27 e sino a
conoscenze e delle abilità di base fino alle prime 30 ore, nei limiti delle risorse dell’organico
sistemazioni logico-critiche; assegnato; è previsto, inoltre, un modello di 40 ore
l’apprendimento dei mezzi espressivi; che corrisponde al tempo pieno.
lo costruzione di basi per l’utilizzazione di B) Art. 4 del D.P.R. 20-3-2009: diritto-dovere
metodologie scientifiche nello studio del mondo all’istruzione a 6 anni ma entro il 31 dicembre
naturale; dell’anno di riferimento.
la valorizzazione delle capacità relazionali; Ammissione anticipata alla prima classe:
l’educazione ai principi fondamentali della iscrizione bambini che compiono 6 anni entro il 30
convivenze civile. aprile dell’anno scolastico di riferimento.

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Unità Didattica 1
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Orario di funzionamento C) D.P.R 20 marzo 2009, art. 12 disposizioni


a)D.Lgs. 59/2004 all’art. 7, comma 1: l’orario relative alla composizione delle classi: i
annuale è di 891 ore, distribuite su 33 settimane parametri generali (min. 15 alunni e max 27)
con orario medio settimanale di 27 ore. Le scuole, potranno essere aumentati al massimo del 10%. In
in relazione alle richieste delle famiglie caso di costituzione di classi con alunni disabili, il
organizzano, inoltre, con la finalità della numero massimo rimarrà di 20, ma senza un
personalizzazione dei piani di studio, insegnamenti aumento di organico.
ed attività per ulteriori 99 ore annue, ossia 3 ore D) Valutazione del rendimento, D.L. 137/2008,
settimanali, obbligatorie per le scuole ma art. 3: voto in decimi, prevedendo che nella scuola
facoltative e opzionali per le famiglie, la cui primaria la valutazione in decimi può essere
frequenza è gratuita. A tale orario obbligatorio e affiancata da un giudizio analitico.
facoltativo si aggiungono 330 ore annue dedicate E) L.169/2008: potenziamento dello studio della
alla mensa e al dopo mensa. lingua inglese in ogni scuola di ordine e grado e
a) D.L. 7 settembre 2007, n. 147 convertito con studio di “Cittadinanza e Costituzione”
modificazioni in L.25 ottobre 2007, n. 176: (comprendente ed. civica, ed. ambientale, ed. alla
ripristino dei posti a tempo pieno (tempo scuola legalità, competizione sportiva sana e volontariato,
articolato su 40 ore settimanali comprensivo del ed. stradale, ed. alla salute, rispetto dei valori e
tempo dedicato alla mensa). delle regole).
b) D.M. 31 luglio 2007: nuove indicazioni
nazionali per il curricolo della scuola
dell’infanzie e del primo ciclo di istruzione che
tracciano i criteri per il conseguimento delle
finalità formative e degli obiettivi
d’apprendimento, sperimentali fino al 2009. Dal
2009 al 2010 entreranno a regime.
c) Il docente tutor (art. 7, commi 5,6,7 del
D.Lgs. 59/2004): docente con specifica
formazione che svolge funzioni di: assistenza
tutoriale a ciascun alunno, collaborazione con le
famiglie, orientamento per le scelte opzionali,
coordinamento delle attività didattiche ed
educative, cura della documentazione del percorso
formativo.

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Unità Didattica 1
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Legislazione scolastica
– I Unità Didattica – Lezione 5

Il I ciclo d’istruzione. La scuola secondaria di primo grado

La scuola media nasce con la legge 31-12-1962, n. 1859 perseguendo tali finalità:
- scuola della formazione dell’uomo e del cittadino;
- scuola che colloca nel mondo;
- scuola orientativa;
- scuola secondaria.
Ciascuna scuola ha, di regola, 24 classi e non oltre.
La Legge n. 517 del 4-8-1977 ha apportato modifiche sostanziali alla scuola di base
rifiutando i voti tradizionali e sostituendoli con un giudizio di qualità. Ha provveduto a sanare
la carenza di attenzione rivolta ai soggetti portatori di handicap, inserendoli nella scuola di
tutti ed assistendoli. Così la legge 104/92 garantisce l’integrazione scolastica del portatore di
handicap e lo sviluppo delle sue potenzialità.
La Legge n. 468 del 18-6-1977 modifica il piano di studi e riforma l’esame di licenza
media stabilendo prove scritte di italiano, scienze matematiche, lingua straniera e prove orali
risolvibili in un colloquio pluridisciplinare su tutte le materie programmatiche.

Riforma Moratti. Riforma Gelmini.


L. 28 marzo 2003, n. 53 e D..Lgs. 19 febbraio D.P.R. 20 marzo 2009.
2004, n. 59: la scuola media diviene scuola a) Orario di funzionamento.
secondaria di primo grado. Si conclude con un 990 ore obbligatorie, che corrispondono ad un
esame di Stato. orario medio di 29 ore settimanali, più 33 ore
a) Orario di funzionamento. annuali da destinare ad attività di approfondimento
891 ore obbligatorie, distribuite su 33 settimane riferita agli insegnanti di materie letterarie. Nel
convenzionali di lezioni che corrispondono ad un tempo prolungato il monte ore è determinato in 36
orario medio settimanale di 27 ore. Le scuole in ore settimanali elevabili fino a 40.
relazione alle richieste delle famigli possono b) Composizione delle classi. D.P.R. 16 marzo
organizzare attività per ulteriori 198 ore annue, 2009. Le classi prime sono formate con non meno
corrispondenti a 6 ore settimanali facoltative e 18 alunni e non più di 27, elevabili fino a 28. Per
opzionali per le famiglie, la cui frequenza è l’anno scolastico 2009/2010 restano confermati i
gratuita. A tale orario obbligatorio e a quello limiti massimi di alunni per classe previsti dall’art.
facoltativo si aggiungono 231 ore annue dedicate 16 del D.M. 25 luglio 1998, n. 331. Rimane la
alla mensa e al dopo mensa. possibilità di aumentare i parametri ma non oltre il
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Unità Didattica 1
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b) Le indicazioni nazionali per i piani di 10%. Le classi con alunni disabili saranno
studio individualizzati: i contenuti sono costituite, di norma con non più di 20 alunni.

rintracciabili in tre macro-aree che sono quella c) La valutazione. Per ciò che riguarda la

linguistico-artistico-espressiva, quella storico- valutazione del rendimento il comma 3bis, art.3,


D.L. 137/2008 ha sostituito il comma 4, art. 185,
geografica, quella matematico-scientifico-
D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, che recita che
tecnologica.
“l’esito dell’esame conclusivo della scuola
c) La valutazione: ciascun alunno deve
secondaria di primo grado è espresso con
maturare una frequenza minima di tre quarti
valutazione in decimi e illustrato con una
dell’orario annuale obbligatorio e facoltativo certificazione analitica dei traguardi di competenza
prescelto. e del livello globale di maturazione raggiunto
dall’alunno”. Relativamente all’ammissione agli
esami, il D.L. 137/2008 (cd. decreto Gelmini) ha
stabilito che nella scuola secondaria di primo
grado, sono ammessi alla classe successiva gli
studenti che hanno ottenuto, a maggioranza dal
Consiglio di classe, un voto non inferiore a 6
decimi in ciascuna disciplina o gruppo di
discipline. In merito alla valutazione dei
comportamenti “si propone di favorire
l’acquisizione di una coscienza civile”. Tale
valutazione è espressa in decimi e concorre alla
valutazione complessiva dello studente
determinandone, se inferiore a 6/10, la non
ammissione al successivo anno.
L. 196/2008. studio della disciplina
“Cittadinanza e Costituzione”, in particolare la
Costituzione, i diritti ed i doveri dei cittadini e il
diritto internazionale in materia di diritti umani. È
previsto, anche per la scuola secondaria di primo
grado, il potenziamento della lingua inglese.

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Unità Didattica 1
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Nel caso della scuola secondaria è necessario stabilire il momento in cui deve iniziare il
percorso dedicato all’acquisizione di specifiche competenze finalizzate alla formazione del
docente. Va ricordato, al riguardo, che l’articolazione della scuola secondaria pone problemi
differenti.
La scuola secondaria inferiore (e le classi di abilitazione a essa dedicate) è parte
integrante della scuola dell’obbligo, si rivolge a una fascia d’età che presenta particolari
problematiche psico-pedagogiche. L’insegnante deve saper gestire il passaggio dalla scuola
elementare a un livello superiore che ha finalità più mirate all’acquisizione di conoscenze e
competenze specifiche. Egli agisce nel momento delicato di passaggio dall’infanzia
all’adolescenza ed ha anche rilevanti responsabilità educative nella formazione del giovane in
quanto cittadino.
I docenti che operano in ogni classe, e che costituiscono il Consiglio di classe, svolgono la
propria azione educativa oltre che attraverso l’attività di insegnamento apprendimento delle
proprie discipline, anche accompagnando il processo formativo e di crescita degli allievi
secondo uno stile di corresponsabilità educativa che ha come centro la persona dell’alunno. A
questo scopo il primo dovere di ogni docente è quello di approfondire ed adeguare il proprio
bagaglio di conoscenze e competenze.
E' importante, a questo proposito, l'indicazione che viene data del profilo esplicito della
professione docente, fatto di competenze teoriche (cultura generale di base, specifico
disciplinare, tecnologie di comunicazione, didattica generale e disciplinare, conoscenza dei
processi comunicativo-relazionali), operative (progettazione e pratica didattica, attività di
valutazione, uso degli strumenti di verifica, uso delle tecnologie didattiche, organizzazione
dei gruppi) e sociali (relazione e comunicazione), e l'affermazione che è quindi l'insieme di
queste competenze che deve essere arricchito ed aggiornato.
Insieme all'approfondimento della preparazione professionale è altrettanto rilevante il
dovere verso l'autovalutazione, come strumento per correggere e migliorare. Ed ancora, è
significativa l'affermazione, forse fatta per la prima volta in Italia, che è dovere di ciascun
docente contrastare, per quanto possibile, l'accesso alla professione di persone incompetenti.
Dopo decenni di sanatorie e immissioni in ruolo, è questa la prima condizione necessaria e
indispensabile per ridare autorità e prestigio alla professione docente.

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Unità Didattica 1
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Insieme al valore del merito, come è stato sopra indicato, viene sancita l'importanza di
salvaguardare l'autonomia della professione sia da imposizioni politiche, ideologiche o
religiose, sia da eccessi normativi e burocratici. Il lavoro dell'insegnante si nutre di relazioni
umane e cresce con esse. E' dunque dovere del docente impedire che queste siano isterilite
dall'ipertrofia delle regole. Infine, un richiamo forte al fatto che la valorizzazione e la
salvaguardia della professione docente richiedono il superamento dell'individualismo e lo
sviluppo di forme associative coerenti. A questo fine si sottolinea l'importanza dell'impegno
di ciascun docente nei confronti dell'associazionismo professionale, come strumento per fare
assurgere i docenti a vera e propria forza sociale, capace di fare valere il proprio giusto peso.

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Unità Didattica 1
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Legislazione scolastica
– I Unità Didattica – Riferimenti bibliografici

AAVV, Diritto e legislazione scolastica, Napoli, 1999.


Avon, A. La legislazione scolastica: un sistema per il servizio di istruzione. Contenuti,
significati e prospettive tra riforme e sfide quotidiane. Ed. Franco Angeli, 2009
Callà, R. (2008). Legislazione scolastica. Testo Unico delle disposizioni in materia
d'istruzione e leggi collegate, Euroedizioni Torino
D'Elia, D. StiloScuola e territorio. Percorsi di storia e di legislazione scolastica, 2004
Edizioni Giuridiche Simone. Elementi di legislazione scolastica e ordinamento del
Ministero della Pubblica Istruzione
Giannarelli, R., Rembado, G., Trainito G. Nuovo compendio della legislazione
sull'istruzione. Ordinamenti e autonomie. Mondadori Education, 2009
Leonzio, A. Elementi di diritto e legislazione scolastica Edizioni Lavoro
Sangiuliano, R., Monaco, P. “Codice delle leggi della scuola” Edizioni Giuriche
Simone (2009)
Vannini, .I. La qualità nella didattica. Metodologia e strumenti di progettazione e
valutazione. Centro Studi Erickson – 2009

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A cura di: dott.ssa Valentina Vaccaro

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Unità Didattica 2
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Legislazione scolastica
– II Unità Didattica – Lezione 1

UNITÀ DIDATTICA:
“IL SECONDO CICLO D’ISTRUZIONE”

Gli istituti d’istruzione secondaria superiore prima della riforma Moratti.

L’istruzione secondaria superiore ha la finalità di preparare gli alunni agli studi


universitari ovvero fornirgli un’adeguata preparazione per il mondo del lavoro.
L’iscrizione è subordinata al requisito dell’età, che non può essere inferiore a quella di
chi abbia seguito il normale corso di studi a partire da 10 anni, salvo il caso di giovani
provenienti dall’estero per i quali può ammettersi l’eccezione si provino di possedere
adeguata preparazione sull’intero programma prescritto per l’idoneità alla classe cui
aspirano.
Quanto allo svolgimento della carriera scolastica, la legge prevede che il passaggio alle
classi successive alla prima avvenga per scrutinio di promozione o, nel caso di alunni
provenienti da scuole non statali o private ma paritarie o legalmente riconosciute, avviene
per esame d’idoneità.
Liceo classico (R.D. 6 maggio 1923, n. 1054)
Articolato in un biennio e in un triennio. Impartisce un’istruzione di tradizione
culturale umanistica. Titolo finale è il diploma di maturità classica.
Liceo scientifico (R.D. 6 maggio 1923, n. 1054)
Si propone di sviluppare ed approfondire l’istruzione dei giovani che aspirano agli
studi universitari nelle facoltà scientifiche. Al termine dei 5 anni si consegue la maturità
scientifica.
Istituto magistrale (D.Lgt 7 settembre 1945, n.186).
Tradizionalmente l’istituto magistrale ha avuto come fine la preparazione degli
aspiranti all’insegnamento nella scuola elementare. Al termine del corso di studi si

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Unità Didattica 2
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consegue un titolo abilitante per l’accesso diretto ed immediato alla facoltà di Magistero.
Con la frequenza di un corso annuale integrativo è possibile l’accesso a qualsiasi facoltà
universitaria.
Scuola magistrale (R.D. 11 agosto 1933, n. 1286)
Consiste in un corso di studi triennale la cui finalità è stata, tradizionalmente, quella di
preparare all’insegnamento nella scuola materna, cui in concreto si poteva accedere tramite
concorso abilitante.
Istituti tecnici (L. 5 giugno1931, n. 889)
Hanno lo scopo di preparare i giovani all’esercizio di funzioni tecniche o
amministrative. L’istituzione tecnica comprende 9 indirizzi: istituto tecnico agrario, istituto
tecnico commerciale, istituto tecnico industriale, istituto tecnico per geometri, istituto
tecnico nautico, istituto tecnico per perito aziendale e corrispondente in lingue estere,
istituto tecnico per il turismo, istituto tecnico aeronautico, istituto tecnico per attività
sociali.
Istituti professionali.
Hanno per fine quello di preparare per l’esercizio di specifiche mansioni nei settori
commerciali e dei servizi, industriale ed artigianato, agrario e marittimo. Con D.M. 17
febbraio 1997 sono stati definiti orari e programmi di insegnamento relativi ad aree di
indirizzo nei settori: audiovisivo, della ceramica, fotografico e marittimo.
Licei artistici (R.D. 31 dicembre 1923, n. 3123)
Offrono una preparazione nel campo delle arti figurative. Hanno durata quadriennale e
si dividono in due sezioni: la prima avvia allo studio della pittura, scultura, decorazione e
scenografia; la seconda allo studio dell’architettura. Le due sezioni hanno un primo biennio
in comune. Si può accedere all’Accademia delle Belle Arti dopo un anno integrativo.
Istituti d’arte (R.D. 31 dicembre 1923, n. 3123)
Si propongono il fine di addestrare al lavoro ed alla produzione artistica. Ha durata
triennale. La L. 14 settembre 1970, n. 692 ha stabilito che presso gli istituti statali possono
essere istituiti corsi sperimentali professionali.
La L. 8-8-1995, n. 352 ha disposto l’abolizione degli esami di riparazione negli
istituti e scuole di istruzione secondaria superiore. In luogo degli esami di riparazione la L.

