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Universit degli Studi di Macerata

Facolt di Economia
A.A. 2001/2002

Letture del corso di


Economia e gestione delle imprese II
Prof. C. Cerruti

Dispense ad uso esclusivo degli studenti

Indice:
Parte 1 .......................................................................................................................... 4
La gestione della produzione......................................................................................... 4
1.A - Levoluzione dei paradigmi industriali ............................................................. 4
1.B - La funzione "produzione"................................................................................. 8
1.C - Le scelte di progettazione del sistema produttivo............................................ 11
1.C.1 Le tipologie dei sistemi produttivi.................................................................. 11
1.C.2 La matrice prodotto/processo......................................................................... 15
1.C.3 Le scelte di impianto...................................................................................... 19
1.D - La scelta di un mutamento di capacit produttiva ........................................... 28
1.E - La programmazione e il controllo della produzione ........................................ 38
1.E.1 Programmazione della produzione e tipologia dei processi produttivi............. 38
1.E.2 Il Piano della domanda................................................................................... 44
1.E.3 Il Piano Aggregato di produzione................................................................... 48
1.E.4 Il Piano Principale di produzione ................................................................... 51
1.E.5 Il Piano Operativo di produzione.................................................................... 53
1.E.6 Il controllo della produzione .......................................................................... 56
1.F - La gestione dei progetti................................................................................... 61
1.G - La strategia di produzione .............................................................................. 68

Parte 2 ........................................................................................................................ 80
La gestione dei materiali e gli approvvigionamenti ..................................................... 80
2.A - La logistica: evoluzione e ruolo nell'impresa .................................................. 80
2.B - La gestione delle scorte .................................................................................. 96
2.B.1 Tipologie e funzioni delle scorte.................................................................... 96
2.C - I metodi di gestione delle scorte ................................................................... 100
2.C.1 Metodo a tempo fisso................................................................................... 104
2.C.2 Metodo a quantit fissa ................................................................................ 105
2.D - La pianificazione dei fabbisogni di materiali (MRP)..................................... 108
2.E - Gli approvvigionamenti ................................................................................ 116
2.E.1 L'evoluzione della funzione approvvionamenti............................................. 117
2.E.2 Gli acquisti .................................................................................................. 118
2.E.3 La gestione degli approvvigionamenti.......................................................... 119
2.E.4 Il marketing d'acquisto................................................................................. 122
2.F - Il rapporto con i fornitori .............................................................................. 124
2.F.1 Nuovi rapporti con i fornitori ....................................................................... 126
2.G - Le scelte di esternalizzazione ....................................................................... 132

Parte 3 ...................................................................................................................... 137


Limpresa snella ....................................................................................................... 137
3.A - Il ridisegno dei processi e la riscoperta della gerarchia ................................. 137
3.B - Le caratteristiche generali dellimpresa snella............................................... 140
3.C - La qualit totale (TQM) - Total Quality Management................................... 142
3.C.1 Cosa significa "qualit"................................................................................ 142
3.C.2 L'approccio giapponese al miglioramento della qualit ................................ 150
2

3.C.3 La qualit nella progettazione ...................................................................... 154


3.C.4 La qualit nel processo produttivo ............................................................... 155
3.C.5 La qualit nell'utilizzo del prodotto.............................................................. 162
3.C.6 Il caso della birreria Jos. Schlitz................................................................... 163
3.D - La produzione senza scorte (JIT - Just in Time)............................................ 166
3.D.1 Sistema "pull" e Kanban.............................................................................. 170
3.D.2 La programmazione livellata ....................................................................... 177
3.D.3 La struttura produttiva flessibile .................................................................. 188

Parte 4 ...................................................................................................................... 200


Il sistema informativo aziendale................................................................................ 200
4.A - Dati e informazioni ...................................................................................... 200
4.B - Il sistema informativo................................................................................... 206
4.C - Il ciclo di vita del sistema informativo.......................................................... 210
4.D - I sistemi informativi integrati o sistemi ERP ................................................ 216

Parte 1
La gestione della produzione
Questo modulo di inquadramento della gestione della produzione fa riferimento ai seguenti capitoli del
libro di testo:
Dezi L., Economia e governo delle imprese, CEDAM, 2001
Capitolo III Levoluzione dei paradigmi industriali e nuovi modelli di impresa
Capitolo VI Larea logistico-produttiva (VI.1, VI.1.1 e VI.1.2)
Le letture sono basate su brani e citazioni tratti dai seguenti lavori:
Bonel M., La produzione, contenuto in Rispoli M., L'impresa industriale, Il Mulino, 1989
Grando A., Organizzazione e gestione della produzione industriale, EGEA, 1995
Pivato S. e Gilardoni A., Elementi di economia e gestione delle imprese, EGEA, 2000
Schmenner R.W., Produzione. Scelte strategiche e gestione operativa, Edizioni del Sole 24 Ore,
1987
Silvestrelli S. , L'impianto, contenuto in Rispoli M., L'impresa industriale, Il Mulino 1989

1.A - Levoluzione dei paradigmi industriali


Per comprendere l'attuale configurazione dei sistemi produttivi necessario inquadrarli
rispetto al loro percorso evolutivo storico con un approccio per paradigmi.
"Il termine paradigma si riferisce alla ricerca di modelli, orientamenti di riferimento.
Interessante la definizione di paradigma di T.S. Kuhn secondo il quale un paradigma un
modello o schema accettato, caratterizzato da una costellazione di conclusioni concetti,
valori, tecniche condivise da una comunit scientifica e utilizzate dalla comunit stessa per
definire problemi e soluzioni lecite. I paradigmi servono, secondo Kuhn, a sviluppare la
scienza normale nellambito della quale la letteratura si concentra principalmente sulla
determinazione dei fatti rilevanti per la scienza normale, sullarticolazione della teoria e sul
confronto dei fatti con la teoria; da questa attivit di confronto pu scaturire una scoperta
scientifica. La scoperta scientifica comincia con la presa di coscienza di unanomalia, ossia la
natura ha in un certo senso violato le aspettative suscitate dal paradigma che regola la scienza
normale. A partire dallosservazione continua si cerca, in prima istanza, di riarticolare il
paradigma e quando ci non possibile si innesca una crisi dalla quale scaturir un nuovo
paradigma.
Riteniamo opportuno ricordare, infine, anche la posizione di E. Bartezzaghi il quale afferma
che: Limitandosi a una prospettiva strettamente aziendale, la comprensione dellevoluzione dei
modelli di produzione richiede di operare a diversi livelli di astrazione. Possiamo distinguere
tra: modelli operativi che, a livello dettagliato, sono il risultato delle strategie deliberate e delle
scelte di una singola impresa, in relazione al proprio contesto; modelli contingenti che
definiscono le soluzioni e le pratiche ottimali valide non solo per una specifica impresa, ma in
modo pi ampio per una classe di imprese: ad esempio, modelli che si affermano per un
determinato settore, o per uno specifico contesto geo-economico e per determinate dimensioni
dimpresa; paradigmi che, a un livello pi generale, si basano sulla identificazione di un
insieme coerente di principi e criteri generali che accomunano diversi modelli ed esperienze in
contesti differenti. Per paradigma si intende quindi un metamodello, che consiste in un
complesso coerente di criteri e logiche interdipendenti nelle sfere dellorganizzazione, del
management, della motivazione e dellimpiego della tecnologia. Rispetto ad esso, un modello
contingente rappresenta un insieme di tecniche, metodi e approcci, che costituiscono una
traduzione dettagliata per un dato contesto (o per una specifica impresa nel caso di un modello
operativo) di criteri e principi pi generali.

Lo studio per paradigmi dell'evoluzione del sistema capitalistico ruota attorno a tre concetti
accomunati, a livello terminologico, dalla parola fordismo. La storia del sistema industriale,
in altre parole, si dipana sui tre paradigmi qui di seguito elencati:
- pre-fordismo: lantico sistema;
- fordismo: il sistema in declino;
- post-fordismo: il sistema nascente.
Nei secoli, infatti, limpresa si manifestata e sviluppata in varie forme.
Il periodo pre-fordista: limpresa manifatturiera
Il paradigma pre-fordista equivale alla prima e pi semplice forma di organizzazione della
produzione, vale a dire al modello dellimpresa artigiana. Volendo collocare tale fenomeno in
un orizzonte temporale, possiamo affermare che ci troviamo nel periodo del primo capitalismo,
normalmente definito mercantile, situato tra il declino del sistema feudale e lavvento della
prima rivoluzione industriale. Dapprima il mercante-capitalista a fornire allartigiano le
materie prime e a commissionargli, dietro pagamento, la trasformazione di queste in prodotti
finiti. In una fase successiva, invece, il mercante-capitalista acquista anche la propriet degli
strumenti e spesso della bottega e assume lavoranti in proprio. Il lavoratore non vende pi un
prodotto finito al mercante, bens la sua capacit lavorativa. L'industria tessile una delle prime
incarnazioni del nuovo modo di produrre.
... Alcuni situano linizio del paradigma in questione proprio in questa fase storica, ossia nel
momento della nascita del cosiddetto modello inglese, inteso come il modello di impresa e di
capitalismo industriale che si afferma con la rivoluzione industriale in Gran Bretagna. In questo
momento storico lindustrializzazione riguarda esclusivamente questo Paese e la tecnologia
abbastanza semplice da essere incorporata in una macchina, il cui valore abbastanza contenuto
da poter essere finanziato da singoli imprenditori. Il modello dimpresa tipico di questa
prima fase dello sviluppo industriale caratterizzato da unelevata semplicit. La struttura
organizzativa ridotta ai minimi termini ed praticamente impossibile parlare di funzioni
aziendali giacch lo stesso imprenditore ad avere il controllo di tutta, o quasi, limpresa (al pi
si serve di pochi collaboratori). Da un punto di vista tecnologico, l'elemento dominante
lincorporazione della tecnologia moderna in macchine isolate, ossia disgiunte fisicamente e
spazialmente tra loro, tali da poter essere considerate unit separate di capitale. Si tratta, come si
vede, di un modello elementare di impresa, centrata sulla connessione macchina-imprenditoremercato.
Il periodo fordista: la produzione di massa
Le condizioni osservabili durante il periodo pre-fordista cessano di esistere dal momento in cui
si affermano le tecniche di produzione ispirate da Taylor e Ford, ossia dal momento in cui viene
in essere limpresa moderna.
Motore principale ed elemento cardine del nuovo paradigma pu a tutti gli effetti essere
considerato il progresso tecnico. Grazie alluso di una fonte decentrabile di energia (lenergia
elettrica in luogo del vapore), le macchine isolate della prima fase della meccanizzazione si
trasformano in sistemi di macchine molto articolati e differenziati. La possibilit di organizzare
il ciclo produttivo su una pluralit di macchine, poste in collegamento tra loro, permette di
sviluppare in grande il processo di parcellizzazione delle operazioni, assegnando alle singole
macchine operazioni elementari sempre pi semplici e astratte.
Elemento dominante diviene il principio di standardizzazione attraverso il quale, nella
ripetitivit delle azioni, si facilita il processo di produzione il quale diviene notevolmente pi
semplice, regolare e veloce. La produzione segue fasi omogenee di lavorazione che se da un lato
richiedono un impegno o una preparazione specifica del lavoratore sempre minori, dallaltro
spingono invece verso un utilizzo maggiore delle macchine e verso nuovi investimenti. Si parla,
infatti, di produzione capital intensive, in contrapposizione al metodo artigianale che, in
quanto ad alta intensit di lavoro, risulta invece definibile labour intensive.

Tutto ci ha significato, innanzitutto, laffermarsi dellimpresa di grandissime dimensioni e,


conseguentemente, la nascita e laffermazione di modelli produttivi imperniati sulla capacit di
organizzazione, di pianificazione, di coordinamento, secondo un approccio razionalistico,
basato sul modello militare di tipo gerarchico, che ha reso possibile la guida di grandi unit
produttive in termini efficienti.
Con il paradigma fordista si entra nella fase del cosiddetto capitalismo organizzato, il quale,
affermatosi nel corso di un cinquantennio (dai primi decenni del secolo fino agli inizi degli anni
settanta), ha rappresentato non solo un modo di produzione, ma anche un modello di
regolazione sociale che ha saputo saldare in un circuito virtuoso produzione e consumo di
massa, sino a consentire per decenni tassi di crescita sostenuti e persistenti in tutti i paesi
industrializzati.
E facilmente intuibile, allora, che il modello dimpresa cui si richiama il paradigma fordista
quello della large corporation, in altre parole della grande fabbrica, delle catene di montaggio e
del sistema di produzione di massa. Questo modo di organizzare la produzione presuppone la
presenza di un ambiente piuttosto semplice e, soprattutto, stabile e quindi prevedibile, data la
rigidit dei cicli produttivi e lelevata ampiezza dei volumi di produzione.
La rigidit della fabbrica tayloristica, tendenzialmente autosufficiente, corrisponde alla struttura
di un sistema in cui la conoscenza centralizzata ed irreversibile. Centralizzata perch tutte le
informazioni sono trasferite ad una lite tecnocratica che, dal centro, ha il compito di progettare
e gestire linterdipendenza tra le molte persone e i molti reparti costituenti limpresa, nonch le
relazioni con lambiente. Irreversibile perch gli investimenti in conoscenza spingono verso
comportamenti inerziali, tendenti a proseguire le traiettorie inizialmente intraprese.
In questo contesto, limpresa cessa di identificarsi con un soggetto (imprenditore-persona o
capitale finanziario) e diventa sistema. Ci avviene in un duplice senso: da un lato, il dominio
della soggettivit dell'imprenditore viene stemperato in un reticolo di condizionamenti e di
influenze portate da altre soggettivit (stakeholders); dallaltro lato, lorganizzazione dei
rapporti interni ed esterni diviene pi complessa e tale da rientrare, appunto, in una logica
sistemica. Ed soprattutto a causa dei costi fissi dettati dalle esigenze dinformazione che il
paradigma fordista presenta una tendenza di fondo verso le economie di scala e pi ancora verso
percorsi di rapida crescita e concentrazione.
Ecco, allora, che viene enfatizzata, anche dalla dottrina dellepoca, la valenza del processo di
internalizzazione, descritto dal modello di integrazione verticale della grande impresa americana
degli anni Cinquanta e Sessanta. Sulla base del presupposto che una maggiore dimensione
aziendale potesse consentire il conseguimento di maggiori economie di scala grazie a pi elevati
livelli di efficienza organizzativa, lintegrazione verticale era ritenuta sinonimo di vantaggio
competitivo. Inoltre, il processo economico svolto nellambito dellazienda era tutto il ciclo che
dalla ricerca e sviluppo portava alla vendita sul mercato dei prodotti, le cui caratteristiche
qualitative e quantitative erano determinate dai vincoli e dalle opportunit delle economie di
scala.
La crisi del fordismo e il post-fordismo
La questione del superamento del modello fordista si posta con forza agli studiosi ed agli
operatori a partire dai primi anni '80, in relazione a due rilevanti tipologie di eventi:
- da un lato, il succedersi di una serie di shocks che hanno investito le economie capitalistiche
a partire dalla crisi petrolifera del 1973 ;
- dallaltro lato, la crisi della grande impresa, principale soggetto economico del fordismo. La
superiorit della grande corporation manageriale a struttura monocentrica e monolitica
veniva posta in dubbio a causa di fenomeni negativi legati alleccessiva burocratizzazione,
al moltiplicarsi dei livelli gerarchici e degli organi, alla lentezza del processo decisionale.
Inoltre, i costi di organizzazione e le rigidit burocratiche della gerarchia organizzata spesso
favorivano linsorgere di oneri per la comunicazione interna e per la risoluzione di

conflitti di entit superiore rispetto a quelli che si sarebbe stati costretti a sopportare
laddove si fosse deciso di seguire la via del modello decentrato esterno.
Altre tendenze ambientali ed aziendali che influirono sullassetto imprenditoriale furono le
fortissime variazioni della domanda, sia in termini di nuovi prodotti, che di nuove prestazioni; il
ciclo di vita dei prodotti si era notevolmente accorciato; le tecnologie flessibili sembravano
ridurre i costi sui piccoli lotti, avvicinando, in tal modo, le produzioni di massa a quelle su
commessa.
Di fronte a questo incremento di variet, di dinamismo, come possono le burocrazie delle
grandi aziende fordiste tenere dietro al continuo cambiamento di prodotti e processi che nascono
e muoiono nel giro di poche settimane?. Lidea di controllare tutto perdente perch i tempi di
reazione sono troppo lenti. Le organizzazioni fordiste sono troppo burocratizzate per gestire in
modo adeguato situazioni in cui crescono variet e variabilit.
E da questo momento che si comincia ad attraversare la soglia del cosiddetto capitalismo
evolutivo ovvero ad entrare nel contesto che viene definito post-fordista. Il superamento del
fordismo unaffermazione che non pu essere fatta con leggerezza. Si tratta, infatti, di
decretare la fine o lirreversibile trasformazione di un modello cui si deve ascrivere una fase
eccezionale di sviluppo delle economie di mercato nella storia del capitalismo. E si tratta,
conseguentemente, di definire quale altro modello si stia affacciando e con quali prospettive di
sviluppo. In buona sostanza, e tenendo conto che il fordismo ha rappresentato in primis un
modello di regolazione sociale, la questione non pu essere posta nei semplici termini di un
astratto antagonismo tra modi di produzione, ma piuttosto come problema di identificazione di
quale propellente possa nel futuro assicurare la crescita economica e sociale.
A ben vedere, la stessa ipotesi di partenza la fine della produzione di massa a non trovare
un accoglimento generalizzato e a suscitare quindi interpretazioni non univoche. In altri termini,
se c accordo tra gli studiosi sul fatto che le tecniche di produzione e le forme organizzative
hanno in molti casi perso la rigidit che le ha caratterizzate durante lepoca fordista, resta
tuttavia aperto linterrogativo di fondo se si tratti di un proliferare di singole trasformazioni che
sviluppano e completano il paradigma della produzione di massa (il quale, dunque, non
scomparirebbe) o, invece, di una transizione verso un altro paradigma, definito dalla logica
dinsieme di molti micro-cambiamenti che, sommati tra loro, possono prefigurare un nuovo
modello di produzione e di organizzazione.
La risposta a tale interrogativo non per nulla univoca.
L'ipotesi pi valida o comunque pi confacente alla realt attuale sembra essere quella della
transizione verso un altro sistema produttivo, quella che vede nel cambiamento in corso una
netta correzione di rotta rispetto ai principi della produzione di massa. In buona sostanza, dopo
unepoca storica in cui ha prevalso il mercato (primo capitalismo) e una seconda in cui invece
ha prevalso la gerarchia (produzione di massa, modello fordista) ci si incamminerebbe verso una
sintesi in cui lorganizzazione rifugge dalle asprezze delle due forme estreme e sceglie invece di
muoversi nella vasta area intermedia, cercando di combinare i vantaggi del mercato con quelli
della gerarchia. Il fiorire delle cooperazioni e delle reti, come pure il decentramento e la
deverticalizzazione delle grandi organizzazioni, rappresenterebbero sempre secondo questa
ipotesi la manifestazione di una situazione in cui le imprese praticano la quasi-gerarchia
(proiezione esterna dell'impresa nei sistemi di fornitura e nella distribuzione) o il quasi-mercato
(autonomia delle diverse business units).
Lindividuazione dei tratti essenziali del nuovo paradigma unoperazione assai difficile ed
incerta. Siamo infatti in presenza di una rivoluzione ancora in corso e come tale, dunque,
difficile da imbrigliare in una qualsivoglia semplificazione o definizione esaustiva. (Dezi,2001
pp. 82-97).

1.B - La funzione "produzione"


"La produzione riguarda lo svolgimento di attivit di acquisizione, combinazione e
trasformazione di input (fattori produttivi, beni, servizi), con la finalit di ottenere output (che
possono essere a loro volta fattori produttivi, beni, servizi), da destinare al consumo finale o da
utilizzare quali input di altre produzioni. Sebbene la produzione sia un tratto comune a tipologie
diverse di aziende, si riferisce comunemente tale termine ad attivit nelle quali prevale la
trasformazione fisica degli input, tipica delle aziende industriali.
Non facile stabilire con precisione quali responsabilit e competenze si debbano comprendere
nellambito della funzione di produzione. Attivit che in una certa azienda sono poste sotto il
controllo del direttore di produzione, in unaltra possono essere collocate in funzioni differenti;
oppure, a volte si enucleano dalla produzione sottofunzioni, come la progettazione, e le si
dotano di responsabilit relativamente autonome. A fini didattici, identificheremo larea della
gestione della produzione con il sistema delle funzioni tecniche, sui cui confini concorda la
maggioranza degli studi di management.
Le funzioni tecniche comprendono: responsabilit e competenze di progettazione e di gestione
del sistema produttivo quanto a processi, tempi e metodi, impianti, manutenzione, gestione
materiali, qualit.
[Progettazione] si tratta di definire le caratteristiche strutturali e impiantistiche mediante scelte
di investimento (leve hardware); tali scelte sono difficilmente reversibili in quanto richiedono
un elevato anticipo decisionale e producono effetti vincolanti nel medio-lungo termine. Le
scelte di investimento riguardano:
la definizione della tecnologia;
gli impianti;
il processo produttivo;
lubicazione delle unit produttive;
il frazionamento della potenzialit produttiva;
il grado di integrazione verticale;
il lay-out [la disposizione planimetrica di aree, macchinari e attrezzature nella fabbrica];
il grado di automazione.
[Gestione] si tratta di soluzioni organizzative, tecniche e metodologie di gestione, vincolate da
precedenti scelte hardware, ma suscettibili di pi ampie possibilit di modifica nel breve-medio
termine. Le scelte di gestione si identificano con:
la programmazione e controllo della produzione;
la gestione dei flussi di materiali.
Le decisioni appena citate sono raramente appannaggio esclusivo della produzione, ma
coinvolgono in misura pi o meno consistente altre funzioni aziendali. Le scelte di
predisposizione del sistema produttivo hanno rilevanti risvolti di natura economico-finaniaria
connessi alle valutazioni di investimento, richiedono l'apporto della funzione ricerca e sviluppo
per la valutazione delle alternative tecnologiche, quello della funzione sviluppo e
industrializzazione per la messa a punto dei processi produttivi, quello degli
approvvigionamenti per l'individuazione di nuovi materiali e fornitori. Similmente, le decisioni
di gestione del sistema produttivo necessitano dell'interazione costante tra marketing, area
commerciale, produzione, approvvigionamenti e personale affinch sia possibile realizzare le

attivit operative nel rispetto dei programmi definiti e delle esigenze del mercato." (Pivato e
Gilardoni, 2000 pp. 215-217)
Prima di analizzare pi nel dettaglio le diverse responsabilit della funzione di produzione
importante - come ricorda Silvestrelli - ricollegarci alle scelte strategiche perch "essendo il
sistema produttivo un sub-sistema del pi vasto sistema aziendale, risulta errata e fuorviante la
concezione (che purtroppo hanno ancora molti imprenditori e dirigenti aziendali); secondo la
quale la struttura produttiva dovrebbe essere soprattutto efficiente. E' invece importante, al
fine di conseguire gli obiettivi aziendali, che chi governa l'impresa si renda conto della
opportunit di impegnarsi personalmente nella formulazione della politica di produzione e di
non considerare di secondaria importanza l'attivit produttiva, delegando completamente le
decisioni ad essa attinenti ai tecnici.
E' importante altres sottolineare che la politica di produzione deriva dalla strategia globale
dell'impresa e che il procedimento amministrativo con cui si determina tale politica rappresenta
lo strumento operativo, mediante il quale i responsabili della gestione aziendale possono
dirigere e controllare realmente l'attivit di produzione. L'adozione di questo processo pu
rendere pi efficiente la gestione della produzione, migliorando i rapporti organizzativi (e
quindi le direttive, le comunicazioni e le informazioni) tra i massimi dirigenti aziendali e i
responsabili della funzione produttiva.
Per quanto concerne il rapporto tra strategia aziendale e politica di produzione stato
acutamente suggerito un semplice ma importante processo decisionale che viene illustrato nella
Figura 1 e si articola in 15 fasi." (Silvestrelli, 1989, pp. 394-396)

Fattori caratteristici del settore industriale


1.

Situazione
concorrenziale
numero
tipo
risorse
natura
andamento
dei concorrenti
Strategie e tattiche
concorrenziali

5.

Fattori
economici :
Struttura dei costi
Margini dei costi
chiave
Struttura industriale
Flessibilit dei costi
ai cambiamenti di
volume e ai
cambiamenti di
prodotti

4.
3.

2.

Strategia
aziendale

A disposizione
dellazienda
Competenze,
risorse, risorse
obiettivi, prodotti,
macchinari,
processi,
esperienza tecnica

Compiti della
funzione di
produzione
Produttivit
Servizio
Qualit
Redditivit degli
investimenti

7. Valutazione
Competenze, risorse,
ecc.

9.

6. Tecnologia:
Processi, macchinari
determinanti
Materiali critici
Andamenti

8.

Politiche di produzione
dellazienda
Ampiezza del processo
produttivo
Dimensioni del processo
produttivo
Scelta del processo
produttivo e relativi
macchinari
Localizzazione degli
impianti
Determinazione degli
elementi critici di controllo
Sistemi di controllo
Organizzazione direzionale

Compiti del vicepresidente per la produzione e dei quadri


direttivi di produzione

10. Sistemi e
procedure di
produzione

12. Feedbacks

13. Controlli
della
produzione

14. Risultati
Produttivit,
servizio, qualit,
redditivit degli
investimenti

11. Operazioni

15. Feedbacks

Legenda:
1. Cosa fanno gli altri
2. Di che cosa disponiamo o cosa possiamo procurarci per competere con gli altri
3. Come possiamo competere
4. Cosa dobbiamo realizzare in sede manifatturiera per ben competere
5. Vincoli economici ed opportunit del settore
6. Vincoli ed opportunit comuni nella tecnologia
7. Valutazione delle nostre risorse
8. Come organizzarci per conciliare risorse, possibilit economiche e tecnologiche al
fine di assolvere il compito richiestoci dalla strategia concorrenziale
9. Esigenze di implementazione imposte dalla politica manifatturiera
10. Sistemi di base di produzione (ad esempio programmazione della produzione, uso
delle giacenze, uso degli standard, sistemi dei salari)
11. Controlli di costo, qualit, flusso, giacenze, tempi
12. Selezione delle operazioni o degli ingredienti critici per avere successo (ad esempio
manodopera qualificata, utilizzazione impianti, rendimenti)
13. Livello delle prestazioni
14. Cambiamenti in ci che possediamo, effetti sulla situazione concorrenziale e
revisione della strategia
15. Analisi critica delle operazioni e delle politiche di produzione
Figura 1 Processo per determinare la politica di produzione (tratto da Skinner, Produzione e strategia
aziendale)

10

1.C - Le scelte di progettazione del sistema produttivo


"La progettazione dei sistemi produttivi fortemente condizionata dalle caratteristiche dei beni
che l'impresa deve realizzare e dei processi adottati per trasformare le risorse nei prodotti
desiderati. La definizione delle soluzioni per coniugare aspetti tecnici ed esigenze del mercato si
basa sulla corretta identificazione dei sub-obiettivi strategici del sistema produttivo, nel rispetto
degli obiettivi strategici complessivi dell'impresa. La bont delle scelte operate in sede prima di
progettazione e, successivamente, di gestione del sistema produttivo dipende, infatti, dalla
coerenza d'insieme e dalla conformit alle priorit strategiche individuate dal vertice aziendale. I
principali obiettivi, o compiti critici, di un sistema produttivo possono essere ravvisati nei
seguenti elementi:
costi di produzione: riflettono la produttivit e l'efficienza delle combinazioni di fattori
produttivi; sono da valutare rispetto ai concorrenti; dipendono da quantit e tipo di fattori
impiegati, dalle modalit organizzative e dalle tecnologie;
grado di elasticit: la capacit del sistema produttivo di fronteggiare la variabilit dei volumi
produttivi senza forti penalizzazioni nei costi di produzione;
grado di flessibilit: la capacit del sistema produttivo di fronteggiare rapidamente, con
contenute variazioni dei costi di produzione il riassorbimento della gamma di prodotti
esistenti, il rinnovo della gamma di prodotti offerti e la modificazione delle sequenze
produttive individuate dal piano di produzione. Il grado di flessibilit esprime, quindi, la
capacit del sistema produttivo di far fronte a richieste di variet e di variabilit per
produzioni note e nuove;
grado di qualit: la capacit di realizzare beni conformi alle specifiche definite in sede di
progettazione;
grado di tempestivit delle consegne: attiene alla rapidit con cui il sistema produttivo pu
soddisfare le richieste dei clienti;
grado di affidabilit delle consegne: cio la regolarit del sistema produttivo nel soddisfare le
richieste dei clienti, dato un certo grado medio di tempestivit.
La progettazione dei sistemi produttivi chiamata a risolvere in modo coerente le
incompatibilit che facilmente si generano tra gli elementi citati. Le esigenze competitive
determinano gli obiettivi strategici e, in misura pi o meno marcata, le caratteristiche dei beni da
realizzare; queste ultime, a loro volta, vincolano in misura pi o meno intensa le caratteristiche
dei processi produttivi. In ogni caso, le prestazioni aziendali rispetto agli elementi critici
dovranno essere in armonia con la strategia complessiva (ad esempio, rispetto alla scelta di
competere sul prezzo o sulla qualit). Scelte progettuali coerenti determinano risposte produttive
adeguate alle istanze competitive, ovvero performance e comportamenti fisiologici; viceversa,
scelte incoerenti generano situazioni patologiche che si palesano in sintomi di malessere del
sistema produttivo, ovvero di inadeguatezza delle prestazioni. Al fine di assumere corrette scelte
di investimento, occorre comunque avere chiare le alternative progettuali di base, che si possono
definire in termini di tipologie dei sistemi produttivi.

1.C.1 Le tipologie dei sistemi produttivi


Si soliti fare riferimento a schemi di classificazione che collegano le tipologie dei sistemi
produttivi agli obiettivi strategici che essi si prestano a conseguire, in virt delle caratteristiche
assunte da elementi quali:
il grado di semplicit o complicanza della struttura del prodotto;
la variet e la numerosit dei prodotti realizzati;
la modalit di manifestazione della domanda da soddisfare;
il grado di standardizzazione e la consistenza del volume di produzione collocato sul mercato;
il processo di realizzazione adottato in relazione alle caratteristiche intrinseche del prodotto;
il grado di specializzazione o rigidit rispetto al grado di genericit o flessibilit delle
componenti strutturali del sistema produttivo.

11

In sintesi, le tipologie di sistemi produttivi emergenti dai vari criteri di classificazione proposti
in letteratura possono essere ricondotte a quattro fattispecie significative:
produzioni job-shop;
produzioni a lotti;
produzioni in linea;
produzioni di processo o processi continui.
Tali fattispecie si differenziano per quanto attiene alle logiche di progettazione che incorporano,
alle priorit dei sub-obiettivi strategici assegnati al sistema produttivo, al ricorso a date leve
hardware e software.
Produzioni job-shop
Le produzioni job-shop operano in genere su commessa, ossia realizzano esemplari unici
(commessa singola) o un numero limitato di unit (commessa ripetitiva) conformi a specifiche
concordate con il cliente. L'elevato grado di personalizzazione del prodotto secondo le richieste
del cliente e i volumi produttivi contenuti fanno s che la gamma realizzata sia caratterizzata da
gradi variet e variabilit piuttosto marcati. La produzione di macchinari speciali, di
apparecchiature o componenti eseguiti su disegno, la realizzazione di mobili o abiti su misura ne
costituiscono tipici esempi, come peraltro le opere di ingegneria civile o di cantieristica navale.
L'acquisizione dell'ordine generalmente preceduta dalla formulazione di un'offerta di prezzo al
cliente: a tal fine gli enti preposti alla progettazione effettuano verifiche di fattibilit tecnica,
corredate dalla stesura di un preventivo in base a stime di costo a partire da standard produttivi e
rilevazioni consuntivate dalla contabilit industriale nella realizzazione di prodotti simili.
L'esigenza di personalizzare il prodotto rende necessario, a fronte di ogni nuovo ordine
acquisito, rielaborare totalmente o parzialmente il progetto e predisporre i dati tecnici relativi a
materiali, attrezzature e al ciclo di lavorazione.
Nelle produzioni su commessa la realizzazione delle attivit produttive, compresi in parte
l'acquisto dei materiali e la progettazione, avviene dopo l'acquisizione dell'ordine dal cliente. La
variet delle caratteristiche del prodotto rende difficoltoso predeterminare la sequenza delle
operazioni richieste dal ciclo di lavorazione. Ci spinge le imprese di tipo job-shop a dotarsi di
macchinari e attrezzature con capacit generiche, idonei a effettuare un ampio spettro di
lavorazioni. Simili caratteristiche sono chieste anche alla forza lavoro, in termini di polivalenza
e di disponibilit a mantenere un certo grado di elasticit degli orari di lavoro. Agli addetti sono
anche richieste abilit e competenze specifiche, acquisite con l'esperienza o attraverso interventi
di formazione sul posto di lavoro.
I materiali impiegati, se specifici, vengono acquistati dopo l'ordine, con un investimento in
scorte di materie prime componenti conseguentemente contenuto. Sono anche pressoch assenti
le scorte di prodotto finito. Al contrario, le scorte di semi lavorati (o work in process) costituite
dai materiali che si trovano in lavorazione ai diversi stadi del ciclo di trasformazione, sono
piuttosto consistenti e oggetto di attenzione e contenimento da parte del management.
Il lay-out in genere organizzato per reparti, all'interno dei quali i macchinari vengono
aggregati secondo criteri di omogeneit delle lavorazioni realizzabili. Ogni unit di lavoro
(ordine di lavorazione o commessa, composto da uno o pi pezzi che procedono insieme)
richiede l'esecuzione di una serie di operazioni da parte di un gruppo di centri di lavoro
(macchine, stazioni di lavoro, operatori) in una sequenza definita dal ciclo di lavorazione.
L'organizzazione per reparti facilita l'intercambiabilit e lo scambio di competenze tra operatori,
la supervisione di pi macchine da parte di un solo operatore e il controllo delle lavorazioni da
parte dei responsabili di reparto. Tuttavia, i flussi generati dall'avanzamento dei materiali e delle
lavorazioni sono molto articolati, poich si generano interferenze tra i cicli produttivi delle varie
commesse in essere. Ci comporta una notevole complessit gestionale e difficolt di
programmazione nell'utilizzo delle risorse.
Nella determinazione della capacit produttiva di un job-shop occorre partire
dall'identificazione della potenzialit produttiva di ogni centro di lavoro. Tale misurazione pu

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risultare difficile causa della continua variabilit dei prodotti lavorati. Infatti, la capacit
produttiva disponibile influenzata dalle caratteristiche del mix delle commesse in essere e
dalle condizioni operative dei centri di lavoro. Ad esempio, dalla dimensione dei lotti di
produzione dipende il numero di ore indisponibili a causa di riattrezzaggi per cambi di
produzione; la complessit dei pezzi da lavorare influenza l'articolazione dei cicli di lavoro; il
numero e le caratteristiche delle commesse in essere possono generare colli di bottiglia variabili,
attese delle lavorazioni e accumuli di materiali ai diversi centri di lavoro.
Le produzioni job-shop necessitano di una elevata capacit di presidio del flusso informativo,
elemento determinante per il coordinamento dei flussi produttivi e per il controllo dello stato di
avanzamento delle lavorazioni. Il flusso informativo costituisce, infatti, un elemento nevralgico
del sistema produttivo; esso caratterizzato nelle produzioni job-shop da un'elevata
formalizzazione dei compiti di alimentazione del sistema e da una rigida predisposizione dei
supporti informativi che accompagnano ogni commessa dalla formulazione dell'offerta alla
consuntivazione.
In sintesi, le realt produttive job-shop sono generalmente caratterizzate da elevati gradi di
flessibilit ed elasticit produttiva, fabbisogni di investimento ridotti e coefficienti di
produttivit contenuti, elementi coerenti con l'esigenza di realizzare bassi volumi di un prodotto
vario e variabile. I maggiori tempi di consegna sono, entro certi limiti, accordati dal mercato a
fronte delle capacit di personalizzazione delle prestazioni del prodotto alle specifiche esigenze
espresse dal cliente nel rispetto della data di consegna pattuita (affidabilit della consegna).
Produzioni a lotti
Le produzioni consistono nella realizzazione di prodotti caratterizzati da una elevata variet e da
una variabilit piuttosto contenuta, in quantitativi (lotti) non necessariamente legati al
fabbisogno immediato. Troviamo tali tipi di produzione, ad esempio, nei settori calzaturiero,
mobiliero, meccanico, dell'abbigliamento, ecc. La gamma produttiva, piuttosto differenziata,
risulta nota e definita per l'azienda in anticipo rispetto al momento di acquisizione dell'ordine,
dal quale risultano svincolate le attivit di progettazione e di definizione dei cicli di lavoro, delle
attrezzature e dei materiali. Tali attivit sono peraltro parte del processo di sviluppo e di
industrializzazione di nuovi prodotti, realizzati secondo le esigenze di rinnovamento dettate dal
mercato e dalla concorrenza.
In questa tipologia di sistema produttivo, la produzione pu avvenire su ordine acquisito o su
previsione della domanda, a seconda che il tempo di risposta accordato dal mercato sia
compatibile o meno con il tempo necessario alla realizzazione delle attivit produttive. Nel
primo caso, si configura la fattispecie delle aziende che operano per commesse ripetitive a
catalogo, realizzando di volta in volta i volumi produttivi corrispondenti alle quantit richieste
da singoli ordini di prodotti a catalogo. Nel secondo caso, si assiste alle tipiche produzioni
intermittenti, lanciate sulla base di previsioni di domanda per quantitativi superiori al
fabbisogno immediato, che alimentano scorte di prodotti finiti destinate a essere utilizzate in
seguito. In questo modo ci si assicura un assortimento del magazzino prodotti finiti che consenta
di soddisfare le richieste del mercato quando i centri produttivi sono impegnati nella
realizzazione di altre tipologie di prodotto.
Le produzioni per lotti implicano l'adozione di cicli produttivi di variet ampia, seppure entro
limiti definiti a priori, e criteri di alternanza dettati dall'entit dei fabbisogni previsti e dalle
caratteristiche dei centri di lavorazione (in particolare dalle attivit di attrezzaggio richieste per i
cambi di produzione).
Il lay-out organizzato per reparti, nei quali tutti i pezzi costituenti il lotto transitano insieme da
ciascun centro di lavoro secondo la sequenza assegnata dal ciclo. A differenza delle produzioni
su specifica del cliente, si delinea in genere un flusso produttivo stabile, anche se suscettibile di
varianti in base alle lavorazioni richieste dai vari prodotti. Laddove si possano individuare
famiglie di prodotto con cicli di lavorazione abbastanza omogenei, pu essere conveniente
ricorrere ad una organizzazione per cellule (group technology): in tal caso le macchine sono
adibite alla realizzazione delle lavorazioni richieste dall'intera famiglia di pezzi. Il vantaggio di

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questa soluzione rispetto alla precedente risiede principalmente nella riduzione dell'intreccio e
delle interferenze tra i flussi produttivi; lo svantaggio consiste nella riduzione del grado di
flessibilit dell'impianto.
Le produzioni per lotti si avvalgono di macchinari e addetti la cui capacit risulta abbastanza
generica, a meno di specificit richieste a fronte di particolari lavorazioni. L'ammontare di
scorte di materie prime e di prodotti finiti varia secondo le scelte di programmazione e le
previsioni di vendita e, a meno di situazioni patologiche o peculiari di alcuni settori, ad
esempio, marcata stagionalit della domanda e di specifiche politiche aziendali, ad esempio,
promozioni commerciali, non assume valori elevati. Come nelle produzioni job-shop, risulta
assai consistente l'investimento in scorte di semilavorati.
Anche con riferimento alla determinazione della misura della capacit produttiva valgono le
considerazioni esposte per la produzione job-shop. E' necessario riferirsi ad un mix produttivo
significativo nel medio-lungo termine e monitorare i fattori che generano un impatto critico
sulla disponibilit produttiva: scelte di dimensionamento dei lotti di produzione, numerosit
delle varianti del ciclo produttivo generate dalla differenziazione all'interno di ciascuna
tipologia di prodotto, scelte di sequenzionamento e allocazione delle lavorazioni ai centri di
lavoro. Permane anche la criticit di presidio del flusso informativo, a motivo dell'ampia variet
dei flussi fisici; una certa semplificazione dei flussi informativi comunque resa possibile dalla
conoscenza anticipata di molte informazioni, in particolare di quelle di natura tecnica (progetto,
distinte di prodotto, cicli di lavoro, materiali, attrezzature) e degli standard produttivi. Inoltre,
per le aziende che non producono su ordine acquisito, risulta essenziale la capacit di previsione
della domanda e di pianificazione dei fabbisogni di materiali e di capacit produttiva.
Produzioni in linea
Le produzioni in linea realizzano elevati volumi di prodotti con variet e variabilit piuttosto
contenute, tali da giustificare investimenti in impianti e macchinari dedicati in modo specifico a
singole famiglie o tipologie di prodotto. Esempio di tali produzioni si riscontrano nell'industria
automobilistica, elettronica e in quella degli elettrodomestici. La ridotta variet e gli elevati
volumi produttivi permettono l'adozione di soluzioni progettuali che puntano sulla ripetitivit e
sulla omogeneit dei cicli produttivi. Nella produzione in linea si possono svolgere in modo
rigido e sequenziale molte fasi di lavorazione, se non, nel caso migliore tutte le fasi del
processo. Inoltre, tipico della produzione in linea l'alimentazione di un magazzino prodotti
finiti o semilavorati, grazie al quale le dinamiche produttive vengono svincolate da quelle di
acquisizione degli ordini.
Il lay-out rispecchia la sequenza di lavorazioni richieste dallo specifico ciclo tecnologico di un
prodotto o di una famiglia di prodotti. Si parla in proposito di lay-out in linea (o per prodotto)
che, nel caso di elevati volumi di produzioni standardizzate, presenta indubbi vantaggi di
semplificazione dei flussi, efficienza e contenimento dei semilavorati.
Il flusso produttivo risulta ben determinato dalle caratteristiche definite in sede di progettazione
e industrializzazione della linea. Nelle produzioni in linea risultano critiche proprio le scelte di
progettazione del sistema produttivo, mentre sono relativamente pi semplici le decisioni
gestionali tipiche delle fattispecie precedenti. La definizione delle operazioni deve portare a
carichi di lavoro equilibrati per tutte le stazioni di lavoro collocate lungo la linea, onde evitare
stazioni sovraccariche (colli di bottiglia) o sottosature. Il bilanciamento un presupposto
necessario per le prestazione dell'intera linea, in particolare per il ritmo produttivo, perch la
velocit di avanzamento vincolata da quella della stazione pi lenta. Quindi, la corretta
determinazione degli standard produttivi assume un ruolo critico ai fini della corretta
progettazione della linea.
La misura della capacit produttiva di una linea , diversamente che nelle produzioni job-shop e
a lotti, di facile calcolo, perch risulta interamente determinata dal ritmo produttivo, dal tempo
di apertura dell'impianto e dallo stato di disponibilit degli impianti (ossia dalle ore di lavoro
disponibili al netto di tempo richiesti per riparazioni, manutenzioni, ecc.). I criteri di
assegnazione delle operazioni alle singole stazioni di lavoro rispondono a obiettivi di

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massimizzazione dell'efficienza e della produttivit e si fondano sulla parcellizzazione spinta


delle operazioni e la specializzazione dei compiti.
Le caratteristiche di macchinari e attrezzature e le capacit richieste agli addetti sono di
conseguenza estremamente specifiche. E' importante nelle produzioni in linea stabilire adeguati
sistemi di incentivazione della forza lavoro, le cui motivazioni possono essere fortemente
pregiudicate dalla ripetitivit dei compiti. A tale scopo, diffusa la prassi di adottare schemi di
rotazione delle mansioni (job rotation) e di arricchimento dei compiti (job enrichment). Nelle
produzioni in linea il flusso informativo molto complesso, articolato, prevalentemente
unidirezionale (dal management ai livelli operativi) e si incentra sulla programmazione della
produzione. Assai rilevante anche lo scambio di flussi con i fornitori, al fine di mantenere un
costante approvvigionamento di materiali e componenti.
In sintesi, e in contrapposizione alle produzioni job-shop e a lotti, le produzioni in linea si
connotano per elevati livelli di produttivit e di efficienza ed ingenti investimenti produttivi di
marcata rigidit. Tali elementi sono coerenti con l'esigenza di realizzare elevati volumi di
prodotti relativamente omogenei, anche se possono entrare in contrasto con esigenze di
elasticit e flessibilit dettate da un ambiente competitivo instabile.
Produzioni di processo
La produzione di processo riguarda prodotti fortemente standardizzati, ottenuti in volumi
ingenti, la cui natura richiede la realizzazione di un ciclo di trasformazione continuo dalle
materie prime al prodotto finito. Esempi classici sono dati dalla produzione dell'acciaio, dei
prodotti petrolchimici, della carta, di alcuni prodotti alimentari, del cemento, delle fibre, di
farmaceutici, ecc.
In una produzione di processo i materiali in ingresso subiscono modificazioni fisico-chimiche a
seguito delle quali in genere impossibile identificare gli elementi che costituiscono il prodotto.
La produzione per processo quindi irreversibile; in questo senso, esso si contrappone alle
produzioni per parti, nelle quali il prodotto il risultato dell'assemblaggio di componenti di
fabbricazione interna o esterna (automobili, elettrodomestici, scarpe, abiti, giocattoli, ecc.).
Nelle produzioni per processo il flusso produttivo ben delineato e la sequenza delle operazioni
previste dal ciclo di lavorazione vincolante (ciclo tecnologico vincolato). La produzione
avviene per il magazzino, in modo indipendente dall'acquisizione degli ordini; di frequente, si
realizza per lunghi periodi di tempo lo stesso tipo di prodotto, con un'alternanza estremamente
contenuta dei cicli di lavorazione.
Anche nel caso di produzioni per processo, come per quelle in linea, sono di maggior rilievo le
problematiche progettuali del sistema produttivo rispetto a quelle di carattere gestionale.
Essenziali sono le scelte relative alla tecnologia e al grado di integrazione verticale: gli ingenti
investimenti in impianti impongono infatti un'accorta valutazione delle dinamiche tecnologiche,
tenendo conto del rischio di introduzione di nuove tecnologie nell'orizzonte temporale di
ammortamento degli impianti. La scelta del grado di integrazione verticale richiede invece
l'analisi di fattori di carattere economico e tecnologico, legati alla possibilit di sfruttare
eventuali economie di scala. In proposito, si osserva che nella produzione per processo, come in
quella in linea, la capacit produttiva relativamente facile da determinare.
La gestione delle attivit di approvvigionamento, di programmazione, di manutenzione degli
impianti hanno, nella produzione per processo, l'obiettivi prioritario di garantire la possibilit di
operare senza interruzioni dovute a mancanza di materiali, al riattrezzaggio degli impianti, a
guasti, cc. La natura capital intensive delle produzioni continue si riflette anche nelle
caratteristiche della forza lavoro: il rapporto tra addetti diretti (esecutori) e indiretti (assistenza,
servizio, controllo) sbilanciato a favore dei secondi, cui si richiede elevata professionalit e
una conoscenza tecnica del processo specifico. Il flusso informativo semplice e unilaterale dal
management ai livelli operativi." (Pivato e Gilardoni, 2000, pp. 219-225)

1.C.2 La matrice prodotto/processo


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Per confrontare le diverse tipologie di processo produttivo in precedenza identificate cio: job
shop, produzione a lotti, produzione in linea e produzione continua possibile analizzare alcuni
aspetti principali, cio "le caratteristiche:
a) del prodotto;
b) del processo produttivo;
c) dei materiali impiegati;
d) del flusso informativo per la produzione;
e) della manodopera impiegata e del management.
a) Evoluzione del prodotto
[Con il passaggio da job shop a produzione in linea:] decresce il numero di modelli prodotti; i
modelli di produzione crescono fino al punto in cui, nel processo a flusso continuo, si realizza
una commodity rivolta a mercati di massa; decresce la personalizzazione del prodotto, mentre
aumenta il grado di standardizzazione; l'introduzione di prodotti nuovi diviene meno frequente e
molto costosa; la competitivit si basa principalmente sul prezzo; aspetti quali performances,
affidabilit e qualit sono molto importanti nella seconda e terza alternativa, mentre, via via che
il processo assume le caratteristiche di un flusso continuo le differenze qualitative tra marche
concorrenti diventano meno significative.
b) Evoluzione del processo produttivo
[Con il passaggio da job shop a produzione in linea:] il processo produttivo diventa pi rigido e
il ciclo meglio definito e formalizzato; la fasi del processo sono sempre pi strettamente
interconnesse; vengono utilizzate attrezzature sempre pi specializzate; aumentano i volumi,
rendendo cos possibile lo sfruttamento di economie di scala; cresce la dimensione e la
complessit degli impianti; i macchinari vengono sfruttati pi intensivamente; si assiste a
frequenti ribilanciamenti delle linee per aumentare la capacit produttiva e la velocit di output;
il lay-out di impianto caratterizzato da linee via via pi lunghe e articolate; il ritmo di
produzione determinato in fase di progettazione degli impianti ed regolato dalla velocit
delle linee transfert; la capacit produttiva quantificabile in termini fisici, monetari o in unit
di output; gli aumenti di capacit si realizzano prevalentemente in grosse tranches, mentre
perdono di importanza gli aumenti gli aumenti incrementali; i colli di bottiglia si manifestano
meno frequentemente; gli aggiustamenti parziali del processo produttivo diventano un fatto di
procedura, mentre i cambiamenti radicali diventano onerosissimi da progettare e da attuare.
c) Evoluzione dei materiali impiegati
[Con il passaggio da job shop a produzione in linea:] il grado di integrazione si accresce, sia a
monte che a valle; la maggior parte dei processi usa materie prime analoghe per realizzare
prodotti eterogenei; approssimandosi l'effettivo lancio in produzione, aumenta la certezza circa i
fabbisogni; crescono gli acquisti di materie prime e la regolarit e affidabilit di acquisti e
consegne; la validit dei contratti di fornitura si allunga; grazie all'entit dei volumi e alla
regolarit degli acquisti aumenta il controllo sui fornitori in termini di prezzo, affidabilit delle
consegne, specifiche di progettazione ecc.; aumenta il potere contrattuale su grossisti e
distributori; si riducono le scorte di semilavorati, grazie ad accurate progettazioni di processo; si
accrescono, invece, le scorte di prodotti finiti, che vengono venduti attraverso canali di
distribuzione formalizzati e spesso controllati direttamente; caso a parte quello dei processi
ibridi dove esistono scorte di semilavorati tra la fase a lotti e quella in continuo; esse servono
per svincolare i due ritmi produttivi.
d) Evoluzione del flusso informativo
Agli inizi non c' una procedura formalizzata per il sistema informativo della produzione;
vengono utilizzate previsioni di vendita a lungo termine e, ove possibile, gli ordini vengono
congelati anzitempo; [con il passaggio da job shop a produzione in linea:] si intensifica
l'integrazione tra il sistema informativo globale e quello di produzione; la programmazione
operativa ricorre a tecniche sempre pi sofisticate; occorre gestire ampi volumi di prodotti finiti;

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il flusso informativo unidirezionale e prevalentemente discendente (top-down); il controllo


qualit fa riferimento a standard sempre pi formalizzati; il livello delle scorte viene gestito
seguendo gli andamenti ciclici della domanda; poich il processo sempre meno flessibile, si
adatta con lentezza alle oscillazioni della domanda, e la produzione deve essere accuratamente
pianificata.
e) Evoluzione della manodopera e del management
[Con il passaggio da job shop a produzione in linea:] le attivit di staff concernenti aspetti quali
movimentazione materiali, scheduling, pianificazione della capacit, previsione delle possibili
evoluzioni tecnologiche e controllo qualit divengono progressivamente pi importanti rispetto
alle attivit operative; l'incidenza degli indiretti di stabilimento (line e staff) sulla forza lavoro
totale, aumenta progressivamente sia per l'accresciuta intensit di capitale caratteristica
dell'attivit, sia per il peso sempre maggiore che l'attivit di staff va assumendo; cresce
l'importanza dei manager a livello di direzione centrale rispetto ai direttori di stabilimento, fino
ad estendersi ad alcuni aspetti operativi o alla pianificazione finanziaria; lo stabilimento viene
considerato pi come centro di costo che come centro che come centro di profitto; il
management si interessa pi alle attivit a lungo termine che delle scelte operative.
Un metodo interessante e utile per rappresentare gli aspetti comuni e le principali differenze
riscontrabili nei diversi tipi di processo identificati, rappresentato dalla cosiddetta matrice
"prodotto-processo". Sugli assi di questa matrice sono descritte rispettivamente la variet del
mix prodotto da un lato e le tipologie dei processi dall'altro (dal job shop al processo a flusso
continuo). Come evidenziato nella Figura 2, il mix di prodotti lavorati evolve da produzioni
uniche su commessa (lavori artistici, artigianali o personalizzati) a produzioni standardizzate,
prodotte e consumate in grandi volumi.
Tra questi due estremi l'impresa si pu trovare in diverse situazioni: produrre molti prodotti,
ciascuno dei quali in volumi relativamente bassi, oppure pu limitare la produzione a pochi
modelli su elevati volumi. Ovviamente queste scelte alternative necessitano di differenti
competenze manageriali; per esempio: se da un lato il prodotto commodity deve indubbiamente
competere sul prezzo, dall'altro per l'articolo-esemplare-unico la variabile prezzo del tutto
irrilevante, mentre assumono importanza critica altri aspetti quali: la rispondenza alle
specifiche, l'affidabilit delle consegne ecc. Tutto ci richiede una strategia competitiva ad hoc:
invece di orientarsi alla minimizzazione del costo, occorrer prestare attenzione alla
progettazione del prodotto, ai termini di consegna e alle performances, poich sono questi, e
non il prezzo, i fattori di successo del sistema produttivo.
Tra i due estremi descritti, come gi sottolineato, esiste tutta una serie di alternative (molti
modelli/bassi volumi, pochi prodotti/elevati volumi) che indurranno il management a
focalizzare le proprie strategie competitive su altri obiettivi, come la qualit della produzione o
la capacit di realizzare volumi diversi di produzione. Nel primo caso gli aspetti qualitativi sono
un elemento chiave nelle strategie di differenziazione, e rappresentano la principale leva che
permette di puntare a elevati margini di contribuzione; nel secondo caso, la velocit di modifica
dei volumi di produzione assume rilevanza in mercati dominati da una domanda instabile
(prodotti di moda, articoli di arredamento ecc.) in cui la tempestivit del riattrezzaggio, la
capacit di rispondere rapidamente alle variazioni nei gusti del consumatore - in una parola il
grado di flessibilit della capacit produttiva - rappresentano l'arma competitiva vincente.
A seconda della differente situazione in cui l'unit produttiva si trova ad operare, assumeranno
quindi maggior rilevanza ora il prezzo, ora la progettazione del prodotto, ora i termini di
consegna; chiaro per che, laddove l'obiettivo strategico la qualit o la flessibilit, la
variabile prezzo passer in secondo piano. I manager di produzione devono quindi decidere su
quali obiettivi focalizzare la propria attenzione, tenendo conto del binomio prodotto-mercato a
cui fanno riferimento e dei vincoli imposti dalla strategia globale d'impresa.

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CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO, DIMENSIONE DEL MERCATO, FASI DEL CICLO DI VITA
CARATTERISTICHE DEI
PROCESSI

1. Officina (job shop):


Lavoro qualificato
Bassi investimenti
Macchine universali
Ciclo operativo semplice
Flusso frammentato
2. Intermittente a piccoli lotti:
Caratteri medi tra officina e
intermittente per grandi lotti
Ciclo operativo semplice
Flusso discontinuo

Prodotto: instabile, non


ripetitivo; su commessa

Prodotto: molti prodotti e molte


varianti di prodotto su commessa

Prodotto: pochi prodotti


Prodotto: alcuni prodotti di base
stabili;per magazzino o su modello standardizzati e ripetitivi

Mercato: poche unit

Mercato: piccoli lotti

Mercato: grandissime quantit

Mercato: grandissime quantit

Fase: introduzione

Fase: introduzione; sviluppo

Fase: sviluppo, maturit

Fase: maturit
Flessibilit ed elasticit
Personalizzazione e qualit del prodotto
Rapidit nellintrodurre nuovi prodotti
Termini di consegna affidabili e brevi
Prestazioni del prodotto

Job-shop: officina
meccanica, alta moda,
edilizia O.O.P.P.,
laboratori di ricerca ecc.
rinuncia a produttivit
pi elevata
Intermittente a piccoli lotti:
Macchine utensili, impianti,
aerospaziali, edilizia abitativa,
abbigliamento ecc.

Flessibilit ed elasticit
Differenziazione dei prodotti
Qualit materiali e lavorazioni
Prestazioni del prodotto
Rapidit nel variare il mix di prodotti
Capacit di variare i volumi di produzione
evitando penalizzazioni di costo
Motivazione degli operatori
Riduzione costi attrezzaggio
Bilanciamento ed ottimizzazione dei flussi
di produzione interfase
Intermittente a grandi lotti:
tessili, calzaturiero,
abbigliamento, meccaniche,
ecc.

3. Intermittente per grandi lotti:


Lavoro poco qualificato
Alti investimenti
Macchine specializzate
Ciclo operativo complesso
Flusso discontinuo
4. Continuo:
Lavoro qualificato
Altissimi investimenti
Macchine molto specializzate
Ciclo operativo complesso
Flusso continuo

FATTORI DI COMPETITIVITA
PREVALENTI NELLAREA
DI PRODUZIONE

extra-costi di inutilizzo
di risorse

Processo continuo: petrolifero,


chimica, metallurgia,
meccaniche, alimentari, ecc.

Riduzione dei costi


Riduzione nei costi per competere nei prezzi
Integrazione verticale
Investimenti ed economie di scala
Specializzazione di macchine e lavoro
Standardizzazione di materiali, parti e prodotti
Alti volumi

Figura 2- La matrice prodotto-processo (tratto da M. Bonel, 1989)

Tornando alla matrice rappresentata nella Figura 2, si pu notare come la classificazione dei
processi muova da un processo flessibile e frammentario a uno automatizzato e rigido, a flusso
continuo. Tra questi due estremi esiste una vasta gamma di soluzioni possibili in termini di
flessibilit/produttivit e di maggior o minor integrazione. A un estremo i compiti critici sono
rappresentati dalle operazioni di scheduling, dall'efficiente movimentazione dei materiali e dalla
capacit di far fronte a possibili strozzature nella produzione; all'altro estremo, invece, occorre
focalizzare l'attenzione sulle decisioni di investimento in nuova capacit produttiva, sulle scelte
di integrazione e sui cambiamenti nelle tecnologie. Tra i due poli assumono particolare
significato temi quali la motivazione dei lavoratori, il bilanciamento delle capacit nei diversi
segmenti di processo, il grado di flessibilit e di elasticit caratteristico degli impianti.
Alla luce di quanto abbiamo detto, la matrice prodotto-processo pu essere completata
disponendo lungo i suoi lati il mix di prodotto, la tipologia di processo e le scelte critiche del
management. Come si gi avuto modo di sotto lineare, ogni tipo d processo si accorda a un
particolare mix produttivo; diviene quindi relativamente semplice accomunare le singole
tipologie di processo con le posizioni pi appropriate all'interno della matrice (come nella.
Figura 2).
Le scelte ottimali del prodotto/processo, si dispongono lungo la diagonale della matrice,
dall'angolo in alto a sinistra (job shop, produzione su commessa unica) all'angolo inferiore a
destra (produzione a flusso continuo, commodity). Solamente collocandosi lungo la diagonale
possibile individuare la combinazione pi efficiente tra tipo di processo produttivo e mix di
prodotto.
Si immagini ad esempio che un'impresa tenti di produrre bassi volumi di un'ampia gamma di
prodotti, utilizzando un processo continuo, rigido e automatizzato, tipicamente capital intensive
e integrato verticalmente. La combinazione, posta al di sotto della diagonale, chiaramente
inefficiente, poich il processo dovrebbe essere interrotto e riattrezzato frequentemente per
garantire quel livello di flessibilit necessario a una produzione di numerosi e differenti modelli

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di prodotto, attuata per piccoli lotti. La scelta si dimostra non solo inefficiente, ma
esageratamente onerosa: l'investimento in impianti automatizzati, il costo dei continui
riattrezzaggi, i tempi di riavvio e i notevoli scarti provocherebbero infatti sprechi insostenibili.
Nel caso invece ci si collochi al di sopra della diagonale, si manifestano altri tipi di costi: si
supponga ad esempio che un prodotto altamente standardizzato, consumato in grandi volumi
vengo prodotto con un processo discontinuo (esempio a lotti). Anche in questo caso la scelta si
dimostra del tutto inefficiente, ma non gi per costi extra dovuti all'acquisto di impianti
dispendiosi come nell'esempio precedente, ma per tutti quei costi operativi (principalmente
quelli di manodopera) che risultano molto pi elevati di quanto non potrebbero essere; e ci si
riflette, in seguito, in una compressione del margine di contribuzione unitario. Possiamo quindi
dire che, non sostituendo macchinari specializzati e automatizzati agli impianti esistenti di tipo
generico e ad alta intensit di lavoro, l'impresa perde l'opportunit di generare maggiori profitti.
Questo fenomeno prende il nome di costo-opportunit, giacch non investendo in maggiori
attrezzature e in un pi rigido processo produttivo, l'impresa tralascia l'opportunit di lucrare
maggiori profitti. Questi costi sono da considerarsi reali tanto quanto una vera e propria uscita
di cassa, e come tali debbono pesare nelle decisioni in tema di produzione. (Schmenner, 1987,
pp. 135-149).

1.C.3 Le scelte di impianto


"L'impianto pu definirsi come il complesso di beni materiali e immateriali di uso durevole, il
cui impiego avviene tipicamente su pi esercizi amministrativi, nei quali l'impresa industriale
deve investire per svolgere la propria attivit economica. Esso costituisce l'insieme dei mezzi di
produzione grazie ai quali si realizzano le attivit di trasformazione; l'impianto non quindi
destinato alla vendita n ad essere trasformato in altri prodotti.
In pratica, il termine impianto si pu applicare ad oggetti diversi: il complesso di macchine e
mezzi tecnici ausiliari che nell'insieme costituisce la fabbrica; l'insieme di macchine operatrici e
mezzi tecnici ausiliari adibiti allo svolgimento di un gruppo di operazioni; l'insieme di macchine
e mezzi tecnici ausiliari adibiti ai servizi generali (illuminazione, riscaldamento, forza motrice,
ecc.). Le principali scelte di impianto (dalle quali derivano, fra l'altro, il grado di flessibilit ed
elasticit) concernono:
il dimensionamento della capacit produttiva;
la struttura tecnica;
le scelte di lay-out.
Il dimensionamento della capacit produttiva
Il dimensionamento della capacit produttiva , di norma, una scelta di medio-lungo termine,
strettamente legata alla proiezione futura della domanda con riferimento sia ai volumi, sia al
tipo di prodotti. In tale scelta si deve tenere conto:
dell'impianto esistente (nel caso in cui non si faccia riferimento alla creazione di un nuovo
impianto), in particolare la dimensione e il grado di obsolescenza;
della domanda da soddisfare nel lungo periodo e delle sue possibili variazioni (tendenza alla
crescita o alla diminuzione, andamenti stagionali, ecc.), con riferimento ai volumi e al mix
richiesto. Le variazioni di volume hanno ripercussioni rilevanti nel medio-lungo termine
sulla possibilit o meno di conseguire economie di scala e sulle scelte di integrazione
verticale e di elasticit dell'impianto; le variazioni di mix si collegano invece alle scelte di
flessibilit e versatilit dell'impianto;
dei metodi di gestione adottati che assumono particolare rilievo nella determinazione della
capacit produttiva effettiva." (Pivato e Gilardoni, 2000, pp. 225-226)
"La capacit produttiva di un impianto non un concetto esprimibile univocamente sotto forma
di una determinata quantit di prodotto. Dal punto di vista dell'analisi economica, occorre

19

innanzitutto distinguere tra capacit produttiva di breve periodo, che trova un limite
nell'esistenza di fattori di produzione fissi e la capacit produttiva di lungo periodo, in cui tutti i
fattori sono variabili. Come apparir chiaramente in seguito, le nostre riflessioni riguardano
soprattutto il lungo periodo, nel senso che si affronta il problema ex ante, cio nella situazione
di chi deve decidere quale capacit attribuire alla struttura produttiva, nell'ambito della
formulazione del planning aziendale.
La prima configurazione di capacit che occorre considerare la capacit teorico-nominale
(fisico-ingegneristica), che viene indicata dall'impresa costruttrice di macchinari come il volume
di produzione ottenibile in ipotetiche condizioni standard di funzionamento.
E' per interessante osservare che la nozione teorica di potenza o di producibilit dell'impianto
viene meglio qualificata, al fine di giungere ad una concezione effettiva di capacit,
prendendo in considerazione i seguenti elementi e prescindendo dal lavoro straordinario e dai
turni di lavoro:
a) le modalit di esercizio; a parit di ogni altra condizione, la producibilit di un impianto pu
infatti variare con il variare della qualit delle materie prime, della capacit della mano
d'opera e dallo standard di manutenzione;
b) la durata dei tempi di arresto, richiesti per l'esecuzione dei lavori di riparazione e
manutenzione;
c) i vincoli posti dal quadro istituzionale, connessi alla durata del lavoro (durata dell'orario
settimanale, numero dei giorni festivi, durata delle ferie annuali);
d) le caratteristiche socio-economiche generali della mano d'opera (livello di professionalit,
affezione al lavoro, assenteismo, ecc.).
In definitiva, va sottolineato che, quando si conosce la capacit di un impianto, non pu essere
identificato un unico livello di capacit produttiva e la capacit effettiva non determinata
soltanto dalle caratteristiche fisiche dell'impianto, ma da fattori endogeni (ad esempio,
l'organizzazione del lavoro) e da vari fattori esogeni del sistema socio-economico.
La cosiddetta capacit effettiva (determinata ex ante) risulta dunque una capacit teoricoprobabilistica, perch fa riferimento a presunte condizioni di effettivo utilizzo, implica cio un
passaggio dalle condizioni di progetto alle condizioni di funzionamento.
La determinazione della capacit effettiva necessaria, perch, mentre si ha bisogno di capacit
effettiva, si compra e si vende capacit teorica-nominale.
Naturalmente dopo che l'impianto industriale stato installato e messo in servizio, quanto pi la
capacit produttiva effettiva ex post sar vicina a quella ex ante, tanto pi facilmente saranno
conseguiti gli obiettivi della strategia di produzione (Silvestrelli, 1989, pp. 399-400)
La struttura tecnica di impianto e l'automazione

La struttura tecnica dell'impianto deve essere rapportata alle caratteristiche della


domanda che l'impresa intende soddisfare.
"Della domanda possono variare le quantit richieste di un medesimo prodotto; oppure il mix di
varianti rispetto ad un prodotto base e il mix di prodotti differenti e/o diversi, ma ottenibili o con
la stessa tecnologia, o con tecnologie diverse.
Questi due gruppi di variazioni possono essere entrambi fluttuanti o reversibili, nel senso che
la variazione avviene per un periodo pi o meno limitato nel tempo, ma ricorrente. Oppure
possono essere permanenti o irreversibili: e cio non pi destinate ad assumere i caratteri
presenti prima del cambiamento.
Combinando tra loro queste possibili variazioni ed osservando le richieste che si pongono ai
sistemi produttivi in termini di caratteristiche potremo ottenere le seguenti tipologie di sistemi.
a) Elastici sono i sistemi produttivi (e quindi gli impianti e le macchine) che sopportano
fluttuazioni anche rilevanti dei volumi produttivi (ovviamente nei limiti della capacit
produttiva) in tempi brevi, con lievi penalizzazioni nei costi unitari medi. Il costo unitario
medio non varia al variare dei volumi, e si scosta di poco rispetto a quello della dimensione
tecnica ottima minima nell'ipotesi di pieno utilizzo;

20

b) Versatili sono i sistemi produttivi, gli impianti, le macchine che ottimizzati rispetto ad un
prodotto o semilavorato base, sono in grado di adattarsi in tempi quasi nulli (pochi minuti o
pochi secondi) e con costi di conversione ridotti (bassi costi di attrezzaggio, limitati tempi
di attesa, costi di avviamento nulli) a produrre numerose varianti di tale semilavorato o
prodotto base, con caratteristiche di reversibilit nella sequenza delle varianti e per
variazioni di breve periodo della domanda. I lotti di pezzi uguali possono essere ridotti sin,
al limite, all'unit con costi unitari medi che non si scostano sostanzialmente dall'ottimo
fissato per il prodotto base.
c) Adattabili od alterabili sono quei sistemi produttivi suscettibili di modificazioni anche
profonde che ne adeguano le capacit produttive alle variazioni permanenti delle quantit
richieste dalla domanda, in tempi rapidi e con bassi costi di adattamento; ed in cui non si
modifica sostanzialmente il costo unitario medio rispetto all'ottimo tecnico minimo.
d) Convertibili sono invece quei sistemi produttivi suscettibili di mutamenti strutturali per un
riutilizzo in processi, cicli di lavorazione o prodotti diversi conseguenti a variazioni
permanenti della domanda; ed in cui non vi siano rilevanti penalizzazioni in termini di costi
di adattamento e/o di costi unitari medi.
Quanto pi la domanda nota, ampia e statica, tanto minore l'esigenza di flessibilit intesa
nelle nozioni sopra elencate; e tanto pi l'ottimizzazione dei sistemi pu essere ricondotta a
criteri di efficienza per cos dire statica, alla ricerca dell'ottimo nei costi unitari medi.
Quanto pi, invece, la domanda ambigua, di piccole dimensioni, e dinamica nel medio-lungo
o nel breve periodo, tanto pi aumenta l'esigenza di introdurre nel calcolo di ottimizzazione
meccanismi capaci di dare al sistema produttivo capacit di adattamento coerenti con la
variabilit quantitativa e qualitativa della domanda sia di breve che di medio periodo.
Per comprendere il contributo dell'automazione alla capacit di adattamento delle strutture
produttive utile indicare le caratteristiche delle principali forme di automazione.
Al livello di sviluppo oggi raggiunto possibile individuare i seguenti tre principali profili delle
forme di automazione.
a) Automazioni di controllo. Questa automazione si applica ai processi produttivi continui a
ciclo tecnicamente obbligato invariabile nel tempo, in cui la trasformazione avviene per via
chimico-fisica in seguito all'azione congiunta di fattori quali temperatura, pressione, livello,
miscele di materiali, presenza di catalizzatori, deformazioni e cos via. Hanno questa natura,
ad esempio, molti processi di settori petroliferi, petrolchimici, metallurgici, cartari,
alimentari, ecc. In tali processi essenziale tenere costantemente sotto controllo e coerenti
con le prescrizioni del ciclo i fattori che determinano la trasformazione chimico-fisica.
L'automazione, quindi, applicata al processo per mezzo di meccanismi pi o meno
complessi di retroazione: rilevazione delle condizioni effettive, confronto con le
prescrizioni, rilevazione degli scostamenti, loro interpretazione, interventi di correzione per
mantenere il ciclo nelle condizioni previste. Gli elementi dell'hardware sono costituiti da
computers, misuratori, attuatori, ecc. Si tratta di una automazione rigida, nel senso che ha
per obiettivo la realizzazione dell'unico ciclo per il quale il sistema stato costruito e
programmato per un periodo indeterminato di tempo e quindi strutturalmente non prevede
flessibilit di alcun tipo, se non vengono prima mutati i cicli ed i programmi stessi.
b) Automazione rigida (o automazione di flusso). Questi sistemi di automazione sono in grado
di governare singole attrezzature o macchine, o complessi di macchine, o complessi di
macchine ed apparecchiature di movimentazione, o interi impianti in modo tale da far loro
ripetere costantemente ed a tempo indeterminato singoli movimenti, operazioni, intere fasi,
cicli completi di lavorazione sempre identici e con la massima precisione. La
parcellizzazione delle operazioni di trasformazione delle produzioni di massa consente la
ripetitivit delle lavorazioni e la ripetitivit dell'intervento dell'operatore: come si notato,
si rende possibile allora la sostituzione del lavoro ripetitivo alla guida della macchina con
un automatismo che ne compie gli atti elementari (come ad es., movimentazione del pezzo,
suo posizionamento, avvio della lavorazione, trasmissione della successione dei comandi
per svolgere la lavorazione, termine della lavorazione, movimentazione del pezzo, e cos

21

via). A differenza della automazione di controllo, l'automazione rigida, di norma, non


dotata di autoregolazione; come l'automazione di controllo, per ha come obiettivo la
costante ripetizione di un ciclo e di un programma fisso. Essa quindi non consente variante
alcuna di prodotto o di processo, salvo nel caso in cui non si provveda al mutamento
dell'intero ciclo o del processo, sostenendo alti costi di adattamento e/o di conversione: e
cio un tipo di automazione che non consente alcuna sosta di flessibilit.
L'automazione rigida incorporata nella macchina o nell'impianto e viene definita in sede di
progettazione di questi e del connesso ciclo di lavorazione: in altri termini questo tipo di
automazione in grado di memorizzare il ciclo (o fasi pi o meno elementari di esso) e di
ripeterlo a tempo indeterminato senza intervento di operatori. Gli strumenti di questa specie
di automazione sono le attrezzature specifiche di governo, i computer di processo con un
unico programma, i misuratori, gli attuatori, le linee transfer, i robot monofunzione (di
solito traslatori). Essa si applica ai processi continui per scelta nelle produzioni di massa. In
essi le singole stazioni di lavoro, estremamente specializzate, vengono poste in sequenza
secondo il ciclo, connesse da traslatori e programmate per ripetere costantemente le
medesime operazioni su semilavorati o prodotti identici.
Questo tipo di automazione trova applicazioni rilevanti nelle linee transfer dell'industria
meccanica (produzione di motori per automobili, produzione di componenti di
elettrodomestici) in quelle automatiche dell'industria elettronica, nelle linee di montaggio
dei processi confluenti, e cos via.
c) Automazione flessibile (o automazione di operazioni. Caratteristica principale di questo tipo
di automazione quella di consentire in tempi molto ristretti (o talvolta istantaneamente) il
passaggio da una operazione ad un'altra sullo stesso pezzo o lo svolgimento della stessa
operazione su pezzi diversi, o di variare le quantit prodotte, senza sostenere costi di
conversione, con alta precisione e con reversibilit pressoch totale. E ci avviene per una
gamma spesso ampia (anche se finita) di operazioni che sono memorizzate nel sistema di
automazione. Questo quasi sempre dotato di autoregolazione: dati un programma ed un
ciclo, pu scegliere i pezzi ed applicarvi la lavorazione prevista; oppure, riconosciuti i
pezzi, pu applicarvi la lavorazione specifica scegliendo programma adatto. L'automazione
quindi si applica alla scelta delle operazioni da svolgere tra quelle programmate.
Strumenti di automazione flessibile sono i computer, i misuratori automatici, gli attuatori, i
convogliatori, i robot di traslazione multifunzione, le macchine NC, CNC, DNC, le celle
flessibili di produzione (FMC), i sistemi flessibili di produzione (FMS). La flessibilit di un
sistema produttivo cos dotato diventa molto ampia nei confronti di tutte e quattro le
tipologie prima elencate; ed interessante in particolare per la versatilit, l'adattabilit e la
convertibilit. Ad evidenza essa si rende applicabile nei processi continui ed in quelli
intermittenti a grandi lotti qualora sia loro richiesta la flessibilit necessaria alle variazioni
qualitative e quantitative della domanda. L'aumento della gamma di operazioni possibili e
dei cicli realizzabili e l'annullamento o la riduzione dei costi di adattamento e di
conversione consente alle tecnologie di automazione flessibile i vantaggi in termini di costo
derivanti dall'alto numero di operazioni eseguite (su varianti di prodotto, o su prodotti
diversi, anche se in quantit ridotte per ogni variante); e nello stesso tempo quello dell'alto
numero di varianti disponibili per il mercato. D'altra parte, essa si adatta anche ai processi
intermittenti a piccoli lotti ed a quelli su progetto in quanto, abbattendo drasticamente i costi
di adattamento e conversione, cumula flussi elevati di operazioni riducendone i costi unitari
medi, e mantiene basse le quantit di ciascuna variante o prodotto, coerentemente con le
esigenze del mercato dei prodotti speciali o scarsamente standardizzabili.
Gli effetti principali consistono (si vedano le Figura 3 e Figura 4 in cui sono schematizzate
le caratteristiche ed i principali effetti del range di flessibilit proprio di ciascun processo
produttivo; dall'altro nella riduzione delle differenze esistenti tra le coppie prodotti-processi
situate agli estremi della diagonale nella matrice mercato-prodotti-processi. Infatti, con
l'introduzione nei processi manifatturieri delle forme pi sofisticate di automazione
costituite attualmente dai sistemi flessibili di produzione, i processi continui con pochi

22

prodotti standardizzati acquistano in flessibilit (possono ammettere numerose varianti)


senza perdere in produttivit (mantengono la ripetitivit); mentre, al contrario, i processi
intermittenti con molti prodotti non standardizzati acquistano in produttivit (perch
aumentano la ripetitivit) senza perdere in flessibilit (perch continuano ad ammettere
numerose varianti).
Forme di automazione

Supporti di automazione

Rapporti prodotto/processo cui


sono applicabili

Vantaggi competitivi

- Processi continui tecnicamente


obbligati
- Prodotti ripetitivi
- Alti volumi

- Qualit alta
- Affidabilit alta
- Costi unitari bassi
- Elasticit bassa
- Versatilit bassa

- Macchine CN
- Robot monofunzione
- Linee transfer rigide
- Meccanizzazione
- Automazione dei flussi

- Processi resi continui per scelta


- Prodotti ripetitivi
- Altissimi volumi standardizzati

- Qualit altissima
- Affidabilit altissima
- Costi unitari i pi bassi
- Elasticit, versatilit,
adattabilit, le pi basse

- DNC
- CNC
- Robot multifunzione
- Robot monofunzione
- Automazione delle
operazioni

- Processi intermittenti a grandi


lotti ed a piccoli lotti
- job-shop
- Processi continui flessibili
- Bassi volumi di pochi prodottibase con molte varianti
personalizzate

- Qualit alta
- Affidabilit alta
- Costi unitari bassi
- Elasticit, versatilit,
adattabilit e convertibilit:
le pi alte

- A tutti i processi e a tutti i


prodotti

- Qualit ed affidabilit della


progettazione altissime
- Costi di progettazione bassi
- Possibilit di aumentare il
grado di standardizzazione dei
componenti conservando la
personalizzazione dei prodotti

1. AUTOMAZIONE DI CONTROLLO
Impiega automatismi di flusso
- Computer
prevalentemente con funzioni di - Sensori
controllo di processi continui a
- Misuratori
ciclo tecnicamente obbligato per - Attuatori
un solo prodotto (o varianti)
- Automazione dei flussi
2. AUTOMAZIONE RIGIDA
Impiega automatismi di flusso:
la linea di produzione costituita
da macchine operatrici e mezzi
di manipolazione che eseguono
automaticamente singole
operazioni e/o movimentazioni
ripetute a tempo indeterminato.
Sono disposizioni in sequenza
secondo un ciclo di lavorazione
prefissato e immutabile
3. AUTOMAZIONE FLESSIBILE
Impiega automatismi di
operazione. Le macchine (sia dei
processi continui, che di quelli
intermittenti o job-shop)
ammettono range crescenti
anche se finiti di varianti nelle
operazioni e nei cicli rispetto a
quelli specifici della funzione
base. Scarsi o nulli i costi di
conversione. Anche se poste in
sequenza secondo un ciclo di
lavorazione di base pi o meno
ampio , eseguono rapidamente
ed economicamente operazioni e
cicli differenti.

4. AUTOMAZIONE NELLA PROGETTAZIONE


Impiega automatismi di
- CAD
operazione (calcolo,
- CAE
elaborazione di cicli, fasi,
operazioni, atti elementari,
distinte basi) nella progettazione
del prodotto.

Figura 3 - Le principali forme di automazione (tratto da M. Bonel, 1989)

23

MACCHINA NC:
Macchina operatrice dotata di un sistema automatico di controllo (Numerical Control) che opera secondo un
programma prestabilito leggendolo su schede o nastri perforati in linguaggio simbolico. Il nastro perforato sostituisce
la scheda di operazione; il sistema di controllo sostituisce l'operatore che, in base alla scheda di operazione, svolgeva
le singole manovre sulla macchina. La macchina cos in grado di eseguire le istruzioni lette sulla scheda perforata
senza l'intervento di lavoro diretto. Caratteristiche: grande precisione, specializzazione, grande velocit, bassi costi
unitari, programma immutabile, ripetitivit. Per mutare la sequenza di operazioni necessario cambiare il supporto
perforato. Normalmente non possiede meccanismo di autoregolazione.
MACCHINA DNC:
Gruppo di macchine NC governate da un computer centrale in tempo reale. Normalmente a quest'ultimo fanno capo
numerose NC il cui controllo viene effettuato centralmente. Sono dotate di meccanismo di autoregolazione.
MACCHINA CNC:
Macchina NC dotata di un computer autonomo (Computer Numerical Control) che agisce sul proprio sistema
automatico di controllo. La memoria del computer contiene i programmi specifici atti a far svolgere una parte o tutte
le funzioni-base della macchina NC. La memorizzazione dei programmi pu essere effettuata da supporto magnetico,
da scheda perforata o manualmente. L'input per far funzionare la macchina fornito dai programmi specifici : la
macchina applica a ciascun semilavorato il programma richiesto, scegliendo tra il range di programmi che possiede
nella propria memoria. Caratteristiche: le medesime delle macchine NC, ed inoltre: capacit di personalizzare il ciclo
di lavorazione semilavorato per semilavorato; versatilit, convertibilit. Possiede un meccanismo di autoregolazione
che consente di gestire passo per passo la lavorazione in corso.
ROBOT MONOFUNZIONE:
Macchine in grado di manipolare semilavorati senza intervento di lavoro diretto: robot traslatori (per trasferire pezzi);
robot ribaltatori (per modificare la posizione dei pezzi); robot posizionatori (per posizionare pezzi). Caratteristiche:
eseguono manipolazioni ripetitive in base a programmi ripetitivi e immutabili. Per cambiare la sequenza dei
movimenti necessario cambiare il programma .
LINEE TRANSFER RIGIDE:
Sequenza di macchine NC collegate da sistemi automatici rigidi di movimentazione che svolgono un ciclo di
lavorazione complesso, rigidamente predefinito ed immutabile. Caratteristiche: precisione, rapidit, ripetitivit, bassi
costi unitari, rigidit.
FMS (FLEXIBLE MANUFACTURING SYSTEMS):
Sistemi operativi composti da pi macchine CNC e/o robot a loro volta controllati da un computer centrale che
fornisce ai computer-macchina gli inputs per la scelta dei singoli programmi specifici di ciascuna NC. E' cos
possibile mutare i cicli di ciascuna macchina e quindi l'intero ciclo di lavorazione del FMS. Caratteristiche:
precisione, rapidit, bassi costi unitari, versatilit, adattabilit e convertibilit. Si distinguono a seconda della
complessit, e, dal pi semplice, in celle flessibili di lavorazione (FMC); sistemi flessibili di produzione (FMS).
ROBOT MULTIFUNZIONE:
Macchine complesse che abbiano movimentazione e lavorazioni. Sono dotate di automatismi in grado di spostare i
pezzi e di eseguire, tramite pi teste di lavorazione, numerose operazioni preprogrammate.
COMPUTER AIDED DESIGN (CAD):
Applicazione delle capacit di memorizzazione e di elaborazione del computer alla progettazione del prodotto a
mezzo di software che consentono sia di risolvere problemi anche complessi di calcolo, sia di considerare un numero
elevato di soluzioni alternative (anche gi adottate da precedenti progetti); sia di sostituire con la penna e il tavolo
magnetici col video e col plotter il tavolo da disegno; sia, infine, di formulare programmi su supporti magnetici
direttamente inseribili nelle macchine CNC.
COMPUTER AIDED ENGINEERING (CAE):
Applicazione della filosofia CAD alla formulazione dei cicli di lavorazione, delle distinte basi ed alla
industrializzazione del prodotto

Figura 4 - I principali supporti per l'automazione: sintesi delle caratteristiche (tratto da M. Bonel, 1989)

24

In sostanza l'automazione flessibile consente la riduzione del distacco esistente tra i processi
continui e quelli job shop: dei primi aumenta notevolmente la capacit di risposta ai mutamenti
della domanda, mantenendo bassi i costi unitari medi; dei secondi riduce i costi, mantenendo
alta la capacit di personalizzazione dei prodotti." (Bonel, 1989, pp. 344-350).
Le scelte di lay-out

Il lay-out la disposizione planimetrica di tutte le risorse necessarie allo svolgimento


delle lavorazioni: i fabbricati, i magazzini, ma soprattutto gli impianti, le macchine e i
posti di lavoro.
"L'obiettivo principale delle scelte lay-out consiste nel raggiungere la massima utilizzazione di
impianti e attrezzature e la massima flessibilit dei cicli di lavorazione con il minimo di spazio
utilizzato, di movimentazione dei materiali e di giacenze. Le diverse soluzioni di lay-out
adottabili sono funzione del numero di varianti di prodotto e delle caratteristiche dei luoghi
disponibili. In generale, la disposizione delle strutture pu privilegiare la flessibilit oppure la
produttivit." (Pivato e Gilardoni, 2000, p. 227)
"Bench nella realt non siano rari i casi di lay-out misto, possibile individuare alcune
tipologie principali, quali:
- il lay-out a posto fisso, detto anche a punto di fisso o a prodotto fisso;
- il lay-out per reparto o funzionale, detto anche per processo;
- il lay-out in linea o catena, detto anche per prodotto;
- il lay-out per gruppo tecnologico o per celle.
Il lay-out a posto fisso comporta la stazionariet del manufatto in una definita ubicazione,
attorno alla quale ruotano e vengono movimentate le attrezzature, la manodopera ed i materiali e
componenti che concorrono alla sua realizzazione ; questa soluzione dettata da motivazioni
logistiche oggettive, come nel caso delle opere dell'ingegneria civile, o dei grandi impianti, che
necessariamente debbono insistere nel luogo di edificazione, o da considerazioni di convenienza
economica, come nel caso della cantieristica navale ed aeronautica, nelle quali al termine del
ciclo di lavorazione il prodotto ad essere rimosso, e non le attrezzature come nell'esempio
precedente.
Il lay-out per reparto o per processo Figura 5 caratterizzato da aree (reparti funzionali) in cui
sono raggruppati macchinari omogenei sotto il profilo della funzione espletata e delle operazioni
svolte. E' il caso di gran parte dell'industria meccanica o del legno, in cui si assiste ad un
trasferimento dei semilavorati da un reparto all'altro, quali tranceria, torneria, fresatrici,
alesatrici, montaggio, ecc. La principale giustificazione di detta scelta risiede nell'efficienza
legata allo sfruttamento ottimale di macchinari, secondo sequenze dettate dall'omogeneit delle
operazioni, e nella notevole flessibilit delle lavorazioni; per contro si rileva in genere un
notevole accumulo di giacenze in scorte di materiali e semilavorati collocate nei magazzini
interoperazionali e nei reparti. Caratterizza le produzioni su commessa o a piccoli lotti.

25

Ciclo e prodotto x

x
MP

Ciclo e prodotto y

y
MP

Ciclo e prodotto z

z
MP

C
Controllo
C
C

reparto
macchine
r

y
MF

x
MF

r
X
FL

s
u

s
s

t
t

reparto macchine
s

z
MF

u
u

reparto macchine
t

reparto macchine
u

y
MP

Magazzini materie prime

y
MF

Magazzini prodotti finiti

Ciclo e prodotto x

Controllo

Ciclo e prodotto y

Unit di lavorazione

Ciclo e prodotto z

Figura 5 - Schematizzazione delle principali tipologie di layout: A reparto (o funzionale) (tratto da M.


