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Pensare i media riassunto Borrelli

Scienze della comunicazione (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa)

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Sociologia dei processi culturali


“Pensare i media” - D. Borrelli
Émile Durkheim - la società dell’immagine
Il bovarismo della modernità
Durkheim è considerato uno dei padri fondatori della sociologia.
Che un fatto sociale debba avere una spiegazione sociale, rappresenta il punto più importante del
pensiero di Durkheim. Egli potrebbe essere classificato anche fra i progenitori degli studiosi di scienze
della comunicazione, in particolare dei teorici della società dell’immagine. La comunicazione è il
fattore che tiene insieme e fa evolvere la società, migliorando la capacità dei gruppi umani di adattarsi
al loro ambiente e interagire.
Durkheim fa una distinzione tra 2 tipi di sistemi sociali:
- il primo corrisponde a uno stadio primitivo della società che si istituisce tra gruppi simili di
popolazione;
- il secondo si manifesta nel momento in cui i gruppi di popolazione si differenziano per assumere
ciascuno una propria funzione.
La divisione del lavoro sociale, quindi, dipende dalla perdita dell’individualità, quando si entra in
comunicazione gli uni con gli altri.
Durkheim individua 3 cause del fenomeno della divisione del lavoro:
1.Il volume crescente della popolazione;
2.La densità materiale : intensa concentrazione su un territorio;
3.Il numero e la rapidità delle vie di comunicazione e di trasmissione.
L’obiettivo di Durkheim è spiegare come avviene che l’individuo, pur diventano autonomo, dipenda
dalla società. Gli individui sono un effetto delle esigenze della società, cioè della sua differenziazione
funzionale: non sono gli individui a dar luogo alla società, ma è la società che differenziandosi richiede
la formazione di individualità autonome, ciascuna preposta a una determinata funzione.
La vita collettiva non è nata dalla vita individuale, ma è la vita individuale che è nata dalla vita
collettiva. La protagonista del romanzo di Flaubert, Emma Bovary, è uno dei più celebri personaggi
che esprime i problemi legati all’individualismo moderno. Bovary deve vivere le inquietudini tipiche
di una vita esposta alle immagini provenienti da mondi diversi dal proprio. Rappresenta l’archetipo del
telespettatore contemporaneo, per effetto della quale ci si sente prossimi a un mondo e a persone
lontane dalla propria realtà. L’esistenza di Emma sembra oscillare tra un essere dove non vuole e un
voler essere dove non è: una vita a rischio perenne di devianza. La seduzione di ciò che è diverso da sé
è una forma di devianza. Bovary è in un certo senso la società moderna stessa: il “bovarismo” viene
inteso come la facoltà immaginativa di credersi diversi da ciò che si è. I bovaristi sono coloro che
oscillano tra l’essere e il voler essere, tra un mondo della realtà e mondo dell’immagine, tra una linea
che rappresenta tutto il contenuto reale dell’essere umano, e un’altra che rimanda all’immagine di ciò
che vuole divenire. Il bovarismo rappresenta la sindrome tipica di una struttura sociale fortemente
differenziata. Si desidera o si crede di essere o di avere ciò che non si è o non si ha, in virtù del fatto
che si imita qualcuno. La moda, l’immagine, l’apparenza, il lusso, i consumi diventano il nuovo
terreno su cui si giocano i conflitti per la costruzione dell’identità personale: ciò che si è bisogna
dimostrarlo pubblicamente.

Dalla vetrina alla coda lunga


Divisione del lavoro sociale e uguaglianza di condizione civile vanno di pari passo. È nel momento in
cui gli individui si percepiscono come uguali che fanno di tutto per distinguersi dagli altri. La vetrina è
il dispositivo di comunicazione emblematico di questa società. Le vetrine nel XIX secolo perdono la
funzione di punto luce per dare maggiore visibilità al negozio, cominciando ad essere allestite per
attirare lo sguardo dei passanti. Spettacolarizzazione della merce, apoteosi dei valori della superficie,
sono alcuni dei fenomeno collegabili alla vetrina, ovvero al farsi immagine della realtà sociale.
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La vetrinizzazione del sociale coincide con un fenomeno di allontanamento della concretezza


