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Identity and Narration in Digital Social Worlds
This essay examines the recent emergence of visions of virtual
identity who inhabit digital worlds. In regard to the debates over the
nature of Computer Mediated Communications, the author considers
how the cybernarrative is envisaged in online role playing environments.
In multiuser worlds the borders of this “shared fantasies” are
constantly under negotiation and can be understood by examining the
communities of practice in which the interactions taking place.
Titolo originale
Identità e Narrazione in ambienti sociali digitali
Identity and Narration in Digital Social Worlds
This essay examines the recent emergence of visions of virtual
identity who inhabit digital worlds. In regard to the debates over the
nature of Computer Mediated Communications, the author considers
how the cybernarrative is envisaged in online role playing environments.
In multiuser worlds the borders of this “shared fantasies” are
constantly under negotiation and can be understood by examining the
communities of practice in which the interactions taking place.
Identity and Narration in Digital Social Worlds
This essay examines the recent emergence of visions of virtual
identity who inhabit digital worlds. In regard to the debates over the
nature of Computer Mediated Communications, the author considers
how the cybernarrative is envisaged in online role playing environments.
In multiuser worlds the borders of this “shared fantasies” are
constantly under negotiation and can be understood by examining the
communities of practice in which the interactions taking place.
[Rassegna italiana di sociologia, a. XLIII, n. 1, gennaio-marzo 2002, pp. 7-
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Luca Giuliano Identit e narrazione in ambienti sociali digitali
Miguel Cervantes non ci rivela il nome dellhidalgo cinquantenne protagonista del suo romanzo; ci dice soltanto che aveva come soprannome Quijada, Quesada o Quijana. Quanto basta per identificarlo e collocarlo in una paese della Mancha, intento a leggere con passione libri di cavalleria fino a dimenticare lamministrazione delle proprie sostanze.
[...] Insomma, si assorb tanto in quelle letture che passava le notti, dal principio alla fine, e i giorni, dalla mattina alla sera, a leggere; e cos, per effetto del dormir poco e leggere molto, gli si inarid il cervello al punto che perse il senno. La fantasia gli si riemp di tutto quello che leggeva nei libri: d'incantamenti, contese, battaglie, sfide, ferite, galanterie, amori, tempeste e altre impossibili stramberie. E la convinzione che fosse verit tutta quella macchina d'immaginarie invenzioni che leggeva gli si conficc talmente nella testa, che per lui non c'era al mondo altra storia pi certa.
La stravaganza di Quijana, o la pazzia secondo Cervantes, lo port a concepire unidea fuori dallordinario, per quei tempi: diventare cavaliere errante ed entrare con le armi e il cavallo nel mondo avventuroso di cui leggeva le storie con tanto accanimento, affrontandone i pericoli fino a conquistare onore e fama. Il suo primo pensiero fu dunque quello di rimarcare la sua presenza nel nuovo mondo con lattribuzione di un nome adatto alla sua cavalcatura e poi a se stesso. Operazione questa che egli riteneva della massima importanza poich vi dedic diversi giorni.
[...] cos, dopo aver inventato, cancellato e scartato molti nomi, dopo averli allungati, disfatti e rifatti nella sua mente e nella sua fantasia, infine lo chiam Ronzinante, nome, a parer suo, preclaro, risonante e rappresentativo di ci che era stato quando era ronzino, ante, e di ci che era ora, cio primo ed innante a tutti i ronzini del mondo.
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Dato il nome, e un nome tanto di suo gusto, al cavallo, volle darsene uno anche lui, e nella ricerca di esso trascorse altri otto giorni, finch decise di chiamarsi Don Chisciotte.[...] Per, ricordandosi che il valoroso Amadigi non si era accontentato di chiamarsi solo Amadigi e nulla pi, ma aveva aggiunto il nome del suo regno e della sua patria per renderla famosa, e aveva assunto il nome di Amadigi di Gaula, volle anch'egli, da buon cavaliere, aggiungere al nome proprio quello della sua patria e chiamarsi Don Chisciotte della Mancha, e con ci gli parve di aver rivelato chiaramente il suo lignaggio e la sua patria, e di averla onorata prendendo da essa il proprio cognome.
2 Quijana assume dunque lidentit di Don Chisciotte ed entra come personaggio nel mondo dei cavalieri erranti con un atto linguistico performativo 1 introducendo prima di se stesso un oggetto di sua propriet: il cavallo. Attribuire il nome al cavallo la sua prima azione come personaggio, unattivit creativa di costruzione del mondo che prende sostanza da una conferma del s e delle sue prerogative. Certo, resta da chiedersi quale autorit abbia Don Chisciotte per battezzare il proprio cavallo con un atto irrevocabile che ha delle conseguenze sul piano dellentit finzionale descritta dal romanzo. Lautorit gli deriva evidentemente dallessere il protagonista e quindi dallo stesso Miguel Cervantes che il vero narratore e unico produttore del testo. Don Chisciotte desidera immergersi in un mondo denso di pericoli per guadagnare in reputazione con lo stesso spirito con cui i giocatori di ruolo si immergono nei mondi virtuali messi a disposizione da Internet. Don Chisciotte della Mancha il loro archetipo e, al di l delle intenzioni del suo autore, rappresenta uninsopprimibile pulsione sociale radicata in tutte le culture: il desiderio di uscire dal mondo, di essere unaltra persona, in un altro luogo e in un altro tempo (Caillois 1981).
1. Il gioco delle identit Il gioco delle identit il gioco dellattore, colui che fa credere di essere un altro. Lattore moltiplica e trasforma la presenza dellIo mediante decorazioni del viso, alterazioni della voce, gesti, movimenti, maschere e abbigliamenti. Lo stato dellattore lo stato pi
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sublime della presenza. Per mezzo del corpo egli trasforma ci che in ci che vuole esprimere, cio diventa un personaggio. Lattore non pretende di essere ci che appare, ma solo di essere accettato per ci che appare. Come ci insegna Goffman, la sua presenza si costituisce nel processo di interazione (Sparti 2000), nellaccettazione del sostegno reciproco alla messa in scena e alla rappresentazione attraverso il controllo delle impressioni, gli atti di deferenza e di contegno. Nel caso della fiction, la presenza del personaggio (ma anche degli eventi che si generano nella narrazione) dipende dal desiderio degli spettatori di essere ingannati al fine di vivere delle emozioni come se fossero reali. C una continuit storica perfetta tra il teatro delle origini, il teatro sperimentale e la versione post-moderna dal gioco delle identit: il gioco di ruolo (Giuliano 1997; Brasini 1999). Il gioco di ruolo una sorta di macchina dellimmaginazione che permette di distribuire e condividere la narrazione tra pi giocatori facendoli diventare personaggi protagonisti dellintreccio e co-autori della storia. Si tratta, generalmente, di storie avvincenti, insolite, ispirate a vicende epiche e alla fiction avventurosa. Nella sua versione classica, apparsa per la prima volta nel 1974 con Dungeons & Dragons, il gioco di ruolo si svolge intorno a un tavolo, con i giocatori- 3 personaggi che conversano tra di loro e fanno uso di carta e matita per visualizzare certe situazioni, sotto la guida di un master-narratore che rappresenta lambiente simulato e reagisce in modo vivo e intelligente alle loro sollecitazioni 2 . La partecipazione al gioco molto coinvolgente, anche perch la simulazione strutturata, la creazione del personaggio volontaria e personalizzata, e le conseguenze delle sue decisioni sono "vere" all'interno della realt immaginata. La narrazione, in massima parte vissuta e agita dai giocatori attraverso la parola con atti linguistici performativi, crea una realt condivisa nella forma di un universo discorsivo dotato di significato.