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Unità Didattica 2
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352/95 prevede l’attivazione di interventi ad hoc per l’efficace inserimento nella


programmazione di classe di alunni il cui profitto, nel corso dell’anno scolastico, sia
risultato insufficiente in una o più materie.
Tali interventi si attuano nella forma di corsi di sostegno o di recupero (più
propriamente detti “IDEI”, ovvero interventi didattici-educativi integrativi) dei quali il
D.M. 22 maggio 2000, n. 42 e il D.M. 3 ottobre 2007, n. 80 indicano le modalità,
strumenti e risorse. Questi i punti della nuova normativa:
le scuole organizzano, subito dopo gli scrutini intermedi, interventi
didattico-educativi di recupero per gli studenti che abbiano presentato
insufficienze;
è competenza del Consiglio di classe decidere come organizzare i corsi di
recupero, tenuti da docenti esterni o da collaboratori esterni;
dopo i corsi di recupero, che si volgono durante l’anno scolastico, gli
studenti devono affrontare delle verifiche intermedie;
alla fine dell’a.s., il Consiglio di classe comunica alle famiglie le carenze
scolastiche degli studenti che abbiano riportato voti insufficienti in una o più
materie, rimandando la decisione di promuoverli a dopo il 31 agosto, in occasione
della verifica finale del superamento dei debiti;
dopo lo scrutinio finale, la scuola organizza ulteriori corsi di recupero che si
svolgono durante l’estate;
entro il 31 agosto di ogni anno si concludono le iniziative di recupero e si
effettuano verifiche per il giudizio definitivo: promozione o bocciatura;
i genitori hanno facoltà di optare per corsi di recupero o di altro.
La valutazione periodica ed annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli
studenti e le certificazione delle competenze, abilità e capacità da essi acquisite sono
affidate ai docenti responsabili degli insegnamenti e delle attività educative e didattiche
previsti dai piani di studio personalizzati. Ai fini della validità dell’anno, per la valutazione
dello studente è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale
personalizzato complessivo.

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Unità Didattica 2
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Oltre alla valutazione periodica e annuale, al termine di ciascuno dei due bienni, i
docenti effettuano una valutazione ai fini di verificare l’ammissibilità dello studente al
terzo ed al quinto anno, subordinata all’avvenuta raggiungimento di tutti gli obiettivi di
istruzione e formazione, ivi compreso il comportamento.
La non ammissione al secondo anno dei predetti bienni può essere disposta per gravi
lacune, formative e comportamentali, con provvedimenti motivati. Al termine del quinto
anno sono ammessi all’esame di Stato gli studenti valutati positivamente nell’apposito
scrutinio.
Con la L. 11 gennaio 2007, n. 1 sono state dettate Disposizioni in materia di esami
di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore. A parziale
modifica delle previsioni della L. 10 dicembre 1997, n. 425 la L.1/2007 dispone che
all’esame di Stato sono ammessi:
gli alunni delle scuole statali paritarie che abbiano frequentato l’ultimo anno di
corso, valutati positivamente e saldati i debiti formativi;
gli alunni delle scuole pareggiate o legalmente riconosciute, alle stesse condizioni
di cui sopra, nelle quali continuano a funzionare corsi di studio ai sensi dell’art. 1-bis,
comma 6, del decreto legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito con modificazioni, della
legge 3 febbraio 2006, n. 27.
Ai sensi delle previsioni del D.L. 137/2008 (cd. decreto Gelmini) e in base all’Ordinanza Ministeriale n.
40 dell’8 aprile 2009, che detta le istruzioni relative allo svolgimento degli esami di Stato per l’anno
scolastico 2008/2009, si intendono valutati positivamente gli alunni che nello scrutinio finale conseguono la
media del 6.
L’esame prevede 3 prove scritte ed un colloquio: 1)accerta la padronanza della lingua
italiana, logiche-linguistiche; 2) ha per oggetto le materie caratterizzanti il corso; 3)
esprime l’autonomia didattico-metodologica ed è a carattere multidisciplinare. Il colloquio
si svolge su argomenti di interesse multidisciplinare attinenti ai programmi ed al lavoro
didattico dell’ultimo anno. La lingua d’esame è la lingua ufficiale d’insegnamento. A
conclusione viene dato un voto finale in centesimi con un minimodi 60/100. Gli esami
degli alunni con handicap sono disciplinati in coerenza con la legge 5 febbraio 1992,
n.104.

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Unità Didattica 2
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Legislazione scolastica
– II Unità Didattica – Lezione 2

Il secondo ciclo d’istruzione nella riforma Moratti

La scuola secondaria di secondo grado costituisce, nell’impianto della L. 28 marzo


2003, n. 53, il secondo ciclo dell’istruzione espressamente disciplinato con D.L.gs. 17
ottobre 2005, n. 226.
Il secondo ciclo dell’istruzione è costituito da un sistema educativo-formativo-culturale
a doppio binario rappresentato:
- da un lato dal sistema dei licei;
- dal’altro dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale
(I.F.T.S.)
In alternativa, a partire dal 15° anno di età, gli studenti possono frequentare attività di
formazione, in alternanza scuola-lavoro o l’apprendistato.
I percorsi liceali ed i percorsi d’istruzione e formazione professionale sono di pari
dignità e si propongono i fine di promuovere l’educazione alla convivenza civile, la
crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il saper, il saper essere
ed il saper fare e la riflessione critica su stessi, nonché d’incrementare l’autonomia di
giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale curando l’acquisizione delle
competenze e l’ampliamento delle conoscenze, delle abilità, delle capacità, delle attitudini
relative all’uso delle nuove tecnologie e la padronanza di una lingua europea, oltre
l’italiano e l’inglese, secondo il profilo educativo, culturale e professionale.
È assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei
licei, nonché di passare dal sistema dei licei a quello dell’istruzione e delle formazione
professionale e viceversa, mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate
all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta.
Con la L. n. 228, del 1 luglio 2006, di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 173
del 1 maggio 2006, recante “Proroga di termini per l’emanazione di atti di natura

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Unità Didattica 2
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regolamentare, ulteriori proroghe per l’esercizio di deleghe legislative e in materia


d’istruzione” è stata disposta la proroga all’anno scolastico 2008/2009 dell’avvio della
riforma dell’istruzione secondaria di II grado.
I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una
comprensione approfondita ed elevata dei temi legati alla persona ed alla società. Hanno
durata quinquennale, si sviluppano in due periodi biennali e in un quinto che
prioritariamente completa il percorso disciplinare e prevede altresì la maturazione di
competenze mediante l’approfondimento delle conoscenze e l’acquisizione di capacità e
abilità caratterizzanti il profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi.
I percorso liceali si concludono con un esame di Stato.
Il sistema dei licei comprende le seguenti tipologie di liceo:
- artistico;
- classico;
- linguistico;
- musicale e coreutico;
- scientifico;
- delle scienze umane.
Gli istituti tecnici e gli istituti professionali
Ai sensi della L. 40/2007 sono considerati parte del sistema dell’istruzione secondaria
superiore in luogo dei percorsi liceali economico e tecnologico e sono riorganizzati,
potenziati e finalizzati istituzionalmente al conseguimento del diploma di istruzione
secondaria superiore.
Nel quadro del loro riordino e potenziamento con uno o più regolamenti adottati con
decreto del Ministro della pubblica istruzione sono previsti: la riduzione del numero degli
attuali indirizzi e il loro ammodernamento nell’ambito di ampi settori tecnico-
professionali, articolati in un’area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree
d’indirizzo; la scansione temporale dei percorsi ed i relativi risultati di apprendimento; la
previsione di un monto ore annuale delle lezioni sostenibile per gli allievi nei limiti del
monte ore complessivo annuale già previsto per i licei economico e tecnologico e del
monte ore complessivo annuale; la conseguente riorganizzazione delle discipline

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Unità Didattica 2
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d’insegnamento al fine di potenziare le attività laboratoriali, di stage e di tirocini;


l’orientamento agli studi universitari e al sistema dell’istruzione e formazione tecnica
superiore.
Fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e nel rispetto delle competenze
degli enti locali e delle regioni, possono essere costituiti, in ambito provinciale o sub-
provinciale, “poli-tecnico-professionali” tra gli istituti tecnici e gli istituti professionali, le
strutture della formazione professionale accreditate e le strutture che operano nell’ambito
del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore. I “poli” sono costituiti sulla
base della programmazione dell’offerta formativa, con il fine di promuovere in modo
stabile ed organico la diffusione della cultura scientifica e tecnica e di sostenere le misure
per la crescita sociale, economica e produttiva del Paese.
Con D.P.C.M. 25 gennaio 2008 sono state dettate le linee guida per la
riorganizzazione complessiva del Sistema di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore
(cd. IFTS), innovando rispetto a quanto previsto nel capo III del D. Lgs. 17 ottobre 2005,
n. 226.
I giovani e gli adulti accedono ai percorsi di formazione e di istruzione tecnica
superiore con il possesso di uno dei seguenti titoli:
- diploma di istruzione secondaria superiore;
- diploma professionale di tecnico di cui al D. Lgs. 17 ottobre 2005 n. 226,
art. 20, comma 1, lettera c.
Per ciò che concerne le caratteristiche strutturali, il D.P.C.M. 25 gennaio 2008 allo
scopo di rendere stabile e organica l’integrazione tra soggetti formativi, enti locali e
imprese in relazione agli obiettivi propri del Sistema di Istruzione e Formazione Tecnica
Superiore ne prevede una particolare configurazione strutturale ed operativa, stabilendo
che su iniziativa degli istituti di istruzione secondaria superiore dell’ordine tecnico e
professionale si costituiscano gli ITS - Istrituti Tecnici Superiori – nella forma giuridica
di fondazione di partecipazione di cui agli artt. 14 e seguenti del codice civile.
Le istituzioni scolastiche favoriscono e potenziano il raccordo con il mondo delle
professioni e del lavoro realizzando attività didattiche finalizzate alle professioni e al
lavoro. A tal fine il D. Lgs. 14 gennaio 2008, n. 22 dispone che le istituzioni scolastiche

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Unità Didattica 2
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predispongano le azioni di orientamento in collaborazione con: i centri territoriali per


l’impiego; le strutture formative accreditate; le aziende, imprese, cooperative, enti ed
associazioni di volontariato; gli organismi competenti in materia di inserimento lavorativo
delle persone con disabilità.
Agli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età, la riforma Moratti
riconosce la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro,
come modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata
dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le associazioni
di rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che
assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l’acquisizione di competenze spendibili
nel mercato del lavoro.
Con D.P.R. 24/06/1998, n 249 è stato approvatolo lo statuto delle studentesse e degli
studenti della scuola superiore che si propone quale carta dei diritti e dei doveri degli
alunni recependo e sviluppando le indicazioni emergenti dalla Convenzione internazionale
sui diritti del fanciullo ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176.
Lo statuto rappresenta quindi una tappa del processo autonomistico avviato dalle
istituzioni scolastiche in quanto tratteggia le fondamenta di una scuola che non è solo
luogo di studi e di apprendimento, ma costituisce una comunità complessa le cui
componenti – docenti, studenti, genitori – sono fortemente integrate. Lo studente ha il:
diritto ad una formazione qualificata; diritto alla riservatezza; diritto all’informazione;
diritto alla partecipazione alla vita scolastica; diritto alla valutazione; diritto alla libertà di
apprendimento; diritto al rispetto della vita culturale e religiosa; diritto di riunione, di
assemblea e di associazione. D’altra parte l’alunno ha il dovere di: frequentare i corsi di
studio, comportarsi correttamente, osservare le disposizioni organizzative, utilizzare in
modo congruo le strutture e i sussidi didattici, contribuire a rendere accogliente l’ambiente
scolastico.

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Unità Didattica 2
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Legislazione scolastica
– II Unità Didattica – Lezione 3

La scuola secondaria di secondo grado nella riforma Gelmini

Il secondo ciclo di istruzione è stato oggetto della cd. riforma Gelmini, che ne ha
progettato anche un riassetto del sistema dei licei e degli istituti tecnici. La riforma dei licei
è stata approvata il 12 giugno 2009 in prima lettura dal Consiglio dei Ministri. Si tratta di
una riforma epocale che partirà dal 2010 e che segna un passo fondamentale verso la
modernizzazione del sistema scolastico italiano. Con questa riforma si vuole:

• fornire maggiore sistematicità e rigore e coniugare tradizione e innovazione;


• razionalizzare i piani di studio, privilegiando la qualità e l’approfondimento
delle materie di studio;
• caratterizzare accuratamente ciascun percorso liceale;
• riconoscere ampio spazio all’autonomia delle istituzioni scolastiche;
• consentire una più ampia personalizzazione, grazie a quadri orari ridotti che
danno allo studente la possibilità di approfondire e recuperare le mancanze.

Il Regolamento recante “revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico


dei licei” approvato, completa la riforma della scuola secondaria superiore avviata dal
ministro Mariastella Gelmini con la riforma degli istituti tecnici e professionali e partirà
dal 2010. Il nuovo modello dei licei partirà gradualmente, coinvolgendo a partire dall’anno
scolastico 2010-2011 le prime e le seconde. La riforma entrerà a regime nel 2013.

Per cancellare la frammentazione e consentire alle famiglie e agli studenti di


compiere scelte chiare i 396 indirizzi sperimentali, i 51 progetti assistiti dal Miur e le
tantissime sperimentazioni attivate saranno ricondotte in 6 licei. I punti principali della
riforma, che entrerà in vigore a partire dal 2010 si possono riassumere nel modo seguente:

- snellimento degli indirizzi scolastici;


- maggiore legame tra il mondo del lavoro e la scuola;
- riordino degli istituti tecnici;

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Unità Didattica 2
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- riorganizzazione del sistema dei licei.


Dai settecentocinquanta indirizzi di studio esistenti, dovuti all’attuale frammentazione
dei percorsi di studio e delle sperimentazioni, si passerà ad un numero complessivo di
venti, così suddiviso:
- 6 licei – artistico, scientifico, classico, linguistico, delle scienze umane e
musicale – coreutico;
- due istituti tecnici, economico e tecnologico suddivisi in undici indirizzi,
che rispondano alle richieste del mondo del lavoro e con più ore di laboratorio
e più inglese.
Altre novità introdotte:

• valorizzazione della lingua latina. Il latino è presente come insegnamento


obbligatorio nel liceo classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane; come
opzione negli altri licei;
• incremento orario della matematica, della fisica e delle scienze per
irrobustire la componente scientifica nella preparazione liceale degli studenti (gli
insegnamenti di fisica e scienze possono essere attivati dalle istituzioni scolastiche
anche nel biennio del liceo classico);
• potenziamento delle lingue straniere con la presenza obbligatoria
dell’insegnamento di una lingua straniera nei cinque anni ed eventualmente di una
seconda lingua straniera usando la quota di autonomia.
• Presenza, nel liceo scientifico, di una opzione in cui confluisce
l’esperienza del liceo tecnologico, che ha rappresentato negli anni trascorsi un
significativo filone di innovazione;
• presenza delle discipline giuridiche ed economiche sia nel liceo scientifico
(opzione tecnologica), sia nel liceo delle scienze sociali (opzione economico-
sociale), sia negli altri licei attraverso la quota di autonomia.
• insegnamento, nel quinto anno, di una disciplina non linguistica in
lingua straniera, che ci allinea alle migliori esperienze del resto d’Europa;

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Unità Didattica 2
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• valorizzazione della qualità degli apprendimenti piuttosto che la


quantità delle materie. I quadri orari saranno adeguati a quelli dei Paesi che hanno
raggiunto i migliori risultati nelle classifiche Ocse Pisa come la Finlandia (856 ore
all’anno). Il quadro orario sarà annuale e non più settimanale, in modo da assegnare
alle istituzioni scolastiche una ulteriore possibilità di flessibilità.
Tutti i licei prevederanno 27 ore settimanali nel primo biennio e 30 nel secondo
biennio e nel 5° anno, ad eccezione del classico (31 ore negli ultimi tre anni), per
preservare le caratteristiche rafforzando la lingua straniera, dell’artistico (massimo
35), musicale e coreutico (32), perché questi ultimi prevedono materie pratiche ed
esercitazioni;
• entrano a regime le sperimentazioni che hanno coinvolto gli istituti d’arte,
i percorsi musicali, i vecchi istituti magistrali e le sperimentazioni scientifico-
tecnologiche e linguistiche, queste ultime nate dall’esperienza delle scuole non
statali, private o degli enti locali.