dell’esperienza e di astrazione della coscienza collettiva. La vetrina invade tutti i settori della società e
della cultura piegandoli alla propria logica. Accanto ai media, si stanno affermando mezzi di
comunicazione dalla “coda lunga”. La coda lunga si riferisce a quei prodotti poco richiesti che
nell’insieme raggiungono una quota di mercato equivalente o superiore a quella fatta registrare da quei
pochi bestsellers che riescono a vendere un gran numero di copie.
Secondo Anderson sono 3 le forze che hanno sviluppato il fenomeno della coda lunga, passando da un
mercato di massa a una massa di mercati:
1. democratizzazione degli strumenti produttivi come conseguenza della diminuzione delle barriere
economiche: oggi chiunque può stampare un libro o produrre musica con gli strumenti adatti sul
computer;
2. democratizzazione della distribuzione: il taglio dei prezzi al consumo e internet, hanno offerto la
possibilità di raggiungere mercati di nicchia in qualsiasi zona;
3. collegamento tra domanda e offerta: con il web 2.0 da una prima fase caratterizzata dalla libera
pubblicazione di contenuti, si è passati a una nuova fase in cui sono le pratiche della partecipazione
ad affermarsi come principio caratterizzante di internet.

Georg Simmel - le seduzioni del broadcasting


Il denaro come medium disseminativo
Il denaro è uno dei primi e più sofisticati mezzi di comunicazione di cui l’umanità si sia dotata.Il
denaro è un oggetto la cui natura è di non avere nessuna natura. Sia Simmel che Marx concordano nel
ritenere che si tratti di un medium di tipo broadcasting, ovvero un dispositivo di disseminazione del
valore. Per Marx il denaro è fattore di alienazione sia perché fa smarrire il senso del valore degli
oggetti, sia perché strumento di cui i capitalisti si servono per sottrarre la forza-lavoro al controllo
diretto dei lavoratori. Egli definiva il denaro come la meretrice universale, una forza in grado di
sovvertire il naturale ordine delle cose. Anche per Simmel la transazione in denaro ha quel carattere di
relazione che è proprio della prostituzione. Egli apprezza il denaro, così come l’intelletto che ne è la
forma di pensiero corrispondente. Il denaro è contemporaneamente medium di trasmissione e medium
di registrazione. In quanto medium di trasmissione, la sua capacità di broadcasting, ossia di
circolazione, garantisce la sua efficienza e la sua accessibilità. In quanto medium di registrazione, il
denaro conferisce forza di stabilità a significati e forme simboliche altrimenti effimeri.
Il carattere broadcasting del denaro è ciò che ne fa insieme un medium di trasmissione e di
registrazione (dal momento che dissemina il valore oltre il luogo e al di là del tempo in cui viene
prodotto).

Dalla metropoli allo schermo


Il problema per Simmel è l’intensificazione della vita nervosa determinata dalla densità e dalla
complessità dell’ambiente sociale metropolitano. Il soggetto metropolitano non riesce più a
intrattenere con il mondo esterno un rapporto di immediatezza, anzi tende ad assumere un
atteggiamento freddo e distaccato del blasé (effetto di concentrazione di uomini e cose che eccita
l’individuo alle massime prestazioni nervose, il che fa sprofondare la stessa personalità in un
sentimento di svalutazione). Nel momento in cui il mondo sfugge al soggetto, il soggetto si distanzia a
sua volta mettendosi al riparo dal mondo. Se la metropoli manifesta una forma di vita in cui gli
individui sono sollecitati ad adottare uno schermo percettivo per tutelare la propria interiorità, allora
potremmo ravvisare la necessità di interporre uno schermo simbolico che consenta di filtrare le
sollecitazioni del mondo esterno. In questa situazione di frattura tra il sé e il mondo, si avverte il
bisogno di un fattore di mediazione simbolica dell’esperienza, ossia di un dispositivo che consenta al
soggetto di rapportarsi con il mondo esterno, individuato nel bisogno della televisione.
Simmel osserva che in passato ciò che noi sapevamo degli altri lo conoscevamo attraverso il canale
uditivo, ossia ascoltando ciò che essi dicevano.
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La metropoli è caratterizzata da un mutamento: dal momento che gli individui hanno a che fare con
altri soggetti, non si relazionano soltanto attraverso il canale uditivo, ma anche attraverso il canale
visivo (come nel caso dei contatti con estranei nei mezzi di trasporto pubblici).