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Il gioco di interpretazione si diffuso nel corso di questi venticinque anni raggiungendo il suo apice agli inizi degli anni 90. Ora, nella forma originale appena descritta, in forte declino dovunque, ma le sue modalit si sono evolute, per cos dire, prima nella forma del videogioco e poi nella forma del gioco online (Giuliano 1993 e 1997), trovando cos un nuovo pubblico giovanile interessato e potenzialmente pi esteso del precedente. I giochi per computer, i videogiochi e tutti gli sviluppi pi recenti della comunicazione multimediale, che molti chiamano interattiva, costituiscono un bricolage di pratiche di costruzione dellidentit, tipico (ma non esclusivo) delle generazioni pi giovani, pi scolarizzate e appartenenti ai ceti medio-superiori (Giuliano e Areni 1992; Trmel 2001). Da un punto di vista funzionale ci pu apparire come una risposta alle incertezze tipiche di questa classe di et, come una fuga dallimpegno e dalle responsabilit cui i giovani vengono chiamati, oppure come una valvola di sfogo delle frustrazioni cui vengono sottoposti, fino ad accusare i giochi multimediali di istigazione alla violenza. Queste sono le spiegazioni pi banali: le facili psicologie e sociologie da rotocalco o da dibattito televisivo. Un po pi in l c invece lappropriazione consapevole da parte dei giovani della molteplicit, della differenza, dellalterit, senza necessariamente smarrire i riferimenti morali, rimanendo comunque fedeli alla propria identit culturale, sapendo distinguere tra assunzione di un punto di vista e adesione ad un punto di vista, tra interpretazione di un personaggio e resa incondizionata ai valori (o dis-valori) di cui si fa portatore, quando tale personaggio si configura, come spesso accade, come un eroe positivo, ma spregiudicato, oppure addirittura come un eroe negativo, un antagonista. E sicuramente consigliabile adottare la massima cautela nellutilizzare queste forme virtuali di identit come proiezioni dellidentit di un individuo anzich come desiderio di identit (Sparti 2000, 566). Tuttavia queste esperienze collettive di role taking multipli vanno prese in seria considerazione perch comportano da parte degli interessati unacquisizione critica di informazioni e punti di vista molto diversificati su universi complessi e coerenti (per quanto simulati) che coinvolgono aspetti economici, politici, religiosi, simbolici (Trmel 2001, 292). 4 Attraverso unattivit apparentemente marginale come il gioco, a fianco del processo di socializzazione istituzionale si delinea un processo di socializzazione informale che segue la logica di sviluppo
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di quella che Luc Boltanski e Jean-Louis Derouet chiamano la societ critica (Boltanski 1982; Boltanski e Chiapello 1999; Derouet 1999). Secondo questi autori, la societ attuale critica perch in essa i soggetti sociali dispongono almeno potenzialmente - di tutte le capacit critiche necessarie e hanno accesso alle risorse, anche se in modo ineguale, che permettono loro di esercitarle in modo permanente. Le identit migranti rappresenterebbero allora il tentativo di una parte emergente dei ceti medio-superiori di ridefinire e oggettivizzare i propri confini di gruppo anche rivendicando, se necessario, uno spazio di resistenza alla omologazione e alla massificazione (Giuliano 1997, 140). E questa la societ profetizzata da Jeremy Rifkin? Sono queste le punte pi avanzate di quei giovani pi orientati allethos del gioco che allethos del lavoro che concepiranno il loro modo di essere come nodi integrati di una rete di interessi condivisi e la loro identit personale come una rete di relazioni reciproche? (Rifkin 2000, 17). Era pi facile rispondere prima dell11 settembre 2001. Oggi la storia sembra subire una battuta darresto. Uno di quei rari momenti in cui intere societ stanno con il fiato sospeso ad osservare lorlo dellabisso. Eppure a noi spetta il compito di leggere i segni che gli uomini lasciano lungo il loro cammino. Il gioco delle identit e dei mondi virtuali appare incommensurabilmente vuoto di fronte alla pienezza degli eventi che scandiscono la nostra vita divenuta improvvisamente meno quotidiana. Ma ci non deve trarre in inganno. Il gioco uno degli elementi costituivi della cultura; la cornice di finzione su cui si imperniano tutte le azioni simboliche, quel modo congiuntivo della societ, basato sul come se, sul facciamo che io ero dei bambini, che permette di liberare i desideri pi riposti dellanima, di condividere le fantasie e il senso pi profondo della comunit: lidentit collettiva e i suoi rituali (Turner 1986). Le interazioni sociali che si creano mediante e allinterno del gioco delle identit delimitano uno spazio espressivo del S, un dominio del possibile che va a bilanciare il dominio della ragione pratica, della razionalit dei mezzi e degli scopi; quel modo indicativo della societ che si esprime nel lavoro, nel controllo delle risorse e della casualit, nella riduzione del rischio, nella delimitazione dei confini e nella individuazione dei percorsi ottimali per raggiungere le proprie mete. Il modo congiuntivo permette lirruzione dellinnovazione nelle tendenze conservatrici
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del modo indicativo, mentre questultimo delimita e riduce la potenza distruttiva del sogno ad occhi aperti che si sostituisce 5 allazione, che inibisce il rapporto con gli altri e conduce allisolamento (Winnicot 1971).
2. La comunicazione mediata dal computer La comunicazione mediata dal computer (CMC - Computer Mediated Communication) ha offerto al gioco delle identit uno spazio nuovo e inconsueto, in cui non valgono pi i limiti territoriali, temporali e nemmeno quelli fisici della corporeit. Non uno sviluppo recente dal punto di vista delle applicazioni 3
ma soltanto negli ultimi dieci anni che la CMC manifesta i suoi effetti innovativi negli ambienti della comunicazione (Giuliano 1999; Paccagnella, 2000; Diani 2000). La CMC fondamentalmente di due tipi: asincrona, come la posta elettronica e i newsgroups, che permettono di trasferire messaggi tra utenti che non sono in collegamento tra di loro in tempo reale; sincrona, come la teleconferenza e lInternet Relay Chat, che invece richiedono una compresenza degli utenti nello stesso momento, sebbene a distanza. La CMC basata, almeno per il momento, prevalentemente su testi scritti. Le parole rappresentano lunica realt di riferimento: non sono soltanto informazioni ma anche azioni. La stessa identit degli interlocutori totalmente dipendente dalle loro descrizioni e dichiarazioni verbali. Genere, aspetto fisico, identit etnica, status sociale e ogni altro indicatore o coordinata sociale non sono pi immediatamente evidenti e possono essere adeguatamente nascosti. Elementi come questi, che in altre circostanze possono avere un effetto determinante sulla qualit e sulla durata dellinterazione, nella CMC sono assenti o ininfluenti. Linterazione avviene solo sulla base di ci che gli utenti scrivono. Tutto ci rende ancora pi evidente la funzione posizionale di molti atti linguistici, che servono a collocare socialmente se stessi rispetto agli altri e che vengono letti e interpretati come rafforzativi della propria immagine e della propria identit (Poster 1997).