La nuova organizzazione dei licei prevede:

• maggiore autonomia scolastica: possibilità per le istituzioni scolastiche di


usufruire di una quota di flessibilità degli orari del 20% nel primo biennio e nell’ultimo
anno e del 30% nel secondo biennio. Attraverso questa quota, ogni scuola può decidere
di diversificare le proprie sezioni, di ridurre (sino a un terzo nell’arco dei 5 anni) o
aumentare gli orari delle discipline, anche attivando ulteriori insegnamenti previsti in
un apposito elenco; possibilità di attivare ulteriori insegnamenti opzionali anche
assumendo esperti qualificati attraverso il proprio bilancio;
• rapporto più forte scuola-mondo del lavoro-università:
possibilità, a partire dal secondo biennio, di svolgere parte del percorso attraverso
l’alternanza scuola-lavoro e stage o in collegamento con il mondo dell’alta formazione
(università, istituti tecnici superiori, conservatori, accademie);
• nuove articolazioni del collegio dei docenti: costituzione in ogni scuola di
dipartimenti disciplinari, che riuniscono i docenti di uno stesso ambito disciplinare,

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Unità Didattica 2
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per sostenere la didattica, la ricerca, la progettazione dei percorsi; costituzione di un


comitato scientifico composto paritariamente da docenti ed esperti del mondo della
cultura e del lavoro. Dipartimenti disciplinari e comitato scientifico non ledono
comunque la sovranità del Collegio docenti.

La riforma Gelmini prevede, inoltre, l’intensificazione dello studio della lingua inglese
che sarà obbligatorio per i cinque anni di corso per tutte le scuole e delle ore scientifiche e
di matematica al liceo classico e allo scientifico. Negli istituti tecnici al quinto anno, una
delle materie sarà insegnata in lingua inglese, mentre nei nuovi licei le lingue obbligatorie
saranno due.
Come abbiamo visto, l’art. 1 del D.L. 137/2008 convertito con L. 169/2008 ha
introdotto, per tutte le scuole di ogni ordine e grado, lo studio della disciplina
“Cittadinanza e Costituzione” a inserire nel monte ore di storia e geografia e studi
sociali, che non concorrono alla valutazione del rendimento degli studenti.
Il documento di indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e
Costituzione” prevede percorsi specifici per ogni ordine e grado di istruzione.
Nella scuola secondaria di secondo grado si dovrà approfondire lo studio della
Costituzione anche attraverso anche attraverso l’analisi dell’attualità, la messa in pratica
del proprio impegno nel volontariato, la promozione del rispetto e della tutela
dell’ambiente, la promozione del fair play e dei valori positivi dello sport ed i principi di
educazione stradale.

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Unità Didattica 2
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Legislazione scolastica
– II Unità Didattica – Lezione 4

Il riconoscimento delle eccellenze e successivi cambiamenti nella scuola nell’anno


2009 .

Con D.Lgs. 29 dicembre 2007, n. 262 si è data attuazione alla delega conferita con la
L. 11 gennaio 2007, n. 1, art. 2, comma 1 laddove il legislatore autorizza il Governo ad
emanare norme per incentivare l’eccellenza negli studenti ottenuta a vario titolo nei
percorsi d’istruzione.
Il D.Lgs. 262/2007 prevede l’incentivazione delle eccellenze (art.1) al fine di
valorizzare la qualità dei percorsi compiuti dagli studenti frequentanti i corsi di istruzione
superiore delle scuole statali paritarie e di riconoscerne i risultati elevati. È una misura per
innalzare il livello di apprendimento degli studenti, incoraggiando il proseguimento del
percorso di istruzione nei licei, negli istituti tecnici e professionali e nella formazione
tecnica superiore. Il risultato raggiunto nei percorsi d’eccellenza è riconosciuto e certificato
e garantisce l’acquisizione di crediti formativi e varie forme di premiazione.
Si prendono in considerazione sia esiti personali che traguardi di gruppo (art. 2, comma
4) e si può tenere conto delle votazioni scolastiche (art. 2, comma 6), che vengono in
questa prospettiva pienamente valorizzate, nonché dei sistemi di certificazione ad alto
livello di standardizzazione e con validità internazionale, ormai sviluppati nel settore delle
lingue straniere e delle tecnologie informatiche (art. 2, comma 5).
Varie forme d’incentivo sono individuate come ulteriore sostegno all’eccellenza e
possono tradursi, per i vincitori di gare o competizioni in ambito culturale o artistico, in
misure quali il conferimento di benefit ed accreditamenti per l’accesso a biblioteche, muse,
luoghi di cultura; per coloro che conseguono risultati di eccellenza nell’ambito dei
competizioni a carattere professionale sono previsti: l’ammissione a tirocini formativi, la
partecipazione ad iniziative a carattere formativo, i viaggi di istruzione e le visite presso
centri specialistici, nonché, con criteri da adattare alle singole situazioni, benefici
economici o altri riconoscimenti (art. 4).

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Unità Didattica 2
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E’ altresì individuata come eccellenza la votazione di 100 con l’attribuzione della lode
conseguita dagli studenti nell’esame di Stato conclusivo dei corsi di istruzione secondaria
superiore dell’anno scolastico 2009/2010. (D.M. 22 nov. 2009, art.1)
Il D.Lgs. 14 gennaio 2008, n. 21 prevede che gli istituti d’istruzione secondaria
superiore statali e paritaria, nell’ambito della propria autonomia, possono organizzare
percorsi di orientamento finalizzati alla scelta dei corsi di laurea universitari e dei
corsi dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica operando in raccordo con le
università, anche consorziate tra loro e le istituzioni
Con la Riforma Gelmini, dunque, numerose sono state le novità introdotte. Per avere
un quadro più sistematico si schematizzano le principali novità relativamente agli anni
scolastici 2008/2009 e 2009/2010.

Annualità 2008/2009

Valutazione: ritorno del voto in decimi e del voto in condotta determinante ai fini della
promozione o della bocciatura (come riportato nel capitolo successivo).
Maggiore attenzione all’edilizia scolastica: stanziamento di ulteriori finanziamenti per
l’edilizia scolastica. Sono stati messi a disposizione 1 miliardo di euro autorizzati dal Cipe
che si aggiungono a quelli previsti dal piano triennale per la messa in sicurezza degli
istituti scolastici.

Anagrafe degli istituti scolastici: il Ministero ha chiesto a Regioni ed Enti Locali di


stilare l’anagrafe strutturale e non strutturale delle scuole italiane. Entro l’anno scolastico
2009/2010 dovrebbe essere ultimata. Il Ministero è riuscito a chiudere un accordo in
Conferenza Stato – Regioni: ogni istituzione concorrerà alla messa in sicurezza delle
scuole.

Introdotto insegnamento di Cittadinanza e Costituzione.

Scuola digitale: sono stati stanziati 18 milioni di euro per la digitalizzazione della
scuola. Dal novembre 2008, 10.000 lavagne interattive sono arrivate in 11.000 classi a
partire dalle scuole secondarie di primo grado.

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Unità Didattica 2
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Incentivi alla diffusione dell’e-book, il libro di testo in versione digitale da affiancare a


quella cartacea e contenimento spesa libri di testo.

Introduzione dei tetti di spesa per le scelte dei libri da parte degli insegnanti:
gli insegnanti devono scegliere libri di testo che abbiano un prezzo inferiore ai tetti di
spesa fissati dal Ministero. È, inoltre, chiesto agli insegnanti di individuare preferibilmente
i libri disponibili, in tutto o in parte, su internet. In questo modo è possibile tenere
maggiormente sotto controllo il prezzo dei testi e andare incontro alle richieste delle
famiglie.

Stesso libro per 5 anni: i testi scelti non potranno essere cambiati per almeno 5 anni
nella primaria e 6 anni nella secondaria

Annualità 2009/2010
Scuola primaria.
Maestro unico prevalente alle elementari: si passerà al modello educativo del maestro
unico prevalente, un’unica figura di riferimento per i bambini. Successivamente questo
modello coinvolgerà le altre classi in modo graduale. Abolite, dunque, le compresenze e
confermato il tempo pieno. Ogni quadro orario, da 24, 27, 30 o 40 ore, prevederà il
maestro unico; con l’introduzione del maestro unico, l’eliminazione delle compresenze ed
alcuni risparmi dovuti alla razionalizzazione degli organici si libereranno più maestri per
aumentare il tempo pieno. Si passerà quindi da 7000 classi prime del 2008/2009 a più di
9000 classi prime che a partire da questo anno scolastico potranno usufruire del modello
orario a 40 ore settimanali. Questo aumento sarà possibile grazie a una serie di azioni
messe in atto dal Ministero: dimensionamento della rete scolastica (circa 350 scuole sono
state accorpate grazie anche all’impegno delle Regioni); soppressione delle compresenze.
Scuola secondaria di I grado.
Riformulazione dell’orario delle lezioni. Più qualità e meno quantità. Da quest’anno
l’orario scolastico della scuola media sarà di 30 ore settimanali, consentendo una
distribuzione razionale delle lezioni. Anche il tempo prolungato sarà ricondotto ad orario
normale di 30 ore. Sarà autorizzato solo in presenza di requisiti strutturali e di servizio che

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Unità Didattica 2
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rispondano alle aspettative delle famiglie e potrà essere di 36 ore elevabili, se richiesto
dalla maggioranza delle famiglie, a 40 ore. Da questo anno scolastico il voto finale
dell’esame di terza media sarà calcolato facendo una media aritmetica delle prove orali, di
quelle scritte (inclusa la prova nazionale Invalsi) e del voto di ammissione.
Scuola secondaria di II grado

Ammissione alla Maturità solo con 6 in tutte le materie.

Pagelle on-line: dall’a.s. 2009/2010 sarà possibile consultare on line sul sito delle
scuole le pagelle. Sarà, inoltre, possibile segnalare ai genitori le assenze dei figli tramite
sms; è previsto l’ingresso di giovani precari nella scuola ed infine, a settembre, potranno
iscriversi alla scuola dell’infanzia anche i bambini di 2 anni e mezzo.

La Scuola digitale è l’ultimo di una serie di importanti provvedimenti messi in campo


dal Ministero per diffondere le tecnologie digitali in classe. L’obiettivo da raggiungere è
innovare la scuola dall’interno attraverso metodi e strumenti didattici che rispondano alle
nuove esigenze degli studenti e alle sfide della società del futuro.
Il Piano d’intervento si articola in due fasi. La prima, proposta a gennaio 2009 e già
operativa, prevede l’introduzione delle “Lavagne interattive multimediali (LIM)”, la
seconda denominata cl@ssi 2.0 ha come obiettivo l’utilizzo delle ICT nelle scuole primarie
e secondarie di I grado. A partire dal prossimo anno scolastico (2009-2010) saranno
installate 16.000 LIM in altrettante classi della scuola secondaria di I grado. Inoltre 50.000
insegnanti saranno coinvolti in percorsi di formazione. Nell’anno scolastico 2010-2011
il piano si estenderà alla scuola secondaria di II grado e alla scuola primaria dove saranno
distribuite 8.000 LIM e coinvolti circa 25.000 insegnanti. La LIM svolge un ruolo chiave
per l’innovazione della didattica. E’ infatti uno strumento che consente di integrare le
tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella didattica in classe, in modo
trasversale alle diverse discipline. L’introduzione delle lavagne interattive multimediali
consentirà alle scuole di utilizzare al meglio i contenuti digitali

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Unità Didattica 2
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Legislazione scolastica
– II Unità Didattica – Lezione 5

Regolamento sulla valutazione degli alunni

In data 28 maggio 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il


Regolamento sulla valutazione degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado. Queste le
principali novità contenute nel provvedimento:
Scuola Primaria.
Nella scuola primaria gli alunni saranno valutati dall'insegnante unico di riferimento.
La valutazione terrà conto del livello di conoscenza e del rendimento scolastico
complessivo nelle singole materie. La valutazione nelle singole materie sarà espressa in
voti numerici così come avviene in tutti i Paesi Europei. Solo per l'insegnamento della
religione cattolica resta la valutazione attraverso un giudizio sintetico formulato dal
docente.
I docenti di sostegno parteciperanno alla valutazione di tutti gli alunni.
Nella scuola elementare gli alunni potranno essere non ammessi alla classe successiva solo
in casi eccezionali e motivati. Il voto in condotta nella scuola elementare sarà espresso
attraverso un giudizio del docente o dei docenti contitolari.
Scuola secondaria di I grado
Nella scuola secondaria di primo grado gli studenti saranno valutati nelle singole
materie con voti numerici. Questo metodo di valutazione riguarderà anche l'insegnamento
della musica. Anche alle medie l'insegnamento della religione cattolica continuerà ad
essere valutato attraverso un giudizio sintetico del docente.
Per essere ammessi all'anno successivo, comunque, sarà necessario avere almeno 6 in ogni
materia. Per la ammissione all'esame di Stato di terza media gli alunni dovranno
conseguire la sufficienza in tutte le materie, compreso il voto in condotta.
In sede d'esame finale, agli alunni particolarmente meritevoli, che conseguiranno il
punteggio di 10 decimi, potrà essere assegnata la lode dalla commissione che deciderà
all'unanimità. Il voto in condotta nella scuola secondaria di primo grado sarà espresso con

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Unità Didattica 2
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un voto numerico accompagnato da una nota di illustrazione e riportato anche in lettere in


pagella.
Scuola secondaria di secondo grado.
Per ciò che concerne la valutazione del comportamento degli studenti, nell’art. 2,
comma 3, D.L. 137/2008, convertito in L. 169/2008 si legge che “a decorrere dall’anno
scolastico 2008/2009, la valutazione del comportamento è effettuata mediante
l’attribuzione di un voto numerico espresso in decimi.
La votazione sul comportamento degli studenti, attribuita collegialmente dal
Consiglio di classe, concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se
inferiore a sei decimi, la non ammissione all’anno successivo di corso ed all’esame
conclusivo di ciclo”.
Dunque, secondo quanto emerge dai lavori per il regolamento di Coordinamento
delle norme vigenti per la valutazione degli alunni, la valutazione degli apprendimenti
degli alunni nella scuola secondaria di secondo grado, periodica e finale, è effettuata dal
Consiglio di classe e la valutazione periodica e finale del comportamento è, ai sensi
dell’art. 2 D.L. 137/2008, espressa in decimi ed il voto numerico è riportato anche in
lettere nel documento di valutazione.
Ai fini dell’ammissione alla classe successiva, è necessario che gli alunni in sede di
scrutinio finale conseguano un voto di comportamento non inferiore a sei decimi e, ai sensi
dell’art. 193, comma 1, T.U. istruzione (D.Lgs. 297/1994) una votazione non inferiore a sei
decimi in ciascuna disciplina.
Saranno ammessi all’esame di Stato, gli alunni che, nello scrutinio finale,
conseguiranno una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina e u voto di
comportamento non inferiore a sei decimi.
Come esplicitamente riportato nell’Ordinanza Ministeriale 40, 8 aprile 2009, recante
istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato
conclusivi dei corsi di studio d’istruzione secondaria di secondo grado nelle scuole statali e
non statali, la valutazione del comportamento concorre alla valutazione complessiva dello
studente, pertanto, il voto sul comportamento inferiore a sei decimi comporta la non
ammissione all’esame di Stato .

