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LA DINASTIA FLAVIA

Con la morte di Nerone ci sono tutti i presupposti per una nuova guerra civile in quanto senatori,
governatori di provincia, comandanti militari, ognuno forte del sostegno del proprio esercito, aspirava al
titolo di imperatore. L’esercito divenne in questo periodo l’arbitro delle designazioni imperiali.
La lotta per il potere durò un anno, al termine del quale prese il sopravvento Vespasiano. Questi proveniva
da Rieti ed era un uomo di origini modeste, entrato solo recentemente nell’ordine senatorio.
Nerone muore nel 68 d. C. e nel 69 inizia una grave crisi che durerà un anno nel quale combattono quattro
imperatori: GALBA, OTONE, VITELLIO, VESPASIANO. Il periodo verrà ricordato infatti dagli storici
come l’anno dei quattro imperatori. Il potere imperiale si sposta da Roma centro alle provincie e si
evidenzia come le legioni fossero diventate capaci di imporre il proprio volere. L’impero si trova adesso ad
un bivio.
Il primo a prendere il potere sarà:

SERVIO SULPICIO GALBA (3 a. C. - 69 d.C.)

Anziano senatore che governava la Spagna Terraconense


(Spagna del nord-est). Furono i suoi soldati a proclamarlo
imperatore ma Galba si oppose preferendo conquistare prima la
fiducia dei senatori, oppositori di Nerone, e dei pretoriani.
Quando il prefetto del pretorio Ninfido Sabino abbandonò
Nerone il momento sembrò propizio e Galba rientrò a Roma,
sventando il tentativo di Sabino di usurpare al principato.
Sabino si pronunciò a favore di Galba, sperando che quest’ultimo lo mettesse a capo delle guardie
pretoriane. Galba nominò però come prefetto del pretorio Cornelio Lacone, distruggendo i sogni di Sabino
di poter essere prefetto a vita senza collega. Sabino decise così di dichiararsi legittimo erede al trono in
quanto figlio illegittimo di Caligola; i pretoriani, per il momento ancora sostenitori di Galba lo
assassinarono.
L’occasione propizia non consentì a Galba di conquistarsi la popolarità necessaria e i giusti appoggi per
mantenere il potere; inoltre non rispettò il donativo di 30mila sesterzi da dare alle guardie pretoriane.
Galba volle successivamente ristabilire la libertas senatoria, rendendosi così inviso a plebe ed esercito per i
tagli che fu costretto ad operare per tamponare la crisi finanziaria creatasi sotto Nerone. L’ultima mossa
sbagliata fu adottare Pisone appartenente all’ordine senatorio e poco simpatico ai soldati, soprattutto ad
Otone, giovane governatore di Lusitania, antica regione della penisola iberica. Il popolo voleva Otone come
imperatore e Galba venne ucciso brutalmente da popolo e esercito dopo soli sei mesi di principato.

MARCO SALVIO OTONE (32 - 69 d.C.)

Governatore della Lusitania, nell’attuale Portogallo, salì al potere grazie alle


legioni del Danubio. Era amico d’infanzia di Nerone e primo marito di
Poppea. Era popolare fra i pretoriani e il ceto equestre.
Dopo l’uccisione di Galba il senato gli affidò le provincie danubiane e
l’Oriente, proclamandolo imperatore nel 15 gennaio 69 d.C., governò fino
all’Aprile del 69 d.C. quando venne sconfitto da Vitellio. Questo scontro
dimostrerà l’enorme potere delle legioni che possono nominare ora
imperatore un loro capo.

AULO VITELLIO GERMANICO (15 - 69 d.C.)

Le legioni sul Reno, non riconoscendo l’autorità di Otone, proclamarono imperatore il


legato (ambasciatore) della Germania inferiore: Vitellio. Era un senatore di rango consolare
che aveva rivestito, sotto i Giulio-Claudi, dei ruoli molto importanti.
Ben presto Germania, Rezia (Raetia corrisponde circa all’attuale Svizzera), Gallia e Spagna
lo appoggiarono. Scoppiò così una guerra civile tra Vitellio e Otone che si risolse con la
battaglia di Bedriaco, presso Cremona, che vede vincitore Vitellio su Otone, il quale si
suicidò appena preso atto della sconfitta. Fu allora che Vitellio venne proclamato
imperatore.
Quest’ultimo aveva però contro i soldati di Otone e faticava a mantenere la disciplina fra i
suoi uomini che diedero il via a saccheggi e devastazioni: insorse una ribellione e Vitellio
venne assassinato in una rivolta organizzata dai soldati e dalla plebe.

TITO FLAVIO VESPASIANO ( 9 - 79 d. C)

Apparteneva ad una famiglia italica di Rieti. Il padre era pubblicano


(ovvero appaltatore dei tributi) dell’ordine equestre e, sotto Tiberio, era
entrato in Senato.
Nel 66 d.C. Nerone lo aveva mandato in Giudea a sedare una rivolta con
tre legioni, riconoscendo così le sue grandi doti militari.
Svetonio ci racconta in un libro le sue umili origini: il padre, nato a Rieti, era un centurione veterano di
Falsalo (battaglia di Farsalo: combattuta nel 48 a.C. tra Cesare, a capo dei popolares e Pompeo capo degli
optimates, vince Cesare ma lui aveva combattuto per Pompeo), che, avendo combattuto dalla parte sbagliata,
ottenuto il perdono e il congedo esercitò il mestiere di esattore nelle vendite all’asta. La madre invece
proveniva da una famiglia equestre più agiata.

Vespasiano venne proclamato imperatore l’1 luglio del 69 d.C. dal prefetto d’Egitto Tiberio Giulio
Alessandro, a cui seguì l’acclamazione dell’esercito in Giudea e delle legioni siriane e danubiane.
Mentre Vespasiano si reca in Egitto per rendersi arbitro del rifornimento granario di Roma, le legioni
danubiane e siriane marciano verso l’Italia dove, per la seconda volta a Bedriaco, sconfissero i seguaci di
Vitellio.
La lotta si protrasse fino a Roma con scontri violenti che provocarono danni ai monumenti (brucia il
Campidoglio). La battaglia inizia il 24 ottobre 69 a.C. = le legioni che avevano sostenuto Otone adesso
decidono di sostenere Vespasiano contro Vitellio, che il 14 dicembre venne definitivamente sconfitto e
ucciso.
Inizia così il principato di Vespasiano.
Il fatto che il nuovo imperatore avesse due figli era garanzia di stabilità per la successione e dunque per il
governo.

Come tutti i Flavi, anche Vespasiano, si distinguerà per un rigido impegno nell’amministrazione imperiale.
Il suo principato è caratterizzato da un processo di razionalizzazione dei poteri dell’imperatore e
consolidamento dell’Impero come istituzione.
Associa subito al figlio Tito l’appellativo di Cesare così da rendere chiara la volontà di dare all’Impero una
concezione dinastica.
Scrisse la LEX DE IMPERIO VESPASIANI (LE LEGGI DELL’IMPERO DI VESPASIANO): elenca i
compiti e i poteri assunti dai vari imperatori a partire da Augusto (ad esempio il Princeps ha la facoltà di
convocare il senato, avanzare e respingere le proposte, considerare i candidati per una magistratura; inoltre
il Princeps si riserva il diritto di poter fare qualunque cosa privata, o pubblica o divina, se utile al bene dello
stato).

Vespasiano dovette affrontare un forte deficit di bilancio, provocato dalle scelte sbagliate di Nerone: fu così
costretto ad incrementare le tasse e ad aggiungerne di nuove, tra queste la VICTIGAL URINAE ovvero la
tassa sull’urina poiché, quest’ultima, contenente ammoniaca, veniva usata peri processi di follatura -
processo che serviva per compattare i tessuti - delle vesti.

Prese vari provvedimenti:

1. Alcuni uffici della burocrazia vennero tolti ai liberti e dati ai cavalieri.


2. Estese la cittadinanza romana: con i nuovi cittadini più persone dovevano pagare le tasse, rimpolpando
così le casse dello Stato.
3. Reclutò spesso i legionari proprio dalle province, per accrescere il numero dei soldati nell’esercito.
4. Ricostruì il Campidoglio.
5. Iniziò i lavori del Colosseo, terminati sotto Tito.

6. Fece edificare il Foro della Pace con i proventi della guerra giudaica che si concluse con Tito.
Quest’ultimo nel 70 d.C. distrusse il tempio di Gerusalemme. A testimoniare la grandezza di Tito a
Roma, ancora oggi, si può vedere l’arco di Tito.
7. Stabilizza i confini in Britannia; l’opera verrà portata a termine successivamente da Giulio Agricola,
militare e generale, attivo nel principato di Domiziano.
8. In Germania, Vespasiano annette gli AGRI DECUMATES (regione della provincia romana della
Germania superiore), lungo il corso del Reno e del Danubio, che andranno a costituire la base del
LIMES (confine) GERMANICO, fortificato da Domiziano. I vecchi stati cuscinetto diventavano
province romane e si passa a difendere la frontiera secondo una linea difensiva preclusiva; muta la
strategia perché l’obiettivo è ora contenere anche le cosiddette misure a bassa intensità di popolazione
esterna per tutelare l’intera estensione dell’impero; il Limes diventa confine invalicabile sorvegliato dai
soldati.
9. In Oriente creò nuove province al posto dei regni clientelari.

Muore nel 79 d.C. di morte naturale.

TITO FLAVIO CESARE VESPASIANO AUGUSTO 39 - 81 d.C.

Aveva ricoperto svariate magistrature durante il principato del padre


Vespasiano, tra cui magistrato consolare, la censura e la carica di prefetto del
pretorio e dal 71 d.C. aveva ricevuto un Imperium proconsolare (controllo delle
province), la potestà tribunizia, non che il titolo di Augusto e di Pater Patriae.
Il suo regno fu breve ma è ricordato positivamente dalla storiografia.
Il suo principato fu caratterizzato da catastrofi naturali come l’eruzione del Vesuvio, che portò alla
distruzione di Pompei e Ercolano. Tito collaborò di sua tasca per finanziare l’opera di ricostruzione delle
zone distrutte. Successivamente portò a termine la costruzione dell’Anfiteatro Flavio o Colosseo, al quale
seguirono feste e giochi per l’inaugurazione.
A differenza dei suoi predecessori che prima di diventare imperatori
sono buoni, per lui accadrà il contrario. Svetonio ci racconta di come
Tito non fosse ben voluto dai politici romani che conoscevano alcuni
lati poco piacevoli del suo carattere. Quando fu prefetto del pretorio
esercitò il potere in modo crudele e spietato, tuttavia fu un imperatore
imparziale e giusto.
Divenne imperatore dopo aver conquistato la città di Gerusalemme.
La provincia della Giudea era una provincia irrequieta (la prima rivolta
fu sotto Nerone nel 66 d.C.). Racconta la guerra FLAVIO
GIUSEPPE: Gerusalemme cadde nel 70 d.C. venne incendiata e rasa
quasi completamente al suolo; Vespasiano e Tito celebrarono la
vittoria insieme, riportata nei bassorilievi dell’arco di Tito.
Data la distruzione del tempio di Gerusalemme, caro agli ebrei, furono considerati da alcuni come i nazisti
della prima ora: in realtà i romani non furono mai razzisti, non diedero mai vita a vere e proprie
persecuzioni, come accadrà già a partire dal medioevo. La razza per
loro non era un ostacolo, né tantomeno il colore della pelle (i neri, che i
romani chiamavano etiopi ricoprivano molti ruoli all’interno della
magistratura). Avevano una mentalità aperta, la loro unica
discriminazione era tra liberi e schiavi.
Per gli ebrei il discorso era diverso perché erano un’etnia differente,
che seguiva una religione monoteista e spesso, soprattutto per questo
motivo, venivano percepiti come un corpo estraneo dalla società
proprio perché loro per primi tendevano ad isolarsi. I romani però
apprezzavano della religione ebraica le antichissime origini
(fondamentale per i romani che avevano il culto dell’antichità e che,
proprio per questo, consideravano negativa la neonata religione
cristiana). Il rapporto tra romani ed ebrei sfociava talvolta in
espressioni di violenza causati da invidie sociali: gli ebrei erano molto
ricchi sia in occidente sia in oriente e questo portava gli antichi a
giudicarli negativamente; non vennero mai considerati comunque una
vera minaccia per l’impero. Le rivolte in terra giudaica furono molto
violente solo perché i romani dovettero sedare le rivolte nelle zone a rischio.

Tito si dimostrò meritevole del suo ruolo, prese dei provvedimenti che piacquero molto ai senatori, cacciò i
delatori (chi per lucro o per vendetta denuncia segretamente qualcuno) che appestavano i tribunali, spesso
accusavano i senatori di tradimento, ma Tito non accusò mai nessun senatore, non ne condannò nessuno a
morte o ne confiscò i beni.

Il mito di Tito si consolidò grazie ad una storia d’amore: si innamorò di una principessa di nome Berenice,
figlia del re di Giudea, Agrippa I; era una donna molto colta e
intelligente che usò la sua influenza sull’imperatore per
alleviare le sofferenze degli ebrei.
Il timore che Tito volesse sposare Berenice allarmò i senatori,
i quali rivedevano in lei la figura di Cleopatra. Quando salì al
trono decise di non sposarla e di rimandarla in Giudea,
prevalse il suo senso del dovere. Morì nell’81 d.C. a soli 42
anni per morte naturale (Febbre).

TITO FLAVIO DOMIZIANO (51 - 96 D. C.)


Il suo principato è caratterizzato da uno stile di governo
autocratico, inviso al senato, anche se prese provvedimenti
positivi soprattutto in ambito burocratico: fece interventi
sulle province per arginare la corruzione. I burocrati
diventarono gli esponenti del ceto equestre, al posto dei
liberti di Claudio, poco affidabili.
In politica estera puntò sulla difesa delle frontiere piuttosto che sull’espansione: gli accampamenti di difesa
erano collegati da strade così il LIMES divenne il confine artificiale creato dagli eserciti romani e non più il
confine naturale. Civilizzò i popoli della Britannia facendo loro usare e adottare i costumi romani: Giulio
Agricola fece crescere talmente tanto la Britannia che Domiziano fu costretto a
farlo rientrare in patria spaventato dai suoi successi. Uno degli avvenimenti più
importanti sotto il suo principato fu la questione della Dacia e lo scontro con
Decebalo (ultimo sovrano della Dacia).
Decebalo aveva unificato le varie tribù della Dacia in una unica e aveva dato il via
a delle incursioni in territorio romano. La prima campagna romana non ebbe
successo; la seconda, guidata proprio da Domiziano, non portò risultati
definitivi a causa di una rivolta nella Germania Superiore; qui il governatore
legato della provincia, Lucio Antonio Saturnino, venne proclamato imperatore
dalle sue legione. L’imperatore fu così costretto a firmare una pace provvisoria
favorevole soprattutto a Decebalo, il quale mantenne tutte le sue terre e inoltre
ottenne anche una specie di sussidio in denaro, accettando però in cambio di
diventare re cliente dei romani.
Saturnino, mentre Domiziano è impegnato in Dacia, cerca di usurpare il trono
con l’aiuto di due legioni. La ribellione venne subito soffocata grazie
all’intervento del governatore della vicina Germania Inferiore, Lappio Massimo e dal comandante della
legione spagnola, il futuro imperatore Traiano. Saturnino venne ucciso, ma questa storia fece cadere
Domiziano nel panico più assoluto: perse la testa e diede il via ad una serie di persecuzioni feroci, atte a
togliersi di mezzo potenziali nemici. Iniziò a percepire anche la minaccia del cristianesimo e pretendeva di
essere chiamato Dominus et Deus.
Il cugino Flavio Clemente, cristiano e suo oppositore, venne giustiziato insieme ad altri martiri. Tentò di
riconquistare la fiducia dei senatori ma non ci riuscì e cadde vittima di una congiura. È ricordato
negativamente dalla storiografia. Fu vittima della Damnatio memoriae: ogni segno del suo passaggio a Roma
venne cancellato, come se non fosse mai esistito.
Chiude la dinastia Flavia, gli succederà Nerva.

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