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La CMC non direttamente confrontabile con linterazione faccia a faccia ma, nello stesso tempo, non pu essere considerata soltanto una conversazione a distanza tra interlocutori anonimi o indefiniti, effimera, deresponsabilizzata e collocabile in un contesto fittizio privo di conseguenze pratiche. Le differenze tra interazione virtuale e interazione reale sono rimarchevoli, ma questo non significa che luna sia meno reale dellaltra. La CMC sempre una interazione che avviene nella Real Life, indipendentemente dallargomento della comunicazione 4 . In una interazione faccia a faccia che si svolge tra due o pi persone la co-presenza fisica comporta una cooperazione e un adattamento continuo tra gli interlocutori (Galimberti 1994). Leventuale presenza di altre persone silenziose nella stessa situazione non pu essere considerata come totalmente indifferente. Anche gli spettatori sono coinvolti nel processo di interazione con feedback paralinguistici 6 (gesti, toni di voce, espressioni facciali), che sottolineano momenti di accordo o disaccordo con quanto viene detto. Le ricerche svolte in questi anni, sia quelle che fanno emergere gli aspetti positivi della CMC che quelle che ne esemplificano gli aspetti negativi, lasciano intendere chiaramente che la digitalizzazione delle relazioni sociali tuttaltro che priva di conseguenze per i soggetti coinvolti e modifica significativamente le modalit, la persistenza, la durata e i contenuti della comunicazione. Anche l dove si manifesta un maggiore scetticismo sul potenziale partecipativo e sulleffettivo sviluppo di comunit virtuali che non siano estensioni virtuali di organizzazioni internazionali gi ben radicate nellopinione pubblica (Diani 2000), non si pu fare a meno di far notare il contributo significativo della CMC nel mantenimento di rapporti intensi tra persone sparse sul territorio, con interessi specifici e delimitati. Daltra parte la stessa velocit di diffusione della CMC a far prevedere che, in tempi non troppo lontani, anche i gruppi sociali oggi esclusi dal mercato digitale possano far sentire la loro presenza. Secondo alcuni la CMC tende a sviluppare una comunicazione non gerarchizzata, reticolare, frammentata, tale da annullare, almeno potenzialmente, le differenze sociali (Kiesler et al. 1984; Sproull e Kiesler 1991). Le relazioni interpersonali, sebbene a
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distanza, diventano pi frequenti e offrono un sostegno positivo e duraturo a rapporti amorosi, di amicizia o di collaborazione (Reid 1992; Rice e Love 1987). Le relazioni che si stabiliscono tra individui, gruppi e istituzioni sono meno formali, mentre nei contesti organizzativi sono favorite le comunicazioni orizzontali e una maggiore partecipazione (Walther e Burgoon 1992). Secondo altri, invece, le preesistenti barriere di status non vengono affatto annullate (Galimberti e Riva 1997), mentre vengono rilevate le difficolt e le lentezze nel prendere le decisioni, nel raggiungere gli obiettivi previsti e nella formazione del consenso, fino ad arrivare ad una vera e propria rottura delle convenzioni sociali, con labuso di un linguaggio aggressivo tale da scatenare reazioni emotive e verbalmente violente (Kiesler et al. 1984; Rice 1984; Sproull e Kiesler 1991). Tutto questo, nel bene e nel male, dimostra che linterazione comunicativa, purch avvenga con una certa continuit, con un certo grado di interesse e di coinvolgimento, non richiede necessariamente una co-presenza fisica degli interlocutori, ma una semplice co-presenza enunciativa, e cio uno scambio di comunicazioni che rende possibile lesercizio di una influenza reciproca sulle rispettive azioni sociali (Galimberti 1992).
3. Lidentit enunciativa La dipendenza assoluta dellidentit degli interlocutori dagli enunciati testuali (oppure da icone, o da piccole immagini grafiche o 7 fotografiche come nelle chat visuali) laspetto pi interessante ed innovativo della CMC. Qualcuno parla di anonimato, ma pi che lanonimato vengono utilizzati lo pseudonimo e la vera e propria identit alternativa. Lo pseudonimo un nome identificativo che tende a sostituirsi a quello reale, ma non rappresenta, di per s, unaltra identit. Per chi partecipa assiduamente ad una delle numerose attivit di comunicazione collettiva nella rete (forum, newsgroups, chat, ecc.) lo pseudonimo o nomignolo (nickname) a volte inserito direttamente nellaccount di posta (yellowsubmarine@freedom.com), uno strumento di rafforzamento della propria presenza in rete, un modo per essere riconosciuto e per accrescere la propria reputazione allinterno del gruppo di riferimento (Donath 1998). Solo nel caso di attivit socialmente riprovevoli o devianti, come nella
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diffusione di immagini pornografiche o nelle attivit legate alla pedofilia, si pu propriamente parlare di occultamento dellidentit. Le motivazioni pi comuni per il vero e proprio cambiamento di identit sono invece il gioco e il divertimento in genere. Lo pseudonimo in questi casi ha la funzione di segnalare allinterno della fiction la presenza di un altro-da-s o di un aspetto di s che normalmente non viene espresso. Il nome, allora, diventa di massima importanza, come dimostra la cura con cui Don Chisciotte lo sceglie, sia per s che per la propria cavalcatura. Il nome deve essere inequivocabile, unico, e spesso ha delle forti componenti simboliche. Il nome compare accanto ad ogni frase scritta dallutente di una chat e ad ogni azione compiuta dal personaggio in un mondo virtuale. Gli utenti della CMC sono estremamente gelosi e puntigliosi nelluso del loro nome; limmaterialit della comunicazione e la forma del testo fa s che il nome acquisti una forza iconica che diventa immediatamente espressione dellidentit. Il nome finisce per essere lunico elemento identificativo certo della persona (Baym 1995).
