Sei sulla pagina 1di 3

CAPITOLO 18,IL DIVISMO

L’immaginario che ruota attorno al divismo nasce con il cinema hollywoodiano negli
anni dieci del Novecento.La figura delle star del cinema viene industrializzata tanto
che i fruitori dei vari prodotti mediali iniziano a riconoscersi e a proiettarsi nella
figura del divo nato come figura affascinante, ideale e forte, piu’ che in quello che
rappresentava, in senso stretto questi venivano letteralmente ammirati dal pubblico.
L’ammirazione infatti è la parola più adatta per definire il legame tra fan e attori.
Viene instaurato insomma un tipo di rapporto propriamente emozionale che va a
creare una sorta di spazio di vicinanza tra le figure dei divi e il pubblico. Morin parla
dell’industria dell’immaginario (intesa come industria mediale, cinema, televisione,
un’industria che ha obiettivo proprio la vendita dell’immaginario) e secondo lui i divi
sono ideali inimitabili ma al tempo stesso imitabili, superumani nel ruolo che
rappresentano e umani nella vita privata. Morin li considera cosi come i protagonisti
dei vecchi miti storici: mediatori tra la trascendenza divina e l’esistenza mortale.
Inizialmente il divismo vedeva impossibile un contatto del divo con il pubblico. Il
divo e la sua vita rimanevano mediati tramite uno schermo, ma l’immagine della
“star” non si esauriva nello schermo, vi erano notizie sull’identità espansa dell’attore
che circolavano. Il divo diventa così un prodotto collegato alla propria immagine.
L’atmosfera del divismo però viene vista come un’epoca ormai trascorsa e criticata
per le ossessioni che il successo e la fama potevano originare nei personaggi dello
spettacolo. Nel corso del suo processo di diffusione il modello delle star ha perso una
parte del suo fascino. La miniaturizzazione della figura del divo è legata alla
tecnologia che lo narra. Dal cinema si passa alla televisione e dalla televisione alla
rete e a tutti i dispositivi digitali che permettono un’interazione diretta e continua con
le micro-celebrities del web. A proposito di ciò il divo inizia ad essere banalizzato,
non è più eterno o irragiungibile.
Il suo essere “un prodotto commerciale’ lo rende conosciuto e sulla bocca di tutti,
anche grazie al web riesce ad avere contatti con il suo pubblico per questo si parla di
miniaturizzazione e banalizzazione; e’ l’esempio della protagonista del Viale del
tramonto che non riuscendo ad accettare la fine della sua popolarita’ si lascia andare
alla disperazione.
Ovviamente grazie anche all’avvento della televisione quella distanza tra divo e
pubblico si riduce ancora di piu’ soprattutto negli ultimi tempi con l’avvento dei
reality show che permettevano a gente comune o piccole star di ottenere la fama;
tutto questo diventa possibile e duraturo nel tempo grazie alla bravura dei media che
con il pubblico instaurano una certa intimita’ facendo si che la figura del divo venisse
in un certo senso spogliata della sua privacy.Insomma se di un divo conosciamo le
abitudini o gli amori segreti,il successo e’ garantito,ma questo porta anche ad avere
una sorta di doppia personalita’ dentro e fuori le telecamere. Nel reality lo spettacolo
narrativizza la vita vera. Questo tipo di divismo si nutre del pettegolezzo mediatizzato
ovvero il gossip. Il gossip allora nasce proprio per democratizzare queste figure un
tempo irraggiungibili sotto il punto di vista conoscitivo, è diventato parte integrante
del self-marketing delle celebrities, l’uso strategico del gossip è finalizzato a
mantenere alta l’attenzione su di sé. Un chiacchiericcio che serve a creare un legame
con i fan. La mediatizzazione della vita dei protagonisti degli schermi sancisce una
sorta di apoteosi voyeuristica in cui nulla va nascosto e tutto viene mostrato
generando un feticismo per il dettaglio. Il divo che aveva vissuto come essere ibrido,
umano e divino contemporaneamente, adesso viene mondanizzato dai media.
Codeluppi parla anche di GOSSIPCRAZIA, che fa riferimento al fatto che
l’immaginario sociale si popola di personaggi privi di capacità ma diventati celebri
per la loro costante presenza mediatica. A questo punto lo spettatore è invogliato a
osservarne la vita.
Un altro studioso del campo e cioè Alberoni, introduce una nuova elite che definisce
come “l’elite senza potere”; se una volta vi era un solo gruppo che deteneva gloria e
potere, adesso vi sono subentrati i divi, le star, personaggi dello spettacolo che
costituiscono l’oggetto del pettegolezzo collettivo nelle società di massa e che sono
noti e amati da tutti a livello internazionale con una fama che supera anche quella
delle classi governative. In merito a questo, è opportuno tener conto di un divismo
televisivo che ha raggiunto anche la politica, si parla infatti di “una
spettacolarizzazione della classe politica” che la televisione sfrutta nei suoi format.
Nasce cosi lo spettacolo della politica dove vediamo scontri animati a riguardo di
precise tematiche e dove i leader si raccontano mettendo in risalto e strategicamente,
la loro umanita’, le loro caratteristiche, capacità per avvicinarsi sempre di piu’ al
pubblico. La capacità di usare le grammatiche dei media diventa l’arma seduttiva per
la conquista dell’elettorato. La linea di demarcazione che separava la scena pubblica
dalla scena privata svanisce. Secondo Meyrowitz, questo abbassamento della soglia
tra scena e retroscena determina una graduale “perdita dell’aura” o della
“sacralizzazione”.
Il talk-show si offre come contenitore specifico per il nuovo divismo degli attori
politici. Un formato, questo, che lascia prevalere l’immagine sulla parola, le regole
dello spettacolo piuttosto che i contesti istituzionali. I leader si fanno sempre più
vicini raccontandosi, e i media ne approfittano per narrativizzare le vite degli
esponenti pubblici da cui deriva l’enorme potenziale di storytelling politico.