Bonel, 1989)

Il lay-out in linea o per prodotto Figura 6comporta, invece, una disposizione dei macchinari
coerente con il ciclo tecnologico di un determinato prodotto o di una ristretta famiglia di
prodotti; lungo la linea ( di fabbricazione o assemblaggio, connessa o non connessa) il prodotto
subisce successive fasi di lavorazione fino alla sua ultimazione. Come nel caso dell'industria
automobilistica, la disposizione per prodotto si giustifica in presenza di elevati livelli di
saturazione, significativi volumi di prodotti omogenei, realizzati in lunghe ed ininterrotte serie.
Agli indubbi vantaggi conseguibili in termini di produttivit, efficienza e contenimento del work
in process, si accompagnano significativi limiti sotto il profilo dell'investimento della notevole
rigidit produttiva e dell'onerosa riconfigurabilit e convertibilit.
Ciclo e prodotto x

x
MP

x
MF

Ciclo e prodotto y

y
MP

y
MF

Ciclo e prodotto z

z
MP

z
MF

y
MP

Magazzini materie prime

y
MF

Magazzini prodotti finiti

Ciclo e prodotto x

Controllo

Ciclo e prodotto y

Unit di lavorazione

Ciclo e prodotto z

Figura 6 - Schematizzazione delle principali tipologie di layout: A catena (o per prodotto, o in linea)
(tratto da M. Bonel, 1989)

26

Il lay-out per gruppo tecnologico Figura 7 sorto in tempi recenti nell'intento di unire il
vantaggio della versatilit, proprio dei reparti funzionali, a quello dell'efficienza, tipico di una
disposizione in linea. Si tratta di un raggruppamento di macchinari ed attrezzature necessari per
la realizzazione di un ristretto range di prodotti appartenenti alla medesima famiglia; bene
sottolineare che, in questo caso, l'appartenenza ad una famiglia deriva non gi da elementi di
natura commerciale, bens ravvisabile nella omogeneit morfologica dei pezzi o nella
comunanza del loro ciclo tecnologico; pu trattarsi, ad esempio, di lavorazioni meccaniche su
pezzi prismatici, assai differenti sotto il profilo della destinazione finale, ma simili per
geometrie e volumi o che necessitano del medesimo ciclo di lavorazione. Detta opzione si
caratterizza per il contenimento [dei materiali in lavorazione], indici di saturazione
soddisfacenti, versatilit - nei limiti del range di prodotti processabile - e serie generalmente
contenute." (Grando, 1995, pp. 33-35)
x
MF
y
MF

Ciclo e prodotto x

x
MP

C
C

Ciclo e prodotto y

y
MP

Ciclo e prodotto z

z
MP

Gruppo a

Gruppo b

z
MF
y
MP

Magazzini materie prime

y
MF

Magazzini prodotti finiti

Ciclo e prodotto x

Controllo

Ciclo e prodotto y

Unit di lavorazione

Ciclo e prodotto z

Figura 7 - Schematizzazione delle principali tipologie di layout: Group technology (o isole) (tratto da
M. Bonel, 1989)

27

1.D - La scelta di un mutamento di capacit produttiva


"Per intervenire sulla capacit produttiva nel breve periodo sono possibili soluzioni quali:
- il lavoro straordinario;
- il secondo e terzo turno;
- una produzione superiore alle richieste correnti, cos da accumulare scorte di prodotti finiti a
fronte della maggiore domanda nei periodi di picco;
- la modificazione del mix produttivo o del programma di produzione, per limitare gli
attrezzaggi, e quindi aumentare lo sfruttamento della capacit effettiva;
- l'aggiunta di mano d'opera diretta in un sistema gi operante, per esempio ribilanciando una
linea di produzione;
- il miglioramento del flusso di informazioni o di materiali nell'ambito del processo, per
esempio con l'introduzione di sistemi [per la gestione informatizzata della programmazione
della produzione] o di stoccaggi di semilavorati, che consentano maggior autonomia ai
singoli reparti;
- investimenti marginali, riprogettazioni del prodotto, modificazioni del processo o
innovazioni nella gestione che riducano i tempi di ciclo, rendendo disponibili nuove risorse
per una capacit aggiuntiva;
- il subappalto di prodotti o di fasi del processo, [come scelta di] breve periodo, pu risolvere
problemi contingenti.1
Queste scelte, sia da sole sia in combinazione tra di loro, possono produrre effetti molto
rilevanti sulla capacit di un impianto. Quasi tutte per sono soluzioni di breve periodo, che
servono per assicurare alla produzione spazio e capacit incrementale. Il lavoro straordinario, o
a turni, la riprogrammazione della produzione, e gli altri provvedimenti analoghi, sono spesso in
grado di soddisfare i picchi della domanda, ma di solito non possono essere mantenuti a lungo. I
miglioramenti apportati al processo, la riprogettazione del prodotto e del sistema informativo o
nuove forme di movimentazione dei materiali, possono anche essere, in se stesse, apprezzabili
politiche di lungo periodo, ma spesso si dimostrano inidonee a incrementare adeguatamente la
produzione, eliminando cos il bisogno di una maggiore capacit produttiva a fronte di
incrementi strutturali della domanda. In linea di principio, un'impresa pu prendere
immediatamente in considerazione soluzioni di breve periodo di quel tipo, volte cio ad
aumentare la capacit, ma deve anche valutare contemporaneamente se non le convenga
procedere a interventi sostanziali.
Le tre principali alternative che consentono di aumentare la capacit produttiva nel lungo
periodo sono: a) l'espansione in sito degli impianti gi esistenti; b) la realizzazione di un nuovo
stabilimento; c) il trasferimento dell'attivit esistente in zone pi idonee. Per capire l'importanza
di queste scelte, dobbiamo chiederci:
- di quanto deve aumentare la capacit?
- quando deve essere attuato il piano?
- dove ci si deve localizzare?
La decisione di contrarre la capacit affine in molti dei suoi aspetti a quella di aumentarla,
anche se pi difficile da prendere.

La pianificazione della capacit produttiva: una sintesi


In quasi tutte le aziende, la maggior parte delle decisioni di breve periodo destinate a
incrementare la capacit: 1) possono essere pianificate nel giro di poche settimane, 2)
necessitano di limitati investimenti, 3) sono studiate a livello di stabilimento (piuttosto che a
1

La scelta di una terziarizzazione generalmente non una decisione attuabile in tempi brevi, e pu essere
il frutto di una politica di lungo periodo.

28

livello centrale), e 4) hanno origine e sono sviluppate in modo informale. Queste decisioni di
breve periodo raramente coinvolgono i massimi dirigenti, perch di solito se ne occupano i
quadri intermedi. Si tratta infatti di decisioni di routine, apparentemente prive di un'importanza
strategica tale da richiedere studi accurati da parte dei vertici.
Gli aumenti di capacit di pi lungo periodo, invece, sottraggono molto pi tempo ai dirigenti di
alto livello, per il fatto che comportano investimenti anche molto elevati, spesso al di sopra di
quelli autorizzati persino dal direttore generale. Essi rivestono di solito importanza strategica e
si riflettono sulla posizione competitiva dell'impresa. La discussione di aumenti di capacit
quindi il risultato di un processo di pianificazione formale che coinvolge tutta l'azienda,
piuttosto che la reazione dello stabilimento ai problemi quotidiani.
Un processo tipico di pianificazione consiste in un'analisi condotta annualmente e che prenda in
considerazione i successivi cinque esercizi. Cinque anni il numero tipico; le imprese ad alta
intensit di capitale, come quelle chimiche o siderurgiche, possono scegliere periodi di dieci
anni, mentre quelle pi legate a fattori di moda (come nel settore dell'abbigliamento) oppure a
rapido sviluppo (come quelle elettroniche) possono scegliere possono scegliere periodi di tre
anni. Quest'analisi fondata su una previsione di domanda per ciascun prodotto e con
riferimento a tutti i cinque anni - talvolta addirittura suddivisi in trimestri - a cui si riferisce la
pianificazione. Si valutano poi le capacit produttive su cui poter contare, si confrontano i dati e
si stabilisce cos fino quale punto la capacit sia in eccesso o sia carente.
L'analisi della domanda e quella della capacit produttiva divengono evidentemente tanto pi
sfumate quanto pi si allunga l'orizzonte temporale; quindi, pi che identificare semplicemente i
fabbisogni di capacit e una loro eventuale distribuzione lungo un arco di tempo di diversi anni,
lo sforzo di pianificazione si concentra sulle possibili alternative di soluzione, e l'espansione in
sito di determinati stabilimenti, le loro caratteristiche tecniche, la dimensione e la regione in cui
installare nuovi impianti o il trasferimento di altri, sono tutti aspetti di alternative in se valide
per fronteggiare le carenze di capacit. I piani proposti contengono normalmente alcune
decisioni provvisorie circa le vie che dovrebbero essere esplorate in maggior dettaglio o quelle
che dovrebbero essere temporaneamente escluse. E' improbabile che, a questo punto, siano presi
impegni precisi, circa proposte specifiche, ma saranno tutte tenute presenti, salvo procedere a
ulteriori e opportune verifiche.
L'espansione in sito probabilmente avviata a livello di stabilimenti e approvata a livelli via via
pi elevati nell'azienda, sebbene essa possa essere suggerita anche a livello di divisione o di
gruppo. Nuovi stabilimenti e trasferimenti, invece, traggono generalmente origine non a livello
di impianto, ma a livello di divisione, di gruppo o di unit centrale.
Quale risultato del processo di pianificazione, alle divisioni e ai gruppi si d mandato di
sviluppare le analisi dettagliate delle alternative pi valide. Tali progetti devono essere
particolareggiati indicando quante persone e che capitali servono per essere gestiti, una volta
attuati. Molte aziende utilizzano a questo fine delle procedure standard, composte di diversi
documenti ognuno dei quali compilato dai responsabili dei diversi livelli gerarchici.
Molto spesso queste procedure non sono altro che la formalizzazione delle discussioni che si
sono fatte nei vari meetings organizzati in azienda.
Questi studi approfonditi comprendono: le specifiche di tipo ingegneristico e le stime dei costi e
dei tempi tecnici, i prodotti, le qualifiche richieste alla manodopera e al management, le
decisioni sulla ubicazione, e infine un'analisi economica, talvolta chiamata anche capital
budgeting analysis. Gli studi, una volta completati e approvati ai livelli di gruppo e di divisione,
prendono la strada del consiglio di amministrazione della societ per l'approvazione finale e per
le delibere di spesa.
A grandi linee, questo processo di pianificazione del tutto tipico per quel che concerne
l'espansione di capacit o per la sua contrazione. Esso pu sembrare abbastanza lineare, e in
effetti in molti casi lo ; ci sono per situazioni in cui la scelte e le problematiche sono
complesse, e richiedono quindi un'analisi precisa e sistematica.

29

Come decidere di quanto modificare la capacit e quando


Come possono i dirigenti decidere quanto ampliare la capacit e quando essa deve essere
effettivamente disponibile? Prima di affrontare una decisione in merito consideriamo il caso
della Kemper Games, Inc.

Il caso Kemper Games Inc.


Gli ultimi dati di vendita erano molto incoraggianti. Laura Kemper, presidente e amministratore
delegato della Kemper Games, Inc., non poteva non sorridere. Dopo quattro anni pi o meno
statici, sembrava che la societ stesse vivendo un anno di vendite assolutamente eccezionali, tali
da poterla portare ai vertici del settore, gi di per s stesso in buona ascesa.
La ragione che stava dietro a questo successo era l'ultima novit lanciata sul mercato dalla
Kemper, cio Bungle, ovvero Come ci si comporta nella vita. Laura, accanita giocatrice lei
stessa, aveva progettato il gioco nell'arco di due anni, insieme a suo marito Peter, il quale era
responsabile dello sviluppo di nuovi prodotti. La societ aveva lanciato sul mercato questo
gioco da circa sei mesi.
Bungle era un gioco di gruppo per adulti, giocato da due/sei giocatori. Nel gioco non vinceva
nessuno e anzi, il fatto che perdessero tutti sembrava essere l'elemento di maggior successo tra i
giocatori di ogni et ed estrazione sociale.
L'improvvisa fortuna di Bungle aveva indotto Peter Kemper a svilupparne una nuova versione:
SuperBungle, che ben presto avrebbe potuto essere messo in produzione. SuperBugle veniva
giocato da gruppi di due persone (ad esempio fra coppie); anche qui tutti perdevano ma, come
se non bastasse, i compagni squadra erano spinti a giocare l'uno contro l'altro. Sebbene non
fosse stato fatto alcuno studio di mercato, Peter riponeva grandi speranze in questo nuovo gioco.
Il successo di Bungle, tuttavia, doveva creare ben presto problemi di capacit alla Kemper
Games. Lavorando su 2 turni, la fabbrica poteva produrre circa 900 confezioni al giorno, e il
magazzino ne stoccava 3.000. L'entit del problema dipendeva da alcune variabili che
condizionavano le previsioni di vendita, come indica la Figura 8. A seconda delle ipotesi che si
facevano, le previsioni erano molto diverse. Le stime pi caute valevano nel caso Bungle fosse
una moda, che ben presto sarebbe passata; quelle pi ottimistiche lo consideravano invece come
un prodotto di grande successo nel tempo, quasi un nuovo Monopoli.
Trimestri da
programmare (*)
1
2
3
4
5
6
7
8

Previsione 1 (**)
(confezioni al giorno)
600
750
1050
1500
1200
900
750
500

Previsione 2 (***)
(confezioni al giorno)
600
750
1050
1500
1500
1500
1500
1500

(*) La programmazione della societ prevede 62 giorni di produzione per ogni trimestre
(**) La previsione 1 presuppone che le vendite di Bungle rappresentino semplicemente una moda che raggiunger il suo picco nel
trimestre 4 per poi ridursi gradualmente
(***) La previsione 2 presuppone che le vendite di Bungle seguiranno parallelamente quelle di Mastermind e del Boggle. Dopo
essere aumentate sull'onda della moda, si manterranno su livelli elevati.

Figura 8 - Previsioni di vendita del gioco "Bungle" nei trimentri futuri (Fonte: Ufficio Marketing di
Kemper Games, Inc., tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Dalle previsioni non dipendeva solo l'aumento di capacit necessario, ma anche il modo con cui
ottenerlo. Laura Kemper mise a confronto tre alternative base:

1) Aumento della capacit produttiva. Per soddisfare le richieste previste, Kemper Games
poteva espandersi in sito, per fare ci c'erano spazio e tempi sufficienti:.la Figura 9 confronta

30

alcune alternative di costo, a seconda degli ampliamenti necessari, a fronte di diverse previsioni
di vendita. Lo spazio poteva essere impiegato per qualunque prodotto della Kemper Games,
giacch quasi tutti richiedevano operazioni di stampa, lavorazione della plastica, incollaggio e
assemblaggio. I costi per l'attrezzatura aggiuntiva e il capitale d'esercizio necessari per
raggiungere i vari livelli di produzione sono riportati nella Figura 9.
Produzione addizionale
giornaliera su due turni

Superficie richiesta
(in piedi quadrati)

300
15.000
450
20.000
600
24.000
750
27.000
Figura 9 -Stime di costo per le alternative
(tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Costo stimato
Investimento stimato per
(impianto)
attrezzature e capitale
$
di esercizio $
225.000
75.000
300.000
100.000
360.000
120.000
405.000
175.000
di espansione in sito o di locazionei (Kemper Games, Inc.),

2) Avvio del terzo turno. Nel trimestre successivo, la societ poteva prevedere un terzo turno. In
questo caso si sarebbero dovuti tuttavia pagare dei premi di produzione per attirare la forza
lavoro e il personale indiretto necessario. Per di pi, ci si aspettava che la produzione diminuisse
nel terzo turno, poich la qualit della forza lavoro sarebbe stata probabilmente inferiore a
quella prevalente nei primi due turni, e perch lo staff di controllo sarebbe stato ridotto all'osso.
Rispetto al primo turno bisognava pagare un premio di produzione del 25% a fronte di una
produzione prevista del 90%. Il lavoro incideva per il 40% del costo variabile di 2,40 $ di una
confezione. [Il premio di produzione per unit prodotta sarebbe quindi stato pari a 0,24$
(2,40$x25%x40%)].
3) Subappalto. La Kemper Games aveva finora prodotto in casa tutti i suoi giochi. Tuttavia, la
societ poteva appaltare la produzione di tutto il gioco o di alcune fasi, come la stampa del
piano di gioco e delle carte o le lavorazioni in plastica. Il prezzo al dettaglio era di 7,95 $, con
un mark up di circa il 100%, cio il prezzo al rivenditore pari a 4$. I costi variabili; sono
pari a 2,40$ con un margine di contribuzione di 1,60$. Si stimava che il prezzo di subfornitura
dell'intero set sarebbe stato pari al 150% degli attuali costi variabili, cio pari a 3,20$.
Alla Kemper Games era anche possibile ridurre, o persino eliminare, il bisogno di capacit
aggiuntiva aumentando il prezzo del gioco. Tuttavia Laura Kemper aveva deciso di accettare un
margine pi modesto di quello normalmente praticato nel settore e di conseguenza un prezzo al
dettaglio pi basso pur di stimolare le vendite di Bungle e di diffondere il marchio di fabbrica
della Kemper Games.
Laura aveva la sensazione che se la Kemper Games avesse voluto espandersi in sito, sarebbe
stata necessaria una decisione entro qualche settimana, perch ogni nuova costruzione iniziata
ora, non poteva essere verosimilmente disponibile sino all'inizio del quarto trimestre. Nel
frattempo si sarebbero potute costituire scorte di magazzino, con un costo di mantenimento di
0,10 $ per unit trimestre.
La Kemper Games si trova nella piacevole situazione di avere inventato un gioco di successo la
cui richiesta ora minaccia di oltrepassare la capacit produttiva della societ. E' piuttosto
difficile stabilire di quale entit saranno le vendite e il marketing ha preso in considerazione due
ipotesi. Entrambe prevedono un notevole incremento nelle vendite di breve periodo. Dopo il
primo anno, tuttavia, le due previsioni divergono in maniera netta: una ritiene che il gioco
raggiunga un picco transitorio, frutto di una moda, mentre l'altra lo considera un successo di
lunga durata. Il marketing ha finora sottostimato le vendite, e ci si potrebbe dunque chiedere, a
ragione, se le previsioni di vendita siano ancora sottostimate; sarebbe anzi legittimo attendersi
che qualsiasi programma di aumento della capacit per il futuro debba essere abbastanza
consistente da tener testa a un altro, notevole, aumento nelle vendite previste. Il primo passo da

31

compiere verificare se tutte e tre le linee d'azione considerate (espansione, terzo turno e
subappalto) siano attuabili, date le previsioni di mercato prevalenti.
Fattibilit tecnica
1. Aumento della capacit produttiva. Qualunque progetto avviato immediatamente non sarebbe
disponibile per la produzione prima del quarto trimestre. Nel frattempo per due turni di lavoro
dovrebbero essere sufficienti per consentire, alla Kemper Games, di giungere a quella data con
una certa scorta. Il magazzino verrebbe saturato nei primi due trimestri e utilizzato nel terzo. Se
si vara un'espansione in loco di 224.000 piedi quadrati, la produzione giornaliera corrispondente
pari a 600 unit. Aggiungendosi alla produzione su due turni - pari a 900 unit giorno - si
potrebbe cos soddisfare una domanda costante di 1.500 unit/giorno.
La Figura 10 indica come ci possa avvenire: il ricorso immediato al secondo turno di lavoro
consente l'incremento, nel primo trimestre, delle scorte di magazzino di 18.000 unit, calcolato
come 300 unit in pi al giorno per 62 giorni, pari al 12,5% della domanda prevista nel periodo
relativo ai primi tre trimestri. Una tale scorta vitale, n si pu dire sia eccessiva, data la
possibilit che le vendite seguano un andamento esplosivo.
Trimestre

Domanda Produzione
giornaliera giornaliera

Incremento o riduzione
Scorte di magazzino totali
giornalieri delle
su base giornaliera
scorte di magazzino
(per trimestre)
+ 300
+ 300
900
600
1
+450
+150
900
750
2
+300
- 150
900
1050
3
+300
0
1500
1500
4
Figura 10- Incremento delle scorte di magazzino (espansione in sito) (Kemper Games, Inc.,)(Tratto da
R.W. Schmenner, 1987).

2. Terzo turno di lavoro. Ci si attende, come s' detto, che questa ipotesi sia pi costosa e meno
efficiente delle prime due, soprattutto a causa della qualit del lavoro e della scarsit di
personale nelle posizioni di controllo. Pi specificamente, probabile che nel terzo turno
vengano prodotte solamente 405 unit cio il 90% di 450.
Posto ci, possiamo compilare una tavola - analoga alla Figura 10- adoperando le previsioni pi
ottimistiche: se ne pu dedurre che il terzo turno, se attuato nel primo trimestre consente la
costituzione di scorte a magazzino sufficienti per far fronte a tutte le vendite fino all'undicesimo
trimestre. Nel breve periodo quindi, un terzo turno chiaramente fattibile; ma nel lungo
periodo, se prevale la previsione pi ottimistica, esso potrebbe rivelarsi insufficiente, come
dimostra la Figura 11. In tal caso, l'unica alternativa che potrebbe dare risultati validi
l'espansione.
D'altro canto, se prevalesse la previsione pi cauta, l'espansione in sito sarebbe eccessiva,
giacch risulterebbe necessaria solamente per il quarto e il quinto trimestre. Ci sembra essere
la soluzione ovvia, per la Kemper Games, quella di rimandare una scelta definitiva, perch il
terzo turno appare essere la miglior via per venire incontro alla domanda nel breve periodo, [al
limite con un'adozione "a singhiozzo del terzo turno in relazione all'effettivo andamento della
domanda] (Figura 12).
3. Subappalto. Il subappalto sembra realizzabile, giacch non si parla di limitazioni di sorta a
ricorrervi, dal punto di vista della fattibilit.

32

Trimestre

Domanda Produzione
giornaliera giornaliera

Incremento o riduzione
Scorte di magazzino totali
giornalieri delle
su base giornaliera
scorte di magazzino
(per trimestre)
+ 705
+ 705
1305
600
1
+ 1260
+ 555
1305
750
2
+ 1515
+ 255
1305
1050
3
+ 1320
- 195
1305
1500
4
+ 1125
- 195
1305
1500
5
+ 930
- 195
1305
1500
6
+ 735
- 195
1305
1500
7
+ 540
- 195
1305
1500
8
+ 345
- 195
1305
1500
9
+ 150
- 195
1305
1500
10
45
- 195
1305
1500
11
Figura 11 - Incremento delle scorte di magazzino (terzo turno di lavoro e previsione 2) (Kemper Games,
Inc.), (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).
Trimestre

Domanda Produzione
giornaliera giornaliera

Incremento o riduzione
Scorte di magazzino totali
giornalieri delle
su base giornaliera
scorte di magazzino
(per trimestre)
+ 705
+ 705
1305
600
1
+ 1260
+ 555
1305
750
2
+ 1110
- 150
900
1050
3
+ 510
- 600
900
1500
4
+ 210
- 300
900
1200
5
+ 210
0
900
900
6
+ 360
+ 150
900
750
7
+ 310
- 50
450
500
8
Figura 12 - Incremento delle scorte di magazzino (terzo turno di lavoro e previsione 1) (Kemper Games,
Inc.), (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Convenienza economica
La societ deve valutare come nell'ipotesi del subappalto, perde met del suo margine di
contribuzione che diventa 0,80$ per unit contro l'attuale 1,60 $.
Introducendo il terzo turno, il premio di produzione del 25% che la Kemper Games deve pagare
far diminuire la contribuzione per unit prodotta. In questo caso, dobbiamo calcolare
l'incremento nei costi di lavoro per effetto del terzo turno (cio costi variabili, costo del lavoro e
premio di produzione), poi dobbiamo sottrarre questo valore, insieme ai costi variabili per il
primo e per il secondo turno, dal costo di fabbrica:
4,00 $ - 2.40 $ - (2,40 $ x 0,40 x 0,25) = 1,36 $ per unit
Dato che il terzo turno realizzabile nel breve periodo e che il suo profitto per unit prodotta
molto pi alto rispetto all'opzione di subappalto, chiaro che quest'ultima alternativa dovrebbe
essere abbandonata. Naturalmente, rimane la possibilit del subappalto di una sola parte del
gioco; ma questa ipotesi non stata sviluppata a sufficienza, nell'ambito dell'azienda, per poterla
prendere in considerazione e discuterla.
Rimangono da analizzare gli aspetti economici dell'espansione attuale ricorrendo al terzo turno.
[Aumento della capacit produttiva. Nel valutare questa alternativa va considerato che] se
aggiungere capacit non costa molto, alla Kemper Games pu convenire mantenere per un certo
periodo un eccesso di capacit fino a che SuperBungle o qualche altro gioco non intervenga a
saturarla; in tal caso, non importa quale delle previsioni abbia il sopravvento.
Poich la decisione di costruire uina nuova linea potrebbe prevalere solamente per un
andamento della domanda come quello mostrato nella previsione 2, assumiamola come quella

33

valida per la nostra analisi. Per soddisfare i fabbisogni, saranno necessarie 600 unit addizionali
al giorno, il che implica una richiesta di spazio pari a una superficie addizionale di 24.000 piedi
quadrati. Il costo stimato per costruire e installare le apparecchiature in questa area di impianto
risulta essere di 480.000 $ (360.000$ per l'impianto e 120.000 $ per le apparecchiature). A
fronte di questo investimento si ha il margine di contribuzione generato dal maggior volume
prodotto di Bungle.
Con un profitto di 1,60 $ per unit e una produzione di 600 unit al giorno, il periodo di
recupero dell'investimento pari a 500 giornate lavorative.
Sebbene sia piacevole sapere che il periodo di recupero cos rapido, il sistema pi convincente
per analizzare gli aspetti economici sulla scelta in esame consiste nel ricorrere all'analisi del
valore attuale netto (net present value - NPV), talvolta chiamata anche analisi del flusso di cassa
scontato (discounted cash flow).
Un ampliamento di 24.000 piedi quadrati prevede un esborso iniziale di $ 480.000 a fronte di
un margine di contribuzione trimestrale atteso di:
$1,60
margine di
contribuzione
unitario

600
produzione giornaliera

62
giorni lavorativi
/trimestre

$59,520
margine di
contribuzione
trimestrale

e di margini di contribuzione annuali di $ 238.080 ($ 59.520 per quattro trimestri). Si possono


fare diverse ipotesi circa la scelta del tasso di sconto corretto e del relativo orizzonte economico;
noi optiamo per un tasso reale elevato e un orizzonte breve perch il mercato dei passatempi
imprevedibile e soggetto alla moda: calcoliamo quindi sulla base di r = 15% su cinque anni
Il valore attuale netto del flusso di cassa di $ 162.800, il che indica come, in questo scenario,
alla Kemper Games convenga investire.
Quali possono essere le riflessioni, non di mera natura contabile, che suggeriscono di ampliare
subito la capacit produttiva? Vediamone alcune:
se SuperBungle viene lanciato sul mercato, e le sue vendite seguono il trend di quelle di Bungle,
la Kemper Games pu aver bisogno di una capacit considerevolmente maggiore di quella che
si potrebbe in ogni caso raggiungere lavorando su tre turni; il marketing ha decisamente
sottostimato il successo di Bungle, e non per nulla certo che le sue stime di vendita attuali
siano corrette. Non vi dubbio che in questi casi prevedere un compito quanto meno difficile.
Comunque, se le vendite fossero sottostimate, la Kemper Games potrebbe avere dei guai per
mancanza di capacit produttiva.
Da quanto abbiamo detto finora, dovrebbe essere chiaro che persino un problema di capacit
relativamente semplice, quale quello incontrato da Laura Kemper, una volta analizzato a fondo
pu risultare sorprendentemente complesso: nessuna meraviglia quindi, che la maggior parte
delle aziende impieghi mesi per sviluppare e rivedere le diverse ipotesi di incremento della
propria capacit.
Come abbiamo potuto vedere, esistono alcuni aspetti critici attinenti alla programmazione della
capacit e alle relative analisi: la previsione della domanda, la valutazione del fabbisogno di
capacit, la fase di transizione verso un suo incremento, l'analisi economica, ricorrendo a
concetti come il valore attuale netto, l'individuazione dei possibili rischi e le considerazioni di
tipo non economico.

La previsione
Premessa di ogni sforzo di pianificazione della capacit, una previsione, pi o meno
aggregata, delle vendite nei trimestri e negli anni a venire. Nella maggior parte delle imprese, la
formulazione delle previsioni non compete ai responsabili della produzione, per quanto essi

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possano aver voce in capitolo. Pi spesso la funzione marketing a stilare la previsione delle
vendite per un particolare prodotto, o per un'intera linea.
La previsione di lungo periodo spesso un vero e proprio rompicapo, soprattutto se il mercato
non ben definito o il prodotto nuovo ovvero legato dall'andamento di una realt economica
nazionale complessa.
La fase transitoria
Come dimostra il caso della Kemper Games, un conto accorgersi di aver bisogno di spazio nel
lungo periodo, e un altro gestire il passaggio dalla situazione presente fino a quella ottimale.
Gli aumenti di capacit si realizzano in modo discontinuo e in tali circostanze bisogna ideare
politiche di breve periodo che riducano i disagi del momento di transizione. Alla Kemper
Games ci significava un terzo turno di lavoro, ma in altre situazioni questo pu comportare la
subfornitura, o un incremento delle scorte di magazzino, degli adeguamenti di prezzo per
modificare la domanda, del lavoro straordinario, il ribilanciamento della linea di produzione o
altre soluzioni analoghe. La natura di questo passaggio, insieme all'entit dei maggiori volumi
previsti, determina spesso un incremento di capacit dilazionata nel tempo. Come abbiamo visto
per la Kemper Games, il fatto che un terzo turno di lavoro soddisfacesse la domanda di breve
periodo, consentiva all'azienda di rimandare la realizzazione di un ampliamento fino a quando la
dinamica delle vendite, oggettivamente difficili da valutare, non si fosse precisata meglio.
Analisi economica con il metodo NPV
Trovare la giustificazione economica di una proposta di incremento della capacit un passo
importante nel cammino verso la sua approvazione e attuazione. Poich i piani di capacit sono
quasi sempre visti con orizzonti di diversi anni, il valore del denaro nell'arco di un certo periodo
di tempo diventa un elemento importante agli effetti di qualunque analisi economica. Nel caso
della Kemper Games, la tecnica adoperata per analizzare gli aspetti economici nell'arco degli
anni era quella del valore attuale netto (NPV).
L'uso del valore attuale chiaramente preferibile a metodi pi semplici, ma ancora largamente
adoperati, come il calcolo dei periodi di recupero (payback period), metodo con cui si computa
semplicemente quando il ricavo di un investimento eguaglia le uscite. Sfortunatamente, il
calcolo del payback period non tiene conto: a) del valore del denaro nel tempo, vale a dire del
fatto che quanto viene speso oggi vale di pi, a parit di ammontare, di quanto si incasser nel
futuro e b) della dinamica nel tempo di entrate e uscite. Pertanto ogni qualvolta le entrate e gli
esborsi seguono andamenti irregolari, il calcolo del recupero d risultati contradditori.
In qualunque analisi degli aspetti economici di un progetto bisogna fare delle ipotesi e,
generalmente, opportuno verificare come gli aspetti economici mutino al modificarsi delle
premesse. Questo genere di analisi di sensitivitpu essere effettuato cambiando: a)
l'orizzonte temporale del progetto; b) i flussi di cassa che ci si attende per ogni anno; c) il tasso
di sconto che deve essere applicato ai flussi di cassa.
I risultati di questa analisi sono importanti perch i rischi connessi con un progetto possono
essere anche molto forti e la convenienza a vararlo dipende proprio dall'equilibrio tra NPV e
rischi connessi. L'analisi di sensitivit aiuta a individuare i progetti a forte rischio, ma anche a
elevato NPV.
Come valutare i rischi
Le decisioni riguardanti la capacit sono fra le pi incerte tra quante l'azienda deve affrontare;
se da un lato non esiste un sistema infallibile per padroneggiare situazioni rischiose, d'altro
canto generalmente utile sapere se ampliare la capacit conviene o troppo costoso, e quali
svantaggi l'azienda si trova a dover affrontare per il fatto di averne troppa oppure troppo poca.
Se per esempio, gli incrementi di capacit richiedono esborsi modesti mentre delle carenze
possono causare la rinuncia a un profitto sostanzioso, probabilmente meglio che l'azienda
accetti il rischio di un sovradimensionamento. Molti processi produttivi organizzati su
commessa o per lotti comportano investimenti relativamente modesti e un elevato apporto di

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lavoro. In tali processi, si verifica spesso che valga la pena di avere un eccesso di capacit cui
ricorrere nei periodi di punta della domanda, lasciandola invece inattiva per il resto del tempo.
Potervi ricorrere quando serve ripaga infatti pi che abbondantemente degli oneri che ne
derivano.
Considerazioni non strettamente economiche
E' vero che gli aspetti economici di un progetto di incremento della capacit sono importanti ma
sbaglierebbe chi decidesse basandosi solo su di essi. Vi sono tre fattori non quantificabili - o per
lo meno, difficili da quantificare - che meritano un'attenzione specifica:
L'impatto delle scelte relative alla modifica della capacit e degli impianti sulle attivit
esistenti. Aumentare la capacit produttiva e ampliare gli impianti pu essere fonte di problemi;
anzi, abbastanza raro che vada tutto secondo le previsioni. Spesso conviene quindi mettere in
conto una certa dose di imprevisto a fronte di intoppi che si verificheranno nella fase di messa a
regime: per esempio, nel caso della Kemper Games, l'introduzione del terzo turno di lavoro
implica un certo livello di confusione. Stabilire l'entit di tale confusione difficile, ma
d'altronde la sua esistenza non pu essere ignorata. Spesso un mutamento di capacit o di
impianti modifica le caratteristiche dello stesso processo produttivo o della movimentazione dei
materiali all'interno dell'azienda, e in alcuni casi possibile che anche il marketing e le politiche
di vendita debbano essere adeguati a un mutamento di tal genere. L'avviamento della nuova
capacit impegna poi l'attenzione dello staff tecnico e dei responsabili, distraendoli dalle
produzioni correnti. Infine, opportuno ricordare che ogni azienda, e ogni settore, ha le proprie
caratteristiche in cui pu riflettersi, in varia misura, l'effetto di una modifica della capacit
produttiva.
La reazione degli altri concorrenti al mutamento di capacit. Molti progetti di incremento della
capacit non possono essere definiti come se ci si trovasse soli al mondo, poich in realt la loro
convenienza poggia in parte sul come reagiranno i concorrenti. Questo particolarmente vero
sui mercati oligopolistici o dove i costi di trasporto hanno una importanza notevole. Il
comportamento di un concorrente pu, in questi casi, modificare anche di molto il mercato di
una specifica area geografica.
Flessibilit e nuova capacit. Nelle industrie in rapida crescita normale avere sempre nuovi
prodotti, mercati e modi di impostare il marketing; la produzione deve perci essere flessibile e
la decisione di variare la struttura produttiva deve tenerne conto. Si tratta di un aspetto molto
difficile da quantificare, ma che pu essere toppo importante per ignorarlo a priori.

Le difficolt tipiche nel dimensionamento della capacit produttiva


Le considerazioni contabili suggerite all'inizio del capitolo come unico strumento di decisione si
dimostrano molto rigide e poco sensibili alle esigenze concrete del manager. E' quasi ridicolo
pensare che gli acquisti - che pure sono circa il 50% del fatturato di molte aziende - e il costo
del personale siano, il pi delle volte, gestiti come routine, mentre ci si preoccupa di giustificare
con mille calcoli investimenti che di fatto richiedono una quantit molto inferiore di denaro.
Molte aziende considerano le scelte produttive come fatti isolati e non inseriti in una strategia
globale. Ci svilisce molte scelte anche perch bisogna fare i conti con le pretese della direzione
finanziaria; ne nascono, quindi, problemi come quelli che seguono.
Le analisi degli investimenti sono spesso usate per studi di ampliamenti ma non di sostituzione
degli impianti. Si hanno quindi spesso ottiche falsate, quando si investe per mantenere la
competitivit degli impianti esistenti;
la burocraticit delle procedure fa s che vengano analizzate solo poche alternative. A parole si
propensi alle innovazioni radicali ma nella realt si molto conservatori, quando addirittura non
si cerca di intuire quello che la direzione generale vorrebbe per adeguarvisi;

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le analisi degli investimenti sono condizionate da una sostanziale incertezza: i costi sono
quantificati mentre ricavi e vantaggi restano meno chiaramente definiti. Si scelgono, quindi, le
soluzioni pi ovvie, che raramente sono le pi interessanti nel lungo periodo;
per ovviare ai rischi di miopia e di incertezza, gli analisti che davvero credono nel
cambiamento, finiscono con il manipolare i dati; il confronto quindi, tra loro e chi deve
prendere la decisione. Spesso quest'ultima ha come vincolo quello di dover garantire un tasso di
rendimento minimo e in molti casi si tratta di un tasso elevato proprio per essere sicuri che il
nuovo investimento sia effettivamente interessante. Spesso, purtroppo, tutto ci non altro che
un ulteriore incentivo a manipolare i dati.
Ogni progetto deve essere visto nell'ambito della strategia globale dell'impresa. Posto che ogni
progetto coinvolge tecnologia, impianti e organizzazione della produzione, bisogna sempre
domandarsi quanto esso sia compatibile con i piani dell'impresa. Tutto ci non vuol dire che il
metodo NPV sia inutile, ma semplicemente che bisogna tener conto di tutto; in particolare
bisogna fare anche delle ricerche ex post in modo da rendersi conto della complessit e del
numero dei problemi effettivamente sollevati. " (Schmenner, 1987, pp. 343-361)

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1.E - La programmazione e il controllo della produzione


La programmazione e controllo della produzione rientra assieme alla gestione dei
materiali nelle "scelte di gestione" del sistema produttivo. Si innesta cio a valle delle
"scelte di progettazione" muovendosi all'interno dei vincoli che in questa fase sono stati
fissati.
"Il tema centrale dell'attivit di programmazione risiede nell'esigenza di armonizzare le richieste
del mercato (espresse da una previsione della domanda, ovvero consolidate in un portafoglio
ordini) con le potenzialit del sistema produttivo; ci osservando i vincoli espressi dalla
ampiezza del mix richiesto, dal ritmo della domanda e dai termini di consegna, per quanto
riguarda il mercato; dalle esigenze di saturazione dei macchinari, del contenimento
dell'investimento in scorte e degli specifici rapporti di fornitura, per quanto concerne l'offerta.
Il sistema di Programmazione e Controllo della Produzione pertanto correlato agli altri sistemi
che caratterizzano la gestione aziendale: commerciale, amministrativo-finanziario,
organizzativo e con questi interagisce nella incessante ricerca di un equilibrio globale.
Per affrontare in modo strutturato il tema della programmazione e controllo della produzione
non peraltro possibile prescindere dalla tipologia del processo produttivo oggetto di analisi e
dalle sue caratteristiche operative. L'osservazione delle modalit di programmazione, inoltre, si
presta ad una analisi scomposta in fasi collocabili, rispettivamente, nell'orizzonte temporale
lungo, medio, breve e immediato.
Nel seguito, pertanto, dopo aver illustrato l'influsso delle differenti tipologie di processo sulle
caratteristiche della programmazione, si affronteranno i temi della formulazione del piano
aggregato di produzione, del piano principale e dello scheduling, secondo uno scema di
progressivo dettaglio che fonda la propria ragion d'essere nella costante ricerca del pi
opportuno bilanciamento tra obiettivi divergenti.
Nello sviluppo di tale disegno occorre inoltre valutare attentamente le caratteristiche della
domanda espressa dal mercato e delle componenti economiche rilevanti, connesse ad ogni scelta
di programmazione.

1.E.1 Programmazione della produzione e tipologia dei processi produttivi


Osservando le possibili classificazioni operate per l'analisi dei processi produttivi, appare
evidente come le caratteristiche del processo (discreto o continuo), delle operazioni (di
fabbricazione o montaggio), i volumi trattati (pezzi singoli, piccole e grandi serie) e le tipologie
di produzione (per commessa e per il magazzino), evidenziano problematiche radicalmente
differenti in tema di programmazione e controllo della produzione, sotto molteplici profili:
- complessit ed articolazione del processo di programmazione;
- ampiezza dell'orizzonte temporale coperto;
- numerosit e complessit dei prodotti e processi coinvolti;
- obiettivi specifici del processo di programmazione.
Con riguardo alla progettazione e gestione di un sistema di programmazione della produzione,
le differenti tipologie di produzione possono essere raggruppate come segue: i processi continui
(chimico, petrolifero, cartario, siderurgico, ecc.), generalmente caratterizzati da un limitato
numero di prodotti semplici (o poco complessi), poche fasi di lavorazione e flussi produttivi
lunghi, sono relativamente agevoli da programmare. I prodotti in questione vengono detti
semplici in ragione del ridotto numero (2 o 3) di livelli della distinta base. Eventuali elementi di
complessit possono nascere in caso di produzioni congiunte, in cui il mix produttivo
tecnologicamente vincolato ed immodificabile si discosta dal mix delle richieste di mercato. Ci
particolarmente frequente nelle produzioni petrolchimiche in cui, per effetto di processi di
cracking, ad ogni unit di prodotto derivato, corrispondono definite unit di altri prodotti
congiunti o coprodotti, richiesti non necessariamente nella stessa proporzione dal mercato. Del

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tutto analogo , in ambito manifatturiero, il caso dei filati, in cui ciascun filatoio pu lavorare
titoli secondo definiti schemi di complementariet che devono trovare un opportuno riscontro
nei piani commerciali.
Per converso, la situazione caratterizzata da maggior complessit riconducibile alle attivit di
produzione intermittente o per lotti (macchinario pesante, produzioni metalmeccaniche, ecc.);
ci, a motivo della numerosit dei centri di lavoro, dell'intrecciarsi dei lunghi ed articolati cicli
di lavorazione, della differente durata delle singole operazioni e della presenza di prodotti
complessi, caratterizzati da innumerevoli livelli e codici in distinta base.
Le operazioni a flusso in linea (di montaggio e/o fabbricazione), si collocano in una posizione
intermedia rispetto alle due precedenti, presentando una numerosit di prodotti superiore alle
industrie di processo, ma serie pi lunghe rispetto alle produzioni a lotti. I vincoli maggiori in
tali produzioni possono sorgere, per contro, in sede di esplosione dei fabbisogni, per la
possibilit che si verifichino situazioni di mancanza o di indisponibilit di codici alla chiamata.
Tali processi, in specie quelli di assemblaggio, qualora operino su parti e componenti acquisiti
dall'esterno, subiscono le aleatoriet dei mercati di fase.
A problematiche e soluzioni differenti sono invece soggette le aziende che lavorano su ordine
(commessa singola o ripetitiva), la criticit nel processo di programmazione si sposta dalla fase
di programmazione aggregata a quella del controllo degli ordini in lavorazione e dello stato di
avanzamento delle commesse. In proposito sembra opportuno distinguere tra produzioni su
commessa a posto fisso (grandi opere, cantieri, ecc.), in cui risulta critico il controllo dei tempi e
dei costi, e produzioni su commessa per reparti, assimilabili in termini di complessit alla
produzione per lotti.
Una prima disamina del differente profilo di complessit del processo di programmazione nasce
pertanto dal contesto in cui tale attivit viene espletata, identificabile dall'intersezione delle
seguenti variabili, come rappresentato nella Figura 13:
- complessit del prodotto, in ragione della numerosit dei codici e dell'articolazione dei
livelli di distinta base;
- grado di prevedibilit, distinguendo le produzioni per il magazzino da quelle su commessa;
- tipologia dei processi, distinguendo tra produzioni discrete (in job shop, per lotti ed in linea)
e produzioni continue.
PREVISIONI

Per magazzino

Su commessa

Discreti

Continui

PROCESSI

Complessi

Semplici

PRODOTTI

Figura 13 - Le determinanti della complessit della programmazione e controllo della produzione,


(Tratto da A. Grando, 1995).

Nel seguito pur non rinunciando a richiami circa altre tipologie, si far riferimento alle realt pi
presenti nel comparto manifatturiero, ovvero a quelle caratterizzate da elevata complessit dei

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prodotti, realizzati su commessa o su previsione per il magazzino, con processi discreti, siano
essi di fabbricazione od assemblaggio. Appare peraltro evidente che, se sotto il profilo teorico il
processo di Programmazione e Controllo della produzione manifesta differenti gradi di
complessit, derivati dal contesto in cui essa si svolge, nella pratica i molteplici vincoli espressi
dal mercato, l'aleatoriet del comportamento del sistema delle forniture, l'imprevedibilit di
alcuni fenomeni legati ai processi di trasformazione, possono sensibilmente modificare tali
assunzioni. Sembra pertanto opportuno, pur tenendo debito conto di quanto asserito, procedere
nell'analisi del tema della programmazione sezionando il processo, secondo una direttrice
longitudinale, nelle sue fasi fondamentali. Queste ultime possono, ai meri fini espositivi, essere
raggruppate in tre sottoassiemi logici: programmazione, esecuzione e controllo, come descritto
in Figura 14.

Controllo

Esecuzione

Pianificazione

FASI

ATTIVITA

Piano della domanda

Previsioni, portafoglio ordini

Piano Aggregato di Produzione - PP

Pianificazione impegni di risorse

Resources Requirements
Planning - RRP

Verifica disponibilit risorse

Piano Principale di Produzione


pianificato - MPS pianificato

Livellamento, lottizzazione
Sequenziamento tentativi

Rought Cut Capacity Planning - RCCP

Verfica grezza di capacit/carico

Piano Principale di Produzione


autorizzato - MPS autorizzato

Livellamento, lottizzazione
Sequenziamento effettivi

Materials Requiremments Planning - MRP


e Capacity Requirements Planning - CRP

Verifica infattibilit di capacit,


componenti e materiali

Piano Operativo di Produzione e


Final Assembly Schedul - FAS

Scheduling, assegnazione priorit o


dispatching

Rilascio ordini pianificati e non di


materiali e componenti

Approvvigionamento secondo
anticipi

Rilascio di ordini di fabbricazione e


assemblaggio

Carico macchine-reparti

Controllo di Produzione o di
avanzamento

Analisi infattibilit, colli di bottiglia,


code e ritardi

Figura 14 - Le fasi del processo di programmazione e controllo (tratto A. Grando, 1995),

Prima di affrontare nel dettaglio le singole fasi che compongono il processo di programmazione
e controllo della produzione, opportuno sottolineare l'esigenza di una stretta armonia, sotto il
profilo dell'orizzonte temporale abbracciato, del grado di dettaglio delle elaborazioni e delle
risorse coinvolte, tra l'attivit in parola e l'attivit di budgeting e pianificazione dell'intera
azienda. Il piano della domanda, infatti, elaborato dalla funzione commerciale, trae spunto dalle
previsioni delle vendite e dal portafoglio ordini esistente. In questa fase occorre considerare
l'effetto indotto da politiche promozionali e pubblicitarie, nonch degli andamenti ciclici e

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stagionali delle vendite. A tali determinazioni si contrappone il Piano aggregato di produzione o


Production Plan - PP, che ha lo scopo di pianificare l'impiego delle risorse (capacit
produttiva), valutandone, nel contempo, i limiti in termini di elasticit.
Dalla contrapposizione della Capacit Produttiva Necessaria, desunta dal piano delle vendite,
con la Capacit Produttiva Disponibile, calcolata in base a parametri tecnici, si genera una prima
verifica di fattibilit o di carico; in talune applicazioni, tale fase supportata dall'impiego di
sistemi RRP - Resources Requirements Planning. In caso di soluzione negativa, occorre
procedere alla ripianificazione, ricercando modalit di ampliamento della capacit produttiva o
attenuando le ambizioni commerciali, attraverso la rivisitazione delle previsioni di vendita. In
caso affermativo, si sviluppa la fase successiva, ovvero la formulazione del Piano Principale di
produzione o Master Production Schedule - MPS.
In tale fase si definiscono le alternanze di produzione (sequenziamento) e l'entit dei lotti di
produzione (lottizzazione), avendo cura di operare secondo modalit di saturazione delle
capacit produttive e di livellamento dei carichi di lavoro; ad evidenza, tali operazioni
comportano una preventiva analisi di disponibilit delle capacit e dei componenti critici, con
l'impiego di moduli RCCP - Rough Cut Capacity Planning.
Autorizzato il Piano Principale, si procede alla programmazione di dettaglio dei carichi previa
esplosione, in funzione delle informazioni contenute in Distinta Base, dei fabbisogni di
materiali e componenti (Materials Requirements Planning). Parallelamente occorre valutare la
disponibilit delle capacit produttive richieste dai Cicli di Lavorazione (Capacity Requirements
Planning). Come verr pi approfonditamente descritto nel seguito, in questa fase si definisce il
Piano Operativo di produzione, caratterizzato dal Piano Finale di Montaggio, Final Assembly
Schedule -FAS, per le attivit terminali o di coda, e dallo Scheduling in senso stretto per tutte
le altre operazioni, dette anche di testa. Gli ordini cos pianificati vengono lanciati ai reparti a
monte (se ordini di fabbricazione o preassemblaggi), ai terzi fornitori (se di
approvvigionamento), tenendo debito conto dei rispettivi lead time e delle esistenze disponibili
a magazzino.
Verificata la disponibilit di tutti i componenti e della capacit produttiva, si d avvio alla fase
di esecuzione, con il progressivo rilascio degli ordini di produzione e assemblaggio. In questa
fase assume rilevanza l'assegnazione di priorit tra le diverse commesse o lotti, effettuata
secondo precisi obiettivi di breve termine (scadenze, saturazioni, indisponibilit), detta anche
Dispatching.
L'ultimo anello del ciclo descritto, rappresentato dal Controllo di Produzione, inteso a
monitorare il corretto avanzamento del lavoro, il manifestarsi di colli di bottiglia, l'accumulo di
code, l'insorgere di scarti, o di altre anomalie che possono pregiudicare il conseguimento degli
obiettivi di efficienza e servizio programmati. L'attivit di controllo sviluppa input informativi
sullo stato delle macchine e dei processi utili alle misure di prestazione del sistema produttivologistico e alla reimpostazione dei cicli successivi del processo di programmazione." (Grando,
1995 pp. 147-154)
"A fronte dell'imprevedibilit dei mercati in termini di volumi e di mix, le scelte teoricamente
perseguibili da un'impresa sono sostanzialmente due:
a) dotarsi di una capacit produttiva elastica o eccedentaria e di una struttura estremamente
flessibile, in modo da poter reagire tempestivamente ad ogni variazione di richiesta;
b) anticipare la volubilit del mercato producendo per il magazzino in numero ed assortimento
tali da garantire il soddisfacimento della domanda prevista.
Delle due l'una: reagire con tempestivit o prevedere ed anticipare. Appare quasi superfluo
sottolineare che le due scelte osservate non sempre possono darsi come alternative, in ragione
delle specificit dell'oggetto osservato e del contesto tecnico-economico in cui questo opera;
esse, inoltre, conducono a soluzioni organizzative, tecniche e gestionali assolutamente
differenti, con difformi riflessi sotto il profilo economico (grado di variabilit dei costi) e
finanziario (entit e grado di strutturalit del fabbisogno).

41

[Visto che] l'essenza della programmazione risiede nel dover far fronte alla variet ed alla
variabilit delle richieste, la sua ottimizzazione non pu che essere ricondotta alla osservazione
dei soli costi rilevanti e alla minimizzazione del costo globale associato alla formulazione del
piano. Due sono infatti, come gi affermato, i vincoli sempre presenti, e strettamente interrelati,
nelle decisioni di Gestione della Produzione: la fattibilit tecnica e la convenienza economica; il
tema, nella fattispecie in esame, si pone sia in termini di valutazione di un piano, sia nel caso di
selezione tra pi piani alternativi. In sede di Programmazione della Produzione, i costi oggetto
di rilevazione, solo se rilevanti e differenziali, sono sostanzialmente i seguenti:
- i costi di produzione, siano essi variabili, fissi, diretti od indiretti;
- i costi di manodopera in straordinario;
- i costi di subfornitura;
- i costi di mantenimento a scorta;
- i costi di set-up;
- i costi fuori-scorta.
Tra i costi variabili di produzione occorre dunque quantificare i costi relativi a materie prime,
materiali diretti di consumo, manutenzione diretta, manodopera diretta (se flessibile e mobile)
ed energia. Sono invece considerati fissi i costi di supervisione, la manutenzione programmata,
la manodopera diretta se non flessibile e mobile, le quote d'ammortamento ed i costi generali di
produzione. I costi del lavoro straordinario si manifestano qualora si renda necessario operare al
di fuori degli orari normali e, generalmente, si accompagnano a maggiori oneri per connessi cali
di produttivit.
Il costo della subfornitura connesso agli extra-costi generati in caso di appalto a terzi di quote
di produzione. Al prezzo di trasferimento negoziato vanno aggiunti i costi relativi ad un pi
attento controllo di qualit in entrata, il costo di valutazione e selezione del fornitore, eventuali
oneri di trasporto, costi per attrezzature offerte in uso, campionature e preserie, maggior scorta
di sicurezza a fronte di una accresciuta aleatoriet delle consegne.
Il costo di mantenimento a scorta ed il costo dell'eventuale fuori-scorta sono riconducibili
rispettivamente alla disponibilit o indisponibilit a fronte di una richiesta del mercato; il costo
di mantenimento rappresentato dalla somma, per tutti i periodi di permanenza a magazzino,
dei costi unitari di mantenimento associati ad un periodo, moltiplicati per il numero di unit
giacenti. In proposito si ricorda che assumono rilevanza i soli costi effettivamente anticipati,
tipicamente quelli variabili.
I costi di fuori-scorta sono generalmente commisurati al margine di contribuzione perso
correlato alla mancata vendita; ci in assenza di backlog, ovvero nell'impossibilit di recuperare
lo stock-out con una consegna ritardata. A tali oneri vanno quindi aggiunti ulteriori costi, assai
difficili da apprezzare, quali la perdita di immagine, la perdita della fedelt del cliente, ecc.
Nelle realt produttive in cui il profilo temporale assume un valore consistente, segnatamente
nella realizzazione di grandi commesse, le clausole contrattuali prevedono definiti oneri
aggiuntivi in caso di ritardi, sotto forma di penali.
Da ultimo, il costo di set-up, ovvero il costo connesso ad una variazione di ritmo produttivo
(variabilit della richiesta) o di codice in produzione (variet della richiesta) include i costi
della manodopera che effettua il riattrezzaggio, eventuali materiali di consumo impiegati
nell'operazione, extrascarti connessi al riavvio delle linee, se irrecuperabili.
Infine, occorre accennare allo sviluppo temporale del programma; in proposito, a prescindere
dall'orizzonte temporale coperto, si fa riferimento alle modalit di programmazione rolling o a
scorrimento, caratterizzate da pi livelli di visibilit costanti nel tempo, cui si correlano gradi di
dettaglio crescenti.
Con riferimento alla pianificazione delle produzioni svolte da un'unit produttiva, si possono
distinguere:
- Il piano aggregato, con orizzonte temporale generalmente annuale, volto alla
programmazione per gruppi di famiglie o linee di prodotto non potendosi ipotizzare, in sede
previsionale, dettagli ulteriori sufficientemente affidabili.

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Il piano principale, con orizzonte temporale pi contenuto, generalmente legato al lead-time


del componente critico, o alla cumulata dei lead-time degli articoli interessati dalla
programmazione, si riferisce a famiglie di prodotti o a singoli prodotti caratterizzati da pi
varianti; il caso, ad esempio, di una azienda che realizza allestimenti (camper e
motorhome) su autotelai originali approvvigionati presso le case costruttrici (Fiat, Iveco,
Ford) con lead-time di parecchi mesi. In pratica, dalla disponibilit delle differenti tipologie
di autotelaio - per passo, motorizzazioni, cilindrata ecc. - discendono molteplici vincoli che
riducono notevolmente il grado di discrezionalit in sede di programmazione. In tal caso la
programmazione viene effettuata per gruppi di prodotti eterogenei in termini di
allestimento, ma accomunati dalla tipologia di autotelaio impiegato, per orizzonti temporali
pari almeno al tempo di fornitura dell'autotelaio.
- Il programma operativo, con orizzonte temporale di giorni o settimane, in cui interamente
definita la sequenza dei lotti ed i rispettivi cicli di lavorazione, dovendosi necessariamente
programmare lavorazioni per codice-prodotto.
Risulta evidente il parallelo impatto sul sistema degli approvvigionamenti che deve
progressivamente rendere disponibili nei tempi, nelle quantit e nei modi opportuni i materiali
ed i componenti necessari al completamento dei prodotti; nel contempo occorre valutare la
disponibilit dei fattori produttivi (manodopera, macchinari, ecc.) idonei sotto il duplice profilo,
quantitativo e qualitativo. Nella Figura 15 si riporta uno schema di sintesi che illustra la
collocazione della pianificazione della produzione nel pi generale processo di pianificazione
aziendale. (Grando, 1995, pp. 159-166).
Ciclo di
pianificazione

Livello di dettaglio

Obiettivo

Piano aziendale

Segmento di mercato

Conseguire una assegnata redditivit/


sviluppo aziendale

Poliennale/annuale

Piano vendite

Famiglia di prodotti

Conseguire un assegnato fatturato

Annuale con
dettaglio mensile

Famiglia/unit
produttiva

Bilanciare risorse
con domanda

Annuale con
dettaglio mensile

Famiglia/articolo

Distribuire la capacit produttiva ai


singoli articoli
(livellamento, lottizzazione, sequenze)

Mensile/settimanale
con dettaglio settimanale

Prevedere nel dettaglio fabbisogni di


materiali e capacit

Da settimanale a
giornaliero

Programmare le
linee/macchina

Da settimanale a
giornaliero con
dettaglio orario

Piano di produzione aggregato


(budget)
check

Piano principale
di produzione

MRP/CRP

Programma
operativo di
dettaglio

Singolo codice/
operazione

Rilasciare ordini di
produzione/ acquisto

Figura 15 - Pianificazione aziendale e pianificazione della produzione (tratto A. Grando, 1995).

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1.E.2 Il Piano della domanda


"Il Piano della domanda, come si detto, volto alla quantificazione della Capacit Produttiva
Necessaria, cio dei volumi produttivi richiesti, espressi in unit di capacit produttiva. Le
modalit di definizione del piano differiscono in termini di orizzonte temporale coperto e livello
di dettaglio, in funzione della tipologia di mercato, di settore, del ciclo di vita del prodotto e di
altre peculiarit. A prescindere da tali specificit, ogni azienda necessita di previsioni per
orientare la programmazione della produzione; le previsioni a lungo termine (cinque o pi anni)
e quelle a medio termine (da 1 a 3 anni) risultano critiche per le politiche di investimento, per
l'allestimento delle capacit produttive, la scelta di impianti e tecnologie, la definizione di
massima degli organici e le politiche di sviluppo di nuovi prodotti. Limitandoci nel nostro
esame alla gestione operativa, assumono rilevanza le previsioni a breve termine (1 anno): da
queste ultime, infatti, trae origine il processo di programmazione.
Prima di affrontare l'analisi dettagliata delle tecniche previsionali pi utili alla programmazione
della produzione, occorre sottolineare due aspetti concernenti il tema in esame:
a) non tutte le richieste devono essere previste, talune possono essere calcolate. Con ci si fa
esplicito riferimento alla distinzione, ripresa nel seguito a proposito della gestione delle
scorte, tra beni a domanda indipendente e beni a domanda dipendente; tra i primi si
collocano gli articoli per i quali la domanda non pu essere desunta deterministicamente da
quella di beni livello superiore, ma al pi stimata (prodotti finiti, ricambi, materiali di
consumo); si dicono per contro a domanda dipendente i beni la cui richiesta, o pi
correttamente il fabbisogno, viene derivata aritmeticamente dalla domanda di altri prodotti
di fase gerarchicamente superiori sia essa calcolata a sua volta o stimata (complessivi,
gruppi, assiemi, sottoassiemi e componenti);
b) in funzione dell'orizzonte temporale, mutando le finalit della previsione, varia il livello di
aggregazione oggetto della stima. Le previsioni a lungo termine sono infatti operate su ampi
insiemi di prodotti, le previsioni di medio termine vengono effettuate per sottoinsiemi,
tipicamente linee o famiglie di prodotti, quelle di breve, infine, possono raggiungere elevati
livelli di dettaglio (il singolo prodotto, la variante od il codice), spinti sino ai limiti della
significativit e della affidabilit." (Grando, 1995 pp. 166-167)
"A seconda dell'orizzonte considerato possono variare possono variare considerevolmente il tipo
di informazioni utilizzate. Va da s che al crescere dell'intervallo previsionale cresce anche la
difficolt della stima e la probabilit di commettere errori. Ci deriva dal fatto che l'unico
elemento su cui possiamo fare riferimento per le previsioni (e non sembri un paradosso)
rappresentato dal passato. Se il mondo rispondesse a un complesso di leggi puramente
meccanicistiche, l'evoluzione del futuro sarebbe gi tutta inscritta nel passato e, almeno dal
punto di vista teorico, sarebbe proponibile il tentativo di effettuare una previsione esatta. Gli
studiosi di filosofia della scienza rifiutano questa ipotesi, ma naturalmente ci non toglie che il
passato costituisca comunque una eredit che non manca di influenzare in qualche modo il
futuro. Da un lato questo rende ragionevole fare delle previsioni, dall'altro quanto pi ci
proiettiamo verso un futuro lontano tanto meno conta l'eredit del passato ed aumenta il
potenziale di variabilit.
Solitamente la previsione della domanda considerata come l'output derivante dalla interazione
fra un certo numero di variabili-causa (input). Il problema previsionale consiste allora nel
tentativo di misurare l'input e di elaborare un modello logico-matematico da cui desumere
l'output. Normalmente gli elementi costituenti l'input sono numerosissimi, anche se l'importanza
relativa di questi fattori influenzanti pu essere molto diversa. Ci porta alla necessit di
effettuare drastiche semplificazioni allo scopo di limitare l'analisi ai soli fattori pi significativi.
Un tentativo di effettuare l'isolamento di questi fattori realizzato attraverso l'ipotesi che i
valori assoluti della domanda da esaminare siano la risultante di solo quattro componenti:
- componente di fondo (trend);
- componente ciclica (o congiunturale);

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- componente stagionale;
- componente erratica.
A partire dalla osservazione dei valori effettivamente assunti dalla domanda nel passato
possibile pervenire, anche se con un procedimento almeno in parte arbitrario, alla
scomposizione della domanda effettiva in quattro funzioni, tante quante sono le sue componenti,
in modo che la somma dei valori delle quattro funzioni sia pari alla domanda effettiva. In questo
modo una previsione di lungo periodo potrebbe basarsi (a scopo esemplificativo) sulla sola
estrapolazione della tendenza di fondo, mentre in un previsione di breve periodo si potrebbe
tenere conto solamente della componente erratica e di quella stagionale, ipotizzando che quella
ciclica (che si riferisce alla alternanza delle congiunture del sistema economico) e quella di
fondo non abbiano a mutare significativamente, data la brevit dell'orizzonte temporale di
riferimento.

[Una volta che si dispone] di una stima della futura domanda a livello di settore, il passo
successivo dato dalla previsione della domanda concernente la singola impresa. Le ulteriori
difficolt presenti in questo genere di previsione derivano dal fatto, che mentre nel caso della
domanda globale esistono meccanismi di inerzia nelle preferenze espresse dagli acquirenti fra le
diverse categorie di beni, nel caso delle vendite di una singola impresa, la mobilit degli
acquirenti risulta molto pi marcata. Mobilit che in genere tanto pi elevata quanto pi
piccola la domanda servita dalla singola impresa rispetto a quella complessiva del mercato.
In altre parole la propensione media degli acquirenti a suddividere la spesa fra le diverse
categorie di beni certamente influenzata da numerosi fattori e tende quindi a modificarsi
continuamente. Tuttavia, a livello di domanda globale in genere si producono dei fenomeni di
natura compensativa e il mutamento risultante presenta variazioni pi contenute e pi lente
rispetto a quelle che dato di osservare nel caso di domande rivolte a singole imprese. Esiste
cio una inerzia complessiva che limita la variabilit del fenomeno. Invece, nel caso della
domanda di una singola impresa la variabilit pu essere molto elevata e le vendite possono
oscillare in funzione del modificarsi della capacit concorrenziale dei prodotti considerati. Ad
esempio la domanda di una impresa potrebbe ridursi considerevolmente qualora uno o pi
concorrenti immettessero sul mercato dei prodotti migliori. Viceversa la domanda d'impresa
potrebbe tendere verso l'ammontare della domanda globale del settore nel caso che fosse questa
a presentarsi sul mercato con un nuovo prodotto avente un rapporto prezzo-prestazioni
decisamente pi competitivo.
Come si vede esiste una elevata interdipendenza fra la quota di domanda acquisita da una
impresa e la sua capacit competitiva. Di qui le molte difficolt connesse a una previsione
puntuale della domanda futura, dal momento che si dovrebbero effettuare delle previsioni
condizionate non solo dalla variabilit intrinseca del sistema degli acquirenti (almeno nel caso
di beni destinati al consumo), ma anche dalle diverse strategie produttivo-commerciali
dell'impresa considerata e delle sue concorrenti. In questo genere di previsioni uno dei modelli
esplicativi pi utilizzati dato dal ciclo di vita del prodotto. Tuttavia l'applicabilit di questo
modello fortemente condizionata dalle ipotesi semplificatrici che stanno alla base della sua
concezione. In questo senso la potenzialit euristica del concetto di ciclo di vita del prodotto
appare soddisfacente solo per alcune categorie di prodotti: essenzialmente beni di consumo
durevoli (o semi-durevoli) destinati ad una rapida obsolescenza legata a fattori di moda."
(Volpato, 1989, pp. 130-138)
La previsione della domanda
"Il buon piano di produzione quello che evade la domanda prevista a costi bassi. Normalmente
sono solo le imprese che producono su commessa a conoscere esattamente in anticipo quello
che si deve produrre. In ciascuno degli altri processi, vi era qualche incertezza sulla domanda
che si doveva evadere: per guidare la produzione occorrevano previsioni. In un certo senso, si
potrebbe dire che tali previsioni "condizionano" i processi.

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In un'azienda tipica, i manager della produzione non sono responsabili delle previsioni usate per
costruire i piani di produzione. La fonte di queste previsioni pi spesso la funzione marketing.
Ci non significa che i manager della produzione non siano interessati alle ipotesi e alle
procedure utilizzate per costruire tali previsioni. In molti ambienti, gli uomini di marketing sono
noti per il loro ottimismo e si contrariano quando la produzione tende a bloccarsi a causa delle
scorte di invenduto. Una previsione di riserva che viene solitamente usata nelle imprese al posto
della previsione "ufficiale" costituisce spesso un punto di contrasto tra uomini di produzione e
uomini di marketing. La previsione uno dei punti di maggior contatto tra la produzione e il
marketing, e spesso fa s che i manager della produzione non siano ben disposti nei confronti
delle previsioni, anche se solo per scopi difensivi.
E' necessaria una vasta gamma di previsioni per guidare la produzione. Sono necessarie
previsioni della domanda a lungo termine anche in un job shop per poter scegliere tra capacit
produttiva e tecnologia. Sono necessarie previsioni della domanda a medio termine (6-18 mesi)
effettuate su ampie famiglie di prodotti per mettere ordine tra i mezzi di produzione, e anche
previsioni a breve termine (meno di sei mesi), per precisare la domanda di particolari prodotti e
modifiche di prodotto (modello, taglia, colore ecc.). La Figura 16 riassume alcune di queste
necessit.
Breve termine
( 6 mesi)
Utilizzo

Medio termine
(6-18 mesi)

Lungo termine
( 18 mesi)

Programmi di produzione

Piani aggregati di
Cambiamenti di capacit
produzione
o tecnologici
Caratteristiche
Elevata accuratezza
Ragionevole accuratezza Accuratezza modesta
Nessun dettaglio, elevata
Dettagliata, disaggregata Qualche dettaglio, una
aggregazione in linee di
per tipologia di prodotto
certa aggregazione di
prodotti
prodotto
Inversioni di tendenze non Inversioni di tendenze
Inversioni di tendenze
modesto interesse
importanti
importanti
Bassi costi, elaborazione Costi e velocit modesti
Costi elevati, elaborazione
svelta
lenta
Usata dal management di Usata dal management di Usata dal top management
basso livello
medio livello
Figura 16 - Esigenze di previsione per differenti orizzonti temporali, (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Come facile capire, ci sono diversi tipi di tecniche di previsione che possono essere utilizzate
per soddisfare diverse esigenze di previsione. La Figura 17 divide le varie tecniche di previsione
disponibili in ampie categorie e distingue quelle che sono indicate per previsioni di lungo
temine da quelle che sono invece indicate per previsioni di breve termine. La prossima sezione
introdurr brevemente ciascuna delle tecniche presentate.
Tecniche di previsione
Quantitative
Serie storiche*
Causali**
Regole semplici
Regressioni semplici
Identificazione e scomposizione del
Regressioni multiple
trend
(modelli econometrici)
Medie mobili

Qualitative
Metodo Delphi**

* Appropriato per usi di breve periodo


** Appropriato per usi di lungo periodo

Figura 17 - Classificazione delle tecniche di previsione, (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Tecniche quantitative che usano serie storiche

46

Le tecniche quantitative pi semplici usano solo la storia passata della domanda stessa. Queste
tecniche cercano di isolare i trend che ci si attende di veder ripetuti nel futuro. La loro forza sta
nella facile identificazione di questi trend e nella loro traduzione in previsioni.
Regole semplici. Le tecniche di previsione meno sofisticate adottano regole semplici come "la
domanda del periodo t eguaglia la domanda del periodo t-1" oppure "la domanda del periodo t
eguaglia la domanda del periodo t-1 pi un 5%" In quanto semplici, tali regole non portano a
previsioni che siano particolarmente affidabili.
Identificazione e scomposizione di un trend. Queste regole sono pi sofisticate delle precedenti
perch spezzano la storia passata in variazioni che possono essere cicliche o stagionali o
mostrare un preciso trend lineare. Queste tecniche, in certo senso, manipolano i dati per
rimuovere la stagionalit o le fluttuazioni cicliche e pongono in evidenza quello che pu essere
il trend generale isolando le componenti casuali delle variazioni nella domanda passata.
Scomporre i dati in questo modo significa sostanzialmente manipolarli (per esempio rimuovere
la stagionalit significa prendere quattro trimestri successivi e analizzare i dati in questo modo,
guardando alla ciclicit e ai trend, prendendo i dati per gli stessi trimestri in differenti anni).
Media mobile. In questa tecnica, il valore di previsione la somma ponderata dei valori reali
passati. I pesi possono variare, cos come pu variare il numero dei valori passati usati, con il
solo vincolo che i pesi ammontino a 1. Per esempio, una media mobile pu essere sviluppata
utilizzando gli ultimi tre mesi , con l'ultimo mese con un peso di 0,5, il penultimo di 0,3 e il
terzultimo di 0,2. In forma di equazione:
Ft = 0,5 At-1+0,3 At-2+0,2 At-3
dove Ft valore di previsione al tempo t e At-1 At-2 At-3 sono i valori reali per gli ultimi tre mesi.
Con il passare del tempo le previsioni lasciano il posto alla domanda corrente, i vecchi dati
vengono eliminati e sostituiti con i nuovi valori nelle medie.
Modelli causali. L'altra grande famiglia di modelli quantitativi di previsione utilizza non solo i
dati di serie temporali sulla domanda stessa, ma anche dati di serie temporali su altre variabili
che ci si pu attendere influenzino la domanda in una relazione di causa/effetto. Un modello che
colga accuratamente le relazioni di causa/effetto tra le altre variabili e la domanda pu essere
molto utile, specialmente nei punti di inversione di tendenza della domanda. Comunque questi
modelli tendono a essere costosi nella loro utilizzazione e l'analisi richiesta per la loro esatta
definizione comporta un considerevole periodo di tempo; quindi questi modelli sembrano pi
appropriati per le previsioni di lungo periodo piuttosto che per le analisi di breve periodo.
[I modelli causali pi diffusi sono basati sull'analisi di regressione dove] il termine di
previsione, chiamato variabile dipendente, si ipotizza che vari in modo sistematico con una o
pi variabili indi pendenti. Tali variabili indipendenti possono essere costruite in molti modi,
con l'uso di dati di serie temporali (per esempio il PIL o la produzione industriale), con i valori
passati della variabile dipendente e con variabili di comodo (dummy) (per esempio indicando
con 1 il mese di maggio e con 0 tutti gli altri mesi). L'analisi di regressione approssima la
specifica variabile indipendente alla variabile dipendente utilizzando i dati storici: questa
procedura comporta la stima dei coefficienti delle specifiche variabili indipendenti del modello.
La previsione pu essere quindi effettuata assegnando valori futuri attesi alle variabili
indipendenti e risolvendo l'equazione stimata per il valore della variabile dipendente.
Tecniche qualitative. Le tecniche precedenti utilizzano dati quantitativi, emersi dalla storia
passata. Comunque, se uno pensa che il futuro non debba dipendere troppo dal passato - a causa
dei grandi mutamenti che avvengono nelle economie e nei settori industriali, o semplicemente
perch quello che deve essere previsto in realt sempre nuovo e inaccessibile - ci si pu
affidare all'esperienza di particolari persone. La previsione qualitativa applicata spesso alle
nuove tecnologie, cercando di prevedere i tipi di cambiamento che ci si attende.

47

Il metodo Delphi forse il pi diffuso approccio qualitativo. Questo metodo utilizza un insieme
di esperti ai quali vengono sotto poste alcune domande. Le loro risposte vengono raccolte e
classificate (per esempio con medie, serie, deviazioni standard) e tali informazioni vengono
passate al gruppo di esperti . Il gruppo quindi elabora un'altra serie di previsioni sulla base delle
informazioni raccolte. Le loro risposte vengono di nuovo raccolte, riassunte e diffuse. Possono
essere necessari diversi turni di predizioni e sintesi. In alcuni casi il consenso viene raggiunto
dopo diversi turni di domande; questo particolarmente vero i quei casi in cui le risposte non
vengono fornite con molta convinzione. D'altra parte, il consenso altrettanto difficile da
raggiungere quando chi risponde particolarmente ostinato nelle proprie opinioni.
La scelta di una tecnica di previsione. Come si detto all'inizio di questa sezione, particolari
tecniche di previsione sono associate a differenti esigenze di previsione. Le tecniche di serie
temporali semplici sono facili da usare e sono generalmente applicate a previsioni di brevissimo
periodo su singoli modelli di prodotto e sulle loro modificazioni. In questi casi la storia passata
sembra essere una buona guida per l'immediato futuro.
Le tecniche di serie temporali pi sofisticate sono pi utili quando il profilo storico appare pi
confuso e quando esistono diverse componenti di trend nei dati. Le tecniche causali e qualitative
sono pi soddisfacenti per le esigenze di pi lungo periodo, e le tecniche qualitative sembrano
migliori quando la storia passata sembra avere ben poco significato per le previsioni."
(Schmenner, 1987 pp. 259-264)

1.E.3 Il Piano Aggregato di produzione


"Come si detto, obiettivo delle elaborazioni relative alla domanda la determinazione della
Capacit Produttiva Necessaria, ovvero la traduzione in termini capacit produttiva di quanto
richiesto dal mercato. Operare questa conversione significa leggere il linguaggio del mercato,
tipicamente espresso dai volumi per ciascun codice prodotto, con quello pi utile alla
Produzione; in altre parole ci vuol dire trasformare le richieste, espresse, in unit di output, in
fabbisogni di capacit produttiva, nelle unit che meglio si adattano alle caratteristiche tecnicooperative dell'impianto. In tal senso ci si riferisce ad una definita unit produttiva (impianto o
stabilimento), con l'obiettivo di conciliare le esigenze espresse dal budget commerciale e da
quello di produzione.
Se, ad esempio, sul medesimo impianto vengono processate tipologie di prodotto caratterizzate
da gradi di assorbimento di capacit produttiva differenti, si impone la definizione e l'utilizzo di
unit equivalenti o ragguagliate; si pensi al caso tipico di un calzaturificio che assembla
indifferentemente sulla medesima manovia, stivali, scarpe e sandali, con tempi di
assorbimento diversi. Qualora si voglia determinare la capacit produttiva disponibile, espressa
in pezzi, necessario ragguagliare, tramite la costruzione l'impiego di opportuni coefficienti di
equivalenza, i tempi assorbiti dalle differenti tipologie di prodotto, al tempo dell'articolo, reale o
virtuale, preso quale unit di misura specifica.
Nella Figura 18 si riportano i tempi standard di montaggio in manovia di differenti codici di
prodotto, e le previsioni di domanda espresse in paia; calcolando i coefficienti di ragguaglio
rispetto al prodotto pi venduto, nell'esempio A, possibile determinare la capacit produttiva
complessiva, espressa in unit equivalenti di prodotto A.
Nel caso in cui la struttura produttiva sia fortemente orientata all'impiego di manodopera e
realizzi produzioni alquanto eterogenee, il caso di molti montaggi leggeri, pu essere
conveniente utilizzare, quale paramento di misura della capacit produttiva, le ore di
manodopera diretta disponibili; parimenti vengono utilizzate le ore macchina nelle realt capital
intensive; altrove, misure fisiche o convenzionali (pezzi, tonnellate, litri, barili ecc.) sia di input
che di output. Si impiegano pi frequentemente misure di input nei casi in cui, a fronte di un
unico materiale in entrata, corrispondono pi prodotti in uscita, come nel caso dei processi di
cracking dell'industria petrolchimica; l'utilizzo di misure di output invece suggerito in realt

48

nelle quali molteplici fattori concorrono alla composizione del prodotto, come nel caso del
settore automobilistico.
Codice
prodotto

Tempo std
unitario

A .
B .
C .
D .
E .
F .
G .

Previsioni
di vendita

95
120
90
110
140
120
80

50.000
60.000
80.000
45.000
50.000
72.000
90.000

Totale .

447.000

Coeffic.
di ragg.
1,00
1,26
0,95
1,16
1,47
1,26
0,84

Capacit
produttiva
50.000
75.600
76.000
52.200
73.500
90.720
75.600
493.620

Figura 18 - Calcolo della capacit produttiva necessaria in unit equivalenti (tratto A. Grando, 1995).

Definita una unit di misura omogenea, si pone il confronto tra Capacit Produttiva Necessaria,
espressione della domanda prevista o di un portafoglio ordini consolidato, e Capacit Produttiva
Disponibile, pari alla Capacit Produttiva Teorica (o di targa) al netto di ogni indisponibilit
stimabile, come illustrato nella Figura 19.
Previsioni
portafoglio
ordini

Capacit
produttiva
necessaria

Capacit
produttiva
disponibile

Capacit
produttiva teorica
indisponibile

Figura 19 - Confronto tra capacit produttiva necessaria e disponibile, (tratto da Grando, 1995)

Dette indisponibilit possono avere natura fisiologica (set-up, fermi previsti per manutenzione
ordinaria pause imposte da contratti ecc.) o patologica (guasti, assenteismo superiore ai valori
normali, scioperi, ecc.). Le prime possono essere calcolate con ragionevole certezza, le seconde
solo misurate ex post, o al pi stimate in quanto difficilmente prevedibili: il caso, ad esempio,
in un'unit produttiva in cui la capacit produttiva risulti sostanzialmente legata alla
manodopera del coefficiente di presenza (complemento ad uno del tasso di assenteismo) che,
se mantenuto entro valori normali da considerarsi fisiologico, altrimenti assume connotazioni
patologiche. E' interessante notare come gi a questo primo livello di confronto, si manifesta la
stretta interdipendenza esistente tra programmazione della produzione e determinazione della
capacit produttiva disponibile; uno dei risultati del processo di programmazione della
produzione, infatti, la lottizzazione, cui corrisponde il numero e, a parit di tecnologia
adottata, l'entit dei tempi di set-up. Tali tempi, peraltro, possono a loro volta ridurre anche
sensibilmente la Capacit Produttiva Disponibile, imponendo ulteriori cicli di
riprogrammazione. Il fenomeno, che potremmo definire loop della programmazione, viene non
di rado sottovalutato, inducendo molti responsabili della produzione a ricercare, a fronte di
capacit sature, sbottigliamenti attraverso costosi e difficilmente reversibili investimenti in
Capacit Produttiva Teorica, quando significativi recuperi potrebbero essere operati, in termini
di Capacit Produttiva Disponibile, con pi attenti processi di programmazione, intesi ad
ottimizzare i valori dei set-up.
Nel caso in cui, invece, ci non si renda possibile, la capacit produttiva pu essere
incrementata con interventi caratterizzati da differenti gradi di strutturalit: dall'impiego di
straordinari, di secondi e terzi turni, di subfornitura, fino a veri e propri investimenti in nuove
risorse.
E' solo il caso di osservare come detti interventi si caratterizzino per gradi di tempestivit e
strutturalit inversamente correlati, come illustrato nella Figura 20; se, infatti, l'impiego di
straordinario attuabile con efficacia pressoch immediata, l'utilizzo di certa subfornitura e

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l'investimento incrementale in macchinari e uomini (raddoppio turni) comportano tempi di


messa a regime o apprendimento pi estesi e si traducono in espansioni di capacit
tendenzialmente permanenti.
Circa le scelte di esternalizzazione, si suole generalmente distinguere tra subfornitura di
capacit e subfornitura di specialit, dove la prima opera incrementi sia a livello di prodotto
finito, sia di fase, affiancandosi alle produzioni interne; la seconda, operando su una fase
comporta il pi delle volte riorganizzazioni interne dal carattere relativamente permanente: il
caso, ad esempio, in cui si concentrino le risorse di manodopera disponibili sulle attivit
terminali di assemblaggio, distogliendole da operazioni a monte delegabili a terzizti.
Del tutto speculari appaiono gli interventi di segno opposto (disinvestimenti, cassa integrazione
guadagni, ecc.) intesi ad una contrazione dell'offerta.

Intervento
Straordinario
2 e 3 turno
Subforn. di capacit
Subforn. di specialit
Investimento

Tempestivit
Molto elevata
Elevata
Medio-elevata
Media
Bassa

Strutturalit
Molto bassa
Media
Media
Medio-elevata
Elevata

Figura 20 - I caratteri degli interventi volti ad incrementare la capacit produttiva, (tratto da Grando,
1995).

La verifica di congruenza tra Capacit Produttiva Necessaria e Capacit Produttiva Disponibile


a livello aggregato diviene condizione necessaria, ma non sufficiente, per sviluppare il processo
di programmazione; pur in presenza di Capacit Produttiva Disponibile superiore a quella
Necessaria, in termini aggregati, infatti, occorre valutare attentamente l'entit delle richiesta
lungo due direttrici di sviluppo, come illustrato nella Figura 21:
- il tempo, osservando l'articolazione per periodo;
- il mix, osservando l'articolazione per prodotto.
Previsioni
portafoglio
ordini

Capacit
produttiva
necessaria
di periodo
di prodotto

Capacit
produttiva
necessaria

Capacit
produttiva
disponibile

Scorta da
anelasticit
da rigidit

Capacit
produttiva teorica
indisponibile

Capacit
produttiva
disponibile
di periodo
di prodotto

Figura 21 - Confronto tra capacit produttiva necessaria e disponibile, (tratto da Grando, 1995)

La rappresentazione riportata nella Figura 21 mostra come, in presenza di sbilanciamenti in


termini di ciclicit (o mix della richiesta), si ponga ancora una volta l'alternativa tra
l'allestimento di capacit eccedentarie - in vero in misura modesta nel breve periodo - ed
anticipazione della lavorazione con conseguenti accumuli di giacenze, di volta in volta indotti
da anelasticit (in presenza di domanda stagionale ed offerta rigida) e da rigidit (in presenza di
domanda articolata in un mix non garantibile dai vincoli di versatilit dell'impianto).

50

A questo secondo livello di dettaglio si pone a pieno il loop della programmazione: la ricerca di
superiori livelli di elasticit e flessibilit, con l'obiettivo di contenere l'investimento in scorte
(capitale circolante), possono aumentare il numero e i correlati tempi di set-up, ridurre la
capacit produttiva disponibile e, a parit di domanda suggerire ulteriori investimenti in
Capacit Teorica (capitale fisso). E' ormai dimostrato, ad esempio, che l'impiego di metodologie
di gestione della produzione Just in Time, volte principalmente al contenimento del magazzino,
comporti, per far fronte a punte di richiesta tollerate, circa il 20% di capacit eccedentaria.
Come si detto, il piano aggregato di produzione si riferisce ad aggregati di out put (gruppi di
prodotti), perseguendo la pi opportuna riconciliazione tra fabbisogni di risorse produttive
aggregate (capacit produttiva necessaria) e disponibilit di risorse produttive aggregate
(capacit produttiva disponibile), per orizzonti temporali medio-lunghi, pari al periodo coperto
dal budget di produzione. L'orizzonte coperto dal piano viene ripartito in cicli, mensili o
trimestrali, all'interno dei quali si pone il confronto tra dati tecnici rappresentativi concernenti
le principali risorse aziendali; con ci si vuole sottolineare che in ragione della sua natura
aggregata, le elaborazioni oggetto del piano si pongono sempre in termini aggregati,
impiegando dati standard di consumo dei materiali e di impegno delle risorse (ore macchina e
ore uomo), relativi alle famiglie di prodotto, generalmente riferite alle sole voci critiche: ore
macchina dei centri di lavoro ipersaturi o critici per la qualit delle lavorazioni, capacit di
taluni fornitori per quanto concerne le risorse; componenti costosi o di difficile reperibilit o
caratterizzati da lunghi lead time, per quanto concerne i materiali. E' in questa sede che, rilevate
eventuali macroscopiche distonie tra fabbisogno e disponibilit di risorse, possibile intervenire
agendo sugli impegni con fornitori e terzisti, adeguando la capacit interna con interventi sui
macchinari, con l'introduzione di straordinari e raddoppio turno, assumendo personale.
Gli interventi in parola sono finalizzati ad una verifica di fattibilit di massima, presupposto per
dare avvio alla seconda fase del processo di programmazione della produzione, cio la
definizione del Piano Principale di produzione; all'uopo ci si avvale oggi di molteplici prodotti e
moduli software che realizzano particolari elaborazioni dette Resources Requirements Planning
- RRP, con riferimento a tutte le risorse aziendali coinvolte nel processo in esame, o le pi
diffuse Rough Cut Capacity Planning - RCCP, che verificano la disponibilit delle sole risorse
produttive, elaborando i dati standard rappresentativi delle aggregazioni per famiglie. Nel caso
tale verifica di capacit-carico dia esito positivo, il piano risulta fattibile e prende generalmente
il nome di piano aggregato autorizzato o deliberato.