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Unità Didattica 2
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Saranno ammessi direttamente agli esami di Stato gli studenti che in quarta hanno
conseguito 8/10 in ciascuna materia e nel comportamento e che hanno riportato una
votazione non inferiore al 7 in ciascuna disciplina, 8 per la condotta nelle classi seconda e
terza. L'educazione fisica concorre come ogni altra disciplina alla determinazione
della media dei voti. Relativamente alla valutazione del comportamento, il 5 in condotta
sarà attribuito dal Consiglio di classe per gravi violazioni dei doveri degli studenti definiti
dallo Statuto delle studentesse e degli studenti, purché prima sia stata data allo studente
una sanzione disciplinare. Inoltre, l'insufficienza in condotta dovrà essere motivata con un
giudizio e verbalizzata in sede di scrutinio intermedio e finale.
Per la valutazione degli alunni con disabilità si dovrà tener conto, oltre che del
comportamento, anche delle discipline e delle attività svolte sulla base del piano educativo
individualizzato. Inoltre si prevede, per gli alunni disabili, la predisposizione di prove di
esame differenziate, corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonei a valutare il
progresso dell'alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.
Per gli alunni in situazione di difficoltà specifica di apprendimento debitamente certificate,
per la prima volta viene dettata una disciplina organica, con la quale si prevede che, in sede
di svolgimento delle attività didattiche, siano attivate adeguate misure dispensative e
compensative e che la relativa valutazione sia effettuata tenendo conto delle particolari
situazioni. Resta confermato l'obbligo scolastico fino al sedicesimo anno di età, sempre nel
quadro del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione.
Il regolamento recante norme per a riorganizzazione della rete scolastica (D.P.R. 16
marzo 2009) dispone relativamente alla formazione delle classi iniziali negli istituti e
scuole d’istruzione secondaria di secondo grado che le classi del primo anno siano
costituite, di norma, con non meno di 27 allievi. Gli eventuali alunni che risultano non
inseriti, sono distribuite tra le classi dello stesso istituto e senza superare, comunque, il
numero 30 di alunni per classe; quando le iscrizioni non superano le 30 unità, si costituisce
un a sola classe.
Le classi del primo anno di corso di sezioni staccate, scuole coordinate, sezioni di
diverso indirizzo o specializzazioni funzionanti con un solo corso devono essere costituite,
di norma, con un numero di alunni non inferiore a 25.

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Unità Didattica 2
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Le classi intermedie sono costituite in numero pari a quello delle classi di provenienza
degli alunni, purché siano formate con un numero di alunni non inferiore a 22; altrimenti si
procede alla ricomposizione delle classi secondo i criteri indicati per le classi iniziali.
Rimane la possibilità, valida per le scuole di ogni ordine e grado, di aumentare i
parametri di composizione delle classi ma non oltre il 10%. Le classi con alunni disabili
saranno costituite, di norma, con non più di 20 alunni.
Per ciò che riguarda il rapporto tra aziende e studenti, la riforma Gelmini, con
l’obiettivo di creare un legame sempre maggiore tra le richieste del mondo del lavoro e la
scuola, prevede che durante il quinto anno di studi, le singole istituzioni scolastiche,
nell’ambito della loro autonomia, diano la possibilità agli studenti di effettuare uno stage
presso un’azienda.

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Unità Didattica 2
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Legislazione scolastica
– II Unità Didattica – Riferimenti bibliografici

AAVV, Diritto e legislazione scolastica, Napoli, 1999.


Avon, A. La legislazione scolastica: un sistema per il servizio di istruzione.
Contenuti, significati e prospettive tra riforme e sfide quotidiane. Ed. Franco Angeli, 2009
D'Elia, D. StiloScuola e territorio. Percorsi di storia e di legislazione scolastica,
2004
Edizioni Giuridiche Simone (2008) Elementi di legislazione scolastica e
ordinamento del Ministero della Pubblica Istruzione
Sangiuliano, R., Monaco, P. “Codice delle leggi della scuola” Edizioni Giuriche
Simone (2009)

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A cura di: dott.ssa Valentina Vaccaro

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Unità Didattica 3
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Legislazione scolastica
– III Unità Didattica – Lezione 1

UNITÀ DIDATTICA:
“L’AUTONOMIA SCOLASTICA”

L’art. 21 della Legge 59/1997 (L. Bassanini-1)

L’impianto normativo dell’art. 21 della L. 59/1997 dispone che l’autonomia scolastica


debba attuarsi innanzi tutto attraverso il riconoscimento della personalità giuridica a tutte
le scuole, dalle elementari fino ai licei, che raggiungano, entro e non oltre il 31 dicembre
del 2000, una dimensione i cui parametri di riferimento sono precisati dal D.P.R. 18-6-
1998, n. 233 al fine di garantire un equilibrio ottimale tra domanda di istruzione e
organizzazione dell’offerta formativa. In questa prospettiva la scuola diviene il soggetto
protagonista che progetta ed elabora metodi nuovi.
Elemento centrale e qualificante dell’art. 21 è rappresentato dalla codificazione dei
principi, in passato oggetto di aspre discussioni, di autonomia organizzativa e didattica.
Questi si sono concretizzati nel potere, attribuito al capo d’istituto, di organizzare l’offerta
dei servizi didattici, di introdurre nuove tecnologie, di predisporre corsi extracurriculari,
finalizzati sia a raccordare la formazione scolastica dello studente con il mondo del lavoro,
sia ad attribuire un’istruzione agli adulti. Il tutto “nel rispetto degli obiettivi del sistema
nazionale e degli standard a livello nazionale” (comma 7).
Al comma 8 vengono poi elencate, in maniera esemplificativa, alcune forme di
autonomia organizzativa la cui flessibilità e diversificazione, spinte al punto di ipotizzare
anche la possibilità di distribuire l’attività didattica in soli 5 giorni settimanali, è sempre
diretta ad assicurare l’attuazione dei principi di efficienza e di efficacia del servizio
scolastico.
L’autonomia didattica costituisce esplicazione del principio della libertà
d’insegnamento che, per dovendosi svolgere negli argini di scelte educative delle famiglie
e degli obiettivi generali del sistema nazionale d’istruzione, si articola nel potere del

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Unità Didattica 3
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docente di scegliere metodologie, strumenti didattici e di organizzazione dei modi e dei


tempi d’insegnamento, consentendo la piena esplicazione del diritto di apprendere degli
studenti.
In attuazione dei principi contenuti nell’art. 21 della L.59/1997 è stato emanato il
D.P.R. 8-3-1998, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle
istituzioni scolastiche) che definisce l’autonomia organizzativa e didattica delle scuole
come garanzia di libertà d’insegnamento e di pluralismo culturale e la concretizza nella
progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione
mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle
famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il
successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi del sistema d’istruzione e
con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e apprendimento.
Il comma 5 dell’art. 21, come modificato sul punto dal D.L. 28-8-2000, n. 240 conv.
con modif., in L.27-10-2000, n. 306, ha disciplinato la materia prevedendo l’erogazione da
parte dello Stato di una dotazione finanziaria essenziale, in concreto necessaria a garantire
il funzionamento amministrativo e didattico (Autonomia Finanziaria). La norma precisa
che il finanziamento statale si scinde in una assegnazione ordinaria, di carattere uniforme
e data in relazione a parametri quali in numero di studenti, classi, tipologia di studi tale da
garantire l’acquisto di beni di consumo e strumentali ed in una assegnazione perequativa,
di natura integrativa ed eventuale, da attribuire solo agli istituti in difficoltà economica.
Tale assegnazione è rideterminata annualmente sulla base del tasso d’inflazione
programmata e di parametri socio-economici e ambientali. Le istituzioni provvedono
all’autonoma allocazione delle risorse finanziarie derivanti da entrate proprie o da altri
finanziamenti dello Stato, delle Regioni, di enti locali o di enti pubblici o privati, sempre
che tali finanziamenti non siano vincolati a specifiche destinazioni.
Relativamente all’autonomia contabile, con D.M. 1-2-2001, n. 44 sono state dettate le
istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle scuole per l’autonoma
allocazione delle risorse, per la formazione dei bilanci, per la gestione delle risorse ivi
scritte e per la scelta dell’affidamento dei servizi di tesoreria o di cassa, nonché per le

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Unità Didattica 3
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modalità del riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche, in conformità con quanto
previsto dall’art. 21, comma 14 L.59/1997.
La gestione finanziaria delle scuole si esprime in termini di competenza, è improntata a
criteri di efficacia, efficienza ed economicità e si conforma ai principi di trasparenza,
annualità, universalità, integrità, unicità.
L’attività finanziaria-contabile si svolge sulla base di un programma annuale che
costituisce il documento contabile di base ed è deliberato dal Consiglio d’istituto su
proposta del dirigente scolastico in coerenza con le previsioni del POF. Ad esso è stata
adeguata pubblicità mediante affissione all’albo della scuola.
Nel programma sono indicate tutte le entrate, nonché gli stanziamenti di spesa
aggregati per le esigenze del funzionamento amministrativo e didattico generale, per i
compensi spettanti al personale dipendente per effetto di norme contrattuali e/o
disposizioni di legge, per le spese d’investimento e per i singoli progetti da realizzare. Le
spese non possono superare le entrate.
Ad ogni singolo progetto compreso nel programma e predisposto dal dirigente
scolastico per l’attuazione del POF è allegata una scheda illustrativa finanziaria. Per ogni
progetto deve essere indicata la fonte di finanziamento, la spesa per la sua realizzazione e
le quote di spesa attribuite a ciascun anno finanziario, fatta salva la possibilità di
rimodulare, mediante il riporto nella competenza dell’esercizio successivo delle somme
non impegnate al 31 dicembre dell’esercizio di riferimento.
Ai fini della tempestiva elaborazione del programma, l’ufficio scolastico regionale
provvede a comunicare alle istituzioni scolastiche una dotazione certa di risorse
finanziarie, fatte salve eventuali integrazioni conseguenti all’approvazione della legge di
bilancio dello Stato. L’approvazione del programma comporta autorizzazione
all’accertamento delle entrate e all’assunzione degli impegni delle spese ivi previste. Le
entrate accertate ma non riscosse durante l’esercizio e le spese impegnate e non pagate
entro la fine dell’esercizio costituiscono, rispettivamente, residui attivi e passivi.
Il Consiglio d’istituto verifica, entro il 30 giugno, le disponibilità finanziarie
dell’istituto, nonché lo stato di attuazione del programma per apportare le modifiche che si

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Unità Didattica 3
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rendano necessarie in relazione anche dell’andamento del funzionamento amministrativo e


didattico generale ed a quello attuativo dei singoli progetti.
Durante l’ultimo mese dell’esercizio finanziario non possono essere apportate
variazioni al programma, salvo casi eccezionali da motivare.
Il D.M. 44/2001 prevede il riconoscimento di autonomia negoziale alle scuole, per il
raggiungimento e nell’ambito dei propri fini istituzionali.
Nell’ambito di tale autonomia negoziale, le istituzioni scolastiche possono stipulare
convenzioni e contratti, con esclusione di quelli a carattere aleatorio e, in genere, delle
operazioni finanziarie e speculative e della partecipazione a società di persone e società di
capitali, fatta la costituzione e partecipazione a consorzi costituiti nella forma della società
e responsabilità limitata.
Spetta al Dirigente esercitare i poteri di gestione negoziale, nel rispetto del programma
annuale e dei compiti educativi dell’istituto e delle indicazioni di principio fissate dal
Consiglio d’istituto, mentre a quest’organo spetta potere deliberativo in merito:
all’accettazione di legati, eredità, donazioni;
alla costituzione o alla compartecipazione a fondazioni;
all’ accensione di mutui e in genere ai contratti di durata pluriennale;
ai contratti di alienazione, trasferimento, costituzione e
modificazione di diritti reali su beni immobili della scuola;
all’adesione a reti di scuole o consorzi;
all’utilizzazione economica delle opere di ingegno;
alla partecipazione della scuola a iniziative che coinvolgano agenzie,
enti, università, soggetti pubblici e privati;
all’acquisto di immobili.

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Unità Didattica 3
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Legislazione scolastica
– III Unità Didattica – Lezione 2

L’autonomia didattica

L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del


sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà d’insegnamento, della libertà
di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere.
Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti,
organizzazione dei tempi d’insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità
di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale,
compresa l’eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel
rispetto delle esigenze formative degli alunni.
L’esercizio dell’autonomia didattica può comportare l’adozione di alcune tipiche forme
di flessibilità quali:
l’ articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e
attività che può comportare il superamento del gruppo classe, come unità di
riferimento e recepimento delle didattica modulare o una diversa strutturazione
del lavoro degli insegnanti;
una nuova strutturazione dell’unità d’insegnamento, intesa come tempo
dedicato ad una lezione, non necessariamente coincidente con l’unità oraria;
la definizione dei curriculi strutturati in una quota disciplinare e oraria
obbligatoriamente definita dal ministero e in una quota restante, in relazione alla
quale la scuola ha certa discrezionalità:
l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, ovvero percorsi formativi
calibrati sulle caratteristiche degli alunni che si trovano in difficoltà, anche
transitorie;
l’articolazione modulare di gruppo di alunni proveniente dalla stessa classe
o da diversi anni di corso;
l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari;

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Unità Didattica 3
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la scelta, l’adozione e l’utilizzazione delle metodologie e degli strumenti


didattici favorendo l’introduzione e l’utilizzazione di tecnologie innovative;
la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di
orientamento professionale coordinandosi con le iniziative promosse dagli enti
locali;
la scelta di criteri di riconoscimento dei crediti scolastici e per il recupero
dei debito formativi.
Con il riconoscimento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, nel rispetto degli
obiettivi generali del processo formativo e specifici di apprendimento, delle discipline e
delle attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e del loro monte ore, dell’orario
obbligatorio annuale complessivo comprensivo della quota nazionale e della quota
riservata alle istituzioni scolastiche definiti, a livello nazionale, dal Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le scuole compongono un quadro didattico
unitario nel quale sono presenti: discipline ed attività fondamentali nell’ambito delle quali
ne esistono alcune a carattere alternative tra loro, discipline e attività integrative anch’esse
obbligatorie, discipline e attività facoltative, che integrano l’offerta formativa e la cui
frequenza non è obbligatoria.,
La prima definizione dei curricoli nei termini individuati dall’art. 8 D.P.R. 275/1999
si è avuta con il decreto ministeriale 6 giugno 2000, n. 234 (Regolamento recante norme in
materia di curricoli nell’autonomia delle istituzioni scolastiche).
La L. 28 marzo 2003, n. 53, conosciuta come riforma Moratti sostituisce alla dizione
“curricoli” quella di “piani di studio personalizzati” di cui all’art. 2, comma 1, lett.1).
Tali piani di studio contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale,
e prevedono una quota, riservata alle Regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico
delle stesse, anche collegata alle realtà locali.
Il documento fondamentale che esplicita l’esercizio dell’autonomia didattica è il Piano
dell’offerta formativa attraverso il quale ogni singola istituzione scolastica rappresenta la
propria identità culturale e progettuale delineando gli itinerari curriculari,
extracurriculari ed educativi conformi all’indirizzo di studi e alle esigenze del contesto
culturale, sociale ed economico della realtà locale in cui opera la scuola.