4. La narrazione reticolare e mondi possibili Oltre che al gioco delle identit, la CMC ha dato un impulso nuovo, ma non inaspettato, alle modalit attive di creazione di mondi finzionali che in precedenza erano circoscritte a poche sperimentazioni letterarie o a gruppi di appassionati di giochi di simulazione. Era gi nota ai teorici della letteratura (Eco 1995) la nozione secondo cui il lettore non mai un fruitore passivo del testo. Il lettore costruisce narrazioni alternative perch prefigura esiti ed interpretazioni durante la lettura; affida, anche inconsapevolmente, i ruoli dei personaggi ad attori o persone di sua conoscenza, basandosi certamente sulle descrizioni dellautore, ma pur sempre attraverso il filtro di quei tratti fisici o di personalit che sono rimasti impressi nella sua memoria. Il lettore attivo ricostruisce i frammenti sparsi del mondo 8 narrativo creato dallautore attraverso i propri schemi cognitivi, le proprie conoscenze e le proprie credenze. Per questo appare insoddisfacente lidea di S. Coleridge secondo la quale il lettore trae piacere dalla narrazione arrendendosi alla immaginazione dellautore con una sospensione dellin-
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credulit. La teoria della risposta del lettore affida invece a questi il ruolo di creatore attivo delle credenze che permettono al mondo finzionale di esistere. La partecipazione del lettore ancora pi evidente in quelle forme di narrazione aperta o di narrazione reticolare che hanno avuto in J. L. Borges un precursore teorico ed immaginifico. Il giardino dei sentieri che si biforcano (1941) una rappresentazione mentale, molto in anticipo sui tempi, dellarte combinatoria applicata alla struttura del racconto. Borges arriva a generare potenzialmente, per gemmazioni successive, un struttura narrativa ad albero che si sviluppa da ununica radice e si ramifica in infiniti mondi che non possono convivere senza entrare in collisione. Alcuni autori, anche senza allontanarsi dal modello della narrazione lineare, non si sono limitati a scrivere delle storie ma hanno costruito intorno ad esse il mondo in cui le storie vengono generate. Uno di questi autori, il primo probabilmente a muoversi consapevolmente in questa direzione, stato J.R.R. Tolkien. LHobbit (1934) e Il Signore degli Anelli (1954-55) non sono soltanto dei romanzi ma sono lespressione di un sistema di credenze e di un mondo sociale cui il lettore viene invitato ad aderire. Tolkien compie unoperazione di virtualizzazione della narrazione che permette al lettore di entrare nella storia, di fornire le proprie risposte e, sebbene solo potenzialmente, di compiere le proprie scelte. La sua non una richiesta di sospensione volontaria dellincredulit ma una operazione di costruzione di una credenza secondaria (Tolkien 1947, 53). Con Tolkien, lautore diventa un secondo creatore, il costruttore di un mondo possibile che si affianca ad una infinit di altri mondi possibili creati nelluniverso del discorso (Dole el 1999). I mondi possibili sono modelli interpretativi, modelli di conoscenza, che permettono di fare delle asserzioni sul mondo attuale. Alcuni di questi mondi sono passati al vaglio della falsificazione scientifica, per esempio, la Terra Piatta, e ora per la maggior parte di noi sono relegati negli scaffali polverosi dei Modelli Abbandonati, come giocattoli rotti ai quali i bambini hanno voltato le spalle. Le strutture cognitive sono sottoposte al vincolo delladattamento al mondo delle nostre esperienze, alla loro capacit di sopravvivere e di rivelarsi adeguate allo scopo. Ma nelluniverso del discorso vi sono mondi possibili che non si riferiscono al mondo attuale; sono modelli autoreferenziali, costrutti di credenze che vengono
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ritenuti veri per se stessi: schemi alternativi delluniverso, cosmologie religiose. I mondi possibili della fiction, come la Terra di Mezzo di Tolkien, sono prodotti dalle attivit estetiche: sono generati dal linguaggio dellimmaginazione e sono sottoposti soltanto al nostro piacere di credere, al nostro desiderio di entrare in una realt alternativa. Sia il modello narrativo reticolare che il modello dei mondi possibili si inseriscono in una modalit di creazione-fruizione che non si discosta dal classico rapporto tra narratore e lettore. La storia pu non essere lineare, ma deve prevedere una conclusione che sia coerente con la linea narrativa, oppure che sia coerente con un numero finito (e di solito piuttosto limitato) di linee narrative che si intersecano. Un esempio quello dei libri a rimandi di paragrafo (libro-game) che hanno avuto tanto successo tra i giovanissimi negli anni 80. In altre situazioni la narrazione si esprime attraverso i diversi punti di vista dei protagonisti della storia, come in Rashomon (1950), il film di Akira Kurosawa. Il lettore o lo spettatore, per quanto attivi, leggono, ascoltano, guardano; la loro partecipazione solo sussidiaria e non supera mai la soglia dellazione dotata di senso, in quanto risultato di scelte e decisioni.
5. La narrazione in ambienti digitali La CMC modifica radicalmente questa situazione generando ambienti sociali digitali che sono la risultante operativa dellazione combinata di tre fattori: la potenza del calcolo automatico rappresentata dal computer; la componente strumentale della scelta vincolata dalle regole, tipica del gioco; e il significato simbolico dellinterazione sociale che emerge dalla comunicazione. Gli ambienti digitali prodotti dal calcolo automatico, come ha illustrato in modo esemplare Janet H. Murray (1997), sono intrinsecamente procedurali, partecipativi, enciclopedici ed esplorabili. Gli ambienti digitali sono procedurali, e cio sono preparati ad eseguire una serie di compiti definiti. Pertanto non sono destinati solo a trasferire informazioni statiche ma anche a risolvere problemi complessi e quindi a produrre ambienti dinamici in grado
