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Santi Romano - Sui decreti legge e lo stato d’assedio in occasione del terremoto di

Messina e Reggio Calabria

Santi Romano nel 1909 era un prestigiosissimo professore di diritto pubblico e sotto il fascismo diventò
Presidente del Consiglio di Stato.

Il terremoto di Messina e Reggio Calabria del maggio del 1909 fu il più grande disastro naturale della storia
europea.

Il 28/12/1908 ci fu un terremoto nello stretto di Messina al settimo grado della scala, dove morì metà della
popolazione di Messina e ⅓ della popolazione di Reggio Calabria. Messina fu rasa al suolo e molte persone
morirono anche per il freddo.

Il Presidente Giolitti sottovalutò la gravità della situazione. Le prime notizie del disastro si hanno da una nave
che manda un telegramma al governo e solo la sera il Consiglio dei Ministri si riunisce.
Inoltre, i soccorsi arrivarono tardi e i primi ad arrivare furono delle navi russe ed inglesi e solo per ultimo quelle
italiane.

Per la prima volta in Italia e in Europa venne dichiarato lo stato d’assedio per disastro naturale.
Nello statuto albertino c’era una fattispecie giuridica per affrontare una crisi e questa consisteva nel
rafforzamento delle misure esecutive locali al prefetto, un rafforzamento dei poteri locali e dei dispositivi di
ordine pubblico di fronte al progetto, con la sospensione di garanzia di legge, ma non necessariamente della
costituzione.
La logistica era complicata: servivano pieni poteri alle autorità locali e al prefetto. La situazione era di estremo
pericolo per cui gli ordinamento non avevano una casella adatta, l’unica era costituita dallo stato d’assedio.

Santi Romano si domanda se questa estensione dello stato d’assedio sia legittima e giustificabile e cosa
questa abbia comportato nella pratica. Il punto della sua riflessione è volto a capire come si regoli qualcosa
per cui non si hanno concetti e categorie giuridiche. Bisogna trovare categorie per qualcosa che fino a quel
momento non le aveva perché difficile da dare forma concettuale.
Santi Romano ritiene che lo stato d’assedio può essere bellico o civile.

pag 252: nello statuto albertino lo stato d’assedio è limitato all’identificazione di certi attori, quindi esso può
darsi solo quando si presentino certi soggetti.
Romano dice che finora lo stato d’assedio veniva ricondotto a sommosse popolari.
Quindi la domanda è se lo stato d’assedio possa darsi anche per casi d’ordine naturale e non solo in caso
d’attacco, e se sia dia solo post factum o anche in modo preventivo.

pag 253: l’argomento dell’ipotesi estensiva dello stato d’assedio ritiene che lo stato d’assedio deve essere
ampliato da situazioni belliche ad anche quelle civili perché in entrambi i casi si dà la stessa necessità e cioè
quella di ripristinare i pubblici poteri che in tempi eccezionali sono più necessari che in tempi normali, perché si
tratta di dover ottenere certi obiettivi più necessari nelle emergenze e perché non c’è sostituto dei servizi
pubblici. In caso di catastrofe naturale se crolla l’ordine non ne nasce un altro, se crolla un sistema di
approvvigionamento non se se ne dà un altro, e lo stato non può essere sostituito.

Dichiarando lo stato d’assedio in caso di catastrofe naturale ci si può chiedere se lo stato fosse d’intento
eversore perché lo statuto albertino non regolava lo stato d’assedio per motivi civili. Ci si può chiedere se il
governo sia andato oltre le sue competenze di legge, facendo finta che le regole di uno stato civile d’assedio
andassero bene per quella condizione.
Tutti i commentatori di quell’evento avevano negato la possibilità di giustificare l’azione del governo per
analogia con casi d'assedio bellico, in cui si è pensato dato che non ci si era mai trovati di fronte a una
catastrofe naturale del genere, regoliamo la catastrofe naturale come se ci trovassimo davanti a delle
sommosse, per cui lo Statuto albertino prevedeva lo stato d’assedio. Ma la giurisprudenza ai tempi aveva
negato la legittimità di questa analogia.

