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Con la morte di Nerone ci sono tutti i presupposti per una nuova guerra civile in quanto senatori,
governatori di provincia, comandanti militari, ognuno forte del sostegno del proprio esercito, aspirava al
titolo di imperatore. L’esercito divenne in questo periodo l’arbitro delle designazioni imperiali.
La lotta per il potere durò un anno, al termine del quale prese il sopravvento Vespasiano. Questi proveniva
da Rieti ed era un uomo di origini modeste, entrato solo recentemente nell’ordine senatorio.
Nerone muore nel 68 d. C. e nel 69 inizia una grave crisi che durerà un anno nel quale combattono quattro
imperatori: GALBA, OTONE, VITELLIO, VESPASIANO. Il periodo verrà ricordato infatti dagli storici
come l’anno dei quattro imperatori. Il potere imperiale si sposta da Roma centro alle provincie e si
evidenzia come le legioni fossero diventate capaci di imporre il proprio volere. L’impero si trova adesso ad
un bivio.
Il primo a prendere il potere sarà:
Vespasiano venne proclamato imperatore l’1 luglio del 69 d.C. dal prefetto d’Egitto Tiberio Giulio
Alessandro, a cui seguì l’acclamazione dell’esercito in Giudea e delle legioni siriane e danubiane.
Mentre Vespasiano si reca in Egitto per rendersi arbitro del rifornimento granario di Roma, le legioni
danubiane e siriane marciano verso l’Italia dove, per la seconda volta a Bedriaco, sconfissero i seguaci di
Vitellio.
La lotta si protrasse fino a Roma con scontri violenti che provocarono danni ai monumenti (brucia il
Campidoglio). La battaglia inizia il 24 ottobre 69 a.C. = le legioni che avevano sostenuto Otone adesso
decidono di sostenere Vespasiano contro Vitellio, che il 14 dicembre venne definitivamente sconfitto e
ucciso.
Inizia così il principato di Vespasiano.
Il fatto che il nuovo imperatore avesse due figli era garanzia di stabilità per la successione e dunque per il
governo.
Come tutti i Flavi, anche Vespasiano, si distinguerà per un rigido impegno nell’amministrazione imperiale.
Il suo principato è caratterizzato da un processo di razionalizzazione dei poteri dell’imperatore e
consolidamento dell’Impero come istituzione.
Associa subito al figlio Tito l’appellativo di Cesare così da rendere chiara la volontà di dare all’Impero una
concezione dinastica.
Scrisse la LEX DE IMPERIO VESPASIANI (LE LEGGI DELL’IMPERO DI VESPASIANO): elenca i
compiti e i poteri assunti dai vari imperatori a partire da Augusto (ad esempio il Princeps ha la facoltà di
convocare il senato, avanzare e respingere le proposte, considerare i candidati per una magistratura; inoltre
il Princeps si riserva il diritto di poter fare qualunque cosa privata, o pubblica o divina, se utile al bene dello
stato).
Vespasiano dovette affrontare un forte deficit di bilancio, provocato dalle scelte sbagliate di Nerone: fu così
costretto ad incrementare le tasse e ad aggiungerne di nuove, tra queste la VICTIGAL URINAE ovvero la
tassa sull’urina poiché, quest’ultima, contenente ammoniaca, veniva usata peri processi di follatura -
processo che serviva per compattare i tessuti - delle vesti.
6. Fece edificare il Foro della Pace con i proventi della guerra giudaica che si concluse con Tito.
Quest’ultimo nel 70 d.C. distrusse il tempio di Gerusalemme. A testimoniare la grandezza di Tito a
Roma, ancora oggi, si può vedere l’arco di Tito.
7. Stabilizza i confini in Britannia; l’opera verrà portata a termine successivamente da Giulio Agricola,
militare e generale, attivo nel principato di Domiziano.
8. In Germania, Vespasiano annette gli AGRI DECUMATES (regione della provincia romana della
Germania superiore), lungo il corso del Reno e del Danubio, che andranno a costituire la base del
LIMES (confine) GERMANICO, fortificato da Domiziano. I vecchi stati cuscinetto diventavano
province romane e si passa a difendere la frontiera secondo una linea difensiva preclusiva; muta la
strategia perché l’obiettivo è ora contenere anche le cosiddette misure a bassa intensità di popolazione
esterna per tutelare l’intera estensione dell’impero; il Limes diventa confine invalicabile sorvegliato dai
soldati.
9. In Oriente creò nuove province al posto dei regni clientelari.
Tito si dimostrò meritevole del suo ruolo, prese dei provvedimenti che piacquero molto ai senatori, cacciò i
delatori (chi per lucro o per vendetta denuncia segretamente qualcuno) che appestavano i tribunali, spesso
accusavano i senatori di tradimento, ma Tito non accusò mai nessun senatore, non ne condannò nessuno a
morte o ne confiscò i beni.
Il mito di Tito si consolidò grazie ad una storia d’amore: si innamorò di una principessa di nome Berenice,
figlia del re di Giudea, Agrippa I; era una donna molto colta e
intelligente che usò la sua influenza sull’imperatore per
alleviare le sofferenze degli ebrei.
Il timore che Tito volesse sposare Berenice allarmò i senatori,
i quali rivedevano in lei la figura di Cleopatra. Quando salì al
trono decise di non sposarla e di rimandarla in Giudea,
prevalse il suo senso del dovere. Morì nell’81 d.C. a soli 42
anni per morte naturale (Febbre).