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di reagire alle sollecitazioni, purch tra le procedure sia stato previsto un modello di interpretazione di esse. Eliza, il computer- psichiatra creato nel 1966 da Joseph Weizenbaum al MIT, reagiva in modo appropriato alle domande dellinterlocutore e dava lillusione di essere una forma di intelligenza artificiale. Il fatto che gli ambienti digitali siano procedurali non sarebbe cos affascinante, come ha dimostrato Eliza, se non fossero aperti alle nostre sollecitazioni e quindi interattivi. Il computer, specialmente nella sua interfaccia opaca ad icone, tende a simulare, nel nostro immaginario, 10 il comportamento di un essere umano. Risponde ai nostri input, esegue le nostre istruzioni, ma non mai completamente sotto controllo come una macchina. Ha conseguito un tale livello di complessit che spesso abbiamo la sensazione che esegua compiti non richiesti o si rifiuti di compiere quanto noi desideriamo (Turkle 1997, 20). Gran parte dello sviluppo tecnologico di questi ultimi anni consistito nella accelerazione dei processi di calcolo e nella potenza di archiviazione dei dati. Gli ambienti digitali somigliano sempre di pi ad immensi database, enciclopedie del sapere in grado di immagazzinare testi, immagini, suoni. La riproducibilit del mondo sembra non incontrare limiti e si spinge fino alla riproducibilit degli esseri umani, come dimostra lutilizzo sofisticato degli attori digitali nel film Final Fantasy (2001). La rappresentazione cos perfetta da mettere in allarme gli attori hollywoodiani, i quali, traendo dalle immagini la loro professione, temono di essere divorati da icone che non rappresentano pi nulla se non se stesse 5 . Questi immensi database vengono consultati, o meglio esplorati, dagli utenti come spazi navigabili. La metafora della navigazione implica il fatto che lesplorazione degli ambienti digitali una scoperta. Anche quando ci muoviamo tra documenti rappresentati solo da testi (ma ancora di pi quando i documenti sono collegati tra di loro in ipertesti) essi non si presentano a noi come se fossero reperiti nel magazzino della memoria, come se riemergessero dal passato, ma piuttosto come eventi che accadono qui ed ora. Il computer non ci racconta storie ordinate in sequenze cinematografiche. Il computer un teatro di accadimenti (Laurel
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1993). Questa una propriet caratteristica degli ambienti virtuali, configurazioni potenziali di forme ed eventi che si attualizzano in risposta alle sollecitazioni dellutente (Lvy 1997). Introducendo il fattore gioco negli ambienti digitali, la partecipazione allinterno dei modelli narrativi della narrazione reticolare e dei mondi possibili diventa lesercizio di una scelta (play) in uno schema definito dalle regole (game). Il giocatore non un lettore o uno spettatore. Non si limita a partecipare attivamente con la sua fantasia a quanto gli viene suggerito dal testo cercando di completarlo con le sue conoscenze personali (Dole el 1999, 185). Il giocatore ha degli obiettivi da perseguire e pretende di trarre soddisfazione dalle azioni che le regole gli permettono di intraprendere. Il giocatore compie delle scelte e si attende che i risultati siano una conseguenza delle sue scelte. Se le scelte sono state felici, o migliori di quelle dellavversario, egli si attende di conseguire la vittoria. Lazione del giocatore prigioniero nel labirinto consiste nel cercare luscita e non nel soddisfare la sua curiosit recandosi ad un appuntamento con il minotauro. Questo probabilmente poco soddisfacente per un lettore, il quale invece guidato dal desiderio di sapere come il narratore risolver il conflitto tra 11 Teseo e il Minotauro e come questi ritrover luscita dal Labirinto di Cnosso. Il modello game & play, che quello dei giochi di simulazione e della simulazione giocata come strumento di apprendimento e formazione (Cecchini e Taylor 1987; Giuliano 1995), non solo un modello di rappresentazione ma anche un modello di riproduzione della realt attuale. Applicando questo modello alla narrazione, cos come accade in un gioco di ruolo, si prefigura un lettore che diventa giocatore assumendo su di s il ruolo di protagonista della storia e impadronendosi dunque di una parte rilevante delle prerogative che spettano tradizionalmente allautore del testo. come se Don Chisciotte potesse decidere da solo il nome da attribuire al cavallo e a se stesso ed entrare cos nel mondo dei cavalieri con un vero atto performativo. In questo modo non sarebbe Miguel Cervantes il solo autore del romanzo. Cervantes avrebbe creato un mondo possibile, ma la sua attualizzazione sarebbe affidata alle scelte del giocatore Don Chisciotte. Il modello game & play del lettore-giocatore che diventa Teseo ed entra nel Labirinto immaginato dal narratore-master diventa pi propriamente gioco di ruolo quando Teseo viene accompagnato nella sua avventura dalla lettrice-giocatrice Arianna. Allora la
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fantasia condivisa viene negoziata fra tre attori e non pi la somma del punto di vista di ciascuno ma di un altro (il gruppo) che il prodotto della loro interazione. Negli ambienti digitali la comunicazione tra i giocatori porta a completamento questo processo con dinamiche del tutto indistinguibili da quelle che si verificano negli ambienti interattivi della Real Life. La comunicazione introduce negli ambienti digitali la costruzione di senso (sensemaking) che si fonda sulle identit costituite in un processo di interazione (Weick 1997). Il completamento di questo sviluppo analizzabile ricostruendo la nascita e levoluzione dei MUD.
6. Mondi finzionali condivisi da molti utenti MUD un programma che crea un ambiente virtuale, basato su messaggi di testo, reso accessibile in Internet tramite un collegamento Telnet, cio tramite un protocollo di comunicazione con il quale un utente entra in collegamento con un computer ospitante remoto. In pratica il computer dellutente diventa temporaneamente un terminale del computer remoto principale. Per queste sue caratteristiche di collegamento ad una rete centrale, il computer che ospita il programma MUD in grado di gestire un numero limitato (ma oggi sempre pi grande) di utenti collegati nello stesso momento 6 . Prima del MUD vi fu un solo esempio di interazione uomo- macchina che si presentava come una esplorazione dello spazio virtuale. Si tratta di Colossal Cave/Adventure (1977) di Willie Crowther e Don Woods, un programma in cui il giocatore si trovava ad esplorare una 12 grande caverna a caccia di tesori. La ricerca avveniva attraverso un testo scritto al quale il giocatore doveva reagire dando ordini al computer sulla base di un linguaggio naturale fatto di frasi molto semplici (Goetz 1994).
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Adventure venne scritto in Fortran alluniversit di Stanford e rapidamente si diffuse nei laboratori e nelle universit di tutto il mondo. Molti giocatori attraverso i terminali si potevano collegare al programma installato su un computer mainframe, ma non potevano interagire luno con laltro nello stesso ambiente testuale e comunicare tra di loro. Il MUD, appena due anni dopo, varcava invece questa frontiera. Il primo MUD stato creato nel 1979 da Richard Bartle e Roy Trubshaw quando erano studenti allUniversit di Essex, in Inghilterra, come prima versione multi-utente di Adventure; lo stesso Richard Bartle lo descrive come poco di pi che una serie di locazioni interconnesse tra di loro dove possibile muoversi e chiacchierare (Bartle 1990). Il master elettronico creato dal programma di Bartle e Trubshaw era molto meno flessibile e per nulla creativo rispetto al master umano di un gioco di ruolo da tavolo. Il MUD aveva per il vantaggio di poter gestire, attraverso la rete, centinaia