Amore e comunicazione
Il terreno sul quale si rende evidente la natura disseminativa dell’amore è l’atteggiamento della
flirtation, con la simultaneità dell’attrarre e del respingere che comporta. La pratica del flirtare
contempla l’insieme delle disposizioni psichiche e dei tratti comportamentali che qualificano il
corteggiamento, i cui protagonisti si mantengono sospesi tra il darsi e il non darsi, tra l’abbandonarsi
alla passione e il ritegno del pudore. Simmel si interessa al gioco della flirtation in quanto espressione
tipica della fenomenologia della vita metropolitana. Come gli individui che abitano nella metropoli
hanno bisogno di crearsi una forma di barriera rispetto alle sollecitazioni esterne, allo stesso modo
uomini e donne della civiltà metropolitana si trovano ad avere molti più contatti, e si trovano
continuamente a far fronte a situazioni seduttive e ad attrazioni fatali. L’amore, per Simmel, è il regno
incondizionato e sovrano dell’autonomia. L’identità di chi ama prende forma nel momento in cui ama,
e il soggetto destinatario dell’amore non si trova ad essere amato in virtù delle sue personali qualità,
ma viene investito di una nuova identità nel momento in cui è amato. Chi ama pone se stesso e colui
che ama come totalità in divenire. L’amore dissemina, cioè sparge semi. Emblematica è la distinzione
di Simmel tra amore come più-vita, ossia come espressione di un impulso naturale alla perpetuazione
biologica, e amore come più che vita, ossia l’esperienza che trascende ogni fine naturale e dissemina il
sentire e l’agire umano su orizzonti incondizionati. Quando è più-vita, l’amore è al servizio della
sopravvivenza della specie. Ciò che attira individui di sesso diverso è la volontà di vivere nell’intera
specie, che pur di autoriprodursi piega ai suoi fini la volontà degli individui. L’amore può essere la
fortezza dove ci si difende dalla soggettività individuale, che cerca di anteporre i propri diritti alle
necessità della specie: è in questo senso che l’amore diventa più che vita.

Max Weber - il reincantamento dei media


Il carattere tipografico della modernità
Il disincanto teorizzato da Weber si può descrivere come l’effetto di un processo di mondanizzazione
della vita umana e di perfezionamento delle tecniche di controllo da parte dell’uomo sulle proprie
attività. Nella ricostruzione che Weber ha fatto degli impulsi psicologici di natura religiosa, un ruolo
decisivo viene giocato dalla dimensione intramondana in cui si svolge l’attività dell’uomo alla ricerca
della salvezza ultraterrena. Data la predestinazione per grazia divina, la salvezza non si può acquisire
attraverso le azioni degli uomini; il soggetto si trova a condurre un’esistenza razionale nel mondo,
eppure non di questo mondo o per questo mondo.Per effetto della razionalizzazione l’uomo riesce ad
assumere sotto la propria responsabilità il controllo del proprio ambiente vitale. La religione si è
configurata come la prima forma di razionalizzazione del mondo. Le religioni che Weber definisce di
redenzione, ovvero quelle che prospettavano ai loro seguaci la liberazione dalla sofferenza, hanno
operato come potenti fattori di sistematizzazione razionale della condotta di vita. L’uomo non deve più
ricorrere a sortilegi magici, ma impegnarsi con le proprie azioni personali se vuole ottenere i risultati
che si prefigge nel mondo. Questo spirito di appropriazione del mondo si consolida in virtù delle
grandi trasformazioni: il carattere della modernità emerge dai caratteri tipografici stampa e capitalismo
sono entrambi elementi determinanti nella formazione della razionalità occidentale (la pagina bianca
stampata rappresenta il simbolo del razionalismo cartesiano, espressione di chiarezza e distinzione che
fa tabula rasa di ogni segno estraneo al testo.

Dalla protesta al controllo


Il concetto di “controllo del mondo” è centrale nella riflessione weberiana: si riferisce a quel tipo di
azione razionale che per raggiungere uno scopo si serve di mezzi adeguati alle condizioni date.
L’ascesi intramondana è innanzitutto una tecnologia culturale del controllo attraverso cui l’uomo si
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mette in condizione di padroneggiare il senso e il fine del proprio agire nel mondo. La dilatazione dei
mercati ha provocato una crisi di controllo tra produttori e consumatori di merci: gli industriali
producevano beni di consumo destinati a mercati senza conoscere e senza avere contatti con i
consumatori; l’intero processo era regolato dai distributori. Poi, con il lancio di campagne
pubblicitarie, l’azienda produttrice cominciò a recuperare il contatto diretto con i propri consumatori
scavalcando la mediazione dei distributori. La pubblicità ha cominciato ad avvalersi di un linguaggio
estetico, emotivo e immaginario, tutto il contrario di una forma di comunicazione razionale: si tratta di
una forma di controllo razionale realizzata attraverso il reincanto della società dell’immagine.

