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Nello sciame
Visioni del digitale
Nota dell’editore
Premessa
Senza rispetto
La società dell’indignazione
Nello sciame
De-medializzazione
Hans l’intelligente
Fuga nell’immagine
Dall’agire al giocare con le dita
Dal contadino al cacciatore
Dal soggetto al progetto
Il nomos della terra
Fantasmi digitali
Affaticamento informativo
Crisi della rappresentazione
Dal cittadino al consumatore
Protocollare l’intera vita
Psicopolitica
Note
Colophon
Catalogo
Sgorgano le lacrime, la terra mi ripossiede.
J.W. Goethe, Faust
Premessa
Molte sono le cause della shitstorm. Essa è possibile in una cultura della
mancanza di rispetto e dell’indiscrezione; soprattutto, è un genuino
fenomeno della comunicazione digitale. Essa è sostanzialmente diversa,
dunque, dalla tradizionale posta dei lettori che è legata al medium analogico
della scrittura e si muove in senso esplicitamente nominativo. Le lettere
anonime sono subito cestinate dalle redazioni dei giornali. La posta dei
lettori è caratterizzata da una diversa temporalità: mentre, con fatica, a
mano o a macchina, si scrive la lettera, l’agitazione del momento è svanita.
Al contrario, la comunicazione digitale rende possibile un istantaneo
manifestarsi dello stato d’eccitazione; già per la sua temporalità, la
comunicazione digitale veicola piú stati di eccitazione della comunicazione
analogica. Sotto questo aspetto, il medium digitale è un medium
dell’eccitazione.
La connessione digitale favorisce la comunicazione simmetrica. Chi oggi
prende parte alla comunicazione non consuma le informazioni solo in modo
passivo, ma le produce attivamente. Nessuna gerarchia univoca separa il
trasmittente dal ricevente: ognuno è, insieme, trasmittente e ricevente,
consumatore e produttore. Questo tipo di simmetria però è pericolosa per il
potere: la comunicazione del potere procede in un’unica direzione, ovvero
dall’alto verso il basso. Il reflusso comunicativo distrugge l’ordinamento del
potere. La shitstorm, con tutti i suoi effetti distruttivi, è una specie di
reflusso.
La prima parola dell’Iliade è menin, ossia ira. “Cantami, o Musa, l’ira del
Pelíde Achille”: cosí comincia la prima narrazione della cultura occidentale.
L’ira è, qui, cantabile, poiché sorregge la forma narrativa dell’Iliade, la
struttura, la anima, le dà vita e ritmo. È il medium dell’azione eroica per
eccellenza. L’Iliade è un canto d’ira. Quest’ira è narrativa, epica, perché
produce determinate azioni: è essenzialmente in ciò che l’ira si distingue
dalla rabbia come espressione delle ondate di indignazione. L’indignazione
digitale non è cantabile: non è capace né di azione né di narrazione.
Rappresenta, piuttosto, uno stato affettivo, che non dispiega alcuna forza in
grado di produrre azioni. La dispersione generale, che contraddistingue la
società di oggi, non permette all’energia epica dell’ira di sorgere. Il furore
in senso enfatico è piú di uno stato affettivo: è una capacità di interrompere
uno stato in essere e di farne iniziare uno nuovo. In questo modo produce il
futuro. La massa indignata di oggi è oltremodo superficiale e distratta: le
manca qualsiasi massa, qualsiasi gravitazione necessaria per le azioni. Non
genera alcun futuro.
Nello sciame
Non c’è alcuna sostanziale differenza tra il dire “il mio pubblico di lettori
sono io” e “il mio pubblico di elettori sono io”. “Il mio pubblico di elettori
sono io” significa la fine dell’uomo politico in senso enfatico, ossia di quel
politico che persiste nel proprio punto di vista e, invece di assecondare il
pubblico degli elettori, li anticipa con una visione. Il futuro, come tempo del
politico, scompare.
