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ITALIANO

Alda Merini
“Anche la follia merita i suoi applausi.”

Biografia
Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo 1931 da famiglia di condizioni modeste, la minore di tre
fratelli. Prova il test per essere ammessa al liceo Manzoni, ma non supera la prova di italiano e in
questi anni inizia a studiare pianoforte. Esordisce come autrice per la prima volta molto giovane,
appena quindicenne, con le raccolte “La presenza di Orfeo”(1953) a cui sono seguite “Paura di
Dio”(1955) e “Nozze Romane”(1955) “Tu sei Pietro” (1961). La carriera della Merini è avviata
grazie a Giacinto Spagnoletti (critico letterario) che sarà anche il primo a pubblicare un suo lavoro,
nel 1950 nell’ “Antologia della poesia italiana 1909-1949” e in “Quarta Generazione”. Nel 1947
viene internata per un mese all’ospedale psichiatrico di Villa Turno (Milano). Alda Merini intorno
al 1951 inizia a stringere amicizia con Salvatore Quasimodo e nel 1953 sposa Ettore Carniti. Nel
1955 nasce la primogenita Emanuela. Successivamente viene trasferita
all’ospedale  psichiatrico “Paolo Pini” di Milano fino al 1972.
Durante questo periodo nascono altre tre figlie (Barbara, Flavia e Simonetta). La Merini, dopo vari
periodi alternati di salute e malattia, torna a scrivere producendo testi intensi e drammatici che
raccontano le sue sconvolgenti esperienze in manicomio. Essi sono raccolti in “La Terra Santa”,
pubblicato nel 1984. Dopo la morte del primo marito, la Merini si risposa nel 1983 con Michele
Pierri: si trasferisce a Taranto dove rimarrà tre anni, durante i quali scrive venti “poesie-ritratti” de
“La gazza ladra” (1985), oltre ad alcuni testi in onore del marito. Dopo essere stata internata ancora
una volta in manicomio, questa volta a Taranto, torna a Milano nel 1986: inizia una nuova terapia
con la dottoressa Marcella Rizzo, alla quale dedicherà più di un lavoro. Dal punto di vista letterario
questi sono anni molto produttivi e raggiunge una nuova serenità. Nel 2004 Alda Merini viene
ricoverata all’Ospedale San Paolo di Milano. Un amico della scrittrice chiede aiuto economico con
un appello, che le farà ricevere da tutta Italia e-mail a suo sostegno.  Il suo ultimo lavoro risale al
2006: “La nera novella”. Muore a Milano il 1 Novembre 2009 a causa di un tumore osseo. In
memoria della sua persona e della sua opera, le figlie hanno dato vita al sito

internet www.aldamerini.it .  Nel 2016, in occasione della


ricorrenza della sua nascita, Google le ha dedicato un logo.
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Opere
Tra le numerose raccolte:

 Destinati a Morire-1980
 La Terra Santa-1983
 La Terra Santa e altre poesie-1984
 Testamento-1988
 Vuoto d’amore-1991
 Ballate non pagate-1995
 Superba è la notte-2000
 L’anima innamorata-2000
 Corpo d’amore; Un incontro con Gesù e Magnificat; Un incontro con Maria-2001/2002
 Clinica dell’abbandono-2004
 Nel Cerchio un pensiero-2005
 Poesie e Satire postuma nel 2011
La condizione di repressione e di reclusione, traumaticamente richiamata dall’esperienza dolorosa e
disumana del manicomio, non placa e non annulla l’aspirazione a una pienezza di vita che solo la
poesia sembra in grado di poter realizzare, come riconquista delle radici più autentiche
dell’esistenza. La parola si fa precisa e razionale. Un’analoga tematica, che fa capo alla “diversità”
e alla follia, è stata affrontata in alcuni volumi di prose lirico-narrative:

 L’altra verità-1986
 Diario di una diversa-1986
 Delirio amoroso-1989
 Il tormento delle figure-1990
 Le parole di Alda Merini-1991
 La pazza della porta Accanto-1995
 La vita facile-2001
 La carne degli angeli-2003
 Uomini miei-2005
 Fiore di poesia (un’antologia dei versi) – 1998
Assai numerose le raccolte, brevi e anche brevissime, compresi anche gli aforismi e i versi abbinati
a opere di importanti pittori.

Il dottore agguerrito nella notte


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La poesia appartiene alla raccolta “La Terra Santa” e tratta di un’esperienza autobiografica,
alludendo alle condizioni di vita all’interno della clinica psichiatrica.

  Metro
Si tratta di due strofe di endecasillabi sciolti (ad eccezione del verso due, che ha dodici sillabe).

Il dottore agguerrito nella notte


1 Il dottore agguerrito nella notte
2 viene con passi felpati alla tua sorte,
3 e sogghignando guarda i volti tristi
4 degli ammalati, quindi ti ammannisce
5 una pesante dose sedativa
6 per colmare il tuo sonno e dentro il braccio
7 attacca una flebo che sommuove
8 il tuo sangue irruente di poeta.
9 Poi se ne va sicuro, devastato
10 dalla sua incredibile follia
11 il dottore di guardia, e tu le sbarre
12 guardi nel sonno come allucinato
13 e ti canti le nenie del martirio.
 

Analisi del testo


In questa lirica emergono le contraddizioni e le anomalie degli istituti psichiatrici. Viene introdotta
una figura “antagonistica”, quella del dottore, che si muove con sicurezza e decisione – “agguerrito”
(verso 1) con un senso di ostilità- in mezzo ad un’umanità sofferente, con la quale non stabilisce
alcun rapporto di pietà o solidarietà. Anzi, il suo atteggiamento è beffardo e sprezzante, quasi
diabolico- “sogghignando“(v.3) in antitesi con “i volti tristi“(v.3) – mentre sbriga con massima
indifferenza i suoi compiti; si tratta di un’insensibilità che si traduce con crudezza nella schematica
nel passo -“ti ammannisce/una pesante dose sedativa“; “dentro il braccio/attacca una flebo” (v.4/5)
– e che contrasta con il pulsare della vita degli ammalati che si riconduce alla poetessa stessa, “il
tuo sangue irruente di poeta” (v.8)
Nella seconda parte si assiste a un rovesciamento delle prospettive e la devastazione
dell'”incredibile follia” sembra essere attribuita allo “stesso dottore di guardia”, che rappresenta la
crudele indifferenza della gente “normale”, chiusa nelle preoccupazioni dei propri egoistici
interessi. La contraddizione è sottolineata dalle rime di “devastato” (v.9) e “allucinato” (v.12), che
collegano realtà che risultano tra loro incompatibili. Il manicomio diventa un carcere -“le sbarre”
(v.11) – in cui i malati sono isolati e segregati fisicamente e rappresenta il luogo dei fantasmi e delle
allucinazioni, dove l’unica possibilità di riscatto diventa il martirio (v.13).
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L’altra verità. Diario di una diversa

La prima prosa è rappresentata dall’ “Altra verità. Diario di una diversa”, pubblicato
nel 1986. Si tratta di un’opera di carattere autobiografico, sotto forma di diario, di lettere e di
qualche verso in cui, ancora una volta, viene raccontata l’esperienza del manicomio. Pur essendo
scritta per lo più in prosa, è attraversata da una dimensione lirica.
  Analisi
Nel suo diario, Alda Merini, racconta i dieci anni passati all’interno di un manicomio, ed è ancora
oggi una testimonianza delle violenze che avvenivano in quelle strutture e della sofferenza che
dilagava lungo quelle mura fredde. Merini era soggetta alla sindrome del bipolarismo, malattia che
tuttavia si è aggravata all’interno del manicomio. La scrittrice descrive con parole crude una realtà
degradante e disumana. Il manicomio diventa per lei una prigione, un luogo freddo, vuoto, privo
d’amore ma, allo stesso tempo, le permette di riscoprire sé stessa, la sua mente, e di comprendere
che la sua condizione può essere potenzialmente pericolosa per gli altri.

Il manicomio rappresenta un luogo di tortura e contemporaneamente si rivela luogo di protezione,


ma anche di scoperta. La Merini, infatti, afferma di aver scoperto che cosa significhi realmente
amare in mezzo ai matti. Un esempio è rappresentato da quando racconta che durante la notte, la
compagna di stanza le accarezzava i capelli corti e rasati le rimboccava la coperta, o da quando
riceveva un abbraccio sincero da una delle ragazze.
Nonostante l’autrice rimanga sempre lucida e presente, nel diario appare come una donna svanita,
quasi surreale, che manifesta la sua solitudine, il grande vuoto interiore e la rabbia per il marito che
l’ha abbandonata, i figli che non può veder crescere e che spesso non può nemmeno sentire al
telefono. Si delinea la figura di una donna confusa e bisognosa di libertà, d’amore, di sogni, di
gioia.
Il diario è scritto con parole brevi e semplici, quasi sussurrate, come se fosse una vera e propria
confessione: racconta una donna fragile, ma anche incredibilmente forte, capace di soffrire e
sopportare, pronta a reagire con dignità e coraggio

A Franco Basaglia

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Alda Merini dedicò una poesia a Franco Basaglia; egli viene definito “eterno soccorritore”, colui
che smentisce tutte le premesse che garantivano di internare persone senza alcun tipo di malattia.
Basaglia riesce a dare una speranza precisa

e cioè la speranza di tornare a fiorire, un giorno, più o meno lontano. La speranza si concretizza
quando, la Merini, come un’instancabile navigatrice, arriva alla conclusione, la quale si risolve con
una scoperta devastante: il fatto non essere mai stati malati. La scoperta è suggerita dal sogno e dal
soccorritore, dall’osservatore nascosto dietro le piante.

La poesia risulta un ringraziamento alla persona che ha avuto il coraggio di esprimere le proprie
idee a costo di andare contro le convenzioni sociali e contro corrente. E questo è il merito più
grande che l’autrice gli attribuisce.

Intervista ad Alda Merini

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