La razionalità del reincanto


Uno dei presupposti della sociologia di Weber consiste nel principio per cui una forma di vita
razionale, qual è quella capitalistica, necessita di una scienza razionale per poter essere analizzata e
compresa. I media esprimono una forma di razionalità allargata, capace di garantire il controllo di una
realtà che diviene sempre più complessa e difficilmente gestibile. Oggi l’immaginazione è un fattore
che sostanzia la realtà della vita quotidiana: in questo senso si può dire che l’utopia del ’68, che
induceva a credere che un altro mondo fosse possibile, sia diventata la realtà intramondana del
presente. L’immaginazione è un dispositivo primario di costruzione sociale della realtà. Se razionale è
ciò che permette di controllare la realtà, non si vede perché non si possa riconoscere al cuore e alle
passioni una qualità e un interesse razionale.
Il reincanto è una tecnica di controllo con cui l’uomo contemporaneo cerca di mantenere la sua presa
sul mondo in condizioni di connettività complessa. Il reincantamento del mondo non è altro dalla
razionalità, ma un’altra forma della stessa razionalità; così come non rappresenta una fuga dalla realtà,
ma una strategia per non perdere
il contatto con la realtà.

George Herbert Mead - come la comunicazione costruisce il mondo


Comunicazione e antropopoiesi
• Antropopoiesi: il termine antropopoiesi indica i vari processi di auto-costruzione dell'individuo
sociale, e i vari processi di costruzione del patrimonio culturale di ogni gruppo umano.
Per comprendere la comunicazione bisogna fare una differenza tra gesti e simboli.
Un gesto diventa un simbolo significativo nel momento in cui esercita lo stesso effetto sull’individuo
che lo compie e sull’individuo al quale è rivolto. Assumiamo i significati dei nostri gesti riflettendoli
negli altri, ossia cogliendoli negli atteggiamenti degli individui che rispondono ai gesti che compiamo.
Il sé deve essere spiegato nel contesto del processo sociale e della comunicazione.
Il corpo non è un sé, ma lo diventa solo quando sviluppa una mente nel contesto dell’esperienza
sociale. L’altro è una parte integrante del sé.
Va ripensata quindi la nozione di identità: paradigma individuale dell’identità e multividuali.
- riguardo l’individuo, il rapporto con l’altro si caratterizza per il sé come un atto di presa di distanza e
di autonomia.
Per esistere in quanto individuo, il sé ha bisogno di epurarsi di tutto ciò che non è sé.
- la concezione multividuale della soggettività si basa sul riconoscimento della struttura eterogenea,
plurale dell’identità.
A differenza del soggetto individuale che ha bisogno di chiudersi nei confronti dell’alterità per
costruire la propria esistenza in autonomia, il soggetto multividuale è una realtà aperta che vive
integrandosi con l’alterità. “Dobbiamo essere gli altri se vogliamo essere noi stessi”. Quanto maggiore
è la capacità dei soggetti di immedesimarsi negli altri, tanto più l’autocoscienza sarà sviluppata.

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L’altro nel Sé
Non c’è un io che fa esperienze del mondo esterno, l’io consiste nell’insieme delle esperienze che fa e
delle persone che incontra. Per Mead ogni significato si forma attraverso l’azione combinata di 2
fattori: da una parte le esperienze sensoriali che ogni soggetto riceve dalle stimolazioni derivanti dai
gesti altrui; dall’altra le immagini che il soggetto si fa delle risposte con cui gli altri reagiscono alle sue
azioni. Per dimostrare la formazione della coscienza soggettiva facciamo riferimento al concetto di
“strano anello” tematizzato da Hofstadter. Lo strano anello si arricchisce e si sviluppa di contenuti di
crescente complessità simbolica nella misura in cui incorpora riflessivamente anche le immagini degli
strani anelli che percepisce intorno a sé, ovvero delle coscienze altrui: la coscienza di ogni soggetto si
distribuisce anche presso gli altri soggetti che ne hanno avuto esperienza e in cui ha lasciato impronte
significative. Per Mead, l’individuo si forma assumendo sotto forma di Me l’immagine che l’insieme
degli altri gli rimanda di se stesso. In questa fase l’Io coincide con il Me, ovvero con l’immagine del
Sé. Solo quando riesce a smarcarsi dal Me, l’Io si costituisce come una singolarità dotata di
autonomia: l’Io emerge come capacità di dire no e di affermarsi come differenza rispetto al Me.

