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(es. lamette da barba – donne in range 18-65) misurato in termini di clienti, unità o valore (n di unità
potenzialmente vendibili x prezzo medio retail price ).
Domanda di mercato: il volume totale (unità o valore), per una data categoria di prodotto, che verrebbe
acquistata o è stata acquistata in un determinato periodo dato un particolare contesto.
Quota di mercato: rapporto tra parte di mercato posseduta e domanda di mercato, come le altre può
essere a valore o a volume
Teoria ampliata da Bain & Co. Che l’hanno declinata meglio nel
contesto odierno.
Processo d’acquisto
Confronto fra alternative: Nonostante si acquisti un prodotto servizio nella sua interezza,
se viene effettuato un confronto questo avviene a livello di attributi dell’offerta. Ciascun
attributo tipicamente ha un beneficio corrispondente. Attributi e benefici sono due facce
della stessa medaglia: i primi parlano il linguaggio del prodotto, gli altri quello del cliente.
Questi ruoli sono molto diversi tra B2B e B2C: decisioni più complesse, investimenti molto più rilevanti,
molte parti coinvolte nel processo d’acquisto, meno emozionalità (ma non nulla).
Mass marketing: Per un indifferenziato il marketing mix (4P: product, price, promotion, place), sarà
tendenzialmente indifferenziato o con variazioni minime.
Target marketing: offerte diverse per clienti diversi. La diversificazione avviene tramite variabili di
segmentazione
Variabili di segmentazione:
basate sul cliente
Descrittive (del cliente in sé): demografiche (Età, ciclo di vita, sesso, reddito, generazione, classe sociale,
occupazione, religione...) e psicografiche (tratti psicologici/della personalità, stili di vita e valori – VALS:
attività, interessi, opinioni)
Comportamentali (il suo approccio all’offerta): segmentazione sulla base della loro conoscenza,
atteggiamento, uso o risposta ad un prodotto/servizio. Esempi: ruolo decisionale nel processo d’acquisto,
occasione d’uso (acqua push pull), beneficio ricercato (Mentadent), tasso di utilizzo etc..
basate sull’offerta - e sulle caratteristiche del prodotto/servizio. Più facile da fare, ma non ha collegamento
diretto con il cliente (es. categoria di prodotto, canale distributivo, fascia prezzo). Idealmente
segmentazione descrittiva, comportamentale e basata sull’offerta sono tutte collegate e in relazione.
Approccio nested: nel B2B è conveniente usare un approccio nested con macro e micro segmentazione
Analisi SWOT: Riassume la fase di analisi, utile a generare nuove idee e a prendere decisioni nel targeting.
Gli aspetti critici emergono dal confronto fra debolezze (W) e minacce (T), quelli positivi dal confronto fra
punti di forza (S) ed opportunità (O)
Targeting:
Target primario è il più importante acquirente/utilizzatore (spesso alto consumanti e fedeli) su cui si basa di
solito il posizionamento. Il target secondario contribuisce alla crescita rispetto al target primario, può essere
costituito da piccoli segmenti con alto potenziale di crescita, importanti per il futuro o influenzatori.
Personas: sono veri e propri identikit di clienti ideali, profilo dell’utente che rappresentano i bisogni, i
comportamenti, gli interessi e le aspirazioni degli utenti reali. Sono una rappresentazione dei tratti
caratterizzanti di ciascun utente e di quelli che li accomunano
Differenziazione: essere diversi dalla concorrenza agli occhi del
cliente target. Ad esempio offrire più attributi oppure un servizio
migliore, o competenze specifiche (persone)
Positioning statement: Strumento interno che, rendendo esplicito il posizionamento ricercato, aiuta i
soggetti coinvolti in azienda a fare scelte coerenti fra loro ma anche a proporre nuove idee che siano in linea
con il posizionamento o identificare potenziali problemi. Non si rivolge al cliente, non è uno spot. Per
scriverlo bene conviene identificare i criteri base all’inizio per utilizzarli nello statement.
