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LA FILOLOGIA ROMANZA

Pietro G. Beltrami

PRIMA PARTE – I DIVERSI VOLTI DELLA FILOLOGIA ROMANZA – 

CAP1) CHE COS’E’ LA FILOLOGIA ROMANZA

La parola filologia deriva dal greco e significa amore del discorso, perciò il filologo è l’amante della
conversazione.

La filologia è l’arte dell’edizione critica dei testi, la filologia procede analizzando tutti i testimoni
manoscritti o a stampa in cui un dato testo è disponibile al fine di ricostruire la volontà d’autore
quando possibile e quindi produrre un testo che a essa sia il più vicino possibile oppure, in casi
dove la volontà d’autore non è ripristinabile, dare un testi il più vicino possibile a come è circolato
per la prima volta. Importantissima per la ricostruzione del testo è anche la storia della tradizione
ovvero la storia di manoscritti e stampe che ci hanno tramandato il testo all’interno del contesto
storico-culturale che vigeva nel momento della loro ricezione.
Uno dei compiti fondamentali della filologia è dunque quello di mantenere i testi integri di fronte
ai deterioramenti che subiscono nel tempo durante la trasmissione e ai cambiamenti della lingua
nello spazio e nel tempo.
La filologia romanza applicherà appunto il suo campo di studio ai prodotti letterari delle lingue
romanze

Le lingue romanze o neolatine sono tutte quelle lingue che traggono la loro origine dalla
frantumazione e dai mutamenti che il latino parlato subisce dopo la caduta dell’Impero Romano.
Esse dunque possono essere considerate facenti parte di un’unica famiglia linguistica (quella
romanza appunto) perché hanno un’ origine comune, sono poi invece vicende particolari ad
averne causato le differenze reciproche.
In base alle differenze, le lingue romanze si dividono in vari raggruppamenti:

 Lingue iberoromanze = portoghese, spagnolo, catalano, galego


 Lingua galloromanze = occitano, francese, francoprovenzale 
 Lingue italoromanze = italiano, sardo, corso
 Lingua retoromanze = romancio, ladino, friulano
 Lingue balcanoromanze = dalmatico, romeno 

Esiste una circolarità tra filologia e linguistica: la prima fornisce alla linguistica dei dati testuali,
mentre la seconda fornisce alla filologia norme e cognizioni di linguistiche per poter fare edizione
dei testi ed interpretarli.

La filologia romanza nasce all’inizio dell’Ottocento, integrava linguistica, studi letterari e culturali,
studi di critica del testo sulle lingue romanze, dalle origini al presente. Il dominio della filologia
romanza privilegia il periodo del Medioevo, nel quale avviene la disgregazione del latino come
lingue parlata e ci si avvia alla formazione delle lingue romanze.

CAP2) PRIMA DELLA FILOLOGIA ROMANZA

La filologia romanza trova grande applicazione a partire dall’ ‘800 quando finalmente si comincia a
dare valore di scientificità al concetto secondo il quale le lingue romanze derivassero da una
lingua comune ovvero il latino: a questo punto i testi medievali iniziano a essere studiati secondo
un’ottica diverse e ben precisa. Tuttavia, già prima dell’800 i testi romanzi erano comunque
oggetto di studio

2.1 Dante 

Un primo esempio di riflessione attorno a queste lingue romanze è quello di  Dante Alighieri nel
suo De Vulgari Eloquentia scritto in latino e rimasto incompiuto (1304-1306). La teoria di Dante è
però ben diversa dalla realtà che conosciamo oggi: per Dante il latino (gramatica) è una lingua che
sta al di sopra delle altre, indifferenziata, immutabile e creata per la comunicazione dotta e
intellettuale a partire da elementi volgari ovvero di quelle lingue materne parlate perché apprese
spontaneamente durante l’infanzia.
Ha comunque già chiaro il fatto che il volgare cambi nel tempo e nello spazio, riconosce infatti 3
volgari letterari principali ovvero la lingua d’oc, la lingua d’oil e la lingua di sì (occitano, francese,
toscano) e teorizza che molto probabilmente queste tre lingue derivino da una lingua comune
perché molte tra di loro sono le somiglianze.
Le affermazioni che Dante fa in quest’opera sono rivoluzionarie poiché nel ‘200 il volgare non ha
ancora la stessa dignità del latino: è una lingua popolare, non standardizzata quindi non
insegnata nelle scuole e priva di autorità.
Uno degli obiettivi principali del De Vulgari Eloquentia è infatti quello di dare al volgare la stessa
dignità del latino, inizierà infatti a definire “poeti” al pari di quelli classici, anche i rimatori volgari.

2.2. Le prime grammatiche delle lingue romanze

Già prima del De Vulgari Eloquentia di Dante però, vi erano stati alcuni tentativi di dare una norma
linguistica soprattutto alla poesia dei trovatori provenzali.
Il primo a fare questo tentativo è il catalano Raimon Vidal de Besalù che tra la fine del 1000 e gli
inizi del ‘200 scrive le Razòs de trobar ovvero le regole della poesia in cui offre esempi di quei
trovatori che hanno composto nel miglior modo possibile così da insegnare la giusta maniera di
comporre a quelli disposti a imparare. L’opera viene poi rielaborata in Sicilia, in Sardegna e in
Toscana.
Successivamente altre opere di grammatica vengono messe in circolazione: nel Nord-Est Italia
durante la prima metà del ‘200, Uc Faidit scrive Donatz proensals in cui inserisce anche una sorta
di dizionario volgare-latino, a Tolosa alla metà del ‘300 i Concistori della gaia scienza producono
invece il Leyes d’amors, un’opera che raccoglie tutte le norme grammaticali per la parte metrico-
retorica in quanto servono regole generali per poter valutare oggettivamente quelle poesie che
vengono sottoposte ai concorsi da loro indetti, nell’area francese dell’Inghilterra all’inizio del ‘400
viene scritto il Donat françois e l’Eclarcissement de la langue françoyse per insegnare tali regole
linguistiche agli inglesi, è poi la volta dei dizionari che riportano adesso voci latina ma affiancate da
voci romanze, si hanno soprattutto in area castigliana.

La più antica delle grammatiche a stampa di una lingua moderna è castigliana, 1492, gramàtica
castellana di Nebrija, anche se quella di Leon Battista Alberti sarebbe più vecchia.

 Opera di spicco è sicuramente Prose delle volgar lingua di Bembo che nel ‘500 rappresenta un
impulso importante per la codificazione della lingua italiana

2.3. Aspetti della riflessione linguistica

Oggi sappiamo bene che l’origine delle lingue romanze è dovuta a un processo di corruzione e
mutamento del latino parlato avvenuta in seguito della caduta dell’Impero Romano quando le
invasioni barbariche hanno iniziato a contaminare il latino trasformandolo appunto nel moderno
volgare. Ma questa teoria non è stata da sempre scontata nel corso del tempo.
Nel 1435 si ha infatti una discussione tra Biondo Flavio e Leonardo Bruni proprio su questo
argomento: Biondo è più un acceso sostenitore della tesi moderna (tutti parlavano la stessa lingua)
mentre Bruni sostiene che già nell’Impero Romano fosse presente una differenza tra un latino
dotto e regolato parlato dagli intellettuali e una lingua popolare e non grammaticalizzata parlata
appunto dal popolo.

Una maggior consapevolezza sull’origine delle lingue romanze arriva nel ‘600 con il castigliano
Bernardo Aldrete: per Aldrete spagnolo, francese e italiano sono tutte lingue che hanno origine
dal latino e che si sono poi diversificate perché diversi sono stati i modi con cui esse si sono
rapportate individualmente al latino.
Uno studio più scientifico riguardo all’origine delle lingue romanze lo si ottiene però nell’ ‘800
grazie alla diffusione della linguistica storico-comparativa, prima si erano tentati approcci diversi
ma tutti privi di fondamento oppure condotti da un punto di vista più filosofico 

2.4. Momenti degli studi di poesia medievale

Gli studi della poesia medievale provenzale sono importantissimi per lo sviluppo della poesia
italiana.
Nel ‘500 infatti Pietro Bembo procede ad una codificazione della lingua poetica italiana proprio
partendo dallo studio di canzonieri trobadorici, da lui considerati una fonte importante di
arricchimento e perfezionamento per la poesia italiana.
Ecco dunque che, sempre nel ‘500, a seguito di ciò si diffonde una grande attenzione per gli studi
provenzali soprattutto con Cariteo, Colocci, Barbieri, Castelvetro che si interessano a conoscere il
provenzale e indagano sulle origini della poesia, riportando spesso anche poesie in siciliano
originale senza le alterazioni dei copisti toscani, in FrancIa è invece Fauchet che si occupa di
raccogliere notizie biografiche su un centinaio di autori francesi medievali e per prima volta,
parlando delle origini della lingua, cita il documento più antico in provenzale ovvero i Giuramenti
di Strasburgo.
Dopo il ‘500 si ha invece un periodo in cui in Spagna e Francia la letteratura medievale passa in
secondo piano e viene perlopiù ignorata mentre in Italia la tendenza è ben diversa perché i testi
medievali rimangono sempre oggetto di lettura.
E’ dunque nel ‘700-‘800 che si recupera quindi l’interesse per le opere medievali in Francia e
Spagna: si inizia dunque a stampare e diffondere opere come il Poema del Cid in Spagna, poema
epico castigliano e la Chanson de Roland in Francia, poema epico sulla storica disfatta di
Roncisvalle.

Nel ‘700 dunque si sviluppano moltissimo gli studi antico-francesi e provenzali con anche la
pubblicazione di dizionari della lingua antica e storie letterarie dei trovatori con vite ed estratti
dei loro testi

CAP3) L’INDOEUROPEO E IL RINNOVAMENTO DELLA LINGUISTICA

Nell’ ‘800 si ha un importante rinnovamento della linguistica dovuto a 3 fattori importanti come:

- l’influenza di alcune correnti filosofiche diffusesi in Europa in questo periodo


- la scoperta del sanscrito e delle sue affinità con latino, greco e le lingue moderne
- la creazione di un metodo rigoroso per comprare le lingue in maniera oggettiva.
Il passo più importante compiuto dalla linguistica è quello di iniziare a considerare come proprietà
intrinseca della lingua il suo “essere nella storia”: prima si sosteneva che la lingua arrivasse a un
certo grado di perfezione descrivibile con grammatiche e lessici e che dopo ogni cambiamento di
questo stato andasse inteso come processo di corruzione e decadenza, in realtà in questo periodo
si capisce che la lingua non tende a nessun grado di perfezione ma che le trasformazioni nel
divenire del tempo sono del tutto normali perché una lingua è espressione dei vari popoli che a
loro volta mutano spirito e cultura. 

Come detto, importante nella formazione della nuova linguistica settecentesca è la scoperta del
sanscrito, una lingua letteraria dell’India dunque non più parlata come greco e latino (lingua della
letteratura classica, codificata da Panini).
Il sanscrito infatti presenta molte affinità con greco e latino ed è per questo che gli studiosi
iniziano a pensare ad una loro origine comune che risalirebbe ad una lingua antichissima che essi
definiscono indoeuropeo.
Con il sanscrito, greco e latino, tra le lingue indoeuropee si trovano anche le lingue celtiche, le
lingue italiche, l’armeno, le lingue baltiche, le lingue slave…
Nell’ ‘800 l’idea che più lingue potessero avere un’origine comune viene sviluppata mediante la
fondazione dell’analisi tipologica inventata da Schlegel il quale va alla ricerca di analogie e
differenze tra le lingue per classificarle in tipi diversi: siamo dunque entrati in quella che viene
definita ottica comparativa.
Schlegel arriva a classificare le lingue secondo 3 tipi diversi:

 Flessivo = le funzioni grammaticali si esprimono con alterazioni della radice mediante


l’applicazione di suffissi organici che cioè veicolano più di un’informazione grammaticale 
 Agglutinante = le funzioni grammaticale si esprimono con alterazioni della radice mediante
l’applicazione di suffissi che però veicolano un’informazione grammaticale soltanto
 Isolante = le funzioni grammaticale si esprimono mediante l’accostamento di parole
indipendenti

Dato ora che tutte le lingue indoeuropee sono di tipo flessivo come il sanscrito è facile per
Schlegel ipotizzare la loro origine comune proprio nel sanscrito, Schlegel però osserva la tendenza
delle lingue europee a diventare meno flessive rispetto al sanscrito.
Schlegel nei suoi studi fa ancora un passo in avanti abbandonando la tendenza che portava a
comparare due o più lingue mediante la comparazione tra le parole in quanto le parole possono
passare da una lingua a un’altra.

Egli elabora invece un metodo di comparazione che si basa sulla morfologia per trovare differenze
e somiglianze tra le lingue, poi integrato anche con la comparazione della fonetica, il metodo è
puramente ricostruttivo perché non abbiamo nessuna attestazione dell’indoeuropeo con cui
poter comparare le lingue indoeuropee.

Bopp compie il passo decisivo verso la comparazione sistematica delle forme grammaticali, invece
la prima grammatica di metodo storico-comparativo è fatta da Grimm che si occupa interamente
della morfologia e della fonetica.

CAP4) FRANÇOIS RAYNOUARD E FRIEDERICH DIEZ

Il libro di Reynouard “Scelta di poesia originali dei trovatori” della prima metà dell’ ‘800 è un
importante punto di partenza per gli studi romanzi moderni sebbene il metodo linguistico sia
ancora più vicino a quello inadeguato del passato. Nel libro egli espone la sua tesi: tra il latino e le
lingue romanze ci sarebbe una fase intermedia identificata nella così detta lingua dei trovatori
provenzali che coinciderebbe con quella lingua romana che si riconosce già in occasione del
Consiglio di Tours e dei Giuramenti di Strasburgo.

La tesi di Raynouard è però contestata da Schlegel il quale sostiene che in realtà ci siano
incongruenze linguistiche e la mancanza di una verosimiglianza storica che andrebbero a invalidare
tale ipotesi.

Altro affossatore delle teorie di Reynouard è Firederich Diez il quale si occupa principalmente di
uno studio riguardo alle corti d’amore andando a dimostrare che l’idea di Raynouard secondo la
quale esistessero dei tribunali cortesi ove le dame dirimevano questioni di comportamento
amoroso, era totalmente infondata, la storia dell’interpretazione dei trovatori è sempre stata
oggetto di fantasie di questo tipo.

Anche Diaz pubblicherà due opere sul tema della poesia trobadorica: la prima che tratta di tutta la
letteratura trobadorica del ‘200 soffermandosi soprattutto sulla lingua e sulle relazioni con le altre
poesie italiana, tedesca e francese del nord, andando a sottolineare poi l’uniformità di temi che
caratterizza la poesia trobadorica, mentre nella seconda si occupa dello studio di singoli trovatori
utilizzando biografie tramandate su diversi manoscritti.

In seguito pubblica poi una Grammatica delle lingue romanze con la quale getta le basi della
linguistica romanza. Egli riconduce giustamente l’origine delle lingue romanze al latino parlato,
poi enuncia i tratti comuni a tutte le lingue e le loro diversità, con particolare attenzione ai
fenomeni id conservazione del lessico latino e di immissione di lessico di altre lingue, in particolar
modo il germanico, poi si occupa di fonetica cercando di capire quali sono stati i vari esiti romanzi
di suoni latini. La fonetica per Diez è infatti molto importante al fine di ricostruire l’etimologia del
lessico romanzo, ovvero per ricondurre tutte le parole romanze alla loro origine.
Alla luce di ciò si può dunque affermare che la Filologia romanza tout court nasce proprio con Diez
che ha saputo darle un vero e proprio metodo scientifico 

CAP5) MUTAMENTO LINGUISTICO E VARIAZIONE DI SCHLEICHER ALLA GEOGRAFIA LINGUISTICA

5.1. Schleicher e l’albero delle lingue

Precedentemente si è visto come la linguistica comparativa sia nata nell’ambito di una filosofia
della lingua che la considerava in continuo cambiamento in quanto viva all’interno della storia ed
espressione di popoli che nel tempo mutano spirito e cultura.
Nell’ ‘800 però questa teoria subisce una leggera variazione con August Schleicher che inizia
trasporta la linguistica comparativa nell’ambito delle scienze naturali e del nuovo pensiero
scientifico.
Per Schleicher la lingua muta non a causa delle storia come si era sostenuto ma essa muta
secondo leggi proprie come mutano anche animali e vegetali perché una lingua è della stessa
natura delle specie viventi.
A questo punto, se si considera la lingua al pari di tutte le altre specie viventi bisognerà far valere
concetti per loro validi: si introduce dunque il concetto di genealogia / parentela linguistica e il
concetto di famiglia linguistica che comprende tutte quelle lingue che derivano da una lingua
comune. A questo punto dunque Schleicher si dedica alla realizzazione del primo albero
genealogico delle lingue indoeuropee
5.2 I neogrammatici, le leggi fonetiche, l’analogia

Da sempre nella linguistica comparativa si è creduto che il mutamento linguistico fosse un


fenomeno che avvenisse in modo regolare ma i neogrammatici tedeschi si spingono oltre questa
evidenza andando a sostenere che dunque, essendo il mutamento regolare, esso sia anche
interpretabile mediante leggi ineccepibili simili a quelle usate per interpretare la natura. Le teorie
da loro proposte saranno poi superate, ma rimarranno comunque molto importanti per gli studi di
linguistica anche successivi i concetti di leggi fonetiche e analogia.

Innanzi tutto i Neogrammatici propongono uno studio delle lingue vive poiché dimostra
immediatamente che il mutamento sia in effetti regolare, infatti, per i Neogrammatici, ogni
mutamento che avviene, avviene seguendo precise leggi fonetiche: rimanendo all’interno di una
stessa lingua, un mutamento che si verifica in determinate condizioni, si riprodurrà sempre nel
momento in cui si ripresenteranno quelle medesime condizioni (es. in francese la A tonica latina
diventa E in sillaba aperta : MARE > mer, PRATU > pré…in francese la A tonica latina diventa IE se
segue un suono palatale: CANE > chien, CAPUT > chief).
Ragionando ora per leggi fonetiche si possono ricavare deduzioni di cronologia relativa: si può
dunque sostenere che dunque alcuni mutamenti siano avvenuti prima di altri.
Quei mutamenti che invece non rispondono a leggi fonetiche avvengono per analogia ovvero
secondo quel processo che tende a uniformare forme che si sentono collegate tra loro (es. forme
verbali > fiorentino antico IAMO per tutte le coniugazioni: amiamo, teniamo, leggiamo, partiamo).
Per quanto riguarda l’etimologia l’opera più importante è il Dizionario etimologico latino (REW) di
Meyer-Lübke scritto alla fine dell’800 inizi del ‘900 il quale riporta circa 10 mila basi soprattutto
latine e germaniche con i principali esisti romani e i loro derivati

5.3. Ascoli e la prima dialettologia romanza

In Italia è invece Ascoli che si occupa di studiare le lingue vive secondo i concetti di legge fonetica
e analogia Il suo obiettivo è quello di definire un dialetto individuando la concordanza nei tratti
fonetici caratteristici ovvero in quei particolari esiti fonetici che hanno preso i vari suoni latini.
Egli individua dunque i dialetti ladini nell’area svizzera e friulana e il francoprovenzale, una varietà
linguistica a metà tra il francese e il provenzale.

Il francoprovenzale per alcuni suoni latini avrebbe infatti esiti diversi sia dal francese che dal
provenzale ad esempio mentre per quanto riguarda i dialetti ladini si vede maggior tendenza ai
fenomeni di conservazione rispetto a quelli italiani (es. conservazione dei nessi latini di
consonante dopo L : FLAMMA > it. fiamma / > lad. flamma, flomma… + conservazione S finale:
MANUS > mans…).
Contrario alle teorie di Ascoli è invece Paul Meyer il quale sostiene che non si possa definire un
dialetto sulla base dei tratti linguistici identificati da Ascoli, dialetti così identificati sono solo
costruzioni artificiali perché arbitraria è la scelta dei tratti caratterizzanti tra tutti quelli esistenti.
Ascoli controbatte di nuovo dicendo che infatti non è importante il singolo tratto linguistico ma la
convergenza di più tratti insieme in una stessa area

5.4. Schuchardt, il latino volgare e la teoria delle onde

Schuchardt riprende nuovamente lo studio della derivazione delle lingue romanze dal latino
popolare che per prima volta lui chiamerà latino volgare.
Prima di Schuchardt i tratti del latino volgare vengono ricostruiti con un’impostazione storico
comparativa partendo dagli esiti che le varie lingue romanze hanno adottato per suoni latini, in
questo caso di capisce quali siano i tratti conservati dal latino e quali invece quelli innovati.

Schuchardt invece prende in considerazioni tantissimi documenti precedenti al 700, e studia


graficamente la preistoria delle lingue romanze: il metodo è interessante perché permette di
considerare aspetti che invece verrebbero totalmente ignorati dalla semplice ricostruzione ma è
anche problematico perché i documenti sono vari ed eterogenei, dunque si corre anche il rischio di
incappare in quelle mutazioni occasionali apparse e subito scomparse.

Le conclusioni di Schuchardt danno invece origine alla così detta Teoria delle onde: le varie lingue
non sono isolate ma tendono a influenzarsi a vicenda: non si può più dunque considerare il
mutamento solo verticale quindi nel tempo come il prodotto di innovazioni che si verificano
seguendo precise leggi fonetiche ma va considerato anche un mutamento detto mutamento
orizzontale in cui le innovazioni si trasmettono da una lingua a un'altra o da una varietà locale
all’altra perché, come detto, le lingue tendono a influenzarsi a vicenda.