1.E.4 Il Piano Principale di produzione


Il Piano Principale di produzione o Master Production Schedule - MPS, appare quale
disaggregazione del Piano Aggregato, caratterizzata da maggior dettaglio, sia sotto il profilo
degli oggetti considerati, famiglie di prodotti o singoli prodotti (item), e non gi gruppi, sia sotto
il profilo dell'orizzonte temporale abbracciato, pi breve e sottomultiplo del precedente.
Per quanto concerne l'orizzonte temporale si fa generalmente riferimento a refrechement con
cadenza settimanale, per orizzonti legati, come si illustra nel seguito, ai lead time dei codici
soggetti a pianificazione; circa l'oggetto del piano principale opportuno svolgere alcuni
approfondimenti con riferimento alla modalit di risposta al mercato garantibile da un dato
sistema produttivo.
Confrontando il tempo di risposta accettato dal mercato ed il tempo richiesto dal ciclo
produttivo (o tempo di attraversamento), si possono distinguere cinque fattispecie di
produzione:
1) Make to stock (MTS): rappresenta il caso in cui il cliente non disposto ad attendere e
pertanto necessario produrre per il magazzino; in tal caso oggetto del piano principale
sono i codici di prodotto finito, in quanto si rende necessario pianificare per intero le
produzioni ed i versamenti a magazzino non avendo altra via per soddisfare con
immediatezza le richieste del mercato. E' il caso delle produzioni calzaturiere,
dell'abbigliamento e di molta componentistica;

51

2) Assemble to order (ATO): si tratta del caso, frequente, in cui il cliente disposto ad
attendere un tempo sufficiente a coprire le fasi finali di assemblaggio; pertanto il sistema
articolato in due sezioni, disaccoppiate, da un magazzino: a monte si realizzano su
previsione, non potendo agire altrimenti per le costrizioni temporali, i componenti di
montaggio, che costituiscono quindi l'oggetto del piano, mentre a valle si assemblano detti
componenti in base alle specifiche definite nell'ordine del cliente. In tal modo operano, ad
esempio, talune industrie del mobile, e dell'elettronica;
3) Make to order (MTO): qualora il tempo di attesa concesso dal cliente sia sufficiente a
coprire l'intero ciclo di trasformazione, tutte le fasi di produzione vengono lanciate dagli
ordini in portafoglio, mentre solo gli acquisti di materiali vengono gestiti su previsione, e
costituiscono l'oggetto del piano principale. In questa categoria si collocano i produttori di
macchinario industriale;
4) Purchase to order (PTO): il caso in cui, in virt dei lunghi tempi di attesa concessi dal
mercato, possibile effettuare su ordine anche gli approvvigionamenti; si tratta pertanto di
una produzione su commessa ripetitiva in senso stretto e non si impiegano tecniche di
pianificazione basate sulla previsione della domanda, non sussistendo di fatto alcuna
necessit di previsione. E' il caso di chi opera, ad esempio, facendo leva su competenze da
impiantista o integratore di sistemi;
5) Engineering to order (ETO): si tratta di un caso analogo al precedente, in cui il tempo di
attesa del mercato si spinge sino ad abbracciare anche la fase di progettazione ; il caso
delle commesse singole e, come nel precedente, non possibile parlare di MPS. Ne sono
esempi opere dell'ingegneria civile e della cantieristica.
Il rapporto tra il tempo di attesa concesso dal cliente ed il tempo di attraversamento viene
comunemente definito indice di programmazione; quest'ultimo, se inferiore ad 1, non
consente la completa esecuzione del ciclo produttivo nel tempo residuo intercorrente tra
l'acquisizione dell'ordine e la data di consegna promessa, ma impone la preventiva disponibilit
di materiali e/o semilavorati.
Un'ulteriore considerazione deve essere svolta circa l'orizzonte temporale abbracciato dal piano
principale; in proposito si suole distinguere tra periodo di pianificazione tentativo (o
semplicemente periodo pianificato) e periodo confermato, quest'ultimo almeno pari al lead time
cumulato dei codici oggetto del piano, pena l'infattibilit temporale; detta infattibilit si
manifesta nei casi in cui, in seguito all'elaborazione di un piano tentativo, si rileva che, per
effetto del processo di anticipazione - o precessioni - legato alla presenza di lead time, vengono
suggeriti lanci di ordini di acquisto o produzione in date antecedenti all'istante di pianificazione
t0 (oggi); si tratta cio di ordini che, in altri termini, per rispettare le date di consegna finali,
avrebbero dovuto essere rilasciati nel passato. Si osservi, a titolo di esempio, il caso di una
produzione di rubinetteria ad uso abitativo, caratterizzata da un indice di programmazione
inferiore ad uno e realizzata con modalit ATO (Assemble to order). Le fasi terminali di
montaggio, confezionamento e collaudo sono svolte su ordine del cliente, mentre la
pianificazione ha per oggetto i codici dei semifiniti da assemblare; ipotizzando, come
rappresentato nella Figura 22, un ciclo di lavorazione elementare tempificato, evidente che un
orizzonte di pianificazione di 20 giorni si dimostrerebbe inadeguato e foriero di infattibilit,
manifestandosi un anticipo insufficiente a pianificare acquisti e lavorazioni caratterizzati da lead
time superiori.
Ciclo
Tempi medi

MP

Fusioni e
Stampaggio
15 gg.

SL

Lavorazioni
Meccaniche

QC

SL

Montaggio
Confezion.

Coll.

15 gg.

2 gg.

2 gg.

5 gg.

1 gg.

PF

Figura 22 - Ciclo di lavorazione semplificato, (tratto da Grando, 1995).

Si parlato di fattibilit temporale, in quanto, come verr illustrato in seguito, la rimozione del
vincolo temporale condizione necessaria ma non sufficiente per procedere all'autorizzazione

52

del piano, che invece soggetta ad ulteriori controlli, non ultima la disponibilit di tutti i
materiali componenti e delle risorse di capacit produttiva necessarie.
A differenza di quanto avviene nel piano aggregato di produzione, infatti, nell'elaborazione del
piano principale, la verifica di fattibilit non viene pi eseguita in forma aggregata o grezza
sulla base dei dati tecnici rappresentativi o di standard aggregati, bens dettagliata a livello di
singolo codice e fase, attraverso l'impiego, rispettivamente di moduli MRP e CRP. Solo in caso
questa verifica dia esito positivo si procede all'autorizzazione del piano, con il conseguente
progressivo rilascio di ordini di acquisto e fabbricazione, secondo sequenze tempificate e per
orizzonti temporali brevi.

1.E.5 Il Piano Operativo di produzione


La programmazione operativa o scheduling si colloca, come accennato, su orizzonti di breve
periodo, quale ulteriore dettaglio del piano principale; con la locuzione maggior dettaglio ci si
riferisce sia ai prodotti, non pi considerati per famiglie, ma osservati in modo disaggregato, per
singolo codice prodotto o componente, sia al processo, non gi dimensionato in linea di
massima, bens riferito a specifiche Unit Produttive, siano esse reparti, linee o singoli
macchinari.
Il termine operativo lascia intendere che l'obiettivo di questa fase consiste nel rendere
operativi, cio opportunamente assegnati a singoli centri di lavoro e secondo una predefinita
tempificazione, gli ordini rilasciati dal MPS, previa verifica, come accennato, di disponibilit
dei materiali (MRP) e delle risorse (CRP). Oggetto della programmazione operativa sono
pertanto tutti i codici di distinta base che debbono subire una fase di trasformazione o di
assemblaggio. In proposito possibile distinguere tra operazioni di coda (fabbricazioni
terminali ed assemblaggi) ed operazioni di testa (lavorazioni su componenti collocati ai livelli
inferiori della distinta base e quindi lungo sezioni di monte del processo produttivo). E'
opportuno infatti rammentare che, per quanto in presenza di un MPS autorizzato e di una
ravvicinata data di consegna sia prevedibile che al completamento del manufatto manchino solo
poche operazioni terminali di assemblaggio, il tema della programmazione operativa, ovvero
delle decisioni di dettaglio circa le modalit di avvio dei lavori alle unit produttive, si ponga
comunque in qualsiasi istante, per qualsiasi codice debba subire una lavorazione, dandosi per
scontata la continuit dell'operare d'azienda.
Nel primo caso si parla di FAS (Final Assemble Schedule) ed ha per oggetto i codici di prodotto
finito, nel secondo si parla di scheduling in senso stretto ed interessa gli altri codici componente
presenti in distinta base. Prescindendo da tale distinzione, la programmazione operativa si
articola in tre fasi distinte:
- allocazione delle operazioni comunemente dette job, alle singole macchine disponibili;
- allocazione delle operazioni nel tempo, nel rispetto dei vincoli imposti dal piano principale
di produzione, che tiene conto delle date di consegna;
- sequenziamento (sequencing) dei lavori sulle macchine, in considerazione delle
caratteristiche dei lavori stessi, dell'impianto e degli obiettivi assegnati alla
programmazione.
La letteratura specialistica e la pratica aziendale hanno prodotto una ingente mole di lavori,
studi ed applicazioni, intesi a dar risposta ai problemi di programmazione operativa; in effetti
possibile affermare che, a dispetto di tale preziosa opera, nella pratica l'impiego della
modellistica assai limitato e discusso, principalmente per i riconosciuti limiti di estendibilit e
generalizzabilit di molte soluzioni; ci, a ben vedere, si connette alla infinita variet dei
contesti operativi, alla ampiezza e numerosit dei vincoli e degli obiettivi propri dei sistemi
produttivi.
Ai nostri fini, ci limitiamo comunque ad indicare i possibili profili di classificazione dei modelli
di programmazione operativa.
La prima classificazione svolta in relazione al sistema produttivo considerato, distinguendo tra
i modelli sviluppati per contesti caratterizzati dalla presenza di:

53

macchina singola; il caso di impianti o sezioni di impianto che possono essere considerate
unitariamente, perch a ciclo tecnologico obbligato (chimico, farmaceutico, ecc.), o di realt
in cui la risorsa considerata risulta di gran lunga la pi critica da programmare, mentre per
le restanti qualsiasi opzione alternativa si dimostra ininfluente in termini di prestazione
globale;
- macchine parallele; si distingue il caso di macchine identiche, poste in batteria, in cui oltre
al sequenziamento tra i lotti si rende necessaria una scelta di allocazione tra le risorse
disponibili, da quello di macchine generiche, appartenenti ad un gruppo, in cui ogni
macchina pu eseguire indifferentemente i lavori assegnati ma con prestazioni (in termini
efficienza) differenti. Il secondo caso rappresenta in genere il frutto di investimenti
ampliamento effettuati nel tempo;
- Open-Shop; il caso in cui ogni lavoro richiede un ciclo tecnologico (routing) articolato in
pi operazioni, eseguibili su pi macchine successive, secondo un ordine qualsiasi; in tal
caso, non sussistendo vincoli tecnologici, si perseguono obiettivi di natura gestionale quali
saturazioni, riduzione dei tempi di set up o di percorrenza, ecc.;
- Flow Shop; si tratta di lavori caratterizzati da cicli tecnologici articolati in pi operazioni
eseguibili da pi macchine diverse, secondo un ordine definito, uguale per tutti;
- Job Shop; il caso in cui ogni lavoro richiede un ciclo tecnologico articolato in pi
operazioni eseguibili da pi macchine diverse, secondo ordini differenti da lavoro a lavoro;
a differenza dall'open shop, il flusso unidirezionale, come nel caso, per esemplificare, di
molte lavorazioni meccaniche.
La seconda classificazione si riferisce al tipo di tecnica utilizzata nel modello di
programmazione lineare. In tal senso, limitandoci ad una suddivisione per grandi aggregati, si
suole distinguere tra metodi di ottimizzazione analitici, algoritmici e metodi euristici; i primi
sono volti alla determinazione di soluzioni ottime, attraverso, come gi accennato, la
massimizzazione o la minimizzazione di una funzione obiettivo, compatibilmente con i vincoli
accolti; i secondi, in presenza di soluzioni in numero finito, ricercano la soluzione ottima in un
numero limitato di passi; i terzi, invece, sono orientati alla ricerca di soluzioni buone,
generalmente empiriche, intorni ragionevoli dell'ottimo.
La terza classificazione fatta in relazione agli obiettivi perseguiti dai singoli modelli di
programmazione operativa; in generale si tratta di massimizzare o minimizzare un valore
obiettivo, nel rispetto di uno o pi valori vincolo. I valori obiettivo si riferiscono alle performace
fisiche del sistema produttivo, non potendosi generalmente, in programmazione operativa,
perseguire la minimizzazione di funzioni di costo, come avviene nei livelli di programmazione
superiori. Ci in ragione sia del ridottissimo orizzonte temporale che induce scarsa
discrezionalit alla gran parte delle risorse considerate, rendendo assolutamente poco sensibile
ogni approccio di analisi differenziale, sia della rilevanza di prestazioni (tempi, livelli di scorta,
saturazioni) difficilmente valorizzabili nel brevissimo termine. Prescindendo dunque
dall'approccio seguito, l'obiettivo della modellistica impiegabile risiede generalmente nella:
- massimizzazione del coefficiente di utilizzazione delle macchine, ovvero, con riferimento
ad un definito portafoglio ordini, nella minimizzazione del suo tempo globale di
completamento (makespan);
- minimizzazione di una qualsivoglia funzione dei ritardi rispetto ai termini di consegna;
- minimizzazione dei tempi di set-up;
- minimizzazione del Wip (Work in process)
- ottimizzazione di una funzione obiettivo che comprenda pi obiettivi precedenti,
generalmente ottenuta con tecniche di programmazione lineare.
Si detto, in precedenza; che l'essenza della programmazione operativa risiede nella necessit
di allocare le operazioni alle diverse macchine, nel tempo, secondo determinate sequenze; il
sequencing, pertanto, determina l'alternanza dei lavori che debbono esser processati da una
macchina, a priori, dal primo all'ultimo. In realt multifase a sequenza tecnologica obbligata, in
cui il ritmo produttivo viene sostanzialmente scandito dalla fase (o risorsa) scarsa, tali pratiche
di sbottigliamento si impongono di frequente sia in fase progettuale, sia in fase di regolazione

54

delle attivit. E' il caso, ad esempio, della fabbricazione dei cavi elettrici in cui i fili di rame
trafilati in sezioni di differenti diametri, prima di essere inguainati, vengono intrecciati in
trefoli, in ragione delle specifiche di portata, su un macchinario detto cordatrice.
Praticamente tutti i cavi subiscono la fase della cordatrice, mentre il macchinario a monte
(trafile) ed a valle (estrusori) sono dedicati per gruppi di cavi appartenenti ai medesimi intervalli
di diametro. Il bilanciamento capacit-carico della cordatrice risulta dunque un elemento critico,
condizionante la programmazione operativa dell'intero reparto." (Grando, 1995 pp. 173-189)

"Le modalit di programmazione della produzione ("scheduling"), cambiano in


relazione alla tipologia di processo produttivo dell'azienda anche se gli obiettivi di
programmazione sono sostanzialmente gli stessi: adattare la forza lavoro e i materiali alla
tecnologia e alle attrezzature disponibili in modo da soddisfare a basso costo le consegne
dell'intera gamma di prodotti offerti. Tutti i processi richiedono una certa attenzione nella
previsione della domanda e nell'allocazione delle risorse (lavoro, materie prime e macchinari)
per poter far fronte a tale domanda (diremo di pi sulla previsione e sullo sviluppo dello
scheduling tra breve).
Se la capacit produttiva soddisfa o eccede la domanda, il piano di produzione viene definito
realizzabile. La programmazione delle esigenze di capacit produttiva un modo per stabilire la
praticabilit di un piano di produzione (cio il Master Schedule). Comunque un buon piano di
produzione a sviluppo fattibile e a bassi costi che siano compatibili con le vere necessit
dell'azienda sono l'obiettivo di questa prima parte del capitolo. I diversi processi produttivi
differiscono per i modi in cui tale obiettivo generale viene tradotto in piani di attuazione pi
particolari. Sono ora necessari alcuni commenti su queste differenze.
L'identificazione delle risorse scarse. In quasi tutti i casi, l'adattamento della forza lavoro e delle
materie all'attrezzatura e alla tecnologia disponibili (problema discusso precedentemente come
parte dell'obiettivo di programmazione della produzione) non pu essere perfetto. O la forza
lavoro la risorsa scarsa ed esiste quindi attrezzatura in eccesso, o l'attrezzatura una risorsa
scarsa ed esiste forza lavoro in eccesso. Quale che sia la risorsa scarsa avr un impatto decisivo
sulla programmazione della produzione. Il programma di produzione progettato per mantenere
l'attrezzatura impegnata (lunghi cicli di produzione), o progettato per mantenere occupata la
forza lavoro (attraverso molti attrezzaggi e cicli di produzione pi brevi)? E' relativamente meno
costoso mantenere inattiva l'attrezzatura rispetto alla forza lavoro, o vero il contrario? Il
problema facile da porre, ma nella pratica pu essere molto difficile rispondere. Da un lato,
facile capire perch le aziende che lavorano con produzioni continue capital intensive tutta la
propria capacit a una attenta azione di scheduling dei macchinari; una condizione di non
utilizzo dei macchinari costa all'azienda in termini di ricavi mancati (il costo opportunit
molto elevato). D'altro canto, evidente che un job shop pu immagazzinare un certo numero di
attrezzature per le macchine che possano rimanere inutilizzati buona parte del tempo. Alcune
macchine hanno funzioni specializzate e rimangono inutilizzate per questa ragione, mentre altre
possono rendersi utili per sporadiche lavorazioni in tandem o per spezzare strozzature croniche.
In queste tipologie di produzione normalmente meno costoso tenere inutilizzata l'attrezzatura
piuttosto che la manodopera; la programmazione della produzione potrebbe richiedere un piano
di breve periodo nel caso si voglia raggiungere l'obiettivo di consegne puntuali e di ridurre al
minimo le strozzature.
Questi due esempi sono casi opposti. In mezzo vi un mare di grigio. Per la gran parte dei flussi
a lotti e in linea non sempre chiaro se sia pi conveniente tenere attrezzature o lavoro
inutilizzati, e quindi se un ciclo di produzione lungo debba essere apprezzato maggiormente di
una serie di cicli brevi. La decisione dipende da fattori come il costo dell'attrezzatura, del
lavoro, del mantenimento o della rottura di stock, oltre che da fattori come il ritmo di
produzione, i prezzi e il livello della qualit.

55

La definizione di che cosa importante. Se l'intera gamma di prodotti di una azienda non pu
essere prodotta in tempo, che parte del mix di prodotti dovrebbe essere prodotta prima? Il
programma di produzione dovrebbe essere sensibile a quei prodotti o servizi a pi alta
contribuzione in unit di tempo o in unit di qualche altra risorsa scarsa. I programmi di
produzione, in particolare alla fine del mese, del quadrimestre o dell'anno, sono spesso
maggiormente diretti verso quei prodotti a pi alto contributo in termini di valore o verso quelli
che possono essere completati e fatturati in minor tempo. In molte aziende, il grande caos di fine
mese per far uscire i prodotti in realt un caos per far uscire in tempo i "prodotti vincenti",
lasciando per il mese successivo i prodotti di minor vendita e minor guadagno. Questo tipo di
scheduling, ovviamente, prevale nei processi job shop e a "lotti"; i processi meno flessibili
seguono programmi di produzione pi rigidi.
La disponibilit di materie prime. Tutti i processi produttivi richiedono che le materie prime
necessarie alla produzione siano disponibili per tempo. Ci che distingue i vari processi il
modo in cui le materie prime vengono distribuite nelle varie fasi. Nei processi a flusso continuo
automatizzati, i tempi dei cicli del prodotto sono fissi e le materie prime possono essere
strettamente legate allo scheduling del programma di produzione, se di fatto la loro consegna
affidabile. L'assemblaggio delle automobili l'esempio classico di stretto collegamento fra
l'afflusso delle materie prime e il piano di produzione. Nel caso dei job shop e dei processi "a
lotti", - che sono relativamente poco rigidi - il legame fra piano di produzione e materie prime
meno importante. Tali processi dovrebbero sfruttare la loro flessibilit; la sincronizzazione
stretta delle materie al piano di produzione priverebbe questi processi della loro capacit di
modificare in tempi anche molto brevi il programma di produzione senza altri vantaggi
tangibili.
Molte imprese utilizzano "scorte polmone" per dividere le esigenze di gestione delle
informazioni e delle materie prime dell'intero processo in segmenti omogenei che possono
essere gestiti pi facilmente. Vi connesso ovviamente un costo, perch le scorte devono essere
finanziate, ma tale costo pu essere sostanzialmente minore di quelli connessi all'introduzione di
sistemi MRP o al finanziamento di accresciute scorte di prodotti finiti.
La gestione delle materie prime. Esistono due filosofie comuni per controllare la gestione delle
materie prime attraverso un processo produttivo. La prima consiste nell'alimentare determinate
stazioni di lavoro con componenti e altre materie prime. Questa filosofia quella prevalente nei
processi a flusso in linea e continuo. La seconda preleva dal magazzino le componenti
appropriate delle scorte all'inizio del processo e le dispone in kits, i quali successivamente
vengono assemblati nel prodotto finale.
Nel primo caso, il compito del management di mantenere aggiornata l'informazione relativa
allo stato delle scorte di materie prime in ciascuna stazione di lavoro. Nel secondo, il compito
quello di evitare le sparizioni dai kits dei componenti che si presentano scarsi nel prodotto
lavorato in qualche altra parte del processo. In entrambe sono evidentemente necessarie delle
procedure per individuare le parti mancanti e per sveltire la loro acquisizione; devono quindi
essere sviluppati sistemi per la rilevazione e il coordinamento con le funzioni degli acquisti e
del controllo di inventario delle scorte." (Schmenner, 1987 pp. 255-259).

1.E.6 Il controllo della produzione


"Il controllo della produzione costituisce l'ultima fase del processo di programmazione, ed
volto alla rilevazione dell'andamento effettivo del sistema produttivo ed all'interpretazione di
ogni eventuale scostamento tra valori rilevati e valori attesi; parimenti, esso risulta la fase
iniziale del ciclo di programmazione immediatamente successivo. Nella interpretazione
circolare del processo di programmazione e controllo della produzione, la fase del controllo
emerge pertanto quale simultaneo elemento di output e di input rispettivamente del ciclo di
programmazione compiuto e di quello successivamente avviato.

56

Parlando di controllo, bene distinguere tra controllo di produzione, inteso quale attivit di
regolazione fine del processo di programmazione, e controllo del sistema produttivologistico, volto invece alla misura delle pi generali prestazioni del quale, comunque, il
processo di programmazione risulta un momento di centrale importanza.
Circa il primo profilo di indagine, dunque, la regolazione fine si concreta in una attivit
condotta incessantemente e presente, di fatto, nella fase di programmazione operativa o
scheduling. Le regole di assegnazione delle priorit o i diagrammi di Gantt hanno infatti il
principale scopo di monitorare lo stato di funzionamento del sistema e di effettuare un
controllo di avanzamento dei lavori.
Il valore segnaletico di tale attivit di controllo pu essere differentemente osservato, in termini
di:
- controllo di retroazione, o di feedback, orientato alla interpretazione del passato, e inteso a
rilevare gli scostamenti tra risultati programmati e consuntivati;
- controllo della direzione di marcia o di feedforward, orientato alla lettura del futuro, basato
sulla interpretazione degli accadimenti passati, quali sintomi, predittivi di eventi prospettici.
In tal senso, appartengono al primo tipo di controllo indicatori quali gli scostamenti rilevati nei
tempi di produzione, nei consumi di materiali, nell'incidenza di scarti o in variazioni di
produttivit; al secondo tipo di controllo si possono invece ascrivere indicazioni circa attesi
ritardi nelle consegne, necessit di incrementare le capacit produttive, ecc.
Il controllo di produzione, pertanto, esplica la sua efficacia prevalentemente nella sfera delle
condizioni operative interne ed offre utili indicazioni progettuali per il pronto adeguamento del
sistema, progressivamente ritarato al fine di garantire il conseguimento delle pi generali
prestazioni di produttivit, qualit, flessibilit e servizio." (Grando, 1995, pp 199-201)
"Il controllo della produzione di fatto significa assemblaggi accurati, informazione puntuale
sullo stato delle ordinazioni, dei materiali e del processo stesso, la capacit di comunicare tali
informazioni in modo preciso e veloce ai lavoratori e ai manager con una puntuale indicazione
delle priorit in modo che essi possano intraprendere azioni correttive.
In larga misura, il controllo della produzione strettamente accoppiato alla gestione dei
materiali (acquisti e scorte) e alla programmazione e allo scheduling della produzione. Per
fornire informazioni che servono a correggere un problema che vada oltre la formulazione dello
scheduling, il controller deve conoscere il piano di produzione, i livelli delle scorte, lo stato di
avanzamento delle commesse e ci che ancora manca per il loro completamento. Quindi tutte le
discussioni sulla gestione dei materiali e sulla programmazione della produzione che hanno
preceduto questa sezione hanno un peso diretto sull'argomento del controllo di produzione.
Quello che spesso si dimentica nella fretta di soddisfare le ordinazioni che parte delle
informazioni che servono a guidare e a controllare il processo interessano la forza lavoro. I
lavoratori devono necessariamente conoscere molte informazioni prima di poter svolgere
tranquillamente il proprio lavoro: cosa devono lavorare, come devono farlo, quanto tempo
devono impiegare, e verso che direzione prosegue il prodotto una volta terminata la loro
mansione. Come dovrebbe essere chiaro dall'esame dei vari tipi di processo, talvolta queste
informazioni devono essere trasmesse ai lavoratori ripetutamente; altre volte essi conoscono gi
quello che viene loro richiesto. La Figura 23 riassume le necessit di informazioni dei lavoratori
che sono tipiche dei vari processi.

57

Processi
Job shop

Flusso
a lotti

Oggetto
del lavoro
Detto dal
caporeparto
Detto dal caporeparto o implicito
nella sequenza del
ciclo

Modalit
di esecuzione
Scritto sul ciclo di
lavorazione allegato
alla commessa
O noto o scritto su un
tagliando di processo
attaccato al lotto

Flusso
in linea

Tempo
assegnato
Scritto sulla scheda di
lavorazione attaccata
alla commessa
Implicito nel ritmo di
lavoro o scritto nel
tagliando di processo
che accompagna la
commessa
Dipende dai ritmi del
lavoratore o della linea

Determinato dalla
Noto (eventuali eccesequenza della linea zioni possono essere
specificate su un
tagliando di processo)
Flusso
Determinato dal
Noto, possibilit di
Determinato dal layout
continuo
layout del processo poche variazioni
comunicate a parte
Figura 23 - Informazioni utili per il lavoratore nei diversi tipi di processo, (Tratto
1987).

Fase
successiva
Scritto in allegato
alla commessa
Scritto su un
cartellino allegato

Dipende dal layout


della linea

Determinato dal
layout
da R.W. Schmenner,

Naturalmente, alcuni sistemi di controllo della produzione per lavorazioni di routine,


determinando le priorit e specificando i compiti richiesti a ciascun lavoratore, sono migliori di
altri. Quando un job shop o un flusso a lotti accumula scorte di semilavorati, c' da scommettere
che i sistemi di routine, di determinazione delle priorit o di specificazione del processo stanno
andando in crisi e devono essere rivisti. Per esempio, in un reparto dove si in un continuo
clima di emergenza, bisogna rivedere tutto il sistema di controllo.
Ci che di solito viene definito controllo operativo consiste nel lancio in ordine della commessa,
verifica dello stato di avanzamento, sollecitudine ed eventuali revisioni dello scheduling. Tutto
ci di particolare importanza nel job shop e nel processo a lotti, dove la rotazione dei lavori
spesso irregolare e le ordinazioni rilasciate al reparto possono essere rallentate dalla ricerca dei
materiali necessari. Gi discussi nella sezione sullo scheduling della produzione vi sono anche i
differenti tipi di regole di priorit che sono stati proposti per agevolare il disbrigo dei lavori in
un contesto di job shop.
Un buon controllo della produzione molto di pi che un semplice lavoro di disbrigo e
sollecitazione alla puntualit della lavorazione; esso riguarda anche l'anticipazione dei problemi
prima che possano verificarsi e dell'adozione di azioni correttive. Una parte necessaria del
controllo della produzione riguarda la generazione e la riordinazione di liste di parti mancanti,
di liste di componenti in via di esaurimento e di liste di commesse in ritardo nelle consegne o
nella lavorazione. Un efficace controllo della produzione deve quindi operare in tal modo,
perch la lavorazione diventi (o si mantenga) economica, con un adeguato servizio per la
clientela e con investimenti in scorte che non siano fuori del normale.
Come abbiamo gi osservato, una delle attrattive di un sistema di pianificazione dei fabbisogni
di materie prime che rappresenta un approccio anticipatore della gestione dei materiali e che
cerca di legare l'andamento degli acquisti a quello delle commesse. Questo modo di pensare
incoraggia un buon controllo della produzione, e sottolinea il flusso di informazioni che i
lavoratori ricevono e rimandano al management. Un buon controllo della produzione implica
sempre pi il fatto che il processo si muova in buon ordine.
Un processo produttivo che non subisce mai interruzioni deve ancora essere inventato. In tutti i
processi sono previste procedure per ovviare alle interruzioni e altri eventuali problemi. Alcune
di queste sono informali (ricorrere al caporeparto), altre sono formali(come attivare uno speciale
allarme o strappare un cartellino di controllo). Naturalmente, la penalit che l'azienda deve
pagare differiscono profondamente da errore a errore.

58

Un'errata foratura di 20 o 30 pezzi di metallo in una azienda job shop, anche se costituisce una
seccatura, non certo la calamit rappresentata dalla rottura della carta in una continua che
produce a pieno ritmo. Soprattutto nei processi produttivi ad alti volumi, necessario destinare
gran quantit di tempo e di denaro per assicurare che il processo produttivo proceda a un ritmo
rapido il pi possibile ma coerente con gli standard di qualit prestabiliti. La manutenzione,
specie quella preventiva, diventa un momento importante nella vita di tali processi e merita
considerevole attenzione nella fase di scheduling.
Il rispetto dello "scheduling"
Le esigenze di controllo del rispetto dello scheduling sono minori in quei processi produttivi
dove il ritmo della produzione scandito in modo meccanico o tecnologico; di solito in tali
processi sono necessarie solo poche formalit. Invece, quando il ritmo della produzione non
meccanico, questo controllo un ingranaggio importante in tutta la produzione.
Di solito esso viene facilitato dall'uso di alcuni strumenti visivi che tracciano lo stato delle
varie lavorazioni o dei vari lotti nel loro procedere attraverso i passi del processo o delle
giornate di lavorazione. L'uso di tali strumenti visivi stato diffuso da Henry Gantt nei
primi anni del 1900, per cui essi vengono spesso chiamati grafici di Gantt.
La Figura 24 un esempio di utilizzo di un grafico di Gantt per il controllo di scheduling.
Questo diagramma indica l'avanzamento della lavorazione lungo una colonna rappresentante il
giorno corrente (o la settimana) di lavorazione.
La figura illustra le lavorazioni/lotti che sono state programmate per l'inizio in differenti giorni
di produzione e la cui durata prevista varia. La durata prevista indicata dall'intero rettangolo
mentre la produzione gi conclusa indicata dalla parte scura dei rettangoli stessi.
Quelle lavorazioni/lotti la cui parte scura del rettangolo alla sinistra della colonna che indica il
giorno di lavorazione sono in ritardo nel programma; quelle la cui parte scura alla destra sono
avanti nel programma.

Lavorazioni/lotti

Giorno di produzione
4

1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Colonna indicante il giorno
corrente di produzione

Figura 24 - Un controllo di tabella a traccia a colonna, (Tratto da R.W.Schmenner, 1987)

Questo strumento permette di rappresentare lavorazioni con differenti tempi di inizio e di


termine. Inoltre anche le lavorazioni/lotti che occupano tempo al di fuori della tabella possono
essere rappresentate (per esempio il rettangolo grigio chiaro rappresenta il ritardo della
commessa 2).

59

Poich il grafico costruito per giorni di lavorazione nello stesso giorno possono essere
rappresentate differenti operazioni. Naturalmente, la capacit e l'utilizzazione della capacit
delle varie macchine deve essere considerata separatamente.
Tali strumenti visivi si prestano a una serie di convenzioni grafiche. Per esempio, differenti
simboli o colori possono distinguere i tempi di attesa o di manutenzione dalla produzione
corrente. Differenti simboli o colori possono indicare l'operazione o il reparto della fabbrica
dove la lavorazione/lotto si trova o si trover. La scelta della convenzione dipende solamente
dall'utilit o dalla disponibilit dell'informazione." (Schmenner, 1987 pp. 289-293).

60

1.F - La gestione dei progetti


"Il progetto - costruire un grattacielo o mandare un uomo sulla luna - presenta molte
caratteristiche comuni con altri tipi di processi produttivi. Certe attivit devono essere
completate prima che inizino le altre, e ciascuna attivit ci si pu attendere che impieghi un
determinato periodo di tempo, proprio come negli altri tipi di processo. Ma la nostra
preoccupazione per l'equilibrio della fabbrica, cos importante nel nostro modo di pensare
riguardo ai processi produttivi, non ci disturba nel pensare a un progetto, perch un progetto, per
definizione, un'operazione che si esaurisce in un periodo di tempo e i lavoratori generalmente
vi lavorano per un certo tempo e poi si spostano su qualche altra lavorazione. E' tipico di un
progetto occupare un numero di persone sempre diverso, e con qualificazioni molto differenti.
Non teniamo conto delle condizioni di inattivit - gli operai si spostano da un progetto all'altro
esattamente come gli scienziati e i progettisti.
Quello che conta in un progetto la sua realizzazione puntuale, perch spesso i progetti hanno
importanti date di scadenza da rispettare. Lo scheduling quindi assolutamente decisivo nella
gestione di un progetto. Diverse tecniche sono state sviluppate per indicare le attivit di un
progetto che devono essere compiute in tempo (a pena di ritardare l'intero progetto) e le attivit
che possono in qualche modo essere ritardate. Una di queste tecniche, la pi diffusa, chiamata
CPM (Critical Path Method), e qui ve ne proponiamo una sintesi.
Il concetto di sentiero critico
Il concetto di sentiero critico inizia con una rappresentazione del progetto in un diagramma su
cui sono indicati i tempi attesi di completamento di ciascuna attivit. La Figura 25
l'illustrazione semplificata di un progetto tipico di molte aziende: la nascita di un nuovo
stabilimento. Il diagramma di precedenza indica che alcune attivit devono precedere altre ma
anche che molte attivit possono procedere insieme.
B
Selez. direttore
di stabilimento/personale di management
(3 mesi)

G
Colloqui e
assunzioni
del personale
(3 mesi)

D
Selezione e
acquisto delle
attrezzature
(2 mesi)

A
Approvaz.
progetto

C
Sopralluoghi
tecnici
(1 mese)

L
Addestramento
personale
(2 mesi)
H
Consegna
attrezzature
(9 mesi)

I
Costruzione
delle strutture
(11 mesi)

E
Progetto
definitivo
(3 mesi)

M
Installazione
di attrezzature
e sistemi
(1 mese)

N
Inaugurazione
stabilimento

J
Layout
definitivo
(1 mese)

F
Urbanizzazione
(6 mesi)

K
Progettazione delle
procedure per il
controllo di produzione,
scorte, acquisti e
contabilit
(4 mesi)

Figura 25 - Reticolo orientato per un progetto di costruzione di un nuovo stabilimento, (Tratto da


R.W.Schmenner, 1987).

61

Il concetto di fondo che la durata minima di un progetto uguale all'intervallo pi lungo tra la
prima e l'ultima fase. Nella Figura 25 il sentiero pi lungo da A (approvazione del progetto ) a N
(inizio attivit stabilimento) comprende le attivit A,C,E,I,L e N, che occupano un totale di 17
mesi. Il sentiero pi lungo tra l'approvazione del progetto e l'inizio dell'attivit dello
stabilimento chiamato "sentiero critico", soprattutto perch ogni ritardo lungo tale sentiero di
attivit danneggia l'intero progetto. E' tale sentiero critico che merita grande attenzione da parte
del management. Tutti gli altri sentieri dall'inizio alla fine prevedono almeno un mese di tempo
in meno, e quindi posso subire ritardi di varia durata senza minacciare i 17 mesi di tempo di
completamento della tabella.
Per esempio, gli altri due sentieri pi lunghi dopo quello critico comprendono le seguenti
attivit:
1. A - C - E - I - M - N 16 mesi
2. A - B - D - H - L - N 16 mesi
Vi possono essere ritardi fino a un mese in tali sentieri senza che questo pregiudichi l'intero
progetto. Si noti comunque che il primo sentiero molto simile al sentiero critico, perch
differisce solo nell'attivit M che sostituita dall'attivit L. Il ritardo in tale sentiero pu esservi
solo nell'attivit M (installazione di attrezzature e sistemi). Se vi fosse ritardo in ogni altra
attivit, ad esempio la I (costruzione dell'immobile), il sentiero critico ne verrebbe influenzato e
verrebbe ritardato l'intero progetto.
Il secondo sentiero pi flessibile in merito a dove si possono commettere ritardi. Solo una
delle attivit, la L (addestramento dei lavoratori) in comune con il sentiero critico. Quindi il
mese di anticipo pu essere utilizzato sulle attivit B, D o H senza influenzare il sentiero critico
in alcun modo. Altri sentieri naturalmente sono decisamente pi flessibili e possono essere
affrontati con un ritmo molto pi tranquillo, se necessario. Per esempio: il sentiero pi alto del
diagramma (A - B - G - L - N) ha un tempo di esecuzione atteso di 8 mesi, con solo l'attivit L
in comune con il sentiero critico. L'attivit G pu essere ritardata fino a 9 mesi senza far
ritardare l'intero progetto. Invece l'attivit B non pu essere ritardata troppo, perch fa parte del
secondo sentiero pi lungo, e pu essere ritardata solo di un mese per non influenzare il tempo
di completamento dell'intero progetto.
Questo esempio evidenzia un punto importante della questione dei sentieri critici e dello
scheduling dei progetti. Al trascorrere del tempo della vita dei progetti, ci si debbono attendere
ritardi e anche accelerazioni. Quello che un sentiero critico all'inizio di un progetto (ossia
A,C,E,I,L,N) pu non rimanerlo se molti ritardi (o accelerazioni) colpiscono il progetto stesso.
Questo significa che il manager del progetto deve periodicamente ricalcolare il sentiero critico
per controllare se egli si sta muovendo sulle attivit giuste, che consentono di completare il
progetto nel minor tempo possibile.
Il metodo del sentiero critico (CPM)
Finora abbiamo calcolato il sentiero critico considerando tutti i sentieri e scegliendo quello con
la durata pi lunga. Nei casi semplici, come in questo di costruzione di uno stabilimento, un
metodo fattibile e del tutto ragionevole di scegliere il sentiero critico. Quando i progetti
diventano pi complicati, con un numero maggiore di attivit, tale metodo cessa di essere
conveniente. Fortunatamente esiste un'altra procedura, il metodo del sentiero critico, che pu
abbassare i tempi di soluzione in modo radicale.
In sostanza, il CPM solo una procedura di calcolo per identificare le attivit che hanno un
certo margine di tempo per eventuali ritardi rispetto a quelle che non lo hanno: Queste ultime,
ovviamente, compongono il sentiero critico o i sentieri critici. Questa procedura di calcolo si
compone di tre fasi.
1. Si passa attraverso tutte le attivit, dall'inizio alla fine, segnando tutti i pi brevi tempi
possibili in cui ciascuna attivit pu essere iniziata e conclusa, posto che tutto ci che
precede un'attivit deve essere gi stato fatto. Per ogni operazione, quindi, significa

62

esaminare tutte le fasi immediatamente precedenti (ossia quelle le cui frecce arrivano
nell'attivit in considerazione) e scegliere come tempo di inizio pi immediato per l'attivit
in questione il tempo di termine delle attivit precedenti pi lungo. Questi tempi minimi di
inizio e fine per ogni attivit sono indicati, per il nostro esempio di costruzione di uno
stabilimento in Figura 26.
2. Si passa attraverso tutte le attivit, ma in ordine inverso, dalla fine all'inizio, questa volta
calcolando gli ultimi tempi possibili in cui ciascuna attivit potrebbe essere iniziata e
conclusa, dato che tutte le altre attivit che la seguono possono essere compiute dopo di
essa. Per ogni attivit quindi, significa esaminare tutte le altre immediatamente successive
(ossia quelle le cui frecce partono dall'attivit in questione) e scegliere come ultimo tempo
di termine per l'attivit in questione il pi vicino tempo di inizio fra le attivit successive.
Questi tempi ultimi di inizio e di fine sono indicati sono indicati separatamente per il nostro
esempio in Figura 27.
3. La fase finale il confronto fra i primi tempi di inizio e di fine e gli ultimi tempi di inizio e
fine. Le attivit i cui tempi di inizio e di fine differiscono sono quelle che presentano un
certo margine di scelta. Quelli che presentano tempi uguali fra loro costituiscono il sentiero
critico. La Figura 28 combina tutti i tempi in un unico diagramma e definisce il sentiero
critico.
0,

3,

3,

6,
G
(3 mesi)

B
(3 mesi)

15,

17,
L
(2 mesi)

3,

5,

5,

14,

D
(2 mesi)

H
(9 mesi)

0
A

0,

1,

1,

C
(1 mese)

4,

4,

E
(3 mesi)

15,
I
(11 mesi)

5,

15,

16,
M
(1 mese)

17

17
N

6,
J
(1 mese)

3,

7,
K
(4 mesi)

0,

6,
F
(6 mesi)

Figura 26 - Anticipazione massima dell'inizio (in alto a sinistra) e di fine attivit (in alto a destra) per il
progetto di costruzione di un nuovo stabilimento (Tratto da R.W.Schmenner, 1987).

63

,1

,4

,12

B
(3 mesi)

,15
G
(3 mesi)
,15

,17
L
(2 mesi)

,4

,6

,6

,15

D
(2 mesi)

H
(9 mesi)

0
A

,0

,1

,1

,4

C
(1 mese)

,4

,15

E
(3 mesi)

,16

I
(11 mesi)

,15

,17

17

M
(1 mese)

17
N

,16
J
(1 mese)

,12

,16
K
(4 mesi)

,11

,17
F
(6 mesi)

Figura 27 - Massimo ritardo di inizio (in alto a sinistra) e di fine attivit (in alto a destra) per il progetto
di costruzione di un nuovo stabilimento (Tratto da R.W.Schmenner, 1987).
0,1

3 ,4

3,12

B
(3 mesi)

6,15
G
(3 mesi)
15,15

17,17

L
(2 mesi)
3,4

5,6

5,6

D
(2 mesi)

14,15
H
(9 mesi)

0
A

0,0

1,1

1,1

C
(1 mese)

4,4

4,4

E
(3 mesi)

15,15
I
(11 mesi)

5,15

15,16

16,17

M
(1 mese)

17

17
N

6,16

J
(1 mese)

3,12

7,16
K
(4 mesi)

0,11

6,17

F
(6 mesi)

Figura 28 - Confronto tra i dati di inizio e di fine per il progetto di costruzione dello stabilimento (Tratto
da R.W.Schmenner, 1987).

64

I costi e i tempi di un progetto CPM


Di solito i progetti (come la costruzione di un nuovo stabilimento, Figura 25) non devono
necessariamente essere terminati nel minor tempo possibile, ma piuttosto devono essere
conclusi entro un certo lasso di tempo, sta poi al responsabile decidere la scadenza esatta.
Spesso essi sono influenzati da considerazioni di costo, perch di solito i contratti prevedono
una ricompensa per un'anticipata fine dei lavori e una penalit per il ritardo. Queste ricompense
e queste penalit devono essere confrontate con i costi connessi all'accelerazione delle attivit
del progetto che si ripercuotono sul budget del progetto stesso. Il CPM pu servire a valutare
tali decisioni in merito ai tempi e ai costi del progetto.
Definizione della scadenza
Il CPM pu risolvere anche questo problema. Il lasso di tempo accettabile pu essere definito
come il periodo compreso tra l'inizio/fine pi vicino e l'inizio/fine pi lontano possibile. Per
ritornare al nostro esempio, se la costruzione dello stabilimento deve essere completata tra 17 e
21 mesi dall'inizio, i valori di Figura 28 andrebbero modificati come in Figura 29.
Lavorando con il CPM importante definire questo ambito di tolleranza distinguendo fra
tolleranza totale e tempi morti. La tolleranza totale la differenza fra le prime e ultime date di
fine (o fra le prime e ultime date di inizio) di ogni attivit. Il tempo di inattivit totale di una
fase il massimo periodo di tempo di cui l'operazione pu essere ritardata a partire dalla sua
prima data di inizio senza provocare il ritardo dell'intero progetto. Questo concetto di tempo di
inattivit totale pu essere usato per definire il sentiero critico; questo composto da quelle
attivit che presentano il tempo di inattivit minimo (ossia le pi piccole differenze,
possibilmente zero, tra i primi e gli ultimi inizi e fini). I tempi morti, invece, indicano di quanto
un'attivit pu essere ritardata senza ritardare il progetto. I tempi morti sono quindi uguali alla
differenza tra il momento in cui si esaurisce una certa attivit e la somma dei tempi relativi alle
altre fasi, che debbono effettuarsi in parallelo ad essa.
Si consideri il sentiero A-B-K-M-N in Figura 29. L'attivit M pu essere ritardata al massimo di
un mese senza rischiare di ritardare l'intero progetto, ossia: al pi presto si conclude in 16 mesi
mentre la fase parallela N non pu impiegarne meno di 17. La mancanza di tempo di inattivit
netto non significa, comunque, che se l'attivit B venisse inavvertitamente ritardata, l'intero
progetto ne risulterebbe ritardato. L'attivit B, infatti, non si trova sul sentiero critico. Essa ha un
tempo totale di inattivit di un mese e potrebbe essere ritardata di un mese senza
necessariamente provocare un ritardo nel progetto.
E' spesso utile impiegare un grafico di Gantt a reticolo per tracciare e programmare le attivit
non critiche (si veda la Figura 30). Tali grafici si compongono di due parti, una che descrive
tutte le attivit al loro tempo primo di inizio e l'altro che descrive le attivit al loro tempo ultimo
di inizio. I grafici Gantt a reticolo possono anche includere dati sulla forza lavoro programmata
per periodo di tempo e dati sui costi sostenuti per periodo di tempo. La Figura 30 si riferisce al
reticolo della Figura 28 dove non c' il lasso di tempo per il completamento del progetto. Si noti
come le attivit appartenenti al sentiero critico si coordino l'una con l'atra su tale grafico.

65

0,5

3,8

3,16

B
(3 mesi)

6,19
G
(3 mesi)
15,19

17,21

L
(2 mesi)
3,8

5,10

5,10

D
(2 mesi)

0,4

14,19

H
(9 mesi)

0,4
A

0,4

1,5

1,5

C
(1 mese)

4,8

4,8

E
(3 mesi)

15,19

15,20

I
(11 mesi)

5,15

17,21 17,21

16,21

M
(1 mese)

6,16

J
(1 mese)

3,12

7,16
K
(4 mesi)

0,11

6,17

F
(6 mesi)

Figura 29 - Aggiunta di 4 mesi (lasso di tempo utile) al progetto di costruzione di un nuovo stabilimento
(Tratto da R.W.Schmenner, 1987).

Tabella delle attivit di primo inizio


Mesi
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N

Tabella delle attivit di ultimo inizio


Mesi
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

Attivit programmate
Attivit che possibile sia anticipare che ritardare

Figura 30 - Un grafico GANTT basato su reticolo per il progetto di costruzione di un nuovo stabilimento
(Tratto da R.W.Schmenner, 1987).

Il "trade off" fra tempo e costi


Si supponga di togliere due mesi sia al tempo di costruzione del nuovo stabilimento che al
tempo di consegna dell'attrezzatura necessaria, e che questo comporti un determinato costo. I
costi in cui si incorre nell'accelerare queste due attivit sono rappresentati in Figura 31.

66

ATTIVITA'

Costo dell'anticipo di
1 mese ($)
50.000
20.000
5.000

Costruzione delle strutture (I)


Consegne attrezzatura (H)
Selezione del manager di stabilimento e
del personale del management (B)

Costo dell'anticipo di
2 mesi ($)
75.000
40.000
impossibile

Figura 31 - Costo di "anticipo" di tre attivit nel progetto di costruzione dello stabilimento (Tratto da
R.W.Schmenner, 1987).

Si supponga inoltre che avere il nuovo stabilimento in funzione un mese o due prima possa
comportare un guadagno previsto di 70.000 dollari/mese, in quanto il nuovo stabilimento offre
una capacit non altrimenti ottenibile. Queste attivit dovrebbero quindi essere decurtate di uno
o due mesi? Come pu il metodo del sentiero critico aiutare in questa analisi? Come dovrebbe
essere evidente questa decisione compete all'analisi marginale. Ossia conveniente accelerare il
progetto se i benefici addizionali sono maggiori dei costi addizionali sostenuti. Se i costi
superano i benefici, meglio lasciare il progetto al suo programma originario.
Il metodo del sentiero critico pu essere utile in quanto indica, per ogni lunghezza di progetto
scelta, quali attivit devono essere accelerate e quali debbano essere mantenute nei tempi del
programma originario. La soluzione ideale sarebbe ritardare quelle attivit che possono essere
ritardate e sveltire quelle che posso no essere sveltite (e, se esistesse la possibilit di scegliere,
sveltire quelle attivit che comportano costi minori). Messa in un altro modo, vorremmo che
tutte le attivit fossero sul sentiero critico, perch in tal modo si incorrerebbe nella minore spesa
per aver affrettato il progetto.
Cosa comporta questo nel nostro esempio? Per completare il nostro progetto in 16 mesi invece
che in 17, l'attivit I (costruzione dell'impianto) dovrebbe essere accorciata perch essa (non
l'attivit H, consegna delle attrezzature) sul sentiero critico. L'attivit H pu essere mantenuta
al programma originario. I costi di acceleramento del progetto sarebbero di 50.000 dollari e i
benefici di 70.000 dollari. E' chiaro che il progetto dovrebbe essere affrettato di almeno un
mese: Si noti che ora vi sono due sentieri critici: A-C-E-I-L-N e A-B-D-H-L-N.
Cosa dire di un sveltimento del progetto da 16 mesi a 15? Completare la costruzione dello
stabilimento in 15 mesi significa che la costruzione dell'impianto (attivit I) dovrebbe essere
affrettata di un altro mese (per il sentiero critico A-C-E-I-L-N) e che o l'attivit H (consegna
delle attrezzature) o l'attivit B (selezione del personale) dovrebbero essere affrettate di un mese
(per il sentiero critico A-B-D-H-L-N). Il costo addizionale sarebbe di almeno 80.000 dollari
(75.000 per l'affrettamento dell'attivit I e 5.000 per quello dell'attivit B) che quindi supera il
beneficio di 70.000 dollari di avere lo stabilimento un altro mese prima. Non quindi
consigliabile anticipare da 16 a 15 mesi. Si noti che il metodo del sentiero critico e l'analisi
marginale sono entrambe chiamate in causa per l'analisi dei trade-off fra costi e tempi nello
scheduling dei progetti." (Schmenner, 1987, pp. 297-305).

67

1.G - La strategia di produzione


"E' giunto il momento di riunire tutte le questioni dibattute finora in una visione unitaria della
produzione e di come essa possa essere utilizzata dall'azienda come un'arma di concorrenzialit
a tutti gli effetti. Come dovrebbe essere chiaro a questo punto, i responsabili di produzione
hanno a disposizione una grande quantit di scelte relative agli strumenti con i quali possono
influenzare la produzione di beni o la distribuzione di servizi.
Le scelte produttive possono essere raggruppate in tre ampie categorie: a) tecnologia e impianti,
b) politiche gestionali e c) organizzazione. Esaminiamo queste categorie e le conseguenti scelte.

Tecnologia e impianti
Le scelte connesse a questa categoria comportano di solito grandi esborsi di capitale e tempi
piuttosto lunghi. Sono decisioni di grande rilevanza che determinano e definiscono il tipo di
processo produttivo impiegato.
1. .Natura del flusso produttivo .Il flusso di produzione attraverso lo stabilimento si
caratterizza come un flusso rigido, nel quale tutti i prodotti vengono trattati allo stesso
modo? Al contrario, il flusso si articola in modo composito, e i vari prodotti vengono
lavorati in modi differenti all'interno della fabbrica? O il flusso dei prodotti attraverso il
processo avviene secondo criteri che stanno a met fra questi primi due?
I vari momenti del processo sono strettamente legati fra di loro, oppure la connessione fra di
essi debole? Questo processo un processo produttivo puro, o si tratta invece di un
ibrido di differenti tipi di processo?
2. Integrazione verticale. Quanta parte del valore di un prodotto il risultato diretto delle
lavorazioni eseguite all'interno? La produzione dovrebbe implicare una maggiore (o minore)
integrazione a ritroso verso le materie prime o una maggiore (o minore) integrazione in
avanti verso i consumatori? Pi la produzione implicare una maggiore (o minore) quantit
di ciascuna di queste due componenti?
3. Tipo di impianti. Gli impianti utilizzati sono universali o "dedicati"? E' possibile legare fra
di loro in modo innovativo attrezzature differenti e non versatili perch progettate per scopi
speciali, al fine di ottenere sistemi
L'impianto adatto a ritmi elevati per lunghi periodi? Quanto risulta flessibile a eventuali
cambiamenti di prodotto e/o modello nel corso della lavorazione? Quanto velocemente e
con che grado di difficolt possono essere realizzati tali cambiamenti? Che possibilit
esistono di coordinare fra loro i diversi macchinari per ottenere una produzione pi
bilanciata e veloce? L'impianto viene controllato da un operatore o da un computer? La sua
performance registrata da un operatore o da un computer?
Per necessit di produzione, l'impianto pu essere accelerato o rallentato? Esso richiede un
pesante supporto non operativo (per esempio manutenzione, riparazioni, software,
attrezzaggio, utensileria)? Pu l'azienda costruirsi o modificare le proprie macchine? Deve
mantenere rapporti stretti con i produttori dell'impianto?
4. Grado di intensit del capitale o del lavoro. In quale grado l'impianto e/o la tecnologia
hanno consentito che il ruolo della manodopera si riducesse? Di quanto pu essere
ulteriormente ridimensionato a parit di qualit?
5. L'atteggiamento nei confronti della tecnologia di processo. Come l'azienda riesce a essere
all'avanguardia nei progressi della tecnologia di processo? In questo senso l'azienda si trova
in una posizione di leadership
Che tipo di soluzione intermedia tra le due viene perseguita? Quanto stretta la
cooperazione fra le funzioni produzione e progettazione? In quale misura vanno valutati gli
sforzi perch la progettazione del prodotto consenta una lavorazione semplice? Come sono
organizzati i gruppi di lavoro della progettazione e della produzione per il lancio di nuovi
prodotti?

68

La progettazione impone modifiche frequenti? A che cosa possono essere attribuite? Quanto
danno possono arrecare al flusso di produzione? Che investimenti si sono richiesti per la
progettazione di processo e per l'industrializzazione rispetto a quelli per la progettazione del
prodotto?
6. L'atteggiamento nei confronti dell'utilizzazione della capacit produttiva. Quanto vicina ai
limiti di capacit (definita per il massimo possibile ottenibile) l'azienda desidera operare?
Quanto l'azienda disposta a ricorrere al magazzino a fronte di una scarsa capacit
produttiva? La capacit aumenta generalmente per valori discreti? Cosa pu essere fatto per
mantenere la capacit produttiva ben bilanciata fra i diversi segmenti del processo?
7. Dimensioni degli impianti. Quanto pu l'azienda consentire agli impianti di crescere? In
quale misura sono presenti le economie o le diseconomie di scala?
8. Costruzione e localizzazione degli impianti. Ha senso assegnare differenti linee di prodotto,
processi di produzione o mercati geografici a particolari impianti? Come possibile
integrare in una struttura multi-impianto le scelte localizzative?

Politiche gestionali
Una volta scelte la tipologia e le sistemazioni del processo produttivo, il management deve
ancora decidere su una serie di aspetti che riguardano il modo di utilizzare la tecnologia di
processo. I tre vasti segmenti che costituiscono tali politiche gestionali sono: la saturazione
degli impianti, il controllo della movimentazione e la distribuzione.
La saturazione degli impianti
1. Previsione. In quale misura noto con certezza il mix di output dell'impianto prima che
siano raccolte le materie prime e che vengano assegnate le attrezzature e il personale? In che
modo vanno effettuate delle previsioni per determinare quali materie prime vadano ordinate
e che rapporto attrezzatura/lavoratore debba essere stabilita, e quanto di ciascuna di esse?
Quanto affidabili sono state le previsioni passate? La produzione deve rivedere le previsioni
del marketing? Dovrebbe farlo? Che tecniche si adattano meglio alle necessit della
previsione? Ci sono dei prodotti con un ciclo di produzione molto lungo e con problemi
caratteristici in alcune fasi che rendono ancor pi importante una previsione corretta?
2. Acquisti. Una volta prese le decisioni sul grado di integrazione verticale dell'impianto, che
cosa deve essere prodotto in proprio e cosa deve essere acquistato da fornitori esterni?
Come devono essere scelti i fornitori? Che tipo di contratto deve essere stipulato (per
esempio a termine o a pronti)? Gli acquisti sono formalmente integrati con le previsioni e/o
la raccolta degli ordini? Che informazioni si danno ai fornitori in merito alle future necessit
attese dell'azienda? Gli ordini ai fornitori vengono inoltrati attraverso un sistema MRP o
con altri metodi informali? O sono necessari altri requisiti formali per l'acquisto?
Quanto importante la qualit rispetto al prezzo nella scelta dei fornitori? Come viene
controllata? Coma lavora tale controllo? Quali programmi di miglioramento dei fornitori, se
necessari, sono stati adottati?
3. Logistica. Con quale periodicit, da dove e con che mezzo di trasporto le materie prime
arrivano agli impianti? Quanto sensibili sono i costi alle variazioni di queste condizioni?
Con quale rapidit le materie prime vengono consegnate, collaudate e immagazzinate? La
qualit del fornitore abbastanza buona da poter fare a meno delle ispezioni? Le consegne
sono sufficientemente affidabili e frequenti da consentire il rifornimento degli impianti
senza dover ricorrere a grandi accumuli di scorte? Come viene effettuata la gestione dei
materiali all'interno dello stabilimento? Quanta parte di tale gestione automatica e quanta
manuale? Che tipo di controlli viene effettuato?
4. Stock di materie prime. Quanto magazzino di materie prime viene tenuto? Che sistema
viene utilizzato (per esempio MRP o punto di riordino periodico)? Come varia il livello
delle scorte al variare della domanda, degli sconti, dei tempi di consegna promessi dai
fornitori, delle incertezze sull'offerta o di altri fattori? Cosa fa scattare il rifornimento delle
scorte di materie prime? Come vengono controllati i materiali nei locali di

69

immagazzinaggio? Le registrazioni sono sufficientemente accurate da impedire interruzioni


della produzione per problemi di magazzino?
Tutti gli scarti vengono tenuti sotto controllo? Le materie prime vengono sistemate in
gruppi, o avviate direttamente al laboratorio o alle linee di produzione?
5. Programmazione della produzione. Si produce su disegno, su previsione, oppure si lavora a
magazzino? Le scorte vengono costituite allo scopo di coprire periodi di forte domanda e
quindi per armonizzare la produzione, oppure la produzione cerca di "inseguire" la
domanda, con poca o nessuna costituzione di scorte?
Come sono programmate le necessit della forza lavoro, le variazioni di modello o di linea
di prodotto? Con quanto anticipo possono essere attuate le variazioni al programma
generale di produzione? Quanto danno recano al processo produttivo le sollecitazioni o le
modificazioni di scheduling? Quali provvedimenti di routine vengono approntati in tali
situazioni?
Il controllo della movimentazione
1. Lo scheduling della produzione e il controllo delle scorte. Che cosa fa scattare il lancio in
ordine di lavorazione: gli ordini, le previsioni o il riferimento alle scorte di prodotti finiti? In
che modo fattori come l'andamento della domanda o i costi del prodotto influenzano i livelli
delle scorte di prodotti finiti? In che posizione sono i reparti specifici, le linee, i centri di
lavorazione, e i corrispondenti scheduling? Quali fattori del processo produttivo, andamento
della domanda o variazioni dei prodotti o dei costi influenzano la procedura di scheduling?
Cosa determina le priorit specifiche delle lavorazioni nei vari reparti? Che grado di
sollecitazione consentito? Quanto rescheduling? Cosa o chi determina le priorit
specifiche della lavorazione: un sistema MRP, la discrezionalit del caporeparto, regole
specifiche o i risultati della simulazione?
Che significato ha per la fabbrica l'istituzione di un sistema MRP? Che grado di fluttuazione
o stabilit esiste per le forniture di materiali, per l'affidabilit dei fornitori sui termini di
consegna, per i tempi del ciclo di produzione? Che livelli di accuratezza e di dettaglio
esistono per la contabilit e le registrazioni delle scorte, per le rilavorazioni e gli scarti?
Quali interventi di emergenza sono pi efficaci?
2. I ritmi di produzione. Essi dipendono dalla disposizione delle macchine, dallo sforzo degli
operai, dalla pressione o dalla discrezionalit del management, o da una qualche
combinazione di questi fattori? Come pu essere modificata velocemente la frequenza del
flusso produttivo?
3. Il controllo della produzione. Che informazioni, e di che tipo, passano attraverso il processo
produttivo, sia dal management alla forza lavoro al management? Quanto facilmente
possono essere trasmesse alla forza lavoro le variazioni del prodotto, le modificazioni nella
progettazione, i cambiamenti nei mix di prodotti o dello stesso volume di produzione?
Quanto velocemente pu il management reagire a rotture dei macchinari, mancanza di
componenti, e a tutti gli altri inconvenienti che possono interrompere il flusso normale di
prodotti e del processo produttivo al livello degli impianti? Come vengono controllati con
sistemi automatizzati i macchinari, i lavoratori, i materiali e le ordinazioni? A quali "primi
segnali di allarme occorre guardare? Che tipo di rimedi vengono approntati di routine?
4. Controllo della qualit. Tutte le persone coinvolte nell'organizzazione produttiva sono
veramente convinte che la qualit (intesa come conformit alle specifiche) sia parte
integrante della mansione, non semplicemente la funzione di un reparto addetto al Controllo
Qualit? Quali meccanismi e metodi di cooperazione esistono per assicurare che il lavoro
venga svolto bene la prima volta? Quanto strettamente sono legati fra loro i reparti
progettazione, l'industrializzazione, il controllo della qualit, l'addestramento e la
supervisione della forza lavoro, la manutenzione, lo scheduling e il controllo della
produzione?
Come viene registrata la qualit, sia del processo che del prodotto? Quante registrazioni
vengono effettuate in differenti stadi del processo? Quanta autorit riconosciuta al
personale addetto al controllo di qualit?

70

La distribuzione
1. Distribuzione. Quali sono i canali distributivi? Come vengono riforniti? Qual il trade-off
tra il costo del servizio e quello delle scorte?
2. Localizzazione. Quali sono i costi e i benefici delle diverse situazioni geografiche
dell'immagazzinaggio e della distribuzione? Quali sono i metodi di trasporto migliori?
Come dovrebbero essere gestiti?

L'organizzazione produttiva
1. Controllo della produzione. Le principali decisioni operative vengono mantenute a livello
centrale o disperse fra le varie unit? Che tipo di decisioni rimane principalmente al livello
di stabilimento? Come viene valutato l'impianto? Che distorsioni introduce tale metodo?
2. Politiche del lavoro. Quali sono i livelli di qualificazione richiesti nelle diverse lavorazioni
attraverso il processo produttivo? Come vengono addestrati i lavoratori per questi? Il
contenuto di lavoro per ogni fase ampio o scarso? E' auspicabile l'addestramento
incrociato dei lavoratori? Come avviene l'avanzamento dei lavoratori nella fabbrica (per
esempio classificazione delle mansioni, diversi livelli di responsabilit, cambiamenti di
turno, accesso al management)?
Come e quando vengono retribuiti i lavoratori? Vi sono forme di incentivi, salariali o altro,
all'interno del processo? Come vengono riconosciuti i meriti dei lavoratori e ricompensate le
loro idee? Cosa pensa il management della sindacalizzazione? Che azioni riguardanti il
sindacato esso intraprende?
Qual la composizione per sesso ed et della forza lavoro? Che opportunit esistono per
l'allargamento e l'arricchimento delle mansioni? C' spazio per progetti sulla qualit della
vita sul lavoro? Come pu la forza lavoro essere incoraggiata alla partecipazione nel
management della produzione?
3. Talento. Dove sono collocati, all'interno dell'organizzazione, gli uomini migliori? Quali
talenti vengono soprattutto apprezzati per l'armonia e il continuato valido rendimento delle
operazioni?

La coerenza tra queste scelte operative


Queste scelte - che bisogna comunque fare o esplicitamente o implicitamente - definiscono a
grandi linee quello a cui assomiglia il processo produttivo di un'azienda e il modo in opera.
Inoltre, queste scelte forniscono un'esauriente spiegazione del modo in cui si comporta o ci si
attende che si comporti un determinato insieme di operazioni. Questo un punto decisivo;
consideriamolo in maggior dettaglio.
In precedenza abbiamo scoperto che per ciascun tipo di processo definito in termini generali
(per esempio job shop, flusso a lotti, produzione in linea, flusso continuo), alcune determinate
caratteristiche del processo si mantengono strettamente connesse le une alle altre e definiscono
quello che il processo stesso. Per esempio, ci si dovrebbe attendere che un job shop sia
caratterizzato da certe scelte operative, come impianti universali, ampio contenuto di
professionalit nelle mansioni dei lavoratori, produzione su commessa, oltre all'insieme delle
informazioni che fluiscono all'interno del laboratorio. Se queste caratteristiche non dovessero
essere tutte presenti, si avrebbero buone ragioni per sospettare che il processo in esame non sia
un job shop "puro".
Allo stesso modo, ci si dovrebbe attendere che una produzione a flusso continuo sia
caratterizzata da un'attrezzatura "dedicata" e da un'alta intensit di capitale, dalla produzione in
funzione del magazzino piuttosto che delle ordinazioni, dal ritmo di produzione imposto dalle
macchine, e infine una certa dipendenza dalle previsioni sull'andamento della domanda.
Deviazioni dalla situazione sopra indicata farebbero sorgere altrettanti interrogativi sulla
purezza del modello organizzativo.

71

Facciamo un ulteriore passo in avanti. Non solo certe caratteristiche generali di ogni processo
produttivo sono fra loro connesse, ma devono esserlo. Le scelte operative delineate
precedentemente dovrebbero essere attentamente manovrate in modo da renderle coerenti fra
loro. In molti casi, le deviazioni dal modello e dal processo in modo coerente dovrebbero essere
rimosse perch introducono il grave rischio che interferiscano con gli scopi incrociati di altre
parti del processo.
Per esempio, un job shop dove i lavoratori eseguono di fatto - per volont del management solo lavorazioni ripetitive e specializzate rischia di essere molto meno flessibile e facile da
programmare di un altro dove la professionalit degli addetti rispettata. Una tale scelta di
processo rischia di rendere i lavoratori, cos come le macchine, un vero e proprio "collo di
bottiglia" delle capacit produttive del processo. Ovviamente, in questo caso le mansioni dei
lavoratori andrebbero ampliate.
Per citare un altro esempio, una produzione in linea che consente molte e significative
variazioni di progettazione in modo regolare rischia di perdere i benefici della velocit di
produzione, fa diminuire il valore del lavoro nel prodotto e abbassa il livello delle scorte nel
corso della lavorazione. I prodotti di un processo in linea dovrebbero essere sostanzialmente
standard; se questo non avviene, gli altri elementi del processo dovrebbero essere seriamente
esaminati e il processo stesso modificato per renderlo in misura minore un processo di
produzione in linea e maggiormente un processo a lotti.
Affermare che certe caratteristiche generali di un processo dovrebbero essere fra loro connesse
come un tutt'uno non vuole affatto significare che tutte le scelte operative precedentemente
menzionate possano essere assegnate senza alcuna esitazione a un processo specifico. Scegliere
un determinato processo non significa che allo stesso tempo risultino determinate
automaticamente tutte le scelte operative discusse in precedenza. Un'azienda solitamente pu
esercitare un ampio margine di libert nella scelta degli elementi specifici del proprio processo
produttivo.
Il job shop e il processo a flusso continuo, che rappresentano gli estremi del campo dei vari
processi produttivi, sono probabilmente pi vincolati a specifiche scelte dei vari elementi del
processo di quanto non avvenga per il processo a lotti e per la produzione in linea. In altre
parole, il job shop e il processo a flusso continuo devono, in linea generale, essere coerenti con
un pi ampio insieme di scelte degli elementi del processo di quanto non accade per i processi a
lotti e di produzione in linea. Comunque, la possibilit di scelte rimane valida per quasi tutti i
processi.
Si rammenti inoltre che le differenti sfide per il management sono inerenti ai diversi tipi di
processi produttivi e ai diversi elementi dei processi che li compongono. Anche in questo caso,
il job shop e il processo a flusso continuo si distinguono nettamente per quello che essi
richiedono al management. Nel caso del job shop, lo scheduling dei lavoratori e dei macchinari,
l'offerta di nuove lavorazioni, la manipolazione dei materiali e il mantenimento della flessibilit
per la lavorazione di un grande volume di beni sono attivit dominanti del management.
Nel caso del processo a flusso continuo, le sfide per il management sono del tutto diverse. Ci
che viene richiesto una particolare attenzione alla pianificazione della capacit produttiva, alla
tecnologia dei nuovi processi e alla gestione dei materiali sia dai fornitori verso lo stabilimento
sia dallo stabilimento verso i consumatori. Le sfide per i responsabili di produzioni a lotti e in
linea sono molto meno delineate, perch in entrambi casi occorre guardare al bilanciamento del
processo, alla flessibilit del prodotto, alla motivazione e all'addestramento dei lavoratori e alla
progettazione del prodotto. Vi sono diverse sfumature di importanza su queste diverse sfide, ma
le distinzioni fra di esse sono molto meno chiare.

Obiettivi strategici e produzione


Troppi manager credono erroneamente che l'obiettivo dell'attivit di stabilimento debba essere
in ogni momento la produzione a basso costo. Anche se la posizione di produttore a basso costo
pu essere assai vantaggiosa , esistono molti altri modi per essere competitivi in numerosi
settori industriali. I prodotti possono differenziarsi l'uno dall'altro troppo rapidamente e i

72

mercati avere troppe nicchie nelle quali le aziende possono posizionarsi. Da un lato, questo
spinge a ridurre i costi; dall'altro, amplia il ruolo della produzione all'interno dell'azienda,
perch questa funzione che deve rispondere alle diverse sollecitazioni del mercato.
I fattori di concorrenzialit che possono essere riportati alla funzione produzione sono diversi e
numerosi. Si considerino ad esempio:
1. i costi di produzione: il compito tradizionale quello di raggiungere costi sempre pi bassi;
2. performance del prodotto: il design o la progettazione del prodotto permettono che la sua
prestazione sia superiore a quella dei prodotti concorrenti;
3. affidabilit e costruzione del prodotto: oltre alle differenze nel design del prodotto, la
qualit dei materiali e della lavorazione accresce il valore del prodotto e ne aumenta la
durata e l'affidabilit;
4. velocit di consegna: il tempo che intercorre fra la raccolta dell'ordinazione e la consegna al
cliente;
5. affidabilit della consegna: oltre alla velocit della consegna, la puntualit rispetto alla data
stabilita;
6. personalizzazione del prodotto: in casi in cui la produzione pu essere adattata alle
particolari richieste dei clienti;
7. introduzione di nuovi prodotti: la capacit di introdurre pi meno rapidamente prodotti in
parte o totalmente nuovi;
8. elasticit: la rapidit nel variare il volume di produzione di alcuni o di tutti i prodotti.
Quali di questi fattori di concorrenzialit diventino prioritari per un'azienda, dipende da diversi
fattori: situazione economica del settore in cui l'azienda opera, esistenza di particolari pressioni
concorrenziali, vincoli o incentivi governativi, risorse proprie dell'azienda, atteggiamento e
filosofia produttiva che l'azienda esprime. Ci che importante sottolineare che la produzione
pu essere soggetta a differenti e mutevoli esigenze di concorrenzialit.
Le scelte difficili della produzione
Alcune aziende scelgono di competere principalmente su uno di questi fattori di
concorrenzialit. Oltre ai produttori a basso costo, ve ne sono altri che puntano sulle
caratteristiche di performance del prodotto (per esempio le Porsche, i calcolatori tascabili
Hewlett-Packard), sulla qualit della lavorazione (per esempio le Rolls Royce, i tessuti Loro
Piana) o su un'altra delle caratteristiche menzionate. E' decisivo comunque riconoscere che
nessun prodotto o nessuna operazione produttiva pu competere su tutte le dimensioni
concorrenziali con uguale intensit. Un'azienda deve scegliere quale fattore intende porre in
evidenza e quali deve necessariamente porre in secondo piano. Un impianto produttivo, come
qualunque altro aspetto d'impresa, non pu soddisfare tutti. Per sostenere tale affermazione, si
consideri cosa comporta progettare e costruire un impianto produttivo che attribuisce la stessa
importanza ai costi, alla velocit di consegna e alla personalizzazione del prodotto: Non
possibile progettare una struttura che possa rendere giustizia a questi tre fattori di
concorrenzialit; non pu esistere un insieme di scelte produttive coerenti che soddisfi tutti
questi tre obiettivi.
Per esempio, i macchinari specializzati a elevata intensit di capitale possono implicare prodotti
a basso costo e consegne rapide mentre sono incompatibili con un sistema ad alta intensit di
lavoro e con un elevato bisogno di informazioni, necessarie a una produzione su commessa. Per
lo stesso discorso, la personalizzazione su vasta scala di prodotti con una rapida consegna non
pu essere svolta a bassi costi.
Che un'operazione produttiva non possa svolgersi in modo egualmente soddisfacente su tutte le
otto dimensioni di concorrenzialit elencate in precedenza pu sembrare un'affermazione del
tutto ragionevole e perfino ovvia. In un certo senso lo . Comunque vi sono diversi manager per
i quali tale verit non affatto evidente. A queste persone piace passare da "eroi" e perseguono o almeno ci provano - diversi e numerosi fattori di concorrenzialit. Lo scenario seguente
tipico di una tale situazione.

73

Le operazioni produttive procedono tranquillamente fino a quando il marketing non inizia a


recitare le cosiddette lamentele dei clienti in merito alle consegne o alla qualit. Il manager
della produzione si sente costretto a a reagire in breve tempo a tali pressioni e introduce certe
modificazioni nel processo produttivo senza esaminare a fondo le implicazioni di pi lungo
periodo connesse al suo agire nel breve periodo. Dopo un certo periodo di tempo, la direzione
finanziaria confronta l'attivit della produzione con il desiderio dell'azienda di ridurre i costi
connessi alla gestione delle scorte o agli investimenti. Nel tentativo di calmare gli uomini della
finanza, il reparto produttivo cerca di ridurre le scorte o prepara un piano di spesa. Passo dopo
passo non appena la fabbricazione viene trascinata e spinta da queste forze, qualunque tipo di
coerenza fosse esistita in precedenza tra le numerose scelte operative, inizia a disgregarsi. Una
volta diventata evidente l'incapacit operativa, buona parte della potenzialit concorrenziale
viene a mancare.
Il concetto di focalizzazione
Il management deve determinare il tipo di strategia aziendale necessaria alla produzione, quindi
valutare l'importanza degli otto fattori di concorrenzialit citati precedentemente. Una volta
chiariti i compiti richiesti alla produzione, si pu procedere nella scelta della tecnologia, della
capacit, delle politiche operative e dell'organizzazione che siano fin da subito coerenti tra loro
e con la strategia aziendale e le priorit concorrenziali dichiarate.
L'importanza di tale coerenza stata sostenuta con forza e persuasione da Wickham Skinner,
che definisce tale coerenza di scelte come la "focalizzazione della produzione". Secondo
Skinner, tale concetto parte dall'alto verso il basso e deve essere formalizzato con una esplicita
dichiarazione degli obiettivi e della strategia aziendale. Bisogna poi vedere quale ne l'impatto
sulla produzione; il processo esistente deve essere esaminato, fase per fase, in una sorta di
revisione delle capacit, della tecnologia e delle politiche operative esistenti. Solo allora
l'azienda potr pensare di modificare quegli elementi che non collimano con l'esplicita
dichiarazione della strategia e del suo significato per la produzione.
L'obiettivo della focalizzazione quello di ottenere che tutte le operazioni - dal management
fino all'ultimo operaio - si muovano nella stessa direzione, quella implicita nella dichiarazione
di strategia aziendale. Focalizzazione significa inoltre un buon coordinamento tra la produzione
e il marketing, la finanza, il personale, la progettazione, la R&S e le altre funzioni. La
focalizzazione consente di evitare situazioni nelle quali i produttori compiono nel migliore dei
modi tutte le operazioni che non sono affatto necessarie all'azienda e svolgono male le mansioni
dalle quali in realt dipende il successo della stessa. O, pi comunemente, troppi obiettivi in
conflitto fra loro vengono assegnati alla stessa operazione, situazione questa causata, per
esempio, dalla proliferazione di prodotti o dalla cieca accettazione dei consigli della
progettazione, del controllo delle scorte, della finanza o del controllo qualit. Il risultato che
troppo spesso nessuno di questi obiettivi viene raggiunto in modo soddisfacente.
La resistenza alla focalizzazione
Nonostante la focalizzazione sia un concetto estremamente interessante e chiaro, pu accadere
che incontri una certa opposizione: Tale concetto implicito in molte analisi di pro e contro in
materia di impianti, tecnologia e politiche operative. Ci vuol dire che non esiste un insieme
unico di scelte di politica operativa che possa essere considerato "giusto"; le scelte dipendono
dalla strategia adottata.
La forza del concetto di focalizzazione sta nel riconoscimento che le alternative produttive
abbondano e nella convinzione che possano essere combinate fra loro per ottenere migliori
risultati. Ci che spesso viene trascurato, comunque, che la focalizzazione essa stessa una
delle possibili scelte con le quali l'azienda si confronta; per quanto interessante e potente, non
comunque la panacea per tutti i problemi. Come tutte le scelte, soggetta a possibili alternative.
Si considerino le seguenti situazioni nelle quali la focalizzazione pu essere avversata dai
manager, anche a ragion veduta:

74

Una singola fabbrica produce due distinte linee di prodotto, ciascuna destinata a differenti
tipi di mercato. Il fatturato di una delle due linee di prodotto sostenuto e in espansione,
mentre l'altro in fase di contrazione, sempre pi vulnerabile agli attacchi della
concorrenza. All'interno della fabbrica un minimo di separazione sembra garantita, ma la
scissione completa delle due linee non pu essere facilmente realizzata, installando una
"fabbrica dentro la fabbrica", perch: a) lo spazio gi abbastanza limitato e b) gli esistenti
e violenti "incroci" di lavorazione tra le linee di prodotto sono difficili, se non impossibili,
da eliminare senza provocare definitive fratture all'interno della forza lavoro. La
focalizzazione della produzione quindi richiede di installare un impianto completamente
nuovo per ogni linea di prodotto che si presenta come problematica. Per di pi, il nuovo
impianto richieder dei costi fissi di avviamento e una struttura direttiva.
In questo consiste il punto debole. I benefici della focalizzazione supereranno i costi noti di
costruzione di nuovi impianti, di avviamento e organizzazione dello staff operativo? E cosa
accade nel caso di un prodotto con un futuro incerto?
Due prodotti differenti vengono fabbricati nello stesso stabilimento. I fatturati di ciascuno
sono stagionali e complementari; le punte della domanda di un prodotto si accompagnano
strettamente ai momenti di calo della domanda dell'altro. Ciononostante, i requisiti di
concorrenzialit per ciascun prodotto sono profondamente diversi. Uno deve essere
realizzato in base a rigide specifiche, e quindi l'attenzione dei lavoratori per i dettagli
potrebbe essere decisiva. Per l'altro prodotto, la qualit potrebbe essere meno cruciale, ma
decisiva la velocit di consegna. La forza lavoro abituata a considerare determinante la
qualit, pu non essere in grado di modificare i propri comportamenti in modo sufficiente a
rendere la fabbrica un produttore di successo di prodotti del secondo tipo.
In questo sta il punto debole. I benefici della focalizzazione superano i costi non solo
dell'installazione di un nuovo impianto ma anche quelli necessari a sostenere una capacit
produttiva stagionalmente debole?
Una variazione sul tema. Due differenti linee di produzione operano nel medesimo
stabilimento utilizzando lo stesso set di attrezzature molto sofisticate, che viene ora usato
molto al disotto della capacit. La qualificazione e le attitudini del lavoro richieste per le
due linee di prodotto sono comunque molto diverse; un prodotto sta in un certo senso
soffrendo di una eccessiva attenzione alla qualit. La focalizzazione separerebbe i processi e
le loro localizzazioni.
Ancora una volta in questo consiste il punto debole. I benefici della focalizzazione superano
i costi dell'installazione di un nuovo impianto e i costi di mantenimento di un'attrezzatura
costosa e largamente sottoutilizzata in entrambe le produzioni, probabilmente rinunciando
alle economia di scala?
Un nuovo impianto viene specializzato su prodotti ad alti volumi di vendita in un'azienda a
elevata tecnologia. La funzione approvvigionamenti potrebbe finire per occuparsi solo delle
componenti costose trascurando, invece, le opportunit di fornire anche altre produzioni in
s pi sofisticate. Ma un progetto pi ampio del reparto porterebbe a un aumento del 25%
degli investimenti. La vita dei prodotti nel settore industriale molto breve e nessuno in
grado di conoscere quale potrebbe essere il prossimo set di prodotti ad alto volume di
vendite.
In questo sta il punto debole. I benefici della progettazione dell'impianto che deve essere
focalizzato, inclusi i risparmi di spese di capitale, superano i costi in termini di rigidit
tecnologica che la focalizzazione potrebbe richiedere per il futuro della fabbrica?
Simili condizioni di produzione non sono rare, e offrono ai manager alcune preoccupanti
alternative di scelta. La scelta tra le forze che spingono a favore o contro la focalizzazione non
netta e semplice, perch devono essere confrontati gli uni con gli altri molteplici fattori di
difficile valutazione e misura. Ciononostante la semplice comprensione dei fattori a favore o
contro la focalizzazione pu facilitare i manager nell'attribuire il giusto peso alle varie
alternative.

75

L'analisi della focalizzazione della fabbrica


Come pu essere d'aiuto la focalizzazione? Che prevedibili conseguenze dovrebbe attendersi un
manager dalla focalizzazione di una fabbrica? La focalizzazione pu essere di aiuto in vari modi
(sebbene non in tutte le circostanze):
1. Aumentare il flusso di materiali e prodotti all'interno dell'azienda. Spesso il primo sintomo
di confusione in una fabbrica rivelato dalla logistica: ritardi o cattiva gestione dei flussi di
materiali o prodotti, raccolta sbagliata di ordini ed evasione della commessa errata,
crescente complessit dello scheduling della produzione. In tale situazione, la
focalizzazione per prodotti o per gruppi di prodotti pu essere spesso una via d'uscita, che
permette di semplificare e quindi di migliorare la logistica.
2. Ridurre i tempi di ciclo. Spesso, separando i prodotti e allo stesso tempo unendo fra loro
diverse fasi del processo produttivo, una fabbrica focalizzata pu ridurre i propri tempi di
ciclo. Questo a sua volta implica una riduzione delle scorte di semilavorati, minor afflusso
di ordini e fratture fra le lavorazioni correnti, richiesta di forniture meno affrettate, maggiore
capacit potenziale, e forse anche minori scorte di prodotti finiti.
3. Accrescere la specializzazione del lavoro e l'identificazione con il prodotto. Concentrandosi
su un numero minore di prodotti o di processi, i lavoratori e i manager possono pi
facilmente trovare i modi per ridefinire i metodi e le procedure capaci di armonizzare il
flusso della lavorazione. Specialmente se la forza lavoro pu identificarsi col particolare
prodotto lavorato ed esserne fiera, l'azienda pu trarre vantaggio dalle migliorie suggerite e
dalla riduzione dei costi.
4. Rendere la contabilit industriale pi trasparente. Con una produzione pi efficiente, i costi
di prodotto o processo sono di pi facile identificazione, e ci spesso significa migliori
decisioni di fissazione di prezzo e migliore utilizzazione della capacit produttiva.
5. Migliorare le reazioni a eventuali ostacoli alla produzione. La focalizzazione della fabbrica
comporta radicate routine operative e misure correttive che possono semplificare e
armonizzare la reazione della fabbrica a fatti eccezionali.
In ogni singolo caso, naturalmente, questi vantaggi della focalizzazione possono presentarsi in
misura diversa. Inoltre la capacit di misurare il loro impatto varia in modo sensibile.
Ciononostante i manager possono utilmente effettuare stime della loro forza senza per questo
cadere vittime di complicati calcoli che possono fuorviare analisi ragionate anche se solo
qualitative.
Come gli esempi precedenti chiariscono, vi sono diversi argomenti che vanno contro la
focalizzazione. Anche questi variano per il modo in cui possono essere quantificati. La capacit
di un'azienda di focalizzare la propria produzione pu essere vincolata da:
1. Capacit disponibile. Nella separazione di prodotti che utilizzano gli stessi macchinari,
l'azienda rischia di usare certe macchine a un livello di capacit inferiore a quello per cui
sono predisposte. In tal caso, un minor volume di prodotto deve assorbire i costi fissi del
macchinario. Fortunatamente, la sensibilit dei costi e dei ricavi totali a tale incremento nei
costi fissi facile da calcolare.
2. I risparmi derivanti dalla diversa sistemazione di prodotti ciclici o stagionali con
caratteristiche differenti all'interno della stessa fabbrica. Come nel caso di macchinari
inutili, i costi della focalizzazione delle operazioni attraverso la separazione dei prodotti,
misurati in termini di accresciuta costituzione di scorte e probabilmente di accresciuti
licenziamenti o assunzioni di lavoratori, possono essere valutati in termini quantitativi.
3. Costruzione di nuovi impianti con maggiori spese generali. Un vincolo ancora pi difficile
da valutare riguarda la focalizzazione di produzioni che, per un motivo o per l'altro,
richiedono una fabbrica del tutto nuova con annessa struttura di spese generali, piuttosto che
la progettazione di un impianto dentro l'impianto. Una tale modificazione radicale talvolta
resa necessaria dalla crescita delle linee di prodotto coinvolte e dalla mancanza di spazio per
un'estensione sul posto. Altre volte resa necessaria dall'esigenza di sviluppare una forza
lavoro con professionalit nuove o dall'esigenza di abbandonare pratiche e regole di lavoro

76

ormai superate che non possono essere facilmente modificate nel vecchio impianto. In un
certo senso, quindi, i nuovi impianti diventano necessari solo quando gli svantaggi di
mantenere la produzione in una singola struttura diventano insostenibili.
Anche nel caso della scelta di allestire un impianto all'interno dell'impianto, le spese
generali probabilmente aumenteranno a causa delle responsabilit separate, del controllo
della produzione e della movimentazione dei materiali, anch'essi separati. Anche tali costi
possono essere deterrenti alla focalizzazione.
4. La riduzione della forza lavoro esistente. Nel caso di separazione di prodotti o processi
produttivi, possono rendersi necessarie, almeno temporaneamente, misure di riduzione della
forza lavoro esistente. Questa non mai una eventualit piacevole, anche se miglioramenti
nella specializzazione della forza lavoro sono una delle ragioni che stanno alla base di tale
adesione alla focalizzazione.
5. Rigidit della produzione. Un possibile ostacolo alla focalizzazione, pi debole ma
cionondimeno importante, il rischio di maggior rigidit della produzione che essa
comporta. Segmentare gli impianti per ciascuna linea di prodotto, ad esempio, implica il
rischio di perdere la capacit di reagire velocemente a eventuali innovazioni di prodotto o di
processo. La nuova condizione di indipendenza di ogni prodotto pu immobilizzare
l'azienda in una struttura molto meno fluida di quella solita. Le aziende che sperimentano
grandi quote di innovazione di prodotto o di processo devono quindi essere caute nei
confronti di segmentazioni rigide di prodotti o di parti del processo produttivo. Di fatto, la
focalizzazione stessa dovrebbe spingere verso una concentrazione delle funzioni
tecnologiche e creative in aziende di questo tipo, perch questo il modo in cui molte
aziende del genere competono fra loro.
Un tratto comune tratto comune emerge da questi possibili vincoli alla focalizzazione che il
cambiamento - riflesso dalla crescita, dal declino o dall'incertezza sull'andamento del fatturato un nemico della focalizzazione della fabbrica. Quando vengono lanciati in modo continuativo
prodotti con differenti requisiti di concorrenzialit, quando varia frequentemente il mix di
prodotti venduti, o quando prevalgono condizioni di stagionalit o ciclicit, allora i costi della
focalizzazione diventano maggiori e i benefici meno evidenti. Quindi, l'azienda che incostante
crescita di fatturato e di offerta di prodotti e si trova in continui problemi di liquidit, spesso
quella che analizza pi criticamente pro e contro della focalizzazione.
Poich i costi della focalizzazione possono superare i benefici, i manager devono saper opporsi
alla tentazione che gli alti costi oscurino una pi nebulosa valutazione dei benefici. Inoltre
devono prestare attenzione a una continua sperimentazione dei modi nei quali la focalizzazione
si pu adattare alle loro situazioni, in quanto pu accadere che fabbriche ben focalizzate siano
vittima inconscia di cambiamenti che le defocalizzano, mentre altre, sbilanciate sotto questo
profilo, traggono vantaggio da evoluzioni dell'ambiente che rendono corretto il loro stile di
gestione. Nel nostro sistema giudiziario, abbiamo sperimentato che esso funziona meglio se uno
viene reputato innocente fino a quando non viene provato il contrario. Nella produzione vorrei
suggerire, meglio ricercare la focalizzazione finch non se ne possa provare l'inutilit.