Il film di Hitchcock Rear Window (in italiano: “La finestra sul cortile”)
illustra il nesso tra l’esperienza scioccante provocata dal Reale30 e
l’immagine come schermatura. La vicinanza fonetica tra rear e real ne è un
indizio ulteriore: la finestra sul cortile è una vista meravigliosa. Il fotografo
Jeff (James Stuart), immobilizzato sulla sedia a rotelle, siede alla finestra e
si intrattiene con le spassose vite dei vicini che si offrono all’osservazione
dalla finestra. Un giorno si convince di essere stato testimone di un
omicidio: il sospettato si accorge di essere osservato furtivamente da Jeff
che gli abita di fronte. In quel momento l’uomo guarda Jeff. Questo
inquietante sguardo dell’Altro, questo sguardo proveniente dal Reale rompe
la rear window come vista meravigliosa. Il sospettato, l’inquietante Reale si
introduce infine nell’appartamento di Jeff, il fotografo, che cerca di
accecarlo con il flash della macchina fotografica, vale a dire cerca di nuovo
di esorcizzarlo, e persino di respingerlo nell’immagine. Ma il tentativo non
riesce: Jeff viene gettato giú dalla finestra e il sospettato si svela
effettivamente un assassino. In quel momento la rear window diventa una
real window. La conclusione: la real window si trasforma nuovamente nella
vista meravigliosa, in rear window.
Vilém Flusser profetizza: l’uomo, con i suoi dispositivi digitali, vive già
oggi la “vita immateriale” di domani. Tipica di questa nuova vita è
l’“atrofia delle mani”: i dispositivi digitali lasciano che le mani si
atrofizzino. Essi significano, tuttavia, una liberazione dal peso della
materia: l’uomo del futuro non avrà piú bisogno delle mani. Non dovrà piú
maneggiare e lavorare nulla, perché non avrà piú a che fare con cose
materiali ma solo con informazioni immateriali. Al posto delle mani
subentrano le dita: invece di agire, l’uomo nuovo gioca con le dita. Vuole
solo giocare e godere. La sua vita sarà caratterizzata dall’ozio, non dal
lavoro. L’uomo del futuro immateriale non sarà un lavoratore, un homo
faber, ma un giocatore, un homo ludens35.
L’uomo del futuro, “che gioca con le dita, senza mani”, l’homo digitalis
non agisce. L’“atrofia delle mani” lo rende incapace di agire. Tanto la
manipolazione quanto la lavorazione presuppongono una resistenza: anche
l’azione deve superare una resistenza. Essa contrappone l’Altro, il Nuovo, a
ciò che è dominante: in essa è insita una negazione. Il suo pro è
contemporaneamente un contro. L’odierna società positiva, invece, evita
tutte le forme oppositive e cosí elimina le azioni. In essa dominano
unicamente diversi stati dell’Uguale.
Dal digitale non nasce alcuna resistenza materiale che si debba superare
per mezzo del lavoro. Il lavoro, cosí, si avvicina effettivamente al gioco.
Diversamente da ciò che ipotizza Flusser, tuttavia, la vita immateriale,
digitale non dà avvio al tempo dell’ozio: a Flusser resta sconosciuto il
principio della prestazione, che ostacola di nuovo l’avvicinarsi del lavoro al
gioco. Tale principio toglie al gioco ogni elemento ludico e lo trasforma
ancora in lavoro. Il giocatore si dopa e si sfrutta fino allo sfinimento. L’era
digitale non è l’epoca dell’ozio, ma della prestazione: contrariamente alla
visione di Flusser, l’“uomo che gioca con le dita, senza mani” non è un
homo ludens. Anche il gioco si sottopone all’obbligo di prestazione:
all’atrofia delle mani segue un’artrosi digitale delle dita. L’utopia
flusseriana del gioco e dell’ozio si rivela una distopia della prestazione e
dello sfruttamento.
