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DELL’ASSOLUTISMO MONARCHICO”
Indice
1 Premessa --------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Università telematica Pegaso La crisi del diritto comune nella stagione
dell’assolutismo monarchico
1 Premessa
Cari studenti,
il corso di Storia del diritto medievale e moderno II, che si avvia con questa lezione, si
propone di approfondire alcune tematiche, solo in parte già oggetto di studio nella prima annualità,
fornendovi, degli eventi, una chiave di lettura critica, mai meramente descrittiva, capace di farvi
penetrare ancor di più nell’evoluzione della nostra esperienza giuridica, sin dalle soglie della
modernità. Nella formazione del giurista, lo studio della storia del diritto, non può che essere
finalizzato ad acquisire il senso di una prospettiva in cui l’attualità deve essere colta quale momento
finale di una complessa e secolare evoluzione che condiziona, anche al di là delle apparenze,
l’attualità.
In questo quadro, un’attenzione peculiare sarà rivolta a mostrare come, al di là
dell’immagine squisitamente tecnica della scienza del diritto, fortissimi ed intensissimi siano
sempre stati i collegamenti tra la dimensione giuridica e quella politica, in un quadro complessivo
in cui hanno svolto, e continuano a svolgere, un ruolo centrale i diversi fattori: economici, sociali e
religiosi. Il diritto, insomma, lungi dal vivere in una dimensione separata, è l’espressione di quanto
di più vivo possa nascere da una società e proprio su questo diritto, inteso come realtà in perenne
movimento, sarà necessario puntare la nostra attenzione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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poteva essere tollerato soltanto nell’ipotesi di lacuna nell’ordinamento giuridico e sempre qualora
ricorresse il contrasto con il nuovo diritto di derivazione statuale.
Naturalmente, le importanti innovazioni che, progressivamente e in misura sempre
crescente, si profilarono a partire dalla fine del XV secolo sul piano giuridico furono il frutto di un
nuovo e più maturo panorama costituzionale ed ordinamentale che determinò una nuova fisionomia
per l’Europa moderna.
Sul piano politico, la condizione in cui versava l’Europa alle soglie dell’età moderna era
estremamente complessa.
Nei territori dell’area austriaca e germanica, sopravvivevano le vestigia del Sacro Romano
Impero che, suddiviso al suo interno, in principati e città libere, era retto da un Imperatore nominato
da sette principi elettori.
Al di là dei confini dell’Impero, le grandi potenze accrescevano in misura sempre più
determinante il loro potere.
A partire dalla seconda metà del XV secolo, superata la guerra dei Cento anni (1337-1453),
la monarchia francese si era dimostrata sempre più impegnata a perseguire un progetto di
unificazione finalizzato, all’esterno, a rafforzare la propria autorità nei confronti delle altre potenze,
ed all’interno, a garantire l’autorità del Sovrano contro le pretese e le aspirazioni del potere feudale.
Anche l’Inghilterra, superata la guerra dei Cento anni e la depressione conseguita ai conflitti
civili durante la Guerra delle Due Rose (1455-1485), aveva cercato una propria stabilità. I Tudors
erano riusciti nell’intento di rafforzare lo Stato garantendo altresì l’espansione marittima,
commerciale ed industriale.
In Spagna il processo di unificazione nazionale aveva preso avvio da un evento di
straordinaria importanza: il matrimonio tra Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia aveva,
infatti, riunito le due Corone. Nella penisola iberica, prendeva corpo una tra le più importanti
potenze europee, intenzionata a realizzare senza mezzi termini un decisivo programma di
unificazione nazionale. Nel 1492 la presa di Granata, ultimo baluardo islamico, segnò la definitiva
cacciata dal suolo spagnolo degli arabi e, dunque, la definitiva affermazione del principio di unità
nazionale.
Ma, il processo di accentramento monarchico e di progressiva unificazione nazionale, in
essere nelle principali potenze europee, si poneva in aperta antitesi con la condizione di estrema
frammentarietà che ancora caratterizzava la penisola italica. Al nord, la Repubblica di Venezia e la
Repubblica di Genova erano caratterizzate da un governo di tipo oligarchico: l’amministrazione ed
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il controllo dello Stato erano affidati ad una ricca e prestigiosa nobiltà cittadina chiamata a ricoprire
ruoli di primissimo ordine nell’amministrazione dello Stato.