 Le lingue proprio come le onde, partono da un centro e finiscono per incrociarsi tra loro.
Secondo questo modello le innovazioni più antiche avrebbero avuto maggior tempo di diffondersi
rispetto a quelle moderne.
La Teoria delle onde di Schuchardt è inoltre innovativa perché affossa la teoria dei neogrammatici
secondo cui la lingua si comporti come un organismo naturale: per Schuchardt la lingua è invece
un prodotto sociale

5.5 La geografia linguistica

La dimensione spaziale e geografica ha preso sempre più importanza nello studio delle lingue vive
tanto che nel corso del tempo si sono prodotti dei veri e propri atlanti linguistici ovvero volumi
contenti carte geografiche che documentino vari fenomeni linguistici:

>  Un metodo è quello di Gilliéron.


L’atlante si costruisce prendendo a riferimento dei luoghi precisi come campione rappresentativo
in cui si porgono domande precise ai parlanti locali sul “come si dice” un certo concetto, i dati
vengono poi registrati da un linguistica scelto tra quelli meno esperti in modo che non alterasse la
ricerca con eventuali pregiudizi, dopodiché si annotano sulla carta le varie risposte in
corrispondenza dei punti di indagine.
Gli studi fatti da Gilliéron per l’atlante sono importantissimi perché i dati da lui ricavati possono
essere interpretati sia in sincronia che in diacronia e dunque indietro nel tempo: i vari  esiti ci
fanno capire i rapporti che le parole hanno avuto tra loro nel corso della storia quando i parlanti
locali si sono trovati a dover nominare in un modo o nell’altro determinati concetti 

> Altro metodo efficace è quello delle Norme areali di Bartoli: il metodo permette di determinare
quali sia la forma più antica tra quelle attestate nelle lingue romanze venute appunto dal latino. Le
norme sono le seguenti e valgono solo in scala (la seconda vale se non vale la prima ecc…:

1) norma dell’area isolata = tra due forme è più antica quelle presente nell’area isolata perché
meno esposta alle comunicazioni (es. Toscana > cavallo [da CABALLUS] ma in Sardegna > edda
[da EQUUS]

2) norma delle aree laterali = tra due forme è più antica quella in uso nell’area laterale rispetto a
un’area centrale (es. in Italia, sede della capitale dell’impero Romano si ha cavallo < CABALLUS, in
Penisola Iberica e Romania, più distanti da Roma si hanno i continuatori di EQUUS)

3) norma delle area maggiore = tra due forme è più antica quella in uso nell’area di maggior
estensione (es. lingua galloromanze, romeno, italiano > continuatori di FRATER, lingue iberiche
continuatori di GERMANUS)

4) norma dell’area seriore = tra due forme è più antica quella in uso nell’area romanizzata più
tardi (lingue iberiche “mangiare” < COMEDERE, italiano “magiare” < MANDUCARE = masticare,
viene dal francese)

Si veda dunque, come conclusione, che la lingua va studiata sempre tenendo in considerazione il
fattore antropologico: storia, condizioni di vita, tecniche…poiché la lingua fa sempre riferimento a
una realtà viva che mediante essa viene espressa per comunicare.

La lingua va dunque studiata con sguardo onomasiologico ovvero partendo dai concetti e andando
a vedere quali sono le varie parole che li designano 

Altro concetto importante in geografia linguistica è quello di isoglossa. L’isoglossa è una linea che
divide due aree in cui il medesimo tratto ha valori diversi (es. esito della –T- : nord > d a sud >
conservata t) linea La Spezia-Rimini.

CAP6) FILOLOGIA E STORIA

6.1 L’edizione dei testi

Nell’800 il compito centrale della filologia romanza è quello di costruire la biblioteca di tutti i testi
romanzi medievali. Nel ‘900 si può dire che questo compito sia stato abbastanza soddisfatto
perché si possono leggere la maggior parte dei testi medievali romanzi anche se i continui studi
aprono sempre alla possibilità di nuove edizioni.

La pubblicazione di testi antichi è anche al centro di un forte sentimenti di identità nazionale sia in
Francia con Napoleone III il quale vuole recuperare un glorioso passato rimasto per troppo tempo
dimenticato, sia in Italia che trova un fondamento nella sua Unità proprio nella lingua del ‘300.
Nei primi anni dell’800 il metodo più diffuso è quello delle edizioni diplomatiche che si formano
ricopiando fedelmente un testimone senza modificarlo in nessun modo, la collazione con altri
manoscritti avviene solo nel caso in cui esso risulti palesemente corrotto: solo in questo caso si
può dunque procedere alla correzione degli errori più evidenti.

Un punto di svolta lo si ha invece verso la fine dell’800 quando per prima volta, per la sua edizione
del Saint Alexis, Gaston Paris utilizza il metodo ricostruttivo di Lachmann che punta a ricostruire
un testo che sia il più vicino possibile all’originale ovvero a quelle che uscì direttamente dalle
mani dell’autore.

Fondamentale per l’applicazione del metodo è la costruzione di uno stemma codicum, un albero
genealogico che ci permetta di capire quali sono i rapporti tra i vari testimoni che tramandano
l’opera, a questo punto per la ricostruzione bisogna osservare la presenza o l’assenza nei vari
manoscritti degli errori congiuntivi ovvero errori che, essendo presenti in più testimoni, non
possono essere stati commessi indipendentemente e dunque significa che un manoscritto li ha
ereditati da un altro che già li conteneva.

Secondo lo stemma la lezione da mettere a testo va identificata con il criterio di maggioranza,


dunque quella attestata in maggioranza, almeno 2 mss su 3, con lo stemma però quasi mai si
arriva a ricostruire l’originale perché in molti casi è possibile che un errore si sia verificato già
all’altezza della prima copia prodotta ovvero l’archetipo, le correzioni in oltre possono avvenire
soltanto per congettura.

Per ricostruire la forma del testo invece il metodo di Lachmann non è efficace dunque si è scelto di
utilizzare un altro metodo, cioè prendendo a modello un unico manoscritto scelto
opportunamente perché più antico o più vicino alla lingua originale.

Un oppositore al metodo di Lachmann è però il francese Joseph Bédier il quale sostiene che il
metodo stemmatico sia inadatto alla ricostruzione del testo in quanto di solito uno stemma viene
ricostruito con solo due rami e dunque sarebbe impossibile stabilire la lezione certa con il criterio
di maggioranza proposto: la scelta della lezione spetterebbe dunque al giudizio soggettivo
dell’editore.

Bédier propone allora di produrre un’edizione critica basandosi sull’utilizzo di un bon manuscrit,
ovvero un unico manoscritto corretto per collazione o congettura solo nel caso di errori molto
evidenti, il metodo li Lachmann è inefficace per la ricostruzione del testo perché infatti darebbe ai
lettori un prodotto composito e mai esistito veramente , in quanto esso attingerebbe a varie
lezioni diverse per ricostruire la propria.

Il metodo stemmatico è invece utile per individuare il bon manuscrit all’interno della tradizione,
dunque il manoscritto più vicino all’originale per lingua, data, luogo…
Con il metodo del buon manuscrit Bédier non vuole dunque dare un testo che sia il più vicino
possibile all’originale ma vuola proporre un testo che identifichi il  limite  oltre il quale non si può
risalire senza produrre un testo artificioso.

6.2 Il tema delle “origini”

Il periodo del Medioevo inizia a diventare un importante oggetto di studio a partire dall’800.
Durante l’umanesimo, periodo in cui viene coniato addirittura il termine, il Medioevo è infatti un
concetto che rispecchia una valutazione negativa di un periodo buio intriso d’ ignoranza e
decadenza che segue la disgregazione dell’Impero Romano, gli umanisti cercano piuttosto di
recuperare le opere e la cultura della classicità greca e latina e sentono la loro epoca come
completamente opposta a quella precedente: nuove scoperte geografiche e tecniche come la
stampa, la riforma protestante…
Nel ‘700 durante l’Illuminismo si ha invece un nuovo interesse per il Medioevo e lo si utilizza come
critica all’ancien régime ma è nell’800 che cambia radicalmente la visione del Medioevo: adesso si
ha ben chiaro il concetto dell’idea di popolo, dello spirito individuale e dello spirito nazionale, si
sa che la storia ruota tutto attorno ai popoli, popoli si originarono proprio nel Medioevo dopo la
caduta dell’Impero Romano e si vuole recuperare, attraverso l’esaltazione di grandi poeti e scritto,
il grande passato della propria patria: studiare dunque letteratura, cultura e lingue del Medioevo
significa studiare le proprie origini!
Il genere che viene maggiormente preso in considerazione per questi studi è quello dell’epica e in
esso particolare attenzione viene data alle chansons de geste perché è il genere di maggior
carattere popolare in quanto inizialmente tramandato oralmente e solo in seguito messo anche
per scritto e, come si evince da uno studio comparatistico con le altre letterature, sarebbero anche
il prodotto di un insieme di diversi miti indoeuropei, in quanto di solito create lungo le vie dei
pellegrinaggi.

CAP7) LA LINGUISTICA GENERALE

7.1. Ferdinand de Saussure

La linguistica moderna nasce nei primi anni del ‘900 grazie agli studi di Ferdinand de Saussure e
alla sua opera “Corso di linguistica generale” che propone un metodo rivoluzionario: la lingua non
va più studiata solo in diacronia ovvero nella dimensione del tempo, ma anche in sincronia ovvero
nella contemporaneità, in quanto essa funziona all’interno di una società.

Per Saussure la lingua è formata da due concetti complementari: la “langue” ovvero il sistema
comune a tutti i parlanti che è il presupposto per gli atti linguistici concreti, e la “parole” che è
appunto l’insieme degli atti linguisti concreti che sono materialmente diversi l’uno dall’altro. Ogni
elemento nella langue ha valore differenziale perché è quello e non è un altro e perché entra in
determinate relazioni con gli altri segni (es. ROSSO e non DOSSO per la presenza della R e non
della D).
Saussure dà anche la definizione di lingua come il sistema di segni più complesso e importante,
definizione che apre le porte per una scienza nuova ovvero la semiotica che è appunto adibita allo
studio dei segni. Il segno linguistico è formato da un significante e da un significato: al significante
che è l’insieme di suoni che forma l’immagine acustica mentre il significato è il concetto che si
associa al significante. Il concetto viene sempre estrapolato dalla realtà extralinguistica alla quale
ci si riferisce che prende il nome di referente.
Il segno linguistico è inoltre arbitrario nel senso che non c’è nessun motivo per cui un certo
significato venga associato a un certo significante 

7.2. Il primato della  sincronia

Ferdinand de Saussure si occupa anche del mutamento linguistico.


Per Saussure il mutamento si verifica prima di tutto nella parole, dunque negli atti comunicativi
dei singoli parlanti, poi alcuni mutamenti possono decadere subito mentre altri possono entrare
nella langue/sistema ma solo in una fase successiva, ovvero in una nuova lingua ed è proprio
questo il caso delle lingue romanze che derivano tutte dal latino dunque da un’origine comune e
poi diventano l’una o l’altra con le loro differenze stabilendo tra loro relazioni differenti.

La linguistica strutturale ci dimostra quindi come i mutamenti non vadano considerati


isolatamente come ognuno per sé ma devono essere studiati come parte di un sistema che
evolve nel suo insieme.

7.3. L’articolazione del linguaggio

La linguistica strutturale si occupa anche di studiare l’articolazione del linguaggio.


Il linguaggio procede infatti per rapporti sintagmatici e rapporti associativi: gli elementi di una
lingua si combinano fra di loro in successione in un asse del tempo/di
combinazione/sintagmatico e il valore di questi elementi dipendono dalle associazioni che in cui
entrano nella lingua, in oltre ogni elemento è anche il risultato della scelta/selezione di esso fra
altri elementi (es. scegliere il tema tra tanti elementi “il cane, il gatto, il tavolo…” e il verbo tra
tanti elementi “dorme, corre, mangia…”).
Inoltre il linguaggio avrebbe un’articolazione doppia: la prima è quella dei monemi ovvero di unità
minime dotate di suono e significato e la seconda è quella dei fonemi ovvero unità minime
dotate di suono ma non di significato

7.3.1. Il fonema

Il fonema è un’unità minima dotata di suono ma non di significato.


Ogni fonema ha un valore distintivo nel senso che sostituendo tale fonema in una parola si va ad
ottenere una commutazione di significato ottenendo dunque parole diverse (es. cane [k] > pane
[p], > rane [r]…): l’inventario dei fonemi si costruisce dunque identificando tutte le coppie minime
ovvero coppie di parole che differiscono per un singolo fonema.
Gli allofoni/varianti contestuali sono le forme che un fonema acquisisce (pur restando lo stesso
fonema) in un determinato contesto (es. [n] > [ŋ], [ɳ] , [ɱ]  a seconda della consonante che
segue).

Per una più precisa classificazione dei fonemi si sono introdotti delle linee guida valide per tutte le
lingue denominate tratti distintivi. Esse sono:

> l’opposizione vocalico-non vocalico


> l’opposizione consonantico-non consonantico
> l’opposizione teso-rilassato (maggior-minor forza)
> l’opposizione sonoro-non sonoro

7.3.2. La sillaba e l’accento

La sillaba è un raggruppamento di fonemi, ovvero quella parte del discorso che è pronunciabile
isolatamente.
La sillaba è formata da un nucleo che deve esserci sempre e poi eventualmente anche da un
attacco e coda.
La sillaba è aperta se finisce con vocale, chiusa se finisce con consonante.
Il dittongo è la combinazione di più vocali che formano una sola sillaba: è ascendente quando la
vocale tonica è la seconda della seria, discendente quando la vocale tonica è la prima.
L’accento fa sì che a una sillaba venga dato maggior rilievo rispetto alle altre atone perché
articolata con maggior forza o con diversa modulazione della voce.

Si dice che in alcuni casi l’accento è un tratto soprasegmentale perché non è una caratteristica
intrinseca di sillabe e fonemi ma dipende dal rapporto che questi hanno con le altre sillabe o gli
altri fonemi mentre in altri casi l’accento è un tratto distintivo perché determina il senso delle
parole (es. àncora – ancóra).
Tra gli altri tratti soprasegmentali, oltre all’accento troviamo:
> intonazione = in italiano determina se la frase è affermativa, interrogativa…
> durata/quantità sillabica = sillabe brevi e lunghe in base alla posizione in cui si trovano nella
parola o nella frase
7.4. Grammatica generativa, tipologia, sociolinguistica

Un’evoluzione della linguistica nel ‘900 è quella proposta dalla grammatica generativa di Noam
Chomsky che si applica sia allo studio sincronico sia a quello diacronico della lingua.
Per Chomsky ogni parlante è in grado di dare giudizi di grammaticalità ovvero riconoscere se una
frase sentita sia “ben fatta” e dunque grammaticale o inaccettabile e dunque agrammaticale e ciò
è possibile perché ogni parlante possiede una “competence” che sta alla base di ogni
“performance” ovvero esecuzione: la competence è dunque il meccanismo che sta alla base della
lingua e che ogni essere umano apprende per sua capacità innata

7.4.2 La tipologia linguistica

La tipologia linguistica si è occupata di classificare in diversi tipi linguistici lingue che non hanno
un’origine comune ma sono simili perché condividono determinate proprietà.
Inizialmente i tipi linguistici sono 3 e si basano sulla struttura della parola, ovvero flessivo,
isolante, agglutinante, successivamente si inizia invece a ragionare in termini di ordine della
parole e allora si identificheranno lingue con preposizioni o posposizioni, lingue con diversi ordini
soggetto-verbo-oggetto (SVO-SOV-SVO).
Nel passaggio dal latino alle lingue romanze, in quest’ottica, si vede lo spostamento dell’ordine da
sinistra a destra: dalle desinenza posposte si passa a preposizioni

7.4.3. La sociolinguistica

La Sociolinguistica ci dice che lingua si realizza concretamente nei rapporti sociali.


Nessuna società è monolingue per cui in ogni società si assiste a fenomeni di contatto tra lingue
diverse come quello dell’interferenza: le varie lingue si influenzano nella fonetica, sintassi,
morfologia e con prestiti di parole.
A questo punto bisogna introdurre i concetti di bilinguismo e diglossia: bilinguismo è quando i
parlanti possiedono la competenza di due o più lingue sentite sullo stesso piano mentre la
diglossia è quando i parlanti possiedono la competenza di due o più lingue ma sentite non sullo
stesso piano, ci sarà dunque una varietà “alta” per occasioni formali e una “bassa” per occasioni
private e informali.
La sociolinguistica si occupa anche della variazione linguistica: diatopica se avviene
geograficamente, diastratica se avviene a seconda dello strato sociale, diafasica se avviene in base
alla situazione comunicativa

CAP8) IERI E OGGI: GLI STRUMENTI DELLA FILOLOGIA ROMANZA

Nell’800 la linguistica-comparativa studia le lingue romanze come un oggetto di studio omogeneo


nel loro insieme mentre nel ‘900 la tendenza è quella di studiare le singole lingue.

Oggi ci sono state invece importanti opere collettive sull’insieme delle lingue romanze che ci
offrono uno sguardo su queste lingue riguardo alla grammatica storico-comparativa, dei contatti
tra lingue, con un punto di vista storico, filologico e grammaticale, importanti strumenti dunque
per affrontare lo studio delle lingue romanze.
Altri strumenti importanti sono i dizionari storici ed etimologici, i primi che danno informazioni
sulla cronologia dei significati concentrandosi magari su un preciso periodo storico della lingua, i
secondi che registrano invece l’origine e la storia degli usi e dei significati di ogni parola: l’etimo /
base etimologica è infatti una parola di una lingua precedente o straniera da cui deriva la parola
della lingua che stiamo studiando. I dizionari etimologici possono partire o dalla base etimologica
proponendo i vari risultati di essa nelle lingue derivate, oppure partire dai risultati e di lì risalire
alle basi etimologiche.

Nell’800 si comincia anche a riordinare le conoscenze che si sono acquisite in filologia romanza, si
propongono per esempio liste di tutte le composizioni dei vari autori provenzali conosciuti,
disponendo il tutto in ordine alfabetico e schedandoli poi indicando i manoscritti che li
contengono, le edizioni, i generi, i vari studi rilevanti, gli schemi metrici…
La creazione di questi grandi sistemi di dati è stata anche negli ultimi anni aiutata dal progredire
dell’informatica che sempre più viene applicata alle lettere: questo ha anche permesso di rendere
le opere più facilmente accessibili, si possono consultare rapidamente anche opere collocate in
biblioteche a grande distanza.
L’informatica è invece meno utile per quanto riguarda la creazione di stemmi e dunque alla
ricostruzione di un’edizione critica, l’informatica non è infatti in grado di fornire ai lettori un testo
interpretato ma fornisce loro gli strumenti per farlo in autonomia

La filologia di oggi è molto attenta soprattutto alle fonti manoscritte che sono ormai diventate una
parte importantissima del metodo: non si compara più solamente il testo dei diversi manoscritti
ma è importante anche studiare il modo in cui i testi sono circolati nei  codici, per esempio la
forma del canzoniere è oggi di estrema importanza per studiare la lirica trobadorica, bisogna
dunque dare importanza anche al codice in sé e non solo al testo che tramanda
Per fare l’edizione critica bisogna poi tenere in considerazione gli aspetti sistematici ovvero tener
di conto che talvolta il copista alterava il testo riportandolo al suo sistema

La filologia come critica del testo e metodo editoriale è dunque uno strumento di conoscenza e
interpretazione dei testi nella loro forma accertata, per comprenderne contenuti e idee che sono
oggetto di conoscenza storica.

CAP1) IL DOMINIO ROMANZO (LINGUE, DIALETTI, VARIETA’LINGUISTICHE)

1.1. La Romània

Considerandole in diacronia le lingue romanze sono tutte il risultato dell’evoluzione del latino ma
considerandole in sincronia si vede che ogni lingua è anche un sistema linguistico autonomo: ogni
loro aspetto può dunque essere messo in relazione verticale con il latino e anche in relazione
orizzontale con le altre lingue romanze.
Con Romània o dominio romanzo si intendono tutte quelle zone e culture in cui si parlano lingue
romanze e in Europa  corrisponde all’incirca all’area su cui si estendeva l’Impero Romano, è infatti
un termine che si ritrova già in latino all’epoca della Roma imperiale per indicare tutti quei territori
facenti parte dell’impero mentre solo nell’800 il termine viene usato anche in senso linguistico.
Le lingue romanze vengono classificate in:

> iberoromanze = portoghese, castigliano, galego, catalano (Penisola Iberica)


> galloromanze = francese, occitano, francoprovenzale (antica Gallia)
> italoromanze = italiano con dialetti, sardo (penisola Italica)
> retoromanze = romancio, ladino, friulano
> balcanoromanze = dalmatico e romeno 
e in base alle loro caratteristiche principali ovvero lenizione delle consonanti intervocaliche e
conservazione della S, esse vengono ulteriormente divise in due grandi blocchi:

>  Romània Occidentale = varietà italiane Nord – galloromanze – iberoromanze – retoromanze


> Romània Orientale = varietà italiane Centro/Sud – romeno 

Un fenomeno interessante è inoltre la varietà dialettale romanza che si propone senza divisioni
nette ma come un continuum che attraversa tutta la Romania continua, i vari dialetti sono sempre
simili tra loro, ciò che li contraddistingue è il fatto che al di sopra di loro ci sia una lingua tetto
differente (Italia-Francia sul Mediterraneo hanno dialetti simili ma lingue tetto diverse: italiano e
francese) 

Altro caso importante è quello della Romània perduta / sommersa ovvero quell’area in cui il latino
che si parlava in età imperiale è poi stato sostituito da altre lingue: confine Inghilterra-Scozia,
Germania e est del Reno, parte di Svizzera e Austria a Nord delle Alpi, fascia mediterranea
dell’Africa e ex province oggi corrispondenti a parte della Croazia, Slovenia, Ungheria, Bosnia,
Serbia…

Con il termine Romània nuova si indicano invece quelle aree fuori dall’Europa in cui si sono
insediate lingue romanze a seguito soprattutto del grande processo di colonizzazione iniziato nel
‘400: spagnolo e portoghese in America Latina e Messico, francese nel Quebec ma anche in alcuni
Paesi africanidi cui l’episodio più importante fu la conquista dell’America

1.2. Lingue, dialetti, varietà linguistiche

Con lingua si intende ogni sistema di espressione e di comunicazione fondato sulla parola che
viene appreso fin dalla nascita (lingua naturale) ma anche in seguito, ed è formato da un lessico e
da una grammatica ovvero quel sistema di regole che tutti i parlanti condividono e che
permettono di parlare poiché applicate anche se non conosciute direttamente in modo esaustivo.