Prove di comunicazione incarnata


Mead tratta anche la questione dei neuroni specchio. Questi neuroni presiedono alle attività della
cognizione e dell’interazione sociale attraverso un meccanismo innato di rispecchiamento motorio
dell’altro. Quando interpretiamo i comportamenti degli altri ci predisponiamo a rivivere interiormente
i gesti che essi producono. La proprietà dei neuroni specchio è di attivarsi a particolari azioni, sia che
un soggetto le compia personalmente, sia che osservi l’azione fatta da altri soggetti. I neuroni specchio
codificano le intenzioni e le azioni altrui. Per Wundt stati psichici e stati fisici costituiscono fenomeni
indipendenti che non interferiscono tra loro: quando un soggetto produce un atto, questo diventa
comunicativo per l’altro a condizione di suscitargli un atto simile. La comunicazione avviene quindi
attraverso l’imitazione. I neuroni specchio, per il loro codificare sia l’azione sia l’osservazione fatta da
altri, creano una sorta di codice comune, e una sorta di parità fra un soggetto e gli altri individui.
Cognizione e linguaggio sarebbero da considerare come attività incorporate in virtù della mediazione
dei neuroni specchio: i processi mentali sono modellati dal corpo e dal tipo di esperienze percettive e
motorie che sono il prodotto dei suoi movimenti nel mondo circostante e delle sue interazioni con
esso.

Walter Benjamin - la cultura di massa come fonte di verità filosofica


I media della riproducibilità
Benjamin aveva compreso che il medium è messaggio, ossia che il canale che si adotta per comunicare
condiziona il senso di ciò che si comunica. La fotografia e il cinema, riproducendo le immagini in
copie infinite, modificano il senso dell’arte di cui tendono a dissolvere l’aura, cioè l’alone sacro che
circonda le opere. Esiste un solo e originale dipinto della Gioconda, ma con la fotografia è possibile
generare infinite riproduzioni che consentono di ammirare il capolavoro di Leonardo: nel momento in
cui le tecnologie della riproducibilità abbattono le distanze spazio-temporali che ci separano
dall’opera, il concetto dell’arte viene messo in discussione. La legge di Benjamin ha una duplice
applicazione: da una parte si riferisce alla natura della fruizione estetica; dall’altra spiega in che modo
cambiano la funzione e il significato dell’oggetto artistico e culturale.
Sul piano della fruizione estetica, Benjamin afferma che con le tecnologie non è più il fruitore a
muoversi verso l’arte, ma è l’opera che va incontro al suo fruitore. La riproducibilità trasforma l’arte in
un oggetto di consumo e di intrattenimento, piuttosto che di entusiasta contemplazione.
Sul significato stesso dell’arte, si passa dal valore culturale al valore espositivo dell’opera d’arte. La
funzione dell’arte non sarà più rituale, ma politica: essa si riscatterà dalla natura divina per diventare
interamente linguaggio umano. La digitalizzazione dei contenuti consente un’ulteriore trasformazione
qualitativa culturale: al giorno d’oggi, sempre più consumatori provano a cimentarsi anche nel ruolo di
produttori culturali (prosumer consumer and producer).
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I media della digitalizzazione


La digitalizzazione, la confusione dei ruoli tra esperti e dilettanti sul web (Wikipedia) stanno
minacciando di condurre alla scomparsa della verità. Il collasso dei costi di transazione, poi, è vissuto
come una minaccia per l’ordine umano: la facilità con cui nei social network si possono contrarre
nuove relazioni mette a rischio l’affidabilità dei rapporti sociali. Quando il desiderio di connessione
virtuale diventa ossessivo, la persona si isola, interrompendo la reale interazione sociale.
Inoltre, la crisi di credibilità e autorevolezza che domina le istituzioni culturali e sociali va letta
all’interno di un generale contesto di disintermediazione del sapere che comincia dal momento della
formazione: anche maestri ed educatori si sentono messi fuori gioco dai media digitali.
La soluzione è ricostruire il sistema educativo a partire dall’infanzia, alla scuola che deve riacquisire
prestigio e autorità.La soluzione ai problemi di oggi si può trovare solo ri-tornando indietro alle
discipline di ieri. Che si parli di cultura, amicizia, formazione, il rischio che viene evocato è quello
della banalizzazione:
- banalizzazione della cultura: nel momento in cui viene meno ogni distinzione di ruolo tra esperti e
non esperti.
- banalizzazione dell’amicizia: dato che è così facile fare nuove conoscenze sui social network.
- banalizzazione della formazione: istituti sociali e culturali che difettano di autorità e disciplina.