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Unità Didattica 3
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Nella predisposizione del POF e del relativo curricolo didattico si manifesta appieno
l’autonomia progettuale, didattica, organizzativa, di ricerca e sviluppo che è propria
dell’istituzione scolastica, un’autonomia funzionale alla piena valorizzazione e
realizzazione della persona umana così come richiamato dalla normativa sull’autonomia
quanto dalla successiva legge n. 53/03 la quale, in proposito sancisce che “ il principio
educativo della scuola è dato dalla centralità del soggetto che apprende, con la sua
individualità e con la rete di relazioni che lo legano alla famiglia e ai diversi ambiti
sociali, regionali ed etnici. È la persona che apprende, la persona nella sua identità, con i
suoi ritmi e le sue peculiarità, ciò a cui la scuola deve sempre guardare per farsi capace di
portarla il più vicino possibile alla piena acquisizione delle competenze in uscita dal
primo ciclo, di base, come dal secondo ciclo”.
Il POF è coerente con gli obiettivi generali educativi dei diversi tipi e indirizzi di
scuola, determinati a livello nazionale e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale,
ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale
dell’offerta formativa. Il POF è il risultato di una larga concertazione, che ogni Dirigente
scolastico è invitato a promuovere presso gli enti locali e presso tutte quelle realtà
istituzionali e private che esprimono in modo autentico le esigenze, i bisogni, i valori
socio-culturali ed economico-produttivi corrispondenti a ciascuna area territoriale. Ciò al
fine di acquisire elementi per definire i curricoli, gli obiettivi e i progetti finalizzati ad un
tipo di formazione educativa.
Il Piano è elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le
attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal Consiglio di
circolo o di istituto, tenuto conto dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni
di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie dagli studenti.
Il Piano è reso pubblico attraverso la consegna agli alunni ed alle famiglie al momento
dell’iscrizione.
Il POF definisce in forma analitica:
curricoli obbligatori corrispondenti all’ indirizzo di studio, percorsi didattici
alternativi, obbligatori e facoltativi, curriculari ed extracurriculari;

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Unità Didattica 3
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discipline ed attività didattiche aggiuntive in favore degli alunni finalizzati


ad ampliare, diversificare e migliorare l’offerta formativa con l’inserimento di
una seconda lingua comunitaria obbligatoria, insegnamenti speciali facoltativi nel
settore artistico, musicale e dell’informatica, corsi di attività motoria e di
animazione teatrale;
progetti educativi specifici per la diffusione delle lingue e culture minori
locali;
programmi di sostegno in favore dei soggetti portatori di handicap, di
recupero di disagio giovanile e comunque di prevenzione del fenomeno
della dispersione scolastica;
accordi con enti pubblici e privati specialistici, Università e con altre scuole,
collegate in rete, per attività di aggiornamento del personale, per garantire la
continuità tra i vari segmenti scolastici, per l’organizzazione di un servizio di
orientamento scolastico, universitario e professionale. Per tale finalità i protocolli
d’intesa possono prevedere modalità per la prescrizione universitaria o per visite
d’istruzione, corsi di preparazione finalizzati alla scelta dell’indirizzo di studio
universitario, per stage in azienda , per la conoscenza dei processi produttivi,
delle tecniche di lavorazione, dei materiali, dei laboratori dei macchinari;
intese con la Regione e gli enti locali per favorire l’integrazione tra sistemi
educativi e rendere agevole il passaggio in più direzioni con riferimento al
sistema d’istruzione, alla formazione professionale ed al mondo del lavoro.

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Unità Didattica 3
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Legislazione scolastica
– III Unità Didattica – Lezione 3

L’autonomia organizzativa, di sperimentazione e funzionale.

L’autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della


diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico, all’integrazione
e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all’introduzione di tecnologie
innovative e al coordinamento con il contesto territoriale.
Si esplica liberamente, anche mediante superamento di vincoli in materia di unità
oraria della lezione, dell’unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e
impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie e
tecnologiche fermi restando che i giorni di attività didattica annuale previsti a livello
nazionale, la distribuzione dell’attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il
rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai CCNL che
possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di
un’apposita programmazione plurisettimanale.

In particolare:

gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle scuole in


relazione alle esigenze derivanti dal Piano dell’offerta formativa, nel
rispetto delle funzioni in materia di determinazione del calendario scolastico
esercitate dalle Regioni;
l’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e
attività sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di una
programmazione plurisettimanale, fermi restando l’articolazione delle
lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore
annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività
obbligatorie;
in ciascuna scuola le modalità d’impiego dei docenti possono essere
diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali
differenziazioni nelle scelte metodologiche ed organizzative adottate nel
POF
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Unità Didattica 3
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Relativamente all’autonomia di sperimentazione, nel regime di autonomia definito dal


D.P.R. 275/1999 le norme contenute nel T.U. sull’istruzione (artt. 276-281) in tema di
sperimentazione metodologica-didattica e organizzativo-strutturale, cessano di trovare
applicazione in quanto le istituzioni scolastiche godono di un’ampia libertà organizzativa e
di possibilità di scelte didattiche sufficientemente discrezionali.
Dal punto di vista delle cd. sperimentazioni ordinamentali il D.P.R. 275/1999, all’art
11, sancisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, anche su
proposta del Consiglio della pubblica istruzione, del Servizio nazionale per la qualità
dell’istruzione, di una o più istituzioni scolastiche, di uno o più Istituti regionali di ricerca,
sperimentazione e aggiornamento educativi, di una o più Regioni o enti locali, promuove
iniziative finalizzate all’innovazione, ovvero progetti in ambito nazionale, regionale e
locale, volti ad esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la
loro articolazione e durata, l’integrazione tra sistemi formativi, i processi di continuità e di
orientamento. Il Ministero dell’Istruzione dell’università e della ricerca riconosce, altresì,
progetti di iniziative innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli
ordinamenti degli studi nei termini di cui all’art. 8, ovvero per la definizione dei curricoli.
I progetti devono avere una durata predefinita e devono indicare con chiarezza gli
obiettivi; quelli attuati devono poi essere sottoposti a valutazione.
L’autonomia funzionale consiste nel riconoscimento alle istituzioni scolastiche di
funzioni, competenze già proprie dell’amministrazione centrale e periferica della pubblica
istruzione relative a :
carriera scolastica e rapporto con gli alunni. Vi rientrano tutti gli
adempimenti relativi alle iscrizioni, frequenze, certificazioni, documentazione,
valutazione e riconoscimento degli studi compiuti all’estero, valutazione dei crediti e
debiti formativi, partecipazione a progetti territoriali ed internazionali, realizzazione
di scambi educativi interculturali, disciplina degli alunni;
amministrazione e gestione del patrimonio delle risorse
finanziarie nel rispetto dei principi individuati nel D.M. 44/2001;

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Unità Didattica 3
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stato giuridico ed economico del personale ciò in considerazione


della qualifica dirigenziale riconosciuta al capo d’istituto ed al conseguente ruolo di
gestione delle relazioni sindacali. Non sono attribuite alle scuole alcune funzioni in
materia di personale il cui esercizio è legato ad un ambito territoriale più ampio di
quello di competenza della singola istituzione. Si tratta della formazione delle
graduatorie permanenti riferiti ad ambiti più vasti di quella della singola scuola, del
reclutamento del personale scolastico con rapporto a tempo determinato della
mobilità esterna alla scuola e dell’utilizzo del personale eccedente l’organico
funzionale della scuola, dell’autorizzazione per utilizzazione degli esoneri, comandi
utilizzazioni e collocamento fuori ruolo, riconoscimento di studio esteri.
Nell’attuazione dell’autonomia ciascuno ha un ruolo:
gli organi collegiali garantiscono l’efficacia e l’effettività dell’autonomia nel
rispetto della norma che ne definisce competenze e composizione;
il capo d’istituto esercita le funzioni connesse alla riconosciuta qualifica
dirigenziale;
i docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e
dell’attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento;
il responsabile amministrativo assume funzioni di direzione dei servizi di
segreteria nel quadro dell’unità di conduzione affidata al Dirigente scolastico;
il personale della scuola, i genitori e gli studenti partecipano al processo di
attuazione dell’autonomia assumendo le relative responsabilità.
Nell’ambito dell’autonomia le singole istituzioni possono stipulare “accordi di rete”
con altre istituzioni scolastiche. La documentazione dell’accordo deve prevedere i tempi, le
competenze e i poteri dell’organo responsabile della gestione finanziaria e professionale
del progetto. Essi possono avere per oggetto:
 attività didattiche, di ricerca e di sperimentazione previa approvazione
del Consiglio d’Istituto e dal Collegio del Docenti;
 attività di formazione e aggiornamento del personale scolastico, previa
approvazione degli organi collegiali;
 attività amministrativa e contabile;

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Unità Didattica 3
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 acquisto di beni e servizi;


 scambio temporaneo dei docenti previa adesione del docente;
 organizzazione di laboratori territoriali per attività didattica e
sperimentazione, la formazione del personale, l’orientamento scolastico e
professionale;
 altre attività coerenti con le finalità dell’offerta formativa.
Le istituzioni scolastiche, inoltre, possono stipulare convenzioni con Università, con
istituzioni, con enti, con agenzie, con associazioni il cui contributo è ritenuto coerente con
il POF. Infine, le scuole possono aderire, anche in rete, a consorzi pubblici e privati allo
scopo di acquisire beni e servizi ritenuti utili.

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Unità Didattica 3
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Legislazione scolastica
– III Unità Didattica – Lezione 4

La scuola e la comunità: un rapporto di interazione

Certamente la scuola deve avere la capacità di leggere una domanda formativa che
oggi è complessa, veloce, globale; una domanda così condizionante che ci mette sulla
difensiva, quasi ad interpretare il ruolo di chi fa resistenza di fronte al cambiamento. E’
vero, spesso la scuola viene considerato come un "un luogo istituzionalmente appartato"
rispetto ai flussi dei tanti messaggi che giungono dall’esterno.
Abbiamo diritto al rispetto dei nostri tempi di sedimentazione, al nostro pensiero
"lento", al nostro dovere di rilanciare un progetto disinteressato, fatto di ideali e valori
aperti, nei confronti della comunità e del territorio in cui operiamo.
Molto spesso si dice che la scuola dell’autonomia dovrà rispondere con più prontezza
ai bisogni del territorio. Si punterà, dunque, alla promozione dello sviluppo (sociale civile)
di una comunità. Non si tratta semplicemente di saldare la scuola con il territorio, perché se
la comunità fosse un ambiente sociale con prospettive ristrette, probabilmente ci sarebbe
bisogno di rilanciare, di riallargare gli orizzonti, di porsi di fronte a quella comunità, a
quelle domande e a quei bisogni, avendo in mente un’ipotesi culturale più ampia e
convincente.
Anche le società ad alto sviluppo tecnologico come quelle occidentali (ormai definite
società della "conoscenza" o dell’"apprendimento") non richiedono di per sé un elevato
livello culturale per tutti i loro membri. E’ sufficiente il 10 % di membri con alte capacità
cognitive, per dirigerla e orientarne i processi culturali ed informativi. Gli altri potrebbero
trasformarsi in semplici fruitori di consumi materiali e culturali, senza più intervenire
consapevolmente sulle scelte. La formazione non è, dunque, una variabile neutrale di
fronte alle scelte di sviluppo di una società, perché si trasforma in una scelta "politica" nel
senso più alto del termine.
Anche l’autonomia della scuola non sfugge a questo dilemma: il suo significato sta
nelle finalità che la società intende attribuire alla scuola, in termini nazionali e locali. In

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Unità Didattica 3
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fondo, la scuola è fondativa dell’identità nazionale e locale (ed oggi, potremmo dire, anche
europea).
E’ necessario costruire progetti formativi sostenibili a partire dalla scuola, dai ragazzi,
dagli insegnanti, cioè bisogna passare dai saperi (come enunciazioni generali) ai curricoli
(ai percorsi praticabili), per poter giungere alle competenze dei ragazzi (cioè ai traguardi
formativi da perseguire). Questa è la scommessa fondamentale dell’autonomia nei prossimi
anni. Per evitare una deriva organizzativistica, bisogna entrare nel "core curriculum". Non
si può più aggirare l’autonomia, pensando che si riduca a qualche progetto educativo di
carattere integrativo o facoltativo. Nella fase iniziale della sperimentazione dell’autonomia
ha spesso prevalso una logica di tipo aggiuntivo, l’idea che si potesse realizzare
l’autonomia aggiungendo alcune attività, organizzando alcuni percorsi innovativi spesso
facoltativi. Va comunque, ricordato che ci sono grossi vincoli di tipo giuridico per entrare,
ora, nelle dimensioni curricolari della scuola. Progettare l’offerta formativa non significa
incrementare l’offerta di tipo aggiuntivo, ma piuttosto reinterrogarsi sui compiti formativi
della scuola, sugli obiettivi forti, sulle competenze dei ragazzi, sugli obiettivi formativi che
ci proponiamo di realizzare. Nella scuola, in fondo, un bambino, un adolescente, un
ragazzo, deve incontrare i saperi della società degli adulti. Questa è anche l’ipotesi
epistemologica. Ma come si incontrano i saperi, per diventare competenti? Come si riesce
ad organizzare un incontro coinvolgente, emozionante, con una mediazione forte da parte
della scuola, degli insegnanti? Se l’autonomia è un’ipotesi pedagogica, dunque, ci vuole
un’interpretazione pedagogica, piuttosto che semplicemente giuridica, amministrativo o
organizzativa. L’autonomia è la capacità di costruire una buona ambientazione didattica
per favorire l’incontro dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti con i saperi, perché oggi
troppo spesso, questo incontro non avviene. Troppe volte i saperi restano lontani dalla
possibilità di coinvolgere i ragazzi. Questo è il senso che noi dobbiamo dare ai prossimi
mesi di ricerca, di sviluppo dell’autonomia: entrare nel merito del curricolo, cominciare a
costruire ipotesi di ricerca sul valore formativo delle discipline. Andrebbe sempre ricordato
che una delle qualificazioni forti dell’autonomia è proprio l’autonomia di ricerca e di
sviluppo. Significa che la scuola si fa delle domande importanti: "cosa sono i saperi ? cos’è
l’apprendimento di un ragazzo? perché non c’è apprendimento? come coinvolgere ed

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Unità Didattica 3
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appassionare i ragazzi all’esperienza conoscitiva ?". La scuola dell’autonomia ha bisogno


di supporti, per potersi impegnare in questa ricerca importante, per riscoprire il senso delle
domande profonde sulla conoscenza, sull’apprendimento, sui valori. C’è bisogno -
certamente - di buoni strumenti giuridici ed amministrativi, di indicazioni dal centro, di
finanziamenti, ma soprattutto di sostenere un processo di sviluppo professionale degli
operatori. Serve un forte investimento sugli insegnanti. In fondo se l’autonomia si qualifica
per una interpretazione pedagogica, cioè se l’autonomia è un processo di tipo culturale, c’è
bisogno di rendere protagonisti di questo processo gli insegnanti, trasformando
l’autonomia in una occasione di crescita e di sviluppo professionale.
In assenza di una virtuosa integrazione tra scuola, lavoro e comunità, che favorisce le
necessarie opportunità di rendersi conto dell'utilità dell’istruzione e dei vincoli del mercato
del lavoro, risulta difficile una corretta comunicazione tra questi due mondi così vicini e
ancora troppo distanti.
La mancata integrazione rende quasi impossibile l’adesione completa ad un modello di
life long learning, così come previsto dalla strategia di Lisbona elaborata dall’UE.
L’indagine sulle best practices dell’autonomia si è proposta un obiettivo del tutto
nuovo: leggere le esperienze di autonomia più promettenti - nel senso di prossime a
diventar tendenze - per inseguire il filo rosso della processualità, che è il carattere
distintivo della scuola autonoma rispetto alla scuola centralizzata e della dipendenza.
Per quest’ultima basta attenersi alle disposizioni per assicurarsi quel "buon andamento"
atteso dall’Amministrazione. Il “buon andamento” consiste nel rispetto formale di percorsi
di insegnamento uniformi, scanditi cioè dalla regolarità della trasmissione di conoscenze
prestabilite.
La scuola autonoma, al contrario, deve costruirsi gran parte delle regole e degli
obiettivi con cui operare didatticamente, e soprattutto deve progettare percorsi combinati di
insegnamento e apprendimento - e quindi di scelte contenutistiche e metodologiche.
Le migliori performance dei sistemi educativi non sono correlate e non dipendono
meccanicamente dalla quantità di risorse impiegate, ma dalla qualità delle persone e dalla
cultura dell’autonomia, nonché dal grado di responsabilità presente a tutti i livelli del
sistema stesso.

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Unità Didattica 3
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In tale ottica un ruolo fondamentale sarà, sempre più, svolto dalla piena istituzione di
un sistema di formazione continua per tutti i soggetti professionali che popolano la scuola
(dirigenti scolastici, docenti, personale amministrativo, tecnico e ausiliare) al fine di dare
risposte efficaci alla gestione delle tre variabili sistemiche fondamentali: Autonomia,
Valutazione, Responsabilità.