Una revisione della matrice prodotto-processo


Queste nozioni di focalizzazione, cambiamento e opposizione alla focalizzazione possono
essere rafforzate ricorrendo allo schema della matrice prodotto-processo che era stata introdotta
nella prima parte. Come verr chiarito pi avanti, la matrice prodotto-processo pone in relazione
le caratteristiche dei prodotti di un impianto (per esempio una specialty contrapposta a una
commodity) con le caratteristiche del flusso di processo (per esempio flessibile o rigido, oppure
diversi gradi di vincolo).
La matrice prodotto-processo stata descritta come priva di qualunque caratteristica dinamica.
E' semplicemente un utile contenitore nel quale ordinare per categorie l'insieme di processi
produttivi che abbiamo considerato in questo libro. Come dovrebbe essere evidente fin d'ora, la
produzione ha costantemente a che fare con il cambiamento o con la minaccia di possibili

77

cambiamenti. E' naturale quindi attendersi che un certo numero di aziende passino attraverso
diversi spostamenti all'interno dello schema prospettato dalla matrice prodotto-processo. La
curva di apprendimento, per esempio, rappresenta una costante spinta a muoversi lungo la
diagonale della matrice verso il basso a destra
I movimenti all'interno della matrice prodotto-processo comunque non sono riconducibili
unicamente a quelli lungo la diagonale. Un tale movimento cos armonicamente modulato
comunque difficile, perch molti cambiamenti di prodotto o di processo tendono a essere
violenti; o quantomeno questo ci che accaduto nel passato, in particolare nelle industrie a
processo continuo. Un movimento lungo la diagonale reso difficile anche dal fatto che le
aziende tendono a concentrare i loro sforzi ora sul cambiamento di prodotto ora su quello di
processo. I movimenti lungo la diagonale richiedono simultanei cambiamenti di prodotto e di
processo, ossia una complessa operazione di management. Quindi, piuttosto che piccoli
spostamenti lungo la diagonale, le aziende che intraprendono dei cambiamenti mostrano una
maggiore propensione a spostamenti "a gradino" all'interno della matrice, come viene mostrato
nella Figura 32.
Mix di prodotti
Modelli di
processo

Esemplare
unico

Bassi volumi;
molti modelli

Alti volumi;
alcuni modelli
principali

Altissimi volumi;
standardizzazione
(commodity)

Flusso
frammentario
Cambiamenti agradini
prodotto e processo
cambiano nel tempo

Flusso
discontinuo con
una linea tipo
Flusso
condizionato da:
- ritmi della
manodopera

La diagonale
teorica

- ritmi degli
impianti
Flusso
continuo rigido
automatizzato

Figura 32 - Movimenti all'interno della matrice prodotto-processo (Tratto da R.W.Schmenner, 1987).

Nel programmare graficamente i propri movimenti nel corso del tempo all'interno della matrice,
le aziende possono generalmente scegliere di rimanere al di sopra o al di sotto della diagonale,
dato che sembra improbabile che possano rimanere lungo di essa. Possiamo affermare che i
movimenti che nel corso del tempo si mantengono costantemente al di sopra della diagonale
siano migliori di quelli che si mantengono al di sotto? La questione decisamente importante, e
mira direttamente al cuore della strategia di gruppo. Come notato nella prima parte, l'area della
matrice delimitata in alto dalla diagonale caratterizzata da esborsi effettivi. Questa l'area
dove la rigidit e l'intensit del capitale del processo sono relativamente maggiori di quanto non
richiederebbe il grado effettivo di standardizzazione dei prodotti realizzati.
Un'azienda che si colloca al di sotto della diagonale un'azienda che esercita una grande
pressione sul settore marketing per aumentare il volume del fatturato necessario per sostenere le
caratteristiche di processo relativamente pi rigide. Altrimenti, gli alti costi previsti dal
finanziamento di un cambiamento di processo che sia decisamente capital-intensive porterebbe

78

a una riduzione dei profitti dell'azienda. Quello che l'azienda desidererebbe osservare una
continua crescita del fatturato che riavvicinerebbe la posizione dell'azienda alla diagonale, dato
che la diagonale rappresenta la combinazione perfetta fra le caratteristiche di prodotto e di
processo. In un certo senso, la diagonale rappresenta quelle intersezioni della matrice dove si
raggiunge in modo ottimale la focalizzazione.
L'area al di sopra della diagonale, come gi si notato nella prima parte, caratterizzata dai
costi opportunit. Qui le caratteristiche del processo sono relativamente meno progredite di
quanto non sia il prodotto. I profitti dell'azienda non sono floridi, non tanto perch gli elevati
investimenti in impianti e attrezzature devono essere liquidati, ma perch i miglioramenti del
processo consentirebbero di realizzare il prodotto con minori sforzi. Dato che gli avanzamenti
del processo sono in ritardo sul grado di diffusione del prodotto, l'azienda perde l'opportunit di
guadagnare di pi. Collocandosi al di sopra della diagonale, l'azienda esercita pressioni sul
settore produttivo per arrivare ad una diminuzione dei costi. Una strategia che colloca
permanentemente un'azienda al di sopra della diagonale essenzialmente una strategia
conservativa; l'azienda rischia la perdita di quei dollari che si sarebbero potuti guadagnare
piuttosto che dei dollari effettivamente guadagnati. Come osservato precedentemente, i costi
opportunit sono reali come quelli che comportano un esborso di denaro, ma l'azienda
conservatrice preferirebbe piuttosto perdere i profitti potenziali ritardando nella tecnologia di
produzione piuttosto che incorrere in spese vive a causa delle innovazioni di processo.
L'azienda "conservatrice" sopporta solamente i costi di opportunit, l'azienda "progressista"
rischia e investe. Entrambe le strategie possono avere successo e riportare l'impresa in una
configurazione bilanciata (sulla diagonale) con un volume di attivit maggiore e costi unitari pi
bassi." (Schmenner, 1987, pp. 429-452).

79

Parte 2
La gestione dei materiali e gli approvvigionamenti
Questo modulo di inquadramento della gestione delle scorte fa riferimento ai seguenti capitoli del libro di
testo:
Dezi L., Economia e governo delle imprese, CEDAM, 2001
Capitolo VI Larea logistico-produttiva (VI.1.4 e VI.2)
Le letture sono basate su brani e citazioni tratti dai seguenti lavori:
Grando A., Organizzazione e gestione della produzione industriale, EGEA, 1995
Pivato S. e Gilardoni A., Elementi di economia e gestione delle imprese, EGEA, 2000
Schmenner R.W., Produzione. Scelte strategiche e gestione operativa, Edizioni del Sole 24 Ore,
1987
Zanoni A., La gestione dei materiali, contenuto in Rispoli M., L'impresa industriale, Il Mulino
1989

2.A - La logistica: evoluzione e ruolo nell'impresa


"La logistica si occupa delle attivit e delle decisioni attinenti alla gestione dei flussi fisici e dei
correlati flussi informativi che partono dall'acquisizione dai fornitori di materie prime e
componenti, attraversano i processi di impiego nelle attivit di produzione e si concludono con
la distribuzione del prodotto finito agli utilizzatori finali. E' possibile distinguere ambiti pi
specifici di gestione, cui corrispondono definizioni pi ristrette di logistica. La logistica di
distribuzione (o distribuzione fisica, o logistica commerciale) attiene alla gestione delle scorte
di prodotto finito ai vari livelli della rete distributiva e alla movimentazione trasporto dei
prodotti dalle unit di produzione ai punti finali di vendita. La gestione dei materiali (o logistica
di produzione, o logistica produttiva) riguarda l'acquisizione di materie prime e componenti e la
relativa movimentazione dai fornitori alle unit di utilizzazione, oltre allo stoccaggio di tali
materiali presso le suddette unit. Questi due tipi di attivit, pur presentando problematiche
differenti, hanno bisogno di un coordinamento che assicuri l'integrazione degli obiettivi e delle
condizioni operative e permetta la pianificazione, la programmazione e il coordinamento
dell'insieme delle attivit logistiche. Alla funzione che svolge questi compiti di coordinamento
si d comunemente il nome di logistica integrata.
La logistica si pu scomporre in alcune attivit fondamentali che, nell'insieme, definiscono il
processo logistico d'impresa:
acquisizione di materiali e componenti dai fornitori;
trasporto dai fornitori alle unit di utilizzo;
movimentazione interna, manipolazione e stoccaggio;
gestione dei magazzini semilavorati e interoperazionali;
gestione dei magazzini prodotti finiti;
imballo e trasporto dai magazzini prodotti finiti a magazzini periferici, depositi, centri di
distribuzione o punti di vendita.
Le relazioni tra le attivit logistiche e altre attivit che ricadono in ambiti funzionali differenti (il
marketing, le vendite, la produzione, gli acquisti, la progettazione, l'amministrazione) rendono
palese la rilevanza della funzione di coordinamento logistico nella ricomposizione di obiettivi
funzionali a volte divergenti. Si veda in proposito la Figura 33, dove si evidenzia la trasversalit
di azione delle attivit logistiche rispetto alla dimensione verticale tipica degli ambiti
funzionali." (Pivato e Gilardoni, 2000, pp.232-235).

80

politica di
prodotto

ubicazione
stabilimenti

selezione dei
fornitori

innovazione
di prodotto

Livelli di
scorta

previsioni
di vendita

tecnologia
dei processi

politiche di
approvvigion.

modifiche
componenti

investimenti

tattiche di
vendita

flusso
produttivo

standardizz.

controllo
economico

marketing
e vendite

produzione

progettazione

amministr. e
finanza

acquisti

Figura 33 - Interazioni tra logistica e le funzioni aziendali, (Tratto da S. Pivato e A. Gilardoni, 2000).

"La logistica operando attraverso il governo dei flussi fisici ed informativi viene ad interagire
con le altre funzioni aziendali, tipicamente gli approvvigionamenti, la produzione, il marketing
e la finanza, ciascuna orientata al perseguimento di obiettivi propri, distinti e spesso conflittuali
tra loro. Osservando il flusso fisico rappresentato nella Figura 34 possibile svolgere alcune
esemplificazioni circa l'incoerenza che talvolta domina il perseguimento di obiettivi funzionali
particolaristici; ci che risulta un'opportunit per una funzione si traduce spesso in vincoli per
un'altra, generando conflittualit, inefficienze, difficolt ad operare correttamente, in una parola
scarsa competitivit.

coordinamento

acquisti

scorte
fornitori

flusso fisico

marketing

distribuzione
fisica

produzione

scorte

fabbricazione

clienti

flusso informativo

Figura 34 - Diagramma di flusso e responsabilit logistiche (Fonte Da Bove e Scialabba contenuto in S.


Pivato e A. Gilardoni, 2000).

81

Si pensi al caso della produzione che per garantire l'ininterrotta alimentazione dei processi
produttivi, innalzi il livello delle scorte di materiali e componenti, in aperto conflitto con gli
obiettivi di rotazione auspicati dalla direzione finanziaria; o al caso del marketing che,
nell'intento di soddisfare un cliente sempre pi esigente e volubile, sviluppi esasperate politiche
di segmentazione, ampliando le gamme e accogliendo personalizzazioni che si traducono in
fabbisogni di flessibilit non sempre compatibili con il grado di versatilit degli impianti; o alla
programmazione che, per contro, perseguendo il livellamento e la stabilit del piano di
produzione pu, a fronte di richieste stagionali, esporre la vendita a rischi di rottura di scorta o
imporre alla gestione finanziaria eccessivi livelli di copertura; la rapida e tempestiva
introduzione di nuovi prodotti e modelli, ancora, pur risultando una indispensabile leva di
marketing, pu impedire il perseguimento di curve di esperienza in produzione o non trovare
coerenti risposte in sede di progettazione o di approvvigionamento; la scelta di sistemi di
trasporto a basso costo, quali i sistemi su rotaia, via mare, o su gomma a pieno carico ed
itinerari standard, infine, per quanto ottimali sotto il profilo dell'efficienza e dell'economicit, si
dimostrano inadeguati nei casi in cui le componenti di tempestivit ed affidabilit del servizio
costituiscono un elemento cruciale della distribuzione fisica.
Dai semplici esempi riportati, appare evidente la conflittualit spesso esistente tra differenti
obiettivi funzionali, disposti al solo scopo di orientare la porzione di flusso fisico direttamente
presidiata, in assenza di un disegno complessivo; nella pratica aziendale ci si traduce in
conflittualit di ruolo tra i diversi responsabili funzionali, che possono condurre a scelte
prevaricanti, in funzione del differente peso specifico dei decisori, o a strategie tentennanti, di
scarso respiro, limitando la potenzialit di crescita dell'impresa.
Ci che si vuol qui sottolineare che l'ottimizzazione di singoli sub-obiettivi, negli esempi,
funzionali, assai di rado coincide con l'ottimizzazione dell'obiettivo globale d'impresa,
inducendo per contro al prevalere ora dell'uno, ora dell'altro, in ragione di elementi che poco
hanno a che spartire con le linee di sviluppo aziendali; in tal senso possibile apprezzare il
ruolo potenzialmente mediatore della logistica, intesa a garantire un intimo coordinamento tra
gli elementi costituenti il sistema aziendale e a ricondurre le tensioni centrifughe ad un comune
obiettivo, di ordine superiore. Del resto la coesistenza di obiettivi divergenti trae origine,
almeno in parte, dall'essenza stessa dell'organizzazione funzionale e dal progressivo grado di
autonomia assegnato a ciascuna funzione; al crescere della differenziazione, per, cresce
l'esigenza di un rigoroso coordinamento, ovvero di ricostituire l'unitariet di intenti che deve
permeare la strategia aziendale; in tal senso, e con riferimento all'oggetto del proprio operare, il
flusso fisico ed informativo, la logistica pu risultare un elemento di coesione in quanto,
sovrapponendosi alla segmentazione verticale delle funzioni coinvolte nella gestione dei flussi
in parola, taglia trasversalmente l'intera struttura aziendale. Va da s che in tal modo la logistica,
mediando i conflitti interfunzionali con incisivit difforme in ragione della soluzione
organizzativa adottata e ricercando il superamento di ogni divergenza, necessariamente
influenza il modo di operare degli enti ad essa sottoposti (o da essa coordinati), come pure
vero il contrario: taluni vincoli od opportunit identificati a livello funzionale possono indurre
modificazioni nelle modalit progettuali ed operative della funzione logistica.
Sin qui ci siamo soffermati sul ruolo della logistica in una prospettiva interna, quale elemento di
integrazione interfunzionale; come gi accennato, per, il crescente peso dei processi di
deverticalizzazione produttiva, per un verso, e la consapevolezza che la singola impresa fa parte
di una catena di soggetti ben pi articolata, per un altro, portano a sottolineare un secondo e non
meno importante ruolo assegnato alla funzione logistica. La gestione del flusso logistico
dall'acquisizione delle materie prime alla distribuzione dei manufatti al cliente, infatti,
difficilmente svolta per intero da una sola impresa; non solo, ma proprio nella gestione del
flusso logistico si vanno affermando operatori specializzati, componenti imprescindibili per un
efficiente ed efficace servizio logistico: trasportatori, distributori, fornitori di servizi di
magazzinaggio, imballaggio e via dicendo. Costoro, di fatto, concorrono significativamente al
conseguimento di una strategia logistica di successo e pertanto non devono essere trattati alla
stregua di controparti, mere fornitrici di competenze specialistiche, quanto piuttosto

82

progressivamente coinvolti in processi di partnership, nell'intento di superare i tradizionali


rapporti negoziali basati sulla reciproca diffidenza e conflittualit, e di instaurare fertili legami
di cooperazione.
Anche in questo caso la logistica, ponendosi quale motore di integrazione interaziendale, intesse
un rapporto di dipendenza biunivoca con i partner esterni; questi possono influenzare non poco
l'efficacia delle scelte operate dalla direzione logistica, e per contro quest'ultima nel proprio
processo decisionale non pu non valutare l'impatto delle proprie politiche sull'operativit degli
attori coinvolti. In analogia con quanto auspicato circa i rapporti intra-aziendali (o
intrafunzionali) descritti, anche in quelli interaziendali deve prevalere una visione globale,
intesa a sacrificare i particolarismi, le scelte di subottimizzazione parziali o di breve periodo, per
accogliere visioni sistemiche, di medio-lungo orizzonte, improntate al consolidamento dei
legami pi promettenti ed al perseguimento dello sviluppo comune.
Il compito fondamentale cui la logistica assolve coordinando i flussi di materiali assicurare la
disponibilit dei prodotti nel tempo, nello spazio e nei volumi richiesti. A tale scopo, la logistica
cerca di rendere coerenti le modalit di offerta dei beni con le dinamiche di manifestazione
delle richieste. Le crescenti pressioni competitive hanno spinto le imprese a rivedere
profondamente le logiche di gestione dei flussi di materiali. L'accresciuta rilevanza della
logistica si pu ricondurre a:
pressioni economiche dovute all'aumento dei costi di trasporto e di approvvigionamento di
materie prime essenziali, a seguito di svariate crisi energetiche;
l'evoluzione dei mercati, che si muove nella direzione di accentuare progressivamente le
politiche di segmentazione, di differenziazione, di introduzione di nuovi prodotti (il cui
ciclo di vita tende inevitabilmente ad abbreviarsi); a tali aspetti si assomma il gi pi volte
richiamato fenomeno della globalizzazione e dell'internazionalizzazione dei mercati non
solo di sbocco, ma anche di approvvigionamento;
la manifestazione di nuove opportunit gestionali, quali l'adozione di tecniche just-in-time, di
partnership con i fornitori, di terziarizzazione di alcune funzioni logistiche, che hanno reso
manifesta la necessit di riprogettare le logiche di gestione delle attivit logistiche;
l'evoluzione delle tecnologie, in particolare l'affermazione dell'informatica a supporto dei flussi
logistici (sia fisici, sia informativi), che ha reso possibili soluzioni progettuali prima
inaccessibili, potenziando enormemente l'impatto della logistica sulla competitivit e sulla
economicit dell'impresa;
l'introduzione di nuove normative, con interventi di armonizzazione e deregolamentazione, che
stanno interessando ampie macro-aree geografiche e, di conseguenza, introducono nuovi
elementi nell'identificazione delle alternative progettuali di logistica.
Gli obiettivi della logistica
Come si detto, la logistica aziendale comprende tutte le attivit svolte a monte e a valle dal
processo di trasformazione fisica del prodotto, dall'acquisizione dei materiali, alla distribuzione
del prodotto finito al cliente. Con l'obiettivo di garantire il costante e corretto scorrimento del
flusso logistico, la funzione deve, in prima istanza, gestire in forma integrata e coordinata le
molteplici attivit che accompagnano il flusso dei materiali lungo il processo di acquisizione,
trasformazione e vendita.
Queste sono generalmente riconoscibili nella:
- acquisizione di materiali e componenti;
- trasporto dai fornitori agli stabilimenti;
- controlli, ispezioni e verifiche contabili in accettazione;
- movimentazione interna, manipolazione e stoccaggio;
- disposizione dei macchinari e layout particolari;
- pianificazione degli impegni di capacit produttiva propria e di terzi;
- gestione dei magazzini semilavorati ed interoperazionali;

83

- controllo, confezionamento e imballaggio prodotti finiti:


- gestione dei magazzini prodotti finiti;
- trasporto a magazzini periferici o centri di distribuzione.
Nello svolgimento della propria attivit, la funzione logistica si avvale ed elabora elementi
informativi quali la previsione delle vendite e l'analisi del portafoglio ordini, la pianificazione e
la programmazione della produzione, i piani dei fabbisogni di approvvigionamento, la
pianificazione dei trasporti, ecc. confrontando dati attesi e consuntivi, allo scopo di elaborare
opportuni indici di misura delle prestazioni delle proprie attivit ed orientare le scelte future.
Flusso fisico o flusso informativo, pertanto, procedono in senso inverso: il primo da monte a
valle, secondo le sequenze dettate da vincoli tecnologici o di convenienza economica che si
consolidano nell'iter del processo di trasformazione, il secondo risalendo dalle informazioni
desunte dal mercato per giungere all'emissione degli ordini ai fornitori. L'efficace ed efficiente
gestione della logistica risulta connaturata alla bont del suo sistema informativo; in tal senso, il
processo di integrazione travalica i limiti delle aree strettamente interessate alla processabilit
dei prodotti, scambiando informazioni con funzioni quali il controllo, la finanza, la
progettazione ed il marketing. E' in questa veste, come si visto, che si pu parlare di logistica
integrata, realt che taglia orizzontalmente l'intera struttura di impresa, connette le aree
coinvolte nel processo di trasformazione fisica del prodotto e fa leva nella completezza del suo
sistema informativo. Obiettivo ultimo di questo insieme di attivit in estrema sintesi, la
creazione di valore, ottenuta modificando le caratteristiche dei beni. Con ci non si fa
riferimento, ovviamente, al solo cambiamento di stato connesso alla attivit di fabbricazione;
alla trasformazione fisica in senso stretto, infatti, si accompagnano altre modificazioni che
contribuiscono ad accrescere il valore del prodotto. Si pensi al sistema dei trasporti, che
interviene modificando il valore del prodotto in termini di disponibilit nel tempo e nelle
quantit richieste, o ancora al packaging che aggiunge valore razionalizzando le forme e
proteggendo il prodotto.
Maggior valore, dunque, ottenuto rendendo coerenti le modalit di offerta alle caratteristiche
della domanda. La modificazione fisica, operata attraverso la fabbricazione e/o l'assemblaggio
sulla forma o sulle caratteristiche strutturali e prestazionali del prodotto, rappresenta una
frazione del valore generato da un ciclo logistico-produttivo; nuovo valore, infatti, pu essere
ottenuto dalla disponibilit nel tempo, nello spazio e nelle quantit richieste. La Figura 35
rappresenta l'incremento di valore connesso all'attivit di trasformazione nella accezione
illustrata ed in quella prelogistica. Il valore della disponibilit si manifesta ad ogni stadio del
processo di trasformazione, dalla acquisizione delle materie prime, alla distribuzione del
prodotto finito; fenomeni gi citati quali la globalizzazione dei mercati dei fattori e dei beni, la
riduzione del ciclo di vita dei prodotti, le crisi energetiche e le tensioni finanziarie, hanno acuito
le esigenze connesse alla disponibilit dei materiali e dei beni, ponendo l'accento
sull'eccezionale potenzialit offerta dalle opportunit logistiche.
Non solo, il valore generato da corrette politiche logistiche emerge particolarmente nei casi in
cui la standardizzazione del prodotto, la maturit delle tecnologie impiegate e l'uniformit delle
politiche commerciali sembrano aver spuntato ogni arma competitiva; il caso, esemplificando,
dei produttori di elettrodi in grafite per alti forni, per i quali, in presenza di un prodotto
sostanzialmente identico, di un oligopolio ristretto che opera a livello mondiale, prezzi allineati
e tecnologie produttive comuni, competono vivacemente in virt di originali soluzioni logistiche
improntate al servizio al cliente, all'assistenza post vendita ed agli elementi immateriali della
propria offerta.

84

Valore
MP

Trasporto
Stoccaggio
Gestione M.P.

MPD

TR

PF

Trasporto
Stoccaggio
Gestione
P.F.

Fasi

Valore

MPD = Materie prime disponibili


PFD = Prodotti finiti disponibili

PFD

Materie prime

Trasformazione

Prodotti finiti
Fasi

Figura 35 - Il valore della disponibilit, (Tratto da Grando, 1995)

La creazione di valore nasce dunque dalla progettazione di un sistema logistico coerente al


fabbisogno logistico, coniugando correttamente gli imperativi di efficacia ed efficienza
logistica; con ci che si intende, per un verso, la capacit di soddisfare il cliente giusto, nella
quantit, nel luogo, nei tempi e con il prodotto giusti, e per un atro quello di farlo al minor costo
complessivo di gestione. Tali obiettivi vengono comunemente sintetizzati in un'unica
espressione: la capacit di fornire il miglior servizio logistico al minor costo logistico globale.
In ci, per quanto possa sembrare scontato, risiede l'essenza della progettazione logistica. Si
tratta pertanto di curare allo stesso tempo il livello di servizio logistico e il costo logistico
totale." (Grando, 1995, pp 98-106)
Il servizio logistico
"Il servizio al cliente, sinteticamente espresso finora con la disponibilit di un prodotto, nella
realt un insieme variegato di elementi che necessita di essere analizzato in modo pi
approfondito. Il mix di prestazioni che si pu ricondurre genericamente alla nozione di servizio
deve essere specificato nelle sue svariate dimensioni, con riferimento alle singole realt di
impresa, o a singoli clienti o beni. Ad ognuno degli elementi individuati si dovr poi assegnare
una misura-obiettivo in funzione degli scopi assegnati complessivamente alla logistica in
un'impresa. Inoltre, spesso utile adottare una politica di differenziazione del servizio logistico
in relazione alle caratteristiche dei clienti o secondo le esigenze dettate dalle caratteristiche dei
prodotti." (Pivato e Gilardoni, 2000, p. 235)
"Parlando di servizio logistico occorre far chiarezza su alcuni aspetti terminologici talvolta usati
indifferentemente. Il servizio logistico, per quanto venga spesso identificato con la disponibilit
di materiali o prodotti ad una sollecitazione proveniente da un ente utilizzatore o dal mercato,
non pu essere definito univocamente; si tratta infatti di un mix di prestazioni differentemente
assortito, in cui il prevalere dell'una o dell'altra dipende dallo specifico caso in esame. Come si
gi accennato, la sola disponibilit talvolta non basta per definire un adeguato servizio logistico,
ma quest'ultimo vede incrementare la propria efficacia se qualificato da ulteriori performance
con riferimento alla disponibilit nel tempo, nello spazio, nelle modalit richieste. Ci ci induce
ad introdurre un secondo concetto, il livello di servizio, richiesto o erogato, che si identifica in
una misura la pi opportuna, del grado di soddisfacimento effettivo od auspicato in termini di

85

servizio offerto. Per esemplificare, se per servizio si intende la mera disponibilit di merce, una
misura del livello di servizio pu risiedere nel numero di richieste soddisfatte, espresso
percentualmente, rispetto al totale delle richieste; proseguendo nel nostro esempio, nel caso in
cui nel servizio erogato al cliente assumesse particolare criticit la tempestivit dell'evasione o
la capacit di fornire prodotti pallettizzati, una misura di detto livello di servizio potrebbe aversi
dal numero di richieste pallettizzate soddisfatte entro x giorni, espresso in percentuale rispetto al
totale delle richieste. Molteplici studi hanno affrontato l'argomento fornendo lunghi elenchi,
ancorch non esaustivi, dei principali elementi del servizio e delle sue misure, quali ad esempio:
- il tempo che intercorre tra il ricevimento dell'ordine al magazzino di distribuzione e la
relativa spedizione;
- l'entit minima dell'ordinazione o eventuali limiti all'assortimento degli articoli ordinati,
posti dal fornitore;
- la percentuale degli articoli per i quali si verifica una rottura di scorta presso il magazzino
fornitore, in un dato periodo di tempo;
- la percentuale di ordini accuratamente evasi in un dato periodo di tempo;
- la percentuale dei clienti o del relativo volume di ordinazioni che evidenzi coloro che sono
serviti (o gli ordini che sono evasi) entro un dato periodo di tempo dal ricevimento
dell'ordine;
- la percentuale degli ordini che possono essere completamente evasi a vista;
- la percentuale delle merci che raggiungono il magazzino del cliente in condizioni accettabili
per la successiva vendita o - in genere - per l'uso;
- il tempo che intercorre tra il momento in cui effettuata l'ordinazione e la consegna delle
merci;
- la facilit e la flessibilit con cui il cliente pu piazzare la sua ordinazione;
- la percentuale dei giorni lavorativi in rottura di stock;
- il valore della mancata vendita per rottura di stock.
La mancanza di una univoca definizione, dunque, conduce ad affermare che ciascuna azienda,
in funzione dei propri obiettivi e del fabbisogno espresso dal mercato, deve saper progettare la
pi opportuna ricetta o mix di servizio logistico, identificandone le componenti cruciali e le pi
corrette ed agevoli unit di misura.
Per quanto dunque gli elementi del servizio possono essere molti e diversi, nella maggioranza
dei casi si fa riferimento ai seguenti:
- la disponibilit del prodotto, cio la capacit di limitare il numero di rotture di stock entro
definiti limiti temporali;
- la tempestivit della consegna, ovvero l'intervallo temporale intercorrente tra l'emissione
dell'ordine da parte del cliente ed il ricevimento della merce. Detto tempo proporzionale al
ciclo dell'ordine o tempo ciclo dell'ordine;
- l'affidabilit o attendibilit del servizio: generalmente legata alla regolarit del tempo di
consegna, ovvero al rispetto della data di consegna promessa, l'attendibilit pu essere
associata anche ad altri elementi quali l'integrit delle confezioni e dei prodotti spediti, la
conformit quali-quantitativa della consegna rispetto all'ordine o la precisione ed
accuratezza della documentazione di accompagnamento;
- la flessibilit del servizio, ovvero la capacit di adattare il sistema logistico alle mutevoli
richieste del cliente, secondo logiche di personalizzazione. Quest'ultimo elemento
generalmente correlato alla bont del sistema informativo che lega il cliente al fornitore ed
alle doti di reattivit e versatilit di quest'ultimo. " (Grando, 1995, pp 106-109)
La definizione per ciascun elemento dell'opportuno livello di servizio non pu prescindere dalla
considerazione congiunta dei benefici attesi e dei costi connessi. Le scelte di ottimizzazione
mirano a soluzioni che massimizzano il livello di servizio conseguibile e al contempo
minimizzano le risorse impiegate. La correlazione tra il miglioramento del livello di servizio e i
ritorni attesi da tale sforzo in termini di incremento delle vendite si pu esprimere con una curva
logistica (Figura 36; similmente, si pu individuare una correlazione a pendenza crescente tra

86

miglioramento del livello del servizio e incrementi nei costi logistici necessari per conseguirlo
(Figura 37).

Vendite

livello di
saturazione

massa
critica

Livello di
servizio

Figura 36 - Relazione tra vendite e livello di servizio, (Fonte Di Meo contenuto in A. Grando, 1995).

Costo
logistico
globale

Livello di
servizio
Figura 37 - Relazione tra livello di servizio e costo logistico globale, (Fonte Di Meo contenuto in S.
Pivato e A. Gilardoni, 2000)

"La curva logistica compresa tra due livelli, rappresentati dalle linee tratteggiate, che
identificano, rispettivamente, il livello minimo al di sotto del quale non si rende possibile
operare, ed il livello massimo, oltre il quale l'incremento nelle vendite assume un andamento
asintotico, a prescindere dagli incrementi di servizio offerti. Esiste pertanto una soglia minima
(A), o massa critica, oltre la quale le vendite manifestano una sensibilit pi che
proporzionale rispetto agli incrementi nel servizio, anche se tale effetto, oltre un certo limite o
livello di saturazione (B), tende a smorzarsi esponenzialmente.
L'incremento nelle vendite si manifesta quale riconoscimento da parte del cliente di una serie di
vantaggi o di minori costi, taluni diretti, altri indiretti:
- i primi sono legati al processo di delega di funzioni operato dal cliente nei confronti del
fornitore, che si sostanzia nel trasferimento di oneri altrimenti in capo al primo. Si tratta ad

87

esempio di attivit quali imballaggi, pallettizzazioni, trasporti e garanzie offerte dal


fornitore;
- i secondi risultano, invece, quali effetti indotti in termini di riduzione dell'incertezza circa le
rotture di scorta e dei correlati livelli di capitale circolante investiti in magazzino, per
effetto, ad esempio, della accresciuta tempestivit ed affidabilit delle consegne." (Grando,
1995, pp 108-110)
"La scelta ottimizzante dovrebbe collocarsi in prossimit del livello di servizio che consente di
massimizzare il margine, cio il livello per il quale risulta massima la differenza tra ricavi e
costi logistici (Figura 38). Occorre sottolineare che tale impostazione, sebbene ineccepibile da
punto di vista concettuale, poco si presta all'individuazione di soluzioni pragmatiche e
tempestive, quali sono frequentemente richieste nella gestione di impresa. (Pivato e Gialrdoni ,
2000, p. 236)

Costo
Ricavo
Profitto
Ricavo

Costo

livello di
saturazione

Profitto

massa
critica

X%

Livello di
servizio

Figura 38 - Le relazioni tra costo, ricavo, profitto e servizio logistico, (Tratto da A. Grando, 1995).

Il costo logistico globale


"Come gi segnalato, se promuovere politiche volte ad incrementare il livello di servizio offerto
risulta apprezzabile sotto il profilo dell'efficacia, parimenti critico, in presenza di non
illimitatezza di risorse, aver riguardo anche al profilo dell'efficienza, con l'obiettivo di contenere
ogni spreco od onerosit superflua; in proposito, occorre chiarire il concetto di costo logistico
globale, la cui nozione scaturisce dall'approccio sistemico alla gestione della logistica. Si gi
accennato all'esigenza che l'uso congiunto delle molteplici leve logistiche a disposizione del
management (trasporti, magazzini, scorte, ecc.) debba realizzarsi in modo coordinato, sotto un
duplice profilo: per un verso, ricercando elementi di coerenza all'interno del set di leve a
disposizione evitando un loro impiego distonico, e per un altro assicurando coerenza tra queste
ultime, unitamente considerate, e gli obiettivi logistici perseguiti. Ogni leva, o componente, di
un sistema logistico, pu infatti essere utilizzata privilegiando, di volta in volta, ora obiettivi de
efficacia, ora obiettivi di efficienza.
Si pensi ad esempio, al sistema dei trasporti: si pu ricorrere a sistemi poco costosi , ma
generalmente anche poco veloci, quali i trasporti via nave, per giungere, attraverso modalit
alternative (trasporti su rotaia, su gomma per tratte standard, su gomma con itinerari specifici),

88

all'impiego di mezzi velocissimi e costosi quali trasporti aerei; occorre, inoltre, decidere se
dotarsi di una flotta di mezzi propri, accrescendone il controllo, o avvalersi del servizio di terzi
con l'obiettivo di variabilizzare la struttura dei costi; o ancora si pu propendere per sistemi
misti, con trasporti primari di terzi e secondari propri, o viceversa. Lo stesso si potrebbe dire per
l'ubicazione e il numero di magazzini e depositi: meglio ricorrere a pochi magazzini
accentrati, collocati presso gli stabilimenti, ricercando efficienze nella gestione delle scorte, o
dotarsi di una struttura pi capillare di depositi periferici, ubicati presso i mercati da servire, per
migliorare il servizio?
Appare peraltro evidente che il medesimo livello di costo/servizio ottenibile con la
progettazione di sistemi logistici assai differenti tra loro; proseguendo con l'esemplificazione,
possibile ottenere il medesimo livello di servizio e di costo logisticoavvalendosi di sistemi
alternativi:
- pochi magazzini centrali con contenuti costi di stoccaggio al fine di ricercare efficienza, e
un articolato sistema di trasporti stratificato su pi livelli che, pur costoso, garantisca
adeguate prestazioni in termini di servizio alla clientela;
- una presenza capillare di depositi periferici con un oneroso incremento dei livelli di
giacenza, alimentato da un sistema di trasporti diretti, effettuati da terzi e pi convenienti.
Entrambe le soluzioni possono essere ugualmente valide e la scelta sar operata in
considerazione delle specificit, del prodotto, del settore, di elementi tecnici e di valutazioni di
convenienza economica. Da quanto brevemente esemplificato discende che la progettazione di
un sistema logistico non possa essere improntata all'ottimizzazione del rapporto costo/servizio
di questa o quella componente, ma vada realizzato in considerazione di un'ottimizzazione
globale; ad ogni alternativa progettuale, si manifesta, infatti, un trade-off tra i costi correlati
all'impiego delle diverse risorse logistiche che pu essere sanato solo tendendo alla
minimizzazione del costo globale." (Grando, 1995, pp. 110-111)
"Per meglio affrontare la problematica delle scelte di ottimizzazione logistica opportuno
introdurre il concetto di costo logistico globale. Le differenti scelte di progettazione e gestione
che ricadono in ambito logistico (di trasporto, di movimentazione, di stoccaggio) influiscono in
modo diverso sui connessi profili di costo: in particolare, alcune scelte possono causare una
riduzione in alcune categorie di costo e, al tempo stesso, un aumento in altre. Tale fenomeno
pu condurre a gravi errori se si affronta il problema secondo una logica di ottimizzazione
parziale dei singoli ambiti di scelta e non, viceversa, secondo un approccio sistemico.
La nozione di costo globale ricomprende quindi tutti i costi associati alle scelte poste in essere
per garantire un prefissato livello di servizio logistico (Figura 39). Appare evidente che, a fronte
dell'erogazione del medesimo livello di servizio, si rendono disponibili differenti soluzioni
progettuali, le quali andranno valutate con riferimento a elementi di specificit del prodotto, del
settore in cui l'impresa opera, delle implicazioni o dei vincoli di carattere tecnico, oltre che del
profilo di convenienza economica.

89

Costo
logistico
globale

costo
totale

costi di
trasporto
costi di
magazzino

costi di
elaborazione
ordini

configurazione di costo
totale minimo
pochi depositi,
trasporti costosi,
elaborazione
ordini rapida

alternative di progettazione del


sistema logistico

molti depositi,
trasporti poco costosi,
elaborazione ordini
lenta

Figura 39 - Il costo logistico globale (Fonte Shapiro e Heskett contenuto in S. Pivato e A. Gilardoni,
2000)

"Circa l'identificazione del costo logistico globale comunque opportuno fare due precisazioni:
- la prima attiene alla sua determinazione; la quantificazione precisa del costo minimo non
risulta semplice, non solo per le difficolt di rilevazione, ma soprattutto perch i sistemi di
aggregazione dei costi generalmente adottati dalle aziende, per commessa o per centri di
costo, mal si prestano alla costruzione di configurazioni di costo idonee ad apprezzare la
globalit delle attivit logistiche;
- la seconda si riferisce alla necessit di non sotto valutare, nella ricerca del minor costo
logistico, l'importanza del servizio, ma di considerare le due componenti congiuntamente, in
una prospettiva di medio-lungo periodo. La gestione del trade off tra servizio e costo va
inquadrato rispetto al settore in cui l'impresa opera e rispetto allo specifico articolo oggetto
di valutazione. " (Grando, 1995, pp.113, 118-121)
Le scelte di progettazione del sistema logistico
"Il sistema logistico costituito dell'insieme:
di infrastrutture;
di flussi informativi e procedurali;
di componenti organizzative;
preposti alla gestione dei flussi complessivi di materiali dall'approvvigionamento alla
distribuzione fisica, con l'obiettivo di conseguire il massimo livello di servizio al minimo costo
logistico globale. L'insieme di scelte attinenti alle singole componenti, allo scopo di realizzare
una struttura coerente con gli obiettivi, costituisce l'oggetto della progettazione logistica.
Le scelte di progettazione e gestione di un sistema logistico dipendono innanzi tutto dalle
opzioni strategiche di impresa, rispetto alle quali la logistica pu rivelarsi un potente strumento
di vantaggio competitivo. A tale proposito, i sub-obiettivi funzionali assegnati alla logistica
possono ricondursi sostanzialmente, come esposto in dettaglio in Figura 40, ai tre orientamenti

90

strategici di fondo: innovazione, servizio e leadership di costo. In ciascun caso necessario


individuare una serie di scelte assai articolata, dalla quale possono originarsi soluzioni
progettuali complessive assolutamente differenti, pur nel perseguimento del medesimo obiettivo
strategico prioritario.
Innovazione

Differenziazione del servizio

Leadership di costo

Obiettivi del
sistema logistico

Disponibilit
Flessibilit a variazioni dei volumi
e a modifiche dei prodotti
Capacit di accettare ordini piccoli
e con ritmo discontinuo

Rapidit e regolarit di consegna


Disponibilit
Flessibilit ai cambiamenti
richiesti dal cliente

Costo minimo ad un livello di


servizio accettabile

Approvvigionamenti

Selezionare fornitori in grado di


assicurare continuit delle
forniture, conformit alle
specifiche, flessibilit ai
cambiamenti di specifiche

Selezionare fornitori in grado di


assicurare tempestivit e
regolarit di consegna,
disponibilit di linee di prodotti
complete

Conseguire economie di scala


negli acquisti
Centralizzare la funzione acquisti
Selezionare fornitori competitivi
sul prezzo

Politica
delle scorte

Tensione tra livelli di scorte elevati


per garantire la disponibilit e
livelli contenuti per mantenere
flessibilit e abbattere rischio di
obsolescenza; la decisione dipende
dal tasso di introduzione di nuovi
prodotti e dall'intensit della
concorrenza

Disponibilit di scorte periferiche


per assicurare consegne rapide e
affidabili

Investimento in scorte limitato ad


assicurare un livello di servizio
accettabile

Politica
dei trasporti

Trasporti rapidi
Operatori specializzati

Trasporti tradizionali a carico


completo per rifornire i
magazzini periferici
Trasporti leggeri per consegne a
clienti
Trasporti in emergenza per
richieste urgenti

Trasporti efficienti: mezzi poco


costosi e a pieno carico
incentivazione a richiedere
spedizioni complete

Rete di
infrastruttura

Rete quasi inesistente


Ricorso prevalente a strutture conto
terzi o in affitto

Rete a pi livelli

Rete centralizzata e razionale


Ricorso ad automazione

Figura 40 - Orientamento strategico e scelte di progettazione logistica (Fonte Shapiro e Heskett


contenuto in S. Pivato e A. Gilardoni, 2000).

Una logistica orientata all'innovazione si caratterizza per un'elevata capacit di proposta al


mercato di nuovi prodotti, in particolare con il contenimento del time to market. Il sistema
tender a garantire in via prioritaria obiettivi di disponibilit, elasticit e flessibilit di risposta,
con soluzioni coerenti per quanto riguarda:
la rete di infrastrutture, che in genere non saranno di propriet;
le logiche di gestione delle scorte, che saranno orientate al contenimento dell'investimento, per
evitare pregiudizi all'introduzione tempestiva di nuovi prodotti;
i trasporti, che saranno spesso terziarizzati a operatori specializzati.
L'orientamento al servizio si manifesta nella capacit del sistema logistico di assicurare un mix
di prestazioni di servizio particolarmente composito, in cui assumono rilevanza sia la
disponibilit sia la flessibilit a fronte di richieste di personalizzazione da parte del cliente, oltre
che elementi di tempestivit e di affidabilit delle consegne. In tal caso, probabile che si
adottino strutture produttive e distributive decentrate e capillari, nonch logiche di gestione
delle scorte volte a massimizzare il livello di disponibilit del prodotto e di regolarit delle
consegne.
Infine, una logistica che persegue la leadership di costo sar caratterizzata da scelte volte
all'ottimizzazione dell'efficienza; conseguentemente, tender a un maggiore grado di
accentramento e saturazione delle infrastrutture e delle attivit gestionali pi critiche
(approvvigionamenti, scorte, trasporti).

91

Vale la pena aggiungere che i tre orientamenti delineati non si escludono necessariamente,
perch possono positivamente coesistere all'interno della stessa impresa con riferimento a
differenti linee o famiglie di prodotto o a mercati specifici. Inoltre, frequente che un'impresa si
evolva naturalmente dal primo al terzo orientamento in conseguenza dell'attraversamento delle
varie fasi del ciclo di vita del prodotto, che manifestano fabbisogni logistici alquanto diversi.
L'evolvere del ciclo di vita del prodotto implica quindi in genere la necessit di interventi di
riprogettazione logistica. La Figura 41 riassume tali concetti.
Introduzione

Sviluppo

Maturit

Declino

Tempo
elevato livello di
servizio

livello di servizio
livello di servizio
selettivo
pi contenuto
costi unitari di
distribuzione
contenuti
scelte di politica distributiva

rischio di
investimento e
di gestione
contenuto

Figura 41 - Scelte strategiche e ciclo di vita del prodotto, (Fonte Di Meo contenuto in S. Pivato e A.
Gilardoni, 2000)

Le scelte infrastrutturali
La progettazione logistica attiene, in primo luogo, alla definizione delle caratteristiche della rete
di infrastrutture, ossia alla scelta:
del numero di livelli di rete distributiva (grado di centralizzazione);
del numero e dell'ubicazione di unit produttive, magazzini, depositi, centri di distribuzione;
della dimensione e del lay out da assegnare a ciascuno di essi.
Inoltre, rientra nelle scelte infrastrutturali la selezione del tipo di collegamenti da instaurarsi tra
tutti i precedenti elementi. Infatti, la rete di infrastrutture pu essere considerata un insieme di
punti nodali collegati da canali all'interno dei quali scorrono i flussi fisici e informativi. I punti
nodali assolvono funzioni di:
trasformazione (le unit produttive), cui corrispondono diverse esigenze di stoccaggio e
movimentazione delle merci;
stoccaggio e movimentazione (magazzini centrali, magazzini e depositi periferici);
smistamento dei flussi (centri di distribuzione e punti di transito, o transit point).
I canali sono le vie di collegamento tra i diversi punti nodali; essi supportano il trasferimento
dei flussi fisici e dei flussi informativi tra i nodi della rete e sono pertanto riconducibili, in
sintesi, ai mezzi di trasporto e movimentazione e ai supporti informativi. Il canale logistico
risultante dall'insieme degli elementi infrastrutturali individuati pu assumere configurazioni pi
o meno complesse, in ragione della numerosit dei nodi e dell'intreccio e dell'articolazione dei
flussi che tra essi si instaurano: si veda in proposito la Figura 42.

92

magazzino
periferico
N
magazzino
centrale
I

fabbricazione
E
fornitore
B

assemblaggio
G
fabbricazione
F

magazzino
periferico
P

fornitore
C

fornitore
D

magazzino
periferico
O

magazzino
centrale
L
assemblaggio
H

magazzino
periferico
Q

mercato

fornitore
A

magazzino
periferico
R
magazzino
centrale
M

magazzino
periferico
S

Figura 42 - Esempio di canale logistico, (Fonte Bianchi, contenuto in S. Pivato eA. Gilardoni, 2000).

Le scelte relative ai flussi informativi e procedurali


La definizione dei flussi informativi e procedurali un elemento critico della progettazione
logistica, dato il ruolo nevralgico che essi assumono nel trasmettere gli impulsi che generano lo
scorrimento dei flussi fisici all'interno della rete di infrastrutture. Si infatti gi accennato allo
stretto legame che intercorre tra flussi fisici e flussi informativi: in particolare, i primi muovono
da monte verso valle del canale logistico secondo criteri determinati dalle procedure di gestione
delle attivit logistiche e, generalmente, in seguito ad un flusso informativo di input.
Quest'ultimo ha origine dalle richieste del mercato e si propaga verso monte nel medesimo
canale avviando, da un lato, la trasmissione di flussi informativi, dall'altro, il trasferimento dei
flussi di materiali tra i punti nodali del sistema.
I principali flussi informativi e procedurali connessi alla logistica possono essere sintetizzati,
risalendo il canale logistico da valle a monte, in:
pianificazione, rilevazione e controllo del livello di servizio logistico;
definizione e gestione del ciclo dell'ordine;
programmazione delle consegne e dei trasporti secondari;
politiche di gestione delle scorte prodotto finito;
programmazione e controllo della produzione;
politiche di gestione delle scorte semilavorati e in transito;
programmazione attivit di ricezione e movimentazione materiali e componenti;
politiche di gestione delle scorte materiali e componenti;
politiche di approvvigionamento e di selezione e valutazione dei fornitori." (Pivato e
Gilardoni, 2000, pp.232-242).
Le scelte organizzative

93

"I compiti fondamentali di questa funzione sono tre. Ciascuno di essi fa capo a un responsabile
che, negli organigrammi tradizionali, dipende da tre direzioni diverse: l'ufficio acquisti risponde
alla direzione generale, il responsabile delle scorte (e della programmazione) al direttore di
produzione, il sistema logistico alla direzione commerciale. Negli ultimi anni, per, ci si resi
conto progressivamente dell'importanza della funzione gestione materiali e dei suoi riflessi
sull'andamento economico dell'impresa; spesso tutto ci ha comportato anche dei riflessi
radicali sulla struttura dell'organigramma e sull'inserimento, nel suo ambito, di questa funzione.
Le aziende pi avanzate, sotto questo profilo, hanno ormai adottato una di queste quattro
alternative:
una soluzione integrata, dove esiste un responsabile di funzione, cui fanno capo i tre uffici
tradizionali;
una focalizzazione sugli acquisti, dove l'ufficio approvvigionamenti responsabile anche
delle scorte e della programmazione, mentre la logistica fa capo a qualche altra struttura
organizzativa;
una focalizzazione sul sistema distributivo, dove il responsabile della gestione materiali si
occupa di scorte, programmazione e logistica, mentre continua a esistere un ufficio acquisti;
una focalizzazione sul processo produttivo, dove il responsabile della gestione materiali si
occupa degli approvvigionamenti e della logistica, mentre gli altri compiti fanno capo al
responsabile della produzione.
Non ci sembra si possa preferire una soluzione alle altre, perch molto dipende dalla struttura
dell'impresa e del settore in cui si opera; in generale, possiamo dire che la figura del
responsabile della gestione materiali opportuna l dove i problemi di coordinamento tra i
diversi ruoli rischiano di andare oltre la semplice ricerca di maggiori risparmi o di scontiquantit.
Per concludere, pensiamo che una buona sintesi di quanto detto finora la si possa avere dalla
Figura 43." (Schmenner, 1987, pp. 249-250)

Logica integrata

Focalizzazione sul sistema distributivo

Responsabile
logistica

Programmazione
produzione

Acquisti

Responsabile
logistica

Distribuzione

Programmazione
produzione

Focalizzazione sugli acquisti

Acquisti

Focalizzazione sul sistema produttivo

Responsabile
logistica

Programmazione
produzione

Distribuzione

Responsabile
logistica

Acquisti

Distribuzione

Acquisti

Distribuzione

Programmazione
produzione

Figura 43 - Quattro schemi di organizzazione alternativi per la gestione dei materiali (Adattato da R.W.
Schmenner, 1987).

Il controllo logistico
"Il tema del controllo logistico , per molti versi, strettamente connesso alle problematiche di
progettazione organizzativa, in quanto a soluzioni organizzative via via pi integrate e orientate
ai flussi deve corrispondere un adeguamento delle logiche di controllo dei flussi. Appare spesso
manifesta l'incapacit dei sistemi di controllo tradizionali, fondati su principi di rilevazione e

94

aggregazione funzionale dei dati e delle grandezze fisico-economiche, di garantire un


monitoraggio di carattere trasversale sull'intero sistema logistico. Solo i pi recenti principi di
activity based costing paiono in grado di superare l'inadeguatezza dei principi dei sistemi
tradizionali di rilevazione contabile.
Il controllo del sistema logistico deve coniugare due approcci complementari di determinazione
dei costi logistici:
logica per cicli omogenei, in cui si rilevano i costi a partire dall'approvvigionamento delle
materie prime fino alla distribuzione del prodotto finito con riferimento ad aggregati di
prodotti omogenei sotto il profilo logistico;
logica per operazioni omogenee, in cui i costi si aggregano secondo la natura delle attivit da
cui essi discendono (scorte, magazzinaggio, trasporto, confezionamento, pianificazione,
ecc.)." (Pivato e Gilardoni, 2000, pp.244-245).

95

2.B - La gestione delle scorte


"Da pi di un decennio le imprese si sono interessate in misura crescente al fenomeno delle
scorte, per la rilevanza assunta sotto il profilo degli impieghi di capitale circolante. Se, per un
verso, le metodologie di controllo degli inventari sviluppate in occidente sono state orientate ad
elaborazioni via via pi sofisticate e complesse, basate sull'impiego di moduli integrati in
sistemi informativi di produzione, in Giappone, per contro, si messa in discussione
l'opportunit stessa dell'investimento in scorte, in un pi ampio sforzo volto al contenimento
degli sprechi. Rinviando ai paragrafi seguenti l'esame dettagliato delle differenti tecniche di
gestione delle giacenze occorre sottolineare come siano comunque riconoscibili due intenti
comuni ad ogni metodologia impiegata:
- la progressiva razionalizzazione degli investimenti in scorte, tesa alla graduale eliminazione
di squilibri e sprechi;
- la sempre pi stretta integrazione tra gestione delle scorte, programmazione della
produzione e le altre componenti del sistema logistico-produttivo.
Come gi sottolineato, la gestione dei flussi fisici assume rilevanza non solo sul piano
specificatamente tecnico-operativo, oggetto di questo studio, ma anche su quello economico, per
i riflessi sul risultato operativo e sui correlati oneri finanziari, e su quello strettamente
finanziario della gestione del fabbisogno generato. La corretta gestione delle rimanenze,
dunque, deve essere finalizzata, per un verso a garantire continuit e scorrevolezza ai processi di
acquisto, produzione e vendita tipici della gestione caratteristica e, per un altro, al contenimento
del correlato fabbisogno finanziario." (Grando, 1995, p.203-204)
"Nessuna azienda disposta a mantenere scorte in eccesso, perch ci significherebbe un
immobilizzo di risorse senza alcun ritorno. Gli stessi capitali, invece, renderebbero almeno
qualcosa se fossero investiti in impianti produttivi o anche solo se li depositassimo in banca.
Questo significa che le scorte comportano, per l'impresa, autentici costi-opportunit nel senso
che, aumentando il magazzino, si deve rinunciare ad altri investimenti redditizi.
In alcuni casi, l'organizzazione del processo produttivo punta esplicitamente alla riduzione delle
scorte: il caso della produzione su commessa, dove si lavora sul venduto e si elimina quindi
ogni problema di gestione del magazzino prodotti finiti; d'altra parte, anche le materie prime
impegnate hanno spesso caratteristiche speciali e non raro il caso che vengano fornite in
conto-lavori dal cliente; tutto ci consente di contenere in modo notevole anche il magazzino
materie prime. Chi produce su commessa non pu invece evitare un forte immobilizzo in
semilavorati.
Di segno opposto sono gli impegni di chi produce in continuo: qui la filosofia di progettazione
degli impianti ruota attorno al concetto di prodotto standard realizzato in tempi estremamente
brevi, e ci significa la quasi inesistenza di semilavorati a scorta. Anche gli stocks di materie
prime possono essere contenuti, perch i fabbisogni sono noti e non possono subire oscillazioni
notevoli: un'accorta politica di acquisti basata su ordini aperti, spiccati a fornitori affidabili, pu
essere un buon metodo per non dover investire troppo in magazzini. Le difficolt vere
riguardano invece i prodotti finiti, dove le scorte possono accumularsi pericolosamente e dove il
controllo pu non essere facile. Nel caso di processi produttivi che presentano caratteristiche
organizzative intermedie tra i due esempi appena studiati, si debbono gestire con uguale
attenzione tutti i tipi di scorte che abbiamo visto." (Schmenner, 1987, pp. 191-192).

2.B.1 Tipologie e funzioni delle scorte


"Le scorte possono essere definite come un insieme di materie, semilavorati e prodotti che in un
determinato momento sono in attesa di partecipare ad un processo di trasformazione o di
distribuzione.

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La funzione fondamentale delle scorte quella di ricondurre ad unit la variabilit esogena ed


endogena che si manifesta nelle diverse fasi di acquisto, trasformazione e distribuzione;
esogena, tra andamento discontinuo dei mercati di acquisto e di sbocco ed uniformit richiesta
dal processo produttivo; endogena, nell'armonizzare le possibili difformit (in termini di tempi e
volumi prodotti) riscontrabili negli stadi adiacenti del ciclo di trasformazione.
Alcune scorte, dunque, assicurano flessibilit negli acquisti, permettendo l'ottimizzazione delle
politiche di approvvigionamento, indipendentemente dalle richieste della produzione; altre
garantiscono un efficiente impiego delle risorse produttive (impianti e macchinari), pur
caratterizzate da livelli di capacit produttiva diversi; altre ancora rendono compatibili la
produzione, volta alla ricerca della normalizzazione delle fasi e dei cicli di lavorazione, con la
variabilit della domanda del consumatore.
Una prima classificazione che emerge da queste brevi note fa riferimento alla destinazione
funzionale delle scorte, nelle diverse fasi del processo di trasformazione: materie prime,
semilavorati e prodotti finiti.
Le materie prime sono costituite dai fattori produttivi in entrata, destinati alla trasformazione
che alimentano il processo produttivo. Ad esse, generalmente, vengono assimilati i
cosiddetti materiali ausiliari caratterizzati da una funzione meramente accessoria e
sussidiaria; questi, a loro volta, sono distinti in materiali di consumo (carburanti,
lubrificanti, ecc.) e ricambi;
I semilavorati o prodotti in corso di lavorazione, sono materiali che hanno subito alcune
trasformazioni (sbozzati, sottoassiemi, gruppi, compessivi, ecc.) ma che non sono ancora
ultimati; essi assolvono alla funzione di raccordo e bilanciamento tra fasi produttive
caratterizzate da differenti livelli di potenzialit;
I prodotti finiti sono beni che, concluso il processo di trasformazione nell'impresa, sono pronti
per la vendita, (pur non essendo necessariamente idonei al consumo finale).
E' appena il caso di accennare al fatto che questa classificazione, utile ai fini espositivi ma
affatto arbitraria, deve essere di volta in volta qualificata dalla destinazione che la scorta in
oggetto ha nella sequenza del processo di trasformazione e vendita di una particolare impresa. E'
evidente, infatti, che quanto costituisce materia prima o semilavorato per una, pu essere
parimenti prodotto finito per un'altra situata pi a monte nel processo totale di trasformazione.
Le scorte, dunque, in prima istanza svolgono la funzione di separare tra loro le operazioni nella
sequenza di acquisto-trasformazione-vendita, rendendo efficiente, in tal modo la gestione di
ciascuna fase, in condizioni di relativa autonomia ed economicit di esercizio." (Grando, 1995,
pp. 204-206)
"Le scorte di materie prime servono a: ovviare ai ritardi nelle consegne degli
approvvigionamenti (buffer stocks); ridurre i costi, nel caso si ottengano sconti quantit o si
riesca ad acquistare in condizioni di prezzi cedenti.
I semilavorati sono tenuti a scorta per: ovviare ai ritardi di consegna dei subfornitori o di altri
reparti produttivi (buffer stosks); svincolare ritmi e programmazione della produzione in reparti
diversi (decoupling inventory); consentire alle singole stazioni di lavoro di organizzarsi con un
minimo di autonomia.
Le scorte di prodotti finiti servono a: evadere celermente gli ordini; far fronte ad andamenti
ciclici della domanda; evitare che la programmazione della produzione debba variare
drasticamente il livello della quantit prodotta per adeguarsi prontamente alle irregolarit del
mercato.
Molto spesso le tecniche cui ricorrere per gestire le scorte mutano a seconda che si tratti di
materie prime e prodotti finiti da un lato, o semilavorati dall'altro. La dottrina si occupata
molto pi a fondo del primo tipo di stock e i modelli gestionali disponibili al riguardo
dimostrano un notevole grado di raffinazione, oltre che una buona diffusione. Di qui il
convincimento che quel tipo di scorte venga, di solito, gestito correttamente. Molto spesso,
invece, l'uomo di produzione non gestisce magazzini di prodotti finiti o di materie prime, ma ha
a che fare con un notevole investimento in semilavorati; in materia, per, non esistono tecniche

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di facile applicazione, perch gestire quel tipo di scorte significa incidere direttamente sul
processo di produzione e sul suo sistema informativo.
Una strada per ridurre i semilavorati potrebbe essere quella di accorciare il ciclo di produzione
ricorrendo, ad esempio, a una movimentazione automatizzata o a centri produttivi tra loro
meglio integrati; in alternativa si potrebbero eliminare strozzature o migliorare il flusso delle
informazioni necessarie al processo." (Schmenner, 1987, p. 192)
"Dall'osservazione dei motivi che giustificano l'accumulo di giacenze di magazzino e delle
funzioni di volta in volta svolte da queste, possibile operare una seconda distinzione fra:
scorte funzionali, scorte di sicurezza e scorte speculative. Esse sono costituite, rispettivamente,
per far fronte a fenomeni quali il tempo di attesa e le discontinuit, l'incertezza e l'opportunit di
conseguire economie di gestione: Esaminiamo nell'ordine le diverse tipologie.
Per scorte funzionali (o operative) si intendono, le giacenze accumulate, da un lato, per coprire
le esigenze del periodo di tempo necessario al trasporto o alla produzione di un bene; dall'altro,
per realizzare la gi menzionata funzione di disaccoppiamento di due o pi fasi nel processo di
acquisto-produzione e vendita.
A questo proposito si suole distinguere tra:
- scorte in transito (di trasferimento o in lavorazione);
- scorte organizzative.
Le scorte in transito (di trasferimento o in lavorazione), per ottimizzare l'efficienza di un
processo produttivo, devono essere proporzionali al tempo impiegato nel trasferire un bene da
un punto di stoccaggio di lavorazione ad un altro. L'entit media di tali giacenze viene
generalmente configurata dalla seguente espressione: I = S x T
dove: I = scorta in transito necessaria in un certo stadio;
S = vendite medie (o il consumo) nell'unit di tempo;
T = tempo impiegato per passare da un certo stadio al successivo.
E' chiaro che, per modificare il livello della giacenza media in transito, senza intaccare
l'efficienza del processo produttivo, si deve incidere sui tempi di trasferimento o sui ritmi di
vendita (o di consumo).
Le scorte organizzative rendono indipendenti le diverse fasi del sistema produttivo-distributivo,
svolgendo, di volta in volta, le funzioni di volano (allo scopo di superare le inerzie ed i punti
morti riscontrabili in alcune fasi del ciclo di trasformazione), o di ammortizzatore (al fine di
attutire la variabilit interna od esterna all'azienda), o ancora di polmone (per far fronte ad
ogni eventuale distonia del sistema). Le scorte organizzative sono a loro volta suddivise in tre
grandi categorie, in relazione alle generali funzioni che sono chiamate ad assolvere:
- le scorte da unit economica (lot size inventory) che si manifestano in corrispondenza di
acquisti (o produzioni) in quantit superiori alle immediate necessit, motivati da eventuali
sconti di prezzo o ottimizzazione del trasporto;
- le scorte stagionali, o per fronteggiare altre fluttuazioni (buffer stock), connesse alla
necessit di compensare possibili oscillazioni della domanda del consumo;
- le scorte preventive (anticipation stock), generalmente accumulate per tutelare l'impresa da
eventuali difficolt di approvvigionamento, o per anticipare temporanee fermate degli
impianti.
Talvolta la necessit di far fronte a inattese variazioni della domanda o dell'impiego suggerisce
il mantenimento di scorte - dette di sicurezza - che assicurino l'equilibrio ed ininterrotto
svolgimento delle operazioni. Fenomeni quali un ritardo nel tempo di approvvigionamento,
l'anormale funzionamento del sistema logistico, ritardi nelle rilevazioni di magazzino,
imprevisti fermi-macchina, impongono il mantenimento di livelli di giacenza superiori a quelli
normalmente costituiti in situazione di certezza. Tuttavia, poich l'incertezza, fonte di queste
casuali variazioni sfugge ad ogni quantificazione assoluta, occorre individuare uno standard di
sicurezza che tenga conto della prevista instabilit della domanda (o della fornitura) e del livello
di servizio che si vuole assicurare (cio della volont d'impresa di garantire la tempestiva
disponibilit di materiali nelle differenti fasi del ciclo di trasformazione e distribuzione).

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Le scorte speculative sono rappresentate dalle giacenze costituite (indipendentemente dalla


funzione tecnica da esse svolta) al fine di trarre vantaggio da una variazione prevista dei prezzi
in un determinato periodo di tempo. Esse riguardano sia i prezzi costo che i prezzi ricavo, e
possono essere determinate da una attesa variazione in entrambi i sensi (aumento o riduzione)
dei prezzi di acquisto o di vendita. Generalmente l'acquisto speculativo anticipato si combina
con quello funzionale (per quanto le esigenze tecniche abbiano in tal caso solo un peso
secondario) per determinare il livello delle giacenze di materiali, ad esempio di importazione o
di uso stagionale, da mantenere in presenza di una notevole instabilit dei prezzi nel breve
periodo. L'acquisto meramente speculativo, invece, trae ragion d'essere, in ultima analisi, dalla
sola comparazione dei rischi e costi ad esso connessi e dei ricavi o vantaggi che ne conseguono.
Questa tipologia di scorta dunque non assume, diversamente dalle altre citate, i caratteri
dell'investimento a rapido rigiro, dalla durata sostanzialmente illimitata, bens riconducibile a
scelte di breve periodo, di natura episodica." (Grando, 1995, pp 206-209)
"Utilizzando le due classificazioni per destinazione e per funzione come assi di una matrice, i
quadranti che ottengono rappresentano diverse tipologie di scorte le cui entit saranno
influenzate dalle variabili sinteticamente presentate nella Figura 44.
Forme Materie prime

Semilavorati

Prodotti finiti

Localizzazione e
layout stabilimenti

Lontananza dei
mercati serviti

Funzioni
Transito

Lontananza dei
fornitori

Tipologia del processo Struttura della


produttivo
distribuzione
Sistema di
movimentazione
Organizzazione

Lotti d'acquisto
Flessibilit dei
fornitori

Tecnologia del
processo produttivo
Lotti di produzione

Lotti di distribuzione
Flessibilit del sistema
produttivo

Flessibilit degli
impianti
Bilanciamento delle
fasi produttive
Sicurezza

Puntualit
dei fornitori

Affidabilit degli
impianti

Affidabilit delle
previsioni

Livelli
quantitativi

Fluttuazioni della
produttivit

Fluttuazioni della
domanda

Qualit di processo
Figura 44 - Tipologie di scorte e variabili che le influenzano, (Fonte Di Meo tratto da A. Zanoni
contenuto in Rispoli, 1989)

L'analisi della matrice consente di rilevare che, in una situazione ideale, in cui i rifornimenti, il
processo produttivo e l'assorbimento di mercato fossero costanti ed equilibrati, le scorte
potrebbero essere limitate ai materiali in transito. Ogni quantitativo ulteriore un
ammortizzatore creato per superare vincoli e ostacoli, non necessariamente di ordine
logistico, che impediscono la perfetta fluidit dei materiali." (Zanoni, 1989, pp. 485-486)

99

2.C - I metodi di gestione delle scorte


"La gestione dei flussi di materiali mira a garantire la continua disponibilit dei materiali, a
minimizzare l'investimento in capitale circolante e gli impieghi di risorse necessarie e a
ottimizzare l'utilizzo della capacit produttiva nel breve-medio termine. I vari materiali possono
essere discriminati secondo le loro caratteristiche al fine di differenziare le logiche gestionali di
ciascuno. Le caratteristiche principali sono:
la natura della domanda, che pu essere dipendente (quando i fabbisogni del materiale
derivano dalla richiesta di materiali di livello superiore, che incorporano i primi) o
indipendente (tipicamente nel caso dei prodotti finiti, delle parti di ricambio e dei materiali
di consumo);
il valore di impiego (o di consumo), di un materiale, corrispondente al prodotto della quantit
consumata in un'unit di tempo per il suo valore unitario;
la frequenza di consumo, che influenza in modo diretto la prevedibilit dei consumi; in caso di
elevata frequenza si parla in genere di consumo continuo.
Secondo la combinazione delle caratteristiche sopra esposte risulta conveniente adottare logiche
di gestione dei materiali di tipo look back o look ahead, ai quali corrispondono rispettivamente
criteri di lancio degli ordini di produzione di tipo stock control o flow control.
Nella logica look back un ordine di produzione viene lanciato quando la scorta del materiale
risulta insufficiente a coprire i fabbisogni pianificati per i periodi futuri, calcolati sulla base dei
tassi di consumo e del tempo necessario per l'approvvigionamento. Secondo la logica look
ahead un ordine viene lanciato sulla base del fabbisogno del materiale per un periodo futuro,
calcolato in funzione della programmazione della produzione.
La logica look back orientata alla ricostituzione della scorta in via di esaurimento; ha il
vantaggio di essere di semplice applicazione, in quanto richiede soltanto l'osservazione di un
indicatore di livello (la quantit di scorte); tuttavia, comporta in genere un maggiore
investimento medio in scorte. La logica look ahead, invece, si fonda sulla pianificazione dei
fabbisogni e presenta quindi lo svantaggio di richiedere elaborazioni pi complesse(Pivato e
Gilardoni, 2000 pp.215-230)
Rientrano tra le tecniche di look back o stock control:
- il metodo a tempo fisso
- il metodo a quantit fissa o lotto economico.
Rientrano tra le tecniche di look ahead o flow control:
- il Material Requirement Planning - MRP
- il Just In Time - JIT.
" Possiamo immaginare le scorte come dei "serbatoi" di materie prime o prodotti finiti cui
attingono rispettivamente i responsabili della produzione e i consumatori. Una gestione corretta
consiste nell'assicurare un buon servizio a chi attinge alle scorte: ci significa decidere quanto
capace deve essere il "serbatoio" e quando - e quanto - lo si deve "riempire". La gestione delle
scorte ruota dunque attorno a questi tre concetti: l'entit massima di scorta, il punto di riordino e
la quantit di riordinare.
Diverse filosofie a confronto: 1. adeguare le scorte ai ritmi di impiego
Uno degli approcci pi diffusi al problema consiste nel prevedere fabbisogno e ritmo di
consumo nel tempo, cos da programmare gli ordini di approvvigionamento. E' una filosofia che
si adatta soprattutto alla gestione delle materie prime destinate ad alimentare processi
industriali: l'obiettivo teorico sarebbe quello di non avere mai prodotti finiti a scorta e di avere i
magazzini di materie prime i pi bassi possibile. In tal caso la parte del leone la farebbero le
scorte di semilavorati.
La premessa indispensabile per raggiungere un obiettivo del genere conoscere esattamente che
cosa si deve produrre e quando, quali materie prime sono necessarie e in che quantit, in quale
fase del processo produttivo si ha bisogno di ogni singolo input, e infine quanto tempo occorre
al fornitore per consegnare la merce. Si tratta di un volume di informazioni non indifferente, ma

100

che per sono tutte indispensabili se si vuole che il metodo funzioni correttamente. Volendo
schematizzare meglio ci che il responsabile delle scorte deve conoscere, diremo che gli
occorrono almeno queste quattro informazioni:
1. il piano di produzione (master production schedule): quando cio si previsto di avviare la
produzione di un particolare articolo. Di solito vengono predisposti piani mensili, anche se
orizzonti diversi non costituiscono necessariamente un'eccezione. Aseconda dell'impresa e
della dinamica di mercato gli scostamenti preventivo/consuntivo possono variare anche
notevolmente;
2. la distinta-base: cio il tipo e il numero di componenti necessari per la realizzazione di un
singolo prodotto complesso;
3. i tempi di lavorazione e le quantit standard di materie prime lavorate: ci significa
conoscere quanto si impiega a realizzare un prodotto e in quale momento si ha bisogno delle
singole materie prime. In alcuni casi, il ciclo di lavorazione tanto breve che tutti i
componenti devono essere disponibili subito; nei casi pi complessi, per, i tempi si
allungano, e se tutte le materie prime vengono consegnate insieme , alcune rimangono
inutilizzate per periodi anche non brevi: in questi casi che le informazioni circa la
tempistica produttiva si dimostrano preziose;
4. i tempi medi di consegna: quanto tempo occorre cio, ad ogni fornitore, per evadere un
ordine.
Questi quattro gruppi di informazioni servono, insieme, a decidere una corretta politica di
scorte: grazie al piano di produzione e alla distinta-base possiamo stabilire quanto acquistare,
mentre i tempi di lavorazione e quelli di consegna, insieme al piano, aiutano a scegliere quando
ordinare. Su questi semplici concetti si basa il metodo di gestione definito MRP (Material
Requirement Planning). Nella realt la sua applicazione ben pi complessa, come vedremo pi
oltre in questo medesimo capitolo; gli elementi essenziali sono per quelli di una gestione
"anticipatrice" delle scorte: bisogna cio conoscere per tempo ci di cui la produzione avr
bisogno.
Diverse filosofie a confronto: 2. ottimizzare la gestione delle scorte, svincolandola dai ritmi
di impiego
Ci sono invece altre tecniche gestionali che non si preoccupano di rispettare tanto rigorosamente
i tempi di produzione, pur continuando ad avere per obiettivo una corretta gestione economica.
Queste tecniche sono particolarmente utili per la gestione dei magazzini prodotti finiti; si
trovano applicate soprattutto nella distribuzione, dove l'instabilit della domanda al dettaglio
rende impossibile un approccio "anticipatore".
Tra queste possiamo citarne due, ispirate a logiche diverse. La prima detta "gestione a tempo
fisso" e si preoccupa di reintegrare periodicamente i magazzini, portandoli ai livelli massimi
previsti. Ci pu accadere ogni settimana, o ogni mese, a seconda delle caratteristiche del
prodotto a scorta. Quello che muta di volta in volta, anche notevolmente, l'entit del riordino.
Il secondo metodo invece, chiamato "a quantit fissa", richiede un controllo costante delle
giacenze e un reintegro - sempre della medesima - quando le scorte toccano un determinato
livello minimo. In questo caso non pi il volume del reintegro a mutare ma, ovviamente,
l'intervallo tra un ordine e il successivo. Tale metodo anche detto "a punto di riordino",
intendendosi con questo termine il livello minimo di scorta, raggiunto il quale scatta il nuovo
acquisto.
Prima di continuare nello studio, forse opportuno considerare la Figura 45, dove sono
sintetizzate le caratteristiche salienti dei diversi metodi." (Schmenner, 1987, pp. 193-194)

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Tecniche vincolate
allandamento
della domanda

Just in time
(JIT)

Material Requirement Planning


(MRP)

Tecniche svincolate
dallandamento
della domanda

A tempo fisso
- controlli periodici
- ordini a cadenza costante
- ordini a quantit variabili

A quantit fissa
- controlli costanti
- ordini a scadenza variabile
- ordini a lotti economici
(metodo a punto di riordino)

Figura 45 - Diverse filosofie di gestione delle scorte, (Adattato da R.W. Schmenner, 1987)

"[In ciascun approccio] le decisioni fondamentali inerenti alle politiche di gestione dei
magazzini si collegano, in prima istanza, a due ben noti quesiti:
1) quando ordinare, cio in che data emettere l'ordine di approvvigionamento (o l'ordine di
lavorazione);
2) quanto ordinare, vale a dire il numero di unit da approvvigionare (o da processare).
Le risposte a tali interrogativi vanno individuate alla luce degli aspetti tecnico-economici dei
processi di trasformazione in oggetto e dei rischi e costi correlati a livelli di giacenza troppo
elevati o troppo bassi.
Le scelte connesse ai tempi di riordino ed alle dimensioni del lotto, dunque, comportano
un'attenta valutazione delle componenti di costo rilevanti. Ai fini di una opportuna gestione
delle scorte, infatti, occorre considerare solo quei costi suscettibili di variazioni per effetto di
differenti scelte in materia, tralasciando, invece, quegli elementi che non sono in alcun modo
influenzati dalle decisioni prese in esame.
Finch, ad esempio, il livello delle giacenze non supera la capacit di un deposito, il relativo
canone di affitto, irrilevante ai fini della scelta intorno ai tempi di riordino oppure alle
dimensioni del lotto, poich non varia al variare del tipo di decisione presa.
Per quanto attiene invece, alle classi di costo da considerare ai fini del dimensionamento del
lotto di ordinazione, sono di regola considerati rilevanti gli elementi che seguono:
costi di emissione dell'ordine;
costi di mantenimento delle scorte;
costi dovuti all'esaurimento delle scorte o di fuori scorta.
I costi di emissione dell'ordine si riferiscono ai costi sostenuti dall'impresa per ricostituire le
scorte, che variano a seconda delle modalit di acquisto o produzione interna. Tali oneri sono
formati da due componenti principali:
- i costi connessi all'acquisto, che non dipendono dalla quantit approvvigionata; tale voce
generalmente comprensiva dei costi di rilevazione della mancanza, di ricerca, contatto e
selezione del fornitore, o dei costi di set up per i prodotti fabbricati;
- il costo dell'ordinazione, dovuto alle attivit di emissione dell'ordine (spese postali,
telefoniche, di fatturazione e scrittura, ecc.) di ricevimento e controllo delle merci
(spedizione, registrazione, controllo qualit, ecc.), nel caso di acquisti, o delle attivit di
pianificazione, scheduling e lancio nel caso di produzione.
Solitamente i costi di approvvigionamento sono considerati fissi, indipendenti dalle dimensioni
del lotto e proporzionali alla frequenza delle ordinazioni.
I costi totali di emissione dell'ordine (CTE) sono proporzionali al numero di rifornimenti e , dato
un certo fabbisogno totale (FT), sono inversamente proporzionali al quantitativo (Q) di cui ci si
rifornisce ogni volta.

102

CTE =

FT
Q

I costi di mantenimento sono formati:


- dai costi direttamente correlati all'esercizio di magazzini e depositi (affitti, riscaldamento,
illuminazione, personale, manutenzione, assicurazioni e tasse), per la parte rilevante, cio
influenzata dalla decisione relativa all'entit del lotto di approvvigionamento; con ci si
intende sostanzialmente la componente variabile di tali costi, essendo la componente fissa
irrilevante ai fini della decisione;
- dai costi per fatti di obsolescenza e deterioramento, nonch per eventuali furti, cali e
sprechi;
- dal costo dei mezzi finanziari assorbiti dalle scorte.
Quest'ultimo elemento dipende evidentemente dal costo del capitale per l'impresa (inteso come
costo medio delle varie fonti di finanziamento), dal volume dei mezzi impiegati e dal tempo di
permanenza delle scorte a magazzino. Nell'ottica differenziale, l'investimento deve essere
valutato con attenzione, facendo riferimento alle sole uscite monetarie effettivamente sostenute
per i fattori (materiali, manodopera e spese generali) assorbiti dalle rimanenze. Poich il costo di
mantenimento delle scorte risulta proporzionale al valore della merce in giacenza in ogni istante
di un dato intervallo di tempo, ci equivale a dire che proporzionale al valore della scorta
media in tale intervallo.
"Il costo totale di mantenimento (CTM) direttamente proporzionale al valore monetario delle
scorte e viene solitamente espresso in forma percentuale (Cmu). Pertanto indicando con SM il
valore della giacenza media si avr:
CTM = SM x Cmu
I costi dipendenti dall'esaurimento delle giacenze di magazzino (fuori scorta) si generano
allorch l'impresa non riesce a far fronte tempestivamente (o non affatto in grado di
rispondere) alle richieste del mercato, o al fabbisogno interno. Nel caso di scorte di materie
prime o di semilavorati, la situazione di sottoscorta pu comportare onerose fermate degli
impianti, costi di riattrezzaggio per convertire le produzioni, tempi di attesa, ecc.; nel caso di
prodotti finiti, i costi in esame sono connessi all'allontanamento temporaneo o definitivo del
cliente insoddisfatto, all'attuazione di interventi di emergenza, acquisti fuori piazza, ecc. In
prima approssimazione per i prodotti finiti il costo unitario di sottoscorta (Csu) costituito dalla
perdita di margine di contribuzione causato dalla mancata vendita. L'esatta quantificazione di
tali oneri risulta difficile quando si tenti di determinare il costo strategico dovuto alla perdita di
un cliente e al deterioramento dell'immagine aziendale, mentre appare pi semplice determinare
il costo connesso all'esaurimento di materie prime e semilavorati.
La conoscenza di Csu e di Cmu essenziale per quantificare in funzione dei soli costi il grado di
sicurezza (GS) in base al quale gestire le scorte. Esso rappresenta la percentuale dei casi in cui
l'impresa dovrebbe essere in grado di fronteggiare il fabbisogno al fine di minimizzare la
somma dei costi di sottoscorta e di quelli di mantenimento.
Csu
GS =

Cmu + Csu
La formula esprime e consente di quantificare un concetto intuitivo: il grado di sicurezza da
assicurare con le scorte tanto maggiore quanto pi elevati sono i costi di sottoscorta e quanto
minori sono i costi di mantenimento.

103

2.C.1 Metodo a tempo fisso


Il modello prevede che i rifornimenti avvengano con una cadenza temporale costante (TF) e
richiede la determinazione della quantit di materiali (livello di reintegro LRE) che l'impresa
dovr possedere all'inizio dell'intervallo esistente tra due rifornimenti successivi. Essa dovr
essere:
- in grado di soddisfare il fabbisogno che si manifester nello stesso intervallo contenendo i
costi di sottoscorta, ma
- non troppo elevata per evitare inutili costi di mantenimento.
Ad ogni rifornimento l'impresa porter le scorte al livello prefissato (LRE) reintegrandole con
un quantitativo pari all'utilizzato; tale quantitativo si pu ricavare per differenza tra LRE e le
giacenze esistenti, come evidenziato nella Figura 46.
Il dato iniziale che serve per rendere operativo il modello quindi LRE che, in prima
approssimazione, pu essere calcolato facendo la media aritmetica dei fabbisogni verificatisi in
passato durante gli intervalli tra due rifornimenti (FP medio). L'impresa deve per affrontare
anche la variabilit del fabbisogno per cui necessario predisporre, oltre FP medio, scorte di
sicurezza (SS).
LRE = FP + SS
Dal punto di vista gestionale deve essere sottolineato che le SS, a parit di GS, saranno tanto pi
elevate quanto maggiore la variabilit di FP.
Determinato LRE ora possibile calcolare il costo totale annuo di gestione delle scorte (CTS)
che sar pari alla somma dei costi di emissione (CTE) e di mantenimento (CTM).
Nel modello a tempo fisso CTE dipende dal numero dei rifornimenti e dal costo di emissione di
un ordine (Ceu). Su base annua e con l'intervallo fisso TF espresso in giorni avremo:
CTE = Ceu x

365

Quantit in
magazzino

TF
Per il calcolo di CTM bisogna determinare la giacenza media (SM) in quanto, come gi
evidenziato, essi sono proporzionali alla quantit di materiali in scorta. Introducendo l'ipotesi
della continuit nell'uso dei materiali, oltre a quella della distribuzione normale del fabbisogno,
possibile affermare che l'andamento del magazzino pu essere approssimato da una
progressione aritmetica il cui primo termine LRE e l'ultimo termine SS, come risulta
osservano la Figura 46.

LRE

FP medio

SS

Tempo

Figura 46 - Modello a tempo fisso in cui vengono evidenziate le scorte di sicurezza (Tratto da A. Zanoni
contenuto in Rispoli, 1989)

104

La media di tale progressione :

SM =

LRE + SS
2

(FP + SS) + SS
2

FP
2

+ SS

Conoscendo il costo di mantenimento unitario (Cmu) avremo:


CTM = Cmu x (

FP
2

+ SS )

E quindi:
CTS = CTE + CTM = Ceu x

365
TF

+ Cmu x (

FP
2

+ SS )

Il modello a tempo fisso presenta i vantaggi di semplificare le operazioni di controllo e di


richiedere un numero ridotto di informazioni. Per contro, presenta un livello di scorte superiori.
Risulta quindi appropriato per i materiali il cui costo di mantenimento sia relativamente basso e
quando il riferimento a cadenza fissa consenta forti risparmi nei costi di emissione. Quest'ultima
situazione si pu verificare, ad esempio, qualora il fornitore abbia attivato propri programmi di
raccolta ordini e consegna periodici o quando dal medesimo fornitore si acquistino
contemporaneamente diversi materiali e si cerchi di ridurre l'incidenza degli oneri di trasporto.

2.C.2 Metodo a quantit fissa


Il modello basato sulla ricerca della quantit in grado di minimizzare i costi totali di gestione
delle scorte.
Prima di affrontare tale determinazione per opportuno analizzare il processo di riordino
tipico di questo modello. In ipotesi di rifornimento immediato (LT = 0) il prelievo dell'ultima
unit dal magazzino determina l'emissione dell'ordine di Q che reintegra le scorte e rende
disponibili i materiali.
Il vincolo per troppo restrittivo; di norma tra l'emissione dell'ordine e la disponibilit dei
materiali intercorre un tempo di riordino pari al lead time delle fasi che stanno a monte.
E' indispensabile anticipare l'emissione dell'ordine al momento in cui in magazzino esiste una
giacenza in grado di soddisfare il fabbisogno durante LT. Inoltre, per affrontare la variabilit del
fabbisogno durante LT necessario predisporre scorte di sicurezza. Conoscendo LT e il
fabbisogno medio per unit di tempo (FU medio) e il livello di scorte di sicurezza (SS) l'ordine
dovr essere emesso quando in magazzino le scorte raggiungono il livello di riordino (LRI)
(Figura 47), cio
LRI = FU x LT + SS

105

Quantit in magazzino

LRI
FU medio x LT

SS

Tempo

LT

LT

LT

Figura 47 - Modello a quantit fissa con livello di riordino che prevede le scorte di sicurezza (Tratto da
A. Zanoni , contenuto in Rispoli, 1989)

Poich l'obiettivo del modello l'individuazione di una quantit fissa da ordinare (Q) in grado di
minimizzare i costi totali di gestione (CTS) essenziale formulare in modo analitico
l'andamento di CTE e di CTM al variare di Q. Tali andamenti sono rappresentati graficamente
nella Figura 48.