Alfred Schutz - le mani su internet


La mano come forma dell’umano
Riflettere sulla vita online significa fare i conti con un processo di crisi della mano come organo
umano per eccellenza. La mano è considerata da sempre lo strumento principale dell’antropogenesi,
ciò che fa di un semplice animale l’uomo autentico. L’interpretazione dell’atteggiamento naturale
proposta da Schutz può essere letta assumendo come motivo dominante la funzione svolta dalle mani
di distinguere l’area dei fenomeni a portata dei soggetti da quella dei fenomeni che non lo sono.
Il posto che un soggetto occupa nel mondo è il centro intorno a cui organizza la propria esperienza
dello spazio. Secondo Schutz la zona che comprende ciò che è manipolabile da un soggetto coincide
con la parte del mondo esterno sulla quale egli può agire. Nella società contemporanea, stiamo
assistendo a una trasformazione della portata e delle funzioni della mano, che corrisponde a un
mutamento del modo in cui gli uomini organizzano la loro esperienza. Il riconoscimento della
problematicità del concetto di “a portata di mano”, induce Schutz ad estendere la portata al di là del
Qui del soggetto della conoscenza. Ciò che la mano fa Qui continua a farlo nello stesso modo anche
Là nel momento in cui si estende a partire da Qui: la mano è la nostra modalità di comunicazione e
conoscenza. È necessario fare una differenza tra segno e simbolo, intesi come dispositivi comunicativi.
Ciò che non è a portata di un soggetto può diventarlo ed essere comunicato a patto che il soggetto
abbandoni il suo Qui e si sposti in quello spazio che per lui era il Là. Dov’era Là deve diventare Qui
perché le mani possano proseguire a svolgere la loro funzione. Riguardo invece alla realtà
dell’esperienza estetica o religiosa bisogna far ricorso ai simboli. I simboli portano lontano le mani.
Il simbolo, a differenza del segno che associa una coppia di fenomeni contenuti entro la realtà della
vita quotidiana, stabilisce da una parte un legame tra un fatto o un evento della nostra vita quotidiana,
e dall’altra un’idea che trascende la nostra esperienza della vita quotidiana. Schutz riconosce che il
mondo a portata del soggetto non si riduce esclusivamente a ciò che egli è in grado di toccare e
manipolare materialmente, ma si estende anche a ciò che si può udire o vedere senza toccare.

Il diabolico digitale
La vita globale e la vita online ci sollecitano a confrontarci con un addensarsi di eventi, flussi culturali
e forme di vita così vasti, disorientanti da sfuggirci di mano. Come spiega McLuhan, i media sono
concepibili come metafore delle mani, capaci di estendere e trasferire la portata dell’uomo oltre la loro
presa. Come le mani, anche i media afferrano e lasciano la realtà. Grazie alla facoltà di lasciare e
riafferrare il mondo, le mani hanno istituito l’orizzonte del simbolico, ovvero di ciò che è suscettibile
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di essere tenuto insieme, nella duplice accezione di essere compreso e fatto oggetto di condivisione
umana. Il disagio che sperimentiamo di fronte alla globalizzazione e alla digitalizzazione della vita,
può essere descritto come l’effetto di una sorta di sindrome del mondo che ci sfugge di mano.
Se il mondo è opera di Dio, il mondo globalizzato è opera del diavolo.
La sola tentazione contro cui è necessario resistere è quella di tornare a mettere le mani sulla
globalizzazione e sulla vita online vanificando l’occasione storica che con essa ci viene data per
transitare oltre l’umano.

