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Gli studi di economia industriale si configurano esplicitamente, dopo la grande crisi del 1929, come
un campo autonomo, emergente dalle attività didattiche e di ricerca della Harvard University che, nei
loro interessi di studi induttivi della struttura e del finanziamento del sistema industriale, puntarono
l'attenzione ai suoi sottosistemi, i settori industriali, animati dai soggetti (le imprese) che li
compongono nell'offrire i loro servizi e/o prodotti ai mercati di riferimento. Il più consolidato schema
di analisi è pertanto il noto paradigma strutturalista ''struttura-condotta-risultati'' secondo il quale, con
logica di tipo quasi causale-deterministico, si ricercano le coerenze tra
- la struttura di un settore industriale
- la natura del relativo mercato (perfetta competizione, concorrenza monopolistica, oligopolio
e monopolio)
- le condotte (comportamenti, politiche e strategie) delle imprese del settore con i loro risultati
(efficienza, livello qualitativo e tecnologico, crescita dimensionale e del valore del capitale
investito, ecc.).
Molti studiosi hanno quindi individuato delle regolarità, quegli elementi che permettono di leggere la
dinamica e la struttura del sistema produttivo industriale. Sono riusciti a creare una griglia analitica
che implica la conoscenza di una serie di elementi, conoscendo i quali si può valutare la performance
di un’azienda, di un settore o di un intero sistema produttivo.
Il paragdima Harwardiano è un approccio strutturalista: nell’ottica degli studiosi è la struttura del
mercato che condiziona i comportamenti e quindi i risultati economici. Conoscendo la struttura di un
mercato si possono ipotizzare i comportamenti, e quindi i risultati economici.