Esistono solo lingue e ciò che distingue le lingue propriamente dette dai dialetti sono infatti solo
differenze d’uso, di diffusione, di prestigio: una lingua è oggi infatti parlata da tutta la comunità,
ha un dominio completo nel senso che è usata in tutti gli ambiti formali e informali, tecnici,
scientifici e giuridici e ha grammatiche di riferimento, è oggetto di insegnamento…
Il dialetto non gode invece di queste proprietà, non è standardizzato, è relegato solo a usi
informali o letterari, non è insegnato.
Oggi per parlare di “lingua” in generale senza andare a sottolineare la differenziazione lingua-
dialetto si preferisce usare il termine varietà linguistica mentre con parlata si indicano quelle
varietà linguistiche che non hanno un’espressione scritta

1.3. Il ruolo della scrittura

La forma primaria di una lingua è quella orale, ci sono infatti molte lingue nel corso della storia
che non hanno mai conosciuto la scrittura.
La scrittura è infatti la rappresentazione visiva della lingua con simboli o caratteri di vario tipo
detti grafemi.
Nelle lingue medievali si osservano grafie non ancora standardizzate per cui lo stesso suono può
essere rappresentato in modi diversi anche all’interno della stessa parola

CAP2) IL LATINO
2.1. Latino, latino volgare, pre-romanzo

Il latino è la lingua dell’antica Roma che si diffonde poi in altri territori e ad altri popoli durante
l’espansione dell’Impero Romano arrivata all’apice nei primi anni del 100 d.C.

Il latino si diffonde soprattutto a Occidente mentre a Oriente continua a prevalere il greco come
lingua di cultura mentre il latino si affermerà solo nel campo dell’amministrazione, il greco rimane
anche nelle province asiatiche mentre il latino si diffonderà in Africa nei pressi di Cartagine.

Oggi noi abbiamo documentazione solo del latino scritto e letterario mentre poco sappiamo del
latino parlato, quel latin da cui derivano le lingue romanze, si può infatti fare una ricostruzione
del latino parlato partendo proprio dalla comparazione degli esiti romanzi.
Il latino parlato si differenzia dal latino scritto perché è una lingua non standardizzata che  dunque
non risponde a regole precise.

Il latino scritto era comunque una lingua unitaria cioè uguale in tutte le zone in cui veniva parlato
mentre le lingue romanze sue continuatrici sono tutte diverse tra loro sebbene abbiano
ovviamente qualche elemento in comune, questo perché con il crollo dell’Impero Romano
crollano anche scuole e strutture politiche, non è così invece per il latino parlato che molto
probabilmente era già diverso nelle varie zone dell’Impero, probabilmente era connotato da tratti
linguistici diversi da regione a regione e le innovazioni che poi hanno portato alla nascita delle
lingue romanze si sarebbero manifestate proprio in esso. L’ ipotesi formula da Varvaro è che si
debba pensare ad un “latino sommerso” che non appare nemmeno nelle scritture più vicino al
parlato perché fortemente censurato come espressione di ignoranza.

Finché l’Impero Romano resiste però queste innovazioni vengono arginate e rimangono infatti
confinate sono all’interno dei livelli bassi.

L’espressione che si usa per indicare questo tipo di lingua è quella di latino sommerso perché
appunto, essendo scorretto rispetto alla norma, esso viene censurato e non utilizzato in contesti
formali e letterari: questo “latino sommerso” che non rispetta la norma del latino classico perché
riporta quelle innovazioni testimoniate poi dalle lingue romanze, prenderà poi il nome di latino
volgare che alla lettera indica proprio il latino parlato dal popolo (vulgus = popolo).
In realtà il latino volgare non è la sola lingua del popolo ma è la lingua parlata da tutti gli strati
sociali, anche persone colte in occasioni informali possono ricorrere a espressioni più basse.
Con il termine pre-romanzo o protoromanzo si indica lo stato del latino da cui hanno origine le
lingue romanze, ricostruito proprio a partire dalle lingue romanze con il metodo linguistico-
ricostruttivo: è dunque quello che comunemente è  chiamato latino volgare o latino parlato e ciò
che cambia è il punto di vista, nel pre-romanzo o protoromanzo si usa uno sguardo ricostruttivo
dunque all’indietro, nel latino volgare lo sguardo è invece proiettato in avanti

2.2. Fonti per la conoscenza del latino volgare

Il latino parlato è una lingua che ovviamente va ricostruita, non si hanno testi in latino parlato ma
solo testi che differiscono un po’dal latino classico ma che sono comunque scritti, dunque sempre
molto più controllati rispetto al comune parlato.

Tra i testi a disposizione soprattutto le incisioni possono comunque aiutarci nella ricostruzione
perché sempre localizzabili e databili: abbiamo scritte su vasi, incisioni murarie come epitaffi,
dediche agli dei o atti pubblici… quelle più interessanti sono quelle delle persone meno colte
perché lasciano trasparire espressioni del parlato come succede nei casi di ipercorrettismo
(tentativi falliti di produrre forme correte).
Altri testi importanti sono quelli letterari di Plauto che mostrano espressioni arcaiche non entrate
in letteratura classica ma sopravvissute nel parlato e da qui trasmesse alla lingue romanze, il
Satyricon di Petronio che invece usa la lingue parlata per caratterizzare i personaggi, testi di autori
tardi di bassa cultura che sebbene volessero scrivere in latino classico si lasciavano scappare
espressioni e parole del parlato, le traduzioni della Bibbia che sono ricche di espressioni del
parlato.
Importanti sono anche le fonti metalinguistiche ovvero annotazioni di grammatici e osservazioni
sulla lingua come quella di Sant’Agostino, il quale sostiene che si può anche deviare dalla norma
pur di rendere comprensibile un discorso a chi ascolta, altri puristi denunciano forme o pronunce
errate come si vede nella famosa Appendix Probi di difficile datazione individuata intorno al V
sec., ovvero una lista di più di 200 parole nella forma “x non y” in cui il termine latino classico
corregge quello del parlato (es. SPECULUM non SPECLUM > mostra la sincope della vocale post-
tonica in parole proparossitone ovvero con accento sulla terzultima sillaba, OSTIUM non OSTEUM,
VINEA non VINIA, AURICULA non AURICLA…)

2.3. Il latino e le lingue precedenti (sostrati)

Le lingue sostrato o solo sostrato sono quelle lingue dei luoghi conquistati dall’Impero Romano
che sono state abbandonate e sostituite dal latino.
Basandosi su tale evidenza, lo studioso Ascoli ha teorizzato dunque che molti dei mutamenti
fonetici delle lingue romanze rispetto al latino siano stati causati proprio dall’influenza che le
lingue sostrato hanno avuto sul latino che le ha sostituite, in quanto ogni individuo che impara
una lingua nuova finisce per trasportare in essa una parte delle abitudini fonetiche della sua
lingua madre.

La teoria di Ascoli sui mutamenti fonetici delle lingue romanze riconducibili al sostrato ha
suscitato comunque qualche perplessità perché le lingue sostrato che si sono estinte sono oggi
conosciute poco approfonditamente.
Indubbio è invece l’influsso del sostrato sul lessico delle lingue romanze: le lingue sostrato hanno
introdotto in latino una parte del loro lessico che poi è stata continuata anche nelle lingue
romanze

Tra le varie lingue sostrato troviamo:

> Etrusco = è diffuso nell’attuale Toscana e nel Lazio Nord. E’ una lingua non indoeuropea di cui
oggi si sa molto poco. Un effetto del sostrato etrusco è il fenomeno della “gorgia toscana”

> Lingue italiche = tra tutte il sabino parlato a Roma in subordine al latino, l’osco in Campania,
Basilicata e Calabria, i dialetti sabellici, l’umbro in Umbria. Un effetto del sostrato italico è
l’assimilazione dei nessi MB > mm e ND > nn

> Greco = diffuso lungo le coste dell’Italia Meridionale, Magna Grecia, parte di Sicilia e Marsiglia
ma anche a Roma come lingua degli schiavi. E’ la lingua della cultura a Roma perché la cultura
romana ha stretti legami con quella greca. Il greco è molto usato anche nella lingua parlata, visto
che interagisce con il latino da una posizione di prestigio.

> Lingue celtiche = comprendono bretone, scozzese, britannico, gaelico ancora oggi parlate e il
celtico, una lingua indoeuropea oggi scomparsa ma anticamente parlata nell’Italia Settentrionale
e in Gallia. Conseguenze del sostrato celtico sono 3 fenomeni di palatalizzazione: 

 Palatalizzazione di A TONICA in SILLABA APERTA > esito E 


 Lat. CT > [jt] > [ʧ]
 Ū > [y]

> Lingue iberiche pre-romane = tra tutte il basco, lingua non indoeuropea parlata ancora oggi nei
Paesi Baschi, Navarra e Sud-Ovest Francia. Conseguenza del sostrato basco è la perdita di F-
iniziale latina nel castigliano (FERRUM hierro).

> Illirico, tracio e daco = l’illirico era diffuso nelle zone di Istria e Dalmazia, si sa poco di questa
lingua, probabilmente è il sostrato dell’ albanese odierno. Nell’odierna Romania-Turchia-Bulgaria
c’era invece il tracio e nell’antica Dacia il daco: tracio e daco sono le lingue sostrato dell’odierno
romeno 

Altri sostrati meno diffusi sono il ligure (attuale Liguria ma anche Emilia, Piemonte e Provenza) le
lingue della Reatia, e le lingue degli antichi veneti

2.4 Il ruolo del cristianesimo 

Il cristianesimo ha un ruolo importantissimo nell’innovazione della lingua nel momento in cui


Costantino prima rende lecita la religione cristiana nell’Impero con l’editto di Milano del 313,
diventando così l’imperatore anche capo della Chiesa, poi con Teodosio che mediante l’editto di
Tessalonica rende il cristianesimo la religione ufficiale dell’Impero Romano.
Gli effetti più importanti del cristianesimo sulla lingua si ritrovano nel lessico e nello stile che
privilegia sempre di più uno stile basso poiché gli autori cristiani desiderano produrre testi che
fossero comprensibili anche ai non istruiti, si tende dunque a privilegiare un linguaggio popolare.
La cultura antica viene dunque conservata ma deve essere messa al servizio della nuova cultura
cristiana, dunque molti scritti latini continuano a girare e a essere copiati

2.5. La frammentazione dell’Impero romano e il superstrato germanico

Il potere unificante del latino decade quando crolla l’Impero Romano. A partire dunque dal III sec
infatti, l’Impero è prima scosso da gravi crisi economiche e sociali, poi da lotte per il titolo
imperiale che provocano una frammentazione del territorio in tante aree di potere distinte tanto
che l’Impero verrà poi diviso in due parti Impero Romano d’Occidente e Impero Romano
d’Oriente.
A partire dal IV sec., l’Impero Romano d’Occidente deve fronteggiare le invasioni barbariche: dal
confine Reno-Danubio i popoli germanici arrivano per invadere i territori dell’impero: sono gli
unni, gli alemanni, i franchi che prendono la Gallia, i visigoti e i vandali che prendono la Penisola
Iberica e Sardegna, gli eruli, gli ostrogoti e i longobardi che formano il loro regno nell’Italia Nord
con Toscana. L’impero risulta così molto frammentato in regno romano-germanici governati dai
germani.
Dal punto di vista linguistico le lingue germaniche possono essere definite come lingue
superstrato: nel caso del  superstrato è la lingua dei conquistati a imporsi dunque il latino si
impone sulle lingue germaniche degli invasori, il latino ha lunga tradizione, una cultura scritta, un
insegnamento ed è la lingua della Chiesa, troppo stabile per essere sottomesso, in oltre pian piano
i germanici si convertono al cristianesimo dunque anch’essi finiscono per adottare tranquillamente
il latino come loro lingua.
Il grande dissesto e la grande frammentazione che l’Impero subisce con le invasioni barbariche
hanno grandi ripercussioni sulla lingua: il sistema scolastico crolla, le comunicazioni e gli
spostamenti di merci e persone sono interrotti dunque la lingua di ogni area si sviluppa in modo
indipendente dalle altre.
Ad alimentare questa evoluzione già diversificata delle varie lingue, interviene poi anche l’influsso
delle lingue germaniche di superstrato soprattutto sul lessico: sono infatti molte le parole
germaniche entrate nel lessico latino e poi continuate nelle lingue romanze, ogni dialetto
germanico delle varie popolazioni germaniche introduce elementi del proprio lessico nel latino
parlato nelle zone in cui tali popolazioni sono insediate

2.6. L’influsso dell’arabo

A partire dal 700 d.C. si verificano le conquiste arabe soprattutto in Francia (fermati poi da Carlo
Martello), in Penisola Iberica, in Sicilia ma anche in Africa Settentrionale dove l’arabo aveva già
rimpiazzato il latino.
Nella Penisola Iberica inizialmente l’arabo si impone ma con il movimento della Reconquista alla
fine scompare definitivamente rimanendo a Granada fino al 1492, poi anch’essa riconquistata dai
cristiani.
L’influsso arabo lo si ha soprattutto nel lessico, sono molte le parole arabe passate nelle lingue
romanze sia per le conquiste dei territori da parte degli arabi, sia per gli scambi commerciali che
con loro intrattenevano i cristiani, sia per i contatti con la cultura e la letteratura araba.

2.7. Il superstrato slavo

A partire dal IV sec, nel momento in cui gli unni scacciano i visigoti dalla Dacia ecco che comincia
l’insediamento dei popoli slavi. La lingua slava non sostituisce il latino, dunque si comporta
anch’essa come lingua superstrato andando a determinare la formazione dell’attuale romeno che
oggi presenta molto lessico di origine slava

CAP3 LE ORIGINI DELLE LINGUE ROMANZE 

3.1. Fra latino e lingue romanze

Il passaggio dal latino parlato alle varie lingue romanze avviene nel periodo V-VIII sec in cui si
inizia a verificare una grande confusione grammaticale e grafica anche se le prime attestazioni
scritte risalgono tutte all’IX sec.

A seguito dell’VIII secolo siamo in una situazione in cui gli incolti non capiscono più il latino
dunque si può appunto prendere questo come punto limite che conclude il passaggio latino-lingue
romanze, la lingua parlata è ormai totalmente diversa dal latino anche se non ci sono ancora
attestazioni scritte: sono nate le lingue romanze!

A dimostrazione dell’ormai tendenza a un’ incomprensibilità del latino in quest’epoca ci sono


varie glosse che riportano parole difficili latine affiancate da sinonimi del parlato volgare ma
ancora latinizzate nella forma grafica e grammaticale (es. AGER – CAMPUS), si vede dunque un
latino ancora latino ma vicino al parlato.

Tra questi testi si ricorda il famoso Indovinello veronese risalente alla seconda metà del 700 d.c.
con forme a metà tra latino e volgare, ma anche il Graffito delle catacombe di Comodilla a Roma
che riporta la scrittura di “a bboce” per “ad voce” mostrando il fenomeno del betacismo tipico del
volgare meridionale, le I che sostituiscono le E e gli infiniti negativi

3.2. La riforma carolingia, il concilio di Tours e i Giuramenti di Strasburgo

Una svolta importante nella storia del latino medievale che poi avrà grandi ripercussioni sulle
lingue romanze si verifica a partire dall’VIII sec. con Carlo Magno e la sua riforma carolingia che
prevede interventi sull’istruzione.

Carlo considera un problema la scarsa conoscenza del latino da parte di monaci e preti, si rende
conto che libri e orazioni latine sono spesso sbagliati dunque la comprensione delle scritture sacre
appare profondamente minacciata, per questo decide di creare scuole per ragazzi e affida la
copiatura delle opere latine a persone di grande competenza: bisogna imparare il latino per
meglio conoscere Dio e le Sacre Scritture e anche Carlo stesso si dedica allo studio del latino.

Altro intervento è quello di riforma delle scuole ecclesiastiche che servono ora anche alla
formazioni di competenti funzionari da impiegare nel regno carolingio: nonostante lo scopo
politico in questo periodo di conosce un grande rifiorire delle lettere denominato “Rinascenza
carolingia”, si studiano gli autori antichi e si copiano i loro testi.
Il latino della riforma carolingia è adesso un latino completamente diverso da quel latino
parlato/volgare originario ma anche dal latino che veniva parlato in Francia: ci stiamo già dunque
avviando verso la lingua romanza che diventerà poi il francese

Il primo documento scritto in lingua romanza è rappresentato dagli atti del Concilio di Tours del
813 d.C. in cui si raccomanda una predicazione che sia comprensibile a tutti, si richiede dunque
esplicitamente che le orazioni vengano fatte in “lingua tedesca” per tutti, chi parla latino popolare
non è più in grado di capire il latino classico della Chiesa, ciò dimostra che il latino popolare non
ha più niente a che vedere con il latino classico: se prima erano la stessa lingua con alcune
differenza, ora sono proprio due lingue diverse!

Il primo testo scritto in lingua romanza (detta qui “romana”) è invece la cronaca dei Giuramenti di
Strasburgo dell’842 d.C. , il quale racconta della disputa per il potere scatenatasi alla morte di
Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, tra gli eredi Carlo il Calvo, Ludovico il Germanico e Lotario.
Carlo e Ludovico si alleano contro Lotario e si incontrano a Strasburgo per rinsaldare la loro
alleanza con questi giuramenti in presenza dei loro eserciti: i giuramenti vengono fatti in lingua
germanica (teudisca) e in lingua romanza (romana), i due eserciti giurano usando ognuno la
propria lingua mentre i due fratelli giurano usando l’uno la lingua dell’altro.
Alla lettura di questo testo si vedono infatti già alcuni tratti tipici delle lingue romanze e
sconosciuti al latino: la declinazione a due casi (soggetto + caso obliquo per tutti gli altri
complementi), futuro con infinito + avere al presente (es. parlerAI), la grafia I per E ed U per O
(es. saver > savir, poder > podir, donat > dunat) cronaca di Nitardo

3.3. I termini “(lingua) romana, romanza”, “romanzo”, “volgare”

La lingua romana era anticamente il termine per indicare la lingua parlata di origine latina,
termine attestato già negli atti del Concilio di Tours e poi più avanti in provenzale dal trovatore
Guglielmo IX che usa la parola romanz.
Romanz deriva dall’aggettivo lat. ROMANICUS = “di Roma, di tipo romano” che ha dato l’avverbio
lat. ROMANICE = “al modo romano”, poi in francese si considera Romanz come il soggetto,
dunque si arriva a formare il caso obliquo Romant che per caduta della T diventa Roman. In senso
linguistico l’aggettivo Roman, in francese si inizia a usare a partire della fine del ‘500, oggi invece si
usa il termine Langues Romanes per indicare le lingue romanze.
In Italia il termine Romanzo e poco usato nel medioevo, si preferisce chiamare queste lingue
popolari diverse dal latino con il termine Volgare 

3.4. Le lingue romanze nella scrittura

Nel IX sec si ha ormai la consapevolezza dell’esistenza di due lingue: il latino e la lingua romanza
in Francia prima e in tutte le altre aree romanze poi, il latino rimane la lingua dei soli dotti mentre
la lingua romanza è usata e capita da tutti.

Piano piano accanto alla scrittura latina, si affermerà anche una scrittura romanza per due ragioni
principali: la prima è la volontà di conservare scritto un testo così com’è (per esempio i
Giuramenti di Strasburgo o formule magiche) e la volontà di scrivere testi comprensibili a tutti.
La scrittura romanza si afferma con tempi diversi nei diversi generi di testo: importante è la
distinzione tra testi letterari – non letterari e poi tra poesia-prosa.

Inizialmente i testi concepiti per la diffusione come quelli edificanti per la predicazione non sono
pensati per la conservazione, vengono talvolta riportati su supporti non pensati per la lunga
conservazione come fogli volanti o quaderni ma successivamente gli intenti cambiano e si ha una
grande svolta quando si inizia a interessarsi alla conservazione dei testi scritti. Le tipologie di
conservazione sono di due tipi, quella libraria e quella documentaria ed è grazie a queste che testi
antichi sono oggi giunti fino a noi: i Giuramenti di Strasburgo conoscono una conservazione
libraria, i Placiti capuani una conservazione documentaria.

Quando si scrive in lingua romanza però non si trascrive la lingua parlata così com’è: c’è innanzi
tutto la mediazione del latino, lingua da sempre usata per la scrittura dunque si tenderà ad
adattare la lingua parlata al sistema latino, si tolgono tratti troppo locali per favorire la
comunicazione più vasta, i copisti interferiscono sulla lingua perché riconducono i vari sistemi
linguistici al proprio: i testi trascritti dalla lingua romanza parlata dunque non rispecchiano
fedelmente la lingua parlata ma ogni lingua parlata è trascritta mediante dei sistemi di scrittura
detti scriptae.

Tra le testimonianze più antiche scritte in lingua romanza ci sono giunti l’Indovinello veronese, i
Giuramenti di Strasburgo e il Graffito delle catacombe di Comodilla, alcune glosse e alcuni testi
letterari galloromanzi in lingua d’oil.
Il testo letterario più antico è la Sequenza di Santa Eulalia in lingua d’oil, del X secolo sono invece il
poemetto Sant Lethgier in vallone e la Passione di Clremont-Ferrand in pittavino.
Sempre del X secolo si hanno i testi più antichi in lingua d’oc, sono due formule magiche curative,
la Passione di Augsburg, l’Alba di Fleury in latino ma con presenza di versi anche occitanici, il
Sermone su Giona che presenta anch’esso scritture sia in latino che volgare.