Michel Foucault - i media della vita


La politica della vita
• Biopolitica: si intende un'implicazione diretta e immediata tra la dimensione della politica e quella
della vita intesa nella sua caratterizzazione biologica. L'agire politico si è sempre rapportato alla vita,
e la vita ha sempre costituito il quadro di riferimento delle dinamiche socio-politiche. Per Foucault, a
partire dalla seconda metà del 18° secolo, ha assunto la forma di una connessione sempre più stretta
e vincolante.
L’archetipo della razionalità biopolitica risale al potere pastorale cristiano, un tipo di potere in cui il
pastore controlla e prende in carico la vita del gregge, ma allo stesso tempo anche quella di ogni
singola pecora di cu esso si compone. Si tratta di un modello di potere che trova nell’idea di “governo”
la sua definizione. A differenza della sovranità che è una forma di autorità che si esercita su un
territorio, il governo corrisponde a una tecnologia di potere che si applica direttamente alle persone.
Il regime di governa mentalità, il compito di far vivere la popolazione, nel senso di potenziarne e
amministrarne la vita sociale. La biopolitica rompe il confine tra pubblico/privato: in passato esse
erano separate (la vita era privata), con la biopolitica c’è la governabilità moderna, cioè le due sfere si
ibridano (la vita delle persone diviene affare pubblico).
Le conseguenze di ciò sono varie:
- sempre più persone rivendicano di poter appartenere a una sfera pubblica per il capitale biologico,
specialmente quelle che sono sempre state minoranze (donne, operai, omosessuali);
- per contrasto, si sviluppa maggiormente la sfera della privacy e dell’intimità.
- con la rottura del confine tra pubblico e privato hanno a che fare anche i media, soprattutto la
televisione.
Foucault dice che uno dei significati di governare è intrattenere, parlare con qualcuno, che è proprio la
missione della televisione. La televisione è molto utile per assicurare la governabilità attraverso
l’avvicinamento ai temi privati e l’ibridazione di questi temi con il pubblico interesse, o anche
viceversa. La televisione è utile alla biopolitica perché è:
- un sovrappiù di vita: perché propone modelli quotidiani e vicini alla gente (reality);
- un sovrappiù di forza: perché serve al potere per motivi politici ed economici (pubblicità).
Oggi si nota come la governabilità della televisione ha avuto una crisi, perché si è spinta sempre più
nella sfera intima e ha causato forme di contro-condotta e resistenza (allontanamento dal medium o
generalizzazione dei suoi contenuti come negativi).

Michel de Certeau - la comunicazione del quotidiano


Il metodo con cui Michel de Certeau riflette è quello di immedesimarsi nel quotidiano, sporcandosi le
mani. Secondo de Certeau, precedenti studiosi hanno la colpa di aver emarginato e soffocato la parola
del corpo sociale sovrapponendovi l’apparato dei suoi linguaggi artificiali. Egli critica le funzioni
sociali delle istituzioni e le pretese dei saperi scientifici.
Altro importante contributo è il progetto della “microfisica dei consumi” e la formazione del
consumatore. Il consumatore è come un viaggiatore nomade che percorre territori altrui senza mai
esserne il proprietario e di conseguenza dietro all’adattamento, alle tattiche, alle strategie egemoniche
del potere sociale che gli individui mettono in atto.
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La tattica è quell’azione che determina l’assenza di un luogo proprio. La strategia è appropriarsi di uno
spazio proprio. In questo scenario, dove c’è l’esigenza di socializzare il potere e di potenziare la
società e il quotidiano, si sviluppa una forma di comunicazione “ventriloquia”, capace di mimetizzarsi
nei discorsi altrui (attraverso le tattiche) e che attinge la sua materia direttamente dalle sostanze più
profonde del corpo (dal e con il ventre). Il fatto che le tattiche abbiano un carattere trasgressivo, non
vuol dire che non siano legate a delle regole: il consumatore di televisione, per esempio, fruisce i
contenuti in modo attivo, ma è una figura diversa dal produttore; egli inventa, solo attraverso i testi,
cose diverse dalla loro intuizione iniziale. L’individuo però, attraverso la sua mediazione tra testo e
contesto di vita, non riusciva a produrre creazioni proprie.