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Unità Didattica 3
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Legislazione scolastica
– III Unità Didattica – Lezione 5

Autonomia scolastica e qualità del sistema formativo

Il sistema scolastico italiano, sistema che deve essere funzionale alle esigenze
formative emergenti, sollecitando nella società fatti nuovi capaci di essere risposta vera ai
bisogni educativi, oggi più che mai ha subito numerosi cambiamenti. Occorrono educatori
capaci di dare vita ad esperienze reali e, attraverso condizioni sociali e politiche, che
rendano possibile l’esercizio della libertà, educativa e formativa.
La libertà di apprendimento, la libertà di educazione, la libertà di insegnamento, la
libertà di aggregazione sono condizioni indispensabili perché la persona possa crescere,
appunto, in libertà e quindi con responsabilità. C’è il diritto della persona all’educazione,
all’istruzione, allo studio. C’è la responsabilità primaria dei genitori e delle famiglie di
educare e di istruire i propri figli, nonché degli insegnanti.
Sostenere ciò significa riconoscere la responsabilità educativa dei genitori e degli
insegnanti e sostenere il loro dovere-diritto naturale e costituzionale a mantenere, educare e
istruire.
Genitori/docenti, due ruoli, due istituzioni diverse, preposte a compiti diversi benché
convergenti: l’educazione del ragazzo. Entrambi i soggetti sono impegnati a fare le cose
bene, ma ciascuno secondo un suo centro di interesse e una sua idea.
Tuttavia i doveri insiti nei ruoli, che non debbono essere confusi, non possono
sopprimere l’aspetto legato alle singole persone: ognuna ha un ruolo pubblico e un ruolo
privato. Tutti e due i soggetti istituzionali hanno diritto di cittadinanza.
Parlare di scuola e famiglia, oggi, significa parlare di due grandi primati, ognuno dei
quali ha la sua competenza nel proprio campo e non vuole cedere nessuna delle proprie
prerogative.
E’ stato il regolamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche a dare inizio a
qualche ostilità, in quanto esso ha assegnato ai vari soggetti, a partire dalle scuole e dagli

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Unità Didattica 3
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insegnanti, nuovi compiti, funzioni, responsabilità e opportunità che danno vita a un


quadro fatto di relazioni e di interazioni, di scambi e di responsabilità non ancora assestato.
Infatti, nella nuova organizzazione, tutti i soggetti fanno i conti, in senso positivo, con
il concetto di autonomia, che non è anarchia, ma implica al massimo grado, per ciascuna
persona, soggettività, responsabilità, discrezionalità, flessibilità, invece di accentramento,
subordinazione, burocrazia, rigidità.
Oggi non è in crisi solo la trasmissione di una tradizione dagli adulti ai giovani, ma
addirittura è in crisi la capacità stessa di fare “esperienza”: ne consegue che i valori non
vengono riproposti attraverso un lavoro personale che diventa “esperienza”.
E’ necessario creare uno spazio di relazione tra famiglia e scuola in cui ciascun
soggetto metta in gioco la propria identità: è come se la scuola dovesse aiutare la famiglia a
diventare più famiglia e i genitori dovessero aiutare la scuola ad essere più scuola.
La normativa sull’ autonomia ha avuto il significato di rinvigorire la soggettività e,
quindi, la discrezionalità e la capacità di orientamento dei soggetti istituzionali della
scuola, in modo che ciascuno possa essere protagonista dei processi educativi.
L’art. 21, comma 9, della legge 59/97, infatti, riprendendo un principio della
Costituzione (artt. 2, 29, 30), aveva ribadito che “l’autonomia didattica è finalizzata al
perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della
libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto
di apprendere”. Successivamente questo principio è stato attuato dal DPR 275/99, principio
che appartiene alla nostra tradizione culturale.
Da qui un’ autonomia “funzionale” all’esercizio proprio della famiglia, dove la scuola
è chiamata a svolgere, al proprio interno, un ruolo di mediazione nel dare unitarietà alla
molteplicità delle convinzioni pedagogiche proprio per valorizzare, in generale, l’ offerta
formativa e per valorizzare, in particolare, le potenzialità della famiglia.
Si avverte un indebolimento della soggettività politica della famiglia, che ha ridotto la
sua capacità di esprimersi pubblicamente come un soggetto portatore di indirizzo e di
diritto.
L’autonomia deve risponde, non solo ad un bisogno di razionalizzazione, ma ad un
bisogno di significato. La cultura è ordine, e non anarchia: essa è una struttura di referenza

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Unità Didattica 3
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cognitiva e un modello comportamentale trasmesso da una generazione all’altra. In parole


più semplici, possiamo definire “autonoma” una scuola che ha la possibilità concreta di
organizzare liberamente il servizio educativo, certamente all’interno di alcuni vincoli,
pochi ed essenziali, fissati dallo Stato, ma altrettanto liberamente in proposizione di quel
bene comune che è frutto della reale risposta ai bisogni educativi-formativi delle giovani
generazioni: bisogni che vengono espressi dalle persone, e che non possono essere indicato
da nessun Stato, nemmeno da quello più attento e lungimirante.
La famiglia, inoltre, si connota come ambito relazionale che, in modo unico e
peculiare, riesce a compiere due intermediazioni sociali fondamentali: fra l’individuo e la
società, fra la sfera privata e quella pubblica. Fa anche politica.
Il problema del rapporto scuola-famiglia è anzitutto il problema di una riconquista
dello spazio di vita della famiglia. Quindi il rapporto scuola-famiglia avviene attraverso
un’attenzione al figlio/alunno.
Il problema è quello di ricollocare la scuola all’interno della società in un contesto che
non sia più quello assolutamente statalista: ossia un problema di rapporto tra l’istituzione
scolastica e quella politico-governativa.
Ci deve essere un’alleanza sociale molto forte che riesca a sottrarre la scuola e
l’educazione all’amministrazione.
È allora evidente la crucialità di forme di partecipazione e decisione condivise e quanto
sia importante la creazione di un consenso, per esempio, su cosa si intenda per autonomia,
sui meccanismi gestionali per realizzarla, sulle priorità da seguire, sulle cose da fare e da
non fare.
Il servizio scolastico deve dotarsi di una cultura/struttura organizzativa per attivare
percorsi di autoanalisi e valutazione dei propri processi interni e dei risultati formativi.
Solamente in questo modo può, coerentemente ed autorevolmente, rivolgersi all’utenza
(studente, famiglia, ente locale, impresa, ecc.) per rivendicare un ruolo attivo nelle
definizione delle politiche educative e formative e nella riorganizzazione delle strutture
scolastiche per adeguarle alle nuove leggi di riforma.

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Unità Didattica 3
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La proposta di sperimentare in modo generalizzato percorsi di certificazione della


qualità potrebbe creare attorno alle scuole nuovo interesse da parte del mondo del lavoro e
delle imprese.
Il quadro normativo sommariamente delineato, e che si è andato gradualmente
affermando, è tale da richiedere, a tutte le istituzioni scolastiche, un’attenta rilettura della
propria organizzazione interna, per verificare se tutte le opportunità offerte dalle norme
attuali sono state utilizzate anche nel lavoro di ricerca/azione richiesto dalla partecipazione.
Diviene, pertanto, importante:
1. attivare reti di scuole effettivamente funzionanti per lo scambio delle esperienze
didattiche in costruzione,
3. sostenere la necessità del lavoro "per laboratori" ,
4. suggerire e sperimentare la realizzazione di accordi o convenzioni con altri enti od
istituzioni operanti nel territorio
5. individuare modalità flessibili di lavoro.

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Unità Didattica 3
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Legislazione scolastica
– III Unità Didattica – Riferimenti bibliografici

AA.VV. – La scuola dell’autonomia. Luiss, Roma 2000


“L’offerta formativa nell’era dell’autonomia scolastica” in AA.VV “Adolescenti tra
scuola e famiglia”; Raffaello Cortina editore, Roma 2002
AA.VV. – Organizzazione e gestione delle risorse per la qualità del servizio
scolastico, in “Scuola e integrazione” – Roma 2008
Sangiuliano, R., Monaco, P. “Codice delle leggi della scuola” Edizioni Giuriche
Simone (2009)
Vannini, I. La qualità nella didattica. Metodologia e strumenti di progettazione e
valutazione. Centro Studi Erickson – 2009
Zucchermaglio, C., Colazingari, M. Autonomia ed innovazione organizzativa. La
Nuova Italia 2000 RCS Libri S.p.a. Milano

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A cura di: dott.ssa Valentina Vaccaro

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Unità Didattica 4
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Legislazione scolastica
– IV Unità Didattica – Lezione 1

UNITÀ DIDATTICA:
“GLI ORGANI COLLEGIALI”

La comunità scolastica e la riforma degli organi collegiali territoriali

Come affermato dall’art. 3 del T.U. 297/94, l’istituzione nella scuola degli organi
collegiali risponde all’intento di favorirne “la gestione sociale”, o meglio di non relegare in
uno sterile isolamento l’istituzione scolastica e coloro che in essa vi operano nel delicato
compito di trasmissione della cultura e di elaborazione di essa nel processo quotidiano di
sviluppo della personalità dell’alunno (art. 2 L. 30-07-1973 n. 477).
E’ parso, dunque, più che mai necessario il coinvolgimento della società in tute le sue
componenti (famiglia, rappresentanti degli enti locali, organizzazioni sindacali) nella
gestione della scuola al fine di consentirne l’adeguamento alle mutevoli e contingenti
esigenze, talchè essa si configuri come qualcosa di più complesso e articolato: una vera e
propria comunità che “interagisce con la più vasta comunità sociale e civica, nel rispetto
degli ordinamenti della scuola e dello Stato ciascuno indipendente ed autonomo”. La
gestione sociale e partecipata della scuola viene attuata attraverso varie strutture
partecipative previste a livelli diversi, nelle quali sono presenti componenti di “estrazione
non burocratica” (SALAZAR) ma di derivazione sociale tali da potersi parlare di un
fenomeno di deburocratizzazione (SALAZAR).
Già con la L. 537/1993 (art. 4, comma 7, lett. O) si è delegato il Governo
all’emanazione di decreti legislativi che provvedano tra l’altro al “potenziamento degli
organo collegiali della scuola, come organi di partecipazione e di gestione delle istituzioni
scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, da parte delle diverse componenti e
delle famiglie da valorizzare in relazione al rafforzamento dell’autonomia scolastica,
nonché le modalità di lezione dei componenti del Consiglio di circolo o di istituto e quelle

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Unità Didattica 4
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di partecipazione dei componenti elettivi e non, anche mediane procedure elettorali di


secondo grado”.
La delega di cui alla L. 597/93, scaduta il 30 settembre 1994, è stata ampiamente
disattesa. Con la successiva L. 59/97 (art. 21, comma 15) la delega è stata rinnovata nel
rispetto dei seguenti criteri:
 armonizzazione della composizione dell’organizzazione e delle funzioni dei
nuovi organi con le competenze dell’amministrazione centrale e periferica nonché con
quelle delle istituzioni scolastiche autonome;
 razionalizzazione degli organi;
 eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;
 valorizzazione del collegamento con le comunità locali;
 attuazione delle disposizioni di cui all’art. 59 .del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e
successive modificazioni, nella salvaguardia del principio della libertà di insegnamento.
Rispetto all’attuazione della delega conferita con la L. 59/1997, la L. 6 luglio 2002, n.
137 introduce la possibilità di interventi correttivi o modificativi che avrebbero dovuto
essere predisposti entro 18 mesi della sua entrata in vigore (22 gennaio 2004).
In attuazione alla delega di cui alla L. 59/1997 è stato emanato il D. Lgs. 30 giugno
1999, n. 233 recante riforma degli organi collegiali territoriali della scuola che ne rinnova
l’articolazione territoriale prevedendo che la partecipazione alla vita scolastica avvenga
oltre che a livello di singola istituzione, anche a livello centrale, regionale e locale.
Gli organi collegiali disciplinati dal D. lgs. 233/1999 sono:
1. al livello centrale, il Consiglio superiore della pubblica istruzione del quale è
completamente riformato il quadro delle competenze, il funzionamento, la struttura e la
composizione (artt.2 e 3);
2. al livello regionale, i Consigli regionali dell’istruzione (art. 4);
3. a livello locale, i Consigli scolastici locali (art. 5).
L’art. 8 del D. Lgs. 233/1999 come modificato sul punto dell’art. 6, comma 1, lett. b)
D. L. 23-11-2001, n. 411 conv. in L. 31-12-2001, n. 463 ha individuato nella data del
31/12/2002 il termine, disatteso, per la costituzione di nuovi organi collegiali locali e
regionali e del Consiglio superiore della pubblica istruzione che sostituiscono,

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Unità Didattica 4
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rispettivamente, i Consigli scolastici distrettuali e provinciali e il consigli nazionale della


pubblica istruzione come disciplinato dagli articoli 23-25 del D. Lgs. 297/1994,
determinando l’abrogazione degli articoli contenuti nei capi II, III e IV, titolo I della parte I
del D. Lgs. 297/1994 e di tutte le ulteriori disposizioni contenute nel T.U. nelle quali si
faccia riferimento a modalità di elezione e di funzionamento e a competenze del consiglio
nazionale della pubblica istruzione, dei consigli scolastici provinciali e distrettuali
incompatibili con il decreto legislativo di riforma. Fino all’insediamento dei nuovi organi
collegiali restano in carica:
1. il consiglio nazionale della pubblica istruzione, a livello nazionale;
2. i consigli scolastici provinciali, a livello provinciale;
3. i consigli scolastici distrettuali, a livello di distretto scolastico.
A) il livello centrale: il Consiglio superiore della pubblica istruzione.
Secondo la previsione dell’art. 2 del D. Lgs. 233/1999, l’istituendo Consiglio superiore
della pubblica istruzione, è organo di garanzia dell’unitarietà del sistema nazionale
dell’istruzione e di supporto tecnico scientifico per l’esercizio delle funzioni di governo
nell’istruzione universitaria, negli ordinamenti scolastici, nei programmi scolastici,
nell’organizzazione generale dell’istruzione scolastica e nello stato giuridico del personale.
In particolare, il Consiglio formula proposte ed esprime pareri obbligatori :
 sugli indirizzi in materia di definizione delle politiche del personale della scuola;
 sulle direttive del MIUR in materia di valutazione del sistema dell’istruzione;
 sugli obietti, indirizzi e standard del sistema di istruzione definiti a livello nazionale
nonché sulla quota nazionale dei curriculi dei diversi tipi e indirizzi di studi;
 sull’organizzazione generale dell’istruzione.
Il Consiglio e esprime anche pareri facoltativi sulle legislazione scolastica e
promuove indagini conoscitive sullo stato di settori specifici dell’istruzioni. E’ formato da
36 componenti. La carica di consigliere non è compatibile con le cariche di parlamentare
nazionale o europeo e gli incarichi di Ministro o di Sottosegretario di Stato. I membri del
consiglio non sono rieleggibili più di una volta. Il personale in servizio nelle scuole statali
eletto nel Consiglio superiore può chiedere di essere esonerato dal servizio per la durata del
mandato.

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Unità Didattica 4
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B) il livello regionale: i Consigli regionali dell’istruzione.


Hanno competenze consultive e di supporto all’amministrazione a livello regionale.
Essi esprimono pareri obbligatori in materia di autonomia scolastica, di attuazione delle
innovazioni ordinamentali, di distribuzione dell’offerta formativa e di integrazione tra
istruzione e formazione professionale, di educazione permanente, di politiche
compensative con particolare riferimento all’obbligo formativo e al diritto alllo studio, di
reclutamento e mobilità del personale, di attuazione degli organici funzionali di istituto. I
Consigli sono costituiti dai presidenti dei Consigli scolastici locali, da componenti eletti
dalla rappresentanza del personale della scuola statale nei consigli scolastici locali e da tre
componenti eletti dai rappresentanti delle scuole pareggiate, parificate e legalmente
riconosciute nei consigli locali e da cinque rappresentanti designati dalle organizzazioni
rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori. Dei consigli fa parte di diritto il
dirigente dell’ufficio periferico regionale. La struttura interna prevede la presenza di un
presidente eletto da ciascun consiglio a maggioranza assoluta dei suoi componenti e di
un’apposita sezione, della quale fanno parte i docenti eletti dal personale della scuola.

C) il livello locale: i Consigli scolastici locali.