Il testi più antichi italoromanzi sono invece i Placiti campani che riportano la controversia per la
proprietà di alcune terra tra il nobile Rodelgrimo e l’abbazia di Montecassino, i testimoni ascoltati
dal giudice testimoniano usando il volgare, essi sono tutti monaci dunque conoscono il latino
dunque pare che anche in ambito giuridico si stava piano piano affermando l’uso del volgare, e il
Glossario di Monza, una lista di parole in volgare con il corrispettivo greco.
In Penisola Iberica i testi più antichi sono giuramenti feudali che usano sia latino che lingua
romanza, più tardi abbiamo anche traduzioni di leggi visigote e un’importante raccolta di omelie
per quanto riguarda il castigliano, il testamento del re Alfonso II  e la Noticia de torto per il
portoghese nei primi anni del ‘200, pochi sono i testi dalla Sardegna, dalla Toscana ci arrivano
documenti fiorentini quali libri di conti come il Conto navale pisano  per le spese da sostenere per
la costruzione di un armamento di navi, altri testi vengono dalla zona di Venezia e sono scritti per
il commercio.

CAP4) IL LESSICO DELLE LINGUE ROMANZE (ESEMPI)

4.1. Continuità e innovazione


La base di tutte le lingue romanze è ovviamente il latino scritto e parlato prima della
frammentazione dell’Impero Romano. Vediamo elementi di continuità e discontinuità con il latino
tra le forme continuate nelle lingue romanze: 

  HABĒRE (avere) > la continuità è che rimane in tutte le lingue romanze anche se con
evoluzione fonetica diversa (avere, avoir, haber, aver…). L’elemento di
discontinuità/innovazione è che alcune lingue lo usano come verbo ausiliare, funzione che
non era presente in latino 

 CRESCĒRE (crescere) > la continuità è che rimane in tutte le lingue romanze anche se con
evoluzione fonetica diversa (crescere, crecer, croitre, creisser…). L’elemento di
discontinutà/innovazione è che in latino il verbo era solo intransitivo mentre alcune lingue
romanze introducono la forma transitiva

 ALĪUM (aglio) > la continuità è che rimane in tutte le lingue romanze anche se con
evoluzione fonetica diversa (aglio, aille, ajo, all…). L’elemento di discontinuità/innovazione
è che in latino ALIUM è neutro mentre in alcune lingue romanze prende genere maschile e
in altre ancora genere femminile derivato dal plur. ALIA

Altre forme latine sono invece andate perdute e non sono continuate nelle lingue romanze: 

 LOQUI (parlare) > non continua nelle lingue romanze ma viene sostituito da FABULARE –
FABELLARE che dà origine a hablar, falar, favellare…o dal latino cristiano PARABOLARE da
PARABOLA che dà origine a parlare, parler, parlar…

 EQUUS (cavallo) > non continua in tutte le lingue romanze, viene sostituito da CABALLUS
termine più specifico che indicava il cavallo da lavoro il quale dà cavallo, cheval, caballo,
cavalo…

 ÈDÈRE (mangiare) > non continua nelle lingue romanze, viene sostituito dal suo composto
COMEDĒRE che dà i continuatori in Penisola Iberica (comer) o da MANDUCARE che più
propriamente significa “masticare” e che dà gli esiti mangiare, manger, mandegare,
manicare (it. antico)…
 CANĒRE (cantare) > non continua nelle lingue romanze ma viene sostituito dal suo
frequentativo CANTARE che esprime l’azione con maggior forza, da qui cantare, chanter,
canter, cantar…

Da sottolineare poi il rafforzamento di preposizioni, avverbi, pronomi, aggettivi dimostrativi: 

 AB > DE AB che dà Da in italiano

 DE ANTE (davanti, prima) > AB ANTE  che dà avanti, avanti + DE IN ANTE che dà delante +
AB DE IN ANTE che dà adelante

 Forme con ECCE-ECCUM (ecco) > (EC)CE ILLUI che dà fr. celui + (EC)CU(M) ILLUM che dà it.
quello + (EC)CU(M) SIC > it. così 

Altro caso è la sostituzione di parole con altre di tipo affettivo:

 AURIS (orecchia) > sostituito da AURIC(U)LA, ORIC(U)LA che danno oreja, oreille, aurelha,
orecchia…
 GENU (ginocchio) > sostituito da GENOC(U)LU che dà ginocchio, hinojo, genou…

4.2. Elementi di sostrato

Nelle lingue romanze si sono continuate anche alcune parole di sostrato entrate nel latino: 

 CATĒNA > etrusco: dà catena, cadena, chaine…


 SPORTA > greco con mediazione etrusca: da sporta, espuerta, isporta…
 CISTERNA e altre parole con suffisso ERNA > etrusco: da cisterna, kisterra, citerne…
 DOPPIE FORME B – F > lingue italiche: es. BUBALUS – BUFALUS,  SCARABAEUS-SCARAFAIU,
TABANU-TAFANU… le varie lingue romanze hanno continuatori dell’una o dell’altra forma 
 PĒTRA > greco: usato nella lingua parlata al posto del lat. LAPIS e SAXUM, dà continuatori
pietra, pedra, piedra, pierre…
 COLĀPHUS > greco: sostituisce il lat. ICTUS (colpo), subisce sincope della post-tonica quindi
diventa COLPU e dà come continuatori colpo, golpe, coup…
 PLATĚA > greco = dà plaça, place, plazza, plasa…
 CARRUS > celtico = sostituisce lat. CURRUS e dà carro, char, carrello…
 CAMMINUM > celtico = dà cammino, caminho, chemin, camino…
 CARPENTUM > gallico = dà carpentiere,  charpentier…
 EZKERR > lingue iberiche = sostituisce lat. SINISTRU e in alcune lingue romanze dà
esquerdo, izquierdo, esquerr perché SINISTRU è associato a “funesto”

4.3. Elementi di superstrato

In minor quantità rispetto a quelle sostrato, nelle lingue romanze vi si ritrovano alcune parole di
superstrato germanico: in Francia Meridionale e Spagna il gotico dei visigoti, in Italia il gotico degli
ostrogoti e poi il longobardo, in Francia settentrionale il fràncone dei franchi. Per il gotico e il
longobardo abbiamo però pochissimi continuatori nelle lingue romanze 

 SAPO > germanico = è una sorta di medicinale, dà sapone, savon, jabon, sabao…
 GARDO > fràncone = subisce palatalizzazione di GA in ʤa dunque dà giardino, jardin,
jardim, jardi…
 WERRA > fràncone = “confusione, disordine”, continuato come guerra, guerre…
 HAUNTTHA > fràncone = “vergogna” continuato dà onta, honte, haonta…
 Suffisso HART di nomi propri > fràncone = passa a suffisso di nomi comuni riferiti a
persona bastardo, bastard, codardo, codard…
 WANKJA > longobardo = continuato dall’ it. guancia
 STINKO > longobardo = continuato dall’it. stinco
 SKINA > longobardo = continuato dall’ it. schiena
 AL > arabo = articolo conservato nelle lingue iberiche algodon, azucar, aduana poi passati
alle altre lingue romanze senza la articolo AL cotone, dogana, zucchero…
 SIFRE > arabo = “vuoto”, continuatori cifra, chiffre…
 ZEPHIRUM > arabo = “zero”, continuatori zero, zéro…

4.4. Lessico cristiano

Nelle lingue romanze sono presenti anche continuatori del latino cristiano 

 PARABOLA = prestito greco usato nel lat. cristiano per indicare “esempi di Gesù =
parabole”, poi prende il significato di parola: parola, palabra, paraula…
 PAGANUS = inizialmente significa “abitante del villaggio” me nel lessico cristiano prende il
significato di “civile” e poi “non cristiano” con i continuatori pagano, paien, pagan…
 CAPTIVUS = inizialmente con significato di “prigioniero” nel lat.  cristiano diventa
“prigioniero del diavolo” e da qui dunque “infelice” con i continuatori cattivo, chétief,
chaitif, caitiu

CAP5) ALCUNI PUNTI DI GRAMMATICA STORICA

5.1. Forme ereditarie e forme dotte

Nelle lingue romanze abbiamo oggi sia forme ereditarie/popolari che forme dotte/latinismi.
L’origine di tutte è ovviamente quella latina, la cosa che cambia è il modo in cui esse sono entrate
nelle varie lingue romanze.
Le forme ereditarie/popolari sono passate dal latino seguendo i naturali mutamenti fonetici delle
varie lingue romanze mentre le forme dotte/latinismi sono entrate nelle lingue romanze
mantenendo la forma latina con un leggero adattamento. Le due forme possibili si dicono
allotropi e riportano una leggera differenza di significato: PODIUM > poggio – podio, FUGA > foga
– fuga, LEGALE > loyal – legal…

I latinismi si trovano o perché il latino è sempre sentito come lingua di cultura dai parlanti
romanzi, che quindi  cercano di recuperarlo oppure perché si ha l’influenza del latino ecclesiastico
che frena l’evoluzione.
Un esempio: base lat. DIRECTUS, all’accusativo DIRECTUM con perdita di M > DIRECTU = in
francese si hanno due continuatori DROIT forma ereditaria ottenuta seguendo i naturali
mutamenti fonetici del francese, DIRECT latinismo che mantiene forma latina con leggero
adattamento.
L’evoluzione franata dal latino ecclesiastico la si vede per esempio in MIRACULU che dà MIRACOLO
con struttura latino e non MIRACCHIO che invece sarebbe l’esito ereditario/popolare con i
mutamenti fonetici tipici dell’italiano
5.2. Accento

Nelle parole ereditate dal latino l’accento non cambia posizione: cade infatti sulle stesse sillabe in
cui cadeva in latino.

Nonostante alcune parole romanze possano aver conosciuto la caduta di alcune sillabe/vocali, la
sillaba tonica rimane comunque la stessa del latino: es. lat. CANTARE parola piana, accento
penultima > fr. CHANTER parola tronca, accento sull’ultima ma la sillaba tonica rimane la stessa se
si pensa che in fr. c’è state la caduta della E finale che avrebbe reso la parola piana come
CANTARE. Molto pochi sono i casi in cui l’accento cambia posizione rispetto al latino (un caso è
quello dei dittonghi da vocali che in latino erano venute a contatto con uno iato)

 in latino l’accento non cade mai sull’ultima sillaba.

5.3. Vocali

Il latino classico aveva un sistema pentavocalico (5 vocali) distinte per qualità (timbro) e quantità
(lunghe-brevi).
La quantità vocalica aveva valore fonologico cioè la differenze breve-lunga permetteva di creare
coppie minime di parole con significati differenti (es. MĀLUS = cattivo – MĂLUS = melo).

La qualità ovvero minor o maggior apertura della vocale invece non aveva valore fonologico.
Nel latino parlato invece si perde il valore fonologico della quantità vocalica, nel parlato si ha
infatti la tendenza ad allungare spontaneamente le vocali brevi in sillaba aperta, a partire già dal
V sec. ne risulta che le vocali in sillaba aperta sono tutte lunghe mentre le vocali in sillaba chiusa
sono tutte brevi: a questo punto la quantità vocalica è un fattore legato al contesto e dunque
perde valore fonologico.
La quantità vocalica con valore distintivo tipica del latino classico non è conservata in nessuna
lingua romanza

5.3.2. Le vocali toniche del latino volgare

5.3.2.1. A e i dittonghi latini

 Nel latino parlato Ā e Ă convergono entrambe in [a]. Gli esiti romanzi di [a] dipendono poi
dal tipo di sillaba in cui essa si trova: es fr. [a] in sillaba aperta > E , [a] in sillaba chiusa > A
 Nel latino parlato il dittongo AE diventa [Ɛ] dunque coincide con Ě : lat. CAELU > it. cie(Ɛ)lo
 Nel latino parlato il dittongo OE diventa [e] dunque coincide con Ē : lat. POENA > it. pena
 Nel latino parlato il dittongo AU diventa [o] dunque coincide con Ō : lat. CAUDA > it. coda,
si conserva però nel provenzale: aur, taur

5.3.2.2. Il sistema sardo

Nel sardo lunghe e brevi si sono confuse tra loro, si ha dunque [Ɛ] – [e] e [ɔ] – [o] e la loro
alternanza dipende dalla vocale finale, senza creare coppie minime.
Il sistema vocalico sardo risulta essere il seguente

ĪĬ>i
ĒĚ>e
A>a
ŌŎ>o
Ū Ŭ > u 
Un sistema identico a quello sardo si trova in un’area tra Basilicata e Calabria (zona Lausberg)

5.3.2.3 Il sistema “panromanzo” o “latino volgare”

E’ il sistema vocalico tonico più diffuso che caratterizza anche le varietà italoromanze.
Il sistema risulta essere il seguente:

Ī>i
ĬĒ>e
Ě>Ɛ
A>a
Ŏ>ɔ
ŌŪ>o
Ū > u 

5.3.2.4. Il sistema balcanico

Il sistema balcanico è a metà tra il panromanzo per le vocali anteriori e il sardo per le vocali
posteriori:

Ī>i
ĬĒ>e
Ě>Ɛ
A>a
ŎŌ>o
ŬŪ>u

5.3.2.5 Il sistema siciliano

Il sistema siciliano è un’evoluzione del panromanzo avvenuta in alto medioevo. Risultato è che si
hanno 5 vocali e non 7 come nel panromanzo.

ĬĪĒ>i
Ě >  Ɛ
A>a
Ŏ>ɔ
Ō Ŭ Ū > u 

5.3.2.6. Evoluzione successiva (due esempi)

Sillaba aperta e sillaba chiusa

 [Ɛ] – [ɔ] in francese-italiano-spagnolo = in it. e fr. dittongano solo in sillaba aperta in


italiano e francese mentre dittongano sempre in spagnolo: lat PĚ/DE > it. piede + fr. pied,
lat MŎ/RIT > it. muore, fr. meur, in sillaba chiusa ciò non avviene PŎR/TA > it. porta, fr.
porte, lat. PŎRTA > spa. puerta, lat. PETRA > spa piedra

 [e] – [o] in francese = in francese dittongano in sillaba aperta : lat. HA/BĒ/RE > fr. aveir >
avoir, lat. FLŌ/RE > fr. flour > felur
 [Ɛ] – [e] – [o] in romeno = dittongano sia in sillaba aperta che chiusa, dipende tutto dalla
vocale finale
 A in sillaba aperta diventa E in francese = Lo si trova anche in Emilia-Romagna ed è un
esito attribuito al sostrato celtico, non c’è in provenzale

 Ū diventa [y] = fenomeno attribuito al sostrato celtico, è tipico di tutte le varietà


galloromanze: lat. FŪMARE > fr. f[y]mer

Metafonesi

Con metafonesi/metafonia si intende il fenomeno che prevede l’alterazione della vocale tonica
per effetto della vocale finale. A seconda dunque della vocale finale la tonica risulterà aperta o
chiusa

Ex. In portoghese (Ɛ) e (ɔ) latino volgare, si chiudono in (e) e (o) se la finale latina è una U.

 l’assenza di metafonesi è caratteristica dei dialetti toscani.

5.3.3. Vocali atone

Solo il sardo ha 5 vocali atone in stessa quantità delle toniche.

Nel siciliano tutte le atone palatali > [i] e tutte le atone velari > [u]: NĚPOTE > niputi, PŎRTARE >
purtari
Nel panromanzo confluiscono [e]-[Ɛ] – [o]-[ɔ], le E-I atone in iato con la vocale seguente > [j]
dunque VINEA > vigna, IE > [Ē] dunque PARIETE > parete.

Negli esiti romanzi la atone interne alla parola sono soggette a caduta per il fenomeno della
sincope: lat DIRECTU > it. dritto, fr. droit.
Di solito nel latino volgare sono già cadute le atone che precedono l’accento in parole di 4 o più
sillabe: es. lat. CIVITATE > volg. CIVTATE > it. città.

Nei proparossitoni ovvero parola con accento sulla terzultima in latino volgare si ha la caduta
della vocale atona che segue l’accento (post-tonica): lat. VETULUS > volg. VETLU > VECLU con
anche TL > CL.

Nel volgare cadono le vocali finali che in latino indicavano flessione nominale e verbale: es. lat.
accusativo LUPUM > volg LUPU con perdita di M FINALE, a questo punto accusativo e ablativo si
distinguono per la vocale finale Ū-Ō ma quando entrambe diventano [o] la distinzione viene a
mancare. Le vocali finali vengono invece conservate in sardo, toscano e in portoghese mentre la
massima tendenza alla caduta si ha nelle lingue galloromanze: in provenzale si conserva solo la A
mentre in fr. la A si indebolisce e diventa e [Ə]: lat. TERRA > fr. terre, si conserva solo se forma
dittongo con la tonica: lat. DEU > fr. dieu, prov. Deu.

Nei nessi S + consonante si è aggiunta una vocale I – E per il fenomeno della pròstesi: lat. SPONSU
> spa. esposo
5.4. Consonanti 

5.4.1 Le consonanti del latino

I sistemi di consonanti delle lingue romanze derivano dal sistema di consonanti latino con
mutamenti che hanno portato da una consonante a un'altra già esistente in latino ad altre invece
che non esistevano in latino, come ad esempio [ʧ].
Di solito le consonanti che hanno subito mutamento sono quelle in posizione debole ovvero in
posizione intervocalica. Tra i mutamenti più significativi ci sono:

 Lenizione consonantica = è la sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche [p-t-k],


si ottengono infatti le corrispettive occlusive sonore [b-d-g]: lat. RIPA > prov. riba.
In altre lingue il processo è andato anche oltre fino a ottenere le fricative: lat. RIPA > it.
riva, fr. rive o addirittura la caduta di [t-k]: lat. VITA > fr. vie.
La lenizione consonantica distingue le lingue romanze occidentali dalle lingue romanze
orientali insieme all’esito di S finale: le lenizione c’è nelle lingue iberoromanze,
galloromanze e i dialetti dell’Italia settentrionale, non c’è lenizione in toscano e italiano, nei
dialetti dell’Italia meridionale e nel balcanoromanzo : lat. ROTA > spa rueda, it. ruota anche
se in italiano sono possibili forme con lenizione accanto a forme senza lenizione: lat. RIPA
> it. ripa, lat. LACU > it. lago, lat. PACARE > it. pagare…

 Degeminazione = in latino c’era anche l’opposizione tra consonanti lunghe/geminate –


consonanti brevi : es. FERRUM = ferro – FERUM = selvatico.
Oggi solo italiano, sardo e dialetti centro meridionali conservano l’opposizione fonologica
consonanti lunghe-consonanti brevi che danno origine a diverse coppie minime
geminate: es. fato-fatto, cade-cadde…mentre in tutte le altre lingue romanze è avvenuta
degeminazione e quindi le consonanti geminate si sono scempiate: lat. CUPPA > fr. coupe,
lat. VACCA > spa. vaca…
Nello spagnolo –NN- è degeminata e poi palatalizzata in n palatale [ɲ] e lo stesso vale per
–LL- palatalizzata in l palatale [ʎ]: lat. ANNO > spa año, lat. CABALLU > spa. caballo

 Esito di S finale = la conservazione di –S finale è uno dei tratti significativi che distinguono
le lingue romanze occidentali dalle lingue romanze orientali.
Nelle lingue romanze occidentali e nel sardo S- si conserva: lat. FEMINAS > spa. hembras,
port. femeas, fr. femmes, sard. Feminas…in francese si conserva nello scritto ma non
sempre nel parlato a parte i casi di liaison tra due vocali, nello spagnolo americano si
tende invece a non conservare, si conserva anche nei dialetti italiani settentrionali.
Nelle lingue romanze orientali dunque italiano, toscano, dialetti italiani meridionali e lingue
balcanoromanze invece S- non si conserva e diventa I o cade: lat. NOS > it. noi, lat.
CANTAMUS > it. cantiamo

 Esito di M finale = in latino M era già pronunciata debolmente quindi cade nelle lingue
romanze (pronuncia debole indicata dalla M tra parentesi all’accusativo latino). Si conserva
solo nei monosillabi ma diventa N: lat. CUM > it. con, lat. REM > fr. rien, fa eccezione lat.
IAM > it. già, spa. ya dove invece cade anche nel monosillabo
 Esito T finale = è la T delle forme verbali che cade in tutta la Romania, resta solo in
francese antico nei casi di liaison 

5.4.5 Alcuni fenomeni di palatalizzazione

I fenomeni di palatalizzazione danno origine a consonanti nuove che nel latino non esistevano.
Le consonanti nuove sono le affricate: [ʤ] [ʧ] [dz] [ts]: lat RADIU (radju) > it. raggio, lat FACIA
(fakja) > it. faccia, lat MEDIU > it. mezzo lat, PLATEA > it. piazza…in questo caso i nuovi esiti
vengono tutti creati per la resa dei nessi consonante + j (yod), infatti kj - ke palatalizzano in ʧ
molto presto ed è in tutte le lingue romanze, solo il sardo conserva [k] velare davanti a palatali E-I,
(lat. CENA > sardo kena),  tj palatalizza in ts (es. absenztia > absenzia) .