“La mano agisce”: cosí Heidegger definisce l’essenza della mano36. Egli
però non concepisce l’agire a partire dalla vita activa. La “mano che
propriamente agisce” è piuttosto la “mano che scrive”37. In tal modo, la sua
essenza si manifesta non come azione ma come scrittura. Per Heidegger, la
mano è il medium dell’“Essere”, che indica il terreno d’origine di senso e
verità. La mano che scrive comunica con l’“Essere”. La macchina per
scrivere, usando la quale si impiegherebbe solo la punta delle dita, ci
allontana dall’Essere:
La macchina per scrivere occulta l’essenza dello scrivere e della scrittura. Essa sottrae
all’uomo la dignità essenziale della mano, senza che egli faccia convenientemente esperienza
di tale sottrazione e riconosca che qui è già mutato il riferimento dell’essere all’essenza
dell’uomo38.
Il progetto, nel quale il soggetto si libera, si rivela oggi una figura della
costrizione: sviluppa costrizioni sotto forma di prestazione, auto-
ottimizzazione e auto-sfruttamento. Oggi viviamo in una particolare fase
storica, in cui la libertà stessa produce costrizioni: la libertà è in realtà il
vero antagonista della costrizione, ma ora anche questo antagonista produce
costrizioni. Piú libertà significa, perciò, piú costrizione: si tratterebbe della
fine della libertà. Perciò, ci troviamo oggi in un vicolo cieco: non possiamo
andare avanti né tornare indietro. A Flusser sfugge completamente questa
fatale dialettica della libertà, che rovescia quest’ultima nel suo opposto: di
ciò è responsabile il suo messianismo. La società odierna non è una società
dell’“amore per il prossimo” nella quale ci realizziamo reciprocamente, ma
piuttosto una società della prestazione che ci porta all’isolamento. Il
soggetto di prestazione sfrutta se stesso fino a crollare e sviluppa un’auto-
aggressività, che sfocia non di rado nel suicidio. Il Sé come magnifico
progetto si rivela un proiettile, che il soggetto rivolge ora contro se stesso.
Il nomos della terra
Era il 1936, quando Walter Benjamin definí la forma di ricezione del film
uno “shock”: lo shock sostituisce la contemplazione come atteggiamento
ricettivo di fronte a una rappresentazione. Oggi, tuttavia, esso non è piú
adeguato a caratterizzare la percezione. Lo shock è un tipo di reazione
immunitaria: in ciò assomiglia al disgusto. Ormai, le immagini non
provocano piú alcuno shock: persino immagini raccapriccianti hanno la
funzione di intrattenerci (basti pensare a format simili all’Isola dei famosi),
sono rese consumabili. La totalizzazione del consumo esclude ogni forma di
contrazione immunitaria.
Negli anni ’70 esisteva, negli Stati Uniti, un sistema interattivo di tv via
cavo chiamato QUBE (question your tube). Il termine question richiama la
possibilità dell’interazione: il sistema dispone di una tastiera che consente
una scelta, per esempio, tra piú capi d’abbigliamento presentati. Questo
dispositivo rende possibile anche una semplice procedura elettorale: sullo
schermo, per esempio, vengono mostrati dei candidati per il posto di
direttore di una scuola elementare. Con un tasto ci si può esprimere per un
candidato.
Nel panottico digitale non è possibile alcuna fiducia, che anzi non è neppure
necessaria. La fiducia è un atto di fede che diventa obsoleto di fronte a
informazioni facilmente disponibili. La società dell’informazione scredita
ogni fede. La fiducia rende possibili relazioni con gli altri anche in
mancanza di cognizioni piú precise su di essi: la possibilità di raccogliere in
modo semplice e rapido le informazioni è nociva per la fiducia. Vista in
questa luce, l’odierna crisi della fiducia è causata anche dai media. La
connessione in rete facilita a tal punto la raccolta di informazioni che la
fiducia come pratica sociale perde sempre piú significato e cede al
controllo. Cosí la società della trasparenza presenta una prossimità
strutturale alla società della sorveglianza: dove le informazioni possono
essere procurate in modo estremamente facile e veloce, il sistema sociale
passa dalla fiducia al controllo e alla trasparenza. Da qui deriva la logica
dell’efficienza.
