Toronto fin dalla metà del Novecento è stata un vero e proprio centro per le teorie deterministe applicate
ai media grazie allo studio approfondito anche in chiave storica del rapporto tra tecnologie, media e
società’. Il fondatore della scuola è Harold Innis, inizialmente storico dell’economia e pioniere degli studi
sulla comunicazione, che diventa grande fonte di ispirazione per Marshall McLuhan. Il loro è un approccio
riduzionista che vede nelle tecnologie una fonte basilare di cambiamento sociale soprattutto considerando
le grandi innovazioni nel settore high-tech dell’ultimo secolo: passando dal telegrafo alla televisione o ai
telefoni, i media hanno generato processi di cambiamento, studiati da Innis e McLuhan nel tentativo di
leggere il presente alla luce dei cambiamenti comunicativi del passato. Da qui Innis ebbe grandi intuizioni
come il bias della comunicazione di cui anche McLuhan è debitore, e sarà proprio lui a trarre spunto dalle
sue teorie e a svilupparle più ampiamente. La prospettiva di ricerca di Innis può essere condensata in
queste parole: “i monopoli della conoscenza si sono sviluppati, in parte, per effetto del mezzo di
comunicazione sul quale erano stati costruiti, e la loro storia è fatta di un’alternanza tra media che
insistevano sulla religione, sulla decentralizzazione e sul tempo, e media che insistevano invece sulla forza,
sulla centralizzazione e sullo spazio”; la ricerca mediologica di Innis prima e McLuhan poi, è ispirata a
quell’approccio deterministico della società che vede nei media un fattore fondamentale di cambiamento
sociale. Il confronto tra media genera sempre una competizione tra i gruppi sociali interessati a controllarli:
una delle tesi de Le tendenze della comunicazione di Innis riguarda infatti la sinergia tra tecnologia,
comunicazione e mutamento politico, che varia nei secoli a seconda del potere trasmissivo dei messaggi; il
potere diffusivo dei media ha pian piano distrutto i monopoli di conoscenza delle élite (religiose in primis).
Ad accomunare Innis e McLuhan è il fatto che entrambi si sono approcciati agli studi sulla comunicazione
dopo aver effettuato studi differenti: Innis era un economista politico interessato ai processi industriali
canadesi; McLuhan invece prende ispirazione dagli studi di lingua e letteratura inglese svolti a Cambridge,
per questo lo studio del medium letterario diventa per lui fonte inesauribile di ricerca. L’invenzione della
stampa a caratteri mobili e dell’elettricità sono eventi decisivi nella storia dell’umanità, proiettata verso una
riproducibilità di messaggi sempre più efficiente. Da lui anche Ong prende spunto, e in Oralità e scrittura
focalizza la sua attenzione non solo su entrambe (oralità e scrittura) singolarmente, ma nelle relazioni fra le
due e sulle dinamiche dei cambiamenti che hanno prodotto. Dagli studi di Innis e McLuhan nascono anche
le riflessioni di Eisenstein sul ruolo della stampa nel cambiamento sociale e culturale, o il lavoro di
Meyrowitz sull’impatto dei media elettronici sul comportamento sociale.
Innis tenta di studiare il bias comunicativo attraverso l’analisi delle principali istituzioni del passato,
attraverso una triplice prospettiva: la prima è economica scandita sull’analisi dei prodotti di base, da cui
deriva la definizione di staple theory; la seconda è etica (maturata dopo la Grande guerra) e la terza è
sociologica. Il primo frutto di queste analisi è: Impero e Comunicazioni nel quale lo studioso tenta di
comprendere in che modo i media organizzano tempo e spazio, al fine di capire gli assetti istituzionali e
l’influenza dei media sul potere, considerando che ve ne sono più e meno influenti: i materiali leggeri
agevolano lo sfruttamento nello spazio, consentendo l’estendibilità delle informazioni (corroborano il
potere politico); i materiali più pesanti sono più resistenti ma producono la concentrazione del sapere in
quanto difficili da trasportare (alimentano i monopoli ecclesiastici). La storia occidentale si fonda proprio su
questo, su come un medium possa plasmare una civiltà sul piano economico, politico, religioso, almeno fino
a quando un nuovo medium altera gli equilibri di tempo e spazio e si sostituisce a quello precedente.
Ad esempio per la società egiziana i medium di riferimento erano inizialmente la pietra e il papiro;
quest’ultimo con il suo avvento provocò un’egemonia da parte delle classi sacerdotali che presero il
controllo della complessa scrittura geroglifica e iniziarono ad organizzare il potere (confermando lo stretto
legame tra conoscenza della scrittura e potere). Soltanto con la semplificazione dell’alfabeto e la diffusione
della pergamena si ha un indebolimento delle caste religiose e la costruzione di un sistema oligarchico
commerciale, come accade nelle civiltà sumera, fenicia, persiana, ebraica. Successivamente in Grecia, a
partire dall’introduzione della scrittura fonetica, gli oratori e i filosofi prendono il sopravvento sui cantori, in
questo modo le correnti di pensiero e le arti iniziarono a svilupparsi, causando “danni” alle classi politiche
che detenevano potere. Con la civiltà romana, protagonista della comunicazione diventa la pergamena, più
durevole ed economica del papiro, che permette durante il Medioevo di tramandare codici e sacre
scritture. La tradizione orale del cristianesimo viene cristallizzata nei libri sacri, ma la pergamena facilmente
reperibile e difficile d trasportare, agevola la concentrazione del sapere religioso nelle abbazie e monasteri:
la Chiesa diventa una delle più grandi organizzazioni in quanto detentrice del sapere. Il controllo esercitato
dai monasteri però venne ribaltato dalla diffusione della carta, proveniente dalla Cina, che da avvio al
processo di democratizzazione della conoscenza: crescono scuole e università in città che rimpiazzano i
monasteri rurali. Come sottolinea McLuhan infatti, l’avvento della carta facilitò molto il fattore spazio nelle
comunicazioni, così come successivamente il torchio da stampa. Insomma, come afferma Innis, ogni nascita
di un nuovo medium, implica una frattura in un qualche contesto politico, economico o sociale precedente.
Gli studi di Marshall McLuhan abbracciano molti versanti del sapere, non solo quello comunicativo ma
anche quello letterario e filosofico. L’evoluzione del medium libro rappresenta oggetto di studio anche di
uno dei suoi seguaci: Walter J. Ong, filosofo e sacerdote. Nel suo libro più noto Oralità e scrittura, egli
incentra il suo pensiero sul divenire delle culture orali e culture alfabetizzate e sullo sviluppo tecnologico.
L’intero lavoro di Ong si dispiega lungo la storia dell’oralità, da quella primaria (precedente alla scrittura) a
quella secondaria (successiva alla scrittura). Egli si sofferma sulla diffusione del latino in epoca tardo-
medioevale, un fenomeno che si rileva fondamentale per la nascita della scienza moderna. È importante
differenziare tra mondo orale e mondo alfabetizzato, che si interfacciano in modalità binaria. Questo
rapporto tra oralità e scrittura interessa anche le principali strutture dell’umanità, come la religione che
contribuisce quindi attivamente allo sviluppo della cultura: le tradizioni religiose affondano le loro radici nel
passato orale, ma le principali religioni del mondo sono state tramandate e sono state conservate nei secoli
dai testi sacri, che diventano così espressione di cambiamenti di paradigma non solo comunicativi, ma
anche sociali e culturali.