Altre consonanti nuove sono [ɲ] e [ʎ] per la resa dei nessi –NN- e -LL- o dei nessi [nj] risultato da
NE/NI + vocale e [lj] risultato da LE/LI + vocale : lat. VINEA > it. vigna, lat. FOLIA > it. foglia.
In portoghese, spagnolo, italiano e romeno i nessi PL- BL- FL- CL- GL- subiscono anch’essi
palatalizzazione: in italiano hanno esito [j]: lat. PLANU > it. piano (pjano), germ BLANUC > it.
bianco (bjanco)…in spagnolo hanno esito [ʎ]: lat. CLAVE > spa. llave, lat FLAMA > spa. llama…nelle
lingue galloromanze si conservano.
Il nesso latino -CT- non si conserva, si assimila –TT-, scempia o da esito [jt]: lat. NOCTE > it. notte,
vent. note, fr. nuit 

5.4.6. Note su alcune consonanti 

 H intervocalica = era già caduta in latino antico quindi non passa nelle lingue romanze (NE-
HOMO > NEMO, PREHENDO > PRENDO)
 H iniziale = veniva pronunciata ma solo nella pronuncia colta quindi non passa nelle lingue
romanze 
 H germanica = in francese rimane e fa trattare l’inizio di parola come inizio consonantico
quindi con impossibilità di liaison: es. ger. HAUNJTHA > fr. la honte 
 [v] labiodentale e [w] semiconsonante = il latino non ha [v] labiodentale ma ha solo [w]
semiconsonante, le due forme però sono rese con stessa grafia
 [w] intervocalica =  [w] intervocalica diventa [β] fricativa bilabiale distesa : lat CABALLU >
spa caβallo 
 [w] iniziale =  si realizza [b] dopo pausa e nasale altrimenti [β]. Vale lo stesso nei dialetti
meridionali in cui [w] si realizza [β] [v] in posizione debole o [bb] in posizione forte
secondo il fenomeno del betacismo. In gran parte delle lingue romanze invece l’esito di [w]
è [v]: lat VINU > it. vino, fr. vin…
 Esito nesso NS =  il nesso NS viene reso già nel latino antico con S per caduta di N e infatti
le lingue romanze continuano la forma in S: lat. MENSES > ita. mese, fr. mois…

5.5. Le declinazioni

5.5.1. Casi e declinazioni

La grande differenza tra latino e lingue romanze sta nella morfologia nominale: in latino si poteva
comprendere la funzione sintattica di un elemento nominale già dalla sua morfologia grazie alla
flessione data dalle desinenze, nelle lingue romanze invece questo non è più possibile perché le
desinenze sono cadute e quindi la funzione sintattica la si capisce solo osservando la posizione
dell’elemento nominale nella frase.
Le frasi italiane per esempio seguono l’ordine SVO che viene detto non marcato, frasi che
cambiano l’ordine degli elementi si dicono marcate e hanno un significato diverso rispetto a quelle
non marcate.
In latino invece si hanno sei casi con le loro desinenze che stanno a indicare la funziona sintattica
dell’elemento nominale nella frase: Nominativo, Genitivo, Dativo, Accusativo, Vocativo, Ablativo
ognuno esprime un complemento diverso con la propria desinenza.

L’ordine non marcato latino è SOV ma in realtà soggetto e oggetto si distinguono anche a
prescindere dalla loro posizione proprio per la desinenza che riportano notevole libertà
nell’ordine delle parole.
Come in italiano anche il latino forma complementi con le preposizioni, la maggior parte delle
preposizioni regge un solo caso, alcune due.

Del sistema latino delle declinazioni le lingue romanze conservano minimi frammenti, in
particolare nei pronomi, solo il fr. antico e il provenzale hanno conservato una declinazione a due
soli casi, fra le lingue moderne invece solo il romeno conserva una declinazione a due/tre casi.

Per il resto nelle lingue romanze ogni nome,aggettivo…ha una sola forma nel singolare e una sola
per il plurale.

5.5.2 Riduzione delle declinazioni 

Nel latino tardo si ha una riduzione delle declinazioni da 5 a 3 dunque si sa che i nomi delle lingue
romanze derivano da quelle prima 3 declinazioni: i nomi in A dalla prima, in O dalla seconda e in E
dalla terza, i nomi della quarta vengono assorbiti dalla seconda

5.5.3 Riduzione dei casi

Dopo le declinazioni si ha anche la riduzione dei casi nel parlato, si iniziano a usare costrutti con
preposizione al posto dei casi: AD + ACCUSATIVO per il dativo, DA + ABLATIVO per il genitivo,
CUM…poi si tenderà a usare solo accusativo con tutte le preposizioni e addirittura l’accusativo
sostituirà il nominativo in funzione di soggetto.

Altri fenomeni fonetici che hanno contribuito alla riduzione dei casi sono anche la caduta di M, la
convergenza di O-U finali, e la caduta di S finale.
Alla fine in latino tardo si ottiene una sola declinazione a due casi: un nominativo per il soggetto e
un caso obliquo per indicare tutti i complementi che viene rappresentato dall’accusativo.
Le lingue romanze poi perdono anche i due casi e mantengono solo l’accusativo mentre il
provenzale e il francese mantengono i due casi.

5.5.4 La declinazione del francese antico e del provenzale

Provenzale e francese mantengono una declinazione a due casi come quella del latino tardo
parlato: un caso nominativo usato per il soggetto e un caso obliquo rappresentato con accusativo
per tutti i complementi: lat MURUS > S murs e lat. MURUM > O mur, lat CANIS > S chiens e lat.
CANEM > O chien…i due casi si differenziano per la “S segnacaso” . In francese poi si perde anche
la declinazione a due casi

5.5.5. Il plurale

Quando in francese si perde la declinazione a due casi e si mantiene solo il caso obliquo-
accusativo, la S viene utilizzata per segnare il plurale dell’obliquo: lat CANE > ob sing chien > ob
plur chiens.
Stesso fenomeno vale anche per le lingue iberiche con S al plurale: lat PONTES > ob sing puente >
ob plur puentes.
L’italiano conserva accusativo al singolare ma usa il nominativo plurale al plurale: lat. MURUM >
ob sing muro , lat. MURI > ob plur muri 

5.5.6. La declinazione del romeno

Il romeno mantiene una declinazione a due casi: uno per nominativo-accusativo e uno per
genitivo-dativo.
C’è anche un caso vocativo ma scarsamente utilizzato

5.6. Il genere

Il latino presenta 3 generi: maschile – femminile – neutro mentre quasi tutte le lingue romanze
hanno 2 generi: maschile – femminile tranne il romeno che conserva il genere neutro come forma
produttiva, cioè che può introdurre parole nuove o prestiti di altre lingue.

I neutri latini sono per la maggior parte passati al maschile dunque in neutri in UM si sono confusi
con i maschili in US della stessa declinazione: CAELUM ha gli stessi esiti di MURUS mentre altri
sono passati al femminile: lat MARE > fr. la mer, lat. PIRUM > it. pera…
Anche in italiano esistono continuatori del genere neutro, sono nomi che hanno il singolare al
maschile e plurale al femminile: BRACCHIUM-BRACCHIA > il braccio-le braccia, OSSUM-OSSA >
l’osso-le ossa…in questo caso però è una forma non produttiva.
Altri nomi hanno invece cambiato genere nel passaggio dal latino alle lingue romanze, tra i nomi
che hanno subito tale processo si trovano i nomi di albero femminili in latino e maschili nelle
lingue romanze e i nomi in nom OR- e acc. ORUM- maschili in latino e femminili soprattutto nelle
lingue galloromanze: lat. femm. PINUM > it. masch pino, lat femm FRAXINUS > it masch frassino,
lat. masch FLORE(M) > fr. femm fleur, lat. masch. DOLORE(M) > fr. femm douleur 

5.7. L’articolo

L’articolo in latino non esiste, è dunque un’innovazione delle lingue romanze.


L’articolo determinativo è un esito del pronome dimostrativo latino ILLUM – ILLA “quello
(lontano da chi ascolta)” > “It. il, lo, la, Fr. le, la, Sp. el, la”… oppure IPSUM-IPSA “questo-quello
stesso” per il sardo “su-sa”.
L’it. IL non è la riduzione di ILLUM alla sua prima parte ma deriva dalla riduzione di LO in ‘L tra
vocale finale e consonante iniziale: LO > ‘L > IL.
Nel latino tardo l’articolo è messo prima o dopo il nome mentre nelle lingue romanze va prima
del nome tranne che in romeno dove invece è posposto: lat. tard LUPU ILLU > rom. Lupul.
L’articolo indeterminativo che continua il numerale UNU(M) – UNA > “It. uno, un, una, Fr. un,
une, Sp. uno, un,una…”

5.8. Note sul verbo

5.8.1 Coniugazioni

In latino ci sono 4 coniugazioni: ARE – ĒRE – ĚRE – IRE ma nel latino tardo già si vede una
convergenza della III con la II quindi ci sono forme della III che passano alla II coniugazione e
forme della II che passano alla III: RESPONDĒRE > RESPONDĚRE, SAPĚRE > SAPĒRE così continuati
poi anche nelle lingue romanze.
I dialetti mediani e il toscano hanno l’infinito con apocope di –RE: cantà

5.8.2 Esiti fonetici e analogia

Nel passaggio tra le forme verbali latine e le forme verbali romanze sono avvenuti mutamenti
fonetici.
Un mutamento importante è l’analogia che è l’esito non fonetico di un verbo nel passaggio.
L’analogia serve per rendere i paradigmi omogenei e dunque per esempio per eliminare forme
irregolari, già in latino volgare si possono notare rifacimenti per analogia: lat POSSE > lat. volg
POTĒRE, lat. VELLE > lat. volg VOLĒRE, lat. ESSE > lat. volg ESSĚRE…

5.8.3 Forme sintetiche e forme analitiche 

Nel passaggio latino-lingue romanze si è anche assistito a casi di passaggio da forme sintetiche a
forme analitiche: le forme sintetiche hanno i componenti  non distinti e di uso non separato e in
cui dunque la funzione grammaticale  si esprime con una desinenza (es. parlo > parl-o ma la
distinzione non è percepita) mentre le forme analitiche sono formate da elementi distinti e
indipendenti (es. ho parlato).
Lo stesso passaggio lo si nota anche nel comparativo : in latino il comparativo si forma con
desinenza –IOR – IUS (ALTUS > ALTIOR-ALTIUS) mentre nelle lingue romanze si forma con i derivati
del lat. MAGIS-PLUS : più alto, mas alto, plus haut…
Lo stesso passaggio lo si ha anche con l’espressione dei complementi con preposizioni anziché con
il caso come in latino

5.8.3.1. Il passivo (e i verbi deponenti)

In latino il passivo è espresso in forma sintetica (LAUDOR > io sono lodato) mentre usa forme
analitiche per il perfetto passivo (LAUDATUS SUM > io fui lodato).
In latino ci sono anche verbi deponenti di forma passiva ma significato attivo per esprimere il
coinvolgimento del soggetto nell’azione: MORIOR > io muoio.
Nelle lingue romanze invece il passivo è fatto con forme analitiche infatti è stato continuato il
passivo perfetto reinterpretato con l’ausiliare essere al presente: LAUDATUS SUM >  io fui lodato
> io sono lodato

5.8.3.2 Il futuro e il condizionale

Oggi le lingue romanze hanno un futuro sintetico (it. canterà) ma inizialmente il futuro aveva
forma analitica con ausiliare avere posposto: CANTARE HA(BET) > canterà mentre In latino
classico il futuro era sintetico con una forma per la I-II coniugazione e una per la III-IV
coniugazione.
Nel latino parlato si è infatti sostituito il futuro latino sintetico con perifrasi con infiniti: DEBEO
(devo), VOLO (voglio), HABEO (ho) : ho da andare.
La forma con habere posposto si continua in francese, spagnolo, provenzale, portoghese e
italiano: CANTARE HA(BET) > canterò, cantaré, chanterai, cantarai…mentre altre lingue hanno la
forma con habere anteposto: aggio cantà come nel caso dei dialetti meridionali italiani.
Il condizionale, che in latino non esisteva, si è formato in alcune lingue romanze dalla forma
futuro con habeo anteposto: INFINITO + imp. HABEBAM : CANTARE HABEBAM > cantarìa,
chanterais…mentre in toscano-italiano da INFINITO + perf. HABUI > HEBUI (da cui ebbi):
CANTARE HEBUI > canterbbe, alla prima persona del fiorentino ebbi > ei e da qui canterei 
5.8.3.3 Il passato composto

In latino c’è da sempre un perfetto che indica il passato remoto (es. SCRIPSI) ma successivamente
si introduce anche un passato composto che è l’italiano passato prossimo, inizialmente formato
con ausiliare avere poi anche con ausiliare essere. Alla base ci sono forme come COMPERTUM
HABEO, HABEO SCRIPTAM prima sentite come espressione di possesso e poi reinterpretate come
espressione di risultato.
Solitamente nelle varie lingue romanze si usa una o l’altra forma mentre in italiano sono presenti
entrambe ma con significati diversi: passato prossimo è un passato per azioni ancora in corso
mentre il passato semplice è per le azioni concluse.

CAP6) LE LINGUE ROMANZE OGGI

6.1. Le lingue iberoromanze

> Portoghese = parlato soprattutto in Portogallo e Brasile, il portoghese si sviluppa prima nella
parte nord-occidentale della Penisola Iberica, in Galizia e nella contea di Portogallo dove spicca il
regno di Léon: la lingua in questa fase viene detta galego-portoghese perché è un insieme
omogeneo delle parlate medievali di queste zone, è la lingua della poesia lirica. Quando invece a
metà ‘300 Lisbona più a sud diventa la capitale del Portogallo, allora la lingua comincerà a
svilupparsi sulla base delle parlate centro meridionali e il portoghese si differenzierà molto dal
galego. Con la colonizzazione del ‘400 il portoghese si diffonde anche in America Latina
soprattutto in Brasile che ho oggi nella lingua tratti del portoghese evoluti ma anche innovazioni
proprie.
I tratti che differenziano il portoghese dalle altre lingue iberoromanze sono:

 Esito di L latina intervocalica = la L latina intervocalica cade: lat.DOLOREM > sp. dolor >
port. dor 
 Esito di N latina intervocalica =   la N si risolve con nasalizzazione della vocale precedente:
lat. LUNA > sp. lluna > port. lua 
 Infinito coniugato/personale = le lingue romanze hanno tutte l’infinito non
coniugato/impersonale. Il portoghese ha sia quello impersonale per indicare azioni
generali, sia quello coniugato per indicare invece azioni rivolta a un soggetto specificato 

> Galego = è la lingua della Galizia con origine in comune al portoghese. Nel ‘400 quando la lingua
di Castiglia si impone come lingua di potere e letteraria, il galego viene relegata all’uso di dialetto.
La rivalorizzazione del galego comincia nell’800 con le ideologie nazionali secondo le quali la lingua
è espressione del popolo, ma il processo è presto interrotto dalla dittatura di Franco che reprime
tutte le autonomie. Oggi il galego è invece lingua co-ufficiale diffusa nell’uso comune a tutti i livelli
e considerata lingua di amministrazione e insegnamento

> Spagnolo (castigliano) = è la lingua ufficiale della Spagna ma anche di altri paesi ispanici delle
Americhe quali Argentina, Cile e Messico, in minoranza anche in Africa e Asia ed è parlata anche
negli USA sebbene non sia lingua ufficiale. Viene anche detto castigliano perché era la lingua
ufficiale del Regno di Castiglia che si espanse più degli altri. A Sud della Spagna e nelle Americhe ci
sono mutamenti per quanto riguarda la S finale che suona [h] o cade a fine parola o davanti la
consonante: las manos > lah manoh > la mano e soprattutto nelle Americhe l’esito di –LL- [ʎ] in
[ȝ]: caballo (cabaʎo) > cabaȝo
Le caratteristiche dello spagnolo sono:

 Esito F latina iniziale in[h] fricativa laringale = lat. FILIU > sp. hijo, lat. FARINA > harina.
Non si sa se il mutamento sia da attribuire al sostrato iberico, all’influenza del basco o al
fatto che il castigliano non avesse tale suono e quindi lo ha realizzato in modo differente 
 Dittongazione  Ě-Ŏ = le Ŏ-Ě latine dittongano in [je]-[we] sia in sillaba aperta che chiusa:
lat. VĚNTU > sp. viento, lat. RŎDA > sp. rueda
 Esito di /ȝ/ (gli) in /χ/ jota = diventa  lat. FILIU > figlio > hijo 

> Catalano = è oggi parlato in Catalogna, Andorra, Baleari, Comunità Valenziana e anche a
Alghero. Nel ‘200 i conti di Barcellona sono sia re di Aragona che conti di Provenza dunque
catalano e provenzale sono molto simili tanto che in questo periodo il provenzale è qui la lingua
della poesia mentre il catalano della prosa. Più il regno di Aragona conquista la Sardegna per
questo oggi si parla ad Alghero ma nel momento in cui Aragona e Castiglia si fondono nella
seconda metà del ‘400, il catalano si arrende al castigliano e nel ‘700 quando il castigliano diventa
lingua ufficiale il catalano diventa dialetto.

Nell’800 a seguito dei movimenti nazionalistici si propone invece una rivalutazione del catalano, si
riprende la lingua in letteratura e si procede con una standardizzazione. Nel primo ‘900 è il
catalano è poi represso da Franco ma torna a diffondersi con il ritorno della democrazia. Nel
secondo ‘900 viene invece riconosciuto il catalano come lingua ufficiale della Catalogna di uso
comune, dei mezzi di comunicazione, dell’amministrazione e dell’insegnamento.
I tratti che lo distinguono sono:

 Caduta vocali finali latine diverse da A = tratto in comune con l’occitano: lat. VENTU > spa.
viento > cat. vent, lat. CLAVE > spa. llave > cat. clau 
 Conservazione CL - PL iniziali = lat. PLUVIA > spa. lluvia > cat. pluja
 Esito MB > M = tratto in comune con lo spagnolo: lat. COLUMBU > cat. colom 
 Palatalizzazione di L iniziale = lat. LUNA > cat. lluna (ʎuna)

6.2. Le lingue galloromanze

> Occitano = è la lingua della Francia Meridionale delimitata dalla linea Bordeaux-Massiccio
Centrale-Alpi-Lione-Grenoble, si parla anche in Italia in alcune province di Torino, Cuneo, e parte
della Calabria. A nord confina con il francese/lingua d’oil dalla quale è separato da una lingua
intermedia che è il guascone.

In Italia l’occitano impiegato in letteratura viene detto provenzale anche se il termine è


leggermente improprio perché non era parlato solo in Provenza.
L’occitano subisce molto presto la pressione del francese del nord a partire dalla crociata contro
gli Albigesi del ‘200 fino ad arrivare alla completa annessione del Midi al regno di Francia: il
francese si impone come lingua unitaria e l’occitano viene declassato a dialetto. Nell’800 si tenta
una ripresa dell’occitano e ancora oggi si tanta di standardizzarlo e di affermarlo come lingua.
I tratti dell’occitano sono i tratti del francese ma meno avanzati, ovvero le parole occitane
conservano di più la base latina:

 Caduta delle vocali finali diverse da A = tratto in comune col francese ma si reintroduce
una vocale d’appoggio e [Ə] : lat. PATRE > occ. peire > fr. père 
 Mantenimento della A finale = lat. DOMINA > cat. domna, tratto che non si ha in francese:
lat. DOMINA > fr. dame
 Mantenimento dela A tonica = lat. MARE > occ. mar,  tratto che non si ha in francese: lat.
MARE > fr. mer 
 Declinazione a due casi = un caso soggetto e un caso obliquo 

> Francese = è lingua ufficiale della Francia, parte del Belgio e della Svizzera, Haiti, Québec e delle
ex colonie africane francesi. La lingua ha subito molti mutamenti nel corso della storia tanto che si
riconoscono 3 stadi molto differenti: francese antico, francese medio con passaggio avvenuto nel
‘300, e francese moderno che si ha con la codificazione della lingua nel ‘500-‘600.

Il normanno si diffonde anche in Inghilterra a seguito della conquista del 1066 con Guglielmo il
Conquistatore tanto che infatti oggi ci sono nell’inglese un gran numero di parole francesi.
Il francese antico è formato da un insieme di lingue parlate all’altezza dell’Ile de France: franciano,
piccardo, vallone, champenois, normanno e pittavino. L’antico francese ha come tratti:

 Declinazione a due casi


  Palatalizzazione di A tonica in sillaba aperta > e – ie = lat. CANE > fr. ant. chien, lat.
PRATU > fr. ant. pré , 
  Passaggio di A tonica latina a [Ə] =  lat. TERRA > fr. ant. terre e la forte lenizione delle
consonanti intervocaliche fino a caduta: lat. VITA > fr. ant. vie, lat. AMICA > fr. ant. amie

Tra i tratti del medio francese ci sono invece:

 Riduzione di IE > E dopo consonante palatale = fr. ant Chief > fr. med. Chef
 Caduta R finale negli infiniti = fr. ant. Parler > fr. mod Parlé 
 Caduta S finale = tranne nei casi di liaison con parola seguente che inizia per vocale 
 Latinizzazione della grafia = è il motivo per cui oggi la grafia del francese è molto  distante
dalla resa fonetica
 Sostituzione di S preconsonantica con accento = fr. ant espee > fr. med. Épée

Il francese moderno si origina nel ‘500-‘600 alla corte di Parigi ed è la lingua romanza con una
maggiore evoluzione rispetto al latino. I tratti sono:

 Sintassi rigida SVOC


 Espressione obbligatoria del soggetto = le coniugazioni si riconoscono solo per
l’espressione del soggetto: je parle – il parle
 Negazione con circonfisso NE…PAS = anche se nel parlato tende a cadere NE e rimanere
solo PAS
 Tutte le parole sono ossitone = ovvero con accento sull’ultima sillaba, è conseguenza della
caduta di vocale finale atona diversa da A 

> Francoprovenzale = si parla soprattutto in Francia Sud-Est ma anche in parte della Svizzera,
Lionese, Val d’Aosta e parte del Piemonte. E’ una lingua non standardizzata e nel medioevo non vi
sono testi scritti tutti in francoprovenzale ma vi sono tracce sparse in testi in altre lingue
galloromanze. Il tratto principale è: 

 Parole sia ossitone che parossitone = ovvero accentate sulla penultima sillaba, tratto in
comune con occitano ma non con il francese

5.3. Le lingue italoromanze


> Italiano = è lingua ufficiale dell’Italia, Canton Ticino in Svizzera, San Marino e Città del Vaticano.
E’ molto parlato anche in USA, America Latina e Australia a seguito delle grandi emigrazioni di
‘800-‘900.
L’italiano deriva dal fiorentino quando nel ‘500 si riesce a codificare una lingua comune d’uso
letterario con Pietro Bembo che infatti fornisce come modelli Boccaccio e Petrarca con il loro
fiorentino trecentesco, poi estesi a Dante e ad altri autori fiorentini trecenteschi.