Ogni click che faccio viene registrato; ogni passo che compio diventa
ricostruibile. Ovunque dietro di noi lasciamo tracce digitali: la nostra vita
digitale si imprime fedelmente nella rete. Attraverso il controllo, la
possibilità di protocollare l’intera vita sostituisce integralmente la fiducia.
Al posto del big brother c’è il big data82: questo protocollare l’intera vita
porta a compimento la società della trasparenza.
“Noi vi offriamo uno sguardo a 360 gradi sui vostri clienti”: con questo
slogan la Acxiom, un’azienda americana di analisi dei big data, si procaccia
incarichi. Acxiom è una delle aziende che si occupano di dati, il cui numero
sta crescendo vertiginosamente: gestisce un’enorme banca dati con migliaia
di server. La sua sede legale, nello Stato americano dell’Arkansas, è protetta
da cancelli e strettamente sorvegliata come fosse un edificio dei Servizi
segreti; l’impresa dispone dei dati personali di circa trecento milioni di
cittadini americani, cioè quasi tutti. Chiaramente, Acxiom sa di piú sui
cittadini americani di quanto ne sappia l’FBI o l’IRS (l’agenzia delle entrate
americana).
Nel frattempo, il lato economico dello spionaggio è difficilmente
separabile dal suo uso da parte dell’intelligence. Quel che fa Acxiom non si
differenzia poi molto dall’attività dei Servizi segreti. Evidentemente
Acxiom lavora in modo piú efficace dei Servizi americani: in occasione
delle indagini sugli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, Acxiom
forní alle autorità i dati personali di undici sospettati. Il mercato della
sorveglianza nello Stato democratico presenta una pericolosa prossimità
allo Stato di sorveglianza digitale: nell’odierna società dell’informazione, in
cui lo Stato e il mercato si confondono sempre di piú, l’attività di Acxiom,
Google o Facebook si avvicina a quella dei Servizi segreti. Spesso si
servono dello stesso personale e gli algoritmi di Facebook, della borsa e dei
Servizi segreti eseguono operazioni analoghe; ovunque si aspira al massimo
rendimento delle informazioni.
Secondo Foucault, a partire dal XVII secolo il potere non si manifesta piú
come potere di morte in mano al sovrano, ma come biopotere. Quello del
sovrano è il potere della spada che minaccia di morte: il biopotere, invece,
ha “funzioni d’incitazione, di rafforzamento, di controllo, di sorveglianza,
di maggiorazione e di organizzazione delle forze che sottomette”84. Esso
mira “a produrre delle forze, a farle crescere e a ordinarle piuttosto che a
bloccarle, a piegarle o a distruggerle”. Il potere di morte in mano al sovrano
cede a una scrupolosa amministrazione e al controllo della popolazione: il
biopotere ha maglie essenzialmente piú strette, è piú preciso del potere di
morte che, a causa della sua rozzezza, non presenta alcun potere di
controllo. In tal modo, esso interviene nei processi biologici e nelle leggi
dalle quali la popolazione è diretta e guidata.
1
Marshall McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man, Penguin, Harmondsworth 1964,
p. 18.
2
L’autore gioca qui con i termini tedeschi Abstand (“distanza”) e Anstand (“pudore”, “decenza”).
[n.d.t.]
3
Nel tempio greco, l’adyton è lo spazio completamente chiuso all’esterno.
4
Roland Barthes, La camera chiara. Nota sulla fotografia, trad. it. di R. Guidieri, Einaudi, Torino
2003, p. 16.
5
Shitstorm (letteralmente: “tempesta di merda”) è il termine inglese, ormai diffuso come anglicismo
nella lingua tedesca, con cui si indica il fenomeno in rete (soprattutto nei blog e sui social network) di
discussione e critica massiva attorno a questioni di dominio pubblico, con l’uso di un linguaggio
fortemente connotato in senso negativo e talvolta violento. Nel 2012 un’apposita commissione di
linguisti tedeschi ha scelto il termine come anglicismo dell’anno, ovvero il vocabolo inglese che nel
2011 si è rivelato piú utile alla lingua tedesca. [n.d.t.]