di personaggi e creature in tempo reale. Di fatto il MUD esclusivamente un testo (oppure un insieme di testi ed immagini, nelle versioni pi recenti) basato fisicamente su un programma che permette agli utenti di navigare in un database. Il programma prevede dei feedback reciproci tra gli stati successivi assunti dagli utenti e lo stato del database, il che offre lillusione che il database sia in grado di reagire in modo intelligente alle sollecitazioni esterne. Inoltre il programma permette a pi utenti di condividere le stesse risorse e quindi permette la comunicazione e linterazione tra gli utenti stessi. Lo spazio digitale e sociale che risulta da queste interazioni e da queste partecipazioni reciproche tra gli utenti il prodotto di una immaginazione distribuita e condivisa che diventa una creazione comune. In un MUD (per restare alla forma classica e pi nota) il giocatore, prima di tutto, deve assumere il ruolo di un personaggio che dovr rappresentarlo allinterno dellambiente ricostruito artificialmente dal programma. Ad ogni connessione il programma riconosce con un login e una password il giocatore e lo fa entrare nellambiente virtuale con il personaggio prescelto. La gamma di personaggi da interpretare basata sullambientazione narrativa di riferimento del MUD. In unambientazione fantasy ci saranno degli avventurieri fiabeschi, mentre in unambientazione fantascientifica ci saranno probabilmente degli astronauti o dei mercanti dello spazio. Il programma definisce delle caratteristiche generali, ma poi
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13 il giocatore che con le sue scelte personali e il suo carattere costruisce un personaggio unico e ben identificato nel mondo virtuale in cui andr a vivere la sua storia. Oltre a determinate scelte professionali o archetipiche (per esempio il guerriero, il mago, il chierico o il ladro), il giocatore pu scegliere il genere e laspetto, il modo in cui vestito, spesso anche lappartenenza a una specie non umana. Particolarmente significativa la scelta del genere. Su questo argomento gi stato detto e scritto moltissimo (Paccagnella 2000, 93). Assumere una identit di genere diversa dalla propria ha motivazioni, sviluppi ed esiti che non possono essere discussi nellambito di questo saggio. Vi sono donne che cercano di mascherare la propria identit per ridurre lo schematismo della comunicazione allinterno di modelli stereotipati, oppure per acquisire un vantaggio nel gioco; in mondi violenti dominati dalla forza fisica, come spesso sono i mondi avventurosi, una donna pu ritenere pi vantaggioso assumere un ruolo maschile. In altri casi si tratta di un vero e proprio inganno teso a manipolare linterazione; un ruolo femminile, di solito, attira lattenzione o stimola atteggiamenti protettivi; oppure la scelta legata al puro divertimento o al desiderio di vedere il mondo da un altro punto di vista (Curtis 1992). Ci che affascina la maggior parte degli utenti di un MUD la possibilit di diventare autori di se stessi (Turkle 1995, XIII), di costruire delle nuove identit attraverso linterazione sociale. Il corpo di un personaggio nel MUD rappresentato da una descrizione scritta che appare sul monitor di tutti gli utenti collegati; non ci sono limiti a questa apparenza, n di aspetto n di carattere. Non solo possibile apparire magri, belli e con un nome evocativo e gradevole, ma possibile, soprattutto, manifestare atteggiamenti, motivazioni, gusti e stili di comportamento che non sono consueti nella vita quotidiana. In un MUD il giocatore quello che desidera essere, il suo anonimato rispettato ed egli pu esplorare altri aspetti della sua personalit, o sperimentare modalit del s che non assumerebbe mai nella vita reale. Le regole, le informazioni sulluso dellinterfaccia utente, i comandi di base, possono essere pi o meno complessi. Dipendono dalla tipologia del MUD. Vi sono dei programmi client che hanno come scopo di facilitare linvio dei comandi al programma principale. In genere il giocatore ha la possibilit di esercitare
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nellambiente simulato una gamma di azioni verosimili (camminare, prendere, lasciare, parlare, sussurrare, ecc.), di interagire con i personaggi degli altri giocatori, conversando e scambiando oggetti, fino a combattere con i mostri e nemici per acquisire punti- esperienza e salire di livello nelle gerarchie di gioco. In ogni MUD vi sono regole che stabiliscono in che modo possibile acquisire i mezzi per controllare lambiente (si tratti di abilit, incantesimi, denaro o armi) e ottenere gratificazioni e ricompense; sono vietati i comportamenti palesemente offensivi e il turpiloquio. In moltissimi 14 MUD non sono previste forme di aggressione tra i giocatori (player killing); lo stesso programma che non prevede tali azioni e quindi le rende impossibili. I collegamenti tra una locazione e laltra configurano una planimetria, in cui il visitatore si orienta con i quattro punti cardinali (nord, sud, est, ovest), e magari anche un sopra e un sotto che conferiscono alla struttura una sua tridimensionalit. Il personaggio ha nel mondo virtuale del gioco una sua vita, ha delle risorse che possono crescere e diminuire secondo le sue scelte di comportamento. Il personaggio pu andare incontro a successi ed insuccessi, fino ad affrontare la morte. La morte significa limpossibilit di ritornare nel gioco con lo stesso personaggio; la perdita dellidentit virtuale; la fine della sua storia. Il giocatore naturalmente pu sempre ricominciare dallinizio nello stesso MUD con un altro personaggio, o con lo stesso personaggio in un altro MUD, ma la sua narrazione sar unica, lesperienza vissuta non potr pi ripetersi in modo identico. Le possibilit offerte dal programma di manipolare, integrare, costruire intere parti del mondo virtuale sono decisive per definire lappartenenza del MUD ad un categoria pi orientata alla socialit oppure alla narrazione (pi spesso avventurosa). I MUD che favoriscono la creativit e linterazione libera tra i giocatori utilizzano un linguaggio di programmazione object-oriented (MOO) che permette agli utenti stessi, dotati di maggiori capacit ed esperienza, di inserire nel database degli oggetti di loro creazione, in grado di compiere delle operazioni e tali da essere utilizzati da altri giocatori. MUD e MOO non sono soltanto luoghi dellAltrove popolati da maschere. Le loro applicazioni in campo educativo sono numerose, sia per la formazione di ambienti di apprendimento scientifico, come EON (Educational Opportunities Network) basato su un approccio epistemologico costruttivista, che come supporto
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alla costituzione delle Communities of Learners (Biolghini 2001). In Italia un esempio di questo genere Little Italy, un MOO attivo dal 1991 sulle macchine dellUniversit di Milano e diretto da Gianni Degli Antoni.