In relazione a questo contesto si espongono anche Mazzoleni e Sfardini che parlano


di politica pop, ovvero l’adeguarsi della classe politica alle pratiche dei media. Oggi
lo spettacolo della vita privata dei personaggi pubblici sembra trovare uno spazio di
rappresentazione che sembra dare maggior senso di partecipazione ai cittadini: il
web. Siti, social network, blog introducono nuovi modelli narrativi, offrendo una
nuova chance a chi desideri sbirciare nella vita degli altri. Il voyeurismo diventa
reticolare. Royek invece classifica le star sulla base della strada percorsa per
raggiungere il successo: per meriti raggiunti in una professione o in uno sport o per
nascita.
IL DIVISMO PARTECIPATIVO
Grazie ai media,la linea che separava le star dal pubblico va piano piano ad
assottigliarsi tanto che chiunque ai nostri giorni puo’ divenire una piccola star del
web.Per far cio’ pero’ diventa essenziale l’ambito conoscitivo,ovvero ogni possibile
star deve svelarsi nel suo intimo per avvicinare sempre di piu’ e convincere il proprio
pubblico e se un tempo la televisione ha reso minore la distanza tra divi e
pubblico,adesso i social network l’hanno completamente eliminata.Immagini di vita
di tutti i giorni e performance da parte dei divi e non, mettono in moto questo
meccanismo di confidenza che fa si che da un lato i divi si avvicinino fino quasi ad
assomigliare al proprio pubblico,e dall’altro viceversa,mantenendo pero’ un ruolo
marcato di superiorita’. La segretezza lascia posto alla proposizine continua di scatti,
immagini di ogni attimo di vira, commenti su commenti di ogni aspetto delle 24 ore
delle micro-celebrità. Il divismo del web diventa a portata di tutti. Le nuove star
infatti sono persone comuni per cosi dire, partite dal basso, e l’ammirazione lascia
spazio alla fiducia che va ad instaurarsi man mano ed e’ proprio questa una delle
chiavi del successo. Diventa molto più facile identificarsi in loro e adottarli come
modelli di riferimento per orientare i propri comportamenti individuali e per questo si
parla più propriamente di fiducia poiché è più facile averne verso una persona
considerata come pari. I divi di oggi sono spesso giovani, considerati affidabili,
genuini, il cui senso di autenticità è una delle chiavi del loro successo.
Considerando anche le varie piattaforme che permettono di condividere i propri
contenuti accessibili a tutti (youtube,facebook,instagram ecc),la fruizione diventa piu’
dinamica e piu’ accessibile nel piu’ tempo possibile poiche’ il divo o protagonista e’
praticamente always on, sempre connesso e costantemente disponibile. Possiamo
concludere affermando che i 15 minuti di celebrita’ profetizzati da Andy Warhol
adesso sono davvero possibili per tutti, infatti la celebrità può essere veramente per
caso e per poco. Il mantenimento della reputazione nel mediascape contemporaneo
implica impegno ed il prezzo da pagare e’ l’assoluta trasparenza di se stessi verso il
pubblico.

Potrebbero piacerti anche