6
Christian Linder, Der Bahnhof von Finnentrop. Eine Reise ins Carl Schmitt Land, Matthes & Seitz,
Berlin 2008, pp. 422-423.
7
Con il termine smart mobs si definiscono raggruppamenti spontanei di persone con un fine sociale e
politico di protesta (in ciò si distinguono dai flash mobs); un classico esempio è dato dalle forme di
critical mass composte da ciclisti in varie città del mondo. [n.d.t.]
8
Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, trad. it. di A. Montemagni, Edizioni Clandestine, Marina di
Massa 2013, p. 2.
9
Ivi, p. 3.
10
Ivi, p. 5.
11
Marshall McLuhan, op. cit., p. 174.
12
Hikikomori è il termine giapponese con cui si indicano quei soggetti, generalmente adolescenti,
che optano per un totale isolamento e una radicale auto-esclusione sociale, relegandosi in casa e
rifiutando di uscirne. Il governo giapponese considera il fenomeno una patologia psichica da
diagnosticare in presenza di sintomi specifici, come il ritiro assoluto dalla società per periodi
superiori ai sei mesi, o l’inversione del ritmo sonno-veglia con un conseguente e continuato uso di
internet e dei videogiochi. [n.d.t.]
13
Michael Hardt, Antonio Negri, Moltitudine: guerra e democrazia nel nuovo ordine imperiale, trad.
it. di A. Pandolfi e S. Visentin, Rizzoli, Milano 2004, p. 130.
14
Michael Hardt, Antonio Negri, Impero: il nuovo ordine della globalizzazione, trad. it. di A.
Pandolfi, Rizzoli, Milano 2002, p. 72.
15
Ivi, p. 382.
16
L’autore gioca in queste righe con i termini tedeschi Ausstrahlung (“trasmissione”, “emissione”) e
Rückstrahlung (“riflettività”, “riverbero”) per rafforzare l’idea di comunicazione unilaterale del
medium elettronico. [n.d.t.]
17
Il Partito Pirata (Piratenpartei) è un partito politico attivo in Germania dal 2006, sul modello
dell’omonima formazione svedese, che incentra il suo programma sulla questione dell’identità
digitale, della trasparenza nella rappresentanza politica e nel trattamento dei dati personali, sulla
riforma del diritto d’autore, del diritto di riproduzione e del sistema dei brevetti. [n.d.t.]
18
Citazione tratta da Die Zeit, 23/08/2012.
19
Citato dall’intervista a Ole von Beust, l’allora sindaco di Amburgo, in Die Zeit, 31/01/2013.
20
Il volume di Dirk von Gehlen, Eine neue Version ist verfügbar (Metrolit, Berlin 2013), è il
risultato di un esperimento mediatico iniziato nel 2012 e ancora in corso durante la stesura di questo
saggio. Gli aspiranti co-autori (circa 350) hanno acquistato spazi del volume ancora in bianco
partecipando attivamente alla sua nascita e scrittura, fino alla pubblicazione del libro collettivo.
[n.d.t.]
21
Martin Heidegger, “Mein liebes Seelchen!”: Briefe Martin Heideggers an seine Frau Elfriede
1915-1970, hrsg., ausgew. und kommentiert von G. Heidegger, DVA, München 2005, p. 264.
22
Questa citazione, come la seguente, è tratta da Die Zeit, 12/07/2012.
23
L’autore usa qui due termini heideggeriani: entgegenweilen (“rimanere incontro”) è il verbo con
cui Heidegger connota il presente (Gegenwart) all’inizio di Tempo e essere. Entgegenlasten (“gravare
incontro”) è l’azione attribuita alla pietra nel saggio L’origine dell’opera d’arte. [n.d.t.]