7. Le tendenze pi recenti Il successo ottenuto dai MUD ha spinto alcune case produttrici di giochi o servizi telematici a sviluppare ambienti digitali in grado di portare in rete le sofisticate tecnologie di riproduzione grafica in 3D dei giochi per computer. Il primo gioco di ruolo in rete di questa nuova generazione stato Ultima OnLine nel 1997, un titolo di grandissimo successo tra i computer role playing games per un singolo giocatore. La serie di Ultima era dotata di una grafica isometrica, molto adatta al gioco di esplorazione, in cui il personaggio giocatore (avatar) viene osservato dallalto mentre agisce in ambienti tridimensionali. La 15 versione OnLine ha avuto immediatamente un grande successo e ha portato alla nascita di un nuovo acronimo: MMORPG (Massive Multiplayer Online Role Playing Games). In breve tempo Ultima OnLine ha superato la considerevole cifra di 100.000 giocatori. Sullonda di questo successo sono stati sviluppati altri ambienti, anche con stili molto diversi, a cura della Sony (Everquest), della Microsoft (Asherons Call) e di altre importanti case di produzione. Dal punto di vista della modalit di interazione, le differenze rispetto al MUD, a parte il rilevante impatto della grafica, non sono moltissime. E sicuramente impressionante il numero di giocatori che si possono trovare contemporaneamente allinterno di un unico ambiente, sebbene suddiviso in zone, edifici e sotterranei che configurano spazi immensi. Si tratta di diverse centinaia e, a volte, anche di migliaia di giocatori. La Sony ha dichiarato di aver raggiunto con Everquest il picco di 20.000 giocatori presenti in tempo reale. Linterazione tra i personaggi-giocatori avviene con brevi testi che compaiono, come un fumetto, accanto allavatar che si muove con molta scioltezza nellambiente digitale eseguendo fedelmente qualsiasi comando in modo intuitivo e naturale, senza le ben note complicazioni degli ambienti esclusivamente testuali. Tuttavia, nel dibattito attuale sui MMORPG, emerge con chiara evidenza linsoddisfazione di molti utenti che si attendono una modalit di gioco centrata sul ruolo del personaggio, sullapprofondimento
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dellidentit e sulla narrazione. Di fatto i MOORPG sono diventati dei giochi hack and slash in cui lattivit prevalente quella di uccidere mostri e scovare tesori per accumulare punti-esperienza e diventare personaggi sempre pi potenti. Le attivit sociali, per quanto presenti, sono spesso esclusivamente strumentali alla competizione. Daltra parte, secondo alcuni osservatori, la numerosit stessa degli utenti che rende difficile la costruzione di ambienti condivisi in cui sia possibile la costruzione collettiva della narrazione cos come avviene in un gioco di ruolo intorno al tavolo. In altre situazioni si verifica, allopposto, la riduzione di complessit operata da quegli utenti che utilizzano il MMORPG come un programma di chat, chiacchierando di argomenti che non hanno nulla a che fare con lambientazione e che infastidiscono invece gli altri giocatori. Su un versante completamente diverso, anche rispetto ai MUD, vi sono altre esperienze di natura non commerciale che invece portano alle estreme conseguenze lidea stessa di narrazione interattiva, creazione distribuita e fantasia condivisa. Lesempio forse pi avanzato di questa sperimentazione Pathos 7 , un gioco di ruolo dal vivo, in tempo reale, che utilizza qualsiasi forma di comunicazione, ma in particolare la E- mail, le Mailing List e, in alcuni casi, i programmi di chat. In Pathos i personaggi-giocatori, con un sistema molto flessibile e in continua ridefinizione, partecipano alla costruzione del mondo narrativo con diversi gradi di potere e con una piena autonomia sulla gestione del 16 proprio personaggio. La costruzione dellidentit e linterpretazione del ruolo del personaggio al centro delle interazioni tra i giocatori. Le storie che ne scaturiscono sono del tutto analoghe a quelle che possono nascere dalla fantasia di uno scrittore, ma convivono in un unico mondo narrativo in cui ciascuno nello stesso momento personaggio e autore, come tanti Don Chisciotte che si sono affrancati dal loro Cervantes e hanno preso per mano il loro destino di cavalieri avventurosi. Non facile mantenere la coerenza di un unico mondo narrativo in cui agiscono con atti linguistici perfor-
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mativi cos tanti personaggi-autori. Per Pathos dimostra, con una narrazione che dura da circa quattro anni in tempo reale, che la sfida organizzativa di unoperazione di questo tipo pu essere portata molto avanti fino a costituire un tessuto comunitario forte e non occasionale. In un ambiente caratterizzato dalla massima ambiguit, come quello generato dalla CMC, il processo di costruzione di senso imperniato esclusivamente sulle identit, sul processo di interazione che costituisce lo spazio intersoggettivo in cui ciascuno cerca una conferma del S attraverso le risposte dellAltro. Le identit molteplici ci permettono di avere accesso ad una pluralit di mondi e quindi ad una pluralit di significati. Capiremo meglio gli ambienti sociali in cui viviamo e saremo in grado di affrontarne le crisi e i cambiamenti, quanto pi saremo in grado di comprendere ed interpretare le identit da cui vengono prodotti (Weick 1997, 31).
8. I mondi finzionali multi-utente come comunit di pratiche Su questa base siamo in grado di estendere ai mondi finzionali multi-personali e multi-utente, abitati da molti personaggi che pretendono anche di essere autori, il concetto di comunit di pratiche che Giovanni Arata, un giovane studioso dei MUD, ha applicato nella sua tesi in Scienze della Comunicazione (Arata 2001). Facendo riferimento ai lavori di Jean Lave ed Etienne Wenger sui processi di socializzazione nei contesti organizzativi (Lave e Wenger 1991) e, in particolare, sullultimo lavoro di Wenger (1998), Arata analizza le modalit di interazione nel MUD Lumen et Umbra con una intensa e coinvolgente osservazione partecipante. Le communities of practice sono aggregazioni sociali che sviluppano un forte senso di coesione comune attraverso attivit affini ed interazioni informali. Di solito non sono istituzionalizzate, oppure sorgono allinterno di organizzazioni formali senza alcun riconoscimento. La partecipazione ad esse volontaristica ed il processo di socializzazione finalizzato alla condivisione delle esperienze, pi che al conseguimento di obiettivi comuni. In una comunit di pratiche i partecipanti sono accomunati dalla volont di compiere un percorso insieme e di interpretare gli eventi man mano che si presentano, costruendo ambienti dotati di significato. 17
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Secondo Etienne Wenger le comunit di pratiche sono caratterizzate da un impegno reciproco in attivit di vario genere (lavorativo, ludico, espressivo, di servizio sociale); da un senso di appartenenza al gruppo; dalla condivisione di un linguaggio specifico che si forma allinterno di regole costitutive che definiscono quali problemi possono essere affrontati e quali siano le soluzioni accettabili. Ogni gruppo di gioco, cos definito, riconducibile ad una comunit di pratiche per il fatto stesso di essere costituito intorno alla decisione di condividere volontariamente delle regole che definiscono lo spazio di libert in cui esercitare le proprie scelte come giocatori (Duflo 1997, 203). Nella ricerca di Arata, il MUD esprime pienamente tutte le condizioni definite da Wenger per quanto attiene al mutuo coinvolgimento dei partecipanti, i quali giocano con le loro identit attraverso atti linguistici costantemente confermati sia dagli altri giocatori che dalla coerenza dellambiente testuale prodotto: il successo della comunicazione, lapprendimento delle regole e delle forme gergali, il conseguimento degli obiettivi che vengono posti al personaggio, la sua crescita come eroe nella narrazione, la conquista di notoriet e fama allinterno della comunit stessa. Gli utenti del MUD acquisiscono un senso di appartenenza che documentato dalla frequentazione assidua e di lunga durata della comunit, oltre che da unattenzione costante allingresso e alla socializzazione dei novizi (newbes) verso i quali si orientano risorse e legami (con donazioni di oggetti virtuali, per esempio) rivolti al mantenimento della relazione e al costituirsi della reciprocit. Infine, i giocatori sviluppano un repertorio condiviso di materiali simbolici, una cultura, un modo di essere che entra a far parte della loro identit di personaggi, prima di tutto, e poi anche di persone, visto che abbastanza frequente in tutti i MUD, quando le distanze lo permettono, lorganizzazione di incontri periodici dal vivo. Questi materiali simbolici, che per un ambiente definito da fantasie condivise sempre e comunque parola che diventa azione, nel momento stesso in cui vengono prodotti diventano patrimonio comune oggetti [che] non sono percepiti come riflessi del loro autore, ma assumono uno statuto autonomo, quasi fossero sempre stati nel mondo a prescindere dallatto creatore che li ha generati (Arata 2001, 30).
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9. Conclusione In una comunit di pratiche il senso di soddisfazione che i partecipanti traggono dalla loro attivit acquisisce un valore determinante e diventa un fattore forte di riconoscimento. In una 18 comunit ludica questo pu sembrare scontato, visto che la volontariet della relazione e la gratificazione che ne derivano i partecipanti costitutiva del concetto stesso di gioco. Eppure non scontato se pensiamo allinterazione in assenza della CMC , al suo essere apparentemente poco impegnativa ed effimera. Viene in mente quel concetto di flusso che Victor Turner riprende da Csikzentmihalyi e MacAloon (Turner 1986, 105). Il flusso lesperienza creativa totale, a volte anche lesperienza religiosa, in cui si fonde lazione e la coscienza, in cui il piacere dellimmersione nell hic et nunc prende il posto di ogni preoccupazione, di ogni problema, di ogni ansiet. Nellambito del gioco il flusso porta ad una concentrazione massima dellattenzione sul senso dellesperienza che viene compiuta, grazie alla estrema semplificazione della realt sociale attraverso le regole, che diventano lunica realt sociale cui attenersi. Per vincere, per compiere una buona performance, per interpretare bene il nostro personaggio, dobbiamo agire sulla base delle regole, oppure giocare con le regole stesse, quando ci viene richiesto. In ogni caso, abbiamo scelto volontariamente di sottometterci alle regole o di impegnarci ad utilizzarle e ci sentiamo padroni delle nostre azioni; sappiamo che ogni nostro atto ha delle conseguenze, sappiamo che possiamo farcela, anche quando c un grande rischio, come dimostrano i successi che ottengono gli sport estremi. Infine, il flusso non ha bisogno di giustificazioni, finalit e ricompense esterne; e la sua stessa esistenza che viene ricercata. Questa corrispondenza individuale tra lessere e lagire che Turner vede realizzata a livello collettivo nella communitas spontanea, noi la possiamo osservare in parte nella comunit di pratiche dei mondi finzionali multi-utente e nel gioco delle identit. Forse la risposta culturale di una generazione cosmopolita di giovani dotati di risorse tecnologiche, di conoscenze e della capacit di sapersi orientare in uno spazio dellinformazione affollato e ridondante, allo stato di frammentazione delle societ globalizzate, prive di centro, di una narrazione lineare, di una prospettiva di sviluppo e di orizzonti utopici che si sanno irraggiungibili, ma tali da guidare lazione politica nel presente. Unipotesi, questa, che coincide
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singolarmente con la recentissima e ambiziosa riflessione di Pekka Himanen (2001): letica hacker del lavoro che coniuga in modo nuovo gioco, creativit e antagonismo sociale, in vista di una nuova etica della libert che prende il posto di quelletica protestante che fino ad oggi ha guidato lo sviluppo del capitalismo. E possibile che questa moltiplicazione del S, questo riappropriarsi, sebbene in un ambito di finzione, di una pluralit di significati, sia una scuola per le nuove generazioni che saranno costrette sempre pi a confrontarsi con lambiguit, con la diversit, con la flessibilit e con i rapidi mutamenti di un contesto sociale complesso e fortemente conflittuale. Se sar cos dovremo abituarci ad 19 osservare con sempre maggiore attenzione ci che accade nei mondi finzionali perch in essi potrebbe delinearsi lanticipazione di ci che ci attende nel futuro.
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Note 1 Un atto linguistico performativo, secondo J.L. Austin, ha una particolare forza illocutiva: interferisce con il mondo narrativo effettuando dei cambiamenti che possono essere pi o meno sostanziali, fino alla creazione o distruzione del mondo (Austin 1987, 9).
2 Le ricerche e la saggistica sul role playing game (utilizzo la forma inglese per evitare ogni confusione con il role playing di formazione) non sono moltissime. Gary Alan Fine (1983) stato il primo ad affrontare il tema con losservazione partecipante di alcuni gruppi di gioco. Personalmente (in collaborazione con Alessandra Areni) ho condotto una ricerca con questionario sui giocatori di Dungeons & Dragons (Giuliano e Areni 1992). Laurent Trmel (2001) ha compiuto una ricerca analoga in Francia, sui lettori della rivista di settore Casus Belli nel 1995. Nel mio lavoro del 1997 (I padroni della menzogna) ho cercato di ricostruire il percorso culturale e antropologico del gioco di ruolo in riferimento alla categoria della mimesi in Caillois (1981). Sulla base di ipotesi diverse dalle mie, ma non divergenti, c il saggio di Fabio DAndrea (1998) sul recupero dellesperienza nei contesti primari.
3 Data, per lo meno, dalla fine degli anni Sessanta. La prima edizione del lavoro pionieristico di S.R Hiltz e M. Turoff, The Network Nation: Human Communication via Computers (MIT Press, Cambridge, MA) del 1978 (Paccagnella 2000, 21).
4 Si veda lintervento di Nancy K. Baym in questo stesso numero della rivista.
5 E il trionfo delliperrealt profetizzata da Baudrillard (1981): al reale si sostituiscono i segni del reale; le stelle di Hollywood esprimono il timore che la loro immagine perfetta sveli lartificio della loro fascinazione, cos come gli iconoclasti dellVIII sec. 23 temevano che limmagine di Dio si sostituisse a Dio stesso.
6 Allinizio lacronimo significava Multi-User Dungeons perch le modalit di gioco avevano molte affinit con il gioco di ruolo Dungeons & Dragons. Il termine dungeon, che in inglese sta per labirinto, era particolarmente adatto a descrivere un luogo virtuale costituito da locazioni collegate tra di loro fino a rappresentare uno spazio complesso e tridimensionale (Turkle 1997). Successivamente la decodifica dellacronimo stata modificata in Multi User Domains o Dimensions, per sottolineare lintroduzione di modalit di interazione e gioco che non avevano pi nulla da spartire con Dungeons & Dragons.
7 Pathos iniziato il 22 marzo 1997 da unidea dello scrivente e di Massimiliano Roveri. A noi si sono aggiunti, nei mesi successivi, Alessandra Areni, Fabrizio Biasiolo, Fiorenzo delle Rupi, Fabrizio Ermini, Francesco Luconi, Maurizio Mancini, Teo Mora, Enrico Pacciani, Elena Pancino, Marco Perez, Mauro Teragnoli, Michele Gianni, Laura Bucciolini e Piermaria Maraziti. Nel mese di settembre 1997 iniziata la fase di gioco e narrazione vera e propria che ha coinvolto, fino ad oggi, oltre 200 giocatori. Una parte della documentazione disponibile sul sito http://www.pathos.it.
Abstract
Identity and Narration in Digital Social Worlds
This essay examines the recent emergence of visions of virtual identity who inhabit digital worlds. In regard to the debates over the nature of Computer Mediated Communications, the author considers how the cybernarrative is envisaged in online role playing environments. In multiuser worlds the borders of this shared fantasies are constantly under negotiation and can be understood by examining the communities of practice in which the interactions taking place.
Notizie sui collaboratori
Luca Giuliano insegna Metodi quantitativi per le scienze sociali alla Facolt di Scienze Statistiche dellUniversit degli Studi di Roma, La Sapienza.
Oratio de Hominis Dignitate: Ai figli di una Nuova Umanità: l’irrimediabile condizione di esseri individuali come origine primordiale del dolore umano?