Costi

CTS
CTM
CTM

CTE
Q

Quantit ordinate

Figura 48 - Andamenti dei costi al variare delle quantit ordinate, (Tratto da A. Zanoni, contenuto in
Rispoli 1989)

CTE direttamente proporzionale al numero di ordini per cui, conoscendo il costo di emissione
unitario (Ceu) e il fabbisogno totale (FT), esso risulter inversamente proporzionale alla
quantit ordinata e la funzione un'iperbole espressa da:
CTE = Ceu x

TF
Q

CTM invece direttamente proporzionale alla giacenza media di scorte (SM) che, analogamente
a quanto visto nel modello a tempo fisso, pu essere determinata nel modo seguente:

106

SM =

(Q + SS) + SS
2

+ SS

E' opportuno sottolineare come il livello massimo di magazzino, e quindi anche la giacenza
media, siano direttamente proporzionali alla quantit che si ordina. Conoscendo il costo di
mantenimento unitario (Cmu) si pu ricavare:

CTM = Cmu x (

Q
2

+ SS )

La somma di CTE e CTM consente di ricavare CTS e ricostruire la seguente relazione che lega
quest'ultimo a Q:

CTS = Ceu x

FT

+ Cmu x (

Q
2

+ SS )

La quantit che consente di minimizzare CTS pu essere ricavata, oltre che graficamente e per
tentativi, mediante un processo di derivazione rispetto a Q. Avremo:
d CTS
= dQ

Ceu x FT
Q2

Cmu
2

e quindi:
Q =

2 Ceu x FT
Cmu

E' possibile notare come Q' che minimizza CTS, chiamato lotto economico o Economic Order
Quantity (ECQ), risulti:
a) indipendente dalle scorte di sicurezza;
b) legato in modo diretto con il fabbisogno e con i costi di emissione;
c) legato in modo inverso con i costi di mantenimento.
Si evidenzia per che la presenza della radice quadrata fa s che, al variare dei fattori indicati
nella formula, la quantit vari in modo non lineare.
L'applicazione integrale del modello richiede poi il superamento di alcune difficolt che non
possono essere sottaciute. A titolo esemplificativo si pensi:
- alla determinazione di Ceu e di Cmu;
- all'adeguamento del sistema informativo necessario per tenere sotto controllo il livello dei
magazzini e per poter individuare con tempestivit il raggiungimento di LRI;
- all'esigenza di modificare Q' ogniqualvolta si verifichino variazioni in uno degli elementi
della formula.
Tali difficolt fanno s che venga applicato solo in alcune condizioni e a materiali che
presentano un valore d'impiego significativo per evitare che i costi dell'informazione e del
controllo siano superiori ai benefici ottenibili con la riduzione del CTS.
Nonostante i limiti evidenti e i problemi connessi all'applicabilit, il lotto economico, che
emerge dal modello a quantit fissa, ha un'elevata validit concettuale e pu costituire un utile
punto di riferimento per iniziare ad affrontare il problema delle scorte.

107

2.D - La pianificazione dei fabbisogni di materiali (MRP)


"La pianificazione dei fabbisogni di materiali o MRP (dal termine inglese Materials
Requirements Planning) ha come obiettivo quello di minimizzare le scorte facendo coincidere la
disponibilit dei materiali con il momento della loro utilizzazione. I passaggi logici attraverso i
quali il modello si sviluppa sono : a) il concretizzarsi di un'esigenza di produzione o di
consegna, definita in termini sia quantitativi sia temporali, b) il calcolo dei fabbisogni di
materiali necessari, c) il lancio degli ordini di acquisto o di produzione alle fasi che stanno a
monte con un anticipo sufficiente per ottenere il rifornimento in tempo utile.
In questo modo, poich l'emissione degli ordini, quanto ad entit e tempificazione, tirata dal
fabbisogno rilevato a valle seguendo la filosofia pull, le scorte dovrebbero essere minimizzate
poich ci si rifornisce dello stretto necessario. Il presupposto del modello, come risulta dalla
Figura 49, che il tempo impiegato dalla fase a monte per effettuare per effettuare il
rifornimento (lead time = LT) sia inferiore all'intervallo esistente tra il momento in cui si
effettua il programma e quello in cui lo stesso dovr essere eseguito (tempo di programmazione
- TP)" (Zanoni, 1989, pp. 488-489).
Tempo di programmazione

Lancio ordine

Lead time
Istante in cui
si definisce
il programma

Istante in cui si
deve far fronte
al fabbisogno

Figura 49 - Lo schema logico della gestione dei materiali a fabbisogno, (Tratto da A. Zanoni, contenuto
in Rispoli, 1989)

"Gli elementi di complessit sottostanti l'adozione di un approccio MRP possono essere


affrontati in presenza di un sistema di gestione in grado di fornire elementi informativi completi
tempestivi ed affidabili. Gli input del sistema vengono generati dai molteplici attori coinvolti
nel processo di trasformazione: l'Ufficio Tecnico per lo sviluppo delle distinte base di prodotto;
l'Ufficio Tempi e Metodi per la definizione dei cicli di lavorazione; la Produzione per le
disponibilit di capacit produttiva; l'Ufficio Approvvigionamenti per i dati relativi a tempi e
specifiche d'acquisto, e via dicendo. Tutti i dati concernenti il processo confluiscono in un'unica
Base di Dati che ha lo scopo di creare ed aggiornare gli archivi degli elementi informativi,
tecnici e gestionali, di base e dei legami tra essi intercorrenti.
Il funzionamento di un sistema MRP comporta, oltre ai parametri di configurazione, la
disponibilit di informazioni desunte da:
1) il piano principale di produzione (Master Product Schedule) dei codici, prodotti finiti o
assiemi, oggetto di pianificazione;
2) la distinta base di prodotto (Bill of Materials), che rappresenta l'esplosione del prodotto in
tutte le sue componenti;
3) le disponibilit delle parti in giacenza (Inventory Record File), che registra i livelli di
giacenza disponibile per ciascun componente e materiale;
4) i tempi medi di approvvigionamento e produzione (rispettivamente lead time esterni ed
interni), a tutti i livelli e per tutti i codici di distinta base.
Rimandando a quanto gi detto sul Piano Principale di Produzione, nel seguito si approfondisce
l'analisi degli altri elementi di input del sistema, con particolare riferimento alle loro
interrelazioni strutturali.

108

La Distinta Base di prodotto (o struttura di prodotto) descrive l'esplosione di un prodotto in tutti


i suoi elementi, secondo uno schema di progressivo dettaglio (gruppi, sottogruppi, assiemi,
sottoassiemi, ecc.), con l'obiettivo di determinare il fabbisogno ultimo di ogni materiale o
componente; la Distinta Base il risultato, sotto il profilo informatico, della fusione o
integrazione di una serie di informazioni di natura tecnica e gestionale contenute in pi archivi
del sistema informativo di produzione; in particolare si distingue tra l'archivio articoli e
l'archivio strutture.
L'archivio articoli, o anagrafica articoli, riporta tutte le informazioni concernenti ogni singolo
codice-articolo, quali:
- il codice (o part number), necessario per l'identificazione del pezzo ed il suo riconoscimento
all'interno dei diversi archivi parti, ad esempio nell'archivio di magazzino;
- la sua descrizione in chiaro, corredata di informazioni quali l'unit di misura ed eventuali
indici espressivi della criticit (ad esempio attraverso una classificazione abc) e della
provenienza nelle ipotesi di acquisto o fabbricazione;
- il coefficiente di scarto di prodotto, connesso alla necessit di maggiorare i fabbisogni a
fronte di corrispondenti e noti scarti di lavorazione, relativi allo specifico codice.
Tali informazioni, generalmente dette dati tecnici, vengono arricchite da ulteriori elementi
descrittivi, utili sotto il profilo gestionale; tali attributi si riconducono a necessit conoscitive
concernenti valori (prezzi e costi standard), finalizzati a certe configurazioni di contabilit
industriale, tempi (lead time di produzione o acquisto), necessari per pianificare il progressivo
rilascio degli ordini, codici identificativi dei reparti interni alternativi, ovvero dei terzisti e
fornitori in portafoglio, potenzialmente interessati dal processo di esplosione dei fabbisogni, ed
altre informazioni circa l'ubicazione di magazzino, l'entit della scorta di sicurezza e le regole di
lottizzazione associate a ciascun codice.
L'archivio strutture, invece, contiene tutte le informazioni concernenti l'architettura di ciascun
codice, ed i legami con i codici componenti, quali:
- il livello, che esprime la posizione del componente all'interno della struttura; come espresso
nella Figura 50, il livello assume valore zero in caso di prodotto finito, fino a giungere a
valore ennesimo per l'ultimo componente;
- il coefficiente di impiego, che lega ogni elemento di livello superiore (ad esempio un
gruppo) con gli elementi di livello inferiore (ad esempio sottogruppi) che lo compongono. Il
coefficiente di impiego esprime, infatti, il numero di unit di livello inferiore necessarie a
comporre una unit di livello immediatamente superiore. Tale relazione viene comunemente
definita legame di distinta base;
- il coefficiente di scarto di processo, connesso alla necessit di maggiorare i fabbisogni a
fronte di corrispondenti e noti scarti di lavorazione, relativi allo specifico montaggio;
- le condizioni di validit del legame di struttura, per intervalli temporali definiti. giustificate
da modifiche o varianti pianificate dall'ufficio tecnico.
Livello
0

(A)

(B)

2
3
4

(D)
(H)

(C)
(E)

(F)

(I)
(L)

(M)

Figura 50 - La distinta base di prodotto, (Tratto da A. Grando, 1995)

109

(G)

Ulteriori elementi del sistema informativo di produzione vengono raccolti nell'Archivio Cicli e
Centri di Lavoro. I cicli, sviluppati dall'ente Tempi e Metodi, definiscono la sequenza delle fasi
in base a vincoli di natura tecnica e di convenienza economica, i tempi di esecuzione ed attesa,
gli utensili e le attrezzature impiegate, eventuali raccomandazioni o prescrizioni di lavorazione.
Tali dati sono integrati con quelli relativi ai Centri di lavoro, ovvero alle risorse disponibili
(turni di manodopera, efficienza dei macchinari, tempi di trasporto) per la corretta esecuzione
dei lavori e per l'ottimizzazione dei carichi.
Al sistema informativo cos organizzato possibile accedere secondo differenti modalit di
interrogazione, ottenendo ragguagli circa lo stato degli ordini in corso, le disponibilit a
magazzino, i quantitativi di scorta in ordine o impegnati, le date di prevista consegna o le
infattibilit. La costruzione e lo sviluppo delle distinte base vengono realizzate dall'ufficio
tecnico, integrando i dati contenuti nel sistema informativo di produzione attraverso
elaborazioni dette esplosioni ed implosioni a uno o pi livelli. L'esplosione consiste nella ricerca
scalare di tutti i componenti riferiti ad un articolo; tale interrogazione pu limitarsi ad un solo
livello, ovvero riferirsi a pi livelli, in cascata, fino al livello ennesimo. Per contro, si definisce
implosione la ricerca di tutti gli articoli e assiemi in cui un determinato componente viene
direttamente impiegato; anche in tal caso ci si pu limitare ad un solo livello o verificare tutti i
possibili impieghi di una parte, fino al livello zero di prodotto finito. Attraverso una esplosione
a pi livelli, ad esempio, della struttura di un personal computer, si pu determinare il
fabbisogno di determinate unit di memoria o componenti; per contro, risalendo per implosione
a pi livelli dal codice parte di una specifica unit di memoria, si desume in quali i diversi
modelli di personal computer in gamma ne prevista l'installazione.
Il meccanismo di funzionamento del MRP consiste nel calcolo dei fabbisogni di componenti e
materiali a ciascun livello di assiemaggio o fabbricazione, partendo dal programma di prodotti
finiti da assemblare sino a giungere al livello di massima scomposizione, attraverso l'impiego
dei dati racchiusi in distinta base. In tal modo il MRP, operando per periodi e per livelli,
permette un rigoroso controllo sulla tempificazione di ciascun ordine (grazie ai lead time
precalcolati) e sulle entit in giacenza (saldi netti dell'archivio parti in giacenza), in arrivo o da
ordinare. Talvolta, i fabbisogni lordi vengono opportunamente maggiorati per tener conto dei
coefficienti di scarto (di prodotto o di processo) indicati in anagrafica articoli e archivio
strutture, calcolati in base alla difettosit normale riscontrata dal controllo in accettazione o di
reparto, rispettivamente per i codici approvvigionati o realizzati internamente.
Per meglio chiarire il funzionamento del modello si consideri il seguente esempio. Si supponga
di avere definito il programma di produzione del prodotto (A) e che siano del pari noti gli altri
elementi necessari al funzionamento di un sistema MRP, ovvero:
la distinta base del prodotto (A), con le indicazioni per livello dei lead-time e dei coefficienti di
impiego, rappresentati nella Figura 51;
l'archivio parti con i livelli di giacenza per ciascun codice.

110

Settimana

Quantit

100

150

200

150

lead time

codice parte

coefficiente dimpiego

DISTINTA BASE PRODOTTO (A)


Livello

1
B

C
1

2
2
2

D
4

Figura 51 - Programma di produzione e Distinta Base del prodotto (A)

E' allora possibile procedere all'esplosione dei fabbisogni partendo dal livello 0 (prodotto finito)
per giungere al livello ennesimo, provvedendo cos al lancio degli ordini di acquisto e/o
produzione dei diversi componenti necessari.
La Figura 52 illustra il piano di produzione che prevede l'assemblaggio di 100 unit del prodotto
finito (A) nella 4a settimana, 150 nella 5a, 200 nella 6a e 150 nella 7a. Essendo il lead-time del
prodotto al livello 0 pari ad una settimana , necessario anticipare appunto di una settimana il
lancio dell'ordine, richiedendo cos 100 unit nella 3a settimana, 150 nella 4a, ecc.
L'ordinazione di (A), prodotto finito composta dall'assemblaggio di 1 unit di (B) e 2 unit di
(C), genera istantaneamente il fabbisogno lordo dei due componenti (B) e (C).
Questo risulta pari al fabbisogno netto di unit di (A), indicato nel piano degli ordini, per il
coefficiente di impiego del singolo componente, cio 1 e 2 rispettivamente per (B) e (C). Al
fabbisogno lordo cos calcolato vanno detratte le quantit di materiali gi ordinate, ma non
ancora ricevute e le quantit in giacenza (fase di netting), con l'accortezza di rispettare la
tempificazione degli arrivi. Una volta calcolato il fabbisogno netto, necessario provvedere alla
pianificazione degli ordini, avendo cura di anticipare le richieste nel rispetto dei lead-time
precalcolati.
Lo stesso procedimento si applica al componente (D) di secondo livello, e cos via fino ai
componenti di livello ennesimo. Nelle pi comuni applicazioni la manifestazione del primo
fabbisogno netto non emerge in presenza di una esistenza fisica negativa, bens al
raggiungimento di un prefissato livello di scorta di sicurezza; in tal caso, la scorta disponibile
pari alla esistenza fisica, diminuita della scorta di sicurezza e dei quantitativi impegnati. Questi
ultimi vengono ridotti in funzione degli effettivi prelievi effettuati per alimentare i reparti;
qualora gli ordini pianificati vengano confermati e rilasciati, infatti, si aggiornano le giacenze,
riducendo in misura corrispondente sia l'esistenza fisica, sia i quantitativi impegnati.

111

Settimana

100
150

150
200

0
0

0
0

0
100

200
150

150

Fab. lordo

100

150

200

150

In arrivo
Giac. 150

0
150

0
150

0
50

0
-100

0
-300

0
-450

Fab. netto
Ordini

0
0

0
100

0
200

100
150

200

150

Fab. lordo

200

300

400

300

In arrivo
Giac. 150

0
150

0
150

100
50

0
-250

0
-650

0
-950

Fab. netto
Ordini

0
0

0
0

0
250

250
400

400
300

300

Fab. lordo

1.000

1.600

1.200

In arrivo
Giac. 600

0
600

0
600

0
-400

0
-2.000

-3.200

Fab. netto
Ordini

0
400

0
1.600

400
1.200

1.600

1.200

Prod. A
L.T. = 1
Prog. prod.
Ordini
Comp. B
L.T. = 2
C.I. = 1

Comp. C
L.T. = 1
C.I. = 2

Comp. D
L.T. = 2
C.I. = 4

Figura 52 - La pianificazione dei fabbisogni di materiali, (Tratto da A. Grando, 1995)

Prima di osservare i vantaggi legati all'adozione di un sistema MRP, sembra opportuno svolgere
alcune ulteriori considerazioni. Innanzitutto si sottolinea che generalmente tali applicazioni
operano a capacit infinita, ovvero sviluppano l'esplosione dei fabbisogni virtualmente in
assenza di vincoli di capacit, generando, di conseguenza, carichi di lavoro per i reparti ed
ordini per i materiali di acquisto talvolta non compatibili con le capacit in essere. Da tale limite
discende la necessit di prevedere, a valle dell'elaborazione MRP, interventi di scheduling,
attraverso l'impiego di opportune regole di livellamento o di pacchetti schedulatori a capacit
finita che hanno lo scopo di generare profili di carico di reparto compatibili con i vincoli di
capacit ad esso associati; si tratta di algoritmi finalizzati all'identificazione della lottizzazione e
del sequenziamento ottimali nel rispetto delle date di consegna e dei limiti di capacit produttiva
disponibile. Il problema in realt reso assai complesso dalla necessit di dover tenere in debito
conto la variabilit dei tempi di set-up, generalmente correlata, come gi menzionato, alla
sequenza stessa dei lotti da avviare in lavorazione. Il tema, ad evidenza, risulta critico nel breve
e medio periodo e con riferimento a singole unit produttive (reparti, centri di lavoro, ecc.), in
quanto, con riferimento ad orizzonti pi lunghi e ad unit produttive pi aggregate, la
compatibilit tra capacit disponibile e carico generato dall'esplosione si suppone confrontabile,

112

poich il piano principale di produzione - MPS viene sviluppato nel rispetto dei limiti di
capacit produttiva disponibile aggregata.
Un secondo aspetto meritevole di approfondimento si riferisce alle modalit di rilascio degli
ordini pianificati pi comunemente adottate; nell'esemplificazione precedente si ipotizzato di
rilasciare ordini di montaggio, fabbricazione e acquisto pari ai fabbisogni netti calcolati per
ciascun codice per ciascun livello, opportunamente anticipati in funzione dei rispettivi lead time.
In realt esistono differenti criteri di scelta circa il dimensionamento dei quantitativi o lotti da
ordinare (fase di lottizzazione o lot sizing), dipendenti dalle caratteristiche del sistema logisticoproduttivo in oggetto e dalle specifiche politiche di gestione, in ordine alle quali necessario
parametrare il sistema. I criteri di riordino pi diffusi sono:
a) lotto per lotto (o sul fabbisogno);
b) lotto tecnico (massimo, minimo o per multipli);
c) lotto economico;
d) copertura temporale fissa.
a) Il criterio del lotto per lotto autorizza il rilascio di ordini di entit pari al fabbisogno di
periodo, garantendo per questa via la minimizzazione dei costi di mantenimento; viene
utilmente impiegato in presenza di articoli speciali, con domanda fortemente variabile, al limite
su ordine cliente, o particolarmente costosi.
b) Il criterio del lotto tecnico, cio a quantit fisse non economiche, risponde alla necessit di
soddisfare vincoli di lotto massimo, ad esempio imposti dagli spazi disponibili a magazzino, o
al contrario di lotto minimo, nell'intento di rispettare i vincoli imposti dal fornitore o dal sistema
dei trasporti, o per multipli di lotto, tipicamente indotti dall'adozione di particolari
pallettizzazioni o confezioni standard.
c) Il criterio del lotto economico si riconduce all'esigenza di minimizzare i costi associati
all'emissione degli ordini ed al mantenimento della scorta secondo la formulazione gi illustrata;
comunemente impiegato in presenza di articoli con consumo uniforme e valore contenuto.
d) Il criterio della copertura temporale fissa, infine, suggerisce, ogni qual volta si manifesti
l'esigenza di un riordino, il rilascio di un ordine per un quantitativo pari al fabbisogno cumulato
di un orizzonte temporale definito; il caso, ad esempio, di riordini effettuati secondo procedure
mensilizzate, per cui si cumulano i fabbisogni previsti per quattro periodi settimanali.
Contrariamente ai criteri basati sul lotto tecnico od economico, in cui i quantitativi ordinati
risultano costanti e differisce l'intervallo di riordino, il metodo in parola autorizza ordini a
frequenze prefissate per quantitativi variabili.
Nella Figura 53 riportata una esemplificazione del funzionamento dei quattro metodi di
lottizzazione descritti.
Codice X
Lead time = 2 settimane
Settimane
-2
Fabbisogno netto
Lotto per lotto

-1

50

100

150

200

150

100

100

50

100

150

200

150

100

100

50

Lotto tecnico (es. 300)

300

300

300

Lotto economico (es. 400)

400

400

400

Copertura temporale
(4 settimane)

500

400

8
50

Figura 53 - Esempi di piano degli ordini vincolato da differenti regole di lottizzazione, (Tratto da A.
Grando, 1995)

113

Le distinte base
La distinta base l'insieme informaticamente organizzato dei legami padre-figlio esistenti tra
codici contenuti negli archivi parti e strutture, appartenenti ad un codice di livello superiore,
prodotto finito o semilavorato. La natura di tale insieme organizzato di legami discende dalle
caratteristiche definite dall'ufficio tecnico in sede di progettazione, dalle modalit di montaggio
adottate in produzione e dagli obiettivi tecnico-gestionali per i quali esso pu essere
diversamente elaborato ed impiegato. Lo studio delle soluzioni architetturali delle basi di dati
tecnici e gestionali progredito negli anni pi recenti sino a sviluppare differenti modalit di
organizzazione dei dati, richiamabili da archivi gestiti da elaboratori sempre pi capaci e veloci,
in grado di perseguire livelli di efficienza nel trattamento delle informazioni fino a qualche
tempo addietro impensabili.
Con l'obiettivo di illustrare i caratteri generali delle soluzioni pi note, ed in particolar modo di
evidenziarne i vantaggi sotto il profilo gestionale, nel seguito si accenna alle diverse tipologie di
distinte base:
- distinte combinate;
- distinte modulari;
- distinte di pianificazione.
Le distinte combinate nascono dalla memorizzazione integrata delle distinte base di
progettazione e di produzione; talvolta, infatti, le logiche costruttive, al fine di semplificare e
velocizzare le operazioni di assiemaggio, differiscono dalle modalit con cui sono organizzati i
dati di struttura in sede di progettazione; in altri casi possono ravvisarsi leggere differenze tra
distinte di produzione e distinte di costificazione, elaborate ai fini della contabilit industriale e
della preventivazione, o ancora lievi difformit nelle distinte possono essere indotte dalla
necessit di aggiungere taluni codici (utili per il montaggio esterno), nel caso taluni assiemi
vengano ceduti autonomamente come ricambi. La scelta di mantenere pi distinte separate per
ogni necessit di impiego si dimostra estremamente onerosa, per l'inevitabile duplicazione di
una mole di dati talvolta considerevole, e particolarmente rischiosa nel caso in cui interventi di
aggiornamento o modifica, operati su una distinta, non vengano recepiti dalle altre, inducendo
pericolose incongruenze nei dati. In tal caso, risulta conveniente un'unica distinta base, valida
sotto i diversi profili di interrogazione, ottenuta dall'integrazione delle diverse distinte; tale
nuova distinta, detta combinata lascia ad ogni ente interessato la facolt di operare
interrogazioni specifiche, delegando a ciascuno definite responsabilit di aggiornamento. Si
veda la rappresentazione riportata nella Figura 54.
Le distinte base modulari o modular bill vengono generate per prodotti offerti in molteplici
configurazioni, allestimenti, varianti o optional, richieste dal cliente. In tali casi, si possono
avere pi soluzioni, ciascuna convenientemente applicabile in specifici contesti; per prodotti
molto complessi, realizzati su commessa singola, possibile associare una distinta ad ogni
possibile configurazione, non potendo il sistema che tollerare l'onerosit, per altro contenuta, di
ogni duplicazione, in virt della scarsa ripetitivit delle combinazioni offerte; nel caso in cui,
invece, il prodotto risulti meno complesso e le richieste si caratterizzino per configurazioni tipo
(ad esempio per commesse ripetitive), appare conveniente codificare le configurazioni pi
frequenti come prodotti finiti, e considerare le altre alternative come opzioni, opportunamente
codificate nei record di struttura. In tal caso si parla di distinta per opzioni, essendo queste
ultime comprese nella struttura stessa del prodotto. Nel caso in cui, infine, il prodotto risulti
assai complesso ed il numero delle varianti accolte particolarmente elevato, la memorizzazione
di un'intera distinta base per ogni possibile versione del prodotto finito risulta improponibile; in
tal caso si procede ad organizzare le distinte per varianti, giungendo alla realizzazione di una
modular bill, caratterizzata da una distinta principale, espressione del modulo base o versione
tipo, e da pi distinte di personalizzazione, descrittive di ciascuna opzione o variante. Il prodotto
finito personalizzato sulle specifiche del cliente viene cos rappresentato dall'insieme della
distinta principale e della specifica distinta opzionale, identificate da un codice composto,
associazione di un codice parte e di un suffisso variante. Si veda l'esempio riportato in Figura
55.

114

E
B

Distinta base tecnica

Distinta base di produzione

Distinta base combinata

Figura 54 - Esempio di distinta base combinata, (Fonte M. Ferrari, contenuto in A. Grando, 1995)

B1

Varianti

A1
A2
A3
A4
A5
A6

B2

Componenti

D1

C
C
C
C
C
C

B1
B1
B1
B2
B2
B2

D2

D3

D1
D2
D3
D1
D2
D3

Figura 55 - Esempio di distinta modulare, (Fonte M. Ferrari, contenuto in A. Grando, 1995)

Tali distinte vengono costruite attraverso processi di modularizzazione trovano spazzi


applicativi nei contesti in cui l'elevato numero delle configurazioni di prodotto non consente la
formulazione di MPS aventi per oggetto i prodotti stessi; in tal caso, oggetto del processo di
pianificazione sono i moduli, elementi caratterizzati dai pi alti indici di comunanza, mentre le
varianti risultano legate a questi da coefficienti espressivi della frequenza della loro richiesta,
desunti da osservazioni retrospettive, detti indici di popolarit. La separazione dei codici
comuni da quelli specifici favorisce inoltre il contenimento delle giacenze, in quanto risulta
sufficiente pianificare per ciascuna opzione una scorta di sicurezza, predisposta per fronteggiare
eventuali difformit tra la domanda stimata in base ai coefficienti di popolarit e la domanda
effettiva.

115

Le distinte base di pianificazione, o planning bill, sono rappresentate da un gruppo artificiale di


codici, da cui anche la dizione di pseudo-distinte, non necessariamente corrispondenti a prodotti
reali, articolato in guisa di distinta base. Impiegate per migliorare il processo di pianificazione
della produzione e di gestione dei fabbisogni di approvvigionamento, le distinte di
pianificazione vengono infatti generate aggregando i fabbisogni corrispondenti a gruppi di
codici, nell'intento di stabilizzare il piano di produzione e conseguentemente aumentare
l'efficacia del MRP.
Si gi accennato in precedenza alla possibilit, nella definizione del piano principale, di
operare secondo logiche differenti - MTS, ATO, MTO, ecc. - in funzione dell'indice di
programmazione del sistema osservato, per le quali risultano posti sotto il controllo del MPS ora
i prodotti finiti, ora i codici collocati a differenti livelli della distinta base. Con riferimento al
tema delle distinte base di prodotti complessi, caratterizzati da molteplici opzioni e varianti, si
rende necessario svolgere un'ultima considerazione, relativa al cos detto profilo di distinta.
La convenienza ad operare secondo le logiche ATO, infatti, viene accresciuta dalla possibilit di
pianificare la produzione di un ridotto numero di codici (gruppi, assiemi o semilavorati),
comuni a pi prodotti finiti; a tale considerazione riconducibile il crescente sforzo profuso
oggi dagli enti di progettazione per plasmare il profilo di distinta base secondo silhouette a
clessidra, caratterizzate, come evidenziato nella Figura 56, da una strozzatura in
corrispondenza di moduli ad elevato grado di comunanza. L'osservazione del profilo di distinta
base di un prodotto, estesa a tutti i prodotti finiti dell'azienda, viene condotta considerando il
numero di codici per livello; cos possibile pervenire ai profili tipici:
- trapezoidale, riconducibile alla logica di gestione della produzione MTS, in cui da numerose
materie prime e componenti si perviene ad un numero inferiore di prodotti finiti;
- a clessidra, riconducibile alla logica di gestione della produzione ATO, in cui molti
componenti e materiali, assiemati in un numero ristretto di moduli, possono dar luogo a
molteplici varianti e personalizzazioni di prodotto finito.
Prodotti finiti

Prodotti finiti

Sottoassiemi o
gruppi funzionali

Materie prime

Materie prime

Figura 56 - Profili di insiemi di distinte base, (Tratto da A. Grando, 1995)

La possibilit di ridurre la variet dei codici e di identificare i moduli da sottoporre al controllo


del MPS, secondo le indicazioni della logica ATO, si presta, per un verso ad un contenimento
dell'investimento in scorte, indotto dal processo di modularizzazione dei componenti, per un
altro, a garantire maggior stabilit al piano; quest'ultimo, infatti, viene ad operare su codiciassieme per i quali la stima della domanda appare meno incerta, in quanto l'aleatoriet cui pu
andar soggetta risulta smorzata dagli effetti compensativi rinvenibili nel gioco delle variazioni,
indipendenti, manifestate dai codici di prodotto finito che da essi scaturiscono." (Grando, 1995,
pp. 253-276)

2.E - Gli approvvigionamenti

116

2.E.1 L'evoluzione della funzione approvvionamenti


"Prima di descrivere l'evoluzione della funzione approvvigionamenti nell'attuale contesto
industriale, occorre definire con precisione il significato di vocaboli quali acquisti, direzione
materiali, approvvigionamenti, spesso impiegati indifferentemente nella realt aziendale e,
talvolta, anche in letteratura. L'esigenza di chiarire terminologicamente l'oggetto di indagine si
connette alla differente ampiezza di attivit che ciascun termine sottende e, conseguentemente,
ai compiti e mansioni svolte, all'approccio gestionale, al grado di integrazione organizzativa e
funzionale con le realt adiacenti.
Con il termine acquisti si intende quell'insieme di attivit che si concretizzano con la
stipulazione del contratto tra il venditore e il compratore per la fornitura di beni o servizi
necessari all'impresa per sviluppare il suo processo di trasformazione. La funzione di
approvvigionamento, invece, pu essere definita come l'insieme delle attivit destinate a
garantire un regolare flusso di beni e servizi secondo una pianificazione aziendale
predeterminata.
Dalle definizioni qui accolte traspaiono due elementi discriminanti:
- La rilevanza nel processo direzionale, intendendosi con ci il grado di autonomia assegnato
alla funzione, la latitudine dello spettro delle sue attivit e l'impatto che queste ultime
possono avere nel processo di formulazione delle strategie dell'azienda.
In tal senso, agli acquisti vengono riconosciuti compiti meramente operativi e contenuta
autonomia decisionale (limitata alle fasi terminali dell'iter di negoziazione); conseguentemente
il coinvolgimento della funzione nel processo di definizione delle scelte di fondo risulta
virtualmente nullo. La funzione approvvigionamenti, per contro, abbraccia un orizzonte
gestionale pi ampio, esige maggiore discrezionalit e delega, e partecipa attivamente al
processo di pianificazione strategica.
- L'orientamento di fondo nella gestione delle attivit caratteristiche, cio la filosofia che
anima l'operare della funzione.
La logica degli acquisti correlata ad un orientamento al breve periodo, caratterizzato da un
approccio passivo innescato da decisioni maturate altrove; la logica degli approvvigionamenti,
invece, si caratterizza per un orientamento per piani, tipicamente propositivo, con orizzonti di
medio-lungo periodo.
La funzione approvvigionamenti, dunque, rappresenta l'evoluzione e il superamento della
tradizionale funzione acquisti, che permane al suo interno come sottosistema operativo.
Entrambe le accezioni, comunque, sottendono attivit, per quanto diversamente articolate,
strettamente ancorate alla gestione del fabbisogno di materiali; i legami con le altre funzioni - in
specie con produzione e progettazione - si esplicitano esclusivamente in flussi fisici e
informativi, ma non si palesa un formale disegno organizzativo di coordinamento. Ciascuna
funzione persegue fini propri, spesso conflittuali, ricercando in un incessante processo di
negoziazione l'ottimizzazione della pi generale funzione-obiettivo di impresa. La struttura
organizzativa, dunque, mantiene una esplicita separazione fra funzione approvvigionamenti e
funzioni limitrofe, pur ammettendo gradi di permeabilit in termini di informazioni e flussi
fisici.
Il vincolo della separatezza funzionale, tipico di gran parte delle realt aziendali del nostro
paese, trova pieno superamento solo nella riprogettazione organizzativa delle aree coinvolte nel
processo di acquisizione, trasformazione e vendita. Anche in questo caso possibile individuare
due momenti - o livelli di compiutezza - del processo di integrazione organizzativa della
fabbrica. Il primo momento prevede l'unificazione, sotto un'unica responsabilit gestionale, di
tutte le attivit connesse al flusso dei materiali e componenti, dai mercati di
approvvigionamento alla loro trasformazione fisica, e prende il nome di Direzione materiali.
Tale spinta verso l'integrazione pu diversamente estendersi sino alla gestione del prodotto
finito e della sua distribuzione, raggiungendo, per questa via, la sua massima espressione nella
formula organizzativa e gestionale, gi illustrata, della Logistica Integrata.

117

L'evoluzione della funzione approvvigionamenti pu quindi essere osservata secondo due


distinte direttrici di analisi:
- sotto il profilo direzionale emerge la contrapposizione tra la natura tipicamente operativa
della gestione degli acquisti e quella pi strategica della gestione degli approvvigionamenti.
- sotto il profilo organizzativo assume rilevanza il processo di progressiva integrazione con
le altre componenti di azienda che, muovendo da una iniziale articolazione per funzioni,
conduce alla affermazione dei modelli di logistica integrata.
I fattori che accomunano i due aspetti - organizzativo e direzionale - sono ravvisabili nelle
ragioni che animano il cambiamento da una gestione orientata agli acquisti ad una orientata agli
approvvigionamenti, cio nella necessit di far fronte alla crescente complessit e variabilit del
contesto in cui opera la funzione." (Grando, 1995, p. 322-325)

2.E.2 Gli acquisti


Il nucleo tradizionale della funzione approvvigionamenti rappresentato dagli acquisti.
"All'interno dei compiti degli acquisti opportuno distinguere quattro fasi essenziali: la scelta e
valutazione del fornitore, la trattativa e la definizione delle condizioni di acquisto (soprattutto:
termini di consegna, modalit di pagamenti e criteri di collaudo), l'emissione dell'ordine e infine
la verifica del rispetto di quanto pattuito con il fornitore in sede di ordine.
0. Comprensione dei fabbisogni. La fase preliminare consiste nel comprendere esattamente ci
che la produzione vuole, in modo da essere in grado di fornirle volumi, tipologie e qualit
necessarie.
1. Scelte e valutazione del fornitore. Richiede un impegno costante, perch solo cos
possibile avere un quadro aggiornato. Molti sono convinti che gli approvvigionamenti
debbano lottare solo per pagare il meno possibile. Questa un'ottica sbagliata, come ha
dimostrato l'esperienza giapponese. Ogni realt aziendale un caso a parte, ma possiamo
dire che gli acquisti debbono, seppur con importanza diversa da caso a caso, occuparsi della
qualit delle consegne e della seriet del fornitore. Seguendo l'esperienza giapponese,
l'industria automobilistica e siderurgica ha impostato in modo nuovo questa funzione,
riducendo l'importanza del prezzo a favore di una maggiore qualit e di un servizio
personalizzato.
Molte aziende hanno almeno due fornitori per ogni voce di acquisto: ci stimola la
concorrenza assicurando prezzi allineati e migliori consegne. Per di pi dipendere da
un'unica fonte di approvvigionamento significherebbe risentire subito le ripercussioni di
ogni sua difficolt.
Altre aziende, invece, preferiscono dare l'esclusiva a un fornitore per il quale diventano un
cliente importante e ci li avvantaggia in termini di prestazioni garantite. Le due soluzioni
hanno entrambe pro e contro; un'unica cosa si pu dire, che cio gli acquisti non debbono
trattare solo il prezzo.
2. Trattativa e definizione delle condizioni (soprattutto consegne e qualit). Una prima scelta
possibile quella tra la stipulazione di contratti aperti o di ordini spot su offerta specifica.
Spesso la prima alternativa d'obbligo, soprattutto se si tratta di forniture non standard, che
costringono chi le produce a dotarsi di impianti e attrezzature particolari. Negli altri casi non
esistono vincoli altrettanto rigidi, e quindi si sceglie la soluzione che meglio consente di
spuntare prezzi bassi, senza rischi di sorta. Ci possono essere infine casi di contratti aperti
dove si definiscono tutti i dettagli, tranne il prezzo. Quest'ultimo fissato periodicamente,
alla luce della dinamica di alcune variabili significative.
E' possibile controllare meglio la puntualit del fornitore se il contratto investe - per
quest'ultimo - notevole importanza. Il fatto di gestire un ragguardevole budget di acquisti
consente all'impresa di garantirsi consegne puntuali, con la conseguenza di veder ridotti almeno in parte - i costi di magazzino.

118

In ogni caso, l'ufficio acquisti deve tener informato il fornitore circa i fabbisogni della
produzione nell'immediato futuro e le eventuali priorit con cui determinati particolari
debbono essere forniti. E' anzi buona norma che questa previsione di fabbisogni sia
tempestiva e il pi attendibile possibile.
Un ultimo aspetto che deve essere precisato alla stipula del contratto riguarda i criteri di
controllo della qualit. Quasi tutti collaudano le forniture presso lo stabilimento destinatario,
mentre in fase di ordine vengono stabiliti i criteri di accettazione. Nel caso per di
commesse importanti, pu accadere che il cliente proceda a collaudi periodici presso il
fornitore, anche quando il lavoro non ancora concluso: ci consente di sincerarsi del
livello di qualit ottenuto, ma anche dello stato di avanzamento dei lavori e della possibilit
quindi, di rispettare le consegne pattuite.
3. L'emissione dell'ordine. Di solito questo avviene solo su richiesta della produzione;
allungandosi, per i contratti e riducendosi il numero dei fornitori il rapporto con la
produzione diventa pi flessibile, cosicch ci possono essere consegne su semplice richiesta
telefonica e senza le formalit scritte.
4. Sollecito delle consegne e superamento di eventuali difficolt nei rapporti con il fornitore.
E' forse la fase pi delicata, dove l'ufficio acquisti pu giocarsi la propria reputazione. E'
raro che tutto vada sempre per il verso giusto, e di solito l'ufficio acquisti passa buona parte
del suo tempo a risolvere problemi di qualit scadente e di mancate consegne.
Pu accadere infatti che la produzione abbia bisogno di un particolare prima del previsto o
che, viceversa, il fornitore ritardi la consegna per una ragione qualunque. In questi casi
l'ufficio acquisti pu quasi funzionare da campanello di allarme, prevedendo fuoriscorte
pericolosi, prima che essi si manifestino effettivamente.
Nelle imprese di maggiori dimensioni e in quelle molto decentrate, la funzione
approvvigionamenti pu operare a livelli diversi. Ad esempio: la direzione centrale si
occupa delle grosse forniture, che riguardano pi stabilimenti, perch concentrando
operazioni di questo tipo si possono spuntare prezzi pi interessanti e consegne migliori di
quelle ottenibili dal singolo stabilimento; un altro vantaggio dato poi da un coordinamento
pi facile tra unit produttive, a cui vengono invece demandate le trattative di minore
importanza.
Molte aziende usano la classificazione ABC dei componenti da acquistare, in quanto noto
che spesso poche voci rappresentano una larga percentuale degli acquisti totali (ad esempio:
il 5% delle voci - classe A - pari al 75% del valore comperato). All'estremo opposto
abbiamo la classe C, costituita dal 80% delle voci che per valgono il 10% dell'intero
budget. La classe B presenta ovviamente caratteristiche intermedie tra questi due estremi.
L'uso della classifica ABC consente di dare una priorit nella gestione degli
approvvigionamenti, dove ognuno si occupa di voci di importanza omogenea.
Spesso non si riconoscono a un ufficio acquisti ben gestito tutti i suoi meriti, mentre per
valutarne l'importanza basterebbe pensare che un'azienda manifatturiera acquista per circa
met del fatturato. Risparmiare e comprare bene in termini di qualit e affidabilit di
consegna un fatto critico." (Schmenner, 1987 pp. 186-187)

2.E.3 La gestione degli approvvigionamenti


"L'intensificarsi della turbolenza dei mercati di approvvigionamento, la consapevolezza del
progressivo esaurimento di talune risorse critiche, l'accresciuta complessit del contesto
competitivo, lo sviluppo tecnologico, hanno giuocato un ruolo determinante nello sviluppo di
modelli di gestione degli approvvigionamenti innovativi e coerenti con le nuove necessit;
l'osservazione empirica mostra, peraltro, da un lato il ritardo strutturale che le aziende
manifestano nel riconoscere l'esigenza del cambiamento e le sue modalit di gestione, dall'altro
l'ampia eterogeneit delle soluzioni ricercate. Alla nitidezza delle pressioni ambientali non

119

sembra corrispondere, nella pratica, una chiara capacit di risposta, n in termini efficacia
(soluzioni organizzative), n in termini di tempestivit.
Per quanto concerne la natura delle soluzioni adottabili, pur prescindendo dalle diverse
specificit aziendali, possibile ricondurre la scelta in tema di approvvigionamenti
all'osservazione di due distinti ordini di fattori:
- La rilevanza degli acquisti, espressa in forma di valore aggiunto per linea di prodotto, di
percentuale dei costi di materie prime sui costi totali, o loro impatto sulla redditivit.
- La complessit del mercato della fornitura, testimoniata dalla carenza di offerta, dal ritmo
dello sviluppo tecnologico nei nuovi materiali, dalle barriere all'entrata, dal costo e dalla
complessit dei fattori logistici e dalle condizioni di monopolio o oligopolio in cui si opera.
Incrociando le variabili descritte emergono le alternative di fondo perseguibili nella gestione
degli approvvigionamenti, come illustrato nella Figura 57." (Grando, 1995 pp. 325-326)

Elevata

Gestione strategica degli


approvvigionamenti

Criteri di rendimento
fondamentali:

Criteri di rendimento
fondamentali:

costo/prezzo
gestione del flusso

gestione dei costi


fondi affidabili a breve
termine

Gestione degli acquisti

Modesta

Importanza degli acquisti

Gestione dei materiali

Gestione delle fonti di


approvvigionamento

Criteri di rendimento
fondamentali:
efficienza funzionale

Criteri di rendimento
fondamentali:
disponibilit a lungo
termine

Modesta

Elevata
Complessit del mercato della fornitura

Figura 57 - Il modello di Kraljic, (Adattamento da P. Kraljic contenuto in A. Grando, 1995)

In presenza di scarsa rilevanza degli acquisti e limitata complessit del mercato, l'impresa opera
con una tradizionale gestione degli acquisti; realt diffusa in molte aziende del nostro paese, la
gestione degli acquisti soffre di limiti crescenti quanto pi ci si allontana da sistemi
caratterizzati da scarsa evoluzione tecnologica, dimensione locale dei mercati, orientamento al
breve periodo.
Nella situazione opposta, caratterizzata da notevole importanza degli acquisti ed elevata
complessit dei mercati di approvvigionamento, si realizza la gestione strategica degli
approvvigionamenti. In questo caso gli acquisti assumono rilevanza critica per la sopravvivenza
stessa dell'azienda che si vede costretta ad elaborate politiche ed accordi di lungo periodo con
fornitori consolidati.
I due quadranti caratterizzati rispettivamente da elevata complessit dei mercati e scarso impatto
degli acquisti sui valori economici di impresa, ovvero ridotta complessit dei mercati e notevole
importanza degli acquisti sui valori economici di impresa, ovvero ridotta complessit dei
mercati e notevole importanza degli acquisti, sono definiti sistemi di gestione delle fonti di
approvvigionamento e sistemi di gestione dei materiali. Nel primo caso si tratta di assicurare la
disponibilit di materiali e componenti che condizionano il ciclo di trasformazione, vuoi per
l'alto contenuto tecnologico, vuoi per la incerta reperibilit. Nel secondo caso, invece,

120

Elevata
Modesta

Importanza degli acquisti

assumendo rilevanza i volumi ed i prezzi-costo degli acquisti, si ricerca una razionalizzazione


dei flussi fisici, pur mantenendo fonti di approvvigionamento consolidate.
Il modello di Kraljic si presta ad una interpretazione dinamica del fenomeno. Molteplici
evidenze empiriche, infatti, dimostrano che la funzione si sta rinnovando in logica
incrementale, lungo una direttrice che va dalla gestione degli acquisti alla gestione strategica
degli approvvigionamenti, passando attraverso uno dei due stadi intermedi. I comportamenti
descritti sono illustrati nella Figura 58.
Il primo sentiero - evoluzione attraverso la fase di gestione dei materiali - sembra il pi comune,
perch tipico di aziende in cui i volumi e di costi relativi agli acquisti assumono notevole
rilevanza, stimolando la ricerca di processi di razionalizzazione dei flussi fisici e degli
stoccaggi, sia all'interno, sia nei confronti dell'esterno. In questo caso l'evoluzione dalla gestione
degli acquisti alla gestione dei materiali rappresenta un cambiamento relativamente spontaneo, i
cui benefici risultano facilmente quantificabili.

Gestione dei materiali

Gestione delle fonti di


approvvigionamento

Gestione degli acquisti

Gestione strategica degli


approvvigionamenti

Modesta

Elevata
Complessit del mercato della fornitura

Figura 58 - I sentieri di sviluppo della funzione approvvigionamenti, (Fonte A. Zanoni, in A. Grando,


1995)

Il secondo sentiero - evoluzione attraverso la gestione delle fonti di approvvigionamento -,


meno frequente, tipico di realt in cui gli acquisti assumono rilevanza strategica in ragione
della loro unicit, complessit tecnologica e dei loro elevati standard qualitativi. In questo caso
si instaurano stretti rapporti di collaborazione tra cliente e fornitore, intesi allo sviluppo
congiunto di tecnologie e processi che possono anche dar vita vere e proprie Joint Venture
tecnologiche. I due percorsi indicati mostrano come l'importanza degli approvvigionamenti, e
l'affermarsi di coerenti sistemi di gestione, possa derivare sia a causa della maggiore onerosit
degli input, sia a causa del ruolo nuovo che le opportunit di esternalizzare la produzione di
materiali e componenti viene a giocare rispetto alle strategie aziendali.
Per quanto le due realt siano frequentemente interrelate, il prevalere dell'una o dell'altra
conduce a scelte differenti nelle tendenze evolutive della funzione; in un caso, infatti,
prevalgono soluzioni organizzative di tipo logistico, orientate alla razionalizzazione, nell'altro
politiche gestionali volte ad incidere in termini di flessibilit strategica e strutturale nei confronti
dell'indotto." (Grando, 1995, pp. 325-329)

All'orientamento
delle
attivit
di
approvvigionamento
pu
contribuire
significativamente il marketing di acquisto, che opera sui mercati dei fattori con un
insieme di leve di procurement mix, che giocano rispetto ai mercati di fornitura lo stesso
ruolo delle leve del marketing mix riguardo i mercati di sbocco.
121

2.E.4 Il marketing d'acquisto


"Per marketing d'acquisto si intende lo studio sistematico, nell'ottica degli approvvigionamenti,
dell'ambiente, dei mercati, dei prodotti e dei fornitori. Il marketing d'acquisto sostanzialmente
una filosofia, un atteggiamento, un modo nuovo di affrontare tutta la tematica
dell'approvvigionamento razionalizzando e pianificando tecniche e strategie gi note, ma usate
nel passato in modo discontinuo e non organizzato. Si tratta dunque di un insieme di attivit
strutturate, non occasionali, di natura iterativa, che ha per oggetto il monitoraggio dei mercati di
approvvigionamento, in tutte le loro possibili manifestazioni.
Il marketing d'acquisto assume cos le connotazioni di una incessante ed approfondita azione nei
confronti dell'indotto, attuale e potenziale, intesa ad allargare le conoscenze sui fornitori,
promuovere l'immagine aziendale, svolgere ricerche di mercato e qualificare i processi di
negoziazione." (Grando, 1995, pp. 333-334).

Il marketing d'acquisto opera, in analogia con il marketing delle vendite, utilizzando un


insieme di leve, dette di procurement mix: il prodotto; le fonti di approvvigionamento; il
prezzo di acquisto; la comunicazione.
"Le politiche di prodotto riguardano l'insieme di decisioni relative ai materiali approvvigionati.
Di particolare importanza risultano, per ogni materiale, il valore unitario, la possibilit di
sostituzione o di standardizzazione, le possibilit di innovazione, l'influenza sulle prestazioni del
prodotto finito cui partecipa. Le politiche di prodotto sono strettamente legate alle caratteristiche
del portafoglio materiali e componenti in termini di criticit economica e di rischiosit
dell'approvvigionamento. Infatti, secondo la combinazione del grado di rilevanza assunta dalle
due grandezze indicate, si distingue tra:
materiali non critici;
materiali con effetto leva, da presidiare per l'impatto economico;
materiali colli di bottiglia, da presidiare per il possibile impatto sulla continuit delle
operazioni;
materiali strategici, che presentano problematicit elevata data la rilevanza assunta rispetto
sia alla redditivit, sia alla continuit della fornitura.
La Figura 59 riassume i punti critici appena esposti.
Mentre i materiali non critici hanno un impatto gestionale estremamente contenuto sotto il
profilo economico e della gestione dei flussi, i materiali con effetto leva necessitano di
interventi volti a migliorare il profilo di costo; a tal fine, possibile utilmente impiegare gli
strumenti di analisi del valore, che hanno lo scopo di identificare le possibili alternative che
consentano di soddisfare le funzioni d'uso di un prodotto e, al contempo, minimizzarne il costo.
E' evidente l'apporto che la funzione approvvigionamenti pu offrire nel miglioramento dei costi
in sede di definizione delle condizioni di acquisto e di ricerca e nella selezione delle alternative
di fornitura esistenti sul mercato. I materiali colli di bottiglia, manifestando esigenze specifiche
di presidio delle fonti di approvvigionamento, richiedono un coordinamento delle politiche di
prodotto con le politiche relative alle fonti, al fine di assicurare la stabilit del flusso dei
materiali. Per i materiali strategici, infine, sono necessari interventi di gestione articolati e
complessi, che richiedono l'integrazione di tutti gli elementi citati.
In sintesi, la politica di prodotto deve tendere a definire l'assetto del portafoglio materiali
secondo logiche coerenti ai fabbisogni dell'impresa, cercando di ridurre l'impatto economico
esercitato dai materiali con effetto leva e la rischiosit di quelli colli di bottiglia.
La politica delle fonti di approvvigionamento si basa sul monitoraggio dei mercati di
approvvigionamento per:
l'identificazione dei fornitori potenziali;
la valutazione delle capacit dei fornitori rispetto alle esigenze dell'impresa;
la selezione dei fornitori;

122

Materiali colli di
bottiglia

Materiali strategici

Materiali non critici

Materiali con effetto


leva

Basso

Alto

il controllo dei fornitori sulla base della rilevazione di indicatori di prestazione in merito
alle performance ritenute critiche.

Rischio di approvigionamento

Basso

Alto

Impatto sulla redditivit aziendale


Figura 59 - Il portafoglio materiali (Fonte Kraljic contenuto in A. Pivato e A. Gilardoni, 2000).

Il monitoraggio dei mercati di approvvigionamento una fase particolarmente delicata per i


prodotti in via di introduzione, cos come in occasione del rinnovamento del parco fornitori
abituali. Obiettivo principale delle indagini di mercato condotte al riguardo la valutazione del
grado di efficienza e delle basi di potere contrattuale dei fornitori rispetto all'impresa. La
valutazione delle capacit del fornitore ha lo scopo di inserirlo nel parco fornitori dell'azienda
(qualificazione) e di valutare se emettere ordini di acquisto, qualora si riscontri la sussistenza di
elementi idonei riguardo alle prestazioni richieste.
La politica di prezzo tesa alla negoziazione delle condizioni economiche che regolano il
rapporto con il fornitore; in tal senso, esse non costituiscono generalmente elemento di
abilitazione del fornitore, in quanto risultano connesse alla specifica decisione di acquisto.
Occorre rilevare la crescente attenzione che in tale ambito viene dedicata non solo alla
fissazione del prezzo in senso stretto, ma all'insieme di costi che, in un'ottica pi ampia, si
legano alla qualit della fornitura. Assume quindi particolare rilievo la considerazione di
elementi di conformit, di affidabilit e di flessibilit delle forniture.
Le politiche di comunicazione, infine, sono tese a promuovere l'immagine aziendale presso i
fornitori potenziali e consolidati, attraverso attivit di assistenza tecnica, finanziaria o,
soprattutto, adottando opportune politiche di programmazione degli ordine e delle consegne del
fornitore. Con questi ultimi interventi si vuole raggiungere un maggiore grado di trasparenza
nella gestione degli impegni reciproci e assicurare una migliore pianificazione delle attivit
produttive nel medio termine." (Pivato e Gilardoni, 2000, pp.247-249).

123

2.F - Il rapporto con i fornitori


Nella valutazione dei rapporti che l'impresa instaura con i suoi fornitori importante
distinguere tra subfornitura di capacit e subfornitura di specialit e tra subfornitura
permanente e e subfornitura occasionale.
"La distinzione tra subfornitura di capacit e di specialit fa riferimento rispettivamente ad un
apporto in termini di elasticit di processo, cio livelli e volumi di produzione incrementale,
altrimenti non generabili dal committente, ovvero ad un apporto in termini di competenze
distintive - generalmente tecnologiche - differenti da quelle padroneggiate dall'acquirente.
La subfornitura viene inoltre definita permanente, se frutto di un rapporto costante nel tempo e
relativamente strutturato, ovvero occasionale, se episodica e connessa ad esigenze di natura
contingente.
Appare chiaro come il differente combinarsi di questi attributi qualifichi rapporti, per un verso,
indotti da fenomeni di ciclicit e stagionalit del fabbisogno, complessit tecnologica dei
processi e dei prodotti, per un altro connaturati alle specificit settoriali e al potere contrattuale
delle controparti. La tipologia di vincoli e condizionamenti descritti evidenzia a pieno gli
elementi di comunanza e specularit che assimilano la realt degli approvvigionamenti a quella
commerciale; pur collocate agli estremi del ciclo industriale, le due aree, nel loro primario ruolo
di interfaccia con l'esterno, sembrano accomunabili per problematiche e crucialit, ma
differiscono sensibilmente in termini di status aziendale e autonomia gestionale.
L'analisi tipologica delle imprese terziste, peraltro, non deve limitarsi all'osservazione delle
modalit di interdipendenza aziendale, ma va spinta, con l'obiettivo di ricondursi con maggior
concretezza allo studio del tema degli approvvigionamenti, all'esame dettagliato degli elementi
qualificanti il rapporto con l'azienda committente.
La Figura 60 illustra i tratti caratteristici (in termini di strutture di impresa, punti di forza e di
debolezza, caratteristiche del processo produttivo e rapporti di committenza) delle tipologie di
aziende terziste.
La variet delle situazioni configurate, se riletta nell'ottica dell'azienda terminale, evidenzia
l'ampio spettro di competenze richieste all'ufficio approvvigionamenti in termini di capacit
tecniche, abilit negoziali ecc., per far fronte ad un panorama poliedrico e fortemente mutevole.
In alcune realt settoriali tali esigenze si rendono ancor pi complesse, intersecandosi con
problematiche indotte da rapporti con l'estero, incertezze sui cambi o regolamentazioni assai
differenziate.
La capacit di contenere l'impatto di queste variabili sulla struttura produttiva, tradizionalmente
misurata con indicatori di performance orientati all'efficienza (indici di disponibilit, livelli di
giacenze, rendimenti, costi), alla qualit (in termini di specifiche tecniche) e al livello di
servizio, esprime a pieno la complessit gestionale che caratterizza la funzione." (Grando, 1995,
pp. 315-318).

124

Tipologia

Subfornitura satelllite di
lavorazione

Subfornitura di fase

Subfornitura congiunta
di progettazione e di
produzione

Standardizzazione di
componenti e di prodotti
di fase

Oggetto

Lavorazione singola
(tornitura, fresatura,
foratura)

Prodotto di fase
tecnicamente
complesso. Pi
lavorazioni congiunte
(ingranaggi)

Prodotto di fase di alta


precisione con
significativo apporto
progettuale (settore
aeronautico)

Produzione di
componenti
standardizzati

Numero committenti,
concentrazione fatturato
e rapporta di fornitura

Uno solo = 80%


fatturato
Dipendenza

Numerosi.
Gamma ridotta. Mai pi
20% per uno.
Dipendenza /
complementariet

Numero ampio e
indifferenziato.
Rapporto di
collaborazione tra uffici
progettazione e uffici
tecnici.
Controlli pluriennali

Elevato.
Indipendenza.

Numero addetti

Bassissimo

In aumento, prima
struttura organizzativa

Notevole, 100-200 e
oltre.
Unit di produzione
distinte

Variabile

Attrezzature

Fornite dal committente


e ripagate

Complesse specializzate
e diversamente
attrezzabili

Tecnologie innovative
acquisite e/o realizzate
internamente.

Linee dedicate

Impianti altamente
sofisticati
Prezzo di commessa e
quantit

Determinato dal
committente.
Ridotta

Preventivato ad hoc.
Serie medio/grandi

Preventivi complessi.
Piccole serie e pezzi
unici.

Concorrenziale.
Elevati volumi.

Valore aggiunto unitario

Molto basso

Relativamente elevato

Molto elevato

Elevato

Punti di forza

Basso costo del lavoro

Specializzazione.
Flessibilit
Buona qualit del
prodotto

Apporto progettuale.
Forte capacit tecnica.
Coordinamento tecnico
e logistico

Capacit tecniche

Punti di debolezza

Macchinario obsoleto.
Capacit tecniche
ridotte

Debolezza
amministrativa.
Preventivi poco
attendibili

Rischio connesso agli


elevati investimenti

Fabbisogno finanziario

Area di mercato

Locale.
Da provinciale a
Prossima al committente regionale

Internazionale

Nazionale e
internazionale

Leve competitive

Inesistenti

Prezzo.
Qualit.
Affidabilit.
Consegne

Affidabilit.
Qualit.
Rigore nei controlli.
Managerialit.

Abilit tecniche e
manageriali.
Orientamento al
mercato

Struttura organizzativa

Familiare

Elementare

Struttura funzionale.
Forte integrazione tra
ufficio tecnico,
laboratorio ricerche e
area produzione.

Funzionale

Figura 60 - Tipologia delle produzioni in conto terzi, (Fonte G. Lorenzoni rielaborato in A. Grando,
1995).

125

2.F.1 Nuovi rapporti con i fornitori


Si riportano di seguito le principali politiche attuate dalle imprese per avviare con i loro
fornitori nuovi rapporti di stampo collaborativo.
"Riduzione del numero di fornitori.
Sia nella letteratura sia presso le aziende analizzate, evidente la tendenza a ridurre il numero
complessivo delle fonti di approvvigionamento. Interessante osservare quali sono le modalit,
spesso adottate in modo congiunto, con cui viene condotto tale processo di riduzione:
1. Le aziende riducono il numero di fornitori nell'ambito della stessa categoria merceologica
(razionalizzazione del parco fornitori per classe di prodotto); la tendenza a mantenere due
fonti alternative per ragioni di non esclusivit.
2. Si opera sul fronte della standardizzazione per ridurre al minimo la variet dei
componenti/sottoassiemi da acquistare e conseguentemente il numero dei fornitori.
3. Il cliente tende a riconfigurare i livelli di prodotto, cercando, in particolare l dove il
prodotto un sistema complesso, di acquistare pi sottosistemi/assiemi che singoli
componenti; automatico l'effetto di riduzione del numero dei codici di acquisto. Questa
modalit ha un impatto sulla configurazione del parco fornitori che tende ad articolarsi su
due livelli: fornitori primari e fornitori secondari. Con questi ultimi il cliente tende a non
avere pi rapporti. I fornitori primari tendono a essere gli unici interlocutori del cliente per
quanto riguarda le parti/sottoassiemi del prodotto finale, e vengono scelti in funzione della
loro capacit di gestire rapporti di business con i fornitori secondari (vedi Figura 61 e Figura
62).

Fornitore

Cliente

Figura 61 - Rete dei fornitori: configurazione tradizionale, (Tratto da E, Maggiore, 1992)

126

Fornitore
secondario

Fornitore
primario

Cliente

Figura 62 - Rete dei fornitori: configurazione innovativa, (Tratto da E, Maggiore, 1992)

Fornitori come patrimonio aziendale


L'azienda cliente tende a considerare i propri fornitori come propri assets. A testimonianza di
questa considerazione vi sono essenzialmente due aspetti:
1. L'orizzonte temporale delle decisioni in merito al processo di valutazione/selezione dei
fornitori si sposta dal breve al lungo periodo.
2. I metodi di valutazione e selezione delle fonti di approvvigionamento tendono a
caratterizzarsi sempre pi come tecniche di valutazione degli investimenti e in particolare
come tecniche di valutazione strategica.
I criteri base della scelta di un fornitore tendono ad essere guidati sempre di pi dalle seguenti
considerazioni:
- "investire nella fase iniziale del rapporto per ottenere in seguito i risultati desiderati";
- "un investimento tira un altro investimento": il consolidamento della relazione di
partnership non un'esperienza circoscritta nel tempo, e richiede sforzi continui.
Sostituire le scorte con le informazioni
E' ormai consolidata la tendenza a investire in tecnologie informatiche per ridurre, a valori
minimi accettabili, i livelli delle scorte di disaccoppiamento fra le due imprese.
La conoscenza da parte del fornitore dei programmi di produzione del cliente (ordini +
previsioni) riduce la sua necessit di proteggersi con le scorte da eventuali fattori di variabilit
nella domanda; dal canto suo il cliente, potendo contare sulle prestazioni del fornitore sia per
quanto riguarda il rispetto dei tempi di consegna, sia per il rispetto dei livelli qualitativi e
quantitativi della merce, pu eliminare le scorte in ingresso riducendo il fabbisogno di capitale
circolante. In estrema sintesi, il cambiamento di logica descritto nella Figura 63.

127

Assemblaggio/
Produzione
sottoassiemi

Produzione
componenti

Assemblaggio/
Produzione
prodotto finito

Catena del valore secondo una logica di rapporto tradizionale


(Le scorte assorbono le variazioni della domanda)

Produzione
componenti

Assemblaggio/
Produzione
sottoassiemi

Assemblaggio/
Produzione
prodotto finito

Catena del valore secondo una logica di rapporto evoluto


(Le informazioni sostituiscono le scorte)

Figura 63 - La catena del valore secondo le logiche di rapporto tradizionale e di rapporto evoluto,
(Tratto da E, Maggiore, 1992)

Fornitori come fabbrica estesa


Il cliente tende a considerare le capabilities produttive e tecnologiche del fornitore come
estensione delle proprie. Il confine fra le due entit, cliente e fornitore, tende pertanto ad
articolarsi su una molteplicit di snodi, che assicurano la connessione tra i diversi livelli delle
due organizzazioni. Gli snodi svolgono la funzione di interfaccia, ovvero permettono che cliente
e fornitore comunichino anche se "parlano lingue diverse", rendendo compatibili i differenti
sistemi gestionali e le diverse culture delle due parti.
Il coordinamento e l'integrazione attraverso gli snodi viene svolto attraverso tre modalit (leve)
di integrazione: la modalit organizzativa, la leva tecnologica (information technology), la leva
culturale. Un quadro sintetico dei meccanismi (delle leve) adottati dalle imprese per migliorare
l'integrazione dal punto di vista organizzativo, informativo e culturale, contenuto nella Figura
64.
Leve di
integrazione

Organizzazione

Information
technology

Cultura

- procedure integrate di
controllo qualit, lancio
ordini, fatturazione, trasporto,
programmazione e controllo
della produzione ecc.

- sistemi informativi gestionali


integrati

- omogeneit nelle filosofie e


negli orientamenti strategici
sul manufacturing (per es.,
produzione a flusso)

Dimensione

operativa

- EDI per il lancio degli ordini,


delle previsioni, delle fatture

- omogeneit di valori (per


es., eccellenza produttiva,
orientamento al servizio)

- omogeneit di linguaggio (per


es., codifica dei materiali in
comune)

tecnologica

- procedure integrate di
sviluppo dei nuovi prodotti
(per es., codifica dei materiali
e dei processi in comune)
- omogeneit di linguaggio

- sistemi informativi di
progettazione (CAD-CAM)
integrati
- EDI per la comunicazione dei
dati di progetto

- omogeneit nelle filosofie di


concezione del prodotto (per
es., modularizzazione,
standardizzazione)
- omogeneit di valori (per
es., eccellenza tecnologica)

Figura 64 - Dimensioni e leve dell'integrazione fra cliente e fornitore, (Tratto da E, Maggiore, 1992)

128

Su questi tre aspetti, le tendenze pi rilevanti possono essere cos riassunte:


1. L'integrazione organizzativa. Cliente e fornitore sincronizzano le proprie attivit mettendo a
punto in comune procedure interaziendali che formalizzano i compiti, le responsabilit, le
modalit, il linguaggio da utilizzare agli snodi (si tratta di procedure relative alla
programmazione della produzione, alla pianificazione delle consegne, al controllo qualit, ai
collaudi sulla fornitura, alle procedure di sviluppo dei nuovi prodotti ecc.).
2. L'integrazione informatica. La tendenza quella di investire fortemente in sistemi per la
raccolta, l'elaborazione e la trasmissione delle informazioni. Dall'indagine svolta, emerge
con chiarezza quanto le aziende siano intenzionate a investire in questa direzione, allestendo
sistemi EDI e collegamenti CAD/CAM, sia per quanto riguarda il lancio degli ordini di
produzione e consegna, sia per quanto riguarda la comunicazione dei dati di progetto ed
eventuali modifiche degli stessi.
3. L'integrazione culturale. Rappresenta l'aspetto pi critico e, secondo noi, meno presidiato
della relazione. Il processo di acculturazione dipende dalle caratteristiche delle due culture
che vengono a contatto e dalla eventuale predisposizione all'accettazione, da parte di
un'organizzazione, di una cultura ritenuta dominante. Con riferimento al modello di
Nahavandi e Malekzadeh (1989) (vedi Figura 65), una possibile interpretazione dei
comportamenti oggi adottati dalle imprese per integrarsi culturalmente pu essere ricondotta
a due modalit:
- l'integrazione: entrambe le organizzazioni (cliente e fornitore) tendono a conservare la
propria cultura e identit, ovvero desiderano rimanere autonome e indipendenti: nessuna
delle due controparti cerca di sopraffare l'altra;
- l'assimilazione: nel contesto specifico della ricerca (cliente di grandi dimensioni e
culturalmente "forte", fornitore piccola impresa), i membri dell'organizzazione del
fornitore tendono ad abbandonare volontariamente la propria cultura, le proprie regole e
i propri sistemi organizzativi (in tutto o in parte), adottando quelli dell'organizzazione
del cliente.
Integrazione

Entrambe le organizzazioni A e B desiderano conservare la propria cultura e identit,


ovvero desiderano rimanere autonome e indipendenti. Nessuna delle due controparti cerca
di sopraffare l'altra. Solitamente avviene un certo cambiamento nella cultura e nelle regole
di entrambe le organizzazioni, con un flusso di elementi culturali bidirezionali ed
equilibrato.

Assimilazione

I membri dell'organizzazione A abbandonano volontariamente la propria cultura, le proprie


regole e i propri sistemi organizzativi (in tutto o in parte) e adottano quelli
dell'organizzazione B. Ci avviene solitamente quando l'organizzazione A si accorge che la
propria cultura e le proprie regole non sono funzionali, anzi ostacolano il raggiungimento
dei risultati organizzativi; l'organizzazione A viene assorbita culturalmente da B, ovvero
cessa di esistere come entit culturale.

Separazione

I membri dell'organizzazione A desiderano mantenere in vita la propria cultura e le proprie


regole, ovvero desiderano rimanere separati e indipendenti dall'organizzazione B.
Viceversa, l'organizzazione B cerca di sopraffare A. Ne consegue l'opposizione da parte di
A a ogni tentativo di adattamento e mediazione; A e B operano come entit separate e lo
scambio culturale tra le due organizzazioni ridotto al minimo.

Deculturazione

Al contatto con l'organizzazione B, l'organizzazione A prende coscienza della


inadeguatezza della propria cultura, delle proprie regole e dei propri sistemi organizzativi e
non si riconosce pi in essi. Tuttavia essa non considera validi neppure i valori e i
comportamenti del gruppo B, che cerca di sopraffare A, e dunque non disposta ad
assimilarli. A corre il rischio di disintegrarsi come entit culturale.

Figura 65 - I processi di adattamento culturale, (Tratto da E, Maggiore, 1992)

Monitorare il mercato finale

129

L'evoluzione dei rapporti fra cliente e fornitore verso una logica di tipo cooperativo fa s che
vengano modificati anche i sistemi di monitoraggio del mercato. Dal lavoro svolto emerge un
dato interessante: ogni anello della catena cliente fornitore tende ad attrezzarsi in termini di
miglioramento delle capacit di lettura del contesto esterno, aggiungendo ai tradizionali sistemi
di feed-back dal mercato di sbocco dei propri prodotti (cos come avviene nei rapporti
tradizionali cliente-fornitore) nuovi sistemi di monitoraggio.
Innanzi tutto vi la tendenza ad aggiungere un sistema di feed-back dal mercato finale. E'
proprio il mercato finale quello che "tira" tutta la catena e che determina il suo grado di
attrattivit per le aziende coinvolte nel "gioco" cliente-fornitore. Gli anelli pi a monte della
catena tendono a essere maggiormente coinvolti, anche in termini di responsabilit su quello che
avviene sui mercati finali, in termini di successo o insuccesso del prodotto globale. Sulla qualit
del prodotto questo fatto ormai consolidato. Le modalit di autocertificazione dei componenti
prevedono ormai che eventuali problemi di malfunzionamento di parti o componenti riscontrati
dal cliente finale, e non imputabili alle modalit di assemblaggio da parte del produttore,
vengano addebitati direttamente al fornitore sia in termini di danni provocati all'immagine del
produttore, sia in termini di responsabilit civile e in alcuni casi anche penale.
In secondo luogo le imprese tendono ad adottare dei sistemi di feed-forward che agiscono sia
sul mercato direttamente a valle, sia sul mercato finale. Tali sistemi sono finalizzati ad
anticipare le esigenze del mercato.
La Figura 66 descrive il cambiamento di approccio che si verifica in una logica "evoluta". Il
disegno evidenzia anche il diverso ruolo che i vari attori della catena assumono,
contemporaneamente nella duplice veste di cliente e fornitore. Il cliente in generale tende a
collaborare con il fornitore per decodificare i segnali del mercato (cliente come finestra del
fornitore aperta sul mercato) e per trasmettergli una maggiore prevedibilit/stabilit dei processi.
Il fornitore a sua volta collabora con il cliente per anticipare i bisogni dello stadio seguente e,
attraverso tutte le fasi della catena, quelli del mercato finale (fornitore proattivo, fonte di
innovazione).

Materie
prime

Feed-back dallo

Feed-back dallo

Feed-back dallo

stadio a valle

stadio a valle

stadio a valle

Componenti

Sottoassiemi

Prodotto
finito

Mercato

Sistema di monitoraggio del mercato in un rapporto cliente-fornitore tradizionale

Feed-back dal mercato finale

Materie
prime

Feed-back dallo

Feed-back dallo

stadio a valle

stadio a valle

Componenti

Sottoassiemi

Prodotto
finito

Feed-forward sullo

Feed-forward sullo

stadio a valle

stadio a valle

Mercato

Feed-forward sul mercato finale


Sistema di monitoraggio del mercato in un rapporto cliente-fornitore evoluto

Figura 66 - La modifica del sistema di monitoraggio: dal mercato a valle al mercato finale, (Tratto da E,
Maggiore, 1992)

Standardizzare i processi operativi. Concentrarsi sul cambiamento

130

Cliente e fornitore sono due entit che si parlano (coordinano), attraverso un rapporto di
scambio, all'interno del sistema organizzativo complessivo costituito dalle due unit.
L'evoluzione dei rapporti cliente-fornitore mette in luce una modifica sostanziale nelle modalit
di coordinamento e controllo utilizzate dalle due parti. In particolare, interessante osservare
tale modifica lungo le due dimensioni (operativa e tecnologica) di integrazione fra cliente e
fornitore.
In un rapporto gestito secondo le logiche tradizionali, il coordinamento, presente unicamente
lungo la dimensione operativa, presuppone un continuo mutuo adattamento delle due parti,
essendo caratterizzato da una forte conflittualit: continua negoziazione sui prezzi, sulle
quantit, sui tempi di consegna, sui termini di pagamento, sulle modalit di trasporto e di
imballo ecc. Gli unici standard sono costituiti da un linguaggio sufficientemente consolidato,
tipico dei rapporti di compravendita (ad esempio, le clausole di resa, pagamento, imballo,
presenti necessariamente in un contratto di fornitura e che fanno riferimento a una normativa del
commercio internazionale). La logica evoluta tenta di ribaltare questa logica puntando su una
forte standardizzazione delle regole di comportamento e sul ricorso massiccio a piani, ovvero
alla definizione di un insieme di azioni da intraprendere in base al comportamento della parte a
monte/valle.
I principi che stanno alla base dei nuovi rapporti con i fornitori sono:
1. Standardizzare il coordinamento lungo la dimensione operativa in modo da snellire il pi
possibile lo svolgimento delle attivit lungo il "tubo" produttivo/logistico che collega cliente
e fornitore.
2. Concentrare i propri sforzi nella progettazione e implementazione degli standard
(definizione del contratto quadro, messa a punto delle procedure di controllo qualit, delle
procedure di consegna e fatturazione, dei sistemi di imballo e trasporto, delle procedure di
interfaccia nello sviluppo dei nuovi prodotti - procedure di co-design/simultaneous
engineering - definizione dei protocolli di comunicazione per la trasmissione elettronica dei
dati via EDI ecc.). Questi strumenti, una volta definiti e messi a punto, consentono alle
funzioni operative delle due imprese (cliente e fornitore) di operare con maggiore facilit e
costituiscono un riferimento chiaro delle regole del gioco da adottare nei singoli casi.
3. Adottare modalit per mutuo adattamento solo nell'attivit di miglioramento dei processi e
nell'integrazione lungo la dimensione tecnologica. L'obiettivo in questo caso quello di
poter veicolare in tempi pi stretti nel "tubo" produttivo/logistico i nuovi prodotti e ottenere,
per questi, maggiori prestazioni qualitative, di costo e di innovativit.
L'impatto che un tale sistema di coordinamento e controllo ha sulle risorse interne e sulle
prestazioni chiaro:
- la semplificazione e la standardizzazione dei processi e del sistema di comunicazione
consentono di ottenere maggiore rapidit di risposta sul piano operativo;
- l'utilizzo di sistemi automatici di supporto e la messa a punto di un riferimento procedurale
chiaro consentono di liberare le risorse pi competenti dallo svolgimento di attivit a basso
valore aggiunto;
- queste risorse possono essere concentrate nell'attivit di miglioramento dei processi
operativi e nell'integrazione sul piano tecnologico (messa a punto delle procedure di
interfaccia, verifica di nuove soluzioni applicative di prodotto/processo; sviluppo congiunto
di nuove tecnologie ecc.)."(De Maio e Maggiore, 1992 pp. 62- 75).

131

2.G - Le scelte di esternalizzazione


"Le scelte organizzative illustrate esprimono gli sforzi di razionalizzazione interna operati dalle
aziende per far fronte alla crescente complessit della gestione. La realt degli
approvvigionamenti trae dunque opportunit di rivalutazione dal processo di integrazione con le
altre funzioni aziendali e dal conseguente maggior peso nell'iter di definizione delle strategie
d'impresa.
L'accresciuta criticit della funzione sembra, inoltre, discendere, seppur in via mediata, dal
sensibile sviluppo delle politiche di esternalizzazione che ha caratterizzato il panorama
industriale dell'ultimo ventennio. L'estensione di tali fenomeni risulta in gran parte correlata a
specificit settoriali (si pensi ai comparti calzaturiero, meccanico, arredamento e abbigliamento)
e pu coinvolgere unit produttive di qualsiasi dimensione, da vere e proprie realt industriali,
fino ai casi estremi delle forme artigiane e del lavoro a domicilio.
Dal punto di vista dell'azienda committente, le scelte di esternalizzazione si traducono in
decisioni dette di make or buy, che si inseriscono in valutazioni strategiche pi ampie,
riconducibili alle necessit competitive del medio-lungo termine. Stabilita la volont strategica
di delegare fasi di lavorazione - e conseguentemente l'operare pianificato dell'ufficio
approvvigionamenti - le scelte di esternalizzazione si realizzano in vere e proprie politiche di
approvvigionamento che, agendo su leve gestibili dall'interno (prodotto, prezzo, fonti di
approvvigionamento e comunicazione) tendono a ricomporre la dicotomia tra variet dei
fenomeni esterni e unicit di indirizzo interno, con l'obiettivo di armonizzare offerta e
fabbisogno di materiali nel medio periodo. In virt delle analogie che accomunano, in questo
ruolo di confine interno-esterno, le funzioni marketing ed approvvigionamenti, in letteratura si
ritrovano i termini di marketing d'acquisto, con riferimento al complesso di attivit e al nuovo
orientamento della funzione, e di procurement mix, inteso come l'insieme degli elementi
gestibili in chiave strategica per il perseguimento degli obiettivi di medio-lungo termine.
La scelta di produrre e acquistare produzioni di fase trae dunque origine da motivazioni di
natura strategica e da valutazioni di carattere economico. I motivi che possono indurre a
delegare la produzione a terzi sono generalmente riconducibili ad esigenze di specializzazione
tecnica o a vincoli di capacit produttiva. La conoscenza specifica dei processi produttivi e dei
materiali impiegati uno degli elementi tipici su cui si fonda la richiesta all'esterno; sempre pi
frequentemente le produzioni - in particolar modo per i beni di consumo durevole e per i beni
industriali - incorporano tecnologie differenti e complementari o utilizzano materiali speciali. Si
pensi, ad esempio, alla produzione di macchine utensili, in cui convergono competenze assai
diversificate (tecnologie meccaniche,elettroniche, ecc.) o al caso di produzioni complesse quali
quelle dell'automobile, in cui si utilizzano differenti e innovativi materiali (leghe metalliche,
acciai speciali, fibre plastiche, materiali compositi.
In questi casi, il know how detenuto dalla azienda fornitrice riduce il rischio tecnico delle
produzioni a valle e tutela il committente dai fenomeni di obsolescenza tecnologica. Altrove, la
ciclicit o la stagionalit dei mercati si riflette in corrispondenti fluttuazioni dei fabbisogni; in
tal caso la scelta di esternalizzare fasi di produzione trae origine dalla impossibilit o non
convenienza a sovradimensionare la capacit produttiva degli impianti o ad agire attraverso
accumuli di giacenze.
Un'indagine sui processi decisionali che governano scelte di esternalizzazione delle produzioni
ha mostrato che i criteri perseguiti nella definizione delle politiche di fornitura, con riguardo alle
sole problematiche produttive, risultano in ordine in ordine di priorit:
- la ricerca di margini di elasticit rispetto alle fluttuazioni della domanda;
- lo sfruttamento di differenziali di costo;
- l'esigenza di far fronte a capacit produttiva insufficiente;
- l'esternalizzazione di fasi caratterizzate da bassa crucialit;
- l'esternalizzazione di lavorazioni su materiali di elevato ingombro e peso;
- l'esternalizzazione di parti da realizzarsi in piccole quantit.

132

Sembra pertanto che le motivazioni connesse alle scelte di esternalizzazione siano riconducibili,
nella nostra industria, a due distinti orientamenti: da un lato, traspare una scelta positiva, volta
alla ricerca di maggior elasticit, produttivit ed economicit; dall'altro una tesi pi
cautelativa, riscontrabile nella volont di relegare all'esterno elementi di disturbo o
ingiustificato aggravio alla stabilit del ritmo produttivo.
Le ragioni che conducono a scelte di internalizzazione risultano invece connesse ad elementi
quali, ad esempio, la strategicit della fase: talvolta esigenze di qualit ed accuratezza nelle
fabbricazioni e nei montaggi risultano un vincolo imprescindibile per il successo competitivo. Il
rispetto di specifiche di progettazione dettagliate o di rigorose tolleranze di lavorazione viene
garantito da attrezzature speciali o competenze distintive reperibili solo all'interno, come nel
caso tipico di alcune lavorazioni meccaniche di precisione o particolari processi di
assemblaggio. Altrove, l'immagine stessa del prodotto che risulta condizionata da un
particolare componente, che pertanto conveniente gestire in autonomia. In taluni comparti
fortemente orientati ai processi innovativi il fenomeno legato a garanzie di riservatezza;
esigenze di tutela rispetto ai potenziali imitatori inducono l'innovatore a delegare a terzi parti
marginali del processo, mantenendo all'interno la lavorazione che incorpora il vantaggio
competitivo connesso all'innovazione.
Talvolta, l'opportunit di lucrare riduzioni di costo grazie a curve di esperienza, consistenti
volumi di produzione o processi integrati giustifica la sostanziale assenza di opportunit di
delega produttiva.
In altre realt, invece, risulta determinante l'affidabilit dell'approvvigionamento. Nei settori e
nei processi in cui la continuit dell'approvvigionamento assume rilevanza critica e l'indotto
non sembra in grado di garantire livelli sufficienti di affidabilit, risulta preferibile optare per
soluzioni interne.
Nelle decisioni di natura strategica, l'apporto della funzione approvvigionamenti variabile, in
ragione, come gi evidenziato, del suo peso nella struttura organizzativa d'azienda.
Diversamente la funzione sempre pi frequentemente coinvolta nelle valutazioni dell'impatto
economico-finanziario delle scelte di esternalizzazione; queste si fondano tipicamente sul
raffronto, in logica differenziale, dei valori economici e finanziari connessi alla decisione. In tal
senso si considerano generalmente costi interni:
- il costo dei materiali diretti;
- il costo della manodopera diretta;
- gli altri costi variabili;
- le variazioni nei costi fissi indotte dalla scelta;
- l'ammortamento di investimenti specifici;
- gli eventuali costi di avviamento, inteso in senso lato (ad es. manodopera assunta
appositamente).
L'ammontare cos risultante si confronta con l'insieme dei costi connessi alla soluzione esterna:
- il prezzo d'acquisto;
- gli oneri accessori, se non compresi nel prezzo, quali costi di trasporto, imballaggi,
assicurazione cc.;
- il costo di impianti, attrezzature specifiche o altro, comunque a carico del committente: Non
vanno conteggiate le attrezzature date in uso al terzista (prassi invalsa in molti settori: cuoio
e pellame, tessile, mobiliero) perch irrilevanti, in logica differenziale, per le decisioni di
make or buy;
- gli oneri finanziari sulle attrezzature specifiche;
- gli eventuali maggiori costi iniziali connessi a campionature, preserie, ecc.
La valutazione deve anche comprendere i costi indotti dalle scelte operate in termini di costo
opportunit.
Definita la convenienza a ricorrere a produzioni esterne, la funzione approvvigionamenti ha il
compito di orientare la scelta del fornitore e governare il rapporto interno-esterno; in tal senso si

133

esplicita il nuovo modo di operare della funzione, inteso alla costante osservazione della realt
esterna e alla dominanza dei legami indotto-azienda terminale." (Grando, 1995, pp. 329-333)

Il caso Dulaney Toys Company (DTC)


"Rick Jerauld il responsabile dello stampaggio alla Dulaney. Egli sa, per esperienza, che la
domanda conosce spesso picchi, cui seguono stasi anche lunghe: il suo obiettivo per quello di
saturare sempre la capacit produttiva, e ci lo pone di fronte a un dilemma non piccolo. Dopo
anni di crescite record, la DTC sembra ora avviarsi verso un periodo di vendite moderate e gli
ultimi due prodotti della gamma denunciano fatturati pi bassi del previsto. I giocatoli hanno un
ciclo di vita molto caratteristico e il declino di altri articoli - in catalogo da tempo - insieme allo
scarso successo delle due novit fa s che in alcuni reparti la capacit produttiva non venga
sfruttata appieno. Tra questi vi il reparto stampaggio, dove si producono tutti i particolari in
plastica della DTC.
Rick restio a licenziare parte dei suoi dipendenti, anche perch la societ ha sempre fatto una
bandiera - nelle relazioni sindacali- della stabilit del posto di lavoro. Un'alternativa quindi pu
essere quella di produrre alcuni particolari finora acquistati presso subfornitori: fortunatamente
la DTC ha sempre fatto ricorso a conto-terzisti e quindi l'ipotesi praticabile; si tratta ora di
stabilire con quali criteri decidere che cosa si pu produrre e cosa, conviene continuare ad
acquistare.
Secondo Jerauld ci possono essere diverse alternative:
1. produrre componenti che - per volume o per complessit di ciclo - richiedono un elevato
monte-ore di capacit. Pochi particolari satureranno cos la capacit inutilizzata;
2. produrre ci che costa meno del prezzo di acquisto dai fornitori. Attualmente la DTC
confronta il prezzo pagato - maggiorato di una percentuale che copra i costi di
approvvigionamento e di collaudo - con il costo di produzione che comprende: materie
prime, mano d'opera e una quota di costi comuni;
3. produrre ci che meno interessa ai subfornitori attuali, cos che non si compromettano i
rapporti futuri con i contoterzisti, cui si deve inevitabilmente ricorrere in momenti di picco
della produzione;
4. produrre quei particolari che presentano minor possibilit di uscire di produzione in tempi
brevi;
5. produrre ci che meno interferisce con il resto del ciclo produttivo, perch richiede pochi
attrezzaggi, moderati costi speciali e se ne pu quindi avviare la costruzione in casa senza
rallentare le fasi a valle.
Uno - o la combinazione di alcuni - di questi criteri potrebbe essere adottato dalla DTC. Un
collaboratore di Rick ha selezionato alcuni componenti che meglio si adattano alla produzione
all'esterno e vengono qui riportati nella Figura 67. Alcuni erano stati finora prodotti
esclusivamente da conto-terzisti, mentre altri venivano gi prodotti, in parte, all'interno della
DTC. Si tratta sempre di componenti che servono per costruire i due prodotti di punta della
Societ: "Walter il Ferroviere" e la "Scimmia Saltimbanco". Rick deve ora decidere che cosa
stampare nel suo reparto, ma soprattutto vuole stabilire un criterio economico sulla base del
quale scegliere i componenti che pi conviene realizzare in casa.