Sostituiscono i Consigli scolastici distrettuali e provinciali, sono istituiti in
corrispondenza delle articolazioni territoriali dell’amministrazione periferica, previa intesa
con le regioni e gli enti locali. I consigli scolasti locali hanno competenze consultive e
propositive nei confronti dell’amministrazione scolastica periferica e delle istituzioni
scolastiche autonome in merito all’attuazione dell’autonomia, all’organizzazioens colastica
sul territorio di riferimento, all’edilizia scolastica, alla circolazione delle informazioni sul
territorio, alle reti di scuole, all’informalizzazione, all’orientamento, alla continuità tra i
vari cicli di istruzione all’integrazione degli alunni con handicap, all’adempimento
dell’obbligo di istruzione e formazione, al monitoraggio dei bisogni formativi sul territorio
al censimento delle opportunità culturali e sportive offerte ai giovani.
I consigli si avvalgono di un presidente eletto a maggioranza assoluta tra i componenti.
Con regolamento di organizzazione è disciplinata la composizione e il funzionamento
di una giunta esecutiva presieduta dal rappresentante dell’amministrazione scolastica.

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Unità Didattica 4
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Legislazione scolastica
– IV Unità Didattica – Lezione 2

Organi collegiali destinati ad essere eliminati

Il termine per la costituzione dei nuovi organi collegiali territoriali è stato fissato dal
D.Lgs. 233/1999 nel 31/12/2002.
Tuttavia fino all’insediamento dei suddetti organi collegiali restano in carica quelli
precedentemente insediati e continuano ad applicarsi le disposizioni del D.Lgs.
297/1994.
A) Il livello locale: i Consigli scolastici locali
a) il distretto scolastico
Sull’onda delle istanze politiche e partecipative sollecitate dai movimenti studenteschi
degli anni 1968/70 nasce l’esigenza di dare vita ad organismi esponenziali degli interessi
non solo pedagogici, ma anche più squisitamente politici e sociali di cui si fa portatrice una
collettività locale organizzata.
La L. 477/73, il cui disposto è richiamato dagli artt. 16 e ss. del D.Lgs. 297/94, si fa
carico di siffatte istanze prevedendo che su proposta delle Regioni, sentiti gli enti locali
interessati e gli organi dell’amministrazione scolastica periferica competenti, il Ministro
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca provvede con proprio decreto a suddividere
il territorio regionale in comprensori detti distratti scolastici nell’ambito dei quali deve
essere assicurata la compresenza di ogni ordine e grado di scuola (escluse le università, i
conservatori di musica e le accademie di belle arti).
Nella determinazione del distratto occorre tener conto di alcuni criteri individuati
dall’art. 17 del T.U. delle leggi sull’istruzione:
 l’estensione territoriale non deve essere superiore a quella provinciale.
Eccezionalmente, di un distretto possono far parte Comuni limitrofi anche se appartenenti
giuridicamente a Province diverse. La legge dispone in particolare la coincidenza dei
distretti scolastici con gli ambiti territoriali dei distretti previsti dalla normativa di riforma
sanitaria (D. Lgs. 502/92) quali articolazioni delle ASL;

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Unità Didattica 4
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 l’ambito territoriale deve comprendere una popolazione non superiore a 100


mila abitanti (eccezionalmente a 200 mila nelle zone di intensa urbanizzazione);
 le caratteristiche sociali, economiche e culturali della zona interessata, nonché
la distribuzione della popolazione, delle infrastrutture, organismi e servizi, l’espansione
urbanistica e lo sviluppo demografico e scolastico guidano la delimitazione dei distretti
scolastici.
Il distretto tende a realizzare una scuola migliore sotto il profilo dell’efficienza e della
rispondenza ai bisogni, sotto il profilo invece pedagogico e culturale un miglior profitto
degli alunni si pone, infine, come organo di programmazione di tutte le attività e delle
esigenze da realizzare.
b) Organizzazione e funzionamento
Organo di governo del Distretto scolastico è il Consiglio scolastico distrettuale,
composto da membri elettivi e da membri designati che operano nel Distretto. Il consiglio
resta in carica tre anni; il Presidente eletto a maggioranza assoluta dal Consiglio nel suo
seno, ha la rappresentanza del Distretto.
Il Consiglio distrettuale elegge nel proprio ambito una Giunta esecutiva. Tale Giunta è
composta dal Presidente e da altri sei membri del Consiglio; essa prepara i lavori del
consiglio, fissa l’ordine del giorno e cura l’esecuzione delle delibere del Consiglio stesso.
Il Consiglio scolastico distrettuale svolge funzioni deliberative, propulsive, consultive. Il
consiglio svolge compiti di assistenza scolastica che gli siano affidati o delegati dalla
regione.
B) il Consiglio scolastico provinciale
a) Composizione
Il Consiglio scolastico provinciale realizza la partecipazione delle comunità locali,
delle forze sociali e delle componenti della scuola all’elaborazione dell’azione scolastica in
ambito provinciale. E’ costituito da 6 membri di diritto e da 12, 16 o 20 membri elettivi
che variano in relazione al numero degli alunni iscritti, al numero delle unità scolastiche e
del personale ad esse addetto. Il Consiglio scolastico provinciale dura in carica 3 anni e si
riunisce almeno ogni 3 mesi oppure ogni qualvolta almeno 1/3 dei suoi componenti ne
faccia richiesta.

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Unità Didattica 4
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b) Competenze
Il Consiglio scolastico provinciale esprime funzioni:
 consultive
 esprime parere obbligatorio alla regione e agli organi dell’amministrazione
periferica della pubblica istruzione sui piani annuali e pluriennali di sviluppo e di
distribuzione territoriale delle istituzioni scolastiche ed educative;
 esprime parere obbligatorio agli organi dell’amministrazione periferica della
pubblica amministrazione sulle proposte di ripartizione dei fondi destinati alle spese di
funzionamento dei distretti scolastici e dei circoli e degli istituti, su ritardi di promozione,
dispensa o decadenza dal servizio e su riammissione in servizio del personale docente
appartenente alla scuola materna elementare e media;
 esprime pareri vincolanti agli organi dell’amministrazione periferica della pubblica
amministrazione sui trasferimento d’ufficio del personale docente delle scuole materne,
elementari e medie per accertata situazione di incompatibilità;
 esprime parere agli organi dell’amministrazione periferica della pubblica
amministrazione in ordine ai ricorsi proposti contro le decisioni in materia disciplinare
degli alunni, adottate dai consigli di classe e dalla giunta esecutiva degli istituti.
 di proposte e di coordinamento
 formula proposte al MIUR e alla regione per il coordinamento delle iniziative in
materia di adempimento dell’obbligo scolastico e attuazione del diritto allo studio;
 determina i criteri generali per il coordinamento dei servizi di orientamento
scolastico, di medicina scolastica e di assistenza psico-pedagogica;
 accerta e indica il fabbisogno di edilizia scolastica per la formulazione dei relativi
piani di finanziamento;
 formula annualmente una relazione sull’andamento generale dell’attività scolastica
e dei servizi scolastici della provincia;
 compila gli elenchi del personale docente per la nomina nelle commissioni
giudicatrici di concorsi;
 predispone programmi e forme di integrazione e sostegno a favore degli alunni con
handicap uditivi.

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Unità Didattica 4
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Il Consiglio delibera in seduta plenaria per le materie comuni a tutte le scuole.


C) il Consiglio nazionale della pubblica istruzione
a) Composizione
E’ il massimo organo consultivo del Ministro in materia di istruzione. Il Consiglio dura
in carica 5 anni ed è presieduto dal Ministro; elegge un vicepresidente per i casi di assenza
o impedimento del presidente. Nell’ambito del Consiglio sono costituiti vari organi
sott’ordinati: Ufficio di Presidenza le cui competenze vengono stabilite dal regolamento
interno; Consigli di disciplina; Comitati a carattere orizzontale e verticale; Consigli per il
contenzioso.
b) Funzioni
Il Consiglio nazionale della pubblica istruzione funziona come corpo unitario per le
materie di interesse generale ed esercita funzioni miste di amministrazione attiva e
consultiva:
 esprime pareri facoltativi, obbligatori e vincolanti sia in seduta comune sia
attraverso i suoi organi interni;
 esprime pareri su proposte e disegni di legge attinenti alla pubblica istruzione;
 formula proposte in materia di sperimentazione;
 formula annualmente una valutazione analitica sull’andamento generale
dell’attività scolastica e dei servizi relativi;
 esprime pareri facoltativi su richiesta del Ministro.

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Unità Didattica 4
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Legislazione scolastica
– IV Unità Didattica – Lezione 3

Organi collegiali a livello di circolo e di istituto

A) Generalità

La base della struttura partecipativa della scuola disegnata dal D.P.R. 31/05/1974, n.
416 e poi fatta propria dal D. Lgs. 297/94 è rappresentata dagli organi collegiali che
operano a livello di circolo e di istituto.
A norma degli artt. 5 e ss. del T.U. delle leggi sull’istruzione essi sono:
 il Consiglio di intersezione nella scuola materna;
 il Consiglio di interclasse nelle scuole elementari;
 il Consiglio di classe negli istituti di istruzione secondaria;
 il Collegio dei docenti;
 il Consiglio di circolo o di istituto e la giunta esecutiva;
 il Comitato per la valutazione del servizio dei docenti.
B) Consiglio di intersezione, di interclasse e di classe
Il Consiglio di intersezione, proprio della scuola materna, è composto dai docenti delle
sezioni dello stesso plesso e dei docenti di sostegno , se presenti, quando essi risultino
contitolari delle classi interessate ex art. 315, comma 5, D. Lgs. 297/94, nonché da un
rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti.
Il Consiglio di interclasse, proprio della scuola elementare, è composto dai docenti dei
gruppi di classi parallele o dello stesso ciclo o dello stesso plesso. Fanno inoltre parte per
ciascuna delle classi interessate un rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti e i
docenti di sostegno.
Il Consiglio di classe, proprio della scuola secondaria, è composto dai docenti di ogni
singola classe (compresi i docenti di sostegno). Siedono nel consiglio di classe anche gli
insegnanti teorico-pratici, pur nel caso in cui il loro insegnamento si svolge in
compresenza. Essi hanno parte a pieno titolo e con pienezza di voto deliberativo. Fanno ,
invece, parte a solo titolo consultivo gli assistenti addetti alle esercitazioni di laboratorio

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Unità Didattica 4
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che coordinavano i docenti delle corrispondenti materie tecniche e scientifiche negli istituti
tecnici, professionali e nei licei. Per la scuola media fanno parte 4 rappresentanti dei
genitori; per la scuola secondaria superiore ed artistica 2 rappresentanti dei genitori e 2
rappresentanti degli studenti.
Rimangono ferme le competenze demandate al Consiglio di classe da leggi e
regolamenti anteriori, in quanto compatibili. A titolo esemplificativo citiamo:
 le deliberazioni sull’accoglimento delle domande degli alunni che chiedono di
trasferirsi all’Istituto nel corso dell’a.s.;
 le deliberazioni sulla possibilità di iscrizione nell’istituto degli alunni provenienti
da scuole italiane all’estero o da scuole estere;
 la formulazione del giudizio analitico sul profitto conseguito dallo studente su
ciascuna delle materie studiate nell’ultimo anno di corso; il Consiglio delibera a
maggioranza.
La durata degli organi in esame è di un anno.
C) Collegio dei docenti
E’ un organo omogeneo in quanto esclusivamente composto dal personale insegnante
con esclusione di elementi stranieri. La sua formulazione è automatica, in quanto per
rivestire la qualità di membro è sufficiente la qualifica di insegnante di ruolo. Fanno parte
del collegio dei docenti anche gli assistenti dei licei e degli istituti tecnici, gli insegnanti di
arte applicata e gli assistenti dei licei artistici, che svolgono attività di insegnamento nelle
classi funzionanti nell’istituto, nonché i docenti di sostegno che “assumono la con titolarità
delle classi del circolo o di istituto”. Il Collegio dei docenti è presieduto dal dirigente
scolastico, il quale, in sua assenza, non può delegare. Il Collegio si insedia all’inizio
dell’a.s. e si riunisce ogni volta che il dirigente ne ravvisi la necessità, oppure quando 1/3
dei componenti ne faccia richiesta, comunque almeno una volta ogni trimestre o
quadrimestre.
I poteri del Collegio sono complessi:
 poteri di amministrazione attiva o deliberanti: delibera su tutto quello che riguarda
il funzionamento didattico: programmazione dell’azione educativa, adeguamento dei
programmi di insegnamento alle esigenze ambientali, libri di testo e scelta dei sussidi

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Unità Didattica 4
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didattici; delibera altresì ai fini della valutazione degli alunni. L’art. 3 del D.P.R. 275/1999
affida al Collegio dei docenti l’elaborazione del P.O.F. (piano dell’offerta formativa).
 potere di proposta nei confronti del preside per la formazione e composizione delle
classi e assegnazione dei docenti, per la formulazione dell’orario delle lezioni e per lo
svolgimento delle altre attività scolastiche.
 poteri propulsivi: promuove iniziative di sperimentazione e di aggiornamento dei
docenti. Relativamente a quest’ultimo punto, và citato l’art. 7, comma 2, D.P.R. 275/1999
che affida al Collegio dei docenti l’approvazione di accordi di rete per la parte in cui siano
previste attività. Promuove ed attua iniziative per alunni portatori di handicap e per gli
stranieri adotta misure idonee a garantire una valida formazione.
 poteri di valutazione dell’azione didattica.
 poteri di indagine nel caso di alunni segnalati da docenti di classe sulla base del
parere di specialisti con compiti medico-socio-psicopedagogici e di orientamento.
 poteri consultivi relativi alla sospensione dal servizio e cautelare del personale
docente.
 poteri elettivi.
D) Il Consiglio di circolo e di istituto e la Giunta esecutiva
Ai sensi dell’art. 10 T.U. in materia di istruzione il Consiglio di circolo o di istituto è
organo le cui attribuzioni interessano e investono il governo economico finanziario della
scuola. E’ composto da 14 componenti nelle scuole con alunni fino a 500; ovvero 19
componenti in scuole con alunni superiori a 500. Di esso fanno parte i rappresentanti del
personale insegnante e non, i genitori, i rappresentanti degli studenti, il Dirigente. Alle
riunioni possono prendere parte, a titolo consultivo, anche gli specialisti con compiti
medico psico-pedagogici e di orientamento. Il Consiglio dura in carica 3 anni scolastici.
Relativamente all’attività consultiva il Consiglio esprime pareri circa l’andamento
generale, didattico e amministrativo del circolo o istituto, nonché indica i criteri relativi
alla formazione delle classi, all’adattamento dell’orario delle lezioni e delle altre attività
scolastiche alle condizioni ambientali e al coordinamento organizzativo del Consiglio di
intersezione, di interfaccia e di classe, nel rispetto delle competenze degli altri organi. Gli
atti deliberativi del consiglio sono atti definitivi impugnabili con ricorso al TAR o con

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Unità Didattica 4
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ricorso straordinario al Capo dello Stato. Il Consiglio si riunisce in orario non coincidente
con l’orario delle lezioni e compatibilmente con gli impegni di lavoro dei suoi componenti
(L. 14-01-1975, n. 1, art. 6), su richiesta del presidente della Giunta esecutiva oppure della
maggioranza dei suoi componenti. I Consigli di circolo o di istituto eleggono nel proprio
seno una Giunta esecutiva, della quale fanno parte di diritto il Direttore didattico o il
Preside.
E) Comitato per la valutazione del servizio degli insegnanti
E’ composto dal Dirigente che lo presiede, da 2 o 4 membri effettivi e da 1 o 2 membri
supplenti a seconda che la scuola o l’istituto abbia sino a 50 o più di 50 insegnanti; il
segretario viene designato dal presidente tra i docenti membri del comitato stesso. I suoi
membri sono eletti dal Collegio dei docenti e viene rinnovato annualmente.
Il Comitato è competente ad esprimere il parere al dirigente per la conferma in ruolo
dopo il periodo di prova del personale docente che opera nella scuola. A tal fine l’art. 440
del D. Lgs. 297/94 dispone che l’elemento valutativo per il comitato sia una relazione sulle
esperienze e sulle attività svolte dal docente interessato.
Per quanto riguarda la valutazione del servizio degli insegnanti, il comitato procede
soltanto su richiesta scritta dell’interessato e previa relazione del dirigente, tenuto conto
dell’abolizione delle note di qualifica per incompatibilità delle stesse con la libertà di
insegnamento.