Sotto il governo della Corona Spagnola, si trovavano lo Stato di Milano, la Sicilia ed il
regno di Napoli. Il potere dei Savoia si era poi consolidato in Piemonte, dando luogo ad un governo
fortemente accentrato. A Firenze, la famiglia de’ Medici aveva, sin dai tempi di Cosimo I,
stabilizzato il proprio potere determinando altresì un processo di unificazione territoriale che aveva
consentito l’assoggettamento di alcune città comunali della Toscana, tra cui Siena e Lucca, che
erano rimaste così prive della loro secolare autonomia.
Nei territori della Chiesa, infine, il potere si era consolidato nelle mani del Pontefice, che,
anche a scapito degli altri corpi intermedi, aveva avocato a sé ogni potere sovrano.
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straordinaria spinta centrifuga, capace di agire con effetti dirompenti sul fondamentale piano
spirituale e religioso.
Fu, dunque, per effetto di questa complessa dinamica che si formarono le cd. Chiese
nazionali. Esse consentirono alle monarchie di radicarsi maggiormente sul territorio, fornendo il
cemento spirituale e culturale per la formazione dell’unità nazionale.
In questo quadro, nel 1438, in Francia, la Prammatica Sanzione di Bourges, emanata da
Carlo VII, sancì l’autonomia della Chiesa francese dalla Chiesa di Roma. Il cd. Gallicanesimo,
determinò, di fatto, l’emancipazione del Regno di Francia dal Papato. Rompendo una tradizione
millenaria, il Re di Francia sottrasse al Papato ed avocò definitivamente a sé la nomina diretta dei
Vescovi del proprio Regno. Il vincolo che continuava ad unire la Chiesa francese a quella romana
riguardava esclusivamente le questioni spirituali.
In Inghilterra, invece, effetti ancor più rilevanti ebbe il cd. Atto di supremazia, che nel 1534
determinò un vero e proprio scisma della Chiesa d’Inghilterra dalla Sede Apostolica Romana e la
definitiva nascita della Chiesa Anglicana. Del tutto separata da quella di Roma, la nuova Chiesa
faceva capo direttamente al Re e, per lui ad un vicario generale, l’Arcivescovo di Canterbury. Il
Sovrano avocava a sé ogni potere in materia spirituale: era in suo potere il reprimere, l’emendare, il
condannare, l’esaminare ogni sorta di abuso, errore o eresia fosse stata commessa in Inghilterra. Pur
restando invariati alcuni elementi tipici del credo cattolico, alcune sensibili innovazioni
riguardarono altresì la dottrina. L’abolizione del culto dei Santi e della Vergine Maria intervenne a
differenziare, anche sotto il profilo religioso e spirituale la nuova Chiesa.
L’esperienza francese e quella inglese rappresentano, pur con le sensibili differenze che le
caratterizzano, modelli di riferimento d’indiscutibile rilevanza. Esse assumono, infatti, valore
esemplificativo della transizione dalla visione universalistica religiosa di stampo medievale alla
diversa, e non meno complessa, dimensione statuale caratterizzata dalla centralità dell’esperienza
monarchica ed assolutistica: svolta epocale nel mondo, ed ancor più, nell’universo giuridico.
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In virtù della preparazione tecnico-legale, acquisita con gli studi giuridici, essi avocavano a
sé il potere di rinvenire ed interpretare le norme da applicare ai casi concreti e di emettere sentenze
che, frutto di una interpretazione ufficiale, divenivano espressione di una giustizia super partes, in
grado di soddisfare tanto gli interessi privati, quanto quelli di carattere pubblico.
E’ da sottolineare che i cd. Grandi Tribunali, oltre a svolgere funzioni propriamente
giudiziarie, svolgevano anche funzioni amministrative e di governo. A quelle stesse magistrature, in
quanto articolazioni dipendenti direttamente dal potere sovrano, erano demandati importanti
compiti in materia fiscale e di polizia. Il che concorre a far emergere in modo netto come si trattasse
di strutture politiche strettamente collegate e, per alcuni versi, dipendenti dal Sovrano.
In Europa, il Parlamento di Parigi fu uno dei più eminenti tribunali: l’emblema del forte
potere detenuto dai ‘legali’ nelle monarchie continentali d’antico regime. Custode, difensore ed
interprete delle ‘lois fondamentales’ della monarchia francese, estendeva le sue competenze ben
oltre il piano strettamente giudiziario. Il Parlamento di Parigi, infatti, non solo operava quale
tribunale ordinario, ma vantava la pretesa di rappresentare l’intero popolo, e quindi di intervenire in
tutti gli affari pubblici francesi.
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