Con l’Unità d’Italia si inizia poi a diffondere l’italiano dalla sola letteratura anche a tutti i livelli
d’uso, processo che si compie solo nella seconda metà del ‘900 grazie alle migrazioni interne, la
scuola, il servizio militare e i mezzi di comunicazione con i particolar modo la televisione nel ’54.
In Italia si distinguono dialetti primari che sono i normali continuatori del latino e i dialetti
secondari/italiani regionali ovvero l’italiano parlato nelle varie regioni che ha tratti particolari
dovuti al contatto con i dialetti.
I tratti dell’italiano che derivano dal fiorentino e non al toscano in generale sono:

 Anafonesi (chiusura) di E-O davanti a NC-NG = lat. LINUA > tosc e altre var. italorom.
lengua > fior. lingua, lat. TINCA > tosc e altre var.italorom. tenca > fior. tinca, lat. LONGU >
tosc. longo > fior. lungo
 Anafonesi (chiusura) di E davanti a [nj] = lat. GRAMINEA > tosc e altre var. italorom.
gramegna > fior. gramigna
 Esito AR ATONO > ER = lat. AMARE HABEO > tosc. e altre var. italorom. amarà > fior.
amerà 
 Tutte le coniugazioni con –IAMO alla 1°pers. plur
 1° pers. condizionale in EI
 Monottongazione [wɔ] > [ɔ] dopo palatale = figliuolo > figliolo 
 1° pers. singolare imperfetto in O =  amava > amavo

I vari dialetti italiani sono raggruppati in diverse categorie:

> Dialetti Settentrionali : al di sopra della linea La Spezia-Rimini che divide anche Romania
Occidentale da Romania Orientale. I tratti distintivi sono lenizione consonantica, mantenimento S
finale latina, scempiamento delle geminate, sonorizzazione sorde intervocaliche, presenza di
vocali turbate [U> y]
La caduta vocali latine diverse da A e resa CT latino in JT è solo per i dialetti galloitalici:  lat. PISCE
> lomb. pƐs, lat. LACTE > lig. laite 

> Dialetti Toscani =  i tratti sono:

 No Metafonesi 
 Esito RI latino > [j] = lat. AREA > aria > tosc. aia
 Gorgia toscana = lenizione consonantica di [k-t-p], fenomeno allofonico che non dà origine
a coppie minime. Probabilmente originata dal sostrato etrusco che aveva un fono
intermedio [kh-th-ph] ma questa teoria presenta molti dubbi 

> Dialetti Centro Meridionali : distinti tra dialetti mediani al confine tra Umbria e Toscana in zona
Grosseto-Argentario, i dialetti meridionali intermedi in provincia di Ascoli a Abruzzo esclusa
L’Aquila e Avezzano, Lazio est e Frosinone e  i dialetti meridionali estremi in Calabria e Salento
I tratti sono

 Metafonesi = dittongazione di Ě > [je] e Ŏ > [wɔ] provocata da Ī Ū latine finali. Nei casi
dove la finale si è confusa in Ə, questi due dittonghi distinguono maschile-femminile: nei
femminili latini che terminavano in A tale dittongo non si forma mentre nei maschili si ha il
dittongo: lat. PEDI > pjerƏ. E’ in tutti i dialetti Centro Meridionali 
 Assimilazione LD > ll = lat. CALIDUM > callo. Si ha nei dialetti mediani 
 Infinito apocopato  = it. Cantare > cantà. Si ha nei dialetti mediani e meridionali intermedi,
diffuso anche in Toscana
 Distinzione maschile-neoneutro = si esprime con l’articolo e si oppongono maschili
numerabili – neutri non numerabili. Si ha nei dialetti mediani e meridionali intermedi
 Vocalismo siciliano = sistema pentavocalico. Si ha nei dialetti meridionali estremi 

> Sardo = minoranza linguistica riconosciuta e tutelata dalla legge 482/1999 ma non è lingua
standard. Per motivi storici legati a conquiste, la Sardegna viene divisa in 4 zone: Cagliari – Torres
– Arborea – Gallura e l’isolamento di queste regioni cresce sempre più con l’alternarsi di altre
dominazioni italiche e straniere fino all’Unificazione del regno d’Italia tanto che proprio grazie a
questo isolamento il sardo ha mantenuto un carattere molto conservativo nei confronti del latino.
Gallurese e Sassarese sono influenzati dal toscano.
I tratti sono: 

 Perdita della quantità vocalica latina ma senza convergenza di Ĭ> Ē e Ŭ>Ō


 Conservazione [k]-[g] velari davanti a [i]-[e]
 Conservazione di S finale
 Conservazione consonanti geminate 
 Futuro con “avere a”
 Condizionale con “dovere”
 Articolo “su-sa”

> Corso = è italoromanzo ma ha il francese come lingua tetto. Il corso è insegnato nelle scuole
materne ed elementari, facoltativo in quelle successive.

E’ molto simile al sardo e infatti le origini sono in comune ma ha subito una forte toscanizzazione
soprattutto a Nord a seguito della dominazione di Pisa quindi il vocalismo è toscano ma con
qualche mutamento ma con inversione Ɛ-e e ɔ>o (PILU > tosc. pelo > cors. pƐlu) ed esito [u] di O
finale latina (lat. VADO > tosc. vado > cors. vadu) 

6.4. Le lingue retoromanze

> Retoromanzo (ladino) = sono varietà riunite da Ascoli sotto il nome di ladino e fanno riferimento
alla Reatia e ai Reati.

Il ladino è una lingua minoranza riconosciuta e tutelata dalla legge.


Tra i tratti distintivi si conservano quelli dei dialetti italiani settentrionali con però alcune
innovazioni come la palatalizzazione CA > [ca] e GA > ja.
Tra le varietà ladine alcune hanno come lingua tetto il tedesco, altre l’italiano

> Romancio = è parlato nel Canton Grigione ed è lingua ufficiale della Svizzera con italiano,
francese e tedesco. Contiene varietà distinte perché si è sviluppato in area di scarsa
comunicazione reciproca

> Friulano = è una lingua minoranza riconosciuta e tutelata dalla legge, è diviso in 3 varietà alcune
più conservative di altre: càrnici, occidentali, centro-occidentali con anche Udine. In friulano si ha
un’ampia produzione di testi pratici già nel ‘200, di testi letterari invece nel ‘300-‘400 e un’ampia
diffusione nel ‘900 soprattutto grazie a Pasolini.
I tratti sono: 

 Quantità vocalica con valore fonologico


 Conservazione S latina la plurale e nelle forme verbali di 2°pers.sing.plur

6.5. Le lingue balcanoromanze

> Dalmatico = è una lingua romanza ormai estinta parlata sulla costa orientale dell’Adriatico e
nell’isola di Veglia, cede alla pressione del croato e del veneziano resistendo più a lungo solo a
Dubrovnik e a Veglia prima di scomparire definitivamente.
I tratti sono:

 Mantenimento [k]-[g] velari davanti a [e]-[i]


 Mancata lenizione delle sorde intervocaliche 
 Futuro sintetico 

> Romeno = lingua ufficiale di Romania e Moldavia ed è il continuatore del daco ovvero la lingua
dell’antica Dacia ma vi sono anche altri tipi di romeno che non derivano dal daco e sono parlati
perlopiù in Macedonia, parte di Albania e Grecia, ex Jugoslavia e Istria.

Le prime attestazioni di romeno risalgono solo al ‘500 dunque molti aspetti di questa lingua
vengono ricostruiti per congettura. Viene invece valorizzato nel ‘700-‘800 quando si immettono
anche parole francesi e italiane.
I tratti del romeno sono: 

 Presenza della declinazione


 Presenza del neutro
 Articolo posposto 
 Futuro con AVERE + INFINITO 

CAP1) DALLE ORIGINI A WACE

1.1. Antiche scritture germaniche

Nel ‘100 l’unica letteratura romanza presente è la letteratura galloromanza in lingua d’oc e in
lingua d’oil, infatti Italia, Penisola Iberica e Romania conosceranno una diffusione letteraria
volgare moto più tarda.
Nei primi testi romanzi (dunque galloromanzi) vi è già traccia di lingue germaniche e dunque si sa
che in quei casi erano necessarie traduzioni per coloro che non erano di lingua germanica,
soprattutto delle Scritture come la Bibbia e i Vangeli per esigenze di evangelizzazione.
In poesia i primi testi scritti sono tutti probabilmente trascrizioni di canti epici franchi volute da
Carlo Magno, mentre per la poesia anglosassone intorno al 1000 vengono messi per scritto alcuni
racconti orali come quello di Beowulf 

1.2. Testi edificanti delle origini 

I testi romanzi delle origini, risalenti al 1000-1100, sono quasi tutti testi religiosi per i laici,
conservati in copie occasionali in spazi bianchi di testi latini, come ad esempio il Saint Alexis in
lingua d’oil che narra le vicessitudini di Sant’Alessio, con versi tutti décasyllabes tipici delle
chansons de geste, ma anche il Boeci anch’esso in décasyllabes, in provenzale trascritto sulle parti
bianche di un documento che ha come tema di base la “Consolazione della filosofia” in quanto
Boezio riceve in carcera la visita di una donna sublime, Filosofia, che gli dà importanti
insegnamenti di vita.

Entrambi i testi insistono sul confronto tra male del presente e virtù del passato.
C’è poi anche la Sancta Fides in provenzale, in octosyllabes, per l’accompagnamento musicale che
narra il martirio della Santa Agen al tempo di Diocleziano, anch’esso risale a inizio 1100

1.3. Resti di poesia lirica

Come testi delle origini si hanno anche i resti di poesia lirica risalenti al periodo precedente a
quello dei trovatori dunque collocabili intorno al 1000.

Sono probabilmente trascrizioni a memoria o dall’ascolto, in lingua germanica con notazione


musicale, uno di argomento morale l’altro parla invece d’amore.
Quello d’amore riporta come tema il motivo dell’innamorato che desidera essere un uccello per
volare dalla sua amata, stesso tema che poi diventerà un topos trobadorico specialmente
utilizzato da Bernart de Ventadorn ripreso anche in Yonec, un componimento di Maria di
Francia.
Sono questi esempi di canti non ecclesiastici ma popolari dunque esterni alla Chiesa, resti di
questo tipo sono molto rari e spesso ricostruiti per congettura.
Altri componimenti tipici delle poesie delle origini sono le jarchas (hargat) della Spagna araba in
cui il tema principale è quello della donna che parla in prima persona, è infatti una forma poetica
tipica araba ed ebraica in cui parla in prima persona un soggetto diverso dal poeta. Jarchas
completamente in lingua romanza sono pochi, si trovano sempre influenze arabe ed ebraiche 

1.4. La Chanson de Roland e le più antiche chansons de geste

La Chanson de Roland è composta nell’sec. XI tra il 1060-90.

La chanson racconta della disfatta di Roncisvalle in cui l’esercito franco di Carlo Magno viene
sconfitto dai Saraceni durante un’imboscata: Gano tradisce il suo esercito in quanto offeso per
esser stato scelto come il “sacrificabile” che avrebbe dovuto guidare l’ambasceria da inviare al re
dei Mori Marsilio, a capo della retroguardia viene invece messo Rolando che rimane vittima
dell’agguato.

In fin di vita, rifiuta di suonare il corno per chiamare i rinforzi, lo fa solo nel momento in cui sono
già quasi tutti morti e anch’egli alla fine muore per il grande sforzo, alla fine il traditore Gano viene
processato e giustiziato.
La versione più antica è riportata dal ms.O anglonormanno, è la prima copia di un originale
francese e infatti riporta tutti gli inevitabili errori di copia.

In O, alla fine della chanson, si legge anche di un certo Turoldo che avrebbe scritto o trascritto il
componimento, dunque non si sa se questi sia in effetti l’autore, il cantore o solo il copista.
Prima della Chanson de Roland vi sono altre attestazioni della leggenda come quella della Nota
Emilianese databile nel decennio 1065-75.

La Chanson de Roland è considerata il modello per eccellenza del genere epico ed ha una forte
ispirazione religiosa: la morte di Rolando è descritta come quella di un martire e la vendetta di
Carlo come un qualcosa di sovrannaturale, con il sole che si arresta prima che il buio permetta ai
nemici di fuggire.

Per questo fatto è stata dunque proposta l’ipotesi di una filiazione delle chansons de geste dai
primi poemi agiografici ma anche viceversa, anche la lingua è molto simile perché è quella usata
dalla cultura monastica.
Tra le altre canzoni di gesta più antiche abbiamo:

 Gormont e Isembart = di inizio sec.XII, il tema è quello dello scontro cristiani-pagani che
allude allo scontro di ribellione re-vassallo
 Chanson de Guillaume = della prima metà sec.XII, il tema è la leggenda di Guglielmo
d’Orange che combatté per Carlo Magno e partecipò alla riconquista di Barcellona.
Guglielmo è descritto come fedele difensore del re
 Raoul de Cambrai = della prima metà sec.XII, il tema è quello dei “vassalli ribelli”, il re non
sa gestire le ribellioni dei feudatari che si scontrano tra loro in lotte sanguinose, viene
messa in risalto l’anima guerriera della tradizione germanica. Contenuto completo nel solo
manoscritto BnF
 Chanson d’Antioche = di fine sec. XII è il resoconto storico della battaglia di Antiochia 

1.5. L’Alexandre di Alberic de Pisançon e i romanzi di Alessandro in lingua d’oil

L’Alexandre è il romanzo più antico in lingua d’oil in octosyllabes che parla di Alessandro Magno,
risale infatti ai primi sec. XII.

Si hanno oggi solo i primi 105 copiati nei primi anni del sec.XII su una pagina bianca di un altro
manoscritto L’autore è identificato come Alberic de Pisançon.
Risale al sec. XII anche un rifacimento tedesco che conferma come la letteratura francese sia stata
largamente ripresa in area germanica.

La leggenda di Alessandro Magno ha da sempre suscitato molto interesse, già durante l’epoca
latina, e i testi che la raccontano fondono sempre elementi storici a elementi fantasiosi.
Rifacimenti postumi della metà del sec. XII vedono invece passare l’Alexandre prima al décasyllabe
tipico dell’epica e intatti la forma del romanzo lo avvicina molto all’epica, poi all’alessandrino (12
sillabe) tipico della chanson de geste, questi rifacimenti sono contenuti nel Roman d’Alexandre di
Alexandre de Paris di fine sec. XII in cui si rielabora tutto il materiale narrativo riguardante
Alessandro Magno.

1.6. La prima letteratura anglonormanna

L’Inghilterra normanna ha un ruolo fondamentale nelle trasmissione dei testi antichi della
Francia, i manoscritti più antichi del Saint Alexis, della Chanson de Roland, della Chanson de
Guillaume e del Gormont ed Isembart sono tutti anglonormanni, è infatti un grande centro di
avanguardia che incrocia culture differenti.

Manoscritto importante di area anglonormanna è il San Brendano di Benedit, rifacimento


romanzo di un testo irlandese in latino del 700 d.C. che tratta in chiave cristiana il tema celtico
della navigazione mitica verso l’aldilà in questo caso dell’abate Brendano e dei suoi monaci.
Sempre risalenti ad area anglonormanna di inizio sec. XII ci sono anche opere scientifiche come il
Comput e il Bestiaire di Philippe de Thaϋn.

Il Bestiaire è il rifacimento di un testo greco precedente, il Fisiologo, ed ha intenti edificanti: per


ogni animale si descrivono le sue caratteristiche, spesso favolose, e se ne dà un’interpretazione
simbolica.

I bestiari saranno poi parte importantissima della letteratura scientifica del ‘200-‘300, come per
esempio il Tresor di Brunetto Latini. Rifacimenti importanti sono il Bestiaire d’Amours in cui gli
animali sono i simboli degli sati d’animo e delle sofferenze dell’innamorato.

Importanti di area anglosassone sono anche tutti quei testi storiografici in particolare quelli su re
Artù, capo militare che combatté contro i sassoni, personaggio ripreso poi nel romanzo cortese dal
Roman de Brut di Wace della seconda metà del sec.XII dove vengono introdotti elementi nuovi
come al Tavola Rotonda (alla quale i cavalieri di Artù sedevano senza ordine gerarchico): sono
dunque i racconti celtici a fornire la materia ai romanzi cortesi

CAP2) DAI PRIMI TROVATORI AI ROMANZI IN PROSA

2.1. I trovatori

La poesia lirica romanza comincia a inizio sec. XII con i primi trovatori provenzali.

Si dice che la poesia lirica romanza cominci proprio in questo momento perché con i trovatori si
crea un movimento di autori che condividono le stesse forme, idee e immagini legate soprattutto
alla corte, creando così un vero e proprio modello letterario.

La poesia lirica romanza nasce nella Francia meridionale ma presto si diffonde anche in Castiglia,
Catalogna e Italia e viene ripresa poi nelle diverse lingue in Francia del Nord (lingua d’oil), in
Germania, in Portogallo e presso la Scuola Siciliana di Federico II (in siciliano).

I corpus che tramandano la poesia trobadorica sono però tutti risalenti a un secolo dopo, ovvero al
sec. XIII.
I trovatori più antichi sono Guglielmo IX, Elbe de Ventadorn (di cui non si hanno testi) e Jaufré
Rudel.
Importante è la categoria di quei trovatori che si spostavano di corte in corte al servizio dei vari
signori tra cui si ricordano i trovatori Marcabruno e Cercamon.

Il periodo di massima produzione trobadorica va da metà sec. XII – metà sec. XIII epoca della
crociata contro gli Albigesi quando molti trovatori sono costretti a emigrare lontano dalle corti
occitaniche. Il movimento trobadorico finirà alla fine sec. XIII con ultimo trovatore Giraut Riquier
di Narbona.

La poesia trobadorica si diffonde nelle corti grazie ai giullari che sono gli esecutori dei
componimenti dei trovatori.
Il tema centrale della poesia trobadorica è l’amore o meglio la fin’amor cioè un amore puro in cui
in particolare il soggetto della donna amata prende grande rilievo, la donna è sempre superiore
all’uomo che la ama e dunque l’amore è irrealizzabile e il rapporto innamorato-donna è impostato
nei termini del rapporto feudale vassallo-signore.

Nell’impossibilità di realizzare l’amore, il sentimento è fonte di perfezionamento che dona


all’uomo le virtù necessarie.

Ma questo amore si presta anche alle riflessioni dei moralisti come Marcabruno che
contrappongono alla fin’amor il fals’amor come critica al mondo corrotto della corte: ecco dunque
che la canzone morale diventa un genere parallelo della canzone d’amore, l’amore  è dunque un
tema per mettere in discussione gli ideali e la realtà della corte.

Le riflessioni moralistiche vengono condotte mediante i generi della tenzone e del partimén in
forma di dialoghi.
Vi sono anche altri tipi di canzoni più adatte a un uso politico come il planh, un “pianto funebre” di
commemorazione alle grandi personalità defunte, o le canzoni di crociata soprattutto quelle per la
Reconquista della Spagna dagli arabi.
Adatto alla melodia troviamo invece il sirventese largamente usato da Bertran de Born, il termine
deriva dal provenzale sirvent, un mercenario al servizio di un signore feudale.

Quindi l'intento originario di questo genere di composizione, fosse essa cantata dal menestrello o
composta dal trovatore, era quello di lodare o criticare il signore a cui si prestava servizio.

2.2. I “romanzi antichi”

I romanzi antichi nascono presso la corte Plantageneta d’Inghilterra di Enrico II e della moglie
Eleonora d’Aquitania, figlia del primo trovatore Guglielmo IX: sono il Roman de Thebes
rifacimento della Tebaide di Stazio e il Roman de Troie rifacimento dell’Eneide di Virgilio.

Sono infatti rielaborazioni di opere precedenti in quanto le fonti sono usate molto liberamente
lasciando molto più spazio alla figura femminile alle storie d’amore e privilegiando il monologo
come forma espressiva che è quella più adatta per l’analisi psicologica del sentimento.

2.3. Tristano

I romanzi cortesi accolgono anche molte leggende celtiche come quella di Tristano e Isotta:
abbiamo infatti il Tristan di Thomas, anglonormanno di sec. XII, e il Tristan di Béroul, normanno
della seconda metà del sec. XIII.

Entrambi questi due romanzi vengono poi rifatti in lingua tedesca.


Riguardo ai romanzi di Tristano vi sono due ipotesi differenti: Bédier dice che tutti i testi di Tristano
derivano da un unico romanzo perduto della prima metà del sec. XII mentre Varvaro sostiene che
la tradizione fosse fatta di episodi vari unificati sotto tale leggenda.

2.4. Maria di Francia

Nel Lai del caprifoglio di Maria di Francia si narra un piccolo episodio della leggenda di Tristano in
anglonormanno e octosyllabes.
Maria fu al servizio di Enrico II Plantageneto ed è una delle poche trovatrici provenzali.

Il lai è un genere di narrativa breve cortese che hanno come tema quello di storie d’amore
ricavate dal materiale folklorico celtico

2.5. Chrétien de Troyes e il Graal

2.5.1. Chrétien de Troyes, la poesia lirica, i trovieri

Con Chrétien de Troyes il romanzo arturiano diventa il genere più importante della narrativa
cortese: i suoi romanzi arturiani sono il Lanceolt e il Conte du Graal/Perceval.

I suoi romanzi sono tutti composti nel periodo di massima espansione della lirica trobadorica.

Ma Chrétien compone anche canzoni d’amore e dunque in lui si riconosce il primo troviere in
lingua d’oil e a partire da questo momento si affacceranno sulla scena della poesia d’amore anche
altri trovieri in lingua d’oil soprattutto nello Champagne, nella Piccardia…

Le tematiche sono le stesse trobadoriche ma con un’elaborazione leggermente diversa, genere


tipicamente francese è infatti quello della pastorella il cavaliere non incontra una dama di corte
bensì un’umile pastora alla quale egli chiede un amplesso che si risolverà con un successo, un
rifiuto o una violenza o tentativo di violenza.