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Unità Didattica 4
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Legislazione scolastica
– IV Unità Didattica – Lezione 4

Elezione dei componenti degli organi collegiali

Nelle elezioni degli organi collegiali l’elettorato attivo e passivo spetta ai componenti
delle rispettive categorie rappresentate e partecipanti a tali organismi. Quanto alle
incompatibilità e alle condizioni di ineleggibilità, l’art. 16 dell’O.M. 15-7-1991, n. 215
come modificata dall’O.M. 17-6-1998, n. 277 dispone che il personale sospeso dal servizio
a seguito di procedimento penale o disciplinare, o che si trovi sospeso cautelarmene in
attesa di procedimento penale o disciplinare, non può esercitare in alcun caso l’elettorato
attivo o passivo.
Gli elettori che facciano parte di più componenti (es. docente genitore di un alunno)
esercitano l’elettorato attivo e passivo per tutte le componenti a cui partecipano.
Gli elettori suddetti che siano stati eletti in rappresentanza di più componenti nello
stesso organo collegiale, devono optare per una delle rappresentanze. Tuttavia il candidato
eletto in più Consigli di circolo e di istituto, anche se per la stessa componente, non deve
presentare opzione e far parte di entrambi i consigli.
I docenti in ogni caso devono rinunciare all’eventuale carica elettiva, ottenuta come
appartenenti alla componente genitori, in seno ai Consigli di interclasse e di classe e ai
Consigli di intersezione. Le elezioni delle componenti rappresentative nei Consigli di
circolo o di istituto e negli organi collegiali destinati a scomparire ovvero Consigli
scolastici distrettuali, Consigli scolastici provinciali e Consiglio nazionale della pubblica
istruzione avvengono sulla base del sistema proporzionale in relazione a liste di candidati
per ciascuna componente. Le liste dei candidati sono contrassegnate da un numero
progressivo riflettente l’ordine di presentazione. Il numero delle preferenze che l’elettore
può esprimere è proporzionale al numero dei seggi da attribuire alla categoria.
Lo svolgimento delle elezioni è disciplinato con Ordinanza del Ministro
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (O.M. 15-7/1991, n. 215).
I due momenti della vita degli organi collegiali sono:

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 la validità della costituzione, in cui il legislatore ha disposto che l’organo


collegiale sia validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano
espresso la propria rappresentanza; è prevista una deroga rispetto alla disciplina generale di
organo composti da più membri, che si considerano costituiti quando tutti i componenti
abbiano ricevuto l’investitura secondo le procedure stabilite in materia. In tal caso il diritto
di partecipazione è concesso nell’interesse delle categorie chiamate alla costituzione
dell’organo e il mancato esercizio di tale diritto, automaticamente, è considerato come
rinuncia ad avvalersene.
 la validità delle adunanze del Collegio dei docenti, del Consiglio di circolo e di
istituto e degli organi collegiali destinati a scomparire (Consiglio scolastico distrettuale,
Consiglio scolastico provinciale e relative sezioni, Consiglio nazionale della pubblica
istruzione e relativi comitati e giunte) è richiesta la presenza almeno delle metà più uno dei
componenti in carica. Le deliberazioni sono adottate a maggioranza assoluta dei voti
validamente espressi non computandosi il numero dei voti nulli e gli astenuti. In caso di
parità, prevale il voto del Presidente.
Per i Consigli scolastici locali e regionali il D. Lgs. 233/1999 prevede che le
deliberazioni sono valide se è presente 1/3 dei componenti. Decadono dalla carica e
vengono surrogati con le modalità previste dall’art. 35 del D. Lgs. 297/94 tutti gli eletti o
designati che non intervengono a tre sedute consecutive dell’organo di cui fanno parte
senza motivi giustificati.
I membri di diritto, derivando la loro investitura direttamente dalla carica o dalla
funzione che esercitano, non incorrono nella decadenza del diritto di comporre l’organo cui
appartengono, se non per scadenza o per intervenuta cessazione dalla carica che rivestono;
gli altri membri vengono dichiarati decaduti se non partecipano alle sedute.
L’art. 51 dell’O.M. 15-7-1991, n. 215 come da ultimo modificato dall’O.M. 17-6/1998,
n. 277 dispone che nelle elezioni per gli organi collegiali operanti a livello di circolo o di
istituto decadono dalle cariche elettive i membri dei Consigli di classe, interclasse e
intersezione e dei Consigli di circolo o di istituto che per qualsiasi motivo cessano di
appartenere alle componenti scolastiche.

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I genitori degli alunni decadono dalle cariche elettive il 31 agosto successivo al


conseguimento del titolo finale di studio da parte dei figli e in caso di perdita da parte dei
figli della qualità di studenti. Del pari decadono dalle cariche elettive il 31 agosto gli
studenti che abbiano conseguito il titolo finale di studio.
A) Gli organi collegiali e la pubblicità degli atti
La pubblicità riguardante gli atti degli organi collegiali della scuola, cioè i pareri le
deliberazioni nella forma e nel contenuto di documenti rappresentativi delle manifestazioni
di volontà o di giudizio di essi, è disciplinata dall’art. 43 del D. Lgs. 297/94.
L’art. 43 prevede che:
 gli atti del Consiglio di circolo e di istituto siano pubblicato in apposito Albo della
scuola;
 i pareri e le deliberazioni del Consiglio scolastico distrettuale siano pubblicati
nell’apposito Albo presso la sede del Distretto e negli Albi del Comune o dei Comuni e
delle scuole compresi nel Distretto;
 i pareri e le deliberazioni del Consiglio nazionale della pubblica istruzione siano
pubblicati nel bollettino ufficiale del MIUR;
 i pareri e le deliberazioni del Consiglio scolastico provinciale siano pubblicati
nell’Albo dell’ex Provveditorato agli Studi e negli Albi dei Distretti e delle scuole della
provincia.
Non vengono invece pubblicati gli atti concernenti singole persone.
Trovano applicazione in materia le disposizioni della L. 241/90 in tema di accesso ai
documenti amministrativi.
B) Il diritto di assemblea
L’art. 12 del T.U. delle leggi sull’istruzione, D. Lgs. 16-4-1994, n. 297, dispone che
“gli studenti della scuola secondaria superiore e i genitori degli alunni delle scuole di ogni
ordine e grado hanno diritto di riunirsi in assemblea nei locali della scuola”.
Le assemblee degli studenti, a norma dell’art. 13 del D. Lgs. 297/1994 consentono
l’approfondimento dei problemi della scuola e della società, in funzione della formazione
culturale e civile degli studenti. E’ possibile convocare non più di una assemblea di istituto
e una classe al mese, nel limite, la prima, delle ore di lezione di una giornate e la seconda

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di due ore. Non possono aver luogo nel mese conclusivo delle lezioni, né l’assemblea di
classe può essere tenuta sempre nello stesso giorno della settimana. Il comitato studentesco
di istituto, che è espresso dai rappresentanti degli studenti nei Consigli di classe, è
l’organismo di rappresentanza degli studenti.
Il consiglio di istituto, a tale comitato riconosce il potere di esprimere pareri o
formulare proposte secondo quanto previsto dalla L. 537/1993.
Relativamente alla assemblee dei genitori, esse possono essere di tre tipi: di sezione, di
classe e di istituto. Le assemblee possono svolgersi fuori o dentro i locali della scuola
previa autorizzazione del Dirigente scolastico. L’assemblea di istituto è convocata:
 su richiesta del Presidente dell’assemblea, ove sia stato eletto;
 dalla maggioranza del Comitato dei genitori, qualora i rappresentanti dei genitori
nei consigli di intersezione, di interclasse e di classe abbiano costituito tale organo;
 da almeno 100, 200 o 300 genitori a seconda che le popolazioni scolastiche siano
composte da un numero di alunni fino a 500, 1000 o oltre 1000.
Il Dirigente scolastico, sentita la Giunta esecutiva del Consiglio di circolo o di istituto,
autorizza l’assemblea.

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Legislazione scolastica
– IV Unità Didattica – Lezione 5

Organi Collegiali e sistema scolastico

Gli organi collegiali della scuola, come gli organi individuali, hanno competenze che
gli sono demandate dalla legge. Il T.U 297/94 disciplina le competenze degli organi
collegiali scolastici. Tali competenze, secondo la prevalente dottrina e la consolidata
giurisprudenza, sono vincolanti , nel senso che possono essere esercitate solo dall'organo al
quale, esse, sono state attribuite.
Da questo ne discende che tali competenze specifiche dell'organo collegiale della
scuola (Collegio docenti, consiglio di interclasse o di classe, Consiglio d'istituto) non sono
atti né delegabili, né avocabili. Un organo infatti non può demandare ad un altro organo le
proprie attribuzioni e né tanto meno avocare a sè competenze di altri organi. Perchè un
organo collegiale quindi, svolge i propri compiti, espletando funzioni che effettivamente
gli sono attribuite dalla legge, occorre che tutti i suoi membri siano a conoscenza delle
competenze specifiche dell'organo di cui essi sono componenti.
A tal punto il Ministero è così intervenuto in materia di competenze: "Le competenze
di tutti gli organi collegiali sono disciplinate dalle disposizioni aventi forza di legge e
pertanto, le disposizioni stesse non consentono deroghe o autonome assunzioni di
competenze diverse da quelle stabilite.
Gli organi collegiali , pertanto, non possono:
a) trasferire o delegare il proprio potere ad agli altri organi;
b) modificare norme che disciplinano direttamente una determinata materia;
c) attuare o autorizzare iniziative di sperimentazione se non con l'osservanza delle
norme vigenti sull'argomento;
e) sostitutirsi al dirigente scolastico nell'esercizio delle competenze di tale organo
individuale.

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Gli organi collegiali della scuola, in quanto organi dell'amministrazione scolastica,


sono tenuti allo scrupoloso rispetto delle norme generali che regolano il funzionamento
della P.A. e in modo specifico della legislazione scolastica (cfr. C.M. 4 aprile 1975 n. 86
par.I lettera A).
In particolare, relativamente al POF il Dirigente scolastico attiva i rapporti necessari
con gli enti locali e le realtà operanti sul territorio, il CONSIGLIO DI CIRCOLO O
D’ISTITUTO definisce indirizzi e scelte generali di gestione e di amministrazione, tenuto
conto delle proposte e dei pareri di organismi e associazioni di genitori e studenti, il
COLLEGIO DEI DOCENTI elabora il Piano dell’Offerta Formativa, il CONSIGLIO DI
CIRCOLO O D’ISTITUTO adotta il Piano dell’Offerta Formativa, che è reso pubblico e
consegnato in copia agli alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.
Il Dirigente Scolastico adotta gli atti amministrativi che la normativa gli attribuisce per
l’efficienza, l’efficacia, la trasparenza e la qualità del servizio in qualità di garante della
legittimità delle azioni: il rispetto delle regole normative e procedurali degli atti
amministrativi, il rapporto di lavoro del personale, la gestione degli alunni, la contabilità,
la gestione del patrimonio, i rapporti con Enti esterni, le relazioni sindacali, i
provvedimenti in materia di sicurezza e quelli relativi alle recenti norme sulla privacy.
La sua azione, spesso, si svolge al cospetto di scelte connesse a decisioni assunte dagli
organi collegiali della scuola che, a tutt’ oggi, hanno anche competenze gestionali; si pensi,
ad esempio, agli atti di utilizzo delle risorse, umane o materiali, per la realizzazione di vari
progetti.
La scuola, infatti, è fatta di una complessità tale che ogni funzione ha veramente un
senso se collegata ad altre funzioni, tutte da valorizzare in modo specifico e tutte funzionali
alla realizzazione dell’offerta formativa. I ruoli ricoperti nella scuola non si muovono su
piani singolari e indipendenti, ma l’interazione è la modalità da privilegiare nel loro
esercizio, sicuramente sulla base del riconoscimento dei vari pesi e misure di incidenza sul
processo.
Tale interazione fra il Dirigente Scolastico, esperto nei processi formativi istituzionali
a dominanza relazionale- organizzativa, il Consiglio di Circolo/ Istituto, organo collegiale

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Unità Didattica 4
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finalizzato ai processi amministrativi-scolastici a dominanza logistico-finanziaria ed i


Docenti, esperti nei processi formativi istituzionali a dominanza relazionale-didattica.

DIRIGENTE
CONSIGLIO DI DOCENTI
SCOLASTICO
CIRCOLO/ ISTITUTO
Ha il compito di Definisce “gli “In attuazione
predisporre “gli strumenti indirizzi generali per le dell’autonomia scolastica i
attuativi del piano attività della scuola e le docenti, nelle attività
dell’offerta formativa”. scelte generali di gestione collegiali, elaborano,
(C.C.N.L. 1999, art. 19, c. 2) e di amministrazione” attuano e verificano, per
E’ “responsabile (D.P.R. n° 275/99, art. 3) gli aspetti pedagogici-
della gestione delle risorse Delibera su didattici, il piano
finanziarie e strumentali e numerosi aspetti dell’offerta formativa,
dei risultati del servizio. Nel riguardanti adattandone
rispetto delle competenze “l’organizzazione e la l’articolazione alle
degli organi collegiali programmazione della vita differenti esigenze degli
scolastici, spettano al e dell’attività della scuola, alunni e tenendo conto del
dirigente scolastico nei limiti delle contesto socio-economico
autonomi poteri di direzione, disponibilità di bilancio”. di riferimento”.
di coordinamento e di (D.L.vo n° 297/94, art. 8) (C.C.N.L. 1999, art. 23)
valorizzazione delle risorse Dispone in ordine “Hanno il compito
umane”. “all’impiego dei mezzi e la responsabilità della
( D.L.vo n° 165/01, art. 25, finanziari per quanto progettazione e
c. 2) concerne il funzionamento dell’attuazione del
Ha l’obbligo di amministrativo e processo di insegnamento
relazionare periodicamente didattico”; indica i criteri e di apprendimento”.
al Consiglio di Circolo o al generali relativi alla (D.L.vo n° 275/99, art. 16)
Consiglio di Istituto sulla “formazione delle classi, Esercitano la
direzione e il coordinamento all’assegnazione ad esse “libertà d’insegnamento,
dell’attività formativa, dei singoli docenti, intesa anche come libertà
organizzativa e all’adattamento dell’orario di ricerca e innovazione
amministrativa “al fine di delle lezioni”. metodologica e didattica”.
garantire la più ampia (D.L.vo n° 297/94, art. 10) (D.L.vo n°165/01, art. 25, c.
informazione e un efficace
3)
raccordo per l’esercizio delle
competenze degli organi

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della istituzione scolastica”.


(D.L.vo n° 165/01, art. 25, c.
6)

Il processo educativo nella scuola si costruisce in primo luogo nella comunicazione tra
docente e studente e si arricchisce in virtù dello scambio con l'intera comunità che attorno
alla scuola vive e lavora. In questo senso la partecipazione al progetto scolastico da parte
dei genitori è un contributo fondamentale. Gli Organi collegiali della scuola, che - se si
esclude il Collegio dei Docenti - prevedono sempre la rappresentanza dei genitori, sono tra
gli strumenti che possono garantire sia il libero confronto fra tutte le componenti
scolastiche sia il raccordo tra scuola e territorio, in un contatto significativo con le
dinamiche sociali.

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Legislazione scolastica
– IV Unità Didattica – Riferimenti bibliografici

Auriemma, S., “Istruzione e scuola nell’assetto costituzionale delle competenze”,


Tecnodid, Napoli, 2005.
Avon, A. La legislazione scolastica: un sistema per il servizio di istruzione.
Contenuti, significati e prospettive tra riforme e sfide quotidiane. Ed. Franco Angeli, 2009
Franceschini, G., “Apprendere, insegnare, dirigere nella scuola riformata”, ETS,
Pisa, 2000.
Sangiuliano, R., Monaco, P. “Codice delle leggi della scuola” Edizioni Giuriche
Simone (2009)

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