134

1
Denominazione

2
Volume
medio
mensile

3
Situaz.
attuale

Telaio del
vagone

6000

Ordine
aperto.
In passato
era prodotto
in casa

Tetto del
vagone

6000

4
Costo di
acquisto:
prezzo+oneri
accessori

M. prime

Manodopera

Costi
generali

Totale

Commenti
particolari

11,97

3,20

1,37

5,20

9,77

Attualmente ci
sono difficolt
di consegna e
bassa qualit

Ordine
aperto

9,60

2,77

3,93

12,57

19,27

Il fornitore il
medesimo

12000

Commesse
spot

3,79

0,88

3,03

5,75

9,66

Parallele
della
scimmia

2000

Ordine
aperto.
In passato
erano
prodotte in
casa

22,39

5,91

6,70

9,53

22,14

Fiore della
scimmia

8000

Ordine
aperto.
Sempre
acquistato
all'esterno

18,26

3,58

4,43

11,66

19,67

Rotaie

Costi speciali
di attrezzaggio:
1550 $

Figura 67 - Particolari attualmente prodotti all'esterno (costi espressi in cents), (Tratto da R.W.
Schmenner, 1987)

Quello affrontato da Rick Jerauld un problema classico in quelle aziende che hanno una
domanda ciclica, e tutti e cinque i criteri suggeriti da Rick sono per qualche verso corretti. Ci
significa che non si deve portare in casa nessuna produzione che: a) non rappresenti un buon
carico di lavoro; b) non consenta risparmi; c) comprometta irrimediabilmente i rapporti con il
subfornitore; d) abbia una vita breve; e) richieda modifiche complesse all'attuale struttura
produttiva prima di potervi essere realizzata.
L'utilizzo di alcuni di questi principi implica delle valutazioni soggettive; solo nel caso si
confrontino voci di costo la scelta automatica, ma la DTC usa schemi di valutazione non
corretti, e quindi, anche in quei casi, la decisione che ne deriva condizionata. Innanzitutto, la
scelta in esame volta a saturare capacit produttiva inutilizzata: produrre in casa significa
quindi eliminare un costo variabile - cio il prezzo di acquisto - ma non necessariamente
aumentare tutte le voci di costo citate nella Figura 67. I costi comuni, ad esempio, non mutano
qualunque sia la decisione presa in termini di make or buy, e lo stesso vale per la manodopera,
salvo eventuali licenziamenti. Possiamo quindi affermare che la DTC pu produrre all'interno con vantaggi economici - qualunque componente in cui il costo della materia prima impiegata
pi i costi diretti di produzione siano inferiori al prezzo di acquisto, maggiorato degli oneri di
approvvigionamento e controllo-qualit. Alla Figura 68 calcoliamo il margine di contribuzione
per ogni particolare della Figura 67.
Parte

Telaio
Tetto
Rotaie
Parallele
Fiore

Prezzo di acquisto
+ oneri
(in centesimi)
11,97
9,60
3,79
22,39
18,26

Costi variabili
(in centesimi)

Contribuzione
unitaria
(in centesimi)

4,57
6,70
3,91
12,61
8,01

Figura 68 - Voci di costo rilevanti, (Tratto da R.W. Schmenner, 1987)

135

7,40
2,90
-0,12
9,78
10,25

Contribuzione
mensile
(in $)
444,00
174,00
-14,40
195,60
820,00

Emerge chiaramente che le rotaie non devono mai essere prodotte all'interno, e anzi
sembrerebbe di dover aumentare il volume di acquisti dal fornitore di rotaie e tetti, perch i suoi
prezzi sono molto concorrenziali; tra l'altro converrebbe far trasformare in ordine aperto anche il
rapporto esistente per la fornitura di rotaie. Rimane, semmai, un ultimo dubbio su cui riflettere:
infatti l'apparente convenienza di quel fornitore potrebbe non dipendere tanto dal fatto che i suoi
prezzi sono contenuti, quanto piuttosto dai nostri costi che sono eccessivi.
DTC avrebbe interesse a produrre in casa ognuno degli altri componenti analizzati, e anche i
costi fissi speciali di 1500$, necessari per produrre il fiore, sarebbero ammortizzati nel giro di
due mesi. Nel caso in cui l'azienda non riesca a produrre tutto in casa rimane aperto il problema
di decidere quali particolari convenga produrre in casa per primi, quanto meno sulla base di
considerazioni economiche. Si privilegeranno quei componenti che consentano di remunerare al
meglio i fattori scarsi d'impresa. Supponiamo in questo caso di focalizzare la manodopera
diretta. Alla Figura 69 calcoliamo, relativamente ad ogni particolare, quale margine di
contribuzione possibile ottenere per ogni centesimo di dollaro di manodopera impiegato per
produrlo.
Questo confronto ci consente di concludere che il componente pi vantaggioso da prodursi il
telaio, seguito dal fiore, dalle parallele e, in ultimo dal tetto.
Parte

Telaio
Tetto
Rotaie
Parallele
Fiore

Contribuzione
unitaria

Costo unitario di
manodopera

7,40
2,90
-0,12
9,78
10,25

Contribuzione costo di
manodopera

1,37
3,93
3,03
6,70
4,43

5,40
0,74
-0,04
1,46
2,31

Figura 69 - Remunerazione del fattore scarso "manodopera", (Tratto da R.W. Schmenner, 1987)

Riprendendo alcune considerazioni contenute nella Figura 67, dobbiamo vedere se queste
conclusioni rispettano anche gli altri criteri di scelta suggeriti per un'avveduta politica di make
or buy. Alcuni sono rispettati, ma per altri si debbono fare ulteriori verifiche; per esempio nel
caso del fiore, bisogna che non se ne sospenda la produzione prima di aver ammortizzato gli
stampi.
A tale proposito potrebbe essere utile calcolare il punto di pareggio, ponendo come incognita il
numero di mesi di produzione. Pi precisamente, vogliamo sapere per quanto dobbiamo
continuare a produrlo prima che il margine di contribuzione del fiore diventi uguale a quello
delle parallele, sapendo che tra i due meglio produrre in casa il primo perch assicura una pi
elevata remunerazione del fattore scarso "manodopera". Riprendendo i dati della Figura 68,
scriveremo:
Margine contrib. "parallele" per x mesi = Margine contrib. "fiore" per x mesi
$ 195,60 x = $ 820 x - $ 1500
x = 2,4 mesi
Se il fiore rimane in produzione per un periodo pi lungo di 2,4 mesi, stampando in economia
potremo ottenere un margine di contribuzione e una remunerazione del fattore scarso pi
interessante che non stampando le parallele. " (Schmenner, 1987, pp. 188- 191).

136

Parte 3
Limpresa snella
Questo modulo di inquadramento della gestione della produzione fa riferimento al seguente capitolo del
libro di testo:
Dezi L., Economia e governo delle imprese, CEDAM, 2001
Capitolo VI Larea logistico-produttiva (VI.1.3)
Le letture sono basate su brani e citazioni tratti dai seguenti lavori:
Cerruti C., "Una riscoperta della gerarchia?", in Sviluppo e Organizzazione, n. 158, 1996
Cerruti C., La gestione globale del fattore qualit, Pirola Editore, 1988
Hall R. W., Obiettivo Scorte zero, ISEDI, 1985
Schmenner R.W., Produzione. Scelte strategiche e gestione operativa, Edizioni del Sole 24 Ore,
1987

3.A - Il ridisegno dei processi e la riscoperta della gerarchia


Le modalit di coordinamento basate su ordine, equilibrio e controllo che contraddistinguono
lassetto gerarchico-burocratico vengono criticate per il loro impatto negativo sulle capacit di
reazione e di apprendimento delle organizzazioni. La centralizzazione dellautorit, anche
quando abbinata ad elevati gradi di delega agli operativi, viene accusata di rendere comunque
lorganizzazione dipendente dal disegno complessivo elaborato al vertice. La standardizzazione
delle procedure operative e la loro formalizzazione, pur rappresentando un riferimento chiaro,
vengono criticate perch rendono difficile affrontare situazioni di anomalia. In generale si
contesta alla gerarchia il fatto di soffocare lapprendimento e di non promuovere la creativit e
la capacit di cambiare. La rigidit delle sue norme tende a isolarla dallambiente e la porta a
muoversi in una logica di equilibri interni poco ricettiva alle evoluzioni del mercato. Per
superare questi limiti, in molti casi, vengono presentate proposte di revisione radicale
dell'assetto organizzativo che puntano a superare le tradizionali logiche di coordinamento con
lobiettivo di costruire organizzazioni intrinsecamente instabili e aperte al cambiamento [quali
la rete o la leadership]. Labbandono dei riferimenti chiave della gerarchia, per, non si
presenta come un passaggio ineluttabile nel rinnovamento delle organizzazioni. Grazie ad un
intervento sui processi operativi l'impresa in grado di snellire strutture e procedure,
recuperando cos flessibilit e capacit di innovazione anche all'interno di un assetto gerarchico.
Le responsabilit di coordinamento ridefinite rispetto ad un processo trasversale possono coprire
segmenti compiuti di attivit al cui interno vengono interamente sviluppati e gestiti progetti
rilevanti di cambiamento. Le norme operative di processo si trasformano da regole rigide
imposte centralmente in strumenti di lavoro che permettono agli operativi di valorizzare le
proprie competenze e che li spingono alla continua ricerca di nuove opportunit di
miglioramento.
La gerarchia cos rivista secondo la logica trasversale del processo riesce ad essere a pieno titolo
un valido strumento organizzativo, non in contrasto ma bens a supporto delle capacit di
adattamento e di sviluppo dellimpresa.
La riprogettazione dei processi operativi si sviluppa rispetto a tre principali momenti di analisi e
di intervento: le finalit che il processo si pone, l'adeguatezza della sua configurazione e il suo
livello di efficienza.
La valutazione sulle finalit del processo serve a verificare leffettiva utilit delle attivit in
esame. In molti casi questa fase viene tralasciata e lanalisi, dando per scontata la necessit del
processo, si concentra subito sullottimizzazione delle varie attivit. Cos facendo, per, non
considera che la "vera ottimizzazione" pu essere riconducibile al fatto di creare le premesse
perch una parte, o, addirittura, l'intero processo possano essere cancellati. Molti sono gli

137

esempi di processi che possono essere considerati "inutili" e venire quindi completamente
eliminati. Lapproccio just-in-time, ad esempio, mette a punto un sistema organizzativo con
caratteristiche di qualit, affidabilit e sincronizzazione tali da permettere l'eliminazione di
interi segmenti del processo di gestione delle scorte. In maniera analoga, il reengineering,
attraverso un ridisegno integrato dellintero sistema informativo, permette di cancellare
completamente alcuni processi di quadratura amministrativa.
La valutazione dell'adeguatezza del processo serve ad identificare eventuali carenze
sistematiche e strutturali. Lobiettivo quello di analizzare le cause di queste carenze, per poi
eliminarle alla radice evitando cos che limpresa disperda i propri sforzi nel mero
tamponamento di problemi che ciclicamente si ripresentano. In alcuni casi si tratter di
inadeguatezze proprie del sistema tecnico, relative ad esempio al livello di tolleranza degli
impianti o al grado di flessibilit del sistema informativo, inadeguatezze che possono essere
risolte solo con modifiche nei macchinari o negli strumenti. In altri casi si tratter invece di
problemi legati all'assetto organizzativo, molto spesso relativi alle modalit con cui vengono
impostate le attivit di mantenimento e di innovazione del processo.
La valutazione sul grado di efficienza del processo guarda alla configurazione complessiva del
flusso e alle modalit di svolgimento delle singole operazioni. La riduzione del grado di
complessit del sistema interno viene in molti casi evidenziata come un riferimento importante
nella ricerca dellefficienza anche quando ci sembri sotto-ottimizzare una data configurazione
organizzativa. Molte volte infatti l'obiettivo di sfruttare maggiormente economie di scopo o di
scala ha spinto l'azienda a rendere pi articolato il proprio assetto, senza rendersi conto che
spesso questi potenziali recuperi di efficienza venivano vanificati dalla maggiore complessit
del sistema di gestione. E' il caso di un'azienda che per saturare risorse inutilizzate,
considerando quindi un costo marginale praticamente nullo, ha ampliato il proprio portafoglio
prodotti, trovandosi per poi di fronte ad una gestione non solo pi problematica ma anche
complessivamente pi costosa. Oppure il caso di un'azienda che ha accorpato in un unico
reparto fasi di lavorazione comuni a pi produzioni, perch in questo modo si giustificava
l'impiego di macchine pi grandi ed automatizzate, trovandosi per poi di fronte ad una crescita
negli scarti o negli sprechi dovuti alla centralizzazione dell'attivit.
La riprogettazione dei processi pu essere impostata secondo approcci diversi e facendo
riferimento a strumenti differenti. Tra i pi noti ed applicati vi limpresa snella (lean
organization).
La lean organization si incentra sulle tecniche organizzative proprie della produzione snella che
fanno leva sulla minimizzazione delle risorse impiegate per rendere possibile l'obiettivo di
"sviluppare, produrre e distribuire prodotti impiegando met o meno della met di fatica umana,
spazio, strumenti, tempo e spesa complessiva". La riduzione delle risorse impiegate nel processo
rappresenta lo strumento operativo di miglioramento, e non solo il risultato finale
dell'intervento. Questa riduzione, infatti, abbinata ad un "pensare al contrario" dogmi
consolidati, la spinge verso impostazioni innovative che, come nel caso di una gestione JIT
delle scorte oppure di un sistema di qualit totale, riescano a contemperare prestazioni
organizzative ritenute inconciliabili. .
Nel ridefinire i processi operativi, il management deve porsi come obiettivo centrale non la
definizione di strutture pi complesse e di norme operative pi articolate, ma al contrario la
creazione di un assetto organizzativo pi semplice e trasparente.
La semplicit pu scaturire da una ridefinizione dei processi operativi che elimini quelle
impurit, a livello di flussi contorti ed attivit inutili, che nel tempo si sono andate stratificando
nellorganizzazione. Le organizzazioni mostrano spesso una tendenza inerziale verso la
complessificazione. A fronte di cambiamenti nelle politiche di mercato, nel sistema tecnico o
semplicemente a fronte di un avvicendamento delle persone nelle posizioni di guida
dell'azienda, la configurazione dei processi operativi spesso non viene ripensata in maniera
unitaria ma piuttosto vengono fatti cambiamenti frammentati che lasciano dietro di s attivit
inutili o duplicate. Un approccio centrato sullottica unificante del processo riesce a considerare

138

interi blocchi di attivit operative e a ripensarli in maniera integrata, semplificandoli grazie


alleliminazione dei passaggi ridondanti.
La trasparenza pu scaturire da una ridefinizione dei processi che evidenzi prontamente il
verificarsi di situazioni anomale e indirizzi gli interventi correttivi alla radice dei problemi. La
semplificazione dei processi senza dubbio un riferimento importante in quanto in un processo
pi lineare pi facile far emergere con immediatezza le anomalie. In molti casi sono anche
decisivi alcuni interventi sul sistema tecnico, come nel caso della realizzazione di impianti
produttivi dotati di meccanismi idonei a far scattare in automatico eventuali interventi
correttivi. (Cerruti, 1996, pp. 77-88).

In quest'ottica di semplicit e trasparenza (Figura 70), il management in grado di


recuperare quelle caratteristiche di ordine, equilibrio e controllo proprie della gerarchia,
senza rimanere penalizzato da una crescente complessit e rigidit dei meccanismi
interni, ma anzi, al contrario, riuscendo a costruire un assetto organizzativo snello nelle
capacit e nei costi di coordinamento ed efficace nel favorire l'apprendimento.
Semplicit
Lean
Organization

Trasparenza

Snellire i processi riducendo le


Ridurre le risorse impiegate nel
risorse impiegate, siano esse materie processo, facendo cos emergere
prime, personale, attrezzature o
immediatamente le anomalie
tempi di ciclo

Figura 70 - Impatto degli intervento di snellimento dellorganizzazione (Tratto da C. Cerruti, 1996)

139

3.B - Le caratteristiche generali dellimpresa snella


Limpresa snella si presenta come unalternativa al modello della grande impresa fordista e si
caratterizza per la sua capacit di raggiungere elevati livelli di prestazione in termini di
efficienza, qualit, flessibilit e prezzi, con un livello minimo di utilizzo di risorse in termini di
uomini, macchine e scorte.
Nella sua dimensione produttiva limpresa snella ruota attorno alla fabbrica a sei zeri:
zero stock

Riduzione ai minimi livelli delle scorte e delle attivit di


magazzinaggio grazie ad un sistema logistico impostato secondo le
logiche del Just-in-Time

zero difetti

Riduzione della difettosit e delle anomalie grazie ad interventi di


prevenzione e miglioramento nella progettazione e nel processo
produttivo sviluppati secondo le logiche della Qualit Totale

zero tempi morti

riduzione dei tempi di attraversamento del ciclo di produzione


andando ad incidere sui momenti in cui il pezzo non viene lavorato
(che possono rappresentare fino all80-90% del tempo totale)

zero tempi di attesa Miglioramento del livello di servizio al cliente


zero cartacce

riduzione della burocrazia - anche in termini di personale indiretto - e


delle comunicazioni inutili - anche in termini di sistemi informativi
molto sofisticati -

zero conflitto

rapporto totale di collaborazione tra management e operativi

Il sistema di produzione della Toyota un esempio pionieristico e molto completo di impresa


snella.
Il sistema di produzione Toyota nato come necessit di sopravvivenza per unazienda che non
poteva contare sui grandi volumi e sulle economie di scala delle grandi imprese americane e che
al contempo si trovava nella necessit di servire un mercato frammentato.
Mentre lapproccio fordista riesce a sviluppare lefficienza del sistema produttivo in relazione
ad una crescita nei volumi di produzione rispetto ad una gamma di modelli limitata, il sistema di
produzione Toyota concepito per condizioni di crescita lenta facendo riferimento ad una
grande variet di modelli.
Negli anni 50 e 60 si sviluppa in Toyota progressivamente un nuovo modello produttivo
basato su lotti piccoli e su scorte ridotte. I fatti storici che hanno spinto la Toyota a sperimentare
interventi in questa direzione sono stati principalmente la crisi finanziaria che ha portato
lazienda quasi sullorlo del fallimento (e la conseguente necessit di ridurre il capitale
investito) e la necessit di far fronte ad un aumento di produzione dopo aver proceduto negli
anni precedenti a massicci licenziamenti. A questo si aggiunge lintuizione di Ohno (un
caporeparto che cresciuto negli anni sino a ricoprire le massime cariche aziendali) che sulla
base del modello pull del supermarket (servirsi dagli scaffali) ha sviluppato il metodo kan-ban
basato sui cartellini di prelievo e produzione.
Negli anni 70 e 80 il modello Toyota si estende dalla casa madre alla rete di fornitori e diventa
un modello di riferimento, anche se con molte differenze di interpretazione, da parte di altre
imprese giapponesi emergenti. Il successo delle imprese giapponesi sui mercati internazionali
(primo tra tutti su quello americano) impone allOccidente di prendere consapevolezza del
nuovo modello produttivo e della sua capacit di raggiungere contemporaneamente elevata
qualit, flessibilit e bassi costi.

140

Nel corso degli anni 90 e nei primi anni del 2000 il modello giapponese viene valutato pi
criticamente: ne emergono da un lato i limiti rispetto alla tecnologia e alla persona ma anche la
sua capacit di apprendere.
Pur adottando una visione in parte critica sullapplicabilit totale del modello giapponese nelle
aziende italiane, importante analizzare le tecniche gestionali legate allimpresa snella sia per
gli indubbi risultati che hanno permesso di raggiungere sia perch un modello che fa leva sul
fatto di pensare allincontrario i tradizionali assunti organizzativi, spingendoci a considerare
criticamente alcuni principi gestionali che tendiamo ad accettare quasi come fossero veri e
propri dogmi.
Impostazione tradizionale fordista

Nuova impostazione snella

Scorte

sono un elemento di sicurezza che


permette di bilanciare eventuali
imprevisti

sono una causa di inefficienza perch


mascherano
il
verificarsi
delle
anomalie e fanno s che i problemi
perdurino

Flusso di
lavoro

non dovrebbe mai interrompersi: le


fermate della linea implicano costosi
inutilizzi degli impianti e le anomalie
vanno gestite a fine linea
implica necessariamente un costo
elevato perch necessario setacciare
la produzione e scartare-rilavorare i
pezzi difettosi

deve essere interrotto non appena si


verifica unanomalia per intervenire
subito alla radice dei problemi

deve essere molto grande per


permettere di meglio distribuire i costi
di attrezzaggio

deve essere molto piccolo, al limite


unitario, per riuscire a servire al meglio
le esigenze del mercato senza creare
scorte

Qualit

Lotto di
produzione

pu portare a riduzioni nel livello


complessivo dei costi se viene ottenuta
non a fine linea ma come parte
integrante del modo di lavorare

Alla base dellapproccio dellimpresa snella c la considerazione del fatto che la precariet e
lincertezza, mettendo molte volte limpresa in situazioni di emergenza, evitano che
lorganizzazione si sclerotizzi su determinate pratiche e la costringe a ricercare continuamente
nuovi miglioramenti per risolvere le anomalie che si presentano. Mentre limpresa fordista
punta su una struttura consolidata e sicura, limpresa snella si pone come riferimento la
precariet e lincertezza.
Questa ricerca della precariet non comunque una ricerca inconsapevole del rischio perch
limpresa snella riesce a gestire questo rischio grazie alle sue caratteristiche:
- la capacit di incidere allorigine sulle cause di anomalia o comunque portarle sempre in
evidenza (ad esempio con lautonomazione molti macchinari sono progettati in maniera da
fermarsi automaticamente al verificarsi della difettosit oppure con lassenza di scorte
diventa impossibile la copertura di eventuali anomalie
- la capacit di riuscire velocemente ed efficacemente ad assorbire le anomalie grazie al forte
coinvolgimento del personale e grazie allintegrazione interfunzionale.
I due pilastri di questo nuovo modo di lavorare sono:
- Qualit Totale, cio la capacit di produrre alla prima dei prodotti di qualit, combinando
lottica del cliente con quella della progettazione/produzione. Fa leva sul miglioramento dei
processi produttivi;
- Just In Time, cio la capacit di ridurre al minimo le scorte presenti in ogni fase del ciclo di
produzione e di distribuzione. Fa leva sulla capacit di sincronizzare e livellare le attivit,
avendo come riferimento una produzione a piccoli lotti.

141

3.C - La qualit totale (TQM) - Total Quality Management

3.C.1 Cosa significa "qualit"


"Sin dai tempi dell'antica Grecia il concetto di qualit ha avuto un rilievo particolare nel
pensiero umano. Ci perfettamente plausibile dal momento che la qualit designa l'essenza o
la natura delle cose.
Nonostante ci, nell'ambito delle scienze economiche e, in particolare, delle tecniche
manageriali, l'aspetto qualitativo della produzione stato a lungo frainteso od ignorato. La
qualit veniva comunemente identificata con il lusso e la ricercatezza e si riteneva che l'impresa
potesse conseguirla solo a patto di sostenere un livello di costi pi elevato della media del
settore.
Quest'ultima affermazione era difficilmente criticabile dal momento che una migliore qualit
richiedeva modifiche di progetto e soprattutto controlli pi intensi volti a garantire il rispetto di
standard pi rigidi. Innalzare il livello qualitativo significava intensificare le ispezioni
aumentando cos la percentuale di elementi ritenuti non idonei e quindi i costi collegati agli
scarti e alle rilavorazioni. Per questo motivo la ricerca della qualit veniva ad essere un obiettivo
perseguito e perseguibile unicamente da parte delle imprese operanti nelle fasce alte del mercato
in quanto solo queste avevano la possibilit di coprire, grazie ad adeguati incrementi di prezzo,
la crescita dei costi imputabili alla qualit.
Negli ultimi trent'anni, per, grazie alle idee di studiosi americani come Deming, Juran e
Feigenbaum e grazie all'applicazione concreta di tali idee operata in maniera massiccia dalle
imprese giapponesi, il modo di valutare e di gestire la qualit si sta modificando.
Qualit significa sempre pi funzionalit ed affidabilit. Inoltre per ottenerla si cerca non tanto
di adottare criteri di ispezione pi rigidi quanto di migliorare i metodi produttivi. In quest'ottica
fare della qualit significa realizzare correttamente al primo tentativo un prodotto in grado di
soddisfare l'acquirente.
La qualit non viene pi considerata come un vincolo all'operare dell'impresa, ma se ne
riconosce la valenza positiva in quanto permette una buona accettazione del prodotto sul
mercato ed innalza il grado di efficienza interna dell'organizzazione.
Per comprendere meglio questa nuova impostazione opportuno precisare cosa si intenda per
qualit del prodotto e vedere come questa sia collegata alla qualit dell'organizzazione.
La qualit di un prodotto pu essere definita come la sua idoneit all'uso. L'idoneit all'uso un
concetto molto ampio in quanto determinata dalla capacit del prodotto dalla capacit del
prodotto di soddisfare ogni necessit collegata al suo utilizzo.
Dal momento che il prodotto attraversa una fase di produzione, una fase di commercializzazione
ed una fase di utilizzo finale, la sua idoneit all'uso assumer in ciascuna di queste fasi differenti
connotati.
Nella fase di fabbricazione il prodotto, per agevolare la sua realizzazione in fabbrica, dovr
presentare una facile producibilit. In questa fase, dunque, qualit potr significare basso livello
di scarti ed alta produttivit.
Nella fase di commercializzazione il prodotto, per essere idoneo alle necessit dell'impresa,
dovr agevolare le operazioni di trasporto e di vendita. In questa fase, dunque, qualit potr
significare robustezza degli imballaggi, facile identificabilit e soprattutto vendibilit del
prodotto.
Nella fase di utilizzo finale il prodotto dovr essere in grado di realizzare quelle funzioni che il
consumatore si attende. In questa fase, dunque, qualit potr significare funzionalit, sicurezza,
facilit d'uso, affidabilit.
Dal momento che l'idoneit all'uso finale senza dubbio la caratteristica che, fra le tre sopra
esaminate, influenza maggiormente il posizionamento concorrenziale dell'impresa e dal

142

momento che la qualit della produzione e della commercializzazione viene in risalto in quanto
condiziona la qualit che sar avvertita dal consumatore, possiamo precisare la definizione di
qualit del prodotto come idoneit all'uso dicendo che essa soprattutto idoneit all'uso cui il
prodotto sar destinato dal cliente.
Il raggiungimento dell'idoneit del prodotto senza il massiccio ricorso a mezzi ispettivi richiede
un buon coordinamento di tutte le funzioni aziendali e, soprattutto, uno sforzo da parte di tutto il
personale volto ad evitare l'insorgere della difettosit. Si comprende quindi come la qualit del
prodotto richieda anche la qualit dell'organizzazione, dove per qualit dell'organizzazione si
intende il contemporaneo verificarsi di uno stato di efficienza della struttura e di uno stato di
salute dei singoli che operano al suo interno.
Una strategia della qualit, correttamente intesa, non si limita dunque alla ricerca dell'idoneit
del prodotto, ma punta anche ad un sempre maggiore livello qualitativo dell'organizzazione nel
suo complesso. Solo cos possibile utilizzare a pieno le risorse umane per migliorare
l'efficienza interna e per agevolare la penetrazione dell'innovazione.
La realizzazione dell'idoneit all'uso.
Nel paragrafo precedente parlando della qualit del prodotto l'abbiamo definita come l'idoneit
all'uso, dove per uso si intende l'effettivo utilizzo che ne far il cliente. Il raggiungimento di
questo obiettivo di idoneit richiede uno svolgimento corretto delle operazioni che interessano il
prodotto dal momento del suo nascere come idea al momento della sua effettiva offerta sul
mercato. Possiamo raggruppare queste operazioni nelle quattro fasi di concezione, di
progettazione, di realizzazione del prodotto e quindi di servizio pre e post-vendita. L'idoneit
all'uso resta sempre la meta finale dell'impresa, ma il significato di qualit muta nelle varie fasi.
Nella fase di concezione l'impresa cerca di definire che cosa sia a giudizio dell'utilizzazione un
buon prodotto e lo fa cercando di identificare quei bisogni che l'acquirente vuole soddisfare
comprando il bene.
Una volta identificati i bisogni dell'acquirente l'impresa deve specificare le funzioni che il
prodotto deve possedere per poter soddisfare tali bisogni. Si tratta in parte di funzioni operative
d'uso ma vi sono anche funzioni che possiamo chiamare estetiche non meno importanti delle
prime.
Nella fase di progettazione l'impresa individua le specifiche tecniche ed i margini di variabilit
in grado di permettere al prodotto una corretta esecuzione delle funzioni che il consumatore si
aspetta. In questa fase emergono tutta una serie di vincoli che vanno dalla tecnologia utilizzabile
fino all'eventuale presenza di uno standard comunemente accettato o di norme legislative che
regolano le caratteristiche e l'utilizzo del prodotto.
Nella fase di fabbricazione l'impresa cerca di strutturare le sue attivit produttive in maniera tale
da poter conseguire gli standard stabiliti nel progetto. L'obiettivo di questa fase la
realizzazione di prodotti che non solo si presentino tecnicamente ed esteticamente conformi a
quanto desiderato ma anche che mantengano tali caratteristiche per un certo lasso di tempo.
Nella fase pre e post-vendita l'impresa cerca di fornire agli acquirenti una serie di agevolazioni e
di informazioni in maniera tale da rendere pi facile e proficuo l'utilizzo del prodotto.
Al fine del raggiungimento della qualit questi quattro momenti sono fortemente interdipendenti
e un'errata impostazione di uno solo di essi preclude la realizzazione della meta finale
dell'idoneit all'uso. In effetti se l'impresa non riesce a cogliere nel momento della concezione
del prodotto le aspettative dell'utilizzatore non ha fondate speranze di poter realizzare un
prodotto idoneo all'uso. Cos pure, anche se il prodotto stato concepito cogliendo a pieno i
desideri dell'utilizzatore, una carente fase di progettazione non permetter all'impresa di offrire
sul mercato un buon prodotto. Ci avverr anche nel caso di un pieno rispetto delle specifiche
da parte del reparto di produzione dal momento che tali specifiche sono intrinsecamente
carenti. Infine, anche se le fasi di concezione e di progettazione sono state eseguite
correttamente, qualora il ciclo produttivo presenti una variabilit eccessiva o le operazioni di
assistenza post-vendita siano carenti, non pu pensare che il cliente resti soddisfatto del
prodotto acquistato.

143

La qualit del prodotto richiede quindi l'operare integrato di tutte le funzioni aziendali in modo
da permettere un corretto svolgimento di tutte e quattro queste fasi. Il lavoro di miglioramento
qualitativo deve influire sulle attivit aziendali a pi livelli, da quello dell'identificazione delle
aspettative del cliente a quello del rispetto delle specifiche produttive. Troppo spesso invece
l'impresa, occupandosi della qualit, guarda unicamente al contenimento della variabilit di
processo e non si rende conto di come con interventi sulle fasi a monte di quella produttiva
potrebbe conseguire opportunit ben maggiori di quelle collegate ad una migliore stabilit del
processo.
L'evoluzione dell'approccio alla qualit
Da quando si sono sviluppati i primi traffici ogni artigiano o commerciante si sempre reso
conto della necessit di offrire ai suoi clienti un prodotto in grado di soddisfarli in quanto solo
cos questi si sarebbero nuovamente rivolti a lui per i futuri acquisti.
Fino all'800 l'impostazione di un processo di controllo della qualit non era problematica:
l'artigiano era a diretto contatto con il pubblico e, nei limiti delle sue capacit, poteva modificare
il prodotto adattandolo alle richieste che gli venivano fatte.
Con l'avvento della rivoluzione industriale si spezzato il collegamento diretto
produttore/utilizzatore e soprattutto, data la rigidit del ciclo produttivo dovuta ai nuovi
macchinari impiegati, le modifiche dei prodotti sono diventate problematiche. Le imprese si
sono occupate soprattutto degli aspetti quantitativi della produzione, come i volumi di vendita,
le economie di scala e la riduzione di costi, e hanno lasciato in secondo piano i problemi
qualitativi.
Gi all'inizio di questo secolo per le imprese industriali si sono rese conto della necessit di
accertarsi che il livello di qualit da loro offerto sul mercato fosse per lo meno accettabile.
La prima via scelta per raggiungere tale risultato stata quella di esaminare la propria
produzione con ispezioni al 100% o con controlli campionari. Questo metodo anche se permette
una limitazione della difettosit che viene consegnata al cliente ha comunque il grosso
svantaggio di non portare ad una limitazione anche della difettosit che sorge all'interno del
ciclo produttivo dell'impresa. L'impresa non migliora i suoi metodi produttivi ma si limita ad
isolare i pezzi non conformi.
Nel dopoguerra la validit di questo approccio ha cominciato ad essere messa in dubbio e molte
imprese, soprattutto giapponesi, si sono rese conto delle inefficienze collegate ad un simile
modello organizzativo.
Le principali limitazioni riscontrabili in questo modello sono:
- un intervento svolto unicamente a posteriori quando ormai la difettosit si verificata;
- un giudizio sulla qualit che, basandosi unicamente su parametri tecnici, prescinde
completamente dalle aspettative dei consumatori;
- un interesse per i fenomeni qualitativi limitato ai casi in cui si verifica un'eccessiva
difettosit.
Per quanto riguarda i limiti di un intervento svolto unicamente a posteriori, evidente che la
prevenzione della difettosit permette di conseguire risultati migliori di quelli ottenibili con il
solo utilizzo di ispezioni sui prodotti. Il principale vantaggio collegato all'adozione di mezzi
preventivi dovuto al fatto che la qualit, se ottenuta producendo meglio e non ispezionando
pi rigidamente, lungi dall'innalzare i costi li riduce. Si verifica quindi che una qualit migliore
costa meno.
In questa nuova ottica la funzione qualit coinvolge l'operare di un nucleo di reparti aziendali
ben pi ampio del solo reparto ispezioni e controlli. Le prime funzioni aziendali ad essere
coinvolte nella gestione della qualit sono state quelle pi direttamente collegate alla
realizzazione fisica del prodotto, vale a dire la progettazione e la produzione. In seguito con
l'applicazione del "Company wide quality control" si rilevato come tutte le funzioni aziendali
e quindi anche il marketing, l'amministrazione e i trasporti interni, siano in grado di influenzare
la qualit del prodotto avvertita dall'acquirente. In altre parole si compreso che la piena

144

soddisfazione del cliente pu essere raggiunta solo se tutta l'organizzazione d'impresa funziona
correttamente.
Per quanto riguarda un approccio alla qualit che utilizzi unicamente parametri tecnici,
evidente che tale approccio alla qualit che utilizzi unicamente parametri tecnici, evidente che
tale approccio, non tenendo conto della soggettivit che caratterizza le valutazioni qualitative,
difficilmente indirizzer l'impresa verso la realizzazione di un prodotto conforme alle
aspettative degli acquirenti. Con questo non si vuole dire che l'impresa, impostando la propria
strategia sulla base delle valutazioni degli acquirenti, non debba quantificare le specifiche
qualitative per definire le caratteristiche della sua produzione. Le specifiche restano sempre un
elemento importante per la verifica del lavoro svolto ma la loro fissazione non avviene pi in
base alla variabilit presente nel ciclo produttivo bens in base al concetto di idoneit espresso
dagli utilizzatori. In altre parole, mentre l'obiettivo qualitativo dei singoli reparti resta sempre il
rispetto delle specifiche, l'obiettivo qualitativo dell'impresa nel suo complesso diviene la
soddisfazione dell'acquirente.
Probabilmente la ricerca della piena soddisfazione dell'acquirente richieder sia l'effettuazione
di ricerche di mercato volte a sondare le aspettative dei consumatori sia la realizzazione di
migliorie di progetto volte a potenziare le funzioni del prodotto. Va notato quindi come in
quest'ambito non sia necessariamente vero che una qualit migliore costa meno dal momento
che l'obiettivo non tanto la riduzione della difettosit quanto l'innalzamento delle prestazioni
del prodotto. Un simile fatto non deve preoccupare dal momento che il conseguente aumento
del valore dovrebbe permettere un rialzo del prezzo o portare ad un'espansione delle vendite.
Per quanto riguarda un interesse ai fenomeni qualitativi limitato ai momenti in cui si verifica
un'eccessiva difettosit ci dovuto alla desensalibilizzazione conseguente al ripetersi per anni
di un dato livello di difettosit. Tale livello di difettosit viene giudicato inevitabile e la
direzione non se ne preoccupa minimamente considerandolo normale. Quando, invece, per un
improvviso malfunzionamento degli impianti, questo livello viene superato la direzione analizza
con urgenza l'accaduto e sollecita i tecnici ad individuare le anomalie onde riportare la
percentuale di elementi difettosi entro i limiti ritenuti normali.
Un simile comportamento, seppure giustificato da una progressiva perdita di sensibilit nei
confronti dei difetti cronici, appare ampiamente carente se si osserva la consistenza dei costi
collegati alla difettosit quale risulta dal diagramma sotto riportato (Figura 71).
Da tale diagramma appare evidente come il costo dovuto ad una momentanea mancanza di
controllo sia notevolmente pi contenuto di quello dovuto al perdurare di un dato livello
normale di difettosit.
Fra le caratteristiche del nuovo approccio alla qualit vi deve invece essere il fatto di non dare
mai per scontata la produzione di elementi difettosi e il fatto di fissare come obiettivo principale
per le azioni di miglioramento non tanto l'immediato controllo di situazioni anomale quanto la
continua riduzione del livello normale di difettosit. Una simile impostazione pienamente
comprensibile se andiamo a vedere, rifacendoci al grafico di cui Figura 72g.2, le possibili
riduzioni collegate alle due azioni." (Cerruti, 1988, pp. 9-16)

145

Numero di elementi difettosi prodotti

Costi dovuti ad una momentanea


mancanza di controllo
Costi dovuti al verificarsi della
difettosit

LIVELLO STANDARD

Turni di lavorazione

Figura 71 - Costi collegati alla difettosit (Tratto da C. Cerruti, 1988).

Numero di elementi difettosi prodotti

Risparmi collegati ad un immediato


ripristino del livello normale di
difettosit
Risparmi collegati ad un
miglioramento dello standard
qualitativo

LIVELLO STANDARD

Turni di lavorazione

Figura 72 - Risparmi collegati al nuovo approccio alla qualit (Tratto da C. Cerruti, 1988).

146

Le grandi categorie di costi della qualit.


"Ai fini della formulazione degli obiettivi e delle politiche d'impresa risulta significativa la
distinzione dei costi delle qualit in:
- A) costi di controllo;
- B) costi per mancanza di controllo.
I costi di controllo sono tutti quei costi conseguenti agli sforzi fatti dall'impresa per limitare la
difettosit. Dal momento che l'impresa per conseguire un abbattimento della difettosit, pu
utilizzare mezzi ispettivi operando a posteriori una cernita nei prodotti realizzati oppure mezzi
preventivi evitando lo stesso sorgere della difettosit, utile suddividere i costi di controllo in
due sotto categorie:
- A1) costi di ispezione;
- A2) costi di prevenzione.
I costi per la mancanza di controllo sono tutti quei costi dovuti al verificarsi della difettosit.
Anche all'interno di questa categoria possiamo effettuare un'ulteriore suddivisione
discriminando in base al fatto che l'insorgere della difettosit si sia verificato prima o dopo la
consegna al cliente.
Si parler pertanto di:
- B1) costi interni della difettosit;
- B2) costi esterni della difettosit.
Saranno dunque costi interni della difettosit tutti quei costi collegati alle anomalie, verificatisi
durante il ciclo produttivo e distributivo che vengono individuate prima della consegna al
cliente.
Saranno invece costi esterni della difettosit tutti quei costi collegati al verificarsi della
difettosit quando il prodotto gi nelle mani dell'utilizzatore.
Dopo aver introdotto brevemente le varie categorie di costi della qualit vediamo di esaminare
nei sotto paragrafi seguenti le caratteristiche principali di ciascuna di queste categorie.
I costi di ispezione.
Sono costi di ispezione tutti quei costi connessi con l'attivit di sorveglianza sul livello
qualitativo dei prodotti.
Vi rientrano:
- la sorveglianza dei fornitori, cio i costi connessi con i test di accettazione dei lotti ricevuti;
- le ispezioni e i test, cio ogni costo connesso con le prove effettuate nei vari stadi del
processo produttivo, compresi anche eventuali test di affidabilit compiuti sul campo;
- l'accuratezza degli strumenti di misurazione, cio ogni costo collegato con la loro taratura e
il loro mantenimento in piena efficienza;
- i materiali e i servizi consumati nel caso di test distruttivi;
- le valutazioni sugli stocks, cio il costo della detenzione di prodotti in magazzino al fine di
verificarne la deperibilit.
All'interno di questa categoria stanno assumendo un'importanza crescente i costi per le
apparecchiature per la qualit. Rientrano fra i costi per le apparecchiature della qualit tutti quei
costi connessi all'acquisto di macchine adatte a misurare meglio la qualit del prodotto. Tali
costi, una volta irrilevanti, adesso hanno assunto a seguito del forte utilizzo di automatic test
equipments (ATE), una notevole consistenza.
Va notato comunque che non necessariamente i maggiori costi per le apparecchiature si
trasformano in maggiori costi di ispezione. Infatti, se vero che aumentano i costi fissi anche
vero che diminuiscono i costi unitari connessi all'effettuazione del singolo test.
I costi di prevenzione.
Sono costi di prevenzione tutti quei costi che sono sostenuti dall'impresa per minimizzare
l'insorgere di problemi qualitativi.
Vi rientrano:

147

i progetti sulla qualit, cio tutti i costi connessi alla raccolta e all'analisi del materiale
informativo necessario per la pianificazione della qualit, ivi compresi i costi sostenuti per
la stesura di manuali e di procedure idonee a comunicare tali piani a tutti gli interessati;
i progetti di miglioramento, cio quei costi connessi all'organizzazione e alla realizzazione
di progetti finalizzati all'abbattimento della difettosit presente nel ciclo produttivo;
il sostegno tecnico e lo scambio di know-how necessari per favorire lo sviluppo dei
fornitori;
la revisione dei nuovi prodotti, cio tutti i costi connessi all'analisi dell'affidabilit del
nuovo progetto o alla realizzazione di prototipi e alla loro valutazione;
l'educazione, cio il costo per preparare ed eseguire corsi di formazione sulla qualit;
i rendiconti sulla qualit, cio i costi sostenuti per ottenerli e pubblicarli.

Confronto fra costi di ispezione e costi di prevenzione.


I costi di ispezione e quelli di prevenzione, pur rientrando entrambi nei costi di controllo,
incidono in maniera ben diversa sulla situazione che caratterizzer l'impresa nel lungo periodo. I
costi di ispezione si rivelano utili al fine di un contenimento contingente della difettosit. Al
contrario i progetti collegati ai costi di prevenzione portano benefici di lungo termine. Quando
la difettosit viene ridotta tramite ispezioni sui prodotti realizzati non si ottiene alcun
miglioramento duraturo e quindi, per il mantenimento del livello di qualit raggiunto, sar
necessario procedere anche in futuro ad un'analoga scrematura dei lotti prodotti.
Ben diversi sono i risultati collegati ad una modifica nella variabilit del processo produttivo o
ad un'opera di formazione del personale. Probabilmente questi progetti richiederanno un
maggior lasso di tempo per divenire operativi, ma, una volta realizzati, muteranno la difettosit
di tutti i lotti futuri senza bisogno di continui interventi a posteriori. Tutto ci pienamente
giustificato dal fatto che non si continua a produrre come prima, inasprendo solo i controlli, ma
si cerca di produrre meglio.
Inoltre, finch i miglioramenti saranno ottenuti unicamente con interventi a posteriori, l'impresa
sar in grado di conseguire un livello qualitativo pi elevato solo a patto di accettare una
crescita nei suoi costi di produzione. Saliranno infatti sia i costi di ispezione, dal momento che i
test dovranno essere pi accurati, sia i costi per lo scarto e la rilevazione di prodotti, dal
momento che aumenteranno i pezzi ritenuti non idonei. Ci non si verifica nel caso di
miglioramenti con interventi sulla strutturazione del ciclo produttivo. In questo caso alla
lievitazione dei costi di prevenzione far riscontro un calo sia nei costi della difettosit, grazie
alla presenza di minori problemi di non conformit, sia nei costi di ispezione, grazie alla
possibilit di adottare dei piani di campionamento ridotti. Grazie a questi interventi di
prevenzione le imprese hanno la possibilit di innalzare il livello qualitativo gratuitamente, vale
a dire possono offrire sul mercato un prodotto migliore riducendone i costi di produzione.
Va anche rilevato come tali interventi di prevenzione abbiano un impatto positivo non solo sulla
qualit ma anche su altri aspetti come la produttivit, la sicurezza sul posto di lavoro, eccetera.
I costi interni della difettosit.
Sono costi interni della difettosit tutti quei costi che scomparirebbero, se non si registrasse
alcun intoppo nella produzione, dal ricevimento delle materie prime fino all'invio al cliente del
prodotto finito.
Vi rientrano:
- gli scarti, cio il valore delle materie prime e del lavoro impiegati per prodotti che non
possono essere economicamente riparati o utilizzati;
- le rilavorazioni, cio il costo dell'extra-lavorazione necessaria per rendere il prodotto
conforme alle specifiche;
- i retest, cio il costo della reispezione del prodotto, effettuata dopo la riparazione.

148

I costi intangibili della qualit.


I costi intangibili della qualit sono tutti quegli elementi negativi collegati all'insoddisfazione
del cliente che non si traducono in un effettivo esborso monetario.
Rientrano in questa categoria:
- i casi di utilizzo insoddisfacente del prodotto che non si trasformano in reclami o in richieste
di risarcimento;
- le cause legali concernenti il malfunzionamento del prodotto dalle quali l'impresa uscita
vincitrice;
- la cattiva pubblicit operata dai canali sociali.
Per quanto riguarda gli acquisti per i quali l'insoddisfazione del consumatore non si trasforma in
un reclamo, possiamo rilevare come, da una serie di ricerche condotte negli Stati Uniti, sia
emerso che la percentuale di acquirenti che, pur riscontrando problemi nell'utilizzo del prodotto,
non si lamenta formalmente nei confronti dell'impresa, abbastanza elevata e varia dal 30 al
50% a seconda del tipo di prodotto comprato. Questo dato abbastanza preoccupante in quanto
i clienti che tendono pi facilmente a modificare la propria preferenza di marca sono proprio
quelli che non reclamano quando si verifica un malfunzionamento del prodotto.
Il silenzioso cambio di marca di questi clienti un fatto particolarmente grave in quanto
possibile che l'impresa, dal momento che non c' stato alcun reclamo ad evidenziare l'inidoneit
all'uso del prodotto, non riesca a collegare il calo della sua quota di mercato al verificarsi di
problemi qualitativi.
La cause dell'insoddisfazione del cliente difficilmente vengono fatte oggetto di studi accurati e
spesso le imprese si disinteressano completamente di tale problema anche se da sempre noto
che un cliente insoddisfatto propender a non riconfermare la scelta di marca. Comunque, anche
quando i problemi dell'utilizzatore vengono presi in considerazione, nella maggior parte dei
casi, le imprese non hanno come feedback informativo altro che i reclami dei clienti.
Da quanto emerso in queste ricerche se ne deduce come un approccio che mira ad individuare le
cause dell'insoddisfazione dell'utilizzatore basandosi unicamente sull'esame dei reclami sia
carente in quanto non coglie una buona parte dei problemi che si verificano sul campo. Sarebbe
dunque opportuno che le imprese sondassero con indagini di mercato i problemi che il
consumatore incontra nell'utilizzo del prodotto e cercassero poi di eliminare al pi presto le
eventuali cause di insoddisfazione che ne derivano, onde evitare che i clienti, a causa di tali
problemi, modifichino le proprie preferenze di marca.
Per quanto riguarda le cause legali intentate contro l'impresa e da questa vinte, possiamo
senz'altro dire che l'impresa, per il semplice fatto di essere stata portata in giudizio, sopporta un
costo intangibile, pur non dovendo pagare alcun indennizzo. Anche se le cause del cattivo
funzionamento sono interamente attribuibili ad un errato uso da parte dell'acquirente, lo stesso
fatto che si sia verificato qualche danno fa s che nella mente della gente si insinui la
convinzione di una possibile pericolosit del prodotto. Questi effetti negativi saranno tanto pi
consistenti quanto maggiore sar stata la risonanza del processo.
Per quanto riguarda la cattiva pubblicit diffusa dai canali sociali (amici, vicini, colleghi), tale
elemento dovrebbe essere preso in ampia considerazione dal momento che spesso un cliente
insoddisfatto comunica la sua insoddisfazione a molte persone e dal momento che i canali
sociali sono in grado di influire pesantemente sul processo di acquisto del prodotto." (Cerruti,
1988, pp. 19-25)
"Si riportano di seguito alcuni esempi di costi delle diverse categorie (Figura 73)
Se l'azienda intende evitare molti di questi costi di qualit, deve necessariamente produrre
l'articolo o distribuire il servizio in modo corretto fin dall'inizio e per tutte le fasi successive. Per
ottenere questo, comunque, tutti all'interno dell'organizzazione devono essere convinti che le
cose vanno fatte bene sin dalla prima volta. E' sbagliato affermare che la qualit di stretta
competenza del reparto preposto al controllo qualit, o che i problemi di qualit iniziano nei
reparti produttivi. Essi cominciano con tutta probabilit al di fuori della fabbrica: nelle fasi di

149

progettazione, sviluppo, industrializzazione, negli uffici acquisti, addestramento e formazione,


raccolta ordinazioni clienti ecc." (Schmenner, 1987, pp. 318-319)
Costi della difettosit

Costi di ispezione

Costi di prevenzione

Relazioni con i consumatori


(problemi connessi ai reclami
sulla qualit da parte dei clienti)

Misurazione della idoneit del


processo produttivo (per es. i
documenti di controllo)

Revisione del progetto

Ampi passivi dovuti a guasti


(per es. carta strappata)

Accettazione del prodotto

Variazioni nelle ordinazioni da


parte dell'engineering
Assistenza (principalmente
riparazioni)
Passivit del prodotto
(assicurazione e spese legali

Verifica e collaudo dei prototipi


Verifiche e collaudi della
produzione di serie

Controllo dei disegni esecutivi


Programma di orientamento alla
qualit dell'engineering
Revisione delle caratteristiche del
prodotto in sede di engineering
Manutenzione preventiva

Ispezione fornitori

Analisi dell'idoneit del processo


Ispezione e collaudo semilavorati produttivo
e prodotti finiti
Qualificazione del prodotto

Resi dei clienti, revoche di


ordinazioni e costi di azioni
correttive

Revisione degli standard di


qualit
Programmi di orientamento della
qualit Valutazione dei fornitori

Variazioni di ordine di acquisto


Riprogettazione

Seminari per i fornitori sui temi


connessi alla qualit

Nuovo collaudo

Controllo di impianti e
macchinari

Ripetizione della lavorazione


nella fabbrica o filiali di
assistenza

Addestramento degli operai e


addestramento incrociato tra
reparti

Scarti
Costi di garanzia

Figura 73 - Elementi che determinano il costo di qualit (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

3.C.2 L'approccio giapponese al miglioramento della qualit


"In un processo operativo la qualit pu essere migliorata solo quando tutte le persone coinvolte
- sia quelle che lavorano direttamente sul prodotto sia tutte le altre - diventano consapevoli del
fatto che le proprie mansioni influenzano la qualit e che pu rendersi necessario reimpostare le
procedure e le abitudini di lavorazione per una pi efficace prevenzione degli errori. L'obiettivo,
ovviamente, di non avere pi problemi di qualit e ottenere prodotti perfetti. Il raggiungimento
di questo traguardo richiede comunque significative modificazioni negli atteggiamenti degli
operai e del management, un'instancabile opera di eliminazione di tutti quei piccoli particolari
che possono danneggiare la qualit facendo s che la lavorazione si compia senza errori fin dalle
prime volte.
Un passo alquanto controverso per il raggiungimento di questo traguardo di perfezione del
prodotto l'abbandono dei tradizionali punti di vista circa gli errori nella lavorazione. C' una
grande differenza tra una lavorazione "perfetta" e una lavorazione "standard", ma in molti casi si
avverte la necessit di passare da un atteggiamento all'altro per poter ottenere significativi
miglioramenti nella qualit.
Secondo tale punto di vista, lo standard "zero difetti" deve riguardare tutti coloro che
intervengono nella lavorazione. Uno standard "zero difetti" non implica semplicemente che tutti
i lavoratori si comportino al meglio delle proprie possibilit; piuttosto, presuppone che tutti si

150

aspettino di produrre con "zero difetti" o che tutti modifichino le proprie procedure di
lavorazione per ottenere una produzione senza pecche.
Tutte le cause di errori o potenziali errori devono essere rimosse e le procedure di lavorazione
modificate cos da essere perfette la prima volta, e per sempre. Ci significa che operai e
manager devono analizzare gli errori per determinare quali particolari difetti presentano il
prodotto o il servizio. Perch vi erano parti mancanti? Perch sono state distribuite le parti
difettose? Perch alcune procedure venivano saltate o erano in una sequenza sbagliata? Perch il
prodotto non ha successo sul mercato? Deve essere riprogettato? Occorrono materie prime
differenti, o devono essere modificate le procedure di assemblaggio e di collaudo? Perch era
stato ordinato un componente sbagliato? Come possibile soddisfare un programma di ordini
senza rischi di errori?
Le tolleranze di lavorazione sono troppo strette? Nuovi investimenti in attrezzatura e macchinari
potrebbero consentire di lavorare con tali margini di tolleranza?
Si potrebbe continuare all'infinito a elencare possibili cause di errori. Il punto decisivo che
ciascun difetto deve essere rimosso se si vuole ottenere un prodotto di qualit. Tale diverso
atteggiamento ha effetti anche sui ruoli tradizionali del management e della forza lavoro; non
pi possibile continuare a vedere gli operai come meri esecutori della volont del management e
dei progettisti. Invece, i manager e i progettisti devono essere riconosciuti come risorsa da
applicare alla soluzione dei problemi di qualit che, per la maggior parte, vengono individuati in
precedenza dagli stessi operai.
La forza lavoro pu risolvere molti problemi di qualit, ma non dovrebbe essere incaricata di
scoprirli e di porre rimedio a tutti. Di conseguenza, se deve essere raggiunto lo standard "zero
difetti" il management e i progettisti devono essere tutti coinvolti per aiutare la forza lavoro
nella risoluzione di particolari problemi: sono loro al servizio della manodopera e non il
contrario.
La fissazione di standard "zero difetti" e l'importanza della rimozione di tutte le cause di errori
nel processo produttivo sono argomenti molto dibattuti. La discussione concentrata sulle varie
componenti il costo della qualit, come notato sopra: costi di errore, costi di rilevazione e costi
di prevenzione. In che rapporto sono tali costi della qualit con il numero di difetti nel prodotto?
Se varia il numero di difetti, come varia il totale dei costi della qualit (cio la somma dei costi
di insuccesso, di rilevazione e prevenzione)? Aumentano o diminuiscono?
La Figura 74 mostra due opposte concezioni di tale problema. Secondo la teoria tradizionale
(rappresentata in Figura 74 a), il costo pi basso raggiunto a un determinato livello di difetti
diverso da zero. L'altra concezione (rappresentata in Figura 74 b) afferma che il costo minimo
dato dallo standard "zero difetti". La differenza, ovviamente, data dal fatto che una delle
concezioni postula che i costi di prevenzione e di rilevazione aumentino in modo crescente
quando ci si avvicini al caso di "zero difetti". I sostenitori di questa concezione ritengono che vi
siano rendimenti decrescenti nella rimozione degli errori, perch quanti pi errori vengono
scoperti sempre meno ne rimangono. Gli ultimi sono i pi difficili da scoprire e da correggere.
L'altra scuola di pensiero sostiene che le cause di difetti nei prodotti sono cos semplici, anche
se numerose, che non si verifica un incremento dei costi per la rimozione di questi ultimi
rispetto alla rimozione dei primi. Pu risultare certamente pi lunga, in termini di tempo, la fase
di determinazione delle ultime cause di errore, ma, come sostiene tale approccio, i passi
necessari per giungere alla rimozione sembrano piuttosto semplici.
Questo dibattito sul fatto che esista, nella realt, un livello ottimale di difetti in un prodotto
essenzialmente un dibattito di natura empirica ma, sino a ora, non esistono lavori definitivi di
stima di come dovrebbero essere queste curve. Le curve reali sono pi simili a quelle in Figura
74 a) o a quelle in Figura 74 b)? Solo a quel punto avremo probabilmente un'opinione pi
precisa del fatto che lo standard "zero difetti" rappresenti il modo per produrre con costi minimi.
Philip Crosby e i suoi collaboratori sostengono che la definizione della qualit sia "gratuita", e
che, di fatto, il modo per produrre a costi minimi sia sempre quello di produrre in modo corretto
la prima volta. Altri non sono cos convinti che la qualit a un livello nullo di errori, costi cos

151

poco. Quello che i giapponesi e altri ci hanno insegnato, comunque, che il livello ottimale di
errori molto pi basso di quello che si ritenuto finora.
a)
Costo unitario dei difetti
per lazienda

Totale dei costi di qualit

Costo della
difettosit

Costo di
prevenzione
Costo di ispezione

D
Livello ottimale di difetti

Numero di difetti

b)
Costo unitario dei difetti
per lazienda

Totale dei costi di qualit

Costo della difettosit

Costo di prevenzione
Costo di ispezione

Numero di difetti
Livello ottimale di difetti

Figura 74 - Le teorie del numero ottimale di difetti: a) la concezione tradizionale; b) la concezione "zero
errori", (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

La polemica sui mutamenti di atteggiamento e di organizzazione necessari per promuovere la


capacit di conformarsi alle caratteristiche richieste va sempre pi riducendosi. L'importanza di
una produzione di qualit in qualunque business gi stata discussa : un problema sorto in un
settore dell'azienda pu facilmente sovrapporsi ai problemi di qualunque altro, con effetti
deleteri sulla qualit dei servizi distribuiti o del prodotto lavorato.
Altri tipi di atteggiamenti nei confronti della qualit vanno riveduti. In molte aziende non del
tutto sensibilizzate ai problemi della qualit, la scoperta di prodotti difettosi troppo spesso
conduce ad accuse e recriminazioni, con abbondanza di scuse e giustificazioni da parte dei
manager e degli operai, entrambi impegnati a evitare responsabilit dirette in materia di qualit.
In un'azienda sensibilizzata ai problemi della qualit, i prodotti difettosi non sono un pretesto
per accuse, ma semplicemente un'indicazione della necessit che tutti lavorino insieme per
eliminare le cause di imperfezione. Per di pi, la convinzione che la qualit possa o debba essere
trascurata per accelerare la distribuzione o per raggiungere determinati obiettivi di costo
sostituita dalla convinzione che solo attraverso una produzione di qualit l'azienda possa
rimanere concorrenziale e che, col passare del tempo, i costi possano diminuire e le consegne
aumentare.
In queste aziende, il costo della qualit (cio di insuccesso, di rilevazione e di prevenzione)
noto a tutti e comunicato costantemente, di solito come percentuale del fatturato o del costo dei

152

beni venduti. Idee approssimative circa il costo della qualit sono sostituite dalle statistiche
tenute dall'ufficio contabilit dell'impresa. I manager nelle aziende responsabilizzate sui
problemi della qualit vengono valutati sulla base della qualit prodotta per come pu essere
misurata dai costi relativi. Altri cambiamenti sono altrettanto evidenti. I venditori diventano
membri importanti dei gruppi di lavoro preposti ai problemi della qualit e vengono addestrati
alle esigenze di una produzione di qualit di quei beni o servizi che devono soddisfare le
esigenze dei clienti.
La funzione qualit tenuta in grande considerazione da tutti; essa guida le opinioni in merito ai
problemi della produzione e di eventuali modifiche del prodotto o del servizio. Il controllo di
qualit non fa riferimento alla produzione ma a un singolo manager, e quindi non soggetto alla
documentazione e alle misure di costo applicate alla performance dello stabilimento.
Questo cambiamento nell'organizzazione e nell'atteggiamento del management pu essere
raggiunto in vari modi. Philip Crosby ha suggerito una procedura comprendente 14 fasi, che egli
ha verificato in una grande variet di aziende appartenenti a diversi settori di produzione di beni
e di servizi. Brevemente, il programma di Crosby prevede le seguenti fasi, che possono
richiedere da un anno a 18 mesi per essere del tutto completate:
1. Ottenere l'impegno del management. Se l'atteggiamento dell'intera azienda va modificato, il
livello pi alto del management deve essere personalmente coinvolto nell'indirizzare gli
opportuni segnali al resto dell'azienda circa l'importanza della qualit e la necessit di
collaborazione fra tutte le persone per identificare e risolvere i problemi di qualit.
2. Costituire un gruppo di lavoro per il miglioramento della qualit. La costituzione di un
gruppo di persone influenti provenienti dai diversi reparti dell'azienda necessaria per dare
inizio ai mutamenti di atteggiamento e alle procedure che assicureranno ul raggiungimento
della qualit fin dalle prime esecuzioni. Tale gruppo di lavoro dovrebbe avere un
coordinatore che si faccia carico del lavoro di staff necessario per attuare le decisioni del
gruppo stesso.
3. Compiere misurazioni della qualit. Per misurare la qualit, occorrono appropriate
misurazioni in momenti successivi. Bisogna passare in rassegna ogni aspetto del processo
produttivo ed effettuare misurazioni. Spesso si sostiene che la qualit sia difficile da
misurare, specialmente nel caso dei servizi o nelle fasi accessorie, ma se si domanda a un
manager su quali basi effettua la valutazione delle persone da promuovere, si scopre che
ricava alcune misure anche per le lavorazioni meno strutturate.
4. Stimare il costo della qualit. Una volta effettuate le precedenti misurazioni si dovrebbe
stimare il costo di qualit per l'intera lavorazione. Le prime stime possono risultare basse;
molte aziende trovano che il costo della qualit, prima dell'istituzione di un programma
specifico., costituisca il 15-20% o pi dei costi di vendita.
5. Diffondere la consapevolezza dei problemi di qualit nell'azienda. Rendere partecipe tutto il
personale impiegato delle misurazioni della qualit effettuate e del costo che rappresenta per
l'azienda.
6. Incoraggiare le azioni correttive. Questa la prima opportunit che i lavoratori hanno di
sottoporre ai responsabili i problemi connessi alla qualit per discuterli e risolverli.
7. Costituire un apposito comitato per il programma "zero difetti". Tale comitato indaga il
criterio "zero difetti", ne chiarisce il significato e ne trasmette l'importanza al gruppo di
lavoro sul miglioramento della qualit. Questo comitato programma anche la giornata "zero
difetti", allorch l'azienda e i suoi occupati adottano formalmente lo standard "zero difetti"
nell'esecuzione delle lavorazioni.
8. Istruire i responsabili. Tutti i capi reparto a qualunque livello del management, sono
informati dei casi di "zero difetti" e della rimozione delle cause di errore in modo da poter
fornire adeguate istruzioni ai loro subordinati.
9. Raggiungere la giornata "a zero difetti". In questa giornata tutti gli occupati si impegnano a
ottenere uno standard "zero difetti" nelle proprie mansioni.
10. Fissare gli obiettivi. Sotto la guida dei responsabili, gruppi di lavoratori stabiliscono gli
obiettivi per migliorare la qualit delle proprie lavorazioni.

153

11. Rimuovere le cause di errori. I lavoratori individuano le cause dei problemi di qualit e
richiedono la soluzione di tali problemi all'appropriato gruppo all'interno della produzione
(per esempio all'industrializzazione di prodotto e processo, al settore personale, al settore
acquisti).
12. Premiare i progressi. I senior manager premiano quei gruppi e quegli impiegati che hanno
individuato i problemi e suggerito i rimedi.
13. Costituire un circolo di qualit. Questo circolo costituito dai responsabili in prima persona
che comunicano tra loro ma anche con altri sui problemi connessi al programma di qualit e
su tutto quello che deve essere ancora compiuto intorno a esso.
14. Normalizzare le procedure per il futuro. Il senior management ribadisce l'impegno per
l'obiettivo "zero difetti", per la rimozione delle cause e per i mutamenti nell'atteggiamento
del management, in modo che rimanga viva l'esigenza di qualit e l'impegno per un suo
miglioramento.
Con l'evolversi della gestione della qualit, il collaudo ha perso per molte aziende quel ruolo
primario che aveva nell'accertamento della qualit. Hanno invece ricevuto notevoli impulsi il
miglioramento del progetto e il controllo del processo produttivo. Questo spostamento di
attenzione decisamente in sintonia con il tema del fare bene e farlo la prima volta. Grazie a
ci, la ricerca e l'eliminazione degli errori possono portare un processo produttivo
fondamentalmente stabile a elevati livelli di conformit.
Se la ricerca e l'eliminazione degli errori dipendessero esclusivamente dall'esame dei prodotti
difettosi una volta individuati invece che dall'ispezione dell'intero processo produttivo, la
persona incaricata avrebbe un compito senz'altro arduo. Questa persona perderebbe alcune
informazioni utili e dovrebbe scegliere nell'ambito di una serie di potenziali cause di errori.
Sarebbe necessaria una maggior quantit di tempo per risalire dalla singola manifestazione di
scarsa qualit alla causa che l'ha determinata.
E' quindi interesse di tutti spostare l'attenzione dalla semplice osservazione dei prodotti difettosi
all'esame dell'intero processo produttivo. Questa parte esamina principalmente le tecniche che
possono essere applicate all'intero processo produttivo piuttosto che le tecniche che servono a
distinguere i prodotti perfetti da quelli difettosi. Queste tecniche di selezione campionaria sono
comunque necessarie, specialmente quando si ha a che fare con i venditori, ma le tecniche che
riguardano direttamente il processo produttivo hanno una maggiore efficacia.
Tre quesiti fondamentali vengono proposti qui, ognuno dei quali collegato al problema di
ottenere elevati livelli di qualit. La progettazione del prodotto adeguata? Il processo
produttivo adeguato? Lo anche il controllo?

3.C.3 La qualit nella progettazione


Probabilmente il concetto fondamentale della gestione della qualit quello di "adatto per
l'uso"; tale concetto governa tutte le seguenti tecniche utilizzabili per una corretta gestione della
qualit. "Adatto per l'uso" indica semplicemente il motivo per cui il prodotto, cos come era
stato progettato, soddisfa le concrete esigenze del consumatore. Cosa dire circa il valore che il
prodotto ha per il consumatore? E cosa dire, al contrario, di un prodotto che ha uno scarso
valore per il consumatore?
Sulla base di un'attenta analisi dell'adattabilit all'uso dei prodotti, manager e ingegneri possono
sincerarsi che un prodotto sia stato progettato espressamente per un certo utilizzo. Un prodotto
pu essere sovraprogettato o sottoprogettato e quindi essere inadatto per l'utilizzo al quale il
consumatore l'aveva destinato. Questo stesso ragionamento parte della pi ampia tematica
dell'analisi del valore.
Come pu un nuovo prodotto in fase di sviluppo soddisfare tale criterio generale di adattabilit
all'uso? Molte aziende posseggono una procedura ben definita con cui gestire i loro prodotti

154

nuovi. Le migliori aziende promuovono anche uno stretto e continuo contatto tra le varie
funzioni (progettazione, marketing, produzione, assistenza) che sono direttamente interessate al
lancio dei nuovi prodotti. La natura di questi contatti incrociati pu variare (per esempio con o
senza gruppi di lavoro ufficiali, o manager che svolgono funzioni di interfaccia tra progettazione
e produzione), ma universalmente riconosciuto che stretti e continui contatti favoriscono la
riuscita dei nuovi prodotti. Gli stadi di sviluppo del prodotto, brevemente comprendono:
1. Sviluppo dell'idea e fattibilit. Questo stadio nello sviluppo del prodotto destinato
all'elaborazione delle idee iniziali circa il nuovo prodotto. E' tecnicamente realizzabile? E'
un costo conveniente da sostenere? Questa fase richiede principalmente l'attenzione della
progettazione e del marketing e pu richiedere una grande quantit di tempo.
2. Progettazione dettagliata. Una volta giudicato realizzabile il nuovo prodotto, deve essere
effettuata una progettazione analitica dell'idea cos come era stata originariamente
sviluppata e renderla nella forma migliore per essere prodotta.
3. Prototipo. Date le caratteristiche iniziali del prodotto, necessario costruirne e collaudarne
una prima versione. In questo stadio, il prodotto pu comportarsi in modo insoddisfacente e
rendersi necessaria una modifica dell'idea originale o addirittura una riprogettazione. In
molte aziende il prototipo viene realizzato dalla progettazione; anche se vi possono essere
collegamenti con le procedure e l'attrezzatura della produzione durante la costruzione del
prototipo, di solito il management della produzione non viene direttamente coinvolto in
questo stadio del nuovo prodotto.
4. Prototipo industriale. Qui il prodotto viene valutato in sede di produzione per la sua
fabbricabilit. Di solito, a questo punto vengono introdotte variazioni del progetto per
semplificare il processo di fabbricazione, vengono sostituite le materie prime, si cerca di
adattare le attrezzature e il nuovo prodotto viene inserito nella produzione gi esistente.
Questo stadio pu interessare la sperimentazione di nuovi processi produttivi in impianti
"pilota". Lotti di preproduzione vengono effettuati per cercare di simulare, per quanto
possibile, tutti gli aspetti della fabbricazione del prodotto in un impianto, in modo da poter
individuare in anticipo tutti gli eventuali problemi, invece di attendere l'inizio della
produzione su larga scala.
5. La produzione su larga scala. Questa fase coincide con il trasferimento del nuovo prodotto
sotto la piena responsabilit della produzione, che deve realizzarlo con gli impianti esistenti.
6. Variazioni del progetto a lancio gi avvenuto. Molti prodotti necessitano di variazioni nel
progetto quando queste vengono suggerite dai clienti in base al loro utilizzo o da successive
esperienze a livello produttivo, anche quando il prodotto ha gi raggiunto lo stadio di
produzione su larga scala. Tali modifiche del progetto possono essere minime, ma
richiedono comunque l'esistenza di un meccanismo che le regoli.
In ciascuno di questi sei stadi vi sono strumenti per poter individuare eventuali problemi nel
prodotto in fase di sviluppo. Nei primi stadi sono riesaminati idee e progetti. Successivamente
vengono effettuati i collaudi sul prototipo in diverse condizioni. Vi sono poi i collaudi del
prototipo industriale, alcuni effettuati in casa e altri con i consumatori in prove di mercato. In
tutti i casi, occorre tenere rilevazioni sufficientemente valide dei difetti del prodotto e dei
problemi connessi al processo produttivo.

3.C.4 La qualit nel processo produttivo


Il problema dell'adeguatezza del processo pu essere scomposto nella duplice questione: a)
dell'adeguatezza del sistema di produzione e b) delle stazioni di lavoro individuali comprese nel
sistema. Consideriamo ora questi aspetti. L'invidiabile reputazione di qualit delle principali
aziende manifatturiere giapponesi pu essere sostanzialmente attribuita alla particolare
attenzione diretta al controllo del processo produttivo. In particolare, la loro capacit innovativa
nei confronti della qualit ha riguardato l'intero sistema di produzione.

155

Una serie di controlli dovrebbe essere fatta all'intero sistema di produzione prima che il nuovo
prodotto venga avviato alla linea. Uno di questi controlli il cosiddetto esame delle attrezzature,
durante il quale le nuove attrezzature o i componenti dei vari macchinari vengono formalmente
messi alla prova. Per quanto possibile, tale esame dovrebbe simulare le reali condizioni di
produzione, e le unit prodotte dovrebbero essere sottoposte a un minuzioso esame per
assicurare che le attrezzature o il macchinario lavorino agli standard programmati. Tali esami
sono essenzialmente prove di verifica delle capacit produttive delle stazioni di lavoro
individuali. E' importante anche effettuare alcuni esami delle attrezzature in modo da verificare
contemporaneamente tutti gli aspetti del processo di fabbricazione. Tali esami servono a
scoprire eventuali problemi di qualit che possono sorgere tra una stazione lavorativa e un'altra
o che riguardano componenti o la movimentazione delle materie prime o qualche altro aspetto
del processo produttivo fuori della portata del singolo operaio in una determinata stazione
lavorativa.
A seconda del tipo di processo produttivo adottato, la produzione di qualit dipende in misura
preponderante da un solo particolare aspetto del processo produttivo, rispetto a tutti gli altri.
Ossia, un aspetto della produzione domina sugli altri e, se si ricerca la qualit, tale aspetto deve
essere controllato adeguatamente. La Figura 75 indica quattro tipi di predominanza, i generi di
processi produttivi che sono tipicamente associati a ciascun tipo, e i sistemi di controllo del
processo produttivo che possono essere usati per seguire il corso della qualit nel processo.
Alcuni di questi sistemi di controllo del processo produttivo saranno spiegati in maggior
dettaglio nelle pagine seguenti.
Fattori critici

Processi campione

Sistemi di controllo del


processo produttivo

Attrezzaggi

Diversi lavorazioni per reparti, tipografia

Ispezione del primo e dell'ultimo pezzo

Macchinari

Fabbricazione della carta, imballaggio Grafici di controllo


(per es. lattine di birra), stampaggio ad
iniezione di materie plastiche

Manodopera

Abbigliamento, servizi di fast food, reparti Grafici di controllo


di riparazione

Componenti

Diversi assemblaggi di auto, altri tipi di Collaudo all'entrata, controllo a campione


processo di assemblaggio, fermentazione
della birra

Figura 75 - Qualit e importanza nel processo produttivo, (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Perch il processo produttivo possa dare prodotti di qualit, necessario misurare


periodicamente la sua capacit in modo che il management sia sicuro di comportarsi secondo
quanto progettato e di non allontanarsi da una produzione di qualit. Negli ultimi cinquant'anni
stato largamente usato uno strumento statistico per la determinazione della capacit del
processo: i grafici di controllo per la misurazione dell'adeguatezza di un processo.
La Figura 76 indica un tipico grafico di controllo, in cui alcune misurazioni appaiono sull'asse
delle ordinate Y (per esempio lunghezza e diametro) e vari gruppi di numeri appaiono sull'asse
delle ascisse X. I grafici di controllo che indicano la misurazione di qualche variabile sull'asse Y
vengono definiti "grafici di controllo variabili". I grafici di controllo in Figura 76 mostrano la
media o il valore standard per il processo produttivo e tre deviazioni standard per ciascun lato. I
punti sul grafico di controllo X media sono ricavati prendendo piccoli campioni (per esempio
cinque unit consecutivamente), calcolando la media delle misurazioni per ciascuno di questi e
disegnando tali medie sul grafico. Una volta calcolati i valori, i grafici mostrano il trend delle
medie campionarie.

156

Lunghezza di un componente

24
22
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2

x
xx

x
x
x
xx

Medie dei campioni (lunghezza)

1
24
22
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2

x
xx
x
x

x
xx
x

x
x

x
xx
x
x

x
xx
x
x

Dati grezzi dei campioni scelti

N. dei campioni (campioni di 5 unit)

Limite di controllo superiore


(media + 3 volte le deviazioni standard
della popolazione da medie campionarie

Grafico di controllo X media

Media del processo o standard


(media delle popolazioni di medie di
piccoli campioni

Limite di controllo superiore


(media + 3 volte le deviazioni standard
della popolazione da medie campionarie
2

N. dei campioni

Nota: questo processo sta andando fuori controllo

Figura 76 - Grafico di controllo X media, (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Osservando i grafici, si in grado di stabilire se il processo produttivo sta peggiorando o se in


grado di conservare la sua capacit produttiva. Correlando le diverse variazioni nelle materie
prime, nell'esperienza del lavoratore, negli attrezzaggi, o negli altri aspetti del processo
produttivo con le misure rilevate, si possono facilmente individuare le cause di una cattiva
qualit. Inoltre, esaminando i trend, si pu intervenire prima che la scarsa qualit si manifesti
durante la lavorazione. Il grafico di controllo, quindi, viene usato per separare le origini casuali
di variazioni nella qualit del prodotto da quelle non casuali, o forse meglio dire, croniche (per
esempio gli errori degli operai, difettosi allestimenti o cattiva qualit delle materie prime stesse).
Il grafico di controllo usa i limiti del controllo stesso e le medie su piccoli campioni per
evidenziare la differenza tra eventi casuali e le cause croniche dei problemi di qualit. Fissando i
limiti del controllo a 3 volte le deviazioni standard della popolazione da medie di piccoli
campioni, ci si assicura che le origini casuali indicano falsi allarmi solo nello 0,3% dei casi, dato
che il 99,7% della distribuzione normale cade all'interno di 3 deviazioni standard dalla media.
I grafici di controllo potrebbero essere ricavati per un numero praticamente infinito di
caratteristiche di qualit misurate sull'asse Y. Nella preparazione dei grafici di controllo,
importante distinguere le caratteristiche del processo produttivo che si adattano a essere
associate a precisi difetti e non ci si dovrebbe occupare di quegli altri aspetti che, in base a tutte
le indicazioni appaiono sotto controllo. Le caratteristiche scelte per l'asse Y dovrebbero
logicamente essere associate a precisi rimedi adottabili. Per esempio, i grafici di controllo
possono indicare le percentuali difettose sull'asse Y, come un modo per fornire informazioni
riassuntive sul processo produttivo.
Comunque questo tipo di grafico di controllo, solitamente definito grafico di controllo degli
attributi, deve essere integrato con l'uso di specifiche variabili (per esempio misurazione della
lunghezza, del peso, del ph, della temperatura) nel caso debbano essere verificate particolari

157

ipotesi sulle cause dei difetti. Diversi tipi di grafici di controllo possono essere usati
contemporaneamente, in quanto si completano.
La Figura 77 confronta alcuni delle tipologie principali.
Tipo di
grafico

Misure statistiche
rappresentate sull'asse Y

Caratteristiche

X media

Medie di piccoli campioni di


particolari misurazioni

Il pi comune grafico di controllo; indica variazioni


nella tendenza principale del processo

Misurazioni individuali, non


medie

Meno sensibile del grafico X media; utile solo quando


non possono essere presi piccoli campioni ma
disponibile una sola osservazione

P = frazione difettosa

Molto utile quando necessaria una decisione del tipo


"fare, non fare"; aiuta a capire quando occorre fare
pressioni per il miglioramento della qualit; utilizza dati
qualitativi

Figura 77 - Principali tipi di grafici di controllo, (Tratto da R.W. Schmenner, 1987).

Una volta decise le caratteristiche da analizzare e il tipo di grafico di controllo, il passo


successivo costruire il grafico. La linea mediana del grafico potrebbe essere la media dei dati
passati calcolata sul processo produttivo o un qualche valore standard fissato dalla
progettazione. Le deviazioni standard usate per i limiti del controllo sono generalmente ricavate
dalle medie di campioni passati.
La definizione del piano di controlli deve tener presente il trade-off fra i due tipi di errori che si
possono commettere:
a) errore del primo tipo: rifiutare un campione (o un lotto) quando questo di fatto rispetta le
caratteristiche richieste. Questo talvolta viene chiamato rischio del produttore ed
solitamente indicato da . La probabilit che avvenga questo errore del 5%;
b) errore del secondo tipo: accettare un campione (o un lotto) quando questo non soddisfa in
realt le caratteristiche richieste. Questo viene talvolta chiamato rischio del consumatore ed
solitamente indicato con . La probabilit che avvenga questo tipo di errore del 10%.
Un errore del primo tipo pu costare denaro all'azienda, ma l'errore del secondo tipo dannegger
i consumatori.
L'identificazione dei problemi di qualit attraverso l'uso dei grafici di controllo non ,
naturalmente, sufficiente. Devono essere ricercate le loro cause e prese le relative misure
correttive.
1. I dati come approssimazione della realt. Non c' niente di meglio di una buona e
significativa serie di dati per isolare i problemi di qualit. Talvolta i dati appropriati per
l'indagine su un problema sono ricavati in modo meccanico, come nel caso in cui debbano
essere trascritti su un grafico di controllo. Altre volte i dati che interessano possono non
essere prontamente disponibili. Se questo il caso, il primo capire da dove possono
sorgere i problemi (per esempio particolari tipi di prodotto, specifici segmenti del processo
produttivo) e quanto siano importanti (per esempio se sono decisivi o banali). Una volta
compiuto questo passo, il genere di dati appropriati allo studio del problema solitamente
chiaro. La loro raccolta pu richiedere di: a) misurare gli aspetti del processo o del prodotto;
b) seguire il corso dei difetti e delle loro caratteristiche; c) classificare determinati difetti
sulla base del tempo, delle linee o delle macchine; d) segnalare ogni variazione o particolare
condizione nel processo produttivo e nelle materie prime, nella attrezzatura e/o nel lavoro.
La raccolta di questi dati pu richiedere un investimento nell'attrezzatura di controllo e nelle
procedure riguardanti la qualit. Occorre condurre diversi esperimenti.

158

2. Sistematizzazione dell'indagine. Uno degli aspetti dell'indagine sui problemi di qualit che
stato particolarmente d'aiuto ai giapponesi il cosiddetto diagramma "a spina di pesce", che
fornisce informazioni precise sulle cause e gli effetti dei problemi di qualit in un processo
produttivo (v. Figura 78).
3. Rendere infallibile il processo produttivo. Una volta individuate le cause dei problemi di
qualit, le azioni correttive da intraprendere hanno spesso lo scopo di rendere il processo
infallibile. L'infallibilit pu dipendere da mutamenti nelle tecnologie di produzione, nel
design del prodotto, o nei metodi e nelle procedure. Tale obiettivi di infallibilit pu
richiedere particolari design del prodotto o tecniche specifiche, allarmi o meccanismi di
arresto per le macchine, segnali multipli o codici di identificazione, ingrandimenti ottici e
posti di osservazione a distanza, procedure di conteggio precise, o un insieme di tali
accorgimenti. L'abilit consiste nel modificare il processo e/o il prodotto in modo tale che
l'unico modo di produzione diventi quello di qualit.
Il fatto stesso di allestire e costruire i grafici di controllo sul processo produttivo un tipo di
ispezione. Come si gi osservato in precedenza, tale tipo di controllo deve essere incoraggiato
perch si concentra sul processo produttivo anzich sul prodotto. Vi sono diversi altri tipi di
controllo ciascuno dei quali si presenta con differenti scopi. La Figura 79 riassume alcuni di
questi tipi di indagine e i relativi obiettivi.
Nella molteplicit di questioni riguardanti l'ispezione due sono di particolare interesse:
a) l'accuratezza del controllo; b) la dislocazione delle ispezioni.
L'accuratezza del controllo
Se ampiamente evidente che il prodotto conforme alle sue caratteristiche , l'ispezione non
deve essere eseguita. Molte aziende che lavorano con determinati fornitori dimostrano un certo
grado di affidamento nelle capacit degli stessi fornitori di produrre componenti di qualit.
Quindi, in molti casi, la preordinata ispezione non viene poi eseguita per tali forniture.
Se il processo produttivo si sta comportando bene in base all'utilizzo, per esempio, dei grafici di
controllo, pu bastare l'esame di piccoli campioni di prodotto per determinare se lo stesso
processo produttivo rimane sotto controllo. Talvolta questo viene fatto prendendo un campione
di due prodotti, uno all'inizio di un particolare lotto o giorno di produzione , l'altro alla fine del
lotto o della giornata di produzione. Ogni deviazione all'interno del processo, specialmente a
livello di macchinari, pu essere accertata confrontando i due prodotti.

159

Regolazione della
concentrazione

Tempo di
mescolamento

Tempistica

Tempo
Posizione

Breve
Metodo di
taglio

Posizione
Luogo

Materie prime

Velocit di
concentrazione

Limite di tempo
per lastra

Campionatura
Al di sopra
Spessa

Differenze
individuali

Lungo
Tempo

Vischiosit gomma

Errori di
misurazione

Metodi di
misurazione

Bassa

Calibratura
Sottile

Alta

Metodo di misurazione

Breve

Lungo
Condizioni
di controllo

Tempo

Grado di
vischiosit
Differenze
individuali

Giudizi
affrettati

Mal
calcolati

Mancanza
di abilit

Dosatore
Cambio
di tempi

Mansioni
Esperienza

Manutenzione
scarsa

Non stata capita


Manodopera

Misuratore
di flusso

Velocit
di giro
Mescolatore

Manutenzione
scarsa

Attrezzatura

Figura 78 - Un diagramma a spina di pesce per operazioni di saldatura del battistrada per pneumatici
radiali, (Fonte Cole, contenuto in R.W Schmenner, 1987).
Uso principale

Tecnica applicata

Caratteristiche

Controllo del processo


produttivo

Grafico di controllo

Pu essere usato per esaminare la stabilit del processo rispetto a


variabili rilevanti. Serve a indicare le "deviazioni" dal processo
dovute a cause specifiche, ben individuate. Gli archivi sono spesso
utilizzati per identificare le cause di produzioni fuori standard.
Pu essere usato con dati standard di tolleranza, come base di
confronto per la storia futura delle operazioni.

Selezione degli articoli buoni


da quelli difettosi

Ispezione al 100%

Di solito fatta alla fine del processo ma anche per gli acquisti da
fornitori in fase di campionatura e in precisi punti del processo
produttivo. Spesso utile per mettere a fuoco i progressi
nell'efficacia dei controlli. I tipi di difetti selezionati possono
essere analizzati per fornire indicazioni sul miglioramento del
processo produttivo.

Valutazione della qualit del


prodotto

Verifica del prodotto

Di solito controlli distruttivi, indirizzati alla determinazione della


gravit dei difetti.

Distinzione fra lotti buoni e


difettosi

Controllo-campione

Utilizzato per classificare i lotti di materia prima accettabili o no.


Spesso usato per le successive ispezioni al materiale dei
fornitori. Vengono fatte misurazioni di unit distinte del lotto o
vengono presi esemplari dell'intero lotto e la percentuale difettosa
confrontata con gli standard ricavati dai fatti precedenti.

Controllo del collaudo

Confronto della prestazione


teorica con quella effettiva

I difetti individuati dall'ispezione effettuata (sia da un uomo sia da


una macchina) vengono confrontati con il numero effettivo di
difetti di ci che stato controllato. Pu comprendere anche difetti
"insiti" nel gruppo controllo qualit.

Figura 79 - Tipi principali di ispezione, (Tratto da R.W. Schmenner, 1987)

160

Se invece vi sono scarse informazioni sull'andamento del processo produttivo o sul prodotto,
ogni ulteriore conoscenza dovrebbe risultare da un'estesa campionatura casuale (controllocampione). All'estremo questo significa un'ispezione al 100%, che viene spesso fatta per l'esame
finale di prodotti complessi o nei casi dove noto che la produttivit del processo bassa (per
esempio in gran parte dell'industria dei circuiti integrati). Viene anche svolta solitamente
un'ispezione al 100% di caratteristiche cruciali nei prodotti assemblati.
Il controllo-campione, come notato nella Figura 79, frequente nel caso si abbia a che fare con i
fornitori, sebbene l'obiettivo, naturalmente, rimanga quello di non doverne verificare le
consegne. La sua attrattiva, rispetto all'ispezione al 100%, sta nel costo inferiore.
Per contenere i costi dell'operazione, diversi tipi di programmi di campionatura sono stati
escogitati in modo da evitare lo stesso numero di errori con un costo inferiore. Il caso base del
programma di campionatura definito "campionatura semplice ". In questo programma viene
scelto un unico ma ragionevolmente ampio campione di ciascun lotto e il lotto stesso viene
accettato oppure rifiutato a seconda degli esiti del controllo svolto sul campione.
Generalmente, un modo pi economico di dare giudizi su di un lotto quello di prendere un
primo piccolo campione da utilizzare come parametro di riferimento per accettare alcuni lotti e
rifiutarne altri. Con tale piccolo campione, comunque, vi potranno essere casi in cui i risultati
della campionatura non sono significativi non essendo sufficienti per decidere tra accettazione o
rifiuto. In questi casi, viene preso un altro campione e aggiunto al primo. Questo campione pi
ampio permette di prendere la decisione di accettazione o rifiuto. Tale programma di
campionatura viene chiamato "campionatura doppia".
Questa nozione di campionatura doppia pu essere estesa fino a includere la campionatura
ripetuta che comprende pi di due prelievi di campioni sempre pi piccoli dal medesimo lotto.
La procedura rimane la stessa: accettare o rifiutare per quanto possibile, data la piccola
dimensione iniziale del campione, e continuare a ingrandire il campione fino a essere in grado di
accettare o rifiutare il lotto. Tale programma di campionatura chiamato "campionatura in
sequenza". La campionatura ripetuta appropriata per i flussi di produzione in continuo (per
esempio le linee di imbottigliamento e inscatolamento alla fabbrica di birra Schlitz). In queste
condizioni di produzione vengono effettuati controlli periodici. Se le ispezioni hanno esito
negativo, vengono introdotti criteri di campionatura pi intensivi (o addirittura ispezioni al
100%) per accertare quanto estessa la caduta dei livelli di qualit. Una volta ripristinati livelli
accettabili di qualit, la campionatura iniziale, meno intensiva, viene reintrodotta.
La dislocazione delle ispezioni
Come abbiamo gi visto, le postazioni di controllo sono di solito concentrate sui prodotti finiti,
e in molti casi all'accettazione forniture. L'ispezione spesso una procedura di routine per la
messa a punto dell'impianto. Talvolta, per esempio, i primi pezzi di ogni lotto, dopo un nuovo
attrezzaggio, vengono attentamente ispezionati prima che il resto della produzione possa
procedere. Il posizionamento di altri controlli attraverso il processo produttivo dipende
principalmente dal fatto che il costo marginale non ecceda il beneficio marginale dato dal
controllo stesso. Il rapporto costi/benefici generalmente vantaggioso nelle seguenti
dislocazioni, scelte spesso come postazioni di controllo:
prima di fasi che aggiungono molto valore al prodotto. I prodotti gi difettosi vengono
scoperti prima che si aggiungano altri costi;
dopo operazioni che dimostrano una scarsa resa, per evitare che un costo significativo vada
ad aggiungersi a prodotti gi difettosi;
prima di operazioni che rendono difficile o impossibile un'eventuale riparazione del
prodotto (per esempio prima che la birra venga imbottigliata, prima dell'assemblaggio della
carrozzeria nell'auto o prima che queste vengano verniciate;

L'ispezione potrebbe essere superiore al 100% nel caso di collaudi multipli di tutti gli articoli.