To [target group need ] our [brand ] is the [concept ] that [what the point of difference (PoD) is or does ]
per chi? Cosa è? Perchè è diverso? Reason to believe?
Underpositioning: Non c’è un posizionamento vero e proprio. Il target potenziale non sa dire nulla di
particolare su di essa.
Overpositioning Un posizionamento troppo restrittivo. Il brand/azienda è posizionato su aspetti molto
specifici riducendo le possibilità di introdurre nuove offerte o espandere la clientela target
Confused Positioning I clienti possono dire qualcosa sull’offerta, ma non c’è chiarezza su “cosa esattamente
Implausible Positioning “Too good to be true” o comunque non credibile (esempi tipici sono posizionamenti
che fanno leva su aspetti che hanno una ‘correlazione negativa)
L’albero di prodotto
mostra la gerarchia
di prodotto (es. con
assicurazioni da
bisogno= sicurezza
economica a fondo
bilanciato o
speculativo)
Portafoglio prodotti
Per verificare che è bilanciato/equilibrato e se dobbiamo dismettere linee di prodotto abbiamo due tools:
Matrice BCG: si utilizza preferibilmente a livello “linea di prodotto” (si verifica se il portafoglio delle linee di
prodotto è equilibrato: ogni linea concorre al raggiungimento degli obiettivi di fatturato e margine nel
breve-medio periodo?).r
La cash cow dovrebbe garantire la liquidità
necessaria a finanziare lo spostamento dei
question mark verso sx e il riposizionamento
dei dog, che altrimenti vanno eliminati.
Analisi ABC: si utilizza a livello “codici prodotto” (si verifica se tutti i codici dell’intero portafoglio prodotti
concorrono al raggiungimento degli obiettivi di fatturato e margine nel breve periodo). In ordinata la
percentuale di fatturato e in ascissa la percentuale
prodotti, partendo da quelli che concorrono
maggiormente alla creazione di valore. Andrebbe fatta
una volta l’anno, ma richiede forte controllo di gestione.
Nel B2B è ovviamente più complesso dato che a volte si lavora su commessa o con prodotti unici.
Brand: è la combinazione di elementi (quali nome, slogan, logo, comunicazione, storia e reputazione) che
funzionano come segno distintivo e identificativo di una impresa che lo differenziano dai competitor. È un
concetto complesso fatto di colori, suoni, immagini, parole, simboli, packaging, azioni, persone, gesti,
lettering, posizionamento, valori. Non è solo un logo.
La brand identity è la condizione imprescindibile per essere sé stessi o per esistere ed essere riconoscibili, e
non essere confusi con altro/i.
Brand architecture
House of brands: (es. Unilever) comprende un set di marche indipendenti. Funziona se ogni brand ha come
target una nicchia con un particolare benefit funzionale (es. shampoo di P&G). Vantaggi: evitare
l’associazione tra brand che non sono compatibili (es. VW e Porsche); segnalare un breakthrough rispetto
alle linee di prodotti esistenti; evitare conflitti di canali di distribuzione (es. L’Oreal e Lancome). Può essere
not connected o shadow endorser, se il link tra brand e subbrand è noto.
Endorsed brand: endorsment esplicito, può avvantaggiare sia l’endorser che l’endorsed. 3 tipi in ordine di
“forza” dell’endorsment.
Strong endorser (es. Courtyard by Marriott). L’attenzione è sull’endorser.
Token endorser: (es. Universal Pictures, A Sony Company) L’endorser è molto esplicito e deve essere molto
noto per avere effetto, altrimenti si rischia il flop.
Linked name: (es. McMuffin). Meno esplicito del token, ma efficace per linee di prodotto per cui non si
vuole creare un brand nuovo.
Sub-brand: subbrand è molto collegato a quello del master brand (più che nel caso di endorsment).