Esistono anche pastorelle provenzali ma il tutto lì ruota ancora attorno alla fin’amor cortese, a
dimostrare come la poesia d’oil sia un rielaborazione leggermente differente della poesia
trobadorica

2.5.2 I romanzi di Chrétien de Troyes

Tra i romanzi più importanti di Chrétien de Troyes si ricordano l’Erec et Enide e l’Yvain in cui si
rielaborano i motivi folklorici del valore guerriero e del coinvolgimento dell’eroe in storie
d’amore esemplari.

Con il Cligés in cui si ha un’ambientazione greca la classicità entra nei romanzi arturiani, anche qui
il tema è l’amore ed è probabilmente interpretato come il contrappeso alla storia di Tristano e
Isotta che Chrétien ritiene un racconta d’adulterio scandaloso, una commedia comica dunque in
opposizione a una tragedia.

Il Lancelot, rimasto incompiuto, parla invece dell’amore di Lancillotto per Ginevra: il tutto è
improntato con forti risonanze mitiche in cui Lancillotto è l’eroe liberatore proprio perché fedele
ad Amore.

 Il Lancelot di Chrétien fa parte di un ciclo di romanzi in prosa detto Vulgata o Lancelot-Graal.

I temi principali del Lancelot sono la ricerca del Graal e dell’amore tra Lancillotto e Ginevra, negli
altri romanzi del ciclo si racconta la vita di Lancillotto dalla nascita alla morte. Il tutto ha connotati
moralistici e religiosi tanto che è proprio il peccato di adulterio che impedirà a Lancillotto di
ottenere il Graal.
Il Conte du Graal/Perceval è anch’esso incompiuto ed è il primo romanzo in cui fa la comparsa il
tema del Graal, il romanzo narra di Perceval, giovane selvaggio che diventa cavaliere ma senza
perdere la sua natura impulsiva e spontanea.

Nel romanzo si nota anche un primo abbozzo di intreccio con più filoni perché probabilmente lo
stesso Chrétien aveva lasciato incompiuti due romanzi distinti, uno su Perceval e uno su Galvano,
poi uniti in seguito da altri

2.5.3. Il Graal e i romanzi in prosa

Inizialmente Chrétien fa riferimento a un generico graal, un piatto di portata inserito in una


prospettiva cristianizzata perché portatore dell’ostia consacrata, unico nutrimento del re del
castello.

Più tardi nel sec. XII invece il Graal diventa il calice dove venne raccolto il sangue di Cristo e il
personaggio principale viene identificato in Giuseppe d’Arimatea dei Vangeli apocrifi.

Tra i romanzi con il Graal per tema, oltre al Perceval si ricorda anche il Merlin e il Joseph, e sono
queste le opere in prosa più antiche (fine XII-inizio XIII sec).
In questo periodo, infatti i romanzi in prosa iniziano ad avere larga diffusione perché gli autori
rivendicano una prosa sentita “più vera” rispetto a una poesia “più di fantasia”

2.6. Fra Chrétien de Troyes e i romanzi del Graal

2.6.1. Il Roman de Renart

Il Roman de Renart viene composto nel periodo che va dai primi romanzi di Chrétien alla grande
produzione di romanzi ciclici.

Nel Roman de Renart i personaggi sono tutti animali che agiscono come umani e portano infatti
un nome umano per rappresentare un mondo di violenza e inganni ma senza esempi morali.

Il protagonista è Renart, una volpe maschio che inganna vari altri personaggi. Il romanzo prende
spunto da un poema latino.
Il Roman de Renart non è un testo unico ma è un insieme di testi che nei manoscritti che li
tramandano sono aggregati in modo diverso in sezioni autonome dette branches.
Come temi e linguaggio siamo all’inverso di quelle cortesi: si parla qui di sessualità, del “basso
corporeo”, e di materialità in generale-

2.6.2. I fabliaux e Jean Bodel

I temi dei fabliaux sono simili a quelli del Roman de Renart poiché infatti sono i suoi anticipatori
nel XIII sec.: sessualità, basso corporeo e materialità Sono questi il contrappeso del “lai”
cortese.

Non si sa se il pubblico fosse un pubblico borghese oppure un pubblico cortese che si divertiva a
deridere borghesi e villani, potrebbe essere anche entrambi. I testimoni che ci tramandano i
fabliaux sono circa 30 tutti risalenti a fine XIII-XIV sec.

Il più antico fabliaux è Richeut della seconda metà del sec. XIII, storia di una prostituta che si
arricchisce ricattando tre uomini, a uno dei quali attribuisce un figlio, il quale diventerà uno
sfruttatore di donne ma sarà poi anch’egli ingannato dalla madre.
Tra gli autori più importanti di fabliaux si ricorda Jean Bodel (ne scrive 8) 

2.6.3. Narrativa cortese

Per la narrativa cortese si ricorda il “Lai de l’ombre” databile nei primi decenni del sec. XIII dove
l’ombra sta a indicare l’ombra della donna amata riflessa nel pozzo a cui il cavaliere getta l’anello
che lei ha rifiutato, facendola cedere con questo ennesimo gesto d’amore.

La narrazione è vaga, i personaggi senza nome, Amore è un tiranno, l’amante soffre ma tutto è
contornato da un’aurea di raffinatezza galante fino all’esito finale che è positivo.

L’autore di questo lai è Jean Renart.

Si ricorda poi il Roman de la Rose di Guillaume de Lorris degli anni ’30 del sec. XIII, è un romanzo
allegorico incompiuto, tutti i personaggi sono personificazioni tranne il protagonista che invece
racconta in prima persona.

Il romanzo è conservato solo da due mss. in forma autonoma, altri manoscritti lo tramandano ma
con una continuazione postuma di un altro autore, la novità qui è però che questo romanzo
presenta un’allegoria profana con una idealizzazione della società cortese tipica della poesia lirica
(troviamo la personificazione del bel accueil).

CAP3) DAL CID AD ALFONSO X

3.1. Letteratura iberica fra il secolo XII e l’inizio del XIII

La poesia provenzale si diffonde in Castiglia alla fine del sec. XII soprattutto presso la corte di
Alfonso II d’Aragona: qui i poeti compongono usando la lingua provenzale.
Tra i testi castigliani più antichi si ricordano:

- il Cid

- la Rapresentacion de los Reyes Magos di argomento sacro e non si sa se fosse per la


rappresentazione teatrale o meno

- la Disputa del alma y del cuerpo ripreso da un poemetto francese scritto nel sec. XII su un
documento di una donazione di un monastero

- la Vida se santa Maria Egipcìaca del sec. XIII anch’esso traduzione di una vita francese

- la Razon de amor y denuesto del agua y el vino sempre del sec.XIII scritto su un codice di
sermoni morali francese e probabilmente copiato da un certo “Lupus de Moros” copista
aragonese, il che sarebbe confermato da alcuni tratti linguistici aragonesi

3.2. L’epica castigliana

Dell’epica castigliana oggi abbiamo integro solo il Poema del Cid conservato in un unico ms. del
sec. XIV che sarebbe la copia di un manoscritto del 1207 trascritta da un certo Abbat.

Il protagonista è un personaggio storico ovvero Rodrigo Diaz de Bivar che ebbe cariche importanti
nel regno di Castiglia ma poi fu esiliato più volte e partecipò a diverse battaglie, nel poema si
narrano fatti documentabili come le sue imprese militari ma anche fatti non documentabili perché
privati come il matrimonio delle figlie e tutte le vicende che da esso scaturirono, di oltraggi e
giustizia.
Il testo è diviso in coplas ovvero stanze con versi di misura irregolare.
Si ricorda poi il Poema de Fernàn Gonzàles con stessa forma del Poema del Cid che ha come
protagonista il conte che rese indipendente Castiglia dal Leon, è scritto nel sec. XIII ma conservato
in un manoscritto del sec. XV.

Altro testo, questo conservato, è il Roncesvalles di Pidal che ci è però arrivato per mezzo di una
trascrizione del XIV sec. e riprende il tema della Chanson de Roland.

Epica castigliana e epica francese sono strettamente collegate proprio perché c’è una forte
penetrazione della cultura francese in Spagna, grazie al Santuario di Santiago de Compostela e
alla regola benedettina imposta in tutti i monasteri spagnoli.
Confrontando infatti il Cid con la Chanson de Roland si possono trovare sia analogie che
differenze: entrambe ruotano attorno al valore della fedeltà del vassallo al signore ma lo spirito è
diverso, ovvero quello di chi combatte fuori dai regni cristiani per ottenere promozione sociale e
guadagni, si insiste molto sul tema della razzia e del bottino di guerra, si sottolinea la viltà dei
nobili di corte che deve essere punita dai signori.
L’epica castigliana è poco documentata perché si sono conservati pochi testi ma si sa che era
comunque molto cospicua.

3.3. Epica “meridionale” e romanzi provenzali

Anche l’epica meridionale francese è poco documentata ma si è ipotizzato che forse potrebbe
essere stata molto abbondante come quella castigliana e magari addirittura aver preceduto l’epica
del nord.

Per esempio la Chanson d’Antioche del nord potrebbe essere derivata da un precedente testo
provenzale del ‘200 Chansò d’Antiocha.
Vi sono anche testi epici provenzali rolandiani: Ronsasvals e Rollan a Saragossa probabilmente
scritti subito dopo il ‘100.
Abbiamo poi la Cansò de la Crosada che narra le vicende crociate del primo ventennio del ‘200, è
scritta da due autori, il primo meno coinvolto del secondo che invece risulta più appassionato nella
narrazione e si lascia andare a critiche contro le violenze dei crociati

Tra i romanzi provenzali più importanti si ricordano invece Jaufré e Flamenca.


Jaufré è dedicata al re Giacomo I d’Aragona e scritto probabilmente in Catalogna intorno agli anni
30 del ‘200, l’autore riprende molti elementi dai romanzi di Chrétien de Troyes, è infatti
ambientato nel mondo arturiano con avventure fantastiche e sorprendenti (come in Perceval
appunto) e il tema dell’amore per un castellana, è tramandato da due manoscritti completi.

Flamenca è la storia di una gelosia punita, alcune interpretazioni leggono la storia della rivincita
della Provenza sulla Francia, è scritto probabilmente entro gli anni ’50 del ‘200 ed è tramandato da
un solo manoscritto

3.4. I primi testi poetici in Italia e la Scuola Siciliana


3.4.1. Ritmi antichi e poesia religiosa

I primi testi letterati italoromanzi sono documentati a partire da fine sec. XII, alcuni conservati in
libri veri e propri altri in spazi bianchi di testi latini.
Il più antico è il Ritmo laurenziano in cui un giullare chiede in dono un cavallo ed è trascritto su un
codice religioso.
Si hanno poi Ritmo su sant’Alessio e Ritmo cassinese, un dialogo tra un personaggio orientale e
uno occidentale da cui emerge la superiorità della vita contemplativa e celeste su quella terrestre,
entrambi sono dunque poemetti religiosi scritti tra fine XII inizio XIII secolo.

Per la produzione religiosa dell’Italia Settentrionale si hanno il Libro cremonese di inizio sec.XIII, i
Proverbia quae dicuntur super natura feminarium lombardi sempre del sec. XIII, lo Splanamento
de li proverbi de Salamone anche questo cremonese.

Ma le opere religiose più grandi vengono dall’Umbria, si ricordi infatti il Cantico delle creature di
San Francesco d’Assisi tradito da vari manoscritti, vi è anche uno spazio lasciato per la melodia che
però non venne mai trascritta

3.4.2 Poesia lirica: i trovatori in Italia e la Scuola Siciliana

Nelle corti del Nord la poesia lirica italiana del ’200  è tutta provenzale: anzitutto ci sono trovatori
provenzali arrivati dalla Francia del Sud soprattutto a seguito della crociata contro gli Albigesi ma al
loro fianco si iniziano a presentare anche trovatori di origine italiana, l’esempio più noto è
Sordello.

La corte con più trovatori italiani è quella di Alberico da Romano in Veneto.


I primi testi lirici italoromanzi sono di Raimbaut de Vaqueiras, provenzale sceso in Italia, ed hanno
i titoli Domna tanto vos ai preiada ed Eras quan vey verdayar in cui compare anche un italiano
settentrionale.
La più antica canzone di ispirazione provenzale è invece Quando eu stava in le tu’cathene
contenuta in una pergamena di Ravenna e scritta tra fine ‘100-inizio ‘200.

Ma la massima ripresa della lirica trobadorica provenzale è quella fatta a corte di Federico II di
Svevia e del figlio Manfredi a Palermo in cui si sviluppa una poesia in siciliano che si ispira alle
forme e ai contenuti della lirica trobadorica provenzale ma ristretta alla sola poesia d’amore
quando invece i provenzali trattavano anche di altri temi.

Innovazione tipica della poesia siciliana è invece il sonetto che non esisteva in poesia provenzale.
La ripresa dalla poesia provenzale inizia probabilmente proprio a seguito del ritorno di Federico II a
corte dopo l’incoronazione avvenuta in Francia.

I testi dei siciliani sono tramandati dai 3 grandi canzonieri del ‘200 in cui si nota però una lingua
simile ai toscani, rimangono puramente siciliani solo i testi di Stefano Prontonotaro, non si hanno
infatti tracce della prima diffusione in siciliano, tutta la tradizione è infatti toscana.

Le maggiori tracce della toscanizzazione si vedono soprattutto nelle rime imperfette ovvero quelle
parole che in toscano non sono in rima ma che invece lo erano in siciliano: tosc. USO-AMOROSO >
sic. USU – AMURUSU, tosc. PAESE-MISE > sic. PAISI-MISI, sono dunque queste rime di I con E e U
con O che prendono il nome di rima siciliana.

Questa facies linguistica alterata rende difficile individuare i veri poeti siciliani separandoli dai
toscani, se ne sono identificati circa 25 tra cui anche lo stesso Federico II e il figlio Enzo, il maggiore
è invece Giacomo da Lentini al quale viene attribuita l’invenzione del sonetto Giacomo è un
funzionario di corte di Federico (detto infatti “Notaro”) insieme a Piero della Vigna.
Più controverso è invece Cielo d’Alcamo autore di “Rosa fresca aulentissima”, un testo non lirico
in alessandrini del quale Dante cita un verso come esempio di buon siciliano. 

3.5. La poesia galego-portoghese

La più antica poesia galego-portoghese risale già a fine ‘100 e la lingua galego-portoghese per la
poesia rimane attiva in penisola Iberica fino al ‘300.

Ruolo propulsore spetta soprattutto alla corte di Castiglia, dove si impone come lingua della lirica
ispirata al modello dei trovatori.

I centri di maggior aggregazione di poeti sono la corte di Castiglia e la corte di Portogallo.

I generi principali è quello della cantigas d’amor che hanno anche spazio per la notazione musicale
ma di cui non abbiamo molte testimonianze, composte tutte tra il ‘100 e il ‘300 hanno come
argomenti i tipici temi provenzali del dolore dell’innamorato per il rifiuto della dama e il tema
della morte per amore, le cantigas d’amigo in cui si ha un io narrante femminile che è innamorata
dell’ “amigo”, l’amato di cui parla, spesso lontano perché a corte o in guerra e le cantigas
d’escarnho e de mal dizer, di argomento ludico con attacchi e insulti a personaggi di ogni livello,
includono testi di argomento politico o polemica letteraria,  come visto dunque i primi due di tema
amoroso, l’ultimo non amoroso.
Dal punto di vista formale abbiamo invece cantigas de meestria che non hanno ritornello e i
cantigas de refram che invece hanno il ritornello

3.6. Il “mester de clerecìa”

Con “mester de clerecìa” si indica un insieme di opere scritti in quartine monorime di


alessandrini, così chiamate perché è questa un “arte senza difetto in quanto fatta dei chierici”
che erano tutti gente di grande cultura, gli autori di “mester de clerecìa” sono infatti tutti molto
colti e scrivono con fini didattici verso il pubblico al quale appunto si rivolgono usando il volgare
per essere compresi appieno.

L’esempio più importante è il Libro di Alexandre della prima metà del sec. XIII dove si trova
proprio il vanto dell’autore per aver composto in questo schema, è un poema sulla vita di
Alessandro Magno dove egli racconta le vicende della Guerra di Troia proprio per istruire i suoi
soldati (un poema nel poema dunque).

E’attribuito a Gonzalo de Berceo, autore colto e raffinato ma capace di esprimersi in modo


semplice, ha scritto soprattutto opere didattiche ma anche opere agiografiche, liturgiche e vite dei
santi tra cui anche componimenti legati al culto della Vergine che si diffonde già tra 1000-1100 ma
che si affermerà in volgare nel ’200 

3.7. Alfonso X di Castiglia

Per quanto riguarda i miracoli di Maria si ricorda Cantigas de Santa Maria di Alfonso X di Castiglia
che alternano canzoni di lode a testi narrativi, composti in galego-portoghese alcuni di questi con
notazione musicale.

Alcuni miracoli riguardano fatti recenti, altri persone vicine al re o anche lui stesso e vi sono varie
redazioni di quest’opera.
Il re gode anche dell’appoggio di molti collaboratori tra cui trovatori in galego-portoghese ma
anche trovatori provenzali come Giraut Riquier.

Alfonso X produce anche opere scientifiche che riprendono tutte fonti arabe, sono traduzioni di
testi arabi o opere orientali di narrativa con intento morale, di solito strutturate in dialoghi tra un
re e un filosofo che gli dà i suoi consigli.

L’opera maggiore di Alfonso X è Estoria de España, importante opera storiografica che usa una
grande varietà di fonti da Lucano ai cantari epici, è il progetto di una grande storia di Spagna in
castigliano

CAP4) VERSO DANTE E OLTRE

4.1. Storiografia di re e di città (Francia, Catalogna, Italia)

4.1.1. Le Grandes Chroniques de France

Anche in Francia il re Luigi IX vuole portare avanti il progetto di una grande storia della Francia
commissionato, in francese, nel 1250 al monaco Primat e prenderà il titolo di Roman de rois
quando verrà terminato a fine anni ’70.

Per comporlo Primat dichiara di aver usato tutte le fonti disponibili su storie e fatti dei re
dimostrando una precisa attività storiografica in latino  L’opera viene poi continuata e
rielaborata e prenderà il titolo di Grandes Chroniques de France

4.1.2. Le cronache catalane

Anche in Catalogna si porta avanti un progetto di storiografia reale con il Llibre dels feyts di
Giacomo I d’Aragona concentrato sulle imprese del re e sul suo personaggio e tramandato da vari
manoscritti a partire da fine ‘300.

Un'altra opera simile è quella di celebrazione per Pietro III di Bernat Escrivà di Es Clot nel
Rossiglione e un’altra ancora quella di Ramon Muntaner per la celebrazione della nazione
catalana.

4.1.3. Giovanni Villani e Dino Compagni

Di intento celebrativo sono anche Nuova cronica di Giovanni Villani mercante fiorentino con
prospettiva non nazionale ma cittadina perché l’Italia era divisa in comuni, scritta nel 1300 in
occasione del Giubileo di Bonifacio VIII sull’esempio dei grandi autori romani del passato.
Sia la Nuova cronica di Villani sia la Cronica di Dino Compagni raccontano la storia di Firenze: si
parla degli scontri guelfi-ghibellini, della discesa di re Arrigo VII in Italia…

4.2. Poeti di città (Italia e Francia)

4.2.1. La poesia toscana

La poesia toscana del ‘200 è una poesia d’ambiente comunale, si prende la poesia della Scuola
Siciliana e la si rinnova dando vita a una vera e propria toscanizzazione di questa.

Importante nella ripresa della poesia siciliana da parte dei toscani è la città di Pisa, che in quanto
ghibellina, aveva stretti contatti con Federico II e Bologna che faceva parte della Toscana e dove
per mesi venne tenuto prigioniero Enzo, il figlio di Federico.

Firenze si affermò come centro poetico solo più tardi alla fine del ‘200.

Tra i poeti maggiori si citano Guittone d’Arezzo a Firenze e sempre a Firenze anche Guido
Cavalcanti e Dante Alighieri promotori dello Stil novo ma anche Chiaro Davanzati e Monte
Andrea.
Guittone d’Arezzo è una figura importantissima in quanto egli è il primo a mostrare una certa
indipendenza dalla poesia siciliana approcciandosi direttamente alle origini provenzali senza le
mediazioni dei siciliani, egli infatti conosce benissimo la poesia trobadorica.
Da tenere in considerazione che la poesia toscana riprende dalla poesia trobadorica tutti i temi,
sia l’amore che quelli morali e politici mentre la Scuola Siciliana si era avvalsa solo del tema
d’amore

4.2.2. Arras: da Jean Bodel a Adam de la Halle 

Ad Arras in Francia nel sec. XII si sviluppa la poesia cittadina e borghese che ha tra i maggiori
esponenti Adam de la Halle e Jean Bodel.
Adam de la Halle vive nel ‘200 e compone soprattutto testi con forte componente musicale come
i rondeaux.

La sua produzione oggi è contenuta in 17 manoscritti  L’opera principale è il Jeu de Robin et


Marion che mette in scena il genere della pastorella e viene rappresentato probabilmente alla
corte degli Angiò di Napoli ma si ricorda anche il Jeu de la Feuillée con la feuillée che rappresenta
l’edicola coperta di frasche dove per Pentecoste si esponevano le reliquie della Madonna,
quest’opera rappresenta l’archetipo del teatro medievale con molti dei temi che diventeranno
appunto veri e propri topoi 

4.2.3 Parigi: Rutebeuf

Rutebeuf è dello Champagne ma lavora a Parigi tra gli anni ’50 e la fine degli anni ’70 del ‘200. La
sua produzione è oggi contenuta da un gran numero di testimoni.
Rimane comunque un personaggio abbastanza sconosciuto perché quasi mai parla di sé ed è poco
menzionato anche da altri autori. Il soprannome “Rutebeuf” viene interpretato direttamente da lui
come definizione di “colui che lavora grossolanamente”.
Rutebeuf è un grande professionista, probabilmente chierico, grande conoscitore della cultura
latina che scrive per commissione a Parigi.
Molte delle sue opere riguardano il tema della contesa tre chierici secolari dell’Università e ordini
mendicanti, domenicani, francescani, egli parteggiava per i primi elaborando dunque testi molto
violenti nei confronti dell’altro schieramento.