Jurgen Habermas - il destino del comune nella società della rete


Jurgen Habermas affronta il tema della “sfera pubblica” e le possibili soluzioni alla sua disgregazione,
che possono essere attinti alla ricchezza della rete analizzando diverse epoche:
- Ancien Régime (XVII secolo) non vi era una sfera pubblica, in quanto la monarchia non tiene conto
delle opinioni del popolo. Durante questo periodo, però, nascono i primi periodici che trattano temi
finanziari rivolti a piccole élites;
- Stato Borghese (XVIII secolo) vi è la formazione dell’opinione pubblica, ossia un campo di dibattito
fra privati su temi di pubblico interesse, in grado di influenzare le decisioni politiche. Vi è uno
sviluppo dei periodici nei caffè che trattano di economia, politica, arte, letteratura. Questa per
Habermas, però, non è ancora sfera pubblica per tutti, perché è ristretta solo a “uomo bianco,
maschio e borghese”;
- Industrializzazione (XIX secolo) le leggi del mercato entrano nella vita privata; la sfera pubblica
viene rifeudalizzata e assoggettata a interessi economici; vi è una progressiva confusione tra
pubblico e privato, in quanto lo Stato entra nelle case e i privati entrano nello Stato; si sviluppa il
“penny press” (stampa popolare, il giornale che costava solo un penny e trattava temi di gossip,
cronaca…);
- Modernità (XX secolo) si verifica lo sviluppo dei mass media; non vi è più interesse per la società
ma per le libertà individuali, che porta alla disgregazione della sfera pubblica e alla perdita di
interesse nei confronti dei legami sociali e dell’integrazione (immigrati); vi è la trasformazione dello
spettatore che diventa autore;
- Post-modernità (Oggi) si assiste ad una pluralità di informazioni; l’individuo non è passivo e la sfera
pubblica viene ricreata da chi ne fa parte attivamente; vi è un nuovo tipo di democrazia: non più
“intermittente” (discontinua e parziale) ma “continua” (mobilitazione delle opinioni dei cittadini), e
si sviluppa internet attraverso una comunità fatta da utenti.

Niklas Luhmann - la consapevolezza sistemica


Luhmann analizza i concetti di “artificialità”, “informazione”, “comunicazione”, “virtualità”,
“complessità”. Luhmann elaborò una teoria dei sistemi sociali in cui privilegia i processi comunicativi.
L’essere umano vive in una società che gli preesiste e gli fornisce idee e risorse pre-stabilite. La
staticità e l’ordine delle strutture è confrontata con la dinamicità di quelle funzioni a cui ogni attore
sociale assolve (quella che Simmel definisce differenziazione sociale). Questo desiderio di
differenziazione ci porta a disprezzare ciò che siamo, ovvero a disprezzare i prodotti o dispositivi di
comunicazione pur essendo parte integrante del patrimonio genetico nelle società moderne, società in
cui vige un’intelligenza collettiva e in cui si punta sull’immediatezza e sull’estensione della
circolazione dell’informazione. Basterebbe poco per comprendere meglio gli intrecci del nostro vivere
e per rendere un sistema funzionale: un approccio sistematico alle infrastrutture tecnologiche e
stabilire un feelingtecnologico che renda possibili tutta una serie di interconnessioni, e che affini la
nostra capacità progettuale. Tramite le relazioni intersistemiche tra società e persone, i sottoinsiemi
che costituiscono le società complesse reagiscono agli eventi esterni e fanno in modo che un sistema
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sociale nasca dalla naturale produzione di una differenza tra sistema e ambiente esterno.
Si definiscono, quindi, mezzi di comunicazione tutti quei mezzi che trasformano l’improbabile in
probabile. L’unità di misura dell’indefinibilità è la complessità. La complessità è l’informazione che
manca al sistema, ma è propria del mondo digitale che ci rende partecipi di una virtualità reale; è un
eccesso di informazioni rispetto alle capacità del singolo.
Il nostro secolo, si sta caratterizzando per la presenza 3 sistemi astratti dominanti:
1. MST (Macro Sistema Tecnico) stabilisce i criteri di selezione e integrazione dell’innovazione
prodotta, e risponde alla necessità di includere una pluralità di piani e di rendere compatibili codici e
tecnologie differenti;
2. SIF (Sistema Istituzionali Funzionalizzate) garantisce la disponibilità di codici astratti che
permettono di realizzare scambi al di là della diversità culturale, etnica, religiosa;
3. SED (Spazio Estetico Deterritorializzato) l’insieme delle risorse simboliche diffuse e riprodotte
attraverso il sistema della comunicazione mediale, che assicura la spazializzazione plurima dei segni
e dei simboli.
Il pensiero fondamentale di Luhmann è: la costante consapevolezza che, accanto al mondo concreto
della realtà sociale, vi è il mondo invisibile e immaginario del possibile.
La realtà non ha come suo opposto il mondo dell’irrealtà, dell’illusione, dell’inganno, ma è
contrapposta ad una realtà diversa, non attuale, ma possibile, con la quale intrattiene un continuo
scambio attraverso la creazione e il mutamento dei processi di selezione.

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