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SOMMARIO: 1. Alle origini del dibattito italiano: il saggio di Pietro Rescigno – 2. La distin-
zione di Atienza e Ruiz Manero tra illeciti tipici e atipici – 3. I contributi di Giorgio
Pino in tema di abuso del diritto – 4. Il giuspositivismo ortodosso di Bruno Celano – 5.
Paolo Comanducci: abuso del diritto e attivismo dei giudici – 6. Il dibattito civilistico
sulla crisi della fattispecie
(*) Testo, annotato, della relazione presentata al Convegno “L’abuso del diritto: Si-
gnificato e valore di una tecnica argomentativa nei diversi settori dell’ordinamento”, organiz-
zato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Firenze, 11-12 febbraio 2016.
(1) P. RESCIGNO, L’abuso del diritto, in questa Rivista, 1965, I, pp. 205 ss., poi in ID.,
L’abuso del diritto, Bologna 1998, pp. 11-144.
(2) La constatazione è ricorrente nella letteratura sul tema. Cfr., per tutti, G. ALPA,
Appunti sul divieto dell’abuso del diritto in ambito comunitario e sui suoi riflessi negli
ordinamenti degli Stati Membri, in Contratto e impr., 2015, p. 247: “La formula è per sua
natura ambigua, sfuggente, e tuttavia necessaria, né si può bandire, come ha tentato di fare
qualche legislatore, perché è proprio come l’Araba fenice, più si cerca di esorcizzarla, più si
riafferma con vigore”.
sfuggente (3), dal momento che non è affatto semplice situare sbrigativa-
mente l’abuso nell’area dell’illecito.
Da un esame approfondito delle due principali posizioni ideologiche
sul tema, quella di origine cattolica e quella di origine socialista, l’analisi di
Rescigno fa emergere tutta una serie di distinzioni elaborate dalla dottrina,
come quella tra diritti – funzioni e diritti egoisti (4) o quella tra diritti
causali e non causali (o anche immotivati) (5). Ed è successivamente chia-
rita con efficacia la pre-condizione teorica di ogni discorso sull’abuso del
diritto, l’idea di un “consenso della comunità sociale” rispetto all’esercizio
dei diritti (6), che si trova necessariamente alla base di ogni prospettiva non
ristretta ed angusta di tale figura. Infatti, anche se tale figura nasce non
casualmente nel contesto del formalismo legale francese di origine codici-
stica e come reazione ad alcune sue insensatezze, il riconoscimento del-
l’esistenza di pratiche abusive non può legarsi a prospettive di tipo forma-
listico, ma si salda necessariamente a prospettive che chiamano in causa
aspetti teleologici degli atti giuridici. Sia con riferimento ad atti di auto-
nomia privata, sia con riguardo ad un “cattivo uso” di sfere di competenza
costituzionalmente definite, quando si parla di abuso del diritto si accen-
tua necessariamente il profilo finalistico.
In altre parole, l’apparente paradosso contenuto nella formula “abuso
del diritto”, si può sciogliere, almeno se si considera una delle figure più
rilevanti di abuso, quella di diritto soggettivo, solo in una prospettiva che
guardi al diritto soggettivo non come ad un fine in se stesso, ma come ad
un mezzo per realizzare un interesse più ampio.
Infine, un’originale chiave di lettura della dottrina sull’abuso del di-
ritto è individuata da Rescigno nel tentativo di reagire alla “progressiva
disumanizzazione del rapporto giuridico” (7), favorita dalle costruzioni di
tipo formalistico ispirate a Kelsen. Nel riconoscere che tale dottrina sul-
l’abuso si attaglia più agevolmente alla teoria dell’interesse che alla teoria
della volontà in tema di diritto soggettivo, e dunque nel ribadire la sua
adesione ad una prospettiva solidamente antiformalistica e antiletteralista,
Rescigno suggestivamente conclude che “nei suoi limiti e nella sua voca-
(3) Cfr. G. PALOMBELLA, L’abuso del diritto, del potere, del rule of law, in Id., Dopo la
certezza. Il diritto in equilibrio tra giustizia e democrazia, Bari 2006, p. 137.
(4) L’abuso del diritto, cit., p. 35.
(5) Ivi, p. 47.
(6) Ivi, p. 48.
(7) Ivi, p. 129.
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(12) Madrid 2000, trad. it. di V. Carnevale, Bologna 2004. Sul volume cfr. la recensione
di C. RESTIVO, in Europ. e d. priv., 2005, pp. 571-584 e gli interventi di L. Nivarra - F. D.
Busnelli - C. Castronovo - B. Celano - G. Corso, in Europ. e d. priv., 2006, pp. 1019-1093.
Degli stessi autori spagnoli è anche da vedere Rules and principles revisited, in Associations,
2000, vol. 4, pp. 147-156.
(13) Barcelona 1996.
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dei sistemi giuridici e alla natura delle norme. L’indagine di Atienza e Ruiz
Manera è esplicitamente finalizzata a costruire una teoria del diritto basata
su una struttura di duplice livello. Fin dalle prime pagine è fondamentale
infatti, nel loro approccio, la distinzione di origine dworkiniana – anche se
originalmente rielaborata dai due autori spagnoli, tra principi e regole: una
distinzione inizialmente ispirata in Dworkin da un intento polemico nei
confronti delle teorie classiche del giuspositivismo, da Austin a Kelsen a
Ross, ma soprattutto nei riguardi di The Concept of Law di Herbert Hart;
teorie che, appunto, avevano in comune la caratteristica di ignorare tale
distinzione e di considerare l’ordinamento giuridico come composto esclu-
sivamente da regole. In tal senso, il contributo degli autori spagnoli si
inquadra a pieno titolo nel ricchissimo dibattito suscitato dalle posizioni
di Dworkin e dalla controversia Hart-Dworkin in seno alla teoria del
diritto contemporanea, una controversia che tocca una delle questioni
filosofico-giuridiche più importanti, quella del rapporto tra diritto e mo-
rale. Dalla distinzione basilare tra principi e regole discende secondo
Atienza e Ruiz Manero quella più specifica tra illeciti tipici e atipici, desi-
gnandosi con i primi le condotte contrarie ad una regola imperativa e con i
secondi le condotte contrarie a principi imperativi. Dunque, il concetto di
illecito atipico si fonda sulla contrarietà non a regole, ma a principi. In altre
parole, mentre le regole possiedono un carattere perentorio, i principi non
hanno carattere perentorio: essi perciò debbono essere bilanciati con altre
ragioni. Proprio a questo livello si apre lo spazio per configurare gli illeciti
atipici che interessano la figura dell’abuso del diritto, trattandosi di atti che
sono bensı̀ conformi a regole di natura permissiva, ma contrari ad un
principio del sistema giuridico applicabile al caso specifico. In definitiva,
le azioni abusive sono prima facie consentite da una regola permissiva, ma
alla fine, considerati i principi che rideterminano la portata della regola
stessa, esse vengono proibite (14). La regola, che inizialmente risulta so-
vrainclusiva, per usare la terminologia di Friedrich Schauer (15), cioè dotata
di un ambito di applicazione più vasto, comprendendo casi che alla luce
della propria giustificazione non dovrebbe comprendere ed essendo perciò
sovradeterminata rispetto allo scopo e alle ragioni per cui il diritto è stato
(14) M. ATIENZA E J. RUIZ MANERO, Abuso del diritto e diritti fondamentali, in L’abuso
del diritto. Teoria, storia e ambiti disciplinari, cit., p. 33.
(15) F. SCHAUER, Playing by the Rules. A Philosophical Examination of Rule-Based
Decision Making in Law and in Life, Oxford 1991, trad. it. Le regole del gioco: un’analisi
filosofica delle decisioni prese secondo le regole nel diritto e nella vita quotidiana, Bologna
2000.
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attribuito, viene autocorretta sulla base delle esigenze, in quel caso speci-
fico di maggior peso, poste dai principi (16). In tal modo viene espressa,
secondo la terminologia filosofico-giuridica in uso nell’ultima parte del
Novecento, l’idea, basilare quando si affronta la tematica dell’abuso del
diritto, secondo cui un uso prima facie formalmente legittimo del diritto,
perché conseguente ad una valutazione giuridica positiva da parte di una
regola permissiva, può essere considerato ad un’analisi sostanziale più
approfondita illegittimo (17). L’analisi di Atienza e Ruiz Manero si conclu-
de con un tentativo di definizione di abuso del diritto – nodo sempre
quanto mai delicato, data l’elusività del tema – volto a ricostruire e so-
prattutto a generalizzare le modalità secondo cui esso opera.
(16) Questa tesi è vicina alla prospettiva di R. ALEXY, Concetto e validità del diritto,
Torino 1997, p. 73 ss.
(17) Cfr. A. GENTILI, L’abuso del diritto come argomento, in L’abuso del diritto. Teoria,
storia e ambiti disciplinari, a cura di V. Velluzzi, Pisa 2011, pp. 149 e 167, poi anche con il
medesimo titolo in questa Rivista, I, 2012, p. 297-331.
(18) G. PINO, L’esercizio del diritto soggettivo e i suoi limiti. Note a margine della
dottrina dell’abuso del diritto, in Ragion pratica, 24, giugno 2005, p. 169.
(19) G. PINO, Il diritto e il suo rovescio. Appunti sulla dottrina dell’abuso del diritto, in
R. crit. d. priv., 2004, 1, pp. 25-60; L’esercizio del diritto soggettivo e i suoi limiti. Note a
margine della dottrina dell’abuso del diritto, cit., pp. 161-180; L’abuso del diritto tra teoria e
dogmatica (Precauzioni per l’uso), in Eguaglianza, ragionevolezza e logica giuridica, a cura di
G. MANIACI, Milano 2006, pp. 115-175.
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(20) G. PINO, Il diritto e il suo rovescio. Appunti sulla dottrina dell’abuso del diritto cit.,
p. 55.
(21) Ivi, p. 56.
(22) B. CELANO, Principi, regole, autorità, in Europ. e d. priv., 2006, pp. 1061-1086.
(23) Principi, regole, autorità, cit., p. 1080.
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(26) L. CARRARO, Negozio in frode alla legge, Padova 1943; ID., Il valore attuale della
massima “Fraus omnia corrumpit”, in F. it., 1949, c. 782 ss. Su questa consapevolezza da
parte di Carraro del fatto che morale e diritto non operano su piani contrapposti, cfr. la
nostra relazione al Convegno di presentazione del volume Le prolusioni dei civilisti, in La
cultura del diritto civile. Studi della Società italiana degli studiosi di diritto civile, Napoli,
2012, in Contratto e impr., 2016, 31 ss.
(27) P. RESCIGNO, Appunti sulle clausole generali, in R. d. comm., 1988, I, pp. 1 ss., ma
cfr. anche V. VELLUZZI, le clausole generali. Semantica e politica del diritto, Milano 2010; R.
GUASTINI, Interpretare e argomentare, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano 2011, pp. 57 ss.; L.
MENGONI, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Id., Metodo e teoria giuridica, a
cura di C. CASTRONOVO - A. ALBANESE - A. NICOLUSSI, Milano 2011, pp. 165-178; U.
BRECCIA, Clausole generali e ruolo del giudice, in Id., Immagini del diritto privato, I, Teoria
generale, fonti, diritti, Torino 2013, pp. 193 ss.; S. PATTI, L’interpretazione delle clausole
generali, in questa Rivista, 2013, pp. 263-296.
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(33) Cfr. T. ENDICOTT, La generalità del diritto, trad. it. di V. BORTOLOTTI, Modena
2013, p. 45.
(34) In argomento, cfr. C. CARUSO, Ai confini dell’abuso del diritto: l’Hate Speech nella
giurisprudenza della corte europea dei diritti dell’uomo, in Lo strumento costituzionale del-
l’ordine pubblico europeo. Atti del Convegno internazionale di studi, Bologna 5 marzo 2010,
a cura di L.MEZZETTI e A. MORRONE, Torino 2011, pp. 339-352.
(35) J. ESSER, Grundsatz und Norm in der richterlichen Fortbildung des Privatrechts, 4.
Aufl., Tübingen 1990.
(36) Cfr. A. GENTILI, L’abuso del diritto come argomento, in L’abuso del diritto. Teoria,
storia e ambiti disciplinari, cit., p. 174.
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(37) N. IRTI, La crisi della fattispecie, in R. d. proc. civ., 2014, pp. 36-44; Calcolabilità
weberiana e crisi della fattispecie, in questa Rivista, 2014, pp. 987-991; Un diritto incalcola-
bile, in questa Rivista, 2015, pp. 11-22.
(38) La crisi della fattispecie, cit., p.44.
(39) Un diritto incalcolabile, cit., p. 13.
(40) La crisi della fattispecie, cit., p. 41.
(41) Ibidem.
(42) Un diritto incalcolabile, cit., p. 19.
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(43) Su cui il nostro La comprensione del diritto, Roma-Bari 2012, pp. 4 ss.
(44) N. LIPARI, I civilisti e la certezza del diritto, in “Ars interpretandi. Rivista di
ermeneutica giuridica”, IV, 2015, n. 2, pp. 55-76.
(45) I civilisti e la certezza, cit., p. 61.
(46) Ivi, pp. 61-62.
(47) Ivi, p. 63.
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peraltro alla luce di parametri non definiti” (48). Posizione, questa, nella
quale si riconosce che il richiamo all’abuso si risolve necessariamente in un
profilo di ponderazione degli interessi in gioco, ma si apre anche alla
necessità di spostare il processo applicativo del diritto sul terreno dell’ar-
gomentazione. La certezza, infatti, non è più pensabile come la caratteri-
stica propria di un oggetto predeterminato, di un catalogo finito e preco-
stituito di norme, ma va ripensata e continuamente ri-composta come il
risultato di operazioni interpretative, di una pratica sociale di natura argo-
mentativa, volta a governare il mondo dell’incertezza, che è fatto di scelte e
di valori (49).
Merita infine un cenno l’intervento autorevole di Antonino Cataudella,
Nota breve sulla fattispecie (50), che dopo aver richiamato suoi precedenti
scritti in argomento (51), critica con vigore il discorso di Irti sulla fattispe-
cie, sollevando dubbi consistenti sull’idoneità degli argomenti da lui ad-
dotti a sostenere la scomparsa della fattispecie (52).
Più in dettaglio, Cataudella riconosce che il discorso di Irti potrebbe
trovare spazio solo con riguardo alle norme costituzionali alle quali si
riconosca diretta operatività nell’ordinamento giuridico (53), ma non con
riguardo ad altre, numerose norme costituzionali (dall’art. 1 al 3 al 4
comma 1, al 9), non caratterizzate da diretta operatività. E negando che
la positivizzazione di valori presupponga necessariamente l’esistenza di un
ordinamento superiore di valori sostanziali, che giustificherebbe e sorreg-
gerebbe l’ordinamento giuridico, al modo della teoria giusnaturalistica –
con l’effetto peraltro di creare, aggiungiamo noi, un inaccettabile dualismo
all’interno del mondo giuridico – Cataudella conclude che la tesi di Irti per
cui “le norme si applicano”, mentre “i valori si realizzano” possieda un
tono assertivo più che argomentativo (54).
Ci avviamo verso la conclusione, osservando che non è un caso se la
nuova recentissima fortuna della tematica dell’abuso del diritto ha ride-
stato l’interesse di alcuni tra i più acuti studiosi di diritto positivo. Cogliere
tempestivamente come nelle nuove forme che questa antica discussione è