Ma Rutebeuf compone anche testi che parlano di crociate, fabliaux soprattutto di satira contro i
villani perché considerati essere inferiori, opere religiose ma anche opere dopo l’autore mette in
scena sé stesso parlando della miseria della propria condizione, è povero e anche malato, non si
sa però se queste informazioni siano inventate o se invece rappresentino la sua reale biografia in
quanto le sue opere sono di datazione molto difficile, è comunque questo uno scorcio di poesia
personale

4.2.4. Jean de Meun

Nel contesto della disputa tra chierici secolari e altri ordini in Università, si inserisce anche il
Roman de la Rose la prima opera di Jean de Meun, il quale produrrà anche importanti
volgarizzamenti come quello della Consolazione della filosofia di Boezio che dedicherà a re Filippo
il Bello.
Jean è dunque un chierico di grande cultura latina che egli vuole divulgare anche tra i laici.

Il Roman de la Rose è un’opera importantissima per il medioevo romanzo, ebbe grandissimo


successo, è in ottosillabi e l’inizio della scrittura risale al 1268 quando Jean continua il romanzo di
Guillaume de Lorris che infatti rappresenta la prima parte della sua opera anche se altri pensano
che l’unione non sia stata fatta dallo stesso Jean ma da chi possedeva entrambi i codici.
Lo stile di Jean è esuberante con continue digressioni che però tornano sempre al punto.

Nel romanzo Jean distrugge l’ideale d’amore cortese, il tema centrale è l’elogio alla facoltà
riproduttiva che perpetua l’umanità oltre la morte l’amore carnale e passionale, temi che egli
riprende già da fonti latine e che danno una visione negativa dell’umanità.
Ma vi sono anche visioni positive dell’umanità come il tema dell’età dell’oro come periodo di
pienezza esistenziale e libertà.

4.3. Letteratura scientifica, didattica ed enciclopedica

4.3.1. L’Image du monde

Tra le opere enciclopediche maggiori si ricorda l’Image du monde composta a Lorena alla metà
del ‘200 e di grande diffusione in varie redazioni.

La prima redazione è in tre libri e si affrontano i temi della nascita delle scienze, della descrizione
del mondo e dell’astronomia, la seconda redazione è invece in due libri divisi tra argomenti
teologico-morali e di scienza naturale.
E’un testo importantissimo perché scritto in volgare e dunque simboleggia una prima diffusione
della scienza anche ai laici 

4.3.2. Il Tresor di Brunetto Latini

Anche il Tresor è un’opera enciclopedica per un pubblico di laici e infatti scrive in lingua francese
che è la lingua internazionale dei laici, è indirizzata soprattutto ai mercanti fiorentini in Francia e,
per quanto riguarda le sezioni politiche, rivolta ai podestà, quelle figure esterne che reggevano il
comune per un anno o sei mesi: con l’opera Brunetto vuole fornire loro una cultura generale con
nozioni di teologia, storia, astronomia, zoologia, retorica ma anche trattazioni morali inserendo un
volgarizzamento dell’Etica Nicomachea di Aristotele.

L’opera ebbe grande successo in Europa e ed è tramandata da un’ottantina di manoscritti copiati


in Francia e Italia dove viene anche tradotto in toscano nel Tresoro e conosce diffusione anche in
Penisola Iberica.

Brunetto si dedicò soprattutto a volgarizzamenti di autori latini famosa è infatti la sua Rettorica
che è una volgarizzamento del De Inventione di Cicerone, ma anche lo stesso Tresor che risulta
composto da un assemblaggio di volgarizzamenti di testi tradotti dal latino, si veda ad esempio il
caso della traduzione dell’Etica Nicomachea di Aristotele

4.3.3. Opere scientifiche castigliane

Le maggiori produzioni castigliane sono opere in latino che riportano traduzioni di opere arabe
prima fatte a voce in romanzo da uno stesso arabo, poi trascritte appunto in latino perché il latino
è la lingua compresa da molti chierici venuti in Spagna per studiare.

Le traduzioni iniziano a essere fatte in lingua romanza solo con Alfonso X perché rivolte ai
castigliani non conoscitori del latino. Si inizia con la produzione scientifica volgare: astronomia,
astrologia, lapidari…
La diffusione delle opere castigliane in Italia è però molto scarsa, vi è solo una traduzione di un
libro astronomico di Alfonso X di area fiorentina risalente al ‘300

4.4. Il francese in Italia

Nel ‘200 il francese è in Italia una lingua di prestigio adatta a tutti gli usi letterari, già dimostrato
dalla scelta attuata da Brunetto Latini per il suo Tresor perché è lingua di tutti i laici del mondo e
perché piacevole da leggere e udire più di ogni altra.

Ma, oltre a Brunetto, vi sono anche altri autori che si avvalgono del francese per le loro opere: il
veneziano Martin da Canal, il pisano Rustichetto da Pisa collaborerà con Marco Polo alla scrittura
del Milione che ha appunto una stesura originale in francese anche se abbastanza italianizzato
detto piuttosto franco-italiano con la maggior parte delle espressioni provenienti dal Veneto.

L’Italia è anche molto interessata all’epica francese che presto si diffonde, un esempio è la
Chanson de Roland che ispira il testo in lingua franco-veneta Entrée d’Espagne 

4.5. Letteratura iberica del primo Trecento

4.5.1. Ramon Llull


Tra gli autori più importanti della penisola Iberica nel primo ‘300 ve ne sono 3: il catalano Ramon
Llull e i due castigliani Juan Manuel e Juan Ruiz.
Llull dedica tutta la sua vita a un progetto teologico-filosofico e di difesa e propaganda della fede
cristiana tentando di convertire musulmani ed ebrei, scrive perciò circa 200 opere in arabo, latino
e catalano per raggiungere ogni tipo di pubblico. La sua opera più importante è Llibre d’Evast,
d’Aloma e de Blaquerna con struttura narrativa di romanzo 

4.5.2 Juan Manuel 

Juean Manuel è il nipote di Alfonso X, la sua opera maggiore è Conde Lucanor che gode di una
tradizione molto ampia, 4 mss. e una stampa indipendente.

Manuel aveva anche confezionato esemplari di controllo per paura che le alterazioni manoscritti
potessero stravolgere la sua opera, questi esemplari sono però andati perduti.

Altra opera importante è Libro de los enxemplos del conde Lucanor e de Patronio formato da
racconti esemplari in una cornice didattica, lo scopo dell’opera è infatti didattico esplicitato dai
consigli che Patronio dà a Lucanor, in una parte di questa raccolta ci sono infatti anche proverbi  e
detti sentenziosi e in un’altra riflessioni di fede e sul mondo in generale

4.5.3 Il Libro de buen amor di Juan Ruiz

Il Libro de buen amor ha sia un prologo in prosa che altri testi lirici, firmato dall’autore Juan Ruiz.
La tradizione è attestata da 3 mss conservati e 3 mss perduti, che non è poco per la tradizione
castigliana.
Soprattutto due manoscritti GT e S hanno vistose lacune e sono anche di difficile datazione, non si
sa infatti se siano due redazioni diverse o se invece appartengano ad una stessa redazione.
L’opera racconto una storia in prima persona in cui l’arciprete Ruiz fa 14 tentativi di seduzione
tutti falliti.
L’intento dell’autore è quello di mettere in guardia contro l’amore peccaminoso ma il significato
un po’ambiguo potrebbe indurre il pubblico a scambiare il libro come una guida all’amore, cosa da
evitare assolutamente: l’ambiguità è infatti un tratto importante nel libro che apre a letture
molteplici.

All’interno si intrecciano varie forme poetiche con intento di offrire infatti un ampio repertorio di
tutte le forme poetiche.
Il libro è anche espressione di una cultura molteplice e infatti tra le fonti ci sono opere latine,
francesi e arabe 

>>> la filologia romanza studia dunque fino al TRECENTO FRANCESE perché periodo di passaggio
da francese antico al medio francese e punto di fine della poesia trobadorica, fino al
TRECENTO/QUATTROCENTO SPAGNOLO perché in questo periodo muore il trovatore castigliano
più importante Llull e sono attivi Ruiz e Manuel due altri importanti trovatori iberici <<<

4.6. Dante

Nei primi anni del ‘300 Dante inizia a comporre De Vulgari Eloquentia e Convivio ma entrambi
restano incompiuti e quindi mai divulgati.
Il De Vulgari Eloquentia è una trattato in latino sul tema del volgare illustre che però ebbe meno
risonanza di quella che avrebbe avuto se  completato e diffuso, non ebbe seguito infatti la teoria
della metrica dantesca.
Il Convivio è invece un trattato filosofico in volgare dunque per prima volta Dante dà al volgare la
stessa autorità del latino, il suo intento è infatti quello di divulgare al massimo i testi scientifici e
filosofici in esso contenuti.
Altra opera importante è Vita nova, raccoglie 31 poesie con tema conduttore l’amore per
Beatrice. L’opera è ricca di letture simboliche.

Come poeta Dante ha un primo successo a Firenze a partire da Donne ch’avete intelletto d’amore
ma ne le sue Rime ne quelle di Vita nova furono mai raccolta dallo stesso Dante in un canzoniere,
la raccolta viene fatta postuma.

Opera più importante è senza dubbio la Commedia che conosce grandissima diffusione a partire
da subito dopo la morte di Dante, specialmente in Italia Settentrionale e Toscana, e viene subito
corredata di commenti che fino ad ora spettavano solo alle opere dei grandi autori latini.

 Il successo avuto dalla Commedia è stato uno dei fattori principali per l’imporsi del fiorentino a
lingua italiana

CAP5) ORALITA’ E SCRITTURA

5.1. La questione dell’oralità

Importante è la questione del come il pubblico contemporaneo recepisse i testi sopra citati.

La lettura delle opere romanze non è una lettura individuale ma quasi tutti i testi sono pensati per
l’ascolto in quanto o il pubblico non sa leggere o i libri sono molto rari e costosi: chansons de
geste, vite e miracoli, racconti ma anche letteratura morale.

La diffusione orale solitamente avveniva con la composizione di uno scritto che poi però veniva
recitato a memoria dai giullari che potevano anche cambiarlo di volta in volta.

Inizialmente nel mondo romanzo la scrittura non è importante e dunque non si producono scritti
per la conservazione mentre solo più tardi viene diffuso il libro che è adatto alla conservazione
delle opere anche se sono molto rari e costosi e dunque l’oralità rimane comunque la forma
prediletta per la diffusione dei testi.

Nel mondo galloromanzo la diffusione di libri prende piede a partire dal ‘100, oggi abbiamo pochi
testimoni e tutti frammentari di questi primi libri perché molti di questi furono smembrati e le
varie carte riutilizzate per altre opere, ne restano oggi circa mille.
Le opere che meglio si prestano alla forma libraria sono i romanzi in prosa del sec. XIII e le opere
enciclopediche impensabili senza elaborazione scritta.
Ma con l’arrivo dei libri la tradizione orale comunque continua: si pensi ai romances spagnoli.
Molto spesso nei libri si fa riferimento alle fonti scritte per dare maggior autorevolezza al testo
5.2. Ad alta voce (con o senza musica)

I testi potevano circolare oralmente in modi diversi: c’era la lettura ad alta voce solitamente per i
romanzi, c’è il canto per i poemetti edificanti e le chansons de geste in Francia anche se i
manoscritti che le tramandano sono tutti privi di notazione musicale (solo Jeu de Robin e Marion e
la Bataille de Anezin ce l’hanno per alcuni versi), si hanno infatti pochi canzonieri che tramandano
anche la musica, l’interessi per libri con testi e musica era probabilmente scarsa, e le laudi in Italia
ma anche per alcuna lirica profana come la canzone Quando eu stava in le tu’ cathene, c’è infatti
uno stralcio di notazione musicale.

Non c’era musica invece nelle poesie della Scuola Siciliana né in quelle della Scuola Toscana, le
corti italiane di questi movimenti sono infatti corti di funzionari poco atti alla musica 

5.3. La tradizione lirica (con l’esempio dei trovatori) 

La lirica provenzale ci è oggi tramandata dai canzonieri, tra cui il più antico è il D di origine
veneziana di metà ‘200.
La composizione dei canzonieri avviene in questo modo: prima i trovatori scrivono le loro opere
su tavolette di cera, poi le copiano o le fanno copiare su fogli sciolti o rotuli consegnati ai giullari
come supporto per le loro performance orali, da questo materiale in seguito si costituiscono poi
delle raccolte di vario tipo che a loro volta vengono poi riunite in raccolte maggiori che prendono
appunto il nome di canzonieri.

In questa trafila non è difficile che vi sia inerito qualche testo rimaneggiato dai giullari che dunque
altera moltissimo la tradizione.
Le testimonianze scritte si hanno dunque a partire dal sec. XII in poi, ciò vuol dire che le
informazioni della lirica provenzale del sec. XI va ricostruita senza testimonianze superstiti, è
dunque possibile che gli albori della poesia trobadorica fossero stati soltanto orali

5.4. Un aspetto dell’oralità nella narrativa

Nella narrativa, epica e romanzo hanno modi di esecuzione diversi.


L’epica è cantata, solitamente in decasillabi o alessandrini mentre il romanzo si legge ad alta voce
ed è in ottosillabi.

I tempi di esecuzione invece saranno stati dettati dalla lunghezza dell’opera, opere lunghe
avevano bisogno di più sedute per essere eseguite mentre nel caso in cui si avesse a disposizione
una sola seduta di esecuzione, i testi venivano tagliati o adattati.

Per quanto riguarda la produzione prima si ha il racconto breve e poi si passa al racconto lungo
sull’esempio dei prestigiosi poemi latini e dunque ecco che con la maggior lunghezza del romanzo
c’è bisogno anche di introdurre cornici biografiche per dare coesione agli episodi con l’intero nelle
esecuzioni in più sedute.
I romanzi sono talvolta anche organizzati in grandi cicli, ma anche qui la diffusione resta
comunque di episodio per episodio

CAP6) QUESTIONI DI CULTURA

6.1. I chierici
La cultura latina cristiana ha un ruolo fondamentale nella letteratura medievale, è infatti il ponte
che unisce la cultura greca e romana del passato alle innovazioni di pensiero del medioevo.

Per molto tempo nel medioevo si continua a scrivere in latino che è la lingua dei colti perché dopo
la caduta dell’Impero Romano la letteratura continua a essere praticata nei monasteri da monaci e
chierici e saranno poi i chierici ad avere successivamente ruoli importanti nelle università come
maestri.

I chierici possono essere sia persone di grande famiglia si persone di origini modeste che sono
spinti dalle famiglie all’interno dei monasteri che ne garantiscono il sostentamento.

Tutta la produzione di queste figure religiose è in rapporto con le Sacre Scritture e di tutti i
significati profondi che si celano al di là del semplice significato letterale nei testi sacri secondo la
struttura dell’allegoria, una sorta di discorso metaforico, che può esprimere sia contenuti religiosi
ma anche contenuti filosofici come nel caso del Convivio di Dante.

I chierici ricercano i significati allegorici tipici dei testi sacri anche nei testi di autori latini.
Nell’interpretazione allegorica si considera il senso letterale come un velo che copre il vero
significato per questo molte volte i testi antichi sono oscuri, per lasciare al lettore
un’interpretazione aggiuntiva a quella che trova con la semplice lettura delle parole
Tipico espediente dell’allegoria è la personificazione con la quale un’entità astratta viene
rappresentata in forma umana.

6.2 I laici

I potenti laici sono persone che non sanno leggere e scrivere e non conoscono il latino, non
hanno un grande livello culturale.

Difficilmente i signori sono autori di opere, se lo fanno producono solo poesia lirica e quando c’è
conoscenza del latino è di solito una conoscenza passiva, Federico II e Alfonso X sono le eccezioni
del ‘200 perché furono re e grandi letterati.

Il pubblico si laicizza a partire dal 1100: il primo pubblico laico è quello delle corti francesi del
Nord e Sud (lingua d’oil-d’oc) composte perlopiù da nobili che non sanno il latino ma riconoscono
nella cultura latina un grande prestigio e dunque sentono il bisogno di conoscerla nella loro lingua.
 Da questo fatto si originano dunque volgarizzamenti di opere latine.

Nel XII sec. quindi la letteratura è ancora prodotta dai chierici religiosi ma per un pubblico laico
che mediante esse esprime il suo punto di vista e la sua dignità, prima un pubblico di corte poi
pubblico anche borghese.

I chierici producono una letteratura che serve a educare i laici e per questo dunque viene scritta in
volgare: i generi più diffusi sono infatti  opere agiografiche e volgarizzamenti di trattati filosofici
latini.
Il latino però non viene abbandonato completamente, rimane per molto tempo soprattutto in
quei generi che non interessano al pubblico laico come ad esempio le opere scientifiche 
6.3. Contatti di culture

La letteratura romanza nasce dalla spinta di varie influenze culturali: da un lato quella della
cultura latina da cui prende spesso le fonti e le origini, dall’altro la cultura dei non-alfabetizzati
che invece costituisce la prerogativa del pubblico che adesso si punta a raggiungere ma anche la
cultura celtica e la cultura germanica.

La cultura germanica potrebbe aver dato luogo al tema del rapporto zio-nipote che ad esempio si
trova nella Chanson de Roland con Rolando che è il nipote di Carlo Magno, Tristano nipote del re
Marco, mentre la cultura celtica ha dato vita al genere arturiano a partire dalla leggenda di re Artù
e i cavalieri della Tavola Rotonda ma anche da quella di Tristano e Isotta.

Con l’ripresa di queste due culture, nel XII sec. si vede dunque una accettazione delle culture
folkloriche in letteratura che fino a quel momento non era ancora avvenuta.

Altra cultura che può aver giocato un ruolo importante nella poesia trobadorica è la cultura araba,
un influsso arabo potrebbe essere la rima che nella poesia latina non esisteva ma anche la forma
metrica della zagialesca e la concezione trobadorica dell’amore

6.4. Ancora i trovatori

Le forme metriche e musicali della poesia torbadorica riprendono quelle della poesia preliturgica
mediolatina, ovvero quella dei tropi e del versus.

Il tropo è un testo musicale inserito nei canti della liturgia ed il versus non è altro che un tropo
con una struttura propria.

All’inizio il termine che i trovatori usano per indicare i loro componimenti è il generico “vers” che
deriva dal lat. VERSUS, mentre la specificazione dei vari generi arriverà solo a partire dal 1100.

L’atto del comporre è invece chiamato “trobar” da cui derivano appunto i due casi sogg. torbaire e
obl. trobadòr da cui il nostro “trovatore” Il verbo “trobar” alla lettera significa “imbattersi in
quello che si cerca” e probabilmente è proprio questo il senso del comporre ovvero quello di
trovare parole per fare i propri testi.

Torbare verrebbe infatti da un lat.TROPARE non attestato a  sua volta derivato dal lat.TROPUS che
significa,“figura retorica”, da qui poi per metonimia “figura retorica” avrebbe indicato il
“componimento in generale dunque il tropo” e appunto si arriva al termine “TROBARE =
COMPORRE TROPI”.

CAP7) LETTERATURE ROMANZE E LETTERATURA ROMANZA

Si può dire che le letterature romanze sono tutte comprese nella letteratura romanza, dipende
infatti da quanto ampliamo o restringiamo il nostro punto di vista per dare tale giudizio.
La letteratura romanza rappresenta infatti la letteratura di una civiltà unitaria, quella romanza
appunto, che poi si specifica per aree geografiche, culture e lingue diverse nelle varie letterature
romanze, è questo più ristretto lo sguardo proposto durante il Romanticismo quando si inizia a
intendere la letteratura come espressione di una nazione.

La letteratura medievale più in generale va dunque sempre studiata come l’antenata della
moderna letteratura: si veda per esempio la letteratura occitanica medievale che è all’origine
della letteratura italiana.

Nel medioevo infatti non ci sono le nazione e le identità nazionali che sono invece un concetto
del ‘700, il panorama linguistico non corrisponde ai domini politici, le lingue sono legate ai generi
e per questo si diffondono ovunque come si è visto in quei casi di lingua provenzale in Italia e
Catalogna, le varie letterature romanze sono dunque accomunate dal genere letterario.
Una prima grande diffusione è quella  della letteratura galloromanza che influenzerà poi la
letteratura italiana e iberica che si affacceranno sulla scena a partire dal 1100, questi testi sono
tutti modellati sui testi francesi, si pensi all’epica, o alla poesia trobadorica che fanno da modelli
per queste due altre letterature, tutta la metrica romanza ha origine dalla metrica provenzale, i
grandi romanzi italiani e spagnoli si ispirano o sono addirittura traduzioni dei grandi romanzi
francesi, non si traduce mai infatti dall’italiano al francese e addirittura sono tanti gli autori italiani
che scrivono in francese.

Ma l’influenza galloromanza si spinge anche oltre la Romania: arriva per esempio in Inghilterra in
cui il francese diventa lingua letteraria e si hanno anche rifacimenti di opere francesi in lingua
germanica.

Fino al ‘300 dunque la letteratura galloromanza ha un ruolo centrale nella letteratura medievale
tanto che tutte le altre letterature romanze e non subiscono forti influenze da questa, è per questo
che si può parlare di letteratura romanza al singolare, perché tutte le varie letterature romanze
sono estremamente collegate tra loro.

La tendenza cambia nel ‘300-‘400 quando invece si hanno traduzioni in francese di opere italiane
come il Decameron 

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