Master as a driver: Il master brand ha il ruolo principale (es. Mentadent)
Co-driver: entrambi i brand sono conosciuti e di qualità comparabile (non va bene per Courtyard by Marriot
ad esempio, va bene per Gillette Mach3)
Branded house: tutto porta il nome del master brand (es. Virgin, FedEx). Massimizza la chiarezza e
l’esposizione (il nome del brand è dappertutto e si finisce per associarne i vari rami per assonanza) ma è
difficile da mantenere essendoci tante uova nel paniere.
Per capire
quale
strategia è
migliore ci
sono delle
domande da
porsi (a sx)
che possono
aiutare a
decidere la
strategia
migliore.
Gestione del brand:
Global brand: master brand e local brands (es. Svelto), associare loghi, nomi e suoni
globalmente/localmente percepibili.
Servizio
Il servizio è identificabile nel supporto che si eroga al cliente prima (analisi e supporto all’analisi dei bisogni),
durante (piani di finanziamento, piani di fattibilità, programmazione consegne) e dopo (ricambi, formazione
personale, assistenza tecnica) la vendita.
Service design: Attività di pianificazione e organizzazione delle risorse di un’azienda al fine di migliorare
direttamente l'esperienza del dipendente e indirettamente quella del cliente. Le risorse di un’azienda sono:
persone: Chiunque crei o utilizzi il servizio, chi potrebbe essere indirettamente interessato dal servizio
infrastrutture: Artefatti fisici o digitali (inclusi i prodotti) necessari per eseguire ed erogare correttamente il
servizio (spazi fisici, ambiente digitale, oggetti e documentazione)
processi: Qualsiasi flusso di lavoro, procedura o rituale eseguito dal dipendente (front e back office) o dal
cliente durante l’erogazione di un servizio (es. prelievo da un bancomat, parlare con il customer care,…)
Comunicazione
Non è scontato che ad un aumento di budget di comunicazione aumentino vendite, i KPI da osservare
potrebbero essere brand awareness, intenzione di acquisto, notorietà.
Nella marketing communication tradizionale si è sempre parlato a grandi audience per generare awareness
e consenso diffuso, con l’obiettivo di generare pull e attivare vendite a breve/medio termine. Nowadays la
comunicazione è integrata nella strategia di marketing ed è customer oriented, cioè parla al singolo cliente
target in modo personalizzato (personas), con l’obiettivo di costruire marche e relazioni forti e durature.
CHE COSA (messaggio): il messaggio deve essere coerente con il posizionamento (promessa), con i mezzi
scelti e con il linguaggio del target.
CHI (fonte): La fonte che emette il messaggio deve essere credibile e coerente per essere persuasiva. Tre
fattori importanti: competenza professionale, attendibilità, simpatia.
COME (mezzi): grande varietà, vedi immagine a dx
Mezzi vecchi
Promozioni
Digital marketing
Stiamo passando a un modello di comunicazione pluridirezionale: le aziende non possono più imporre il
loro messaggio perché i consumatori grazie a Internet hanno un ruolo sempre più attivo con maggiore
capacità informativa, di controllo, di creazione e di condivisione Producer + consumer = prosumer
I millennials considerano centrale la qualità della
vita e investono nel lifestyle (fitness, viaggi,
intrattenimento, cibo), ma non acquistano solo
online esperienza phygital click&mortar =
research online purchase offline (ROPO). Sono
meno fedeli alle marche e più influenzabili da
promozioni, si fidano molto dell’esperienza di altri
user e possono diventare veri e propri brand
ambassador/advocates.
Sul digitale si fa principalmente inbound marketing: attract strangers, convert visitors to leads, close deals to
obtain customers, delight them to make them promoters.
Il Sito web è il Biglietto da Visita delle Aziende, punto di riferimento per i clienti e strumento per raccogliere
contatti, informare e fidelizzare i clienti dare informazioni e delineare l’immagine dell’impresa. Deve quindi
essere user friendly (facilità nel trovare i contenuti, anche da smartphone), avere una grafica accattivante,
essere completo e aggiornato. 2 strumenti da curare costantemente:
SEO: ha costi fissi iniziali, non è semplice e da risultati nel medio periodo, può essere invasivo sul sito. Si
tratta di scegliere le parole chiave giuste e inserirle dappertutto (titoli, url, testo) e di alvorare molto sui link
interni ed esterni (soprattutto) per creare connessioni con altre pagine esterne.
PPC: ha costi variabili (proporzionali ai click), è più semplice e da risultati immediati, non invasivo sul sito
Per farlo bene bisogna starci dietro e adattare gli ad alle statistiche.
Fiere: vanno scelte in base alla copertura (quantità e qualità dei visitatori – sono i miei target?), importanza,
area geografica di influenza, efficacia e costo. Hanno il vantaggio di sviluppare awareness e dare
l’opportunità di fare delle demo raccogliendo feedback in loco; inoltre ci si incontra di persona. Hanno il
potenziale svantaggio dei costi (esporre) e di doversi confrontare con la concorrenza.
Viral marketing
Strategia che incoraggia dei singoli a passare ad altri un messaggio pubblicitario, creando il potenziale per la
crescita esponenziale del messaggio (diventare virale). Deve essere semplice e originale.
Guerrilla Marketing: comunicazione pubblicitaria non convenzionale e a basso costo ottenuta attraverso
l'utilizzo creativo di mezzi e strumenti aggressivi che fanno leva sull'immaginario e sui meccanismi
psicologici dei consumatori. L'investimento si basa sul tempo, l'energia e la creatività anziché sugli
investimenti economici (es. sottomarino Generali).
Ambient Marketing: sfrutta l'ambiente (strada, negozio, ascensore, cabina telefonica, bagno di una
discoteca...) per "incontrare" il target. Obiettivo: portare il messaggio, la pubblicità, l’esperienza
direttamente dove si trova il target specifico, in forma spettacolare (flashmob) o inusuale
Il consumatore medio non ricorda bene il prezzo ma il range di prezzo. Nel giudicare un prezzo, fa un
confronto con un ‘prezzo di riferimento’ (qualcosa che ricordano, o legato ad informazioni esterne), che
può essere l’ultimo prezzo pagato, il prezzo di un concorrente, un prezzo equo sulla base di una stima del
costo del prodotto, il prezzo suggerito di vendita, il prezzo scontato.
Si può influenzare un prezzo di riferimento? Alcune opzioni: Indicando che il prodotto aveva un prezzo più
alto; esponendo il prodotto fra prodotti più costosi; comunicando un prezzo suggerito di vendita; facendo
riferimento non al prezzo di acquisto ma al Total Cost of Ownership o evidenziando dei costi nascosti
nell’offerta (prezzo) di un concorrente.
Il posizionamento di prezzo tende a definire chi saranno i competitors e a rispecchiare i segmenti target
della strategia. Un’azienda può essere presente in diverse fasce di prezzo dello stesso prodotto (altre
prestazioni, brand diversi…)
Elasticità di prezzo
Non c’è un modo migliore degli altri, dipende dal prodotto. Per specialties si può usare value-in-use, per
commodities cost-plus, per shopping competion-based. Il prezzo deve tener conto degli obiettivi aziendali,
essere coerente con i prezzi degli altri prodotti dell’impresa e deve essere condiviso dalla forza vendite.
Guerre di prezzi
NON price-reactions: (esempi) Informare i clienti sui rischi low-cost, differenziarsi su servizi aggiuntivi,
focalizzarsi su segmenti sensibili alla qualità, collaborare con canali distributivi
Price reactions: (esempi) selective discount (non su tutto), introdurre un fighting brand mantenendo
posizionamento del prodotto originale, come ultima spiaggia abbassare i prezzi (che è molto difficile rialzare
a meno di un riposizionamento)
Leader: Tipicamente taglia i prezzi dopo gli altri e lo fa in modo convinto e deciso per sottolineare il suo
ruolo, è il primo negli aumenti di prezzo. Follower: spesso il primo a tagliare il prezzo, anche
temporaneamente perché normalmente ha obiettivi da raggiungere. Niche player: Spesso non reagisce
immediatamente e preferisce lavorare sulle promozioni per non perdere i clienti chiave
Fattori importanti nella vendita e distribuzione: prossimità, tempestività, selezione, prezzo e credito,
assistenza, servizio.
Il canale distributivo è l’insieme di intermediari commerciali non gestiti direttamente dal produttore che
intervengono nello svolgere le funzioni distributive necessarie per raggiungere il consumatore finale. Può
avere diverse lunghezze in base alla presenza o meno di altri attori:
diretto: filo diretto tra azienda e clienti
indiretto corto: c’è un dealer o un distributore
indiretto lungo: c’è un importatore, un distributore ed eventualmente un dealer
In base alla tipologia variano la copertura, il grado di controllo, il feedback ricevuto, i costi e gli investimenti.
Franchising: Il Franchising è il contratto fra due soggetti indipendenti in base al quale una parte concede
all'altra, verso corrispettivo, un insieme di diritti (come marchi, denominazioni, brevetti, know-how,
assistenza e consulenza, ecc.) inserendo l'affiliato in un sistema reticolare articolato sul territorio, allo scopo
di commercializzare beni o servizi.
Il franchisor sviluppa concept e format (mantiene IP), provvedendo conoscenza legislativa e di mercato
locale, sceglie i franchisee e li supporta, fornendo informazioni e prodotti/materiali. Riceve fee iniziale da
parte del franchisee e delle royalty fee/management fee.
Il franchisee gestisce il lavoro di ogni giorno e si cura della redditività dell’attività in modo da recuperare gli
investimenti. Ha un contratto in esclusiva per territorio/area di operatività per un certo periodo.
Distribuzione
La distribuzione odierna gestisce i suoi canali distributivi di fatto come fossero prodotti (es. PAM), ognuno
con il suo target specifico. Se l’azienda punta all’innovazione di prodotto e alla brand loyalty, il distributore
punta all’innovazione distributiva e alla store loyalty. Es. di innovazione distributiva = private label (es.
prodotti conad normali, bio, gourmet)
L’evoluzione di un distributore è un circolo virtuoso in cui:
Retailer guadagna forza ottiene sconti dai fornitori prezzi più bassi richiamano più clienti creazione
di economie di scala acquisizione catene più deboli maggior quota di mercato
Strategia di multicanalità: il cliente può scegliere di interagire sul suo canale preferito. In un percorso
multichannel, nessuno dei canali è integrato. L'esperienza del cliente è confinata al canale con cui
interagisce in quel momento. Pertanto, sarà necessario creare un'esperienza coerente ma specifica per
ciascun canale. Es. cliente vede la pubblicità in metropolitana. Poi visita i social media per dare un'occhiata
e approda al negozio online. Quando decide di voler provare un prodotto, viene in negozio fisico.
In un percorso di acquisto omnichannel, grazie al collegamento tra diversi canali, gli acquirenti possono
iniziare il loro viaggio su un canale e concluderlo su un altro senza problemi. Es. il 61% dei consumatori
sarebbe più fedele a un rivenditore che consente di acquistare online ed effettuare i resi in negozio.
Trade marketing
Il trade marketing è l'applicazione delle tecniche di marketing indirizzate al distributore, per ottenere la sua
collaborazione e gestire meglio lo scambio con l’utilizzatore, sviluppando una politica di canale-cliente
coerente con gli obiettivi dell’azienda e della distribuzione. Si sviluppa con: assortimento mirato (portafoglio
prodotti, private label), supporti alla vendita (promozioni, coadvertising, merchandising) , servizio (logistica,
formazione), prezzi e condizioni (markup differenziati, condizioni pagamento, credito).
Ad esempio Coca Cola opera trade marketing: ha un’altissima copertura ma approccia ogni canale in modo
differenziato, per supportare il sell-in e il sell-out. Canali diversi per consumatori, occasioni di
acquisto/consumo e bisogni diversi
Di fatto l’approccio alla distribuzione moderna è passato dal vendere prodotti e marche ad acquistare
accessibilità ai target, visibilità, presenza sulla supply chain e supporto alla propria strategia di mktg.