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Mercato potenziale: quanto grande è potenzialmente il mercato per una determinata categoria di prodotto

(es. lamette da barba – donne in range 18-65) misurato in termini di clienti, unità o valore (n di unità
potenzialmente vendibili x prezzo medio retail price ).

Domanda di mercato: il volume totale (unità o valore), per una data categoria di prodotto, che verrebbe
acquistata o è stata acquistata in un determinato periodo dato un particolare contesto.

Penetrazione di mercato: indice di penetrazione = domanda di mercato / mercato potenziale

Quota di mercato: rapporto tra parte di mercato posseduta e domanda di mercato, come le altre può
essere a valore o a volume

Nel customer assessment è importante comprendere i bisogni.

Piramide di Maslow: (teoria psicologica) Maslow formulò nella


sua teoria una gerarchia di necessità umane evidenziando
l'importanza di soddisfare prima le necessità basilari (parte
inferiore) e solo successivamente le necessità e i desideri più
elevati (parte superiore).

Teoria ampliata da Bain & Co. Che l’hanno declinata meglio nel
contesto odierno.

Processo d’acquisto

Identificazione di problema/bisogno: il marketing agisce a livello della motivazione,


ricordandoti che hai un problema/bisogno/insoddisfazione

Ricerca delle informazioni: è importante la fonte delle informazioni (prevalentemente


WOM e digital ormai)

Confronto fra alternative: Nonostante si acquisti un prodotto servizio nella sua interezza,
se viene effettuato un confronto questo avviene a livello di attributi dell’offerta. Ciascun
attributo tipicamente ha un beneficio corrispondente. Attributi e benefici sono due facce
della stessa medaglia: i primi parlano il linguaggio del prodotto, gli altri quello del cliente.

Decisione d’acquisto: Esistono fattori che possono influenzare in maniera negativa il


processo: • Comportamenti o atteggiamenti altrui : conoscenti , amici, personale di
vendita • Percezione personale del rischio / barriere all’acquisto (funzionale, fisico,
finanziario, psicologico, temporale. Il marketing può contribuire a diminuire la percezione
del rischio / barriere all’acquisto.

Comportamento post-acquisto: Uso, smaltimento , riacquisto (fidelizzazione, brand


ambassador)
Ruoli nel processo d’acquisto

1. Initiators: chi richiede o suggerisce l’acquisto di qualcosa per soddisfare un bisogno


2. Users: chi usa il prodotto/servizio
3. Influencers: chi può influenzare, con diverso potere, alcuni aspetti relativi all’acquisto
4. Buyers: chi, in pratica, effettua l’ordine
5. Gatekeepers: chi può impedire che l’informazione raggiunga il destinatario target
6. Approvers: chi ha il potere di approvare l’acquisto
7. Deciders: chi decide cosa comprare, da chi, quando…

Questi ruoli sono molto diversi tra B2B e B2C: decisioni più complesse, investimenti molto più rilevanti,
molte parti coinvolte nel processo d’acquisto, meno emozionalità (ma non nulla).

Communication appeal: può essere:


Informational: si focalizza su qualità, attributi o benefici dell’offerta (soluzione a un problema, mostrare un
benefit, battere un prodotto della concorrenza). Il messaggio viene processato razionalmente e
logicamente.
Transformational: Lavora su aspetti non legati all’offerta, puntando dritto al target e suscitando emozioni
che possono essere negative (leva su senso di colpa e paura) o positive (leva su amore, gioia)

Mass marketing: Per un indifferenziato il marketing mix (4P: product, price, promotion, place), sarà
tendenzialmente indifferenziato o con variazioni minime.

Target marketing: offerte diverse per clienti diversi. La diversificazione avviene tramite variabili di
segmentazione

Variabili di segmentazione:
basate sul cliente
Descrittive (del cliente in sé): demografiche (Età, ciclo di vita, sesso, reddito, generazione, classe sociale,
occupazione, religione...) e psicografiche (tratti psicologici/della personalità, stili di vita e valori – VALS:
attività, interessi, opinioni)
Comportamentali (il suo approccio all’offerta): segmentazione sulla base della loro conoscenza,
atteggiamento, uso o risposta ad un prodotto/servizio. Esempi: ruolo decisionale nel processo d’acquisto,
occasione d’uso (acqua push pull), beneficio ricercato (Mentadent), tasso di utilizzo etc..
basate sull’offerta - e sulle caratteristiche del prodotto/servizio. Più facile da fare, ma non ha collegamento
diretto con il cliente (es. categoria di prodotto, canale distributivo, fascia prezzo). Idealmente
segmentazione descrittiva, comportamentale e basata sull’offerta sono tutte collegate e in relazione.

Segmentazione multivariata: prende diverse variabili e le mette in relazione

Approccio nested: nel B2B è conveniente usare un approccio nested con macro e micro segmentazione
Analisi SWOT: Riassume la fase di analisi, utile a generare nuove idee e a prendere decisioni nel targeting.
Gli aspetti critici emergono dal confronto fra debolezze (W) e minacce (T), quelli positivi dal confronto fra
punti di forza (S) ed opportunità (O)

Targeting:

Target primario è il più importante acquirente/utilizzatore (spesso alto consumanti e fedeli) su cui si basa di
solito il posizionamento. Il target secondario contribuisce alla crescita rispetto al target primario, può essere
costituito da piccoli segmenti con alto potenziale di crescita, importanti per il futuro o influenzatori.

Personas: sono veri e propri identikit di clienti ideali, profilo dell’utente che rappresentano i bisogni, i
comportamenti, gli interessi e le aspirazioni degli utenti reali. Sono una rappresentazione dei tratti
caratterizzanti di ciascun utente e di quelli che li accomunano
Differenziazione: essere diversi dalla concorrenza agli occhi del
cliente target. Ad esempio offrire più attributi oppure un servizio
migliore, o competenze specifiche (persone)

Posizionamento: progettare la nostra offerta per posizionarla nella


mente del consumatore. Dal punto di vista del cliente è il complesso
set di percezioni, impressioni e sentimenti che i clienti hanno per un
prodotto/servizio rispetto alla concorrenza. Se non ci si posiziona ci
posizionerà il mercato.

Posizionamento di prodotto, brand/immagine e prezzo sono i principali

3 tool: criteri base di posizionamento (a dx)

Mappa di posizionamento: strumento (ricerche di mercato) che rappresenta la


posizione che un’offerta occupa nelle “mente” del consumatore in relazione alla
competizione, da il posizionamento percepito. Sugli assi meto ciò che è rilevante
per azienda e/o prodotto, ad esempio i benefici. In linea di massima il
posizionamento di prodotto è più vicino al mondo delle funzioni; il
posizionamento di marca è più vicino al mondo delle emozioni mentre il
posizionamento di prezzo è più vicino al mondo della convenience.

Positioning statement: Strumento interno che, rendendo esplicito il posizionamento ricercato, aiuta i
soggetti coinvolti in azienda a fare scelte coerenti fra loro ma anche a proporre nuove idee che siano in linea
con il posizionamento o identificare potenziali problemi. Non si rivolge al cliente, non è uno spot. Per
scriverlo bene conviene identificare i criteri base all’inizio per utilizzarli nello statement.
To [target group need ] our [brand ] is the [concept ] that [what the point of difference (PoD) is or does ]
per chi? Cosa è? Perchè è diverso? Reason to believe?

Underpositioning: Non c’è un posizionamento vero e proprio. Il target potenziale non sa dire nulla di
particolare su di essa.
Overpositioning Un posizionamento troppo restrittivo. Il brand/azienda è posizionato su aspetti molto
specifici riducendo le possibilità di introdurre nuove offerte o espandere la clientela target
Confused Positioning I clienti possono dire qualcosa sull’offerta, ma non c’è chiarezza su “cosa esattamente
Implausible Positioning “Too good to be true” o comunque non credibile (esempi tipici sono posizionamenti
che fanno leva su aspetti che hanno una ‘correlazione negativa)

Segmentazione e posizionamento sono fortemente correlati: si posiziona un’offerta su un segmento (target)


e alla base dei due concetti c’è uno stesso comun denominatore: “la differenza”, differenza nella domanda
(segmentazione) e differenza nell’offerta (posizionamento)

Customer lifetime value (CLTV): è una stima del valore finanziario


creato dal cliente durante un determinato periodo di tempo
(quello in cui rimane cliente).

È basata sul cliente (redditività) e non sul prodotto. Alcuni clienti


valgono più di altri ed il CLTV misura questo aspetto. È
pesantemente influenzata dalla durata della relazione e non
dalla singola transazione. È legata alla capacità di retention
(inversamente proporzionale al churn rate). Tipica delle aziende
che lavorano con un approccio customer-centric
Concetto di prodotto
CORE PRODUCT: elementi funzionali base del prodotto, base minimale, elementi legati alla tecnologia
PRODOTTO TANGIBILE: design, accessori, garanzia, consegna, installazione/collaudi, imballi
PRODOTTO ESPLOSO: assistenza tecnica, termini di pagamento, finanziamento

Il Product Concept Statement è un documento che descrive lo scopo principale di un prodotto o di un


servizio, la sua unicità (differenziazione) e la sua promessa di soddisfare le aspettative dei clienti
insoddisfatte. Dettaglia le caratteristiche tecniche, fisiche, funzionali, estetiche, e ne evidenzia l’importanza
per il target e gli spazi di variabilità. Essenzialmente un positioning statement.

L’albero di prodotto
mostra la gerarchia
di prodotto (es. con
assicurazioni da
bisogno= sicurezza
economica a fondo
bilanciato o
speculativo)

Portafoglio prodotti

Per verificare che è bilanciato/equilibrato e se dobbiamo dismettere linee di prodotto abbiamo due tools:

Matrice BCG: si utilizza preferibilmente a livello “linea di prodotto” (si verifica se il portafoglio delle linee di
prodotto è equilibrato: ogni linea concorre al raggiungimento degli obiettivi di fatturato e margine nel
breve-medio periodo?).r
La cash cow dovrebbe garantire la liquidità
necessaria a finanziare lo spostamento dei
question mark verso sx e il riposizionamento
dei dog, che altrimenti vanno eliminati.

Il tasso medio di sviluppo del mercato può


essere calcolato in 3 modi: media ponderata
dei segmenti, media ponderata dell’intero
mercato oppure arbitrario in base
all’azienda.

Nei mercati maturi le fasce di prezzo


evolvono come da figura in basso a dx

Analisi ABC: si utilizza a livello “codici prodotto” (si verifica se tutti i codici dell’intero portafoglio prodotti
concorrono al raggiungimento degli obiettivi di fatturato e margine nel breve periodo). In ordinata la
percentuale di fatturato e in ascissa la percentuale
prodotti, partendo da quelli che concorrono
maggiormente alla creazione di valore. Andrebbe fatta
una volta l’anno, ma richiede forte controllo di gestione.

Per ogni prodotto (codice) va identificata 1) la classe di


fatturato (es. classe A rientra nel primo 70% del
fatturato, classe B nel secondo 20%, classe C nel restante
10%. 2) il margine percentuale (riportato a classe di
margine percentuale). Nella zona rossa i codici passibili
di eliminazione, da esaminare uno per uno in base a
strategicità, vendite in numero assoluto etc.

Nel B2B è ovviamente più complesso dato che a volte si lavora su commessa o con prodotti unici.

Brand: è la combinazione di elementi (quali nome, slogan, logo, comunicazione, storia e reputazione) che
funzionano come segno distintivo e identificativo di una impresa che lo differenziano dai competitor. È un
concetto complesso fatto di colori, suoni, immagini, parole, simboli, packaging, azioni, persone, gesti,
lettering, posizionamento, valori. Non è solo un logo.

La brand identity è la condizione imprescindibile per essere sé stessi o per esistere ed essere riconoscibili, e
non essere confusi con altro/i.
Brand architecture

House of brands: (es. Unilever) comprende un set di marche indipendenti. Funziona se ogni brand ha come
target una nicchia con un particolare benefit funzionale (es. shampoo di P&G). Vantaggi: evitare
l’associazione tra brand che non sono compatibili (es. VW e Porsche); segnalare un breakthrough rispetto
alle linee di prodotti esistenti; evitare conflitti di canali di distribuzione (es. L’Oreal e Lancome). Può essere
not connected o shadow endorser, se il link tra brand e subbrand è noto.

Endorsed brand: endorsment esplicito, può avvantaggiare sia l’endorser che l’endorsed. 3 tipi in ordine di
“forza” dell’endorsment.
Strong endorser (es. Courtyard by Marriott). L’attenzione è sull’endorser.
Token endorser: (es. Universal Pictures, A Sony Company) L’endorser è molto esplicito e deve essere molto
noto per avere effetto, altrimenti si rischia il flop.
Linked name: (es. McMuffin). Meno esplicito del token, ma efficace per linee di prodotto per cui non si
vuole creare un brand nuovo.

Sub-brand: subbrand è molto collegato a quello del master brand (più che nel caso di endorsment).
Master as a driver: Il master brand ha il ruolo principale (es. Mentadent)
Co-driver: entrambi i brand sono conosciuti e di qualità comparabile (non va bene per Courtyard by Marriot
ad esempio, va bene per Gillette Mach3)

Branded house: tutto porta il nome del master brand (es. Virgin, FedEx). Massimizza la chiarezza e
l’esposizione (il nome del brand è dappertutto e si finisce per associarne i vari rami per assonanza) ma è
difficile da mantenere essendoci tante uova nel paniere.

Per capire
quale
strategia è
migliore ci
sono delle
domande da
porsi (a sx)
che possono
aiutare a
decidere la
strategia
migliore.
Gestione del brand:

Vantaggi di brand extension: il cliente non


compra prodotto ma la marca, che si fa
garante del prodotto. Investimenti bassi
per lanciare nuovo prodotto.

Rischi di brand extension: diluizione di


brand e posizionamento, incoerenza,
complessità gestionale.

Rivitalizzazione della marca (rebranding):


modifica dell’immagine di una marca già conosciuta o affermata dandole nuovo nome, simbolo o
cambiando design. Serve a dare nuova brand identity.
Si fa quando serve per un cambio di posizionamento, per svecchiare l’immagine di prodotti senza più
appeal, per migliorare reputazione negativa, supportare azioni di M&A. Va fatto con chiarezza di obiettivi,
valori e mission. Bisogna conoscere bene la percezione del brand da parte del consumatore e operare un
cambio selettivo (se qualcosa funziona non cambiare) e che coinvolga tutti (interni ed esterni). Costoso!

Global brand: master brand e local brands (es. Svelto), associare loghi, nomi e suoni
globalmente/localmente percepibili.

Servizio
Il servizio è identificabile nel supporto che si eroga al cliente prima (analisi e supporto all’analisi dei bisogni),
durante (piani di finanziamento, piani di fattibilità, programmazione consegne) e dopo (ricambi, formazione
personale, assistenza tecnica) la vendita.

Il cliente è un elemento del servizio: L’organizzazione deve adeguarsi al cliente e contemporaneamente


cercare di ottenerne i comportamenti desiderati

Service design: Attività di pianificazione e organizzazione delle risorse di un’azienda al fine di migliorare
direttamente l'esperienza del dipendente e indirettamente quella del cliente. Le risorse di un’azienda sono:
persone: Chiunque crei o utilizzi il servizio, chi potrebbe essere indirettamente interessato dal servizio
infrastrutture: Artefatti fisici o digitali (inclusi i prodotti) necessari per eseguire ed erogare correttamente il
servizio (spazi fisici, ambiente digitale, oggetti e documentazione)
processi: Qualsiasi flusso di lavoro, procedura o rituale eseguito dal dipendente (front e back office) o dal
cliente durante l’erogazione di un servizio (es. prelievo da un bancomat, parlare con il customer care,…)

Progettazione e pianificazione del servizio:


importante chiarezza degli aspetti chiave e coerenza con strategie e politiche
Step 1: profilare lo user e definire la personas
Step 2: mappare la customer journey, ovvero tutti i punti di contatto che un cliente ha con la nostra azienda
per tutto il ciclo di vita del cliente (e non solo per un acquisto!). Ogni contatto che un cliente sperimenta,
deve essere top per portare a una customer relationship forte (base per la brand loyalty).
Step 3: sviluppo dello storytelling per la customer experience, che riesca a colipire il target in qualunque
punto della customer experience.
Step 4: sviluppo del service blueprint, che è lo strumento di mappatura che analizza e descrive
puntualmente e nel dettaglio, dal punto di vista dell'utente, le fasi operative del servizio, evidenziando i tre
livelli operativi: sistema, interazione e utente. In questo modo vedo a quali azioni è esposto il cliente e a
quali no, per decidere se cambiare.
È fondamentale progettare e gestire in maniera efficace il processo di erogazione che vuol dire identificare e
gestire i TOUCHPOINT e i MOMENT OF TRUTH (MOT) lungo tutta la customer journey per generare la
promessa customer experience. In questi touchpoint il cliente verifica la validità del sistema di gestione del
servizio in cui si generano percezioni. Sono un’opportunità per
guidare queste percezioni.

Nella progettazione dei servizi vanno decisi: i) la priorità dei target da


servire; ii) il livello di performance (livello di servizio) da erogare; iii) di
conseguenza, il livello di insoddisfazione da gestire

Comunicazione

Non è scontato che ad un aumento di budget di comunicazione aumentino vendite, i KPI da osservare
potrebbero essere brand awareness, intenzione di acquisto, notorietà.

Nella marketing communication tradizionale si è sempre parlato a grandi audience per generare awareness
e consenso diffuso, con l’obiettivo di generare pull e attivare vendite a breve/medio termine. Nowadays la
comunicazione è integrata nella strategia di marketing ed è customer oriented, cioè parla al singolo cliente
target in modo personalizzato (personas), con l’obiettivo di costruire marche e relazioni forti e durature.

Fasi della comunicazione efficace

A CHI (target): un target di marketing può avere vari target di


comunicazione (user, influencer…) Bisogna mappare la
customer journey e individuare i ruoli più rilevanti e quando
informarli (timing).

PERCHÉ (obiettivo): Per informare (quando introduco


novità), ricordare (prodotti già sul mercato), collegare (due o
più prodotti, prodotti e momenti), convincere (per favorire il
brand switching), motivare (ad attivare il passaparola). Tutto
ciò deve generare awareness, goodwill, image building,
brand image per spingere il cliente dentro il funnel.

CHE COSA (messaggio): il messaggio deve essere coerente con il posizionamento (promessa), con i mezzi
scelti e con il linguaggio del target.

CHI (fonte): La fonte che emette il messaggio deve essere credibile e coerente per essere persuasiva. Tre
fattori importanti: competenza professionale, attendibilità, simpatia.
COME (mezzi): grande varietà, vedi immagine a dx

QUANTO (budget): Si può determinare in base a:

 % sulle vendite passate/future


 obiettivi da raggiungere (notorietà, conversione)
 confronto con la concorrenza (parità competitiva)
 importo disponibile/residuale
 rendimento dell’investimento (difficile da
valutare)

Una checklist per la comunicazione

 Background il contesto (mercato, concorrenti, investimenti)


 Obiettivo della comunicazione (es. recupero di immagine)
 Target di comunicazione (legato al posizionamento)
 Benefit (qual’é il vantaggio)
 Reason why (motivo di acquisto rispetto ai concorrenti)
 Supporting evidence (dato oggettivo a supporto del benefit e della reason why)
 Tone & Manner (es. calmo, rassicurante)
 Budget (suddiviso sul communication mix)

Mezzi vecchi

Copertura = popolazione target raggiunta almeno una volta (valore assoluto o %)


Frequenza = quante volte il target è stato esposto in media al messaggio in un certo periodo di tempo
Gross rating point (GRP) = Copertura x Frequenza = % di target audience raggiunta in termini lordi,
comprese le ripetizioni. unità di misura utilizzata per determinare la pressione pubblicitaria su un target
definito e per effettuare raffronti tra mezzi diversi

Promozioni

In genere forniscono supporto alla pubblicità, servono


essenzialmente a far incrementare la prova del prodotto e
a generare vendite. Consistono in riduzione di prezzo
(offerte, sconti), fidelizzazione alla marca (punti, concorsi)
o store promotions (eventi). Hanno come target:
Consumatori: conoscenza della marca, prova del prodotto,
fedeltà, sostegno pubblicitario temporaneo
Distributori: inserimento nuova marca o nuovo formato,
display nel punto vendita
Forza vendite: motivazione e raggiungimento obiettivi
extra

Digital marketing

Stiamo passando a un modello di comunicazione pluridirezionale: le aziende non possono più imporre il
loro messaggio perché i consumatori grazie a Internet hanno un ruolo sempre più attivo con maggiore
capacità informativa, di controllo, di creazione e di condivisione  Producer + consumer = prosumer
I millennials considerano centrale la qualità della
vita e investono nel lifestyle (fitness, viaggi,
intrattenimento, cibo), ma non acquistano solo
online  esperienza phygital  click&mortar =
research online purchase offline (ROPO). Sono
meno fedeli alle marche e più influenzabili da
promozioni, si fidano molto dell’esperienza di altri
user e possono diventare veri e propri brand
ambassador/advocates.

Un lato positivo del digital marketing è il measuring


and tracking. I risultati sono disponibili in tempo
reale rendendo possibile cambio di rotta e
modifiche tempestive.

Sul digitale si fa principalmente inbound marketing: attract strangers, convert visitors to leads, close deals to
obtain customers, delight them to make them promoters.

Il Sito web è il Biglietto da Visita delle Aziende, punto di riferimento per i clienti e strumento per raccogliere
contatti, informare e fidelizzare i clienti dare informazioni e delineare l’immagine dell’impresa. Deve quindi
essere user friendly (facilità nel trovare i contenuti, anche da smartphone), avere una grafica accattivante,
essere completo e aggiornato. 2 strumenti da curare costantemente:
SEO: ha costi fissi iniziali, non è semplice e da risultati nel medio periodo, può essere invasivo sul sito. Si
tratta di scegliere le parole chiave giuste e inserirle dappertutto (titoli, url, testo) e di alvorare molto sui link
interni ed esterni (soprattutto) per creare connessioni con altre pagine esterne.
PPC: ha costi variabili (proporzionali ai click), è più semplice e da risultati immediati, non invasivo sul sito
Per farlo bene bisogna starci dietro e adattare gli ad alle statistiche.

Social media e influencer


Ogni social network è un canale diverso e vanno scelti opportunamente. Lo stesso discorso vale per gli
influencer. Rispetto a un testimonial (Mike Bongiorno x Manzotin), un influencer è un individuo con un
pubblico che ha la capacità di influenzare i comportamenti di acquisto in ragione del suo carisma e della sua
autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree di interesse. “Usare” un influencer consente ampia
copertura del target, rapidità di azione e feedback immediato sui profili. I migliori sono i “creators”, che
sviluppano contenuti accessibili con un linguaggio attraente, chiaro ed empatico. Sono in grado di narrare,
attraverso uno storytelling efficace, un determinato contenuto per attirare, coinvolgere e catturare il più
possibile l’attenzione del target. Fidelizzano il pubblico.

Fiere: vanno scelte in base alla copertura (quantità e qualità dei visitatori – sono i miei target?), importanza,
area geografica di influenza, efficacia e costo. Hanno il vantaggio di sviluppare awareness e dare
l’opportunità di fare delle demo raccogliendo feedback in loco; inoltre ci si incontra di persona. Hanno il
potenziale svantaggio dei costi (esporre) e di doversi confrontare con la concorrenza.

Viral marketing
Strategia che incoraggia dei singoli a passare ad altri un messaggio pubblicitario, creando il potenziale per la
crescita esponenziale del messaggio (diventare virale). Deve essere semplice e originale.

Guerrilla Marketing: comunicazione pubblicitaria non convenzionale e a basso costo ottenuta attraverso
l'utilizzo creativo di mezzi e strumenti aggressivi che fanno leva sull'immaginario e sui meccanismi
psicologici dei consumatori. L'investimento si basa sul tempo, l'energia e la creatività anziché sugli
investimenti economici (es. sottomarino Generali).
Ambient Marketing: sfrutta l'ambiente (strada, negozio, ascensore, cabina telefonica, bagno di una
discoteca...) per "incontrare" il target. Obiettivo: portare il messaggio, la pubblicità, l’esperienza
direttamente dove si trova il target specifico, in forma spettacolare (flashmob) o inusuale

Price and pricing

Il consumatore medio non ricorda bene il prezzo ma il range di prezzo. Nel giudicare un prezzo, fa un
confronto con un ‘prezzo di riferimento’ (qualcosa che ricordano, o legato ad informazioni esterne), che
può essere l’ultimo prezzo pagato, il prezzo di un concorrente, un prezzo equo sulla base di una stima del
costo del prodotto, il prezzo suggerito di vendita, il prezzo scontato.

Si può influenzare un prezzo di riferimento? Alcune opzioni: Indicando che il prodotto aveva un prezzo più
alto; esponendo il prodotto fra prodotti più costosi; comunicando un prezzo suggerito di vendita; facendo
riferimento non al prezzo di acquisto ma al Total Cost of Ownership o evidenziando dei costi nascosti
nell’offerta (prezzo) di un concorrente.

Il posizionamento di prezzo tende a definire chi saranno i competitors e a rispecchiare i segmenti target
della strategia. Un’azienda può essere presente in diverse fasce di prezzo dello stesso prodotto (altre
prestazioni, brand diversi…)

Elasticità di prezzo

Data dalla pendenza della curva che riporta


quanto cambierebbero in percentuale le vendite
in base a un cambio percentuale di prezzo.

Tipicamente non è una retta ma una curva come a dx

Metodologie per calcolo prezzi

Cost plus: banalissimo markup basato sui costi


di produzione. Molto usato, semplice ed equo,
tende a stabilizzare i mercati limitando guerre
di prezzo però non considera il valore creato,
la domanda di mercato e la competizione

Going-rate: Usare come base il prezzo medio


del mercato od il prezzo del concorrente
principale, e poi “aggiustare”, in base alle
differenze fra le offerte (migliore/peggiore
caratteristiche)

Value-in-use: basato sul valore


percepito/percepibile dal cliente nell’utilizzo
anche a lungo termine del prodotto. Considera
tutte le componenti che creano valore, sia
funzionali che emozionali, ed anche quelle relative alla convenience o agli aspetti economico/finanziari. Il
marketing deve ridurre il gap tra la percezione del valore e il valore stesso (es. Atlantic).

Non c’è un modo migliore degli altri, dipende dal prodotto. Per specialties si può usare value-in-use, per
commodities cost-plus, per shopping competion-based. Il prezzo deve tener conto degli obiettivi aziendali,
essere coerente con i prezzi degli altri prodotti dell’impresa e deve essere condiviso dalla forza vendite.

Guerre di prezzi
NON price-reactions: (esempi) Informare i clienti sui rischi low-cost, differenziarsi su servizi aggiuntivi,
focalizzarsi su segmenti sensibili alla qualità, collaborare con canali distributivi
Price reactions: (esempi) selective discount (non su tutto), introdurre un fighting brand mantenendo
posizionamento del prodotto originale, come ultima spiaggia abbassare i prezzi (che è molto difficile rialzare
a meno di un riposizionamento)

Leader: Tipicamente taglia i prezzi dopo gli altri e lo fa in modo convinto e deciso per sottolineare il suo
ruolo, è il primo negli aumenti di prezzo. Follower: spesso il primo a tagliare il prezzo, anche
temporaneamente perché normalmente ha obiettivi da raggiungere. Niche player: Spesso non reagisce
immediatamente e preferisce lavorare sulle promozioni per non perdere i clienti chiave

Psicologia dei prezzi


Inferenza prezzo qualità: per molte persone il prezzo è indicatore della qualità, soprattutto per prodotti ego-
sensitive (es. profumi). Se il cliente può giudicare la qualità indipendentemente dal prezzo, allora il prezzo è
meno importante, altrimenti il prezzo sarà un proxy della qualità.
Price endings (99) sono percepiti come inferiori, ma non vale per tutto (es. lusso).
Nel mercato commodities, a volte è il cliente ad essere “commoditized”, perché hanno smesso di chiedersi
qual è l’offerta migliore per sé, scordandosi che ci sono altre cose da prendere in considerazione oltre al
prezzo. Il prezzo stesso può essere usato come arma per risvegliare l’interesse del cliente negli attributi
dell’offerta e nei suoi benefici: stiamo cercando di rompere la routine nel processo di acquisto. 3 strategie
esempio per uscire da questi schemi:
struttura di prezzo per sottolineare il proprio vantaggio (prezza quello cui il cliente da valore, es. esplosivi)
Sovra-prezza deliberatamente per incuriosire (es. ascensori Kone)
Prezzo unico per spostare attenzione su altri aspetti (es. Swatch)

Price skimming (di scrematura) vs price penetration


Distribuzione e vendita

Fattori importanti nella vendita e distribuzione: prossimità, tempestività, selezione, prezzo e credito,
assistenza, servizio.

Il canale distributivo è l’insieme di intermediari commerciali non gestiti direttamente dal produttore che
intervengono nello svolgere le funzioni distributive necessarie per raggiungere il consumatore finale. Può
avere diverse lunghezze in base alla presenza o meno di altri attori:
diretto: filo diretto tra azienda e clienti
indiretto corto: c’è un dealer o un distributore
indiretto lungo: c’è un importatore, un distributore ed eventualmente un dealer
In base alla tipologia variano la copertura, il grado di controllo, il feedback ricevuto, i costi e gli investimenti.

Franchising: Il Franchising è il contratto fra due soggetti indipendenti in base al quale una parte concede
all'altra, verso corrispettivo, un insieme di diritti (come marchi, denominazioni, brevetti, know-how,
assistenza e consulenza, ecc.) inserendo l'affiliato in un sistema reticolare articolato sul territorio, allo scopo
di commercializzare beni o servizi.
Il franchisor sviluppa concept e format (mantiene IP), provvedendo conoscenza legislativa e di mercato
locale, sceglie i franchisee e li supporta, fornendo informazioni e prodotti/materiali. Riceve fee iniziale da
parte del franchisee e delle royalty fee/management fee.
Il franchisee gestisce il lavoro di ogni giorno e si cura della redditività dell’attività in modo da recuperare gli
investimenti. Ha un contratto in esclusiva per territorio/area di operatività per un certo periodo.

Distribuzione

Una medesima quota di mercato può essere


ottenuta con diverse combinazioni di quota
di penetrazione e ponderata, ovvero con
diverse strategie distributive.

La distribuzione odierna gestisce i suoi canali distributivi di fatto come fossero prodotti (es. PAM), ognuno
con il suo target specifico. Se l’azienda punta all’innovazione di prodotto e alla brand loyalty, il distributore
punta all’innovazione distributiva e alla store loyalty. Es. di innovazione distributiva = private label (es.
prodotti conad normali, bio, gourmet)
L’evoluzione di un distributore è un circolo virtuoso in cui:
Retailer guadagna forza  ottiene sconti dai fornitori  prezzi più bassi richiamano più clienti  creazione
di economie di scala  acquisizione catene più deboli  maggior quota di mercato

Strategia di multicanalità: il cliente può scegliere di interagire sul suo canale preferito. In un percorso
multichannel, nessuno dei canali è integrato. L'esperienza del cliente è confinata al canale con cui
interagisce in quel momento. Pertanto, sarà necessario creare un'esperienza coerente ma specifica per
ciascun canale. Es. cliente vede la pubblicità in metropolitana. Poi visita i social media per dare un'occhiata
e approda al negozio online. Quando decide di voler provare un prodotto, viene in negozio fisico.

In un percorso di acquisto omnichannel, grazie al collegamento tra diversi canali, gli acquirenti possono
iniziare il loro viaggio su un canale e concluderlo su un altro senza problemi. Es. il 61% dei consumatori
sarebbe più fedele a un rivenditore che consente di acquistare online ed effettuare i resi in negozio.

Trade marketing
Il trade marketing è l'applicazione delle tecniche di marketing indirizzate al distributore, per ottenere la sua
collaborazione e gestire meglio lo scambio con l’utilizzatore, sviluppando una politica di canale-cliente
coerente con gli obiettivi dell’azienda e della distribuzione. Si sviluppa con: assortimento mirato (portafoglio
prodotti, private label), supporti alla vendita (promozioni, coadvertising, merchandising) , servizio (logistica,
formazione), prezzi e condizioni (markup differenziati, condizioni pagamento, credito).
Ad esempio Coca Cola opera trade marketing: ha un’altissima copertura ma approccia ogni canale in modo
differenziato, per supportare il sell-in e il sell-out. Canali diversi per consumatori, occasioni di
acquisto/consumo e bisogni diversi

Di fatto l’approccio alla distribuzione moderna è passato dal vendere prodotti e marche ad acquistare
accessibilità ai target, visibilità, presenza sulla supply chain e supporto alla propria strategia di mktg.

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