pag 254: lo stato di guerra non è lo stato d’assedio dal punto di vista giuridico-formale, anche se nella
sostanza sono la stessa cosa, o comunque molto simili.
Lo stato d’assedio aveva a che fare con le rivolte interne, lo stato di guerra con i nemici esteri, quindi questi
non sono uguali, eppure si è considerato che gli effetti di questi fossero uguali. La distinzione tra stato
d’assedio e stato di guerra è una distinzione puramente formale, si è distinta la provenienza della minaccia
dello stato. Questi sono uguali perché danno le stesse regolazioni.
Romano fa una premessa metodologica in cui afferma che l’ordinamento è elastica, quando vuole unisce o
separa elementi. Forma e contenuto nel diritto non sono rigidi, ma è il diritto che dice cosa esiste o non esiste
giuridicamente indipendentemente dalla natura. Il diritto dice che qualcosa esiste o non esiste in forme che
nella realtà sono irriducibili (finzione giuridica). Il diritto è una seconda definizione del reale, qualcosa esiste in
natura e qualcos’altro nel diritto, ma non è detto che tra queste due ci sia identità.

L’ordinamento è molto più elastico di quanto un approccio formalistico vorrebbe far credere.

Quindi per Romano ciò significa e testimonia che l’ordinamento è elastico, e per la stessa elasticità la
catastrofe naturale può rientrare nella fattispecie dello stato d’assedio anche se essi sono di fatti diversi.

E’ ovvio che l’eccezione non possa rientrare nella regola, altrimenti l’eccezione non sarebbe più tale e non si
darebbe più la distinzione tra regola ed eccezione, ma che una norma eccezionale non possa riferirsi ad altre
situazioni sempre eccezionali va dimostrato. Si può dare una norma eccezionale che si riferisce ad un caso
diverso da quello che la norma ha in mente, che è sempre eccezionale. La norma eccezionale può estendersi
a un altro caso eccezionale per cui non era stata prevista inizialmente. La norma ha già a che fare con
situazioni eccezionali, non è una forzatura ma un’estensione. L’eccezionalità può essere la stessa anche per
casi diversi, e quindi può valere la stessa norma eccezionale.

La possibilità di estendere la norma eccezionale a più casi dipende non dall’analogia ma dalla necessità, e
quindi il corso d’azione che si persegue in caso di necessità non deve essere giustificato perché la necessità
impone e costringe ad alcuni comportamenti, ed uno stato di necessità è una situazione in cui non ci si può
comportare altrimenti, è una situazione in cui le norme riconoscono che non c’è ulteriore normabilità.

pag 256: Romano si confronta con il giurista Ranelletti, per cui la necessità è un fatto giuridico che giustifica lo
stato d’eccezione, ed è proprio al concetto di necessità che dobbiamo richiamarci per permettere l’analogia tra
stato militare e d’assedio, quando si deve valutare l’estensione dello stato d’assedio a situazioni civili. Non c’è
altra giustificazione se non quella della necessità, dove si viola la norma perché non si può fare altrimenti. Lo
stato di necessità è la situazione in cui un soggetto per difendere un proprio diritto non può non ledere quello
altrui. Il caso emblematico è quello della legittima difesa dove si uccide per non venir ucciso.

Romano non è d’accordo con la tesi di Ranelletti anzitutto perché lo stato di necessità sarebbe poco
determinato se visto così, come legittima difesa. Lo stato d’assedio è diverso dal caso di legittima difesa e non
rientra in questa definizione, perché nello stato d’assedio le misure prese dal governo coinvolgono persone
che non hanno causato quella situazione, che non hanno alcuna responsabilità. Nello stato di necessità è
sempre un soggetto la causa. Nello stato d’assedio la situazione è molto più generale e quindi l’accostamento
allo stato di necessità non regge. La necessità quindi non può giustificare l’estensione dello stato d’assedio.