161

nei punti del processo produttivo dove le operazioni di controllo sono relativamente poco
costose. I progressi compiuti nell'automazione delle procedure di controllo, in particolare
grazie all'uso dei computer, stanno rendendo sempre pi facile per i produttori
l'introduzione di pi momenti di ispezione nel processo produttivo. Questo fatto, aggiunto
all'utilizzo dei computer di processo, un esempio incoraggiante dei progressi che pu
portare la tecnologia.

3.C.5 La qualit nell'utilizzo del prodotto


Mantenere aggiornate le analisi sul comportamento dei prodotti consente alle aziende di
utilizzare tecniche per lo sviluppo del prodotto, in particolare nei riguardi dell'affidabilit, della
manutenzione e della sicurezza. Analizziamo ciascuno di questi settori:
Affidabilit. Vi sono diversi modi per misurare l'affidabilit di un prodotto. Il metodo
classico quello del "tempo medio tra insuccessi", ossia il tempo medio che trascorre tra
due successive rotture del prodotto. Altre versioni di questo tipo di misurazione riguardano
il "tempo medio di rottura", che il tempo medio che trascorre prima del primo guasto di un
prodotto, e "il tempo medio fra manutenzioni" che il tempo medio che intercorre tra due
operazioni di manutenzione specifica. Altre misure di affidabilit sono i tassi di rottura, cio
la misurazione del numero di guasti in una data unit di tempo. In stretta relazione con i
tassi di rottura vi sono le misure di "durata" e di "vita media" del prodotto, che il tempo
medio per il quale il prodotto pu essere usato prima di logorarsi o prima che necessiti di
una accurata ispezione. Una variante costituita dal "valore medio di durata", il periodo di
tempo nel quale met delle unit del prodotto si sono avariate.
Tali misure di affidabilit sono importanti nella fissazione degli standard di comportamento
che il prodotto, cos come stato progettato e costruito, deve soddisfare, e anche per aiutare
nella valutazione dei problemi di qualit presenti nel prodotto. Queste analisi di affidabilit
possono portare a una vera e propria riprogettazione per rendere alcuni aspetti del prodotto
"sovrabbondanti" o per cambiare le materie prime o le procedure della produzione per
accrescere l'affidabilit.
Manutenzione. Il concetto di manutenzione si riferisce ai modi in cui il prodotto pu essere
conservato dal consumatore. La misura della manutenzione riferita generalmente al
"tempo medio fino alla riparazione", l'intervallo di tempo fra le manutenzioni, sia
programmate che inattese, e il costo per la manutenzione nel corso del tempo. Cos come
per le misure di affidabilit, tali misurazioni possono essere usate non solo come indicatori
di traguardi da raggiungere in sede di progettazione e fabbricazione, ma anche come
elementi di valutazione nell'analisi di quello che pu riguardare una manutenzione semplice
e poco costosa del prodotto.
Sicurezza. Un soddisfacente grado di sicurezza del prodotto un argomento la cui importanza
non sar mai sottolineata abbastanza. Una corretta gestione della sicurezza significa una
meticolosa analisi del prodotto, del design e della fabbricazione. La sicurezza deve essere
quantificata, cos come l'affidabilit e la manutenzione. Generalmente vengono individuate
diverse classi di rischio, che vanno dal catastrofico al trascurabile. La potenzialit del
prodotto nei confronti di queste categorie di rischio per la sicurezza deve essere
realisticamente valutata, e devono essere sviluppati nuovi progetti e metodi." (Schmenner,
1987, pp. 318-335)

162

3.C.6 Il caso della birreria Jos. Schlitz


"Il reparto Qualit alla fabbrica di birra di Winston-Salem della Jos. Schlitz operava 24 ore su
24 per 7 giorni la settimana e impiegava 32 persone. Il controllo qualit operava i tre distinti
laboratori nella fabbrica: due laboratori chimici (fabbricazione della birra e microbiologia) e un
laboratorio operativo (imballaggio). Accadeva raramente che anche un solo aspetto della
produzione non venisse sistematicamente controllato tutti i giorni. Il controllo qualit voleva
accertarsi non solo che la birra che usciva dallo stabilimento rispondesse agli elevati standard
dell'azienda, ma che il processo attraverso il quale la birra veniva preparata e confezionata fosse
sotto controllo e soddisfacesse sempre i requisiti richiesti. Il controllo di qualit si considerava
come una stazione di primo allarme per il controllo del prodotto e per l'adeguamento del
processo ai requisiti dettati dall'azienda. C'erano pi di una mezza dozzina di spessi manuali,
che indicavano i test e i requisiti per la qualit del prodotto e del processo produttivo.
Il laboratorio sulla linea
Il laboratorio sulla linea di fabbricazione era il pi grande dei due laboratori chimici dello
stabilimento e svolgeva le analisi su ciascun lotto di birra in ogni stadio del processo di
produzione, dallo sviluppo del mosto di malto durante la fermentazione, e l'invercchiamento nel
ruh alle cantine di conservazione. Il laboratorio era suddiviso fra diversi tecnici: tecnici
dell'alcool, tecnici della conservazione in cantina, tecnici dell'acqua, e i cosiddetti tecnici di
processo.
I tecnici di processo erano incaricati principalmente delle analisi chimiche dei campioni presi
dalla produzione di mosto, dalla fermentazione e dalle varie cantine di magazzinaggio. I tecnici
delle cantine di conservazione operavano di pi nell'area di distillazione e nelle cantine di
raffinazione, controllando l'aria e il contenuto di biossido di carbonio e il ph ogni volta che un
barile veniva svuotato e ogni volta che le linee di confezionamento richiedevano un cambio di
marca. I tecnici dell'acqua e di processo si preoccupavano principalmente dei controlli pi
specializzati sulla qualit dell'acqua e degli altri ingredienti (anche se il malto veniva controllato
dallo staff di Milwaukee prima del trasferimento in North Carolina).
Come esempio, si consideri in maggior dettaglio il lavoro di un tecnico dell'alcool. Questi
controllava una serie di aspetti: il peso specifico, l'indice di rifrattivit, il peso originario (la
percentuale di fermenti presenti all'inizio nel mosto), gli estratti reali (l'ammontare dei depositi
solidi nella birra), la percentuale di alcool, il VDK (ammontare di fermenti indesiderabili rimasti
nella birra, il ph (grado di acidit), il colore, la concentrazione di sodio e calcio, il tasso di
amarezza (la quantit di luppolo presente nella birra), la velocit di caduta della schiuma (il
tempo necessario alla schiuma per diminuire di un pollice quando viene versata a una certa
temperatura e da un'altezza particolare), l'aderenza della schiuma (quanto la schiuma aderisce
alla superficie del vetro: pi aderisce meglio ), l'eccesso di torbidezza (il grado di limpidezza
della birra). Per tutti questi test vi erano procedure e requisiti precisi che l'azienda doveva
soddisfare.
Il test per il peso specifico, ad esempio, veniva svolto circa 100 volte al giorno, 30 volte ogni
turno. Ogniqualvolta uno dei serbatoi da 750 barili usati per la fermentazione o per
l'invecchiamento, veniva vuotato per far passare la birra verso lo stadio successivo del processo
di finitura, veniva preso un campione di circa 250 ml. Questo campione doveva essere
sottoposto al test nell'ora o quasi del pompaggio del serbatoio. Tale test durava circa 15 minuti e
comportava: a) il riscaldamento del campione fino a 25 gradi centigradi; b) il passaggio del
campione attraverso dei filtri; c) la riduzione della temperatura a 20 gradi centigradi; d) la
sistemazione di una piccola quantit della birra filtrata in un rifrattometro per determinare
l'indice di rifrattivit; e) il confronto del peso di un'altra porzione di birra con il peso dell'acqua
per determinare il peso specifico. Dati un certo indice di rifrattivit e un certo peso specifico,
dovevano essere calcolati il peso originario, la percentuale di alcool e gli estratti reali.
I risultati di tali test venivano immediatamente trasmessi alla fabbrica, dove potevano essere
adottate misure correttive. Per esempio, se la birra prelevata dal campione si fosse presentata

163

leggera in termini di peso originario, poteva essere combinata con una birra pi pesante presa da
un serbatoio accumulatore cos da far tornare il peso della birra campione sui valori normali.
Nella maggior parte delle situazioni di "non conformit ai requisiti" si poteva rimediare
ricorrendo al ripompaggio e al rimescolamento della birra in questione. Vi erano solo due
situazioni in cui non si poteva intervenire: la mistura di due qualit di birra avvenuta
inavvertitamente e un troppo elevato contenuto di sodio. Quest'ultima condizione era
estremamente rara ma poteva scaturire dall'errata pulizia di un serbatoio. Ogni volta che un
serbatoio veniva svuotato, era pulito con una soluzione diluita di idrossido di sodio,
successivamente neutralizzata con acido fosforico e risciacquata con acqua. Se tale operazione
di pulizia non veniva compiuta in modo appropriato o se veniva inavvertitamente aggiunta soda
caustica al serbatoio, il livello di sodio nella birra risultava troppo elevato e la birra doveva
essere scartata.
Il laboratorio sulla linea era anche incaricato delle analisi della birra che era gi stata distribuita.
La Schlitz impiegava un certo numero di compratori che acquistavano regolarmente della birra
nei negozi di liquori e nei supermarket e la riportavano allo stabilimento per le analisi. Tale
analisi era sostanzialmente un controllo sulla conservazione della birra nel corso del tempo;
venivano svolti test sulla sua limpidezza, sulla durata e aderenza della schiuma e sul sapore. Il
laboratorio di fabbricazione della birra compiva anche un test di abuso su un campione di
produzione di ciascuna settimana. In questo test, nel corso di una settimana diverse lattine e
bottiglie di birra venivano alternativamente riscaldate fino alla temperatura di 140 gradi F e
quindi raffreddate fino al congelamento simulando cos tutti i possibili abusi che la birra poteva
incontrare prima di essere consumata. Venivano quindi condotti i test sulla limpidezza.
Come sorta di controllo sul lavoro del laboratorio, una volta al mese lo staff di controllo qualit
della fabbrica di Milwaukee inviava dei campioni identici a ciascun stabilimento Schlitz per le
analisi. Gli stabilimenti sottoponevano quindi i risultati all'attenzione di Milwaukee, dove lo
staff di controllo qualit del gruppo analizzava i risultati stessi. Lo stabilimento i cui test di
controllo qualit non fossero sufficientemente accurati veniva cos informato e venivano prese
tutte le misure necessarie per migliorare le procedure. Una volta all'anno si svolgeva una
completa revisione delle procedure e delle registrazioni del laboratorio. Un gruppo di lavoro
veniva da Milwaukee per una intera settimana e valutava tutte le fasi del controllo qualit, non
solo nel laboratorio sulla linea ma anche in quelli di microbiologia e imballaggio.
Il laboratorio di microbiologia
Il laboratorio di microbiologia era adiacente a quello di fabbricazione della birra ed era
responsabile del controllo della carica batterica e dei fermenti, in tutti gli stadi del processo
produttivo. In sostanza, il laboratorio di microbiologia doveva controllare che i batteri e i
fermenti presenti nell'acqua usata nel processo, nelle attrezzature (serbatoi, condotte), nell'acqua
dello stabilimento, e nella birra stessa fossero all'interno di limiti predeterminati. Ogni forma di
degrado dell'attrezzatura e dei materiali poteva danneggiare la qualit della birra, e quindi i
controlli da parte del laboratorio di microbiologia venivano effettuati tutti i giorni.
Il laboratorio di imballaggio
Il laboratorio di imballaggio era situato proprio a fianco del reparto. Il suo compito era di
controllare il lavoro di riempimento e imballo di lattine, bottiglie e barilotti. Il lavoro di questo
laboratorio poteva essere diviso nel controllo di tre principali aree: a) le attivit di reparto; b) il
processo di confezionamento, specialmente la chiusura, c) il riempimento di lattine, bottiglie e
barilotti. Controllare le operazioni nel reparto significava, in larga misura, tenere sotto controllo
l'attrezzatura e assicurarsi che stesse lavorando in modo da fornire un prodotto adeguato. I
requisiti critici comprendevano:
l'esatto posizionamento delle etichette senza pieghe sulle bottiglie;
l'individuazione e la rimozione della linea delle lattine e delle bottiglie che non erano state
riempite fino al punto giusto:

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le caratteristiche dei tappi;


l'esatta temperatura e il flusso di acqua nel pastorizzatore;
le perdite dovute a un errato posizionamento dei coperchi sulle lattine e dei tappi sulle
bottiglie;
l'esatta codifica sulle casse, sulle lattine e sulle bottiglie;
il rispetto delle condizioni igieniche nelle operazioni di riempitura e chiusura delle
macchine.
Le saldature venivano controllate ogni quattro ore, quando dodici lattine venivano prese da
ciascuna fila (dodici era il numero di pezzi che venivano chiusi dalla macchina piazzando il
coperchio sulle lattine gi piene). Ciascuna lattina veniva misurata anche con il micrometro, per
verificare per esempio l'altezza e lo spessore delle saldature, la profondit della fresa ecc. La
saldatura veniva analizzata visivamente (per esempio se era stretta o larga).
I coperchi venivano quindi tolti dalle lattine, e le cuciture analizzate con un apparecchio di
ingrandimento per controllare le sovrapposizioni tra la flangia della lattina e il bordo ripiegato
del coperchio. Questo attento esame era un controllo della resistenza della chiusura ermetica
della lattina e della sua capacit di mantenere una chiusura stretta e senza perdite: Venivano
prese anche altre misure fra cui un test sull'esposizione del metallo (un esame dello spessore e
della copertura del rivestimento all'interno della lattina di alluminio).
L'accuratezza dell'operazione di riempitura veniva controllata ogni due ore su ciascuna linea.
Nello stesso tempo venivano scelti tre contenitori per analizzare il contenuto di biossido di
carbonio, la quantit di aria e l'accuratezza della riempitura.
Test sul sapore
Ogni gioved pomeriggio alla fabbrica di Winston-Salem un gruppo di assaggiatori effettuava
un test su campioni di birra Schlitz spediti da tutti gli altri stabilimenti dell'azienda. Il test di
solito consisteva nell'assaggio contemporaneo di tre birre e nella compilazione di una scheda in
cui venivano riportati i risultati rispetto alle variabili rilevanti (acidit, fruttuosit, sapore di
malto ). I risultati di tali test sul sapore venivano confrontati con altri test analoghi effettuati
in altre fasi all'interno dell'azienda. Ogni difetto percepibile in modo chiaro e distinto nella birra
della fabbrica veniva attentamente analizzato e si prendevano misure correttive.
Lo stabilimento di Winston-Salem procedeva al test di altre marche di birra confrontandole con
la birra Schlitz per determinare la qualit e le particolarit della Schlitz. Il gruppo di assaggio
dello stabilimento veniva abilitato ogni anno da parte dello staff di Milwaukee inviando
campioni di birra truccati con additivi chimici in modo da rendere la birra pi aromatica, pi
amara, pi a sapore di malto o in qualunque altro modo che differisse da quello normale. Un
assaggiatore che non sapesse percepire adeguatamente tali caratteristiche veniva eliminato del
gruppo.
La fabbrica di birra di Winston-Salem era orgogliosa della qualit della propria birra e del suo
confezionamento. Ogni possibile parametro circa il sistema di lavorazione o il prodotto veniva
quantificato e controllato ogni giorno. Lo stabilimento era seriamente impegnato ad avvicinarsi
il pi possibile ai requisiti stabiliti dallo staff di Milwaukee." (Schmenner, 1987, pp. 336-340).

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3.D - La produzione senza scorte (JIT - Just in Time)


Le tecniche JIT sono finalizzate:
1. Produrre solo ci che occorre al cliente
2. Produrlo solo col ritmo secondo il quale il cliente ne ha bisogno
3. Produrre con qualit perfetta
4. Produrli istantaneamente: con l'eliminazione del tempo di attesa non necessario
5. Produrre senza spreco di lavoro, di materiali o di impianti: il tutto allo scopo di
eliminare ogni scorta inoperosa e ingiustificata
6. Produrre con metodi che favoriscano lo sviluppo e la professionalizzazione degli
uomini
"Lo scopo della produzione senza scorte o produzione just in time di trovare modi pratici
per creare un'industria capace di avvicinarsi quanto pi possibile a questo concetto di
produzione ideale. Non uno scopo in s, dato che tale ideale non pu essere raggiunto
letteralmente. Ma una guida al miglioramento continuo, a passi prima grandi e poi piccoli, in
un avvicinamento progressivo a quello ideale.
Questo porta a individuare problemi a cui non avevamo pensato e a sviluppare tecniche sempre
migliori per risolverli. E' una costante preferenza di mezzi pi semplici e pi economici per ogni
possibile aspetto della pratica di produzione. Non ha senso sforzarsi di realizzare obiettivi meno
rilevanti, se le stesse energie possono essere dedicate a cambiare la produzione nella direzione
di ci che realmente dovrebbe essere.
Naturalmente la conversione istantanea delle materie prime in prodotto finito non possibile in
pratica. Si pu per trarre qualche vantaggio dallo studio accurato di cosa vorremmo che facesse
un sistema finale, e dalla ricerca di come trasformare il metodo attuale di produzione in
qualcosa che si avvicini il pi possibile a quel che desideriamo.
La scelta di questa filosofia elimina numerosi blocchi mentali, e questo a sua volta comporta
molte nuove tecniche di produzione. Ma la produzione senza scorte pi che un campionario di
tecniche ben definite da adottare. E' un modo del tutto nuovo di concepire la trasformazione
generale della produzione nella direzione della massima semplicit e di escogitare tecniche
originali e ingegnose per farlo. [Di seguito si riportano alcuni esempi di rilevanti differenze
nell'approccio alla gestione della produzione].

Ritmi di produzione al passo col mercato + flessibilit = piccoli lotti di produzione


Produrre solo al passo con la domanda del mercato e senza scorte di produzione significa
costruire parti e prodotti in piccole quantit, produrre cio oggi solo ci che richiesto, niente di
pi. Se le parti sono costruite e convogliate verso l'assemblaggio e se soltanto un'unit di
prodotto richiesta in un determinato momento, allora soltanto un insieme di parti per un'unit
richiesta in quel momento: il lotto ideale quindi l'unit.
Questa una delle affermazioni della produzione senza scorte che pi difficile accettare. E'
facile essere distratti da tutte le attuali limitazioni che non consentono di realizzare lotti unitari,
al punto da finir col pensare che sono pi convenienti lotti maggiori. Il fatto che si lavori con
grandi lotti vuol dire solo che non sappiamo ancora padroneggiare la tecnologia di produzione e
trasporto al punto di fare solo un'unit alla volta, quando la desideriamo.
Se la produzione deve procedere solo al passo col mercato non pi necessaria un'automazione
ad alta velocit. Non c' motivo di svolgere in cinque minuti la produzione di un mese per poi
lasciare inoperosa la macchina nel resto del mese. E' quindi chiaro che non occorre che la
produzione abbia un'alta velocit, quando ci non sia richiesto dalla cinematica del processo, ed
anche in quel caso non detto che non si possa ricorrere ad un processo diverso. La
convenienza economica della produzione a lotti non immutabile, e l'obiettivo della gestione
consiste nel combinare i criteri di convenienza economica nella scelta dei ritmi di lavorazione e

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dei tempi di preparazione e trasporto. La produzione senza scorte consiste nella ricerca di
metodi per cambiare questi parametri, senza darli per scontati.
Migliorare i processi produttivi per produrre bene al primo tentativo: qualit perfetta
Per assicurare nella produzione un flusso di parti in piccoli lotti, la qualit associata ad ogni
operazione deve essere eccellente:
- Non ci devono essere rifacimenti;
- non sostituzioni di utensili o di materiali;
- non sovrapproduzione per compensare scarti normali;
- non scarti di inizio produzione
- non guasti per irregolarit di transito o di manipolazione.
Se questo sar possibile, sar del tutto inutile la ricerca dei difetti, mediante collaudo, a
produzione avvenuta. Per ottenere la qualit richiesta sin dalla prima lavorazione, il processo
deve essere compreso con chiarezza. Si deve cercare un controllo del processo, tale che ad ogni
tipo di difetto possa essere associata una ben precisa causa, di modo che essa possa essere
eliminata. Si tratta di lavorare costantemente per rendere il processo produttivo il pi possibile
esente da errori.
Per ridurre le scorte e i tempi di produzione, siamo spinti a contenere il tasso di errore a valori
minimi non pretendendo che le persone diventino infallibili, ma rendendo le attrezzature e le
procedure quanto pi sicure possibili, quando siano usate da persone normali. Questa tensione
verso la qualit si spinge oltre gli stessi processi fisici. E' uno sforzo costante per ridurre la
varianza (cio l'evento non controllato) in ogni parte della produzione: programmazione,
progettazione ed esecuzione, fino a che gli sprechi e gli errori diventano praticamente
inesistenti. Ancora migliore della pratica di correggere le cause dei difetti che si sono ormai
materializzati, quella di anticiparne le cause e correggerli prima che essi si verifichino.
Ridurre le operazioni di produzione al minimo necessario
Talvolta si sviluppano apparecchiature e sistemi complessi senza una sufficiente visione
preliminare di come fare ci che occorre al momento giusto e senza errore. L'obiettivo di
eliminare le attivit non necessarie e la complessit. Muovere il materiale pi direttamente
possibile dal suo stato presente a quello finito, cosicch ogni movimento gli aggiunga del
valore; questo il comandamento fondamentale dell'ingegneria industriale; esso pu comunque
essere facilmente accantonato se la tradizione lo contraddice.
La meta ideale di una produzione senza scorte porta ad esaminare in dettaglio le operazioni, con
lo scopo di:
- Eliminare gli sprechi di tempo: nulla ristagna.
- Eliminare gli sprechi di energia: azionare gli impianti solo per produrre.
- Eliminare gli sprechi di materiale: convertire tutto in prodotto.
- Eliminare gli sprechi per errori: non rifare le cose.
Non ha senso muovere il materiale da un punto all'altro solo perch esso possa sostare in un
posto differente. Il raddoppio delle manipolazioni costa sia per il trasporto sia per il controllo.
N ha senso eseguire un'operazione di produzione se essa pu essere evitata, e questo vale sia
che si proceda con semplici utensili manuali sia con apparecchiature programmate.
Shigeo Shingo d un ottimo esempio di come si elimina un'operazione non necessaria. Molti
anni or sono stava studiando il modo migliore per rimuovere le sbavature dalle fusioni. Cercava
un modo veloce e diretto per rimuovere il materiale eccedente, senza disturbare le dimensioni
critiche o l'aspetto del pezzo. Poi gli capit di vedere che Daimler Benz usava un processo di
fusione nel vuoto che eliminava la formazione delle sbavature. (Le sbavature sono formate da
metallo che penetra negli spazi previsti fra le conchiglie per lasciar sfuggire l'aria. Se per nella
cavit di fusione viene formato il vuoto immediatamente prima della colata, le parti delle
conchiglie possono combaciare cos bene da non produrre sbavature).
Questo non un caso particolare: tutte le industrie, ovunque nel mondo, sono alla costante
ricerca di operazioni che possano essere semplificate o eliminate ed emergono ogni giorno

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migliaia di casi esemplari, alcuni banali, altri molto interessanti. Il motivo principale per cui non
se ne hanno molti di pi che gli obiettivi della produzione non sempre mirano a realizzarli. La
produzione senza scorte crea un'accurata e costante attenzione alla semplificazione delle
operazioni. Esempi: un impianto di immagazzinaggio sospeso automatizzato rimase quasi vuoto
quando si scopr che lo stabilimento poteva lavorare senza un magazzino: Un convogliatore
monorotaia rimase inoperoso quando si scopr che dei cartoni modificati trasportavano il
materiale con un tempo di transito minore. Una macchina transfer di dodici stazioni, a controllo
numerico, fu eliminata quando si rivel troppo rigida da modificare, in vista di una diminuzione
dei tempi di attrezzaggio.
La produzione senza scorte inizia nella fase di progettazione del prodotto. Un prodotto che
funziona deve presentare non solo le caratteristiche che il cliente desidera, ma deve anche essere
prodotto bene. L'idea di pianificare la produzione durante la progettazione, cosicch ogni
prodotto in produzione occupi una posizione la pi bassa possibile nella curva di
apprendimento. La produzione senza scorte si estende alla progettazione e alla modifica degli
impianti. Gli impianti semplici sono pi facili da modificare e da mantenere. In base alle regole
dell'affidabilit sar pi probabile che gli impianti complessi abbiano lunghi tempi di
inoperosit per guasti difficili da diagnosticare. Questo non vuol dire che gli impianti non
debbano utilizzare le tecnologie avanzate, ma solo che essi non devono essere pi complicati del
necessario. Non necessario un robot capace di tutte le possibili posizioni, se il lavoro consiste
nel posizionamento bidimensionale. La logica di tutto ci ovvia, ma viene spesso dimenticata,
se i tecnici o i dirigenti non sanno cosa deve in realt essere fatto e si mettono al sicuro
adottando strumenti con capacit esuberanti.
La produzione senza scorte guida l'impresa ad uno sviluppo equilibrato degli impianti e delle
operazioni. Concentra l'attenzione della progettazione su ci che pi importante e non su
tentativi che possono tradursi in spreco. Il principio di migliorare innanzitutto le operazioni,
fino a quando non si ben sicuri di ci che veramente necessario, e solo in seguito di
migliorare gli impianti e le attrezzature.

Il livello delle scorte come indicatore dell'efficienza totale


Uno dei modi pi diretti per richiamare l'attenzione sui problemi che impediscono la produzione
senza scorte la ricerca di una riduzione dei livelli di scorte. Se si migliora la flessibilit di
produzione e il controllo del processo, le scorte possono essere mantenute basse.
Pi che ridurre l'investimento in scorte l'intervento opera su un'area molto pi ampia. Quando
un'azienda riuscita a ridurre le scorte a 12 giorni di semilavorati e materie prime, per esempio,
un'ulteriore riduzione del 50% non comporta in genere un grosso vantaggio finanziario sul
livello delle scorte in s: molto pi significativo l'influsso generale di tutti i miglioramenti
richiesti per ottenere quella riduzione. Il livello delle scorte quindi un indice dell'efficienza
complessiva della produzione, le cui conseguenze finanziarie derivano in vari modi dai bassi
tempi di rifornimento, dalle basse frequenze di guasto, dai flussi materiali pi uniformi e dalla
maggiore produttivit.
La domanda giusta non mai Quali scorte occorrono?, ma piuttosto Perch ci occorrono
delle scorte?. La presenza di scorte indice di impedimenti alla produzione senza scorte, e
quegli impedimenti vanno rimossi. Alcuni si possono eliminare agevolmente, altri, sembra, non
possono evitarsi allo stato attuale delle conoscenze: ci nonostante l'obiettivo dei metodi di
gestione delle scorte di obbligare ad un frequente riesame dei dettagli delle operazioni di
produzione, in modo da riformulare sistematicamente i problemi che giustificano le scorte.
Un traguardo importante si raggiunge lavorando senza magazzini attivi di produzione, ma non ci
si pu limitare a questo. Il vero obiettivo di non avere in nessun luogo delle scorte che non
siano attivamente in processo. I termine produzione senza scorte derivato da quest'idea, ma
implica l'attenzione a tutti i problemi che richiedono delle scorte.
Che le scorte siano un simbolo di problematicit universalmente riconosciuto, ma non in modo
continuativo. Per esempio, quando si fa l'inventario fisico, nella maggior parte delle aziende

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manifatturiere, l'esame dei risultati mostra in genere che nelle scorte si sono rifugiati i residui
degli errori di tutti: errori dovuti a compromessi, doppie ordinazioni per essere certi che una
almeno vada a buon fine, scorte di sicurezza per garantirsi da fermi macchina, accantonamenti
di produzione per conflitti mai risolti fra produzione e collaudo e cos via. La sistemazione
contabile di perdite e di materiali non trovati libera l'organizzazione dall'evidenza di errori
passati, ma non fa nulla per evitare la ripetizione futura di quegli stessi errori, e l'eccesso di
scorte mantenuto a causa di tempi di preparazione molto lunghi dello stretto necessario non
viene spesso riconosciuto sotto questa luce.
L'eccesso di scorte non esiste solo nei magazzini: in molte fabbriche quasi ogni operatore si
tiene per istintiva prudenza un piccolo numero di scorte di qualcosa, per l'eventualit che
qualcosa non vada liscia. Piccole scorte di sicurezza, formalmente registrate o non, sono
presenti in molti luoghi per far fronte alle difficolt. I gestori e gli operatori sperimentano una
grossa inerzia a frenare questa tendenza e a concentrarsi su ci che si pu fare per ridurre le
variazioni di produzione - i tempi di arresto e di aggiustaggio non pianificati che sembrano
necessari per contrastare la legge Murphy (Se qualcosa pu andare male, andr senz'altro
male) in tutte le sue angolazioni. Per tagliare il livello delle giacenze si agisce nel senso di
accelerare il flusso dei materiali e di contenere il tempo di transito, con interventi fisici o
procedurali fondamentali per migliorare la flessibilit e il controllo del processo. La direzione
dovrebbe quindi cercare di ridurre la scorte a partire da quelle aree in cui preferisce concentrare
il suo impegno di miglioramento - un centro di lavoro, un reparto, o uno stabilimento ove si
desidera in modo speciale di intervenire attivamente.
Una delle analogie pi comuni per capire questo processo il livello dell'acqua di un torrente:
dove il torrente profondo e la corrente lenta, dove poco profondo la corrente veloce.
L'ideale sarebbe che il medesimo volume d'acqua scorresse a valle con una corrente di uniforme
velocit, in un alveo quanto pi livellato possibile. Normalmente, per illustrare questo punto usa
fare riferimento ad un natante che scende lungo un torrente con degli scogli sul fondo, ma
l'interpretazione deve essere data con cautela. L'obiettivo di rimuovere gli scogli dal letto del
torrente, cosicch il flusso sia sufficientemente uniforme perch un natante lo percorra senza
rischi che si avrebbero se il livello dell'acqua fosse tanto basso da lasciarli emergere. Alcuni
scogli possono essere visti sotto la superficie dell'acqua, altri si vedono sol quando emergono.
Alcuni scogli possono essere facili da rimuovere, altri possono comportare grandi difficolt. Se
si interessati solo alla sicurezza della navigazione , pu bastare la pratica di tenere il livello
dell'acqua al di sopra degli scogli pi alti. Ma pi difficile ricordare che l'obiettivo piuttosto
quello di rimuovere gli scogli e di abbassare il livello dell'acqua.
Un'altra analogia che illustra l'effetto delle giacenze quella di un convoglio di autotreni. Se vi
un intervallo di 500 metri tra ciascuno dei 20 autotreni e il successivo e l'autotreno di testa
guidato ad una velocit costante di 100 chilometri all'ora, l'intervallo tra gli autotreni si
mantiene tutt'altro che costante. Con una distanza simile, un guidatore pu arrivare fino a 100
metri dall'autotreno che lo precede, prima di accorgersi che troppo vicino e rallentare. E pu
anche succedere che l'autotreno che precede possa completamente sparire oltre una curva
quando l'intervallo supera i 500 metri, cosicch il guidatore seguente deve accelerare per
raggiungerlo. L'effetto complessivo pu corrispondere ad un'oscillazione a fisarmonica degli
intervalli tra gli autotreni, al punto che il ventesimo pu trovarsi a frenare completamente o a
dover arrancare con l'acceleratore a tavoletta. Consideriamo lo stesso convoglio di 20 autotreni
se l'intervallo fra due di essi ridotto a 30 metri, con quello di testa sempre a 100 km all'ora.
Ora la sicurezza impone una maggiore attenzione. Ogni guidatore deve curare che il guidatore
che lo segue abbia buoni freni e che quello che lo precede abbia buone luci indicatrici di frenata.
Probabilmente tutte le persone interessate staranno molto attente alle condizioni di tutti gli
automezzi e di tutti i guidatori. Si desiderer che tutto sia in condizioni perfette. Inoltre i singoli
conducenti cominceranno a pensare a modi migliori per controllare l'intero convoglio. Potranno
desiderare di concordare un segnale che indichi quando l'autista dell'autotreno di testa ha in
mente di cambiare velocit, e cercheranno di creare un sistema di segnalazione migliore per
indicare che cosa accade a ciascun veicolo, compreso un miglior sistema di controllo dei

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problemi meccanici di ogni autotreno. Allo stesso modo la riduzione delle scorte obbliga tutti a
portare molta attenzione ai problemi che richiedevano delle scorte, e a pensare a come
organizzarsi usando degli indicatori del buon funzionamento del processo in s (autotreni)
invece che segnali sugli intervalli fra le parti prodotte (scorte).
Molti hanno delle idee errate quando cominciano a considerare la produzione senza scorte
perch occorre del tempo per sviluppare un riferimento mentale adeguato a questo contesto. Per
superare questo problema essenziale aver presente che si procede con modifiche di lungo
termine sul modo di produrre, nel senso di ottenere a poco a poco lo stabilirsi del miglior
sistema di lavoro possibile. Alcune delle pi comuni idee sbagliate sono le seguenti:
- Ci vorr un enorme investimento per ridurre i tempi di attrezzaggio ed aumentare la
flessibilit. E' vero invece che per molti normali tipi di attrezzature la riduzione dei tempi di
attrezzaggio pu avvenire con modifiche relativamente poco costose. Al diminuire di questo
tempo globale, si riscontra che lo stesso tempo che si spende negli attrezzaggi pu
consentire molti pi cambi di produzione al giorno.
- I costi di manipolazione dei materiali cresceranno. La produzione senza scorte comporta
cambiamenti nella disposizione fisica (layout) delle macchine, nella riduzione delle distanze
fra le operazioni, nell'uso di differenti tipi di contenitori, nell'eliminazione di riprese, nel
trasporto di carichi di materiale pi compositi, ed altri cambiamenti fisici che sembrano in
realt progettati per ridurre nel lungo termine i costi di manipolazione.
- La resistenza dei dipendenti sar troppo forte. Sindacalizzati o non, i lavoratori si
mostreranno certo ansiosi e preoccupati se non comprenderanno l'evoluzione desiderata. E
cos molti membri dello staff dirigenziale. Se non si supereranno questi timori, non si potr
ottenere al livello di stabilimento la necessaria conduzione. Se per la direzione cercher di
stabilire il tipo di conduzione necessario per la produzione senza scorte, essa sar sufficiente
a superare la maggior parte delle pi accese polemiche fra lavoratori e direzione.
- Dovremo cambiare il nostro intero modo di pensare perch il nuovo sistema funzioni. In
realt non necessario cambiare la natura fondamentale dell'uomo. La produzione senza
scorte una rivoluzione gestionale e non culturale: come vedremo, la maggior parte delle
idee che la rendono possibile sono gi attuate qua e l negli stabilimenti della maggior parte
del mondo.
- Abbiamo gi troppi problemi per lavorare in quel modo. La produzione senza scorte un
metodo per superare dei problemi. E' molto pi di un sistema di controllo per ottenere un
flusso continuo dei materiali." (R.W. Hall, 1985, pp. 1-15)

3.D.1 Sistema "pull" e Kanban


"La maggioranza delle aziende manifatturiere nel mondo creano programmi di produzione
nell'ipotesi che possano essere eseguiti. Se il lavoro si sviluppa come programmato, esso
procede da un centro di lavorazione a quello successivo previsto dal programma. Questo un
sistema a spinta o pressione (push system): fabbricare le parti e mandarle dove esse
occorreranno, o in un magazzino, spingendo in questo modo il materiale lungo la produzione,
secondo il programma.
In questo sistema la funzione del controllo di produzione di mantenere la produzione in linea
col programma. La maggior parte delle manifatture ha degli scarti tra ci che programmato e
ci che realmente occorre, cosicch il controllo della produzione consiste nel riconoscere questi
scarti e agire di conseguenza. Tre tipi base di azione possono avvenire in risposta agli scarti dal
programma:
1. Fare in modo che l'attivit si riadegui al programma.
2. Sollecitare.
3. Riprogrammare.

170

Delle tre azioni, le ultime due non sono considerate auspicabili. Il loro uso indica che la societ
non in grado di sviluppare un valido programma, oppure non capace di adeguarsi se esso
risulta valido. Di solito si suppone che dovremmo essere capaci di programmare e controllare in
qualche modo uno stabilimento cos come .
Capovolgiamo completamente quest'ipotesi! Quali sono le ragioni reali per cui i programmi
falliscono? Occorrono proprio tutte le scorte programmate? Sono necessari i tempi di
slittamento dei programmi? Cominciamo a lavorare sui problemi pi ovvi, usando proprio il
sistema di controllo della produzione per ridurre il livello delle scorte e identificare gli altri
problemi su cui lavorare.
L'idea generale pu essere applicata ad ogni forma di produzione, ma il sistema si sviluppa
completamente solo con la produzione ripetitiva. Ci implica la stabilizzazione e il livellamento
del programma di montaggio finale, e successivamente la trazione dei materiali verso il
montaggio finale.
Ci che un sollecitatore fa frequentemente in un'officina di tirare i materiali verso il
montaggio finale. In pratica, egli va in un'officina intasata di scorte e diminuisce le interruzioni
nel flusso della produzione dei materiali critici di cui ha bisogno. Le parti prioritarie si muovono
mentre le altre si fermano, e il sollecitatore cerca di coordinare tutte le operazioni cosicch le
parti critiche confluiscano nel montaggio finale il pi velocemente possibile. Egli trasforma
temporaneamente il lavoro di officina in una fabbricazione ripetitiva, ma solo per le parti
prioritarie, lasciando sulla sua scia una vera confusione nei programmi.
Supponiamo che uno stabilimento voglia sollecitare ogni parte, e cerchi di farlo senza far
saltare il programma. Questo non pu essere fatto economicamente, contando su un grande
eccesso di capacit produttiva; cosicch occorre sviluppare in tal senso lo stabilimento, la
programmazione e il sistema di controllo. Per far scorrere fluidamente la produzione, dobbiamo
eliminare gli scarti e gli arresti del macchinario. Per far procedere tutti i materiali lungo la
produzione il pi velocemente e uniformemente possibile, si deve evitare di accumulare scorte
nei punti di strozzatura della produzione (colli di bottiglia). In sostanza si devono fare tutte le
cose previste dalla produzione senza scorte.
Per rendere fluida la produzione, occorre convertire ogni produzione a commessa in
fabbricazione di tipo ripetitivo. Ci richieder forse un gran numero di ritocchi fisicci alle
attrezzature, includendo la riduzione dei tempi di attrezzaggio ma, dal punto di vista del
controllo di produzione, non sar probabilmente cos difficile come pu sembrare a prima vista.
Molte fabbriche (ed interi settori industriali) operano programmando la produzione delle parti
per rifornire dei magazzini dai quali le parti saranno estratte per il montaggio finale. La
programmazione e il controllo di produzione sono ispirati ad un processo a pressione (push
system), eccetto quando si ricorre ai sollecitatori. In ogni modo, per il montaggio finale, le parti
si mandano avanti come in un processo a trazione (pull system). Il materiale tirato man mano
che richiesto. L'idea di cominciare a tirare le parti per il montaggio finale direttamente dalla
fabbricazione il pi a monte possibile. Affinch questo approccio funzioni bene, il sistema di
pianificazione deve operare sostanzialmente come segue:
Determinare in anticipo un piano livellato di montaggio finale. Livellamento in questo caso
significa fare un po' di tutto ogni giorno - un po' di tutto se possibile ogni ora - in lotti di
montaggio tendenti all'unit. Questo aiuta a bilanciare tutte le operazioni che alimentano il
montaggio finale. Le singole parti non vengono richieste in grandi quantit.
Sviluppare un piano principale di produzione basato sul piano finale di montaggio. Il piano
principale di produzione una sintesi, in blocchi giornalieri, del piano finale di montaggio.
Esplodere il piano principale di produzione, usando distinte base per desumere i programmi
livellati delle operazioni di fabbricazione e di sottoassemblaggio, che alimentano il
montaggio finale. Se il piano di montaggio finale richiede un uso livellato e uniforme delle
parti, nell'arco di ogni giorno, allora le richieste giornaliere di parti risulteranno livellate.

171

Su basi giornaliere od orarie, aggiustare il piano di assemblaggio finale per reagire alle
diviazioni dal programma causate da cambiamenti negli ordini dei clienti rispetto a ci che
era stato programmato o da problemi di produzione.
Attuare un sistema di controllo di produzione a trazione (pull system), per muovere le parti
lungo le operazioni di produzione, a soddisfare le richieste fatte dal reale programma di
montaggio finale. Questo sistema dovrebbe:
- Portare la parte giusta nel luogo giusto e al momento giusto.
- Prevenire la dilatazione dei tempi di transito, controllando l'andamento delle scorte di
semilavorati per ciascuna parte e per ogni operazione.
- Prevenire la necessit di mettere scorte in magazzino.

Il termine di sistema a trazione (pull system) indica che il materiale richiamato da chi lo usa,
ovvero che messo a disposizione quando occorre. L'idea fu formulata molto concisamente e
alla buona da un capo reparto della General Motors che disse Non si deve mai far nulla n
mandar via nulla. Si faccia vivo chi ha bisogno qualcosa!.
Questo un ottimo modo di vedere quali parti occorrono realmente e quali no. Se, una volta
completata la produzione, essa accatastata nel punto dove prodotta e nessuno viene a
prenderla, gli operai possono immediatamente constatare che la produzione di una certa parte
deve fermarsi. Se mandata in un deposito o in qualche posto fuori vista, occorre pi tempo per
prendere la stessa decisione (e forse la tardiva consultazione di un prospetto delle giacenze).
D'altra parte se qualcuno richiede delle parti che non sono state fabbricate, anche quel
messaggio chiaramente ed immediatamente capito. Il risultato che la gente vuole avere
sottomano solo ci che occorre, ma non in eccesso, specialmente se lo spazio a disposizione
limitato.
Pensate ad un sistema a trazione (pull system) come ad un condotto che che collega il centro di
lavoro, dove le scorte sono prodotte, al centro di lavoro, dove sono usate. Allora, affinch la
produzione senza scorte funzioni adeguatamente, il sistema a trazione dovrebbe avere due
caratteristiche:
1. Dovrebbe sincronizzare il movimento del materiale col ritmo a cui ritirato per l'uso allo
sbocco del condotto, riflettendo cos nel piano di produzione le fluttuazioni delle domande
di mercato.
2. Dovrebbe contenere entro certi limiti la quantit delle scorte nel condotto.
Se la scorta nel condotto tenuta entro certi limiti, il risultato un sistema a trazione (pull
system) a volume (Figura 80). Questo molto importante per controllare il livello delle scorte
nel circuito produttivo.
Se li processo di alimentazione non
ha alcun luogo per accumulare le
scorte che non sia il condotto, esso
pu solamente produrre e riempire
il condotto quando appare uno
spazio vuoto nel circuito produttivo

Flusso del materiale

Il prelievo del materiale, per luso,


causa uno spazio vuoto nel
condotto. Il materiale avanza nel
condotto per lasciare uno spazio
vuoto allestremit di
alimentazione

Figura 80 - Concetto di sistema a trazione (pull system) a volume fisso, (Tratto da R.W. Hall, 1985)

Al ridursi della quantit di scorte nel condotto e con l'aumento della frequenza delle rimozioni
all'uscita del condotto, il sistema cessa di essere finalizzato al controllo delle scorte. Il prelievo
delle scorte per l'uso diviene un segnale di azione all'altra estremit del condotto, in modo da
assicurare il rifornimento di chi le usa. Questo punto molto importante per gli ulteriori
sviluppi, ma difficile da comprendere di primo acchito.
Il sistema a schede di controllo della Toyota un sistema a trazione (pull system) a volume
fisso. Forse ci sono altri modi per realizzarlo e certamente vi sono altri sistemi a trazione. Il
sistema di trasmissione delle sequenze di montaggio dell'industria automobilistica un sistema

172

a trazione, ma non sempre a volume fisso. In ogni modo per la produzione senza scorte molte
societ hanno finora copiato il sistema Toyota, alcune con l'aggiunta di proprie variazioni. Nel
seguito illustriamo dettagliatamente questo sistema.

Il sistema a schede di controllo della Toyota (Kanban)


Poich la Toyota chiama Kanban l'intero sistema, la gente attribuisce qualche volta alle schede
un potere ingiustificato. Affinch funzioni un sistema a schede, o uno basato su analoghi
segnalatori, esse deve estendersi all'intera produzione. In Giappone, le insegne, i cartelloni e i
tagliandi sono tutti chiamati kanban, ma nella Toyota il termine si riferisce ad una scheda (o
bolla) di movimentazione o ad una scheda (o bolla) di produzione.
Prima che il sistema a schede possa essere attuato, necessaria una sostanziale revisione fisica
delle attrezzature e della disposizione (layout) degli impianti. Devono essere definiti e fissati i
percorsi, cosicch ciascun particolare abbia un percorso definito attraverso la produzione, e
occorre che in ogni stabilimento ci sia un sol punto di rifornimento per ciascuna parte.
Ogni centro di lavorazione deve essere definito e organizzato in modo che le scorte siano tenute
solamente nel centro di lavorazione e non in depositi. Ogni centro deve avere un punto di
stoccaggio in entrata e uno in uscita. le linee di assemblaggio devono avere uno o pi punti in
entrata di stoccaggio, che servano come aree di sosta, dove il materiale va organizzato per
trovarsi esattamente al posto giusto per un facile prelievo durante il lavoro di assemblaggio. In
effetti l'intero stabilimento viene organizzato come se fosse un magazzino. Questo necessario
se tutte le scorte attive devono essere tenute senza confusione presso i centri di lavorazione. Le
Figura 81, Figura 82 e Figura 83 illustrano lo sviluppo della sistemazione dello stabilimento, in
vista dell'uso del sistema a schede. Notate che i fornitori sono considerati centri di lavorazione
spartiti con altre societ, e che il sistema di controllo a schede si estende ad essi proprio come se
essi fossero parte dello stabilimento. Sono usati due tipi di schede:

Linea di assemblaggio finale

Punti di stoccaggio Punti di stoccaggio


in entrata
in uscita
Centri di
lavoro

Fornitori

Fornitori

Figura 81 - Layout per una produzione senza scorte, (Tratto da R.W. Hall, 1985).

173

Scheda di movimentazione. Questa scheda (Figura 84) autorizza il movimento di un


componente tra due specificati centri di lavorazione. La scheda circola tra il punto di stoccaggio
esterno o in uscita dal centro di rifornimento (dove la parte prodotta) e il punto di stoccaggio
in entrata del centro di lavorazione utente. La scheda sempre associata ad un contenitore
standard di parti quando questo spostato al centro di lavorazione che le utilizza. Le
informazioni della scheda di movimentazione includono:
- Il numero di codice del componente.
- La capacit del contenitore.
- Il numero della scheda (Es. n.4, di 5 schede emesse).
- Il numero del centro di lavorazione fornitore.
- Il numero del punto di stoccaggio in uscita di quel centro di lavorazione.
- Il numero del centro di lavorazione utente.
- Il numero del punto di stoccaggio in entrata di quel centro di lavorazione.
Centro di lavorazione 2

Linea di assemblaggio finale

Centro di lavorazione 1

Fornitori

Fornitori

Schede (bolle) di movimentazione. Circolano tra i centri di lavorazione come segnali per
far avanzare contenitori standard di parti
Schede (bolle) di produzione. Circolano nel centro di lavorazione per segnalare la necessit di reintegrare il punto di stoccaggio in uscita con un contenitore standard di pezzi

Figura 82 - Percorso del flusso delle schede (segnali), (Tratto da R.W. Hall, 1985).

174

Centro di lavorazione 1
Punto di
stoccaggio
in entrata

Centro di lavorazione 2

Punto di
stoccaggio
in uscita
Contenitore
standard, pieno
in movimento

Togliere la scheda di
produzione e metterla nel
contenitore. Associare la
scheda di movimentazione.
Contenitore per
le schede del
centro di
lavorazione 1.

Schede di
movimentazione

Contenitore per
le schede del
centro di
lavorazione 2.

Quando si inizia ad usare un


contenitore pieno, la scheda
di movimentazione
riportata nel suo contenitore.

Schede di
produzione

Schede di
movimentazione

Schede di
produzione

Scheda di movimentazione

Percorso della scheda di movimentazione

Scheda di produzione

Percorso della scheda di produzione

Figura 83 - Schede Kanban usate come segnali di trazione (pull), (Tratto da R.W. Hall, 1985).

Scheda di produzione. Questa scheda (Figura 85) autorizza la produzione di un contenitore


standard di parti per rimpiazzarne uno appena prelevato da un punto di stoccaggio in uscita.
Queste schede sono usate solamente al centro di produzione ed al suo punto di stoccaggio in
uscita. Le informazioni sulla scheda di produzione sono:
- Il numero di codice della parte da produrre.
- La capacit del contenitore.
- Il numero del centro fornitore.
DAL CENTRO DI LAVORAZIONE
CHE FORNISCE # 52
VERNICIATURA
PUNTO DI STOCCAGGIO IN
USCITA N. 52-6

PARTE N. A575
MONTAGGIO SERBATOIO GAS
CONTENITORE TIPO 2 (ROSSO)
PEZZI PER CONTENITORE: 20
SCHEDA N. 3 NUMERO DI SCHEDE
EMESSE: 5

AL CENTRO DI
LAVORAZIONE UTENTE
# 52 ASSEMBLAGGIO
PUNTO DI STOCCAGGIO IN
ENTRATA N. 2-1

Figura 84 - Tipica scheda di movimentazione, (Tratto da R.W. Hall, 1985).

CENTRO DI LAVORAZIONE # 52: VERNICIATURA


PARTE N. A 575: MONTAGGIO SERBATOIO GAS
PORTARE AL PUNTO DI STOCCAGGIO N. 52-6
MATERIALE NECESSARIO: VERNICE # 5 NERO NORMALE
STAMPIGLIATURA PY 372
REPERIBILE AL: CENTRO DI LAVORAZIONE 31. REPARTO TRANCE

175

PUNTO DI STOCCAGGIO N. 31 - 18
Figura 85 - Tipica scheda di produzione, (Tratto da R.W. Hall, 1985).

Quando un contenitore di parti selezionato per l'uso dal punto di stoccaggio in entrata, la
scheda di movimentazione staccata e messa in scatola di raccolta. Sar presa e ripartita al
centro di rifornimento come autorizzazione per prendere un altro contenitore di parti. Le schede
di movimentazione, perci, circolano solo tra centri di lavorazione Ciascuna riguarda solo un
particolare componente.
Quando una scheda di movimentazione portata ad un punto di stoccaggio in uscita, per
prelevare i pezzi, la scheda di produzione tolta dal contenitore corrispondente. La scheda di
movimentazione attaccata al contenitore standard, ed riportata al punto di stoccaggio in
entrata del centro utilizzatore per essere rimessa in ciclo.
La scheda di produzione che era stata rimossa sistemata in una scatola di raccolta del centro di
lavorazione che rifornisce. Di volta in volta i lavoratori di quel centro raccolgono queste schede.
Ciascuna scheda di produzione un'autorizzazione a produrre un altro contenitore standard
pieno di parti, per rimpiazzare quello che stato appena prelevato.
Le regole di lavoro usando le schede kanban sono semplici ma rigide:
1. Sia la scheda di movimentazione sia la scheda di produzione devono essere sempre attaccate
al contenitore delle parti.
2. I centri utilizzatori devono sempre prendere i pezzi dai cntri di rifornimento, o attivare i
centri di rifornimento usando le schede di movimentazione. Non trasportar mai un
contenitore senza una scheda di movimentazione.
3. Usare sempre i contenitori standard. Non usare mai un contenitore diverso, n riempire un
contenitore standard con un numero di pezzi non standard.
4. Produrre un contenitore standard di parti solo quando una scheda di produzione staccata lo
autorizza. Attaccare sempre la scheda di produzione al contenitore pieno, quando questo
messo in un punto di stoccaggio in uscita.
Se sono seguite queste regole per l'uso delle schede, il sistema funziona come un semplice
sistema a trazione (pull system) in modo molto semplice, nel senso che tutti i materiali sono
sincronizzati nel passaggio dalle materie prime all'assemblaggio finale.
Il sistema a trazione (pull system) attivato sempre dalla linea o dall'area di assemblaggio
finale. Il reparto di controllo della produzione fornisce il programma di assemblaggio finale.
Pu essere lo stesso piano di assemblaggio finale programmato originalmente, oppure deviare
leggermente da quel piano. Ad esempio, l'industria automobilistica assembla le unit solo su
ordinazione. Si possono quindi avere cancellazioni di ordini che richiedono ritocchi dettagliati
nella sequenza di montaggio finale. Fino a che queste deviazioni non si scostano di pi del 10%
dal programma originale, per un certo giorno, ci sono pochi problemi nell'assorbire i pezzi
necessari per costruire la sequenza finale di unit montata.
Tutti coloro che lavorano nel sistema hanno l'obbligo di procurare le parti a coloro che ne
necessitano. Tutti devono poter andare a prendere quello di cui hanno bisogno, quando accade.
Ci molto importante perch contrasta la psicologia corrente, secondo cui ognuno deve
accaparrarsi delle parti per proteggersi dalle presunte bizzarrie della gente poco attendibile
che le fornisce. Lo sviluppo di un piano deve perci essere molto simile a quello programmato
in precedenza, e tutti i dipendenti devono produrre ci che richiesto. Solo allora il sistema
funziona bene.
Attuando le giuste regole e con una revisione dei percorsi in stabilimento tali da consentire un
flusso diretto senza magazzino, il controllo di produzione procede nel modo seguente:
1. Per soddisfare il loro programma gli addetti del montaggio finale prelevano le parti quando
ne hanno bisogno dai centri di lavorazione che le forniscono.

176

2. Quando molte parti provengono al montaggio finale dai fornitori, pratica corrente che i
carrellisti raccolgano le schede corrispondenti ed effettuino le consegne. Queste schede,
ritornando ai fornitori, indicano la richiesta delle quantit da consegnare con il prossimo
carico.
3. I centri di lavorazione che riforniscono la linea di montaggio finale producono giusto le
quanti di parti necessarie per rimpiazzare quelle che sono state prelevate.
4. Continuando in questo modo, ogni centro di lavoro ritira le parti desiderate dai centri di
lavoro che le forniscono. Questo continua in cascata fino ai fornitori esterni.
5. La spostamento della maggioranza delle schede di movimentazione attuato da chi
maneggia i materiali. I lavoratori usano le schede come un sistema di segnalazione." (R.W.
Hall, 1985, pp. 41-52)

3.D.2 La programmazione livellata


"L'obiettivo della pianificazione nella produzione senza scorte di preparare la realizzazione di
una programmazione livellata. Una programmazione livellata consiste nella distribuzione pi
equa possibile della richiesta di materiale e della richiesta di manodopera. Cio, idealmente
l'azienda dovrebbe avere una distribuzione armonica di ogni prodotto fabbricato, quando la
produzione in corso, in ogni ora di ogni giorno. Gli ideali sono difficili, quindi occorre
accontentarsi di giungere il pi vicino possibile ad essi.
In particolare la pianificazione dei programmi di montaggio finale richiede riflessioni particolari
perch si tratta di punti chiave in base ai quali la produzione livellata. Se le operazioni di
fabbricazione sono fissate in essa per alimentare il montaggio finale con un sistema di trazione
(pull system) allora la programmazione di montaggio finale la chiave che fa scattare il sistema.
Tutta la pianificazione diretta verso il raggiungimento della capacit di sviluppare e mantenere
le programmazioni di montaggio finale livellato. Se queste possono essere sviluppate, possono
altres essere sviluppati i piani di produzione che portano ad esse.
Molto importante: i programmi di montaggio finale sono rifatti pi volte. La pianificazione
approssimata nei primi stadi di sviluppo della programmazione principale di produzione perch
questa usualmente un riassunto in gruppi giornalieri dei programmi di montaggio finale
previsti. Quando le informazioni sulla domanda diventano pi sicure, i programmi previsti di
montaggio finale sono rifatti o corretti, diventando di regola sempre pi dettagliati. I programmi
di montaggio finale che realmente piloteranno il sistema a trazione sono l'ultima revisione e
possono essere sviluppati anche un giorno prima della loro realizzazione.
Vi un programma separato di montaggio finale per ciascuna linea di montaggio finale.
Ciascuno di questi programmi dovrebbe essere livellato, allora la somma di tutti sar livellata.
Quindi, che cos' un programma livellato di montaggio finale per una sola linea di montaggio?
Se la linea di montaggio finale dedicata alla produzione di un solo modello con una distinta
base costante tutto il giorno per ogni giorno, questo un programma livellato, purch non cambi
l'ammontare della produzione. Questo il caso pi semplice. Se si pu fissare per ciascun
prodotto finale un'area separata di ciascun montaggio finale, la pianificazione sar certamente
semplificata. Ci, per, non pu essere fatto abitualmente perch i volumi richiesti per ciascun
modello non possono giustificarlo economicamente. Si rende allora necessario montare pi di
un modello in ciascuna area di montaggio. Per poter ottenere il flusso di materiali richiesto al
montaggio finale il pi livellato possibile, la dimensione del lotto di montaggio dovrebbe essere
la pi piccola possibile. Il lotto di dimensione unitaria l'ideale. Quindi dovrebbe essere
preparato come programma una sequenza mista di tutti i modelli che devono essere montati su
una data linea.
Per poter far ci, deve essere a disposizione il numero totale di ciascun modello (o prodotto) che
sar richiesto per un periodo fisso di tempo. Per esempio, supponiamo che si sia stabilito che il
periodo fisso di tempo sia un mese, e per un dato mese le richieste di prodotti finali siano:

177

modello A
modello B
modello C
modello D
Totale

400
300
200
100
1000

Una sequenza ripetitiva nel montaggio finale che distribuirebbe equamente questi 4 prodotti
ogni giorno potrebbe essere:
A-B-C-A-B-C-A-B-A-D
Questo un ciclo che si ripete ogni 10 unit e con numeri belli rotondi per le richieste , ogni
richiesta di prodotto proporzionalmente rappresentata in ciascun ciclo. Per numeri belli e
rotondo non capitano realmente nella domanda reale, cosicch il problema pu essere affrontato
in due modi:
1. Fare piccole correzioni ai numeri della domanda reale fino a derivarne numeri
proporzionali. Ci possibile producendo sia per magazzino sia per ordine. (Per ciascun
modello, anticipare qualche ordine dal prossimo periodo al presente, o ritardare pochi ordini
dalla fine del presente periodo all'inizio del prossimo).
2. Se gli ordini non possono essere spostati o corretti cos facilmente, allora fissare un ciclo
ripetitivo che sia il pi vicino possibile all'ottimo senza essere troppo complesso da
realizzare. Distribuire il programma ad aggiunta finale non livellata il pi equamente
possibile attraverso il periodo di programmazione.
Se bisogna su una data linea solamente una mezza dozzina di modelli circa, il processo pu
essere eseguito manualmente. Per prodotti che hanno un grandissimo numero di combinazioni
di componenti, come nel montaggio di auto o camion, il processo va eseguito con il calcolatore.
Questi programmi dapprima selezionano gli ordini dei veicoli in varie categorie, o per contenuto
strutturale o per mercati da servire (includendo le date promesse). Poi questi sono assortiti in
una sequenza del montaggio finale, occorre sviluppare i tempi ciclo per ciascun modello. Un
tempo di ciclo il tempo fra il completamento di ciascun modello. Ritornando all'esempio che
utilizza i 4 modelli da A a D, supponiamo che l'area di montaggio lavori un turno, e supponiamo
anche che vi siano 20 giorni lavorativi nel mese:
Richieste mensili

Minuti per giorni


= richieste giornaliere per mese

giorni consentiti
modello A
modello B
modello C
modello D
complessivo

= tempo di ciclo
richieste giornaliere

400/20=20
300/20=15
200/20=10
100/20= 5
1000/20=50

Produrre le sequenze miste di modelli nel montaggio finale significa che una unit dovrebbe
essere completata in media ogni 8,4 minuti. Non soltanto la linea di montaggio deve essere
fisicamente bilanciata per produrre a questo ritmo ma, poich le operazioni di fabbricazione
devono avvenire realmente nel modo pi bilanciato possibile, anche l'intero stabilimento deve
essere bilanciato per produrre a questo ritmo. Qualche volta ci pu essere fatto e altre volte non
si ancora in grado di operare a questo livello.
Lo stadio iniziale della programmazione di montaggio finale consiste nel fissare i ritmi di linea.
Se le linee di montaggio finale devono essere bilanciate e la fabbricazione deve essere bilanciata
per produrre con esse, importante fissare inizialmente il ritmo di linee complessivo per
permettere a ciascuno di pianificare in anticipo i cambiamenti pi significativi nella
configurazione del macchinario e nell'impiego degli uomini. Se il macchinario flessibile e gli
operai sono addestrati a lavorare in molte e differenti postazioni, aumentano le possibilit, per

178

uno stabilimento, di ribilanciarsi per produrre a ritmi complessivi differenti, ma questo


cambiamento non pu essere fatto frequentemente.
La lezione da imparare che occorre stabilire con cura quali modelli possono essere montati o
fabbricati senza rendere impossibili i cambiamenti richiesti in utensili, assegnazioni di lavoro e
flussi di materiali. Quando incomincia ad allargarsi la rete totale che sar influenzata dalla
programmazione di montaggio finale, queste considerazioni si aggravano. La pianificazione
della produzione e lo staff di controllo hanno bisogno di sviluppare e mantenere un insieme di
regole di lavoro per guidare lo sviluppo dei programmi finali; essi devono lavorare regolarmente
con la progettazione e il personale di stabilimento per mantenere il tutto aggiornato.
Facendo e rifacendo i programmi di montaggio finale, inizialmente soltanto grossolanamente e
poi in dettaglio, la priorit va posta nel ritmo complessivo che pu essere raggiunto dalla rete
esistente per la fabbricazione e il montaggio. Il ritmo dovrebbe essere tale da avvantaggiarsi di
qualsiasi flessibilit esistente e disponibile in pratica per la gamma attesa di variazioni di mix di
modello, non appena si materializza. Il programma di montaggio finale, dato giornalmente alle
linee di montaggio per la realizzazione, dovrebbe consentire possibili mix entro lo stesso ritmo
di produzione nel periodo di programmazione.

Accoppiare il programma di montaggio finale con la domanda di mercato


Questo uno degli aspetti della produzione senza scorte di pi difficile comprensione, e molte
aziende hanno affermato che uno dei pi difficili da realizzare.
La quantit di ciascun prodotto o modello da montare deve essere fissata per un periodo di
tempo abbastanza lungo per poter sviluppare una programmazione livellata. Un programma
livellato richiede che il materiale sia tirato nel montaggio finale secondo uno schema abbastanza
uniforme per permettere ai vari elementi di produzione di rispondere ai segnali di trazione. Ci
non significa necessariamente che l'impiego di ogni particolare su una linea di montaggio sia
identico ora per ora in ogni giorno; significa solo che un dato sistema di produzione, dotato di
attrezzaggi flessibili e di una quantit fissa di materiale nel condotto (pipeline), possa
rispondere.
Dal punto di vista della pianificazione della produzione, la produzione senza scorte richiede lo
sviluppo delle capacit di sincronizzare ogni cosa in rapporto al programma finale. Tutti gli altri
programmi servono soltanto da preparazione a questo. Con l'eccezione del montaggio finale, la
produzione reale realizzata in risposta a segnali di trazione e non a un programma. Nel
realizzare la pianificazione per questo tipo di sistema:
1. per prima cosa fissare un ritmo di produzione globale e un mix approssimato di modelli, in
modo che ciascun reparto si prepari in anticipo;
2. entro i confini del ritmo globale fissato, si pu regolare entro alcuni limiti il mix di modelli
che era stato inizialmente pianificato.
Naturalmente, se il mix di modelli pianificato in origine pu essere realizzato in uno stesso
schema giornaliero, l'ammontare di scorte nel condotto (pipeline) pu essere ridotto cos pi che
in ogni altro modo, e ogni cosa pu essere sincronizzata come un orologio. La natura della
domanda di mercato, tuttavia, spesso non permette tutto ci.
Il sistema fornisce un po' di flessibilit per rispondere al mercato effettivo. La prepianificazione
dei programmi di montaggio finale possono iniziare da 3 a 6 mesi prima che i programmi di
montaggio finale da produrre in realt siano dati ogni giorno alle linee. La prepianificazione
eseguita su previsioni, e quanto pi il piano si avvicina alla data di esecuzione, tanto pi
rivisto basandosi su una combinazione di previsioni e domanda reale. I programmi di montaggio
con cui le linee realmente producono dovrebbero rispondere alla domanda effettiva.
La pianificazione della produzione consiste nello sviluppare e nell'affinare un insieme di
programmi di montaggio fissi e uno livellato da cui saranno permesse pi tardi deviazioni. La
durata del tempo richiesto per pianificare la produzione dipende da quanto tempo si richiede per
la sua preparazione fisica e organizzativa. Il periodo di tempo su cui si fissano i ritmi globali di

179

produzione variano da 5 a 25 giorni lavorativi, ma tipicamente ci fatto nel periodo di


pianificazione di un mese.
Se i tempi di attraversamento sono troppo lunghi, o se una decisione deve essere presa per
produrre ora delle parti, basandosi su previsioni in anticipo al programma di montaggio finale,
l'operazione produttiva ritorna al punto in cui necessario tenere delle scorte in qualche posto, e
il sistema opera, almeno in parte, in base a calcoli di richiesta lordo-su-netto, il che non affatto
auspicabile. Esempio: la richiesta di acciaio data molti mesi prima di pianificare un programma
scorrevole. In tal caso il tempo di consegna cumulativo della pianificazione supera l'ammontare
di tempo che pu essere abbracciato dal sistema di produzione senza scorte.
Dal punto di vista delle capacit fisiche del processo di produzione, l'obiettivo di ridurre
talmente le necessit di scorta e i tempi di transito del materiale, che tutte le operazioni possono
essere sincronizzate in qualche modo al montaggio finale. I soli tempi di consegna di
pianificazione richiesti sono quelli necessari per far s che le operazioni seguano il montaggio
finale attraverso il sistema a trazione. La lunghezza di questi periodi di pianificazione una
funzione dell'abilit di pianificare e preparare fisicamente per velocit superiori e cambi di mix.
Le reti produttive possono essere notevolmente sviluppate per ottenere ci, ma il tutto richiede
un po' di tempo anche per le reti in uno stato avanzato di automazione flessibile.
Vi un'altra considerazione da fare. La domanda dei mercati, accumulata su brevi periodi di
tempo, pu indicare grandi variazioni nel mix dei modelli richiesti e anche nella produzione
totale richiesta. Pi il periodo lungo e pi, probabilmente, le variazioni nella richiesta del
mercato saranno livellate, fornendo cos una maggiore possibilit di mantenere il programma di
montaggio finale entro i limiti che possono essere accertati dal sistema a trazione e dalla
flessibilit esistente.
Dal punto di vista del mercato, la lunghezza del tempo per cui rimane congelato il programma
pianificato non deve essere cos estesa da diventare non-risposta. Se la programmazione
realmente congelata, la produzione ha stabilito che i clienti hanno detto ci che vogliono, ed
essi stanno per ottenerlo. Molti produttori servono il tipo di mercato che richiede flessibilit
nella selezione del prodotto fino all'ultimo momento possibile. Tale la natura della
concorrenza di mercato. Quindi, decidere la lunghezza del periodo di programma fisso un po'
un compromesso. Per ottenere un ritmo regolare nella pianificazione e nella comunicazione dei
cambiamenti, si utilizza un periodo pari di calendario.
Ci sono tre differenti tipi di risposte alla domanda di mercato.
1. Produrre per scorte. I clienti ordinano da scorte di prodotti finiti, o le cui unit finite sono
spedite a un sistema di distribuzione.
2. Produrre per ordini. La produzione deve soddisfare ordini di singoli clienti.
3. Produrre per un altro produttore, ma non per scorta. La ditta deve rispondere al
programma di produzione del cliente.
Produrre per scorta. In questo caso, determinare quanto produrre per ciascun modello
differisce di poco dal determinare quanto produrre se il programma non livellato. La
produzione pu essere connessa direttamente a una previsione, o coloro che hanno l'incarico del
sistema di distribuzione dei beni finiti possono stabilire di quanto vogliono incrementare i beni
finiti durante il periodo di programmazione.
La procedura molto simile al dimensionamento di un ordine con ogni sistema. Per, i
pianificatori dovrebbero avere in mente quali prodotti saranno aggiunti alle scorte di beni finiti
in piccoli incrementi - giornalmente nella maggior parte dei casi. Se il magazzino si trova a
qualche distanza dallo stabilimento, la frequenza delle aggiunte dipender dalla frequenza di
trasporti dallo stabilimento. L'effetto netto che le scorte di beni finiti sono ridotte. Si elimina
l'ammontare di scorta tenuta come riserva di giro per ordini di grandi dimensioni. Quasi tutta la
scorta di beni finiti quindi scorta di riserva o scorta di sicurezza. Ci rende molto pi facile il
correlare il livello di beni finiti sopportati col livello di servizio al cliente. L'ammontare delle

180

scorte dovrebbe essere sufficiente ad alimentare le irregolarit nelle spedizioni verso i clienti (e
nelle spedizioni che giungono al magazzino se queste non sono su programma regolare). Il resto
scorta di sicurezza per permettere gli scostamenti fra previsioni e domanda reale, e per il
tempo richiesto alla produzione per rispondere agli scostamenti (Figura 86 e Figura 87).
Mese
Previsione
Rimanenza iniziale
Produzione programmata
Domanda consuntiva
Rimanenza finale

400
100
400
443
57

420
57
463
402
118

370
118
352
335
135

410
135
375
447
63

Obiettivo di livello scorte = 100


Regola di produzione programmata = Previsione + obiettivo di scorte - rimanenza finale
=
420
+
100
57
Figura 86 - Sviluppo del periodo di programmazione della produzione del modello A: caso di produzione
per scorte, (Tratto da R.W. Hall, 1985).

Questo tipo di pianificazione non sconosciuto in un'industria che non abbia ancora deciso di
avventurarsi nella produzione senza scorte. La programmazione di linee di produzione dedicate
al montaggio di un modello o prodotto in questa situazione e il programmare la produzione
fino all'uscita di beni finiti non generalmente considerato difficile. I ritmi di produzione
uniforme presumibilmente fanno concentrare l'attenzione sulla irregolarit nei programmi di
spedizione o negli schemi di comunicazione che causano increspature. Il produttore fa fronte
a ci montando una scorta.

181

500

Livello
di scorte
(in unit)

Un lotto per mese

500

Livello
di scorte
(in unit)

400

400

300

300

200

200

100

Programmazione livellata

100

Scorta di
sicurezza

Scorta di
sicurezza

0
4

12

16

20

Giorni lavorativi del mese

12

16

20

Giorni lavorativi del mese

Una programmazione livellata toglie dai beni finiti quasi tutta la scorta per permettere la produzione intermittente di modelli differenti in
lunghi lotti. Quindi, con una produzione livellata, il livello di scorte in beni finiti quasi tutto scorta di sicurezza per proteggersi dalle
variazioni nella cadenza di domanda giornaliera e dalle deviazioni della domanda consuntiva dalle previsioni. Il grafico sottostante mostra
come il livello di scorte possa apparire, se vi sono spedizioni giornaliere irregolari dai beni finiti.
500

Livello
di scorte
(in unit)

Effetto di spedizioni irregolari

400

300

200

100

Scorta di
sicurezza
0
4

12

16

20

Giorni lavorativi del mese

Figura 87 - Comparazione dell'effetto sulla programmazione livellata di scorte di beni finiti a fronte di
una produzione al mese: esempio di modello A nel caso di produzione a scorte, (Tratto da R.W. Hall,
1985).

Produrre su ordine. Questo caso generalmente pi difficile da trattare. Il programmatore


deve avere una lista di ordini di clienti di mix sufficiente per poter sviluppare programmi di
montaggio finale entro dei ritmi e dei parametri di mix stabiliti da un piano sviluppato per lo pi
su previsioni. La programmazione pi complessa anche perch i prodotti fabbricati su
ordinazione sono anche quelli che hanno una maggiore variet di modelli richiesti dai clienti,
che rendono difficile la scelta dei parametri di variazione di mix quando si pianifica per un
programma livellato.
Quanto pi numerosi sono i giorni di ordini reali inevasi, tanto meglio le selezioni di ordini per
alimentare i programmi giornalieri combaciano con i parametri di mix entro le possibilit della
rete totale di produzione, compresi i fornitori. Nello stesso modo, pi flessibile il controllo del
sistema globale di produzione, minori saranno le restrizioni nella selezione degli ordini per i
montaggi di ciascun giorno.
Avere un grande elenco di ordini inevasi, nell'ottica della pianificazione, significa per anche
avere ordini in mano che non sono in corso di spedizione ai clienti e, dal punto di vista dei
clienti, ordini tenuti per la selezione rappresentano ancora tempi di attesa nei loro riguardi,
proprio come se il materiale fosse accumulato in una coda in un'officina. Ancora una volta, la
soluzione finale una revisione fisica per raggiungere flessibilit e brevi tempi di transito e non
un eccesso di pianificazione.

182

Alcune ditte producono in parte per scorta e in parte su ordine. Esse possono mescolare unit
prodotto per scorte con quelle prodotte su ordine e possono raggiungere un accordo fra
marketing e produzione per accettare alcune unit extra nella scorta di prodotti finiti, se queste
sono utili a generare una programmazione livellata. Nel caso di una ditta completamente dedita
alla produzione su ordine vi pu anche essere la tentazione di aggiungere alcuni dei modelli pi
popolari da costruire in anticipo sul programma se questo pu contribuire a mantenere il mix
producibile: questa una pratica pericolosa in quanto pu ledere il principio di collegare il
montaggio dei prodotti alle esigenze del mercato.
Nel caso in cui non consentita la produzione per scorte, lo sviluppo della programmazione
consiste nel trasformare la successione degli ordini arrivati in una programmazione livellata per
il montaggio finale senza nessuna unit di scorte che ne agevoli il compito. Ci ci introduce nel
cuore di quello che di solito l'attivit, piuttosto complessa , del trattamento degli ordini in una
impresa. Se la trasformazione di ordini in programmi deve essere realizzata in modo efficiente,
dovrebbe iniziare il pi presto possibile dopo l'arrivo degli ordini, ma ci dipende dalle politiche
di vendita e dalle abitudini commerciali che influenzano gli ordini in arrivo. Per esempio:
1. Quanto tempo necessario per accreditare assegni o conferme di credito e qual
l'ammontare dell'insoluto?
2. Quanto richiesto per inserire un ordine nella scheda necessaria alla pianificazione del
programma? L'ordine deve essere controllato per valutarne la consistenza e la completezza?
Deve essere controllato per verificare la flessibilit tecnica o la disponibilit di materiale?
3. Quali sono le politiche in caso di variazioni o cancellazioni? Quale percentuale di ordini
inevasi stabile?
4. Quale flessibilit vi nell'assegnamento delle date di consegna o nelle attivit per
effettuarle?
5. Quante varianti vi sono nella distinta base del prodotto? Una variazione definita come una
combinazione di specifiche determinata dalla natura dell'ordine, ma la combinazione non
specificata in dettaglio dal cliente. Un buon esempio costituito dalle industrie
automobilistiche in cui le vetture di esportazione devono essere equipaggiate in modo da
adeguarsi alle regolamentazioni del paese di destinazione. Questo pu influire su un gran
numero di particolari e sottogruppi, ma la variante un pacchetto fisso per un dato scopo.
Le stesse condizioni si applicano ad apparecchi elettronici o apparecchiature che sono
esportate, o per prodotti industriali che hanno differenti specifiche standard per industrie
differenti.
6. Quante varianti sono permesse e quale la loro natura? Alcune varianti sono costituite da
componenti e sotto gruppi specificati dal cliente. Se i clienti hanno la facolt di specificare
varianti soltanto in pacchetti e non in ogni possibile combinazione, questo ovviamente
semplifica la selezione degli ordini che si combinino entro il mix di parametri disponibile da
una data programmazione livellata. Ancora, alcune varianti possono essere semplici hang
ons mentre altre generano un grande effetto di disturbo per il numero totale di parti
differenti e combinazioni di sottogruppi che devono essere permesse nel mix per poter
essere accolte.
Queste politiche, a altre simili, influenzano la stabilit degli ordini inevasi e anche il numero di
ordini che sono realmente disponibili e su cui si basa lo sviluppo della programmazione. Una
lista di ordini per 60 giorni significa poco se soltanto ordini per 10 giorni sono in condizione di
essere assegnati alla programmazione.
Molto stato fatto a proposito della impossibilit di combinare variazioni di prodotto con una
programmazione livellata di produzione senza scorte. Ci che pi importa come affrontare le
variazioni piuttosto che le complessit del prodotto stesso. A causa dei paesi serviti in
esportazione, uno stabilimento di montaggio Toyota possiede un maggior numero di varianti di
prodotto da servire di quante ne possegga uno stabilimento di montaggio americano, ma
possibile affrontare pacchetti standard in uno schema di vendite probabili in un mix di
programmazione fattibile. E' invece fastidioso avere un grande numero di varianti che i clienti

183

possono specificare in combinazioni che influiscono pesantemente sulla distinta base. La


Toyota, tuttavia, ostacola i clienti nell'ordinare i pacchetti di varianti, poi tenta di trasformare
ci in un vantaggio di marketing attraverso dei costi bassi piuttosto che farlo passare come uno
svantaggio di marketing.
E' anche importante il modo con cui arrivano gli ordini. Se le procedure di vendita sono tali che
l'arrivo degli ordini ha un picco a fine mese, il processo di sviluppo della programmazione deve
tenerne conto. Avere ordini per molti giorni tutti in una volta significa che alcuni di quegli
ordini avranno un ritardo nella consegna. I programmatori devono quindi immaginare anche
come affrontare le rimanenze degli ordini inevasi. Sia il servizio al cliente sia l'efficienza
produttiva sono realizzate meglio se si ha uno stabile elenco di ordini da evadere, a meno che gli
ordini introdotti a ondate non costituiscano un aspetto naturale del mercato da servire.
Lo stesso vale nel caso in cui gli ordini per particolari modelli arrivino a ondate, facendo s che
l'elenco degli ordini da evadere renda difficile la selezione del mix di modelli. Per esempio, gli
ordini di flotte di veicoli, gli ordini governativi per equipaggiamenti elettronici, gli ordini
specifici per grossi progetti edili non si accoppieranno con il mix programmato, cosicch il
tempo di consegna degli ordini dovrebbe essere abbastanza lungo perch la fabbrica e i fornitori
possano pianificare i cambiamenti richiesti.
Produzione per un altro fabbricante. Nel caso di prodotti spediti direttamente ad un altro
fabbricante, la migliore soluzione sarebbe che entrambe le ditte adottino la produzione senza
scorte con la programmazione strettamente legata. Per questo non pu essere sviluppato molto
rapidamente. Se la ditta fornitrice lavora con programmazione livellata, ma non cos lavorano i
suoi clienti, non vi altro mezzo che interfacciare la richiesta del cliente con la programmazione
livellata costruendo scorte di prodotti finiti. Quasi tutte le ditte fornitrici che utilizzano la
produzione senza scorte hanno sempre dei simili clienti. E' necessario costruire qualche scorta
per far fronte a richieste di consegne massicce. E' una buona idea fissare una politica con tali
clienti circa le dimensioni del magazzino dei pezzi da tenere a loro disposizione. Questa politica
dovrebbe avere l'obiettivo di precludere al cliente di inoltrare richieste alla produzione che
possano distruggere la programmazione livellata. Se non fosse per la protezione della
programmazione livellata, questa politica non si distinguerebbe affatto da una gestione della
produzione con scorte.
Anche se tutti i clienti industriali di un'impresa producono in lunghi lotti che durano settimane,
un'impresa fornitrice pu ancora produrre secondo una programmazione di montaggio livellata
con mix di modelli. Le ragioni per fare ci risiedono nei benefici interni dovuti al
miglioramento delle operazioni. Comunque, questa ditta avr un incentivo nel tentare di
modificare il suo macchinario per gestire grandi variazioni nel mix di modelli.
Anche se l'impresa fornitrice serve clienti industriali che producono con programmazione
livellata, desiderer avere il pi grande mix possibile di modelli e forse sar anche in grado di
variare frequentemente i livelli di uscita.
La ragione di ci risiede nelle variazioni dei modelli negli stabilimenti del cliente. Un fornitore
che fornisce particolari soltanto per la met dei modelli in un mese di programmazione livellata
pu facilmente confrontarsi con variazioni giornaliere di 15-20% in volume entro il mix
richiesto. Finch non si prenderanno misure adeguate di controllo, questa variazione si amplier
non appena si scenda attraverso numerosi stadi produttivi e attraverso una serie di fornitori.
Il modo per controllare tali variazioni inizia con la selezione dei particolari che un fornitore
deve fornire ad una programmazione di ciascun cliente con produzione senza scorte. Se lo
stesso stabilimento fornitore fornisce varianti dello stesso particolare per tutti i modelli in una
programmazione livellata del cliente, il fornitore, come minimo, non vedr pi variazioni di
quelle permesse nella programmazione del cliente. Minori sono le possibilit del fornitore di
inseguire il cliente attraverso il sistema a trazione, tanto pi le operazioni tra le due imprese
dovranno essere compensate dall'alzarsi e dall'abbassarsi di una scorta tenuta in qualche posto
fra di loro.

184

Molte imprese e molti stabilimenti servono molteplici fonti di domanda per fornire su ordini,
per scorte e per fornire altri produttori. Alcune industrie hanno problemi particolari nel
coordinare gli ordini fra di loro. Per esempio, i produttori di calcolatori generalmente desiderano
coordinare la spedizione del calcolatore principale con quella di tutte le unit periferiche per far
arrivare contemporaneamente il tutto alla sede del cliente, in modo tale che i sottosistemi non
entrino neanche negli stabilimenti del fornitore o diventino una parte diretta della
programmazione del montaggio finale. Se la complessit del mercato servito troppo grande, la
difficolt nel generare una programmazione livellata diventa eccessiva. Questo costituisce un
buon argomento per riflettere su ci che necessario per avere uno stabilimento indirizzato agli
scopi della produzione senza scorte.
Infine, il problema di convertire la domanda in una programmazione di montaggio finale che
possa dare inizio ad un sistema di pull un problema che si aggiunge al lead time nei riguardi
del fornitore. Come per molte altre cose relative alla produzione senza scorte, non difficile
capire come preparare una programmazione livellata, ma difficile semplificare le cose per
poterla realizzare.
Riprogrammazione del programma di montaggio finale
In un certo senso, nessuno stabilimento mai programmato; esso soltanto riprogrammato. Una
programmazione di montaggio finale dovrebbe essere realizzata all'unit, ma a volte gli eventi
ne impediscono la realizzazione. Gli ordini sono cancellati, i camion si guastano, gli stampi si
rompono inaspettatamente a dispetto dei migliori programmi di manutenzione preventiva.
Quindi, spesso necessario rielaborare un blocco incompleto di programmazione di montaggio
finale livellato.
Questo capita tutti i giorni alla programmazione di montaggio finale negli stabilimenti
automobilistici. Se si scopre che una scocca ha delle parti in lamiera difettose prima di entrare in
verniciatura, questa unit deve essere estratta dalla sequenza per il resto del montaggio. Infatti la
sequenza di montaggio finale pianificata non fissata fino a 3-5 giorni prima della sua
realizzazione, e avvengono aggiustamenti minori se sorgono dei problemi. (Bisogna ricordare
che il livellare una programmazione significa produrre secondo un livello di programmazione
pianificato; non significa che la programmazione eseguita sempre all'unit). Alcune volte la
programmazione ritarda e il personale deve lavorare in straordinario. Eseguire una
programmazione livellata significa finire il numero totale di unit originariamente
programmato, aderendo il pi possibile allo schema originale del mix di modelli.
Se la domanda cala all'improvviso, il numero di ore lavorate pu essere diminuito e pu essere
adattato a uno schema di mix leggermente rivisto, ma in nessun caso il numero totale di unit
lasciato incompleto al termine di un periodo di programmazione dovrebbe essere significativo al
punto di richiedere una revisione del piano base per il periodo successivo. Se ci permesso il
sistema degrader.
Lo scopo della riprogrammazione consiste nel completare le unit pianificate per la settimana o
per il periodo di programmazione prefissato nonostante il sorgere di alcuni ostacoli. Se ne ha un
esempio con lo stabilimento Kawasaki a Lincoln, Nebraska. Lo stabilimento possiede scorte per
due-tre giorni di particolari provenienti dal Giappone e questi particolari hanno un tempo di
consegna di circa 6 settimane e un lungo tempo di trasporto. Ogni tanto un particolare per un
dato modello non arriva. Allora quel modello deve essere estratto dalla sequenza di montaggio
finch non sia possibile produrlo di nuovo. In questo caso il responsabile del controllo della
produzione ricalcola manualmente una nuova sequenza di montaggio per quel giorno. Non
appena il particolare arriva (di solito entro 24 ore) il responsabile rivede ancora la sequenza di
montaggio per aumentare la frequenza di montaggio del modello che era stato tolto dalla
produzione per un giorno. Il processo di programmazione di una linea viene effettuato
normalmente in circa mezz'ora. Questa pratica comunque non auspicabile. Non bisogna
costruire un sistema soltanto per risolvere una crisi; esso dovrebbe anche facilitare uno studio
dettagliato su come prevenire il ricorrere delle crisi.

185

Il processo di pianificazione della produzione che porta alla programmazione di


montaggio finale
Il sistema di pianificazione dei materiali evolve verso la programmazione di montaggio finale
nel tempo. E' difficile descrivere questo sistema senza un esempio, ragion per cui ci varremo di
quello tipico dell'industria dell'auto giapponese. Ogni impresa con produzione senza scorte, in
ogni tipo di industria, possiede uno schema di pianificazione abbastanza simile. Ci saranno delle
differenze in questi sistemi se un'impresa lavora su ordine, o per scorte, o fornisce un altro
produttore, ma le differenze non vanno oltre il punto in cui gli ordini effettivi sia per scorte sia
per clienti devono essere convertiti in una programmazione. Nei primi stadi tutte le
pianificazioni si sviluppano da una previsione (Figura 88).
Stadio di
pianificazione

Scopo

Piano a lungo
termine

Pianific. di nuovi prodotti e modelli


Pianificazione risorse
Pianificazione cambi di sistemi

Piano di
produzione

Pianificazione utensili e materiali


Pianificazione fornitori
Manodopera totale

Programma
principale di
produzione

Sviluppa dati che si evolvono nel


tempo nella programmazione di
montaggio finale. Origina le
allocazioni principali di manodopera

Programmi
analitici di
fabbricazione

Programmazione del
momtaggio
finale

Orizzonte di
pianificazione

Ciclo di
pianificazione

3-5 anni

da 6 mais
a 1 anno

1 anno

Schema

Sviluppato da

Indefinito

Previsioni e
politiche societarie

1 mese

Riassume in gruppi
mensili per modello
o famiglia

Piani a lungo
termine e previsioni
analitiche

3-6 mesi *

1 mese *

Riassunto della
programmazione
attesa di montaggio
finale in gruppi
giornalieri

Piano di produzione,
previsioni analitiche
e ordini da eseguire.
Alcune volte dal
sistema di beni finiti

Pianifica in anticipo i supporti


richiesti per alimentare la
programmazione finale pianificata:
Pianificazione di reparto
Pianificazione fornitori
Pianificazione trasporti
Manodopera, ecc.

3-6 mesi

1 mese

Quantit, tempi ciclo


e livelli di WIP per
ciascun giorno
identico dei blocchi
di tempo della
programmazione di
montaggio finale

Esplosa dalla
programmazione
di produzione
principale

1 Si uniforma alla domanda di


mercato.

2-5 giorni

Giornal. **

Una sequenza di
unit finali da
montare ogni giorno.
Ripetizione di
sequenze, tempi
ciclo e dati necessari
per produrre la
programmazione
livellata

Raffinata con
feedback basati sulla
programmazione di
produzione
principale e sulle
programmazioni di
fabbricazione
pianificata

2. Innesca il sistema di pull di


controllo.
3. Livella il processo di produzione.

* Vi possono essere tempi e orizzonti pi brevi per i piani di cambiamento di mix pere quelle ditte che li hanno.
** L'orizzonte e il ciclo possono essere un po' pi lunghi se un'impresa produce solo per scorte. Tutto dipende dal ciclo di
pianificazione del sistema di beni finiti.

Figura 88 - Esempio di una tipica programmazione di produzione per produzione senza scorte (Tratto da
R.W. Hall, 1985).

La pianificazione a lungo termine non segue sempre lo stesso schema. Essa viene normalmente
realizzata per pianificare nuovi prodotti o risorse produttive.
Il piano di produzione normalmente il primo piano per il materiale. Generalmente ha un
orizzonte di pianificazione di un anno e spesso poco pi di un insieme di previsioni rielaborate
per ordinare materiali grezzi o attrezzaggi con lunghi tempi di consegna. E' anche la base di
pianificazione con i fornitori. Gli accordi con i fornitori sono riprogrammati normalmente ogni
sei mesi, in base a previsioni aggiornate.
La programmazione della produzione principale il riassunto in spezzoni giornalieri delle
quantit, per ciascun modello, che ci si aspetta siano costruite nella programmazione del
montaggio finale. Pu essere configurata come una serie di schede di lavoro che diventano

186

sempre pi dettagliate finch evolvono nella programmazione del montaggio finale. Essa ha un
orizzonte di pianificazione da tre a sei mesi:
- Di solito viene pianificata in blocchi di 10 giorni, o spezzoni, in ognuno dei quali il
programma identico, o abbastanza identico, in modo che ogni giorno si possa produrre
senza preoccupazioni relative a variazioni di piani della manodopera o del macchinario per
ciascun centro di lavoro.
- Essa generalmente ripianificata su un ciclo di pianificazione mensile. Il primo mese
generalmente congelato e in corso. Pi precisamente, il blocco di 10 giorni in corso
congelato, e cos pure il successivo, il terzo pu essere congelato, a seconda del momento
del mese. La parte congelata della programmazione un riassunto dettagliato per voce
finale.
- Il secondo mese consiste di due o tre ulteriori blocchi di 10 giorni di pianificazione,
riassunti giornalieri per modello delle programmazioni proposte del montaggio finale.
- Il terzo mese e i mesi successivi consistono nel piano iniziale del montaggio finale
dettagliato per modelli o per famiglie di modelli quale riassunto della quantit del
montaggio giornaliero.
- Molti pianificatori sviluppano manualmente la programmazione principale, aggiungendo
sempre pi dettagli, per cui subentra la necessit di un calcolatore. Questo vale nel caso in
cui i pianificatori tentano di valutare molti differenti tempi di cicli di montaggio per
differenti modelli.
- Nella maggior parte delle imprese, i momenti di introduzione di un nuovo modello o di una
produzione di serie di prova e i momenti di introduzione di modifiche di progettazione, sono
pianificati come parte della programmazione principale.
Le programmazioni di produzione sono sviluppate con l'esplosione delle programmazioni
principali di produzione mediante l'uso della distinta base. Poich la programmazione di
produzione principale giornaliera identica per ciascun giorno del blocco di dieci giorni, le
programmazioni di fabbricazione sono le stesse per ogni giorno entro ciascun blocco di dieci
giorni. Quindi il pianificare richiede sfalsamenti di tempo come con l'MRP. (La caratteristica
chiave dell'MRP il programmare a ritroso la fabbricazione e gli acquisti dalle date di
consegna. L'esplosione dei prodotti usata con altre forme di pianificazione del materiale).
- Ci che ne risulta un insieme di programmi di fabbricazione, uno per giorno fisso
ricorrente dei 10 giorni pianificati, oppure uno per giorno del mese incluso nel programma
principale di produzione.
- Lo scopo di queste programmazioni di permettere alla fabbricazione, al montaggio dei
sotto gruppi, ai collaudatori dei fornitori di essere informati in anticipo sull'obiettivo della
programmazione che deve essere realizzata. Una parte importante di informazione la
velocit dei cicli pianificati per la produzione. Ci permette la prepianificazione del posto di
lavoro, della manodopera e l'organizzazione degli attrezzaggi richiesti per bilanciare le
operazioni, spostare il materiale ed eseguire la manutenzione preventiva.
- La pianificazione delle capacit generalmente proviene dai dirigenti del reparto che
revisionano queste programmazioni e che determinano se possono organizzare il loro
reparto per realizzare il programma. Ci generalmente ha uno scopo un po' differente da
quello di un'officina che lavora a commessa dove la pianificazione delle capacit un
paragone fra il carico previsto e le capacit dei centri di lavoro.
La pianificazione avanzata per la produzione senza scorte dovrebbe assicurarsi capacit in
eccesso rispetto a quanto richiesto e bene in anticipo rispetto a questo stato di
pianificazione, permettendo cos periodi di macchine libere per manutenzione e messa a
punto. (I responsabili di reparto dovrebbero tenere riunioni regolari di programmazione per
discutere lo stato di preparazione del proprio reparto a lavorare secondo le richieste della
programmazione provvisoria).
- I pianificatori possono avere la necessit di rivedere la programmazione principale se le
informazioni contrarie dei dirigenti indicano delle difficolt nell'esecuzione della

187

programmazione. Ma il punto di arrivo la flessibilit per ridurre la frequenza delle


revisioni.
Questi programmi sono anche inviati ai fornitori e vengono discussi con loro. In Giappone i
programmi dei fornitori devono essere sviluppati in un insieme di quantit attese giornaliere
e di orari di arrivo per ciascun particolare.
Allo stesso modo, le quantit pianificate di consegna e gli orari devono essere mandati alle
ditte di trasporto per la loro pianificazione. E' anche importante la capacit di trasporto; pu
essere necessario aumentare o diminuire la frequenza della consegna fra stabilimenti e di
rivedere la programmazione dei camion per evitare arrivi raggruppati di autocarri allo stesso
stabilimento.
Questi programmi di consegna includono anche i programmi di consegna su base frequente
da parte di molti fornitori di materiale grezzo. L'acciaio pu essere consegnato con una
frequenza che va da due volte alla settimana fino ad una volta al giorno.
In modo analogo si deve considerare lo schema di movimentazione di materiale atteso
all'interno dello stabilimento, per essere sicuri che i movimentatori abbiano un carico
livellato e che gli spostamenti di materiali non si arrestino per congestione in momenti e
posti diversi.
Come conseguenza di questa pianificazione, un'attivit molto importante consiste nello
stimare i livelli di scorta di capitale circolante (work in process) necessari a sostenere il
piano e i volumi nel condotto (pipeline) fra stabilimenti e fra centri di lavoro all'interno di
stabilimenti. A questo, a volte, viene data la definizione di pianificazione della profondit
del processo, un'analogia fra le scorte e la profondit dell'acqua in un fiume. Ci pu essere
fatto per approssimazioni successive a partire dai pi alti livelli dell'impresa, che diventano
pi dettagliati non appena la pianificazione si fa pi vicina a ciascun stabilimento.
La profondit del processo cos strettamente legata alla capacit di ciascun reparto di
lavorare efficientemente, che l'ente di controllo della produzione pu soltanto emettere
suggerimenti sui livelli di scorta. I dirigenti del reparto e i capi devono regolare i livelli del
work in process per ogni particolare per mantenere l'attuale livello dei problemi ed ottenere
miglioramenti nei loro reparti.
La programmazione di fabbricazione pianificata avverte solamente i reparti dell'impatto
della programmazione pianificata di montaggio finale su ciascun particolare. La
fabbricazione reale ha luogo in risposta al segnale di trazione proveniente dal montaggio
finale. I programmatori devono considerare che i reparti di produzione useranno questi
programmi per preparare la movimentazione del materiale, i programmi di utensileria, la
manutenzione preventiva, la routine di controllo qualit, la configurazione dei macchinari e
layout, il carico manodopera, i progetti di miglioramento continuo.

Le programmazioni di montaggio finale sono sviluppate come lo stadio finale della


pianificazione. L'ente di controllo della produzione fornisce i programmi alle aree di montaggio
finale. L'esecuzione reale dei programmi, in modo che la domanda di materiali e di
manutenzione sia uniforme in tutto il periodo produttivo, non facile, quindi il controllo di
produzione deve costantemente verificare la realt rispetto al programma e deve prendere
provvedimenti, se sono necessari. La responsabilit di produrre in sincronia con il programma di
montaggio finale ricade sui responsabili e sui capi del reparto. Il controllo di produzione aiuta
soltanto correggendo i programmi, se necessario, per risolvere dei problemi. Inoltre, il suo
obiettivo far s che le correzioni raggiungano lo scopo di realizzare la programmazione
pianificata con la minima deviazione possibile." (R.W. Hall, 1985, pp. 65-89)

3.D.3 La struttura produttiva flessibile


"La pianificazione e i sistemi di controllo sono solo una parte della produzione senza scorte.
Questi non possono essere realizzati finch i metodi di produzione non sono progettati per

188

permetterlo. La maggior parte dei benefici della produzione senza scorte deriva dalla revisione
dei processi di produzione. L'attendibilit di questa affermazione difficile da quantificare; i
tecnici che hanno familiarit con il metodo stimano che sia nell'ordine del 15-20% dei benefici
derivanti dal controllo e dalla pianificazione della produzione. Il resto deriva dal miglioramento
del processo di produzione e dall'aumento dell'efficienza degli operai in generale.
Tre aree critiche di miglioramento del processo produttivo sono:
3.D.3.1 Riduzione dei tempi di attrezzaggio: aumentano della flessibilit della produzione.
3.D.3.2 Revisione del layout dello stabilimento e bilanciamento dei cicli.
3.D.3.3 Manutenzione preventiva e altri simili programmi per anticipare i problemi.
Uno stabilimento pu essere rinnovato completamente col massimo di automazione flessibile
che i progettisti possono controllare ma non sar possibile per i progettisti anticipare ogni cosa
che sar richiesta. Ogni nuovo stabilimento deve essere rifinito e messo a punto in un processo
evolutivo.
Negli stabilimenti esistenti, i macchinari e il layout evolvono verso le condizioni necessarie al
flusso flessibile. L'intenzione di fare cambiamenti, di imparare dai risultati, e di fare altri
cambiamenti, mentre si elimina il pi possibile dai processi produttivi tutto ci che misterioso
e nascosto. Non possibile che pochi tecnici facciano questo da soli. La flessibilit dello
stabilimento e la velocit di flusso aumentano non soltanto per le modifiche al macchinario e al
layout, ma perch gli operai sono in grado di usare pi abilit con meno sforzo fisico.
Quasi ogni stabilimento non progettato per la produzione senza scorte quando viene introdotto
questo sistema organizzativo ha un inizio confuso. Tutti prestano attenzione alla riduzione dei
tempi di attrezzaggio e alla revisione del layout dello stabilimento.

3.D.3.1 Riduzione dei tempi di attrezzaggio


Nella produzione senza scorte il tempo di attrezzaggio per ogni processo consiste nel tempo che
intercorre fra la produzione dell'ultimo pezzo del particolare A e la produzione del primo pezzo
buono del particolare B. L'attrezzaggio non completato se il processo sta ancora producendo
scarti e sta tentando di realizzare la produzione. Conseguentemente, il tempo di attrezzaggio
non il tempo totale diretto richiesto per l'attrezzaggio. E' certamente auspicabile ridurre anche
questo, ma la flessibilit di produzione aumentata con la riduzione dei tempi passivi del
processo - dall'ultimo pezzo al primo. Ci essenziale per la produzione senza scorte e richiede
usualmente una modifica del macchinario esistente. Il comprare nuovo macchinario per lo scopo
non solo costoso, ma pu anche avere effetti diversi da quelli previsti. E' preferibile dapprima
fare esperienza di ci che si vuole studiante il macchinario esistente. Questa che presentiamo
articolata nelle sue varie fasi una procedura studio-azione, sebbene sia difficile codificarla.
Un programma per ridurre i tempi di attrezzaggio molto simile a ogni altro programma di
studio di metodi di ingegneria industriale. Poich la maggior parte del lavoro di attrezzaggio
un fatto di modifiche meccaniche e di revisione del layout del materiale e degli oggetti
pertinenti, si pu fare molto per ridurre i tempi di attrezzaggio senza ricorrere all'ingegneria
avanzata. I tecnici possono realizzare grandi cose, ma l'accumulo del know-how richiede tempo.
Le persone che hanno familiarit sia con le macchine sia con ci che si suppone debbano fare,
sono le pi adatte per immaginare come raggiungere riduzioni del tempo di attrezzaggio.
I programmi hanno inizio con l'obiettivo di dimezzare i tempi di attrezzaggio, poi abbassarli a
mezz'ora, e cos via, ma la realizzazione migliore di ridurre i tempi di attrezzaggio a 10 minuti
o meno. Ci viene chiamato attrezzaggio a una cifra. Dopo notevoli sforzi e studi, anche le
grandi presse raggiungono tempi di attrezzaggio a una cifra.
Quando possibile, questo obiettivo viene esteso per raggiungere attrezzaggi inferiori al
minuto. A quel punto ogni azione nell'attrezzaggio deve essere quella giusta, senza ripetizioni o
esitazioni. Un singolo operaio pu essere in grado di eseguire un facile attrezzaggio in pochi
secondi con una sola mano; per questo si chiama attrezzaggio con un solo intervento (one-touch
set-up), possibile per macchinari semplici e leggeri. Il termine usato in genere per indicare

189

attrezzaggi eseguiti in modo impeccabile in tempi leggermente superiori al minuto come


procedura operativa di routine.

Studiare le procedure esistenti di attrezzaggio


Lo studio regolare dei metodi di attrezzaggio diventa un'attivit standard nella produzione senza
scorte. Come per molte revisioni di ingegneria industriale, molto facile pensare che un metodo
di attrezzaggio sia stato compreso e trascurare una piccola, ma essenziale, attivit. Quindi i
metodi correnti di attrezzaggio hanno bisogno di una dettagliata revisione dal primo segnale con
cui si richiede un attrezzaggio al momento in cui ogni regolazione completata e ogni utensile
stato riportato al suo posto. Se nessuno in precedenza ha prestato attenzione ai metodi di
attrezzaggio, un tipico risultato di uno studio sull'attrezzaggio che due persone non attrezzano
la stessa macchina per lo stesso lavoro esattamente nello stesso modo e i risultati non sono
sempre ugualmente soddisfacenti. Infatti, se le macchine non sono attrezzate frequentemente, a
volte possono verificarsi dei danni alla macchina o agli utensili durante l'attrezzaggio. Una delle
paure che se gli attrezzaggi avvengono frequentemente, salir il costo delle rotture. In realt,
sembra che capiti proprio il contrario. Se il personale deve attrezzare frequentemente, impara a
farlo anche correttamente.
Uno studio dei metodi per i tempi di attrezzaggio segue gli stessi principi degli studi dei metodi
di ingegneria industriale per qualsiasi altro aspetto. La procedura corretta di attrezzaggio deve
essere formata a partire dall'intera gamma dei metodi che possono essere usati. Il tutto dovrebbe
quindi essere analizzato e spezzato in piccoli, distinti elementi di lavoro e documentato. Ci
organizzato secondo uno schema in cui determinato lo scopo di ciascun elemento e si
propongono idee per eliminare o accorciare tali elementi.

Realizzare quanto pi possibile attrezzaggi esterni con la macchina in produzione


Il lavoro svolto con la macchina in produzione alle volte identificato come attrezzaggio
esterno. Il lavoro svolto con la macchina ferma identificato con termini opposti: attrezzaggio
interno. L'obiettivo di minimizzare la durata del tempo richiesto per l'attrezzaggio interno.
L'esperienza ha dimostrato che, convertendo quanto pi possibile l'attrezzaggio interno in
attrezzaggio esterno, si riduce il tempo di sosta del 50% o pi. (I termini interno e esterno sono
a volte usati col significato opposto a quello dato qui).
Totale delle
operazioni di
attrezzaggio

Macchina
in funzione

Elementi interni

Macchina
in funzione

Elementi
esterni
(macchina in funzione)

Figura 89 - Operazioni di attrezzaggio interno e di attrezzaggio esterno, (Tratto da R.W. Hall, 1985).

Il centro di una operazione di attrezzaggio l'elemento interno. Il cambio degli attrezzi deve
generalmente essere fatto con la macchina ferma. Tutti gli attrezzi, utensili e operai richiesti
dovrebbero essere sul posto e ogni cosa dovrebbe essere disposta come gli strumenti chirurgici
su un vassoio. Osservando, gli operai presto imparano a stabilire gli elementi del cambio nel
modo pi rigoroso, in modo che ogni movimento eseguito con la macchina ferma sia essenziale.

190

Non appena la macchina si ferma, l'attrezzaggio interno dovrebbe procedere senza la minima
esitazione o confusione.
Ci richiede organizzazione dell'attrezzaggio esterno cosicch nulla sia dimenticato nella
preparazione del processo di cambio. Questo inoltre stimola l'operaio a preparare mentalmente
ci che in procinto di fare. Comunque, lo standardizzare le procedure per eseguire
l'attrezzaggio esterno sulla stessa macchina anche molto utile per abituare gli operai a eseguire
un attrezzaggio secondo una routine che pu essere eseguita e perfezionata finch non vi sono
pi errori.

Eliminare il pi possibile i tempi di regolazione


Il tempo di regolazione quasi sempre una parte del tempo di attrezzaggio interno; a volte la
parte maggiore, per cui vitale dedicarvi un'attenzione particolare. Dopo aver spostato il
massimo dell'attivit di attrezzaggio interno verso l'attrezzaggio esterno, dirigenti esperti
stimano che, in media, circa il 50% del tempo residuo di attrezzaggio interno viene ridotto
mediante l'eliminazione o la riduzione del tempo di regolazione. Con l'eliminazione dell'attivit
di regolazione, si elimina sia ogni suo residuo richiesto sia il tempo necessario per eseguirlo.
Alcune eliminazioni di regolazioni sono semplici come, per esempio, il segnare il posto esatto
sul pavimento dove collocare aspi per alimentare con differenti tipi di nastro una pressa, ma
molte regolazioni richiedono considerazioni pi tecniche. Quanto pi un attrezzaggio richiede
una risistemazione di temperature, pressioni, avanzamenti e velocit, tanto meno semplice
diventa la regolazione.

Il ridurre il tempo di attrezzaggio un fatto di concentrazione e di ingegnosit costanti nel


tempo. Se si ha pazienza nello studiare e nel sostituire gli attrezzaggi, l'ammontare degli
investimenti non grande. Infatti, la maggior parte delle imprese ha delle difficolt nel
determinare esattamente quanto costano molte modifiche dei macchinari. Un modo per
verificare un programma di riduzione dei tempi di attrezzaggio consiste nel formulare le
previsioni di richiesta di spesa per ogni singola macchina. Nel momento in cui ogni cosa
rivista e discussa, il programma rallentato. Se la preoccupazione dei reparti soltanto quella di
rimanere entro le linee guida del budget, essi certamente non spendono ci che l'impresa non ha,
ma gli interventi per ridurre i campi di attrezzaggio sono a volte cos ovvi che non sono
necessari studi o investimenti speciali. Occorre solo studiare le operazioni ed eseguirle.
E' per questo motivo che un'impresa deve avere del personale capace di modificare il
macchinario. Gli ingegneri di produzione, gli addetti agli utensili, agli stampi, alla
manutenzione dovrebbero essere in grado di eseguire la maggior parte delle modifiche. Le
modifiche chiavi-in-mano dei fornitori di macchinario possono non funzionare bene perch i
cambiamenti richiesti alle singole macchine sono i risultati di revisioni attuali nell'uso delle
macchine in produzione. Si ha l'impressione che sia meglio fare il massimo possibile in casa,
utilizzando le persone che tutti i giorni hanno a che fare con le macchine e le loro idiosincrasie.
Inoltre, se il personale stesso ad occuparsene, ne orgoglioso e vi si oppone.
Alcuni tipi di macchinari non rispondono molto ai tentativi di ridurre i tempi di attrezzaggio
interni. I torni automatici per filettatura sono difficili; le macchine a trasferta anche. In tali casi
si pu tentare di trovare un macchinario meno complesso per fare la stessa operazione. Ci non
pu essere fatto rapidamente, ma le imprese con produzione senza scorte preferiscono un
macchinario flessibile, e non raro che si possa sostituire il valore di parecchi milioni di affari
di torni automatici per la filettatura con celle di macchine semplici che eseguono la stessa
operazione.
Tali decisioni sono difficili, particolarmente quando il macchinario non totalmente
ammortizzato ed ancora utilizzabile. Tuttavia, il suo costo un costo nascosto se si possono
ottenere operazioni globali pi efficienti senza di esso e, nel tempo, il risultato usuale della

191

produzione senza scorte la diminuzione delle risorse finanziarie necessarie a consentire lo


stesso livello di produzione." (R.W. Hall, 1985, pp. 93-122)

3.D.3.2 Revisione del lay-out e bilanciamento dei cicli


Nel momento in cui i magazzini si riducono e le lavorazioni diventano pi strettamente
collegate, i ritmi di produzione in tutti i centri devono diventare pi strettamente coordinati.
Questo l'obiettivo della riduzione dei magazzini; idealmente, il tempo di ciclo di ogni
particolare prodotto dovrebbe coincidere col tempo di ciclo della sua utilizzazione nel
montaggio finale. Il bilanciamento del flusso dei materiali significa anche il bilanciamento dei
tempi, degli uomini e delle macchine in tutte le operazioni.
La maggior parte degli addetti alla produzione possiede qualche familiarit con il bilanciamento
delle linee che, tradizionalmente, significa per lo pi il bilanciamento della manodopera in
ciascuna stazione della linea. Nel pi semplice dei casi, capisquadra e operai bilanciano il lavoro
spostando persone e lavori lungo le stazioni della linea. Per esempio, coloro che confezionano
in modo personalizzato lavorano con differenti serie di confezioni ogni giorno. Ogni
attrezzaggio di una nuova linea inizia con la rapida stima di quali elementi del lavoro di
confezionamento possono essere svolti in ciascuna stazione di lavoro. Se tutte le operazioni
sono manuali, facile vedere dove fare correzioni per un bilanciamento di linea. Basta osservare
dove il materiale si accumula. La persona in quel punto del flusso ha bisogno di aiuto, mentre
gli altri sono sottoutilizzati. Di solito gli operai possono spostare gli elementi del lavoro fra di
loro finch lo sbilanciamento non viene ridotto. Questo bilanciamento non perfetto, ma non si
crea un serio collo di bottiglia, mentre altri operai hanno rilevanti tempi vuoti. Nel pi semplice
dei casi, questo incomincia ad apparire nella fabbricazione di particolari non appena le
operazioni diventano strettamente collegate e sono fisicamente accostate le une alle altre. Alla
fine i particolari sono spostati direttamente da una operazione a quella successiva.
Group Technology e bilanciamento della produzione
Quando un'officina vuole darsi un'organizzazione della produzione orientata al flusso continuo,
una delle tappe fondamentali l'introduzione della Group Technology.
Nel caso di lunghi lavori specifici, un gruppo di macchine diverse sistemato in una cella in
modo tale che ciascuna di esse pu essere attrezzata nello stesso momento per il medesimo
lavoro e in modo che ci sia una piccola distanza fra di loro. In questo modo risultano ridotte le
code di lavoro tipiche di un'officina e l'efficienza complessiva risulta notevolmente aumentata.
Senza l'obiettivo della produzione senza scorte per, raramente si pone l'attenzione alla
riduzione del tempo di attrezzaggio delle macchine di una cella. Molti capisquadra e capireparto
usano questo sistema quando il lavoro eccedente. Un metodo per rendere l'avanzamento di una
lavorazione pi veloce e senza intoppi attrezzare tutte le macchine lungo il percorso in modo
da averle pronte non appena il materiale le raggiunge. Se le attrezzature sono mobili possono
anche essere collocate vicine e dedicate al lavoro in corso.
La Group Technology largamente utilizzata nelle produzioni senza scorte. Da tre a trenta
macchine sono collocate una vicina all'altra in modo da formare una linea a U o circolare. Molte
di queste macchine ad U consistono di macchine piccole e semplici come trapani, presse,
rettifiche, saldatrici a punti ecc.
In una linea a U per produzioni senza scorte, gli operatori muovono un pezzo alla volta da
macchina a macchina. Essi si spostano in ogni direzione necessaria per coordinare l'attivit in
modo da bilanciare la linea. Gli operatori e i capi squadra individuano un percorso per ciascuna
persona, e il risultato consiste in un carico bilanciato per ogni operatore - eccetto che per uno, la
cui funzione nella cella consiste nell'elencare le rimanenze.
L'obiettivo delle operazioni in una linea ad U consiste nel procedere il pi possibile verso
l'automazione totale. Quando le macchine sono sistemate per la prima volta nella cella, pu
accadere che gli operai debbano posizionare i particolari in ciascuna macchina ma, il pi presto

192

possibile, le macchine devono essere modificate in modo tale che il particolare si posizioni con
poco o punto contributo da parte dell'operaio. Alcune volte le macchine possono essere
modificate in modo tale che il ciclo di lavoro si autoinneschi non appena il particolare
piazzato, ma di solito l'operaio deve azionare un interruttore per dare inizio al ciclo. Quando il
ciclo di lavoro completato, la macchina si ferma automaticamente ed espelle il particolare
ponendolo in una posizione tale da poter essere facilmente afferrato per trasferirlo alla macchina
successiva o al punto di accumulo in uscita. La velocit del ciclo della cella dipende dalla
velocit con cui gli operai completano il loro lavoro lungo la linea e ritornano alla stessa
macchina per inserire un nuovo particolare.
Lo schema della Figura 90 mostra due operai che si spostano secondo due percorsi chiaramente
distinti. Tuttavia, dovunque gli operai, da uno a mezza dozzina, possono muoversi su percorsi
separati; alcune volte i percorsi non sono chiaramente distinti, in relazione al modo in cui essi
dividono i loro compiti per poter raggiungere il bilanciamento del carico di lavoro. Se troppe
persone lavorano in una linea a U, diventa difficile sviluppare uno schema di lavoro bilanciato
e, per loro, evitare di intralciarsi a vicenda.
Punto di
accumulo
in ingresso

Macchine

Gli operai si muovono nella


U spostando un particolare
alla volta da macchina a
macchina

Punto di
accumulo
in uscita

Figura 90 - Disposizione di una linea a "U", (Tratto da R.W. Hall, 1985).

Il prodotto in uscita dalle linee ad U deve essere bilanciato alla velocit con cui i particolari
prodotti sono assorbiti dalle operazioni successive e dal montaggio finale. Particolari diversi,
prodotti dalla stessa linea ad U, possono non richiedere l'attrezzaggio di tutte le macchine della
linea e generalmente assorbono differenti quote di tempo del lavoro totale, ma tutti i particolari
prodotti dalla linea dovrebbero per avere tempi di ciclo dello stesso ordine di grandezza, in
modo che la linea non richieda un numero differente di operai per ciascun particolare o un
difficile bilanciamento di compiti per ciascun particolare.
Il ritmo di produzione della linea ad U pu essere regolato aggiungendo o togliendo operai,
tuttavia, durante un periodo di programma fisso, sarebbe preferibile non avere una serie
complessa di variazioni di personale. Quando cambia il periodo fissato di programmazione, la
distribuzione del personale pu essere cambiata e qualche volta vi sar pure una revisione del
numero di macchine incluse nella linea ad U. Ci necessario per ristabilire una configurazione
del lavoro nella linea ad U che corrisponda ai tempi ciclo dei particolari provenienti dalla linea
ad U, resa necessaria dal nuovo programma di lavoro.
Persone che hanno sperimentato difficili problemi di bilanciamento di linee con macchine
fissate in un posto fisso e con operatori con scarso addestramento possono trovare difficile
accettare questo grado di costante ribilanciamento. Tuttavia la linea ad U ottenibile con
macchine semplici modificate per aumentarne la flessibilit e con operai addestrati ad occupare

193

pi di una posizione di lavoro. Un abile operatore pu imparare a usare e attrezzare ogni


macchina di una linea ad U.
Il caposquadra ha la responsabilit prioritaria i mantenere la correttezza dei dati necessari alla
valutazione di quante persone sono richieste per differenti cicli in una linea ad U. Questo non
un compito che richiede molti dati ma un insieme di regole basate sull'esperienza. E' come se un
caposquadra ribilanciasse una linea di montaggio con ripetuti tentativi e pochi calcoli.
Ribilanciamenti simili sul posto avvengono ogni giorno in produzione in linee di
assemblaggio che hanno 30-40 persone o pi, purch la situazione ammetta la flessibilit di
spostare il personale e assegnare diversamente i compiti. Naturalmente, il caposquadra pu
essere aiutato da ingegneri industriali e tecnici, quando deve confrontarsi con problemi
complessi.
Il bilanciamento in una linea ad U pi facile quando il tempo ciclo superiore a 30 secondi.
Tempi ciclo tipici sono 30-180 secondi. Se i tempi ciclo sono inferiori a 30 secondi, si d inizio
a una seconda linea ad U. Per questo necessario raddoppiare le macchine, ma le macchine di
una linea ad U dovrebbero essere semplici e quindi poco costose. Inoltre, se il volume cresce ad
un livello in cui il ciclo di lavoro stato ridotto sotto i 30 secondi, l'investimento nelle macchine
pu essere giustificato.
Se i tempi del ciclo
sono di 30 sec.
Costituire una seconda
linea a U con 60 sec.
di tempo ciclo ciascuna
(un miglior
bilanciamento pu
anche ridurre il numero
totale degli operai).

Un principio molto importante della produzione senza scorte il seguente: Gli operai sono la
risorsa pi importante, ed essi dovrebbero essere il fattore limitante. In ogni caso le macchine
devono essere usate soltanto per produrre l'ammontare richiesto di prodotto. Usare le macchine
per produrre di pi della quantit richiesta un auto-inganno perch alla fine si formeranno
delle giacenza da qualche parte del sistema produttivo e le macchine dovranno essere fermate.
Inoltre, l'obiettivo anche di ridurre l'ammontare della manodopera, e questo si pu ottenere
con il bilanciamento delle operazioni. Il fattore critico il modo in cui le macchine sono
utilizzate.
Il passaggio da una linea ad U a due linee ad U pu anche comportare la riduzione del numero
degli operai perch il bilanciamento pi facile. Questo richiede che ci si concentri
sull'eliminazione di elementi di lavoro che un operaio deve eseguire finch egli non sia pi
necessario per quel compito e possa ottenerne un altro. Lo stesso principio pu essere applicato
anche se le linee ad U non sono divise.
La Figura 91 illustra il caso generale di incremento della produttivit attraverso il bilanciamento
di una linea ad U o in ogni altra configurazione di persone che lavorino in tandem. L'obiettivo di
incrementare la produttivit non consiste nella riduzione del tempo di ciclo se ci non
necessario per raggiungere il programma; esso consiste nel ridurre l'ammontare di manodopera
richiesta per operare al tempo ciclo che produce i particolari soltanto alla velocit necessaria. I
miglioramenti di produttivit che si traducono solo in materiale immagazzinato devono trovare

194

un limite ad un certo punto perch le macchine dovranno essere fermate mentre le operazioni
successive assorbono le scorte accumulate.
1. Situazione iniziale

Tempo
ciclo 54
secondi

Il tempo ciclo di 54 secondi adeguato.


5 operai.
Loperaio 1 evidenzia lo sbilanciamento maggiore.
Tempo passato per ciclo: 54 x 5 = 270
Tempo di attesa = 48 secondi per ciclo.

Ciclo di
lavoro
operaio

sec. 54
n. 1

45
2

42
3

42
4

39
5

2. Approccio tipico

Tempo
ciclo 45
secondi

Ciclo di
lavoro
operaio

Attacco al collo di bottiglia. Ridurre di 9 secondi il


tempo di ciclo delloperaio 1.
Tempo di ciclo: 45 secondi.
Beneficio atteso: il tempo passato per ciclo scende
a 45 x 5 = 225 (17% in meno).
Il tempo di attesa scende a 12 secondi per ciclo.
sec. 45
n. 1

45
2

42
3

42
4

39
5

3. Approccio col sistema di produzione senza scorte

Tempo
ciclo 54
secondi

Ciclo di
lavoro
operaio

Bilanciare 4 operai.

sec. 54
n. 1

54
2

54
3

54
4

6
5

Poi attaccare i rimanenti 6 secondi di tempo


delloperaio 5 per eliminarne la necessit.
Eliminando i 6 secondi di tempo si raggiunger un
tempo pagato per ciclo di 54 x 4 = 216
(diminuzione del 20%).
Poich non vi necessit di ridurre il tempo ciclo,
il 17% di riduzione con lapproccio tipico produrr
soltanto scorte da qualche parte.

Figura 91 - Bilanciare le operazioni per aumentare la produttivit, (Fonte Jidosha Kiki Company e
Bendix Corporation contenuto in R.W. Hall, 1985).

In relazione al compito, la Group Technology nella forma di linea a U si presenta in molteplici


aspetti. Gli aspetti essenziali consistono nel raggruppare macchine semplici e flessibili per
eliminare scorte, spazi, distanze di trasporto e problemi di qualit. Una linea a U molto spesso
fornisce prestazioni superiori a quelle del macchinario automatico ad alta velocit e a molte
stazioni perch la linea a U pu essere attrezzata molto rapidamente, favorendo cos la
flessibilit produttiva. Esse non sono difficili da sviluppare e da avviare.
Attrezzate in accordo con i principi della produzione senza scorte, le linee a U o le celle di
Group Technology possiedono molti vantaggi importanti:
Le scorte fra le operazioni sono eliminate.

195

La visibilit migliorata. Un'intera sequenza di operazioni viene raggruppata in un unico


luogo e pu essere studiata come un tutt'uno.
La qualit migliorata:
- Una o pi stazioni nella cella possono essere dedicate al collaudo, se necessario, in
modo che non vi sia trasporto o ritardo dovuto al collaudo.
- Meglio ancora, il macchinario nelle linee a U pu essere attrezzato con maschere di
controllo o strumenti di misura per verificare la completezza e la correttezza delle
operazioni sulla stessa macchina intesa, in modo primario, per realizzare operazioni di
trasformazione. Se il controllo e la misura possono essere realizzati direttamente
nell'attrezzatura che trattiene il particolare, quest'ultimo pu essere controllato o appena
dopo che l'operazione che deve essere controllata terminata, o come parte
dell'operazione successiva. Questo si pu fare se non rende l'attrezzaggio della
macchina troppo complesso per essere realizzato rapidamente.
- Anche senza uno specifico collaudo con misurazione, immediate informazioni
retroattive e controlli informali sono compresi nel trasferimento diretto dei particolari da
macchina a macchina. Ci favorisce l'autocontrollo di operatori e macchine e, se il
macchinario semplice, le cause dei difetti non sono difficili da trovare e da correggere.
Questi vantaggi sono caratteristici della produzione senza scorte in generale, e altri ancora sono
evidenziati dal funzionamento delle linee a U:
Gli operai stanno pi attenti quando ruotano attraverso una variet di compiti di quando
operano ripetitivamente con ciclo breve.
Gli operai hanno flessibilit e capacit maggiori quando ruotano; l'organizzazione del posto
di lavoro pu cos avere uno scopo pi ampio.
Un'azienda, la Tachikawa Spring, riferisce che gli operai divennero del 12% pi produttivi,
solamente a causa dell'aumentata attenzione, dovuta, al movimento da essi compiuto in una
cella di Group Technology.
L'operaio sposta il materiale automaticamente come parte del suo lavoro. Non sono
necessari speciali dispositivi di movimentazione dei materiali (sebbene lo sviluppo di mezzi
per il trasferimento meccanico dei particolari sia auspicabile se la linea a U si evolve verso
l'automazione completa).

Se il tempo di attrezzaggio di tutte le macchine di una linea a U pu essere ridotto a meno del
tempo ciclo, un operatore pu ruotare su tutte le macchine, attrezzandole con un ritardo molto
minore di quello provocato dallo spostamento di un pezzo nel flusso. Se il tempo di attrezzaggio
pi il tempo di produzione minore del tempo ciclo, vi la possibilit per la linea a U di
cambiare attrezzaggi con ogni giro della linea, ma ci dipende dal numero di operai che operano
sulla linea e da come il processo bilanciato.
L'obiettivo finale di una linea a U di studiare come collegare direttamente un macchinario di
tipo semplice cos da trasferire direttamente il particolare in lavoro da macchina a macchina,
raggiungendo in questo modo l'automazione completa. Per valutarne la convenienza
necessario, tuttavia studiarlo a fondo. Per esempio, bisognerebbe porre l'attenzione su quanti
operai sarebbero necessari per mantenere la linea interamente automatizzata in azione, rispetto a
quanti ne occorrerebbero se rimanesse in uno stato semiautomatico. Lo stesso tipo di
macchinario potrebbe non essere utile e perdere la sua flessibilit se completamente
automatizzato. Lo sviluppo verso l'automazione completa dovrebbe avvenire senza questi
spiacevoli problemi se tutte le azioni portassero consapevolmente verso di essa." (R.W. Hall,
1985, pp. 131-138)

196

3.D.3.3 Manutenzione preventiva


La manutenzione preventiva costituisce una parte integrante del sistema di produzione senza
scorte. Lo scopo della manutenzione preventiva consiste nell'effettuare riparazioni e regolazioni
prima che si verifichino problemi. Gli obiettivi principali sono:
1. Ridurre i tempi di interruzione generati da qualsiasi causa; rendere disponibili i processi
(produttivi) in qualsiasi momento essi siano necessari.
2. Ridurre le variazioni nelle prestazioni:
a. Eliminare regolazioni speciali - o accorgimenti improvvisati - quando si attrezza o si
mantiene l'attrezzatura in funzione.
b. Eliminare, quanto possibile, il macchinario che genera difetti tenendo le tolleranze
operative del macchinario entro intervalli stretti.
3. Allungare la vita del macchinario.
4. Prevenire le situazioni che possono richiedere riparazioni importanti del macchinario.
L'obiettivo indicato al n. 4 quello a cui si dedica maggiore attenzione a sostegno della
manutenzione preventiva, e che porta a controversie riguardanti il suo valore. I dirigenti devono
verificare se la manutenzione preventiva valida in rapporto al fatto di mantenere il
macchinario produttivo finch non richieda grosse riparazioni. Con la produzione senza scorte, i
primi due obiettivi sono di vitale importanza e, senza di essi, i benefici pi importanti del
sistema non possono essere raggiunti, il che fa s che la manutenzione preventiva ottenga il
rispetto che merita.
La manutenzione preventiva compito di ciascuno. Essa inizia con l'integrare il tempo di
manutenzione preventiva nei programmi di produzione. Uno dei modi migliori per ottenere
questo consiste nell'inserire un intervallo di tempo fra i turni per la manutenzione preventiva
(MP), e lo schema usuale consiste nel far s che lo stabilimento lavori due turni con due o tre ore
di intervallo fra loro. Ci genera tempo sia per la manutenzione preventiva sia per fare lo
straordinario se entrambi se entrambi sono richiesti nella programmazione.
La responsabilit per la MP dovrebbe essere parte del lavoro di ogni operatore, ma ci non si
ottiene insistendo perch essi seguano pi da vicino il macchinario. Essa inizia col rendere la
correttezza delle operazioni un fatto di primaria importanza in ogni momento in modo che si
presti attenzione ad ogni cambiamento di rumore o di prestazione, come se il macchinario di
produzione fosse un velivolo commerciale. Tutti comprendono che un velivolo dovrebbe avere
cambi regolari di pneumatici, sostituzioni di cilindri idraulici e sostituzioni di particolari prima
che l'usura produca dei guasti. Il problema principale consiste nel fatto che il personale di
produzione si renda conto che il suo macchinario deve essere altrettanto affidabile e che nessuna
apparecchiatura priva di importanza per la manutenzione.
La responsabilit degli operatori incomincia con la buona conduzione del reparto, con l'ordine e
con la pulizia. Asciugare l'olio, pulire la ruggine e pitturare sono delle azioni che hanno un
impatto psicologico in quanto formano la convinzione che dovrebbero essere usate soltanto
delle apparecchiature in buono stato, ma questo richiede anche che l'operatore, quando pulisce
le attrezzature, presti al lavoro un'attenzione maggiore. Questa fatica previene anche prestazioni
insufficienti o cattivo funzionamento dovuto a cause impreviste, come bassi livelli di olio, luci
di allarme non funzionanti, inceppamenti per trucioli e cos via. E' anche importante che
l'operatore attrezzi la macchina, se possibile. Questo porta a un sentimento di orgoglio nei
confronti della propria macchina e richiede uno spirito di osservazione maggiore rispetto al caso
in cui egli debba soltanto sorvegliare il lavoro. Combatte anche la propensione a trascurare il
macchinario - la sensazione che posso usarlo come mi piace e, se qualcosa va male, se la vedr
qualcun altro. In ogni caso la ditta ha denaro pi che sufficiente per le riparazioni.
(L'autore ha osservato operai inceppare deliberatamente le macchine solo per usufruire di una
sosta mentre un altro le riparava. Ci non sarebbe accaduto nel caso in cui l'operaio si fosse
sentito responsabile dei guasti della macchina, e se i guasti avessero causato a loro un
incremento di lavoro).

197

La programmazione livellata che implicita nella produzione senza scorte, tende naturalmente
ad avere un regolare schema di MP. Una delle ragioni per abbandonare la MP si verifica quando
il macchinario non disponibile alla MP eseguita ad intervalli regolari, cos che il personale di
manutenzione sia costretto a vagare attraverso il programma pianificato nel tentativo di trovare
una macchina disponibile e riprogrammando la manutenzione delle altre successivamente. Se
non si rende disponibile il tempo per la MP e il personale della MP comincia ad avere tempo
libero, la direzione pu concludere che il tutto non funzioni, e lo stesso personale MP capisce di
essere stato assegnato a un lavoro di bassa priorit. Con una programmazione livellata e con
margini di tempo previsti in essa, non dovrebbe essere difficile incorporare la MP su una base
giornaliera, settimane e mensile. Se gli operai sono responsabili del corretto funzionamento del
macchinario, osserveranno gli specialisti della manutenzione mentre eseguono la MP che essi
non sono in grado di svolgere. La situazione migliore si verifica quando l'operaio discute delle
caratteristiche del macchinario con il personale della manutenzione quando viene eseguita la
MP, assistendolo, dove possibile. Questa un'altra area in cui l'addestramento polivalente
conviene, anche se vi possono essere alcune ovvie regole di lavoro da stabilire.
La pratica della produzione senza scorte produce un certo numero di idee per migliorare la
pratica della MP:
Pu essere usato per gli utensili un sistema a schede modificato. Il sistema a schede
mantiene un controllo sugli utensili e, in particolare, registra rotture e danneggiamenti.
Ciascuna scheda autorizza il movimento dell'utensile fra un centro di lavoro e l'officina
utensili e stampi. Ci permette la rintracciabilit dello strumento. Gli operai devono anche
firmare le schede che certificano l'uso dell'utensile e questo consente una registrazione
continua di quando l'utensile stato usato e di chi l'ha usato. Il sistema semplice, veloce e
agisce in modo da individuare non solo le responsabilit dei danneggiamenti dell'utensile
ma da favorire anche il controllo del processo attraverso l'uso e il ripristino degli utensili
stessi.
E' utile mantenere una registrazione relativa ai corredi pi importanti come gli stampi. Una
semplice scheda in tasca sufficiente. Se si registra il numero di colpi di uno stampo si
possono eliminare le supposizioni sulla sua usura. Si possono annotare i problemi speciali e
la scheda pu anche contenere delle istruzioni particolari relative alla regolazione dello
stampo durante l'attrezzaggio. Il problema pi ovvio consiste nel fatto che gli operai si
ricordino di effettuare le registrazioni, ma questo avverr pi facilmente se essi si sentono
responsabili della durata della vita dello stampo.
E' bene incorporare allarmi automatici che rilevino l'usura dell'utensile. Per esempio,
quando il momento di affilare una punta da trapano? Basta porre un contatore sul trapano
quando in attrezzaggio. Allora il contatore pu accendere una luce di allarme quando il
numero delle passate indica che la punta del trapano probabilmente usurata. Per fare s che
ci funzioni, bisogna attrezzare la macchina in modo tale che possa iniziare a lavorare
soltanto dopo che il contatore stato azzerato. Un'altra versione della stessa idea consiste
nell'inserire un indicatore che registri quante volte una macchina stata attrezzata con una
certa punta da trapano, se ci si aspetta che duri per pi attrezzaggi. Per poter lavorare,
questo tipo di sistema deve essere molto veloce e auto controllato per risparmiare tempi
supplementari dovuti al controllo del pezzo in lavoro o i tempi di foratura per vedere se una
punta usurata. L'idea pu essere applicata ad un grande numero di utilizzazioni: ricambi,
lubrificazioni, e cos via.
Occorre tenere una semplice registrazione dei guasti della macchina e delle loro cause. Una
delle pi semplici consiste nel sistemare una etichetta sulla macchina ogni volta che si
verifica un guasto. In questo modo ognuno pu vedere quali sono le macchine che
costituiscono un problema. Un'estensione di ci consiste nel tenere una scheda in una tasca
della macchina stessa. Sulla scheda vanno riportati il momento e la causa del guasto. Il
sistema deve essere molto semplice perch dipende dalla diligenza dell'operaio in un
momento di tensioni.

198

Il problema usuale con la manutenzione preventiva consiste nel fatto che esso dipende dalla
consapevolezza della sua importanza da parte degli addetti. Come molti altri aspetti, anche
questo dipende dall'atteggiamento della direzione nei suoi riguardi. Una delle azioni pi
importanti in molti stabilimenti consiste nell'interrompere la consuetudine di considerare le
riparazioni di emergenza come atti eroici e ogni altro intervento come banale routine. Una
possibilit consiste nel porre una grande enfasi sulla modifica del macchinario. Un guasto
dovrebbe essere seguito da una modifica per prevenirne la ripetizione; di ci sono responsabili il
personale di manutenzione e gli operai. Questo significa incaricare una parte del personale di
manutenzione pi abile dell'esecuzione delle modifiche e non di assegnarlo alla riparazione del
guasto successivo. E questo avviene se la direzione riconosce il merito di coloro che lavorano
per prevenire il ripetersi dei guasti e non riserva tutte le lodi a coloro che hanno l'abitudine di
compiere il minimo lavoro necessario per rimettere in funzione il macchinario.
Questo uno dei passi pi difficili nello sviluppo della produzione senza scorte. Senza uno
sforzo superiore per migliorare la MP del macchinario per prevenire i guasti, la produzione
senza scorte si muove stentatamente poich le sorgenti principali di problemi non ricevono
l'attenzione necessaria.
In questo caso i problemi sono coperti dalle scorte le quali renderanno la vita pi semplice.
L'esame analitico delle prestazioni del macchinario stesso, ma anche recuperare il controllo del
processo. La direzione, infatti, non pu pretendere di avere i risultati attesi senza pagarne il
prezzo, e il prezzo non soltanto in denaro ma in decisioni manageriali." (R.W. Hall, 1985, pp.
146-150)

199

Parte 4
Il sistema informativo aziendale
Questo modulo di inquadramento della gestione della produzione fa riferimento ai seguenti capitoli del
libro di testo:
Cerruti C., Sistemi Informativi e capacit competitiva, Giappicchelli Editore, 1999
Capitoli I, II, e IV
Le letture sono basate su brani e citazioni tratti dal seguente lavoro:
De Marco M., Bruschi G., Manna E., Giustiniani G. e Rossignoli C., L'organizzazione dei
sistemi informativi aziendali, Il Mulino, 1992

4.A - Dati e informazioni


Prima di analizzare caratteristiche e funzionalit del sistema informativo necessario
chiarire che cosa si intende per dato e informazione.
"I dati sono simboli con cui rappresentiamo una realt che pu essere costituita da persone,
oggetti, fatti, attivit.
Il dato grezzo, come ad esempio 28, 44, MI, 4, 24379156, non ha alcun significato. Pu per
assumerlo se ad esso colleghiamo un descrittore sotto forma di unit di misura o di riferimento.
Cos 44 - numero di scarpa - e 28 - voto conseguito ad un esame universitario - assumono per
noi un significato. Il descrittore pu anche essere un riferimento implicito ad altri dati. Ad
esempio, dicendo che MI parte di una targa automobilistica, richiamiamo una tabella dove,
accanto ad ogni sigla, vi il nome di un capoluogo di provincia ed in questo modo il simbolo
assume il significato Milano.
Il numero 4, se viene riferito alla suddivisione degli automezzi in categorie ai fini del
pagamento del pedaggio autostradale, ha il significato di indicare un veicolo entro precisi limiti
di cilindrata. 24379156, se collegato al descrittore - numero di matricola - indica uno studente
ben definito.
Il dato, quando ha significato, ovvero quando collegato ad un descrittore, fornisce una
informazione. Con tale termine definiamo una entit che riduce il nostro stato di incertezza.
Cos 28 riduce l'incertezza sul livello di preparazione dello studente, 44 riduce l'incertezza tra
tutte le scarpe a disposizione e limita il nostro interesse solo a quelle che rispondono a questa
misura, MI riduce l'incertezza sul luogo d'immatricolazione dell'autovettura, infine 24379156
dice a quale, tra tutti gli studenti possibili, si fa riferimento, riducendo anche in questo caso il
livello di incertezza.
L'informazione viene prodotta attraverso il trattamento o elaborazione del dato. Elaborare un
dato significa effettuare su di esso alcune operazioni di tipo aritmetico, logico o di cambiamento
di formato. Nella Figura 92 il dato 24379156A104820069328 viene elaborato. l'elaborazione
consiste nel modificare il formato originario in cui esso stato presentato e disporre le prime
otto cifre accanto alla dizione numero matricola, il gruppo dei successivi cinque caratteri viene
posto accanto alla dizione codice esame, i sei caratteri che seguono subiscono un doppio
trattamento: vengono posti accanto alla parola data e poi vengono separati da una barra obliqua
perch questo il modo in cui siamo abituati ad esprimere la data. Si immagini di aver
introdotto per mezzo di una tastiera la sequenza descritta: possibile con opportuni
accorgimenti far apparire su uno schermo l'immagine di Figura 92.

200

NUMERO MATRICOLA 24379156


CODICE ESAME
A1048
DATA
20/06/93
VOTO
28

Figura 92 - Elaborazione del dato 24379156A104820069328, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Si pu elaborare ulteriormente il dato come illustrato in Figura 93. Andando a ricercare in un


archivio a chi corrisponde il numero di matricola indicato si trova il nome dello studente che per
noi molto pi significativo, quindi pi ricco di informazione, del numero di matricola. Per
giungere al nome attraverso il numero di matricola necessario effettuare una operazione di
confronto tra il numero che abbiamo e quelli di tutti gli studenti dell'archivio, finch vi
coincidenza tra i due numeri. Si tratta di una operazione di tipo logico in cui si scartano tutti gli
studenti aventi numero di matricola diverso da quello cercato e si prende il nome soltanto di
quello contrassegnato dal numero con cui effettuiamo la ricerca. Con un procedimento simile si
cerca in una tabella dove, accanto al codice dell'esame, vi l'indicazione per esteso di ci a cui
corrisponde A1048.
Parlando in termini generali, si pu dire che i dati, attraverso un processo di elaborazione, si
trasformano in informazioni ed aggiungere, come indica l'intuito e come qualche esempio pu
dimostrare che, entro certi limiti, maggiore l'elaborazione, maggiore l'informazione che i dati
ci danno.

NOME VENTURINI MASSIMO


ESAME ELABORATORI ELETTRONICI
DATA 20/06/93
VOTO 28

Figura 93 - Ulteriore elaborazione del dato 24379156A104820069328, (Tratto da M. De Marco e altri,


1992)

I tipi di elaborazioni pi frequenti sono quelli indicati in Figura 94.


Attraverso operazioni aritmetiche, come ad esempio un prodotto quantit per prezzo, si pu
ottenere una informazione che molto pi indicativa e quindi ha pi valore della quantit e del
prezzo presi separatamente.
Attraverso una elaborazione consistente in una divisione ed una moltiplicazione possibile
calcolare una percentuale che in certe situazioni pu essere molto pi significativa di una
quantit espressa in termini assoluti.
Ma ci che spesso d un alto contenuto di informazione il trattamento logico dei dati.
Attraverso operazioni di controllo, confronto, verifica possibile accertare l'accuratezza dei

201

dati, ad esempio controllare che i voti di un esame superato siano sempre costituiti da un
numero di due cifre compreso tra 18 e 30, indicare se un dato superiore, uguale o inferiore ad
un numero prefissato, verificare se la somma di certi importi corrisponde ad un totale
prestabilito.
Dati
+-x:
Controllo/Confronto/Verifica
Elaborazione

Memorizzazione/Esibizione/Trasmissione/Accesso
Selezione/Fusione/Aggregazione/Totalizzazione

Informazioni

Figura 94 - Trasformazione dei dati in informazioni, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Altre operazioni che si possono effettuare sui dati sono: memorizzazione, esibizione,
trasmissione. La memorizzazione serve a registrare in forma permanente un dato, l'esibizione
l'operazione con cui un dato viene posto in vista su uno schermo o su stampa. Con la
trasmissione il dato viene duplicato ed in tal modo reso disponibile anche in localit diverse da
quella dove era stato registrato originariamente.
Sempre seguendo la Figura 94, sono indicate in ultimo le operazioni di selezione, fusione,
aggregazione, totalizzazione. Con selezione si intende l'elaborazione attraverso la quale tutti i
dati aventi determinate caratteristiche vengono individuati; ad esempio la lista di tutti gli
studenti che hanno superato un certo esame. La fusione consiste nell'abbinare dati di
provenienza diversa; ad esempio, una azienda che gestisce tre negozi che vendono gli stessi
articoli, riceve da ciascuno la lista della merce venduta e vuole compilare una lista unica. In
questo caso, attraverso la fusione e una successiva aggregazione, possibile accanto a ciascuna
voce mettere la somma delle quantit vendute. I dati rischiano di perdere una parte della loro
significativit se vengono prodotti in quantit eccessiva. E' pertanto opportuno aggregarli e fare
dei totali. Si pensi alla gestione di un magazzino dove la lista di tutti gli articoli con accanto le
rispettive quantit pu essere di qualche migliaio di righe e divenire perci illeggibile. E'
conveniente in questo caso raggruppare le voci sulla base di omogeneit o affinit e presentare i
totali in termini di valore. Ci contribuisce a dare un'idea della situazione del magazzino molto
pi dell'elenco dettagliato.
Si sar notato come il termine dato e quello di informazione vengono spesso indifferentemente
usati, anche se in genere ricorriamo alla parola informazione quando implicito che si tratta del
risultato di una elaborazione, mentre con un dato ci si riferisce a qualcosa di pi elementare.
Non esiste una distinzione netta tra dato e informazione. Ci che dato per uno pu essere
informazione per un altro. Ad esempio, il voto conseguito ad un esame una informazione per
lo studente che lo ha superato, mentre un dato per chi deve registrarlo insieme ad altre
migliaia. Riferiti ad una azienda, la quantit di una merce, il prezzo unitario, l'IVA e lo sconto
sono dati se servono all'operazione di fatturazione . Il risultato dell'elaborazione, come illustra la
Figura 95, la fattura che per il cliente costituisce un'informazione che riduce lo stato di
incertezza circa quanto si debba pagare. La fattura diventa a sua volta un insieme di dati quando
l'azienda ne prende alcuni elementi per aggiornare la contabilit clienti che tiene conto di tutte le
fatture emesse, dei pagamenti effettuati e registra il saldo dovuto. E' quindi possibile utilizzare
in modo abbastanza intercambiabile il termine dato e quello di informazione.

202

Dati per la
fatturazione

Elaborazione

Fattura
Dati per la contabilit

Elaborazione

Informazioni

Figura 95 - Dati ed informazioni, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

L'elaborazione dei dati un compito gravoso e, per molti anni, tale compito ha assorbito molte
risorse umane distogliendole da quelle che sono le attivit pi redditizie dell'azienda, come
produrre e vendere.
Un numero sempre crescente di persone stato impegnato nella ricerca dei dati,
nell'elaborazione e nella produzione di informazioni. A questa crescita ha contribuito non solo
l'aumento delle operazioni commerciali, ma anche una serie di obblighi contabili disposti per
legge e regolamentazione.
Sono state quindi particolarmente bene accolte le apparecchiature in grado di registrare ed
elaborare i dati e produrre gli stampati. I sistemi di elaborazione elettronica dei dati sono
insiemi di apparecchiature opportunamente collegate e programmate per adempiere alle funzioni
di elaborazione richieste secondo istruzioni predeterminate. I sistemi di elaborazione dei dati
vengono indicati come sistemi EDP (da Electronic Data Processing - Elaborazione elettronica
dei dati) o computer.
La caratteristica che pi distingue un computer l'elevatissima velocit di elaborazione, cio il
gran numero di operazioni aritmetiche e logiche che esso riesce ad eseguire nell'unit di tempo.
Basti pensare che nel tempo che impiega il lettore a scorrere questa pagina un computer pu
eseguire decine di milioni di operazioni aritmetico-logiche. Questa eccezionale capacit d una
nuova dimensione del tempo.
A volte necessario esaminare alcune ipotesi alternative di piani di azione aziendali - ad
esempio che cosa succede se le vendite aumentano del 3% o del 5%, il costo del personale del
6,50%, il costo del denaro si colloca tra il 12 o 12,50 o 13 per cento ed i prezzi sono pari a quelli
dello scorso anno oppure maggiori del 10, 20, 25 per cento. Un caso del genere, che
richiederebbe ore di elaborazione a mano, pu essere risolto in pochi minuti dal computer.
Il computer per presenta il limite che ogni elaborazione deve essere descritta nei particolari e
trasmessa mediante una serie di comandi e di regole molto rigorosi. Ci comporta che, pur
potendo il computer eseguire in un secondo anche decine di milioni di operazioni, per scegliere
quali esse siano ed in quale sequenza debbano essere presentate, necessario che prima vi sia
un notevole impegno in termini di risorse umane. A causa di ci, l'uso del computer non
conveniente per affrontare tutti i problemi, ma solo alcuni caratterizzati da:
- operazioni semplici, ripetitive e molto numerose
- ricerche su archivi di grandi dimensioni

203

- dati di partenza o di ingresso completi e corretti.


In questi casi, il costo per predisporre il computer ad operare come richiesto presto
compensato dal minor impegno delle persone che prima effettuavano manualmente
l'elaborazione.
Una volta progettata l'applicazione il computer in grado di elaborare i dati in modo pi
accurato e qualche milioni di volte pi velocemente di quanto non faccia l'uomo.
A fronte di questi vantaggi abbiamo per una flessibilit molto scarsa. Si immagini di preparare
una tabella con i dati delle vendite di quest'anno e quelli dello scorso anno per lo stesso periodo.
In un sistema manuale se si desidera aggiungere una colonna con la percentuale di incremento
basta dirlo a chi prepara la tabella. Se il progetto preparato da un computer l'intervento mlto
pi oneroso.
E' importante notare una differenza molto significativa tra quando si opera a mano e quando si
usa un computer.
Si immagini il modo di operare di un negoziante il quale ha la percezione diretta dell'andamento
degli affari. Egli conosce la maggior parte dei clienti e sa se e quanto far loro credito, valuta le
giacenze, in ogni istante osservando gli scaffali, conosce l'affidabilit dei fornitori per quanto
riguarda i tempi di consegna. In realt, pur non disponendo di alcuna apparecchiatura, se non di
un registratore di cassa, il negoziante dispone di una immensa mole di dati attuali e storici;
inoltre egli ha maturato dei criteri di previsione e di valutazione del comportamento del cliente,
della sua sensibilit alle variazioni di prezzo, degli effetti delle sollecitazioni della pubblicit e
della moda che allo stato attuale della tecnologia non siamo in grado di inserire in un computer
affinch ne venga tenuto conto nel corso dell'elaborazione.
Il negoziante tuttavia meno accurato e pi portato all'errore rispetto ad un computer. Ha per
dei meccanismi di controllo molto efficaci che gli evitano i grandi errori. Si immagini un
negozio dove si vendono 100 maglioni la settimana, se per errore il numero 100 nella
trascrizione diviene 1100 il computer, a meno che chi l'ha predisposto non abbia previsto tutta
una serie di controlli, non in grado di valutare se 1100 maglioni venduti sia un fatto possibile o
meno. Il negoziante invece scopre immediatamente l'errore perch dispone, nella sua mente, di
una grande quantit di dati. Egli sa che non si mai verificata una vendita del genere in una
settimana, non ricorda di aver ordinato un quantitativo cos grande di merce al fornitore, sa di
non avere mai avuto e visto 1100 maglioni sugli scaffali.
Anche se apparentemente opera con pochi dati stampati, il negoziante ha in realt una grande
ridondanza di dati grazie alla percezione diretta, alla memoria, all'esperienza.
Quando la percezione diretta non pi possibile (si pensi al responsabile di una catena di negozi
il quale non pu essere sempre presente in tutti) si costretti ad operare in base ai dati. Questo
significa che il totale degli articoli di un certo tipo viene calcolato facendo la somma della
giacenza di ciascun negozio e non possibile una verifica del tipo di quella che pu fare il
negoziante di cui si detto sopra. Vi di pi: non potendo individuare ed elaborare tutti i dati di
cui dispone chi ha la possibilit della percezione diretta, quando si opera con il computer si
costretti a ridurre la realt rappresentandola con alcuni tra i moltissimi dati. Per quanto si possa
ridurre in modo fedele l'ambiente in cui l'azienda opera, si tratter sempre di uno stralcio dei dati
effettivamente disponibili nella realt. Tra una percezione diretta ed una realt rappresentata con
dati vi la stessa differenza tra una fotografia ed il paesaggio da cui stata presa. Operare solo
in base ai dati senza percezione diretta pu essere paragonato a sciare nella nebbia fitta, ma
avendo sotto mano una fotografia molto accurata del paesaggio.
Come si detto nel passaggio da una percezione diretta ad una rappresentazione della realt
sulla base di dati scelti fra i tanti disponibili, si perde una parte, in certi casi notevole, della
comprensione dell'ambiente. Tuttavia non esiste alternativa nei casi in cui le dimensioni
dell'azienda, la molteplicit degli articoli trattati, la quantit dei clienti, il gran numero di
operazioni contabili rende impossibile la percezione diretta.
In questi casi le decisioni vengono prese sulla base delle informazioni prodotte dall'elaborazione
dei dati che devono avere caratteristiche di un elevato livello di qualit.
Per livello di qualit dell'informazione si intende:

204

- completezza
- accuratezza
- tempestivit
- selettivit
- destinazione.
Esaminiamo brevemente questi requisiti.
La completezza indispensabile una volta che la percezione diretta esclusa e i dati mancanti
non possono essere rilevati dalla memoria o con un'occhiata. Se mancano dei dati di una certa
importanza pu essere necessario rilevarli ed effettuare nuovamente l'elaborazione.
L'accuratezza acquista importanza visto che l'informazione proveniente dal computer viene
assunta come valida e su di essa si prendono delle decisioni. Se ad esempio, da calcoli effettuati,
un certo articolo risulta essere sotto il livello di scorta, l'ordine di acquisto viene
automaticamente stampato e inviato al fornitore. E' logico che si pretenda l'accuratezza visto
che, a differenza di quanto avviene allorch si opera in modo manuale, non esistono punti di
verifica intermedi, ma una volta introdotto o elaborato il dato, le azioni conseguenti, come
l'invio dei solleciti di pagamento, l'invio di fatture ecc. sono pressoch automatiche. In realt
potrebbe essere effettuato un ultimo controllo prima di inoltrare la corrispondenza, ma se le
informazioni di riferimento provengono dal computer ed in esso erano stati introdotti dati errati,
la verifica non porterebbe ad alcunch. Se il livello della giacenza di un articolo non pi
misurato con un controllo fisico, ma il risultato di una serie di operazioni contabili, chiaro
che l'accuratezza prevista deve essere massima.
Il requisito di tempestivit dell'informazione forse il pi importante di tutti. Vi sono casi in cui
l'informazione ha un valore strettamente legato al tempo trascorso dall'evento o
dall'elaborazione che l'ha prodotta. Si pensi al valore che pu avere il giornale della settimana
passata o conoscere il numero di posti disponibili su un aereo dopo che questo partito. Il
valore di molte informazioni aziendali degrada e pu azzerarsi con il trascorrere del tempo.
L'informazione che un articolo sotto il livello di scorta, se ricevuta tempestivamente, permette
di evitare ogni effetto negativo sui clienti in quanto si provvede immediatamente a riordinare la
merce. Se invece tale informazione giunge in ritardo, inevitabilmente vi saranno clienti che non
potranno essere soddisfatti essendo esaurito l'articolo richiesto. Si pensi all'importanza del
conoscere tempestivamente la situazione di un cliente che un cattivo pagatore. Se lo si scopre
troppo tardi, si rischia di continuare ad inviargli della merce - in risposta ai suoi ordini - che
potrebbe non venire mai pagata.
Segue il requisito della selettivit. Oggi in molte aziende si di fronte ad una situazione curiosa:
da una parte mancano dei dati, dall'altra vi un'abbondanza di dati, spesso inutili, che rende
difficile l'individuazione e l'utilizzo di quelli che servono realmente. Per affrontare questo
problema si proposto di operare per eccezione, fornire cio solo quei dati che richiedono una
valutazione umana. E' quindi inutile inviare la lista di tutti i clienti se vi da prendere un
provvedimento su quelli morosi, basta creare una lista di quelli che sono in arretrato con i
pagamenti. Non il caso di inviare alla direzione la lista di tutti gli articoli del magazzino con la
quantit e il valore, ma se si di fronte al caso abbastanza comune che il 20% degli articoli
costituiscono l'80% del valore del magazzino, si produrr una lista contenente solo quegli
articoli. Infine, per valutare l'andamento delle relazioni con i clienti, non il caso di stampare la
lista di tutte le situazioni e dei loro raffronti storici, ma basta individuare solo quei clienti che
nel corso dell'anno hanno effettuato acquisti in quantit molto diverse dall'anno precedente.
L'ultimo requisito indicato quello della destinazione. E' ovvio che l'informazione ha valore se
raggiunge chi la deve utilizzare. I dati relativi a clienti morosi hanno grande significato ed
originano azioni se giungono all'ufficio esazione crediti, servono meno o nulla se si fermano in
altri posti. Spesso nelle aziende ciascuno riceve una grande quantit di dati di cui solo una parte
stata effettivamente richiesta e viene utilizzata, molti dati li riceve perch qualcun altro, a
torto, ha pensato che lo possano interessare o perch negli anni passati servivano.

205

La produzione o l'invio di dati non necessari non solo un costo inutile, ma ha anche
l'inconveniente di distogliere le risorse da altri lavori che il computer potrebbe eseguire e di
rendere meno facile l'individuazione delle situazioni che richiedono interventi in quanto sono
scarsamente visibili perch comprese tra tante informazioni inutili. Si suggerisce a tale
proposito di verificare con frequenza la necessit di ciascun ufficio di ricevere certi tipi di
informazioni ed, in caso di dubbio, giungere a sospendere l'invio per vedere come reagisce
l'interessato. Pi volte si nota che egli non si accorge nemmeno che l'invio stato sospeso dato
che non esaminava il prospetto. D'altro canto, opportuno che a ciascuno sia dato modo di
conoscere tutti i prospetti e le informazioni che l'azienda produce ed ha a disposizione, affinch
possa richiederli se li valuta necessari." (M. De Marco e altri, 1992, pp. 15-23).

4.B - Il sistema informativo


"Il sistema informativo un insieme di persone, apparecchiature, procedure aziendali il cui
compito quello di produrre le informazioni che servono per operare nell'impresa e gestirla.
Non questa l'unica definizione, n la pi rigorosa; si preferito privilegiare la facilit di
comprensione.
Alcuni sostengono che un sistema informativo non implica necessariamente l'uso del computer.
Ci vero quando i volumi di operazioni sono modesti e vi la possibilit di avere una
percezione diretta della situazione. In questa analisi si far riferimento solo a sistemi informativi
che utilizzano il computer in quanto la loro realizzazione ed il loro utilizzo presentano alcuni
aspetti peculiari che nascono dalla scarsa flessibilit del computer in confronto all'uomo.
Quando un'azienda vuole modificare una procedura che viene svolta manualmente sufficiente
che informi a voce o per scritto gli interessati. Se invece si vuole modificare una procedura che
fa uso del computer, in questo caso si parla di procedura automatizzata, necessario seguire una
serie di passi lunghi e costosi a causa della scarsa flessibilit dello strumento computer. Ci
comporta che in fase di progetto e realizzazione di un sistema informativo che usa il computer
bisogna seguire particolari cautele e ricorrere ad apposite tecniche perch le correzioni e le
aggiunte al sistema finito sono molto onerose. A questo proposito opportuno osservare che
alcune aziende, in particolare quelle che operano nel settore dei servizi, oggi lamentano la
rigidit delle procedure automatizzate che sta diventando un fattore di ostacolo e di
rallentamento all'innovazione organizzativa.
Obiettivo del sistema informativo di fornire a chi opera nell'azienda i dati necessari a svolgere
il proprio lavoro.
A tal fine i dati possono essere suddivisi in tre categorie: dati operativi, dati di controllo e dati
per la pianificazione, come in Figura 96.

206

DATI OPERATIVI

Imputazioni contabili
Registrazioni di transazioni
(Prelievi, Consegne ecc.)

Aggregazione di dati operativi


DATI PER IL CONTROLLO

Statistiche
Dati per il controllo di gestione
Dati macroeconomici

DATI PER LA
PIANIFICAZIONE

Dati di budget
Dati storici

Figura 96 - Classificazione dei dati, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

I dati operativi sono la rappresentazione simbolica di fatti aziendali; un prelievo da magazzino


genera un movimento contabile di carico e scarico e aggiorna l'archivio che contiene la giacenza
della merce. In genere tutte le transazioni - ovvero tutte le operazioni di passaggio tra un ente e
un altro o tra una persona ed un'altra di denaro, merce, persone - generano dei dati. Si pu dire
che i dati operativi derivanti da una transazione sono la fotografia della stessa in quanto avere a
disposizione i dati sufficiente per avere la comprensione di ci che accaduto. Anche le
imputazioni contabili - addebiti e accrediti - che molto spesso non richiedono la presenza de
soggetti interessati, fanno parte dei dati operativi. Questi dati l'azienda li ha sempre rilevati
anche perch molti servono per le scritture contabili obbligatorie che essa deve tenere per legge.
Spesso i dati operativi nascono come sottoprodotto della transizione. Ad esempio, un
versamento in conto corrente bancario d luogo ad una ricevuta che oltre ad essere la prova del
versamento stesso, anche il dato operativo che serve alla banca per aggiornare la posizione del
cliente.
Esistono poi dati di controllo che nascono dalla elaborazione dei dati operativi. Ai fini del
controllo non interessano tutti i dati di tutte le transazioni, ma, a seconda di ci che si vuole
controllare, sono sufficienti aggregazioni o rilevazioni per eccezione. Un esempio possono
essere i dati delle ore di lavoro straordinario effettuato in un reparto, la lista degli articoli a
magazzino che si trovano sotto il livello di scorta.
Vi sono infine dei dati che servono per la pianificazione vista come momento in cui si
definiscono i piani di azione. Una parte di questi dati di origine interna, come quelli del budget
che indicano gli obiettivi di costi e ricavi sviluppati fino a giungere ai preventivi di vendita per
ciascun prodotto e dei costi per ciascuna funzione; oppure, come i dati storici riguardanti
l'andamento delle vendite, dei costi, della produzione e del magazzino degli anni passati e che
sono molto utili per fare delle proiezioni. Vi sono per anche dei dati di origine esterna come
quelli relativi al mercato: espansione, contrazione, differenziazione, costo del denaro, tassi
bancari, concorrenza ecc.
I tre tipi di dati menzionati sono in stretta relazione tra loro, come illustra la Figura 97. I dati
operativi provenienti dalle transazioni, attraverso opportune elaborazioni, vanno a costituire i
dati per il controllo a cui si aggiungono anche dati provenienti dal processo di pianificazione,
come obiettivi di vendita, preventivi di costo, ecc. A questo punto la funzione di controllo,
disponendo dei dati da prendere come obiettivi e dei consuntivi, in grado di calcolare gli
scostamenti e individuarne la causa. I dati per il controllo vengono anche resi disponibili alla
funzione operativa affinch si attenga a certe norme. Ad esempio, a seguito dei dati per il
controllo, si attribuiscono dei limiti al fido che l'azienda concede a ciascun tipo di cliente. La
funzione operativa dovr attenersi agli importi indicati. D'altro canto, la funzione di controllo ha
necessit dei dati operativi quando, ad esempio, rileva che l'importo delle note spese di alcuni
dipendenti superiore ad una certa norma e desidera esaminare tutte le voci che hanno
contribuito a creare detti importi.

207

Ambiente
esterno

Dati per la
pianificazioni

Dati per il controllo

Dati operativi

Transazioni

Figura 97 - Relazione tra i vari tipi di dati, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Infine vi sono i dati per la pianificazione, intesa come il momento in cui si decidono i piani di
azione per l'azienda. Una parte di questi dati viene dalle aggregazioni di quelli relativi
all'operativit ed al controllo, un'altra chiaramente di origine esterna.
La Figura 98 illustra uno schema molto diffuso di attribuzione dei dati alle varie funzioni
aziendali.

N
stru on
t
t
freq urate
,
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gol
are
Stru
Pianificazione
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Controllo
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Info ettag
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TIC

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Figura 98 - Caratteristiche dei dati aziendali, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Al livello pi basso vi sono i dati necessari alla operativit, che hanno la caratteristica di un
elevato livello di dettaglio; una struttura standard (moduli, ricevute, bolle, fatture); una

208

produzione secondo tempi regolari; ad esempio, la fatturazione viene eseguita una volta al
giorno.
Al livello superiore vi sono i dati per la funzione di controllo, che hanno la caratteristica di
essere dati aggregati e di avere una struttura prevista (moduli, prospetti con parti prestampate).
Infine al vertice della piramide vi sono i dati relativi alla pianificazione caratterizzati da un alto
livello di sintesi e da una frequenza di richiesta irregolare e da una struttura variabile. Ad
esempio, oggi pu essere necessario conoscere gli interessi passivi che l'azienda paga a ciascuna
banca, domani pu essere interessante aggiungere a questo prospetto la ripartizione percentuale
del debito tra le varie banche. E' da notare che questo tipo di struttura aziendale con una netta
divisione tra operativit, controllo e pianificazione e una gerarchia ben definita, si presta molto a
fini di studio, ma nella realt ha dei riscontri contrastanti essendo le varie funzioni indicate
spesso distribuite nell'azienda, oppure funzioni distinte vengono accorpate. La scelta dei piani di
azione pu, ad esempio, non essere formalizzata e nascere in momenti diversi e da persone
diverse. Diventa quindi abbastanza difficile sapere quale informazione necessaria e per chi
produrla.
Vi sono poi casi di commistione tra alcune funzioni. Ad esempio, una persona che opera con
uno schermo collegato ad un computer e, sulla base delle informazioni che appaiono decide se
dare o meno del denaro, esplica una funzione sia operativa che di controllo. E' proprio
quest'ultima funzione la pi interessata dal computer. In passato il controllo avveniva in modo
manuale e, spesso, non potendo essere completo, veniva effettuato per campione. Oggi, grazie al
computer, il controllo pu essere effettuato su tutte le operazioni e si persino in grado di
bloccare la possibilit di effettuare una operazione se non rispetta alcuni valori di riferimento.
Questa realt aziendale in cui la gerarchia delle funzioni non cos netta, ma ciascuno entro
certi limiti e con le forme diverse pianifica, controlla ed effettua le operazioni di routine, rende
pi difficile il compito di chi deve realizzare un sistema informativo il cui fine quello di
fornire a ciascuno tutte le informazioni che lo possono aiutare nello svolgimento dei suoi
compiti.
Per tentare di superare i limiti degli schemi tradizionali si possono considerare le funzioni di
pianificazione e controllo come distribuite nell'azienda e non presenti in un punto o servizio
specifico.
Lo schema di Figura 99 rappresenta uno schema in cui, accanto al flusso delle merci vi il
flusso delle informazioni secondo una logica che, partendo dagli obiettivi che vengono fissati
dalla propriet o dagli amministratori, prevede che la direzione dell'azienda sviluppi i piani di
azione e li comunichi alle funzioni di controllo perch li traducano in piani operativi. Alle
funzioni operative giungono quindi informazioni relative a quantit, prezzi volumi.
A loro volta le funzioni operative inviano informazioni a quelle di controllo che, dopo averle
elaborate, le inviano alla direzione. In realt, pi che di fronte ad un flusso unidirezionale siamo
di fronte ad uno scambio continuo tra le varie funzioni. Ad esempio, anche se spesso non
formalizzato, vi un flusso importante di dati dalla funzione operativa a quella di direzione. Si
pensi, a questo proposito, come la sensibilit commerciale degli addetti alla vendita pu
trasformarsi in informazioni utili per chi responsabile della pianificazione.
Quanto detto fino ad ora porta a concludere che chi si accinge a progettare un sistema
informativo automatizzato non deve fare troppo affidamento sulle ipotesi classiche di
rappresentazione in termini di funzioni gerarchiche, ma cercare di comprendere quali sono le
reali necessit di informazione. A volte viene utile non soffermarsi pi di tanto nel volere a tutti
i costi distinguere tra dati operativi, di controllo e di pianificazione.
In fondo, chi progetta un sistema informativo e pi interessato a conoscere il flusso reale delle
informazioni che l'uso che ne viene fatto dall'interessato; per questa ragione anzich insistere
sulla ripartizione tra pianificazione, controllo ed esecuzione conviene vedere il flusso di
informazione come illustrato nella Figura 100, dove l'azienda vista con il criterio della scatola
chiusa in cui entrano ordini da clienti, fatture da pagare e pagamenti in arrivo, escono fatture
emesse, ordini a fornitori e pagamenti a terzi. L'elaborazione dei dati permette di produrre i
documenti di uscita partendo da quelli di ingresso ed ovviamente accedendo agli archivi; inoltre

209

possibile anche ottenere una ricca serie di informazioni per uso interno - dati storici,
scostamenti dai preventivi, previsioni, statistiche - e da inviare all'esterno, come i dati di
bilancio." (M. De Marco e altri, 1992, pp. 28-34).

Funzione
Acquisti

C
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t
r
o
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l
o

Funzione
Magazzino

C
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Funzione
Vendita

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O
b
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v
i

Figura 99 - Collocazione delle funzioni aziendali, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Contabilit

Documenti in ingresso

Clienti
Fornitori
Magazzino
Personale
Generale
Analitica

Bilancio
Ordini dai
clienti

Fatture
ricevute

Pagamenti
ricevuti
Dati
storici

Previsioni

Azienda

Dati a
terzi
Fatture
emesse

Ordini ai
fornitori

Pagamenti
effettuati

Budget

Scostamenti

Documenti in uscita
Documenti ed informazioni

Figura 100 - Documenti ed informazioni dell'azienda, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

4.C - Il ciclo di vita del sistema informativo


La progettazione e la realizzazione di un sistema informativo basato sul computer o, per
restringere il campo, di una semplice procedura automatizzata come la contabilit generale o la
gestione degli ordini, un processo caratterizzato da due aspetti fondamentali:
1. non esiste una metodologia da seguire accettata da tutti
2. pi che una sequenza di attivit, la progettazione e la realizzazione di un sistema hanno un
carattere iterattivo.

210

Il punto 1 ci ricorda che, mentre sono stati fatti progressi eccezionali per quanto riguarda le
prestazioni delle apparecchiature, non siamo ancora giunti ad una tecnica standard per
progettare una procedura automatizzata. La parola metodologia al punto 1 non va intesa come
studio dei metodi, ma come un insieme di metodi, tecniche, strumenti che aiutano a progettare e
realizzare il sistema informativo.
Il punto 2 ci fa notare che, a differenza del progetto di una casa, di una diga o di un motore,
dove una volta passati alla fase di esecuzione non si torna pi indietro, qui, come vedremo, le
varie fasi vengono ripetute pi volte. E' giusto osservare che i nuovi sviluppi della tecnologia
potrebbero condurre a metodologie non pi basate sul ciclo di vita come viene illustrato qui di
seguito. Tuttavia prevedibile che, per le procedure di grandi dimensioni, come le gestioni
ordini, la contabilit generale, i conti correnti, il ciclo di vita rester ancora per molti anni
l'approccio pi seguito.
La Figura 101 illustra con un disegno il cosiddetto ciclo di vita (life cycle in inglese) di un
sistema.
Studio di
fattibilit
A
G
G
I
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A
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Alt

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Analisi del
sistema

Specifiche
funzionali

Progetto
logico

Specifiche
input/output/
elaborazione

Alternativa Alternativa Alternativa


A
B
C
Progetto fisco

Valutazione
economica

Programmazione

Collaudo ed
installazione

Figura 101 - Ciclo di vita di un sistema, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

La prima fase lo studio di fattibilit in cui si verifica la validit economica e l'accettabilit di


una soluzione computerizzata. Questa fase che, ovviamente, deve essere svolta in un tempo
ridotto comprende al suo interno, se pur in forma sommaria e approssimativa, alcune delle
attivit che verranno propriamente svolte nella fase successiva. La conclusione dello studio di
fattibilit sar un documento contenente:
1. descrizione della procedura
2. ragioni per cui l'attuale procedura insoddisfacente
3. proposta di automatizzare la procedura ricorrendo al computer
4. valutazione dei costi e benefici.
La conclusione di uno studio di fattibilit pu anche suggerire di non andare oltre perch una
procedura automatizzata potrebbe rivelarsi troppo costosa oppure non accettabile dall'ambiente.
Quest'ultimo caso pu verificarsi quando il rapporto tra azienda e cliente prevede una vasta
discrezionalit ed un servizio molto personalizzato che difficilmente la rigidit di una procedura
automatizzata potrebbe soddisfare.
Quasi sempre il risultato dello studio di fattibilit dimostra la convenienza ad automatizzare.
Ci deriva dal fatto che, molto spesso, quando si ricorre al computer per svolgere qualcosa che

211

prima si faceva a mano si ottiene il vantaggio di costi minori, utenti pi soddisfati, maggior
accuratezza.
Vi sono circostanze in cui lo studio di fattibilit viene evitato del tutto e ci si ha quando gi
deciso che una data procedura deve venire automatizzata perch vi una disposizione in tal
senso da parte della direzione. Se invece che ad una procedura singola torniamo ora a far
riferimento all'intero sistema informativo considerandolo costituito da pi procedure
automatizzate, si impone la definizione degli obiettivi e la scelta delle priorit - ovvero la scelta
dell'ordine in cui verranno automatizzate le procedure.
La Figura 102 suggerisce una strada da seguire per la definizione degli obiettivi e la scelta delle
priorit. La prima cosa da fare l'individuazione degli obiettivi aziendali. Sembra trattarsi di
un'attivit semplice, qualcuno potrebbe essere tentato di recarsi dal direttore generale e farsi
esporre gli obiettivi. Purtroppo raramente questi obiettivi sono formalizzati e non detto che, se
lo sono, corrispondano alla realt. Spesso la ricerca e la definizione degli obiettivi un'attivit
che richiede molto intuito e sensibilit e il contatto con numerose persone dell'azienda. Una
volta, se possibile, definiti gli obiettivi, si tratta di vedere quali sono le esigenze di informazione
per raggiungerli. Ad esempio, se l'obiettivo da raggiungere per poter essere competitivi, quello
di rispondere immediatamente all'utente che per telefono si vuole accertare della disponibilit di
una certa merce, la conseguenza, in termini di esigenza di informazione, la possibilit di
accesso immediato all'archivio contenente i dati del magazzino. Se una migliore gestione della
liquidit fa parte degli obiettivi, nasce l'esigenza di disporre di tutti i dati relativi ai pagamenti,
ai bonifici, alla cassa ed ai rapporti con le banche non appena abbiano luogo dei movimenti.

Obiettivi
aziendali

Esigenze
di
informazioni

Obiettivi del
sistema
informativo
Vincoli tecnici/economici/
organizzativi

Sistema informativo
attuale

Priorit
delle
applicazioni

Figura 102 - Definizione delle priorit delle applicazioni, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Per l'individuazione delle esigenze di informazioni si possono seguire due strade. La prima
consiste nel derivarle dagli obiettivi, come si fatto nei due esempi precedenti. La seconda
consiste nell'esaminare tutte le informazioni che vengono utilizzate allo stato attuale da ciascun
responsabile e verificare se sono coerenti con ci che serve per raggiungere gli obiettivi
dell'azienda. Anche se, teoricamente, la prima strada pi attraente, nella realt la seconda pi
sicura, in quanto non si rischia di dimenticare qualche informazione che poi si rivela
fondamentale.
Una volta raccolte e descritte le esigenze di informazioni esse vengono trasformate in obiettivi
del sistema informativo. Tali obiettivi possono essere:
1. riferiti all'organizzazione
2. strettamente collegati alle prestazioni della macchina
3. di tipo economico.

212

Se, ad esempio, l'obiettivo di essere in grado di evadere un ordine dal cliente entro tre ore
mettendo a disposizione degli addetti quindici posti di lavoro dotati di schermo e tastiera, il tutto
con una spesa inferiore a 250 milioni, in questo caso abbiamo esposto tre tipi di vincoli. Tali
vincoli potrebbero per non essere compatibili. Ad esempio, si potrebbe volere la capacit di
avere sullo schermo delle informazioni espresse sotto forma di grafici molto elaborati e
contemporaneamente non essere disposti a spendere per acquisire le apparecchiature con cui ci
pu essere fatto. Spesso infatti si di fronte ad obiettivi incoerenti e sta alla sensibilit del
progettista conciliarli. A volte gli obiettivi di utenti diversi possono essere in conflitto e, pi
spesso ancora, pu accadere che nessuno si sia mai posto il problema di quali siano gli obiettivi
del sistema informativo. Ad ogni modo, una volta identificati con pi o meno chiarezza questi
obiettivi, da un confronto con il sistema informativo attuale e dall'esame dei vincoli di tipo
tecnico, economico, organizzativo si procede a definire le priorit da seguire nel corso
dell'automazione.
In passato chi era addetto alla gestione del computer prendeva l'iniziativa, spesso accolta, di
proporre l'automazione di nuove procedure basandosi su considerazioni spesso legate alla
macchina e poco coerenti con gli obiettivi dell'azienda. Oggi questo modo di procedere va
scomparendo e tocca al potenziale utente proporre l'automazione di una procedura.
Sono stati fatti, soprattutto negli anni '60, molti studi su come nasce un sistema informativo e su
che cosa influenza la sua struttura. Gli studi sono pressoch concordi nel ritenere valido uno
schema del tipo di quello in Figura 103. L'andamento del mercato, insieme con le risorse
esistenti in azienda (persone, mezzi tecnici, patrimonio, magazzino, posizione competitiva, ecc.)
e l'ambiente esterno (andamento dell'economia in generale, costo del denaro, del lavoro, ecc.)
determinano gli obiettivi aