Il testo presenta Ermengarda, la quale fu ripudiata da Carlo Magno dopo
averla sposata; in nome della ragion di stato. Sullo sfondo della vicenda vi è il Monastero di San Salvatore, a Brescia, dove Ermengarda si rifugia. All’interno del testo vi è un dialogo tra la protagonista e sua sorella, badessa del convento, che la informa riguardo alle vicende accadute; che portano come conseguenza il sentimento d’amore inappagato di Ermengarda la quale continua ad amare Carlo nonostante tutto e reprimendo questi sentimenti, arriva la disperazione e di conseguenza la porta alla morte. Da quel momento in poi la protagonista non è più l’oppressore ma, al contrario, l’oppressa. Da questo atto Manzoni cerca di far emergere il desiderio e la passione che non può essere repressa poiché porta ad un dolore incessante. L’atto è composto da 20 strofe settenarie, l’intero testo è ricco di enjambement come nei versi 13-14 e 15-16. Inoltre sono presenti figure retoriche come le metonimie nel verso 93 “brando” che sta per guerra; vi è anche una sineddoche nel verso 3 “palme” che sta per mani e anche dei chiasmi come nei versi 9-10: “gelida fronte” e “una man leggiera”. Per quanto riguarda i termini aulici vi è “o gentil” nel verso 13, il quale è un termine dello stilnovo.