24
Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla. La condizione umana secondo l’esistenzialismo, trad. it. di G.
Del Bo, Il Saggiatore, Milano 2008, p. 304.
25
Citazione tratta da Süddeutsche Zeitung Magazine, dicembre 2013.
26
Jacques Lacan, Il Seminario XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi. 1964, trad. it. di
A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2003, p. 99.
27
Citato in Horst Bredekamp, Theorie des Bildakts: Frankfurter Adorno-Vorlesung 2007, Suhrkamp,
Berlin 2013, p. 17.
28
Roland Barthes, op. cit., p. 112.
29
Ivi, p. 118.
30
L’autore si sta riferendo al Reale in senso lacaniano, che costituisce – insieme al Simbolico e
all’Immaginario – uno dei tre registri psichici teorizzati da Lacan a partire dagli anni ’50. Il Reale
(anche chiamato l’Altro) indica la mancanza assoluta, l’imponderabile causa di sofferenza che il
soggetto non riesce a categorizzare attraverso il linguaggio (il Simbolico) né mediante
l’Immaginario. [n.d.t.]
31
Roland Barthes, op. cit., p. 94.
32
Hannah Arendt, Vita activa: la condizione umana, trad. it. di S. Finzi, Bompiani, Milano 1997, p.
46.
33
Ivi, p. 246.
34
Ivi, p. 247.
35
Vilém Flusser, La cultura dei media, a cura di A. Borsari, trad. it. di T. Cavallo, Bruno Mondadori,
Milano 2004, p. 205.
36
Martin Heidegger, Parmenide, trad. it. di G. Gurisatti, Adelphi, Milano 1999, p. 162.
37
Ivi, p. 156.
38
Ivi, p. 64.
39
Martin Heidegger, Che cosa significa pensare. Chi è lo Zarathustra di Nietzsche, trad. it. di U.
Ugazio e G. Vattimo, SugarCo, Milano 1978, p. 109.
40
Ivi, p. 79.
Qui Heidegger gioca sulla comune radice in tedesco del sostantivo Lese (“raccolta”) e del verbo lesen
(“leggere”). [n.d.t.]
41
Martin Heidegger, Eraclito. L’inizio del pensiero occidentale. Logica. La dottrina eraclitea del
Logos, trad. it. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, pp. 163-164.
42
Martin Heidegger, “Costruire abitare pensare”, in Saggi e discorsi, trad. it. di G. Vattimo, Mursia,
Milano 1991, p. 107.
43
Martin Heidegger, “L’origine dell’opera d’arte”, in Sentieri interrotti, trad. it. di P. Chiodi, La
Nuova Italia, Firenze 2000, p. 19.
44
Ivi, p. 32.
45
Martin Heidegger, “La fine della filosofia e il compito del pensiero”, in Tempo e essere, trad. it. di
C. Badocco, Longanesi, Milano 2007, p. 92.
46
L’autore gioca qui con l’assonanza dei termini tedeschi Klick (gesto e suono tipico dell’era
digitale) e Blick (“sguardo”, “occhiata”). [n.d.t.]
47
Vilém Flusser, La cultura dei media, cit., p. 236.
48
Ivi, p. 237.
49
Ivi, p. 235.
50
Ivi, pp. 236-237.
51
Ivi, p. 235.
52
Vilém Flusser, Kommunikologie weiter denken. Die Bochumer Vorlesungen, Fischer-Taschenbuch,
Frankfurt a.M. 2009, p. 251.
53
Ivi, p. 299.
54
Ivi, p. 251.
55
Vilém Flusser, La cultura dei media, cit., p. 155.
56
Vilém Flusser, Kommunikologie weiter denken, cit., p. 46.
57
“Inno orfico a Nomos”, in Inni Orfici, a cura di G. Ricciardelli, Mondadori, Milano 2000, fr. 60.
58
Carl Schmitt, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello jus publicum europaeum, trad. it.
di E. Castrucci, Adelphi, Milano 1998, p. 20.
59
Martin Heidegger, “Chi è lo Zarathustra di Nietzsche?”, in Saggi e discorsi, cit., p. 71.
60
Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Parte III: La
filosofia dello spirito, trad. it. di B. Croce, Laterza, Roma-Bari 2009, § 382.
61
Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Scienza della logica, trad. it. di A. Moni e C. Cesa, Laterza,
Roma-Bari 2008, vol. II, sez. I, cap. II/A (“L’identità”).
62
Ibid.
63
Questa citazione di Kafka, come le seguenti, è tratta da Franz Kafka, Lettere a Milena, trad. it. di
E. Pocar, Mondadori, Milano 1979.
64
Martin Heidegger, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo, a cura di R. Cristin e A. Marini,
Il Melangolo, Genova 1991, p. 369.
65
Martin Heidegger, “L’origine dell’opera d’arte”, in Sentieri interrotti, cit., p. 32.
66
Vilém Flusser, La cultura dei media, cit., p. 203.
67
Ivi, p. 167.
68
La dark pool è una forma di borsa finanziaria elettronica, nella quale lo scambio di azioni avviene
in modo anonimo e senza rendere noti i prezzi o i volumi delle transazioni. Questi scambi, afferenti
alla tipologia degli alternative trading systems, presentano un alto rischio di volatilità e speculazione,
legato all’anonimato e all’eccezionale velocità delle contrattazioni. [n.d.t.]
69
L’espressione flash crash indica un rapido e improvviso crollo di un indice borsistico ed è stata
usata per la prima volta in occasione del grave crollo dell’indice Dow Jones della borsa americana
avvenuto il 6 maggio 2010. [n.d.t.]
70
Tor (The Onion Router) è un software sviluppato a partire dal 2002, che funziona come un sistema
parallelo di comunicazione anonima via internet, in grado di schermare gli utenti dall’analisi del
traffico in rete grazie a una serie di router (onion router) gestiti da volontari. Il sistema dovrebbe
garantire una maggiore privacy. [n.d.t.]
71
Roland Barthes, op. cit., p. 81.
72
Ivi, p. 7.
73
Ivi, pp. 7-8.
74
Ivi, p. 8.
75
Ivi, p. 7.
76
Vilém Flusser, La cultura dei media, cit., p. 135.
77
Ivi, p. 137.
78
Ibid.
79
Ivi, p. 138.
80
Ibid.
81
Con data mining si intende l’insieme di tecniche e metodologie volte a estrarre una quantità
considerevole di dati ai fini del loro utilizzo scientifico o industriale, mediante l’applicazione di
sistemi automatici combinati a fattori statistici. [n.d.t.]
82
La locuzione big data indica una raccolta di data set (non solo strutturati, ma anche derivati da
traffico e-mail e GPS, dai social network e altre fonti eterogenee) di volume e complessità tali da
esigere il trattamento con strumenti non convenzionali di acquisizione, analisi e condivisione: l’utilità
maggiore è per le ricerche di mercato. [n.d.t.]
83
SCHUFA è la sigla dell’azienda privata tedesca preposta alla raccolta dei dati di natura economica
e finanziaria relativi ai cittadini e alle imprese, a vantaggio delle agenzie di credito e degli eventuali
partner commerciali. Si calcola che l’azienda sia in possesso dei dati di circa 66 milioni di persone,
ossia piú o meno i tre quarti della popolazione tedesca. Sono previste misure di protezione dei dati
sensibili, ma la discussione sulle politiche adottate dall’azienda è assai articolata. [n.d.t.]
84
Michel Foucault, La volontà di sapere. Storia della sessualità 1, trad. it. di P. Pasquino e G.
Procacci, Feltrinelli, Milano 2011, p. 120.
85
Questa citazione di Anderson, come la seguente, è tratta da Wired Magazine, 16/07/2008.
86
Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Rizzoli, Milano
2013, cap. XVI.
ISBN 978-88-7452-541-6
Titolo originale: Im Schwarm. Ansichten des Digitalen
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