Porre lo stato d’assedio come conflitto tra diritti individuali e garanzie dello stato è fuorviante perché ciò è una
questione secondaria. La collisione non è originaria ma è la conseguenza di un’altra collisione più originaria.
Lo stato d’assedio è originato dalla impossibilità di applicare le regole pensate per una situazione di normalità
e il bisogno di emanarne delle nuove per riportare la situazione eccezionale alla normalità.
pag 257: Romano come Schmitt ritiene che ci sono delle circostanze in cui le norme che regolavano la vita
normale non bastano e anzi c’è bisogno di crearne di nuove. Questa necessità di sostituire la norma e le
regole è all’origine del conflitto: per ritornare a rendere normale la vita dello stato servono altre norme.
L’estensione dello stato d’assedio a circostanze civili sta o cade con la dimostrazione che lo stato deve trovare
nuove norme per riportare la normalità.

Con stato d’eccezione perciò si deve intendere non la sospensione di alcune norme, ma di tutto l’ordinamento:
per garantire dei diritti individuali serve un ordinamento, quindi far valere quei diritti contro l’ordinamento non
ha senso perché essi esistono in quanto difesi dall’ordinamento stesso.

pag 258: si può dimostrare per un’altra via che la necessità non sia una giustificazione affidabile per le misure
eccezionali né per l’estensione dei diritti perché non c’è necessità se si possono fare due cose opposte.

Tolta la necessità restano due posizioni da analizzare:

1) chi nega che sia un problema giuridico estendere lo stato d’assedio perché regolare circostanze eccezionali
nell’ordinamento, rischia che esso venga delegittimato dai fatti e il diritto si impelagherebbe in un ginepraio da
cui ne uscirebbe solo stravolto e quindi il diritto si deve tenere fuori dal regolare situazioni eccezionali. Le
circostanze eccezionali non sono di rilievo giuridico e in queste circostanze il diritto deve solo sperare di non
crollare.

2) quella di chi pur non ammettendo la necessità ritiene che la necessità esista ma come fatto e non come
categoria giuridica e quindi non si può ignorarla ma nemmeno pretendere di regolarla giuridicamente. La
necessità non la si riconosce come interna ma come esterna.

Abbiamo quindi tre prospettive:


1) la necessità esiste ed ha rilevanza nell’ordinamento determinando l’estensione dello stato d’assedio e delle
misure eccezionali
2) la necessità non esiste giuridicamente e il diritto non se ne deve occupare
3) la necessità esiste di fatto e non va ignorata ma non può rientrare nel diritto

Romano non condivide tutte e tre le tesi poiché esse sono diverse nella forma ma di fatto, materialmente sono
tutte uguali, poiché inefficaci. Romano sa benissimo che il diritto deve primariamente regolare efficacemente i
rapporti tra gli individui in una comunità in modo tale da tenere basso il tasso di violenza sotto una certa soglia.

pag 259: è sensato normare lo stato d’eccezione? oppure l’eccezione non pertiene all’ordinamento e quindi
quando si verifica ci si regola come viene?

Con il pretesto della necessità, dice Romano, si insinua l’arbitrio dell’esecutivo, il governo, laddove ci
dovrebbero essere norme. In questo modo il potere del governo diviene irregolato.

Se lo stato di diritto serve a regolare i poteri, lasciare carta bianca all’esecutivo significa venir meno al proprio
ruolo, sarebbe un potere irregolato che è l’esatto contrario del diritto.

Se il diritto non concede certi poteri può comunque accadere che ad esempio il governo se li prenda, quindi si
deve cercare di regolare il più possibile per ridurre il potere arbitrario quando questo si esercita. Se il diritto
sceglie di non regolare si prende la responsabilità dell’arbitrio irrefrenabile.
L’argomento di Romano è a favore della normazione dello stato d’eccezione ed è quello per cui se il diritto fa
finta che questi poteri non ci siano, non è che nei fatti essi non ci siano davvero. L’esecutivo comunque il
potere se lo prende perché c’è necessità, che non ha legge e non si può regolare. Infatti l’eccezione non si
può prevedere perché altrimenti non sarebbe eccezione ma solo emergenza prevista. L’eccezione è qualcosa
di talmente improvviso che riesce ad essere gestita dall’ordinamento. La necessità non ha legge ma la fa, la
impone. Prima delle leggi c’è la necessità: ogni legge risale gerarchicamente alla costituzione, ma prima della
costituzione c’è un contesto storico ad esempio, e quindi un fatto, una contingenza. C’è una gerarchia di
autorizzazioni che risale alla costituzione, e Romano afferma che ciò che precede la costituzione è la
necessità.
La necessità è il fatto che c’è stato un evento e non un altro che ha generato quella costituzione. Il secondo
senso di intendere la necessità in Romano è che la necessità è ciò che una certa comunità politica ha voluto e
ritenuto buono in quel momento per lei.

pag 261: che differenza c’è tra necessità e consuetudine? entrambe sono rese effettive per opera di forze
sociali, ma la necessità fa determinare norme più efficaci ed energiche, mentre la consuetudine è una prassi
adottata per un certo tempo fino a quando questa non diviene riconoscibile. La consuetudine richiede tempo,
mentre la necessità sorge, erompe in modo subitaneo. La necessità è un comando pratico che si impone, ma
Romano la ricomprende nel diritto positivo perché essa viene esercitata dagli organi dello stato attraverso
leggi positive, quindi essa è all’origine del diritto, ma poi è anche fatta valere dalle leggi.

pag 261: lo stato d’eccezione non è eversione perché sospende l’ordinamento solo per poter permettere
nuovamente la sua efficacia e il ristabilimento della normalità in cui vale la legge sospesa.

Romano non ha la visione eccezionalista di Schmitt in Teologia politica, quindi la giustificazione della
sospensione della legge nell’eccezione è quella per cui chi attua l’iniziativa per superare l’eccezione sono
organi statali previsti e interni all’ordinamento e non è un sovrano qualunque che decide. In ogni caso non è
previsto che questo potere sia quello preposto a gestire l’eccezione, quindi in teoria è contra legem, non c’è
una legge che decide chi si occupa dell’eccezione non normata, ma la necessità, che sta all’origine del diritto e
può dar luogo a provvedimenti giuridici anche quando questi siano contrari alla legge scritta.
Schmitt dice in Teologia politica che per l’eccezione si può dire solo chi la deve gestire e nient’altro, Romano
invece ritiene che non dobbiamo fissare limiti e non serve nemmeno spiegare e definire qual è la personalità
adatta per risolvere e superare l’eccezione (come invece Schmitt definisce il sovrano in Teologia Politica),
perché la necessità, cioè la contingenza del caso, è in grado di risolversi da sé concesso però che questa
risoluzione ricada nelle mani degli organi dello stato.

pag 263: Romano non esclude la necessità nel caso in cui la legge ha normato una certa competenza perché
non si può escludere la necessità anche nei casi regolati dalla legge, perché i poteri che dà il legislatori
possono sempre rivelarsi insufficienti.

pag 264: il parlamento in questo che ruolo ha? il parlamento, il legislativo, ha dei limiti nella sua azione
nell’esecuzione? Romano dice che l’iniziativa esecutiva deve essere approvata dal parlamento, il quale deve
riconoscere quella necessità.

pag 266: Santi Romano pretende che il Parlamento si esprima comunque e se non lo fa è un problema, è una
non-soluzione, che richiama la necessità di trovare una soluzione, in quanto non può esserci arbitrio puro
perché altrimenti quella situazione non è più uno stato d’eccezione.

pag 267: i poteri eccezionali diventano sciolti da tutto il resto dell’ordinamento. Non c’è da preoccuparsi da chi
non vede la distinzione tra poteri eccezionali e poteri ordinari.

Il sistema rappresentativo non si può prescindere senza ferirlo a morte, si deve rientrare nella legalità quando
termina l’eccezione. Questa temporaneità è messa al decisore dello stato d’eccezione.
Non c’è un articolo nello statuto albertino che regoli la situazione dopo lo stato d’eccezione, non c’è neppure
un ancoraggio tecnico.
Santi Romano non pensa che sia un grande problema la necessità. Va fatta pendere la bilancia ancora di più
dalla parte del governo. Anche se il parlamento potesse gestire e esprimersi sull’eccezione, le azioni di
governo non sono da escludere. L’esecutivo vede la necessità meglio del parlamento e ha il passo d’azione
più delle camere. E poi, chi dice che il parlamento non prolunghi lo stato d’eccezione in forme più arbitrarie
rispetto a come farebbe il governo? Il parlamento è tale per cui ci metterebbe molto di più a revocare lo stato
d’eccezione. Chi dice che il parlamento sia più garantista di quando non lo sia il governo e le sue leggi? Anche
la revoca dello stato d’eccezione va data in mano al governo.
Questo che solleva Romano è lo stesso problema di Schmitt: chi stabilisce che lo stato d’eccezione è
terminato? Lo stesso che lo stabilisce dall’inizio.

Una regolazione ex ante non si può dare: va prefigurato qualcosa, una scelta tra più scenari. Non si può
regolare prima o non riconosciamo come e quando intervenire.

pag 268: si può distinguere stato d’eccezione e arbitrio. Si può pensare uno stato d’eccezione distinto dal caos
anche quando non è possibile regolare i poteri del governo? Sì, si deve avere fiducia nell’autoregolazione del
governo, perché questo è l’unico meccanismo di giustificazione.

pag 269: i poteri straordinari non hanno solo a che fare con questioni amministrative, ma fanno capo a misure
d’eccezione. Lo stato d’eccezione non può limitarsi a questioni amministrative e se anche lo facciamo ha
ricadute sull’intero ordinamento e impatta sulla vita delle persone.

Romano riprende una posizione di Schmitt: è inutile normare ex ante, ci sarà sempre un caso che non
rientrerà in questa pretesa di regolazione.

pag 270-272 Romano esprime il suo parere su questa questione: non è opportuna una legge che limiti e regoli
lo stato d’eccezione perché questo non può essere regolato.

Abbiamo quindi tre possibilità:


1) non regolare lo stato d’eccezione: inammissibile perché il diritto non può avere nulla a che fare con questa
sua clausola di autodistruzione. Il diritto non si esaurisce in norma, non è regolabile ma è giuridico.
2) regolare lo stato d’eccezione

pag 270: la legalità non può richiedere l’impossibile, non può chiedere agli organi dello stato di non seguire ciò
che la necessità detta.

Cosa succede se un tribunale si schiera contro un provvedimento del governo? Non si contesta lo stato
d’eccezione né la soluzione prospettata dal governo, ma si obietta per la relazione mezzi-fini.

Lo stato d’eccezione il governo lo può dichiarare, è un’eventualità tollerata ma non giustificata


dall’ordinamento. L’ordinamento lo consente ma non lo giustifica normativamente. Lo stato d’eccezione non è
normativamente giustificabile ma non è eversione. Il governo può disinteressarsi delle obiezioni degli altri
organi. Lo stato d’eccezione è un’eventualità che non può non darsi, è di fatto giustificata per necessità.
La soluzione di compromesso è: non ci sono garanzie di legge per lo stato d’eccezione, ma non è vietato.

Per Romano la necessità è una categoria giuridica, non si esaurisce nel diritto positivo.

pag 271: il Parlamento resta non si sa bene a fare cosa ma serve in quanto legittimante. Uno stato
d’eccezione dichiarato solo dal governo è problematico e serve il parlamento. Un giudice non può di fronte a
un'evenienza dichiarare se va applicato lo stato d’eccezione. Il suo compito è eseguire gli ordini del governo.
Ci si può esprimere solo se l’atto in questione non si fonda su un’eccezione reale. Ma chi decide in base a
cosa il magistrato stabilisce ciò? Se è necessaria la cosa le misure vanno prese seduta stante, se non avviene
ciò non si spiega perché non si possa esprimere il parlamento. Se il tribunale supera il tempo che il
parlamento ci avrebbe messo ad esprimersi non si spiega quale sia la legittimità dell’esecutivo a soppiantare il
legislativo.

Un altro organo per cui non si può rimandare a un dato di fatto i magistrati che non … le azioni di governo, è
che la sola forza del governo non è abbastanza per far valere le misure prese per necessità se anche i
tribunali non le fanno valere.

due osservazioni ultime:


1) se si ammette la possibilità che il governo emana ma il tribunale non approva basterebbero
raccomandazioni e non leggi, e ci si appellerebbe al popolo.
2) lo stato d’eccezione implica questioni che riguardano la vita privata e pubblica dei cittadini.

Ma se l’ordinamento non prevede lo stato d’eccezione cosa si fa? si trova un’altra soluzione per includerlo e
ognuno arriva ad avere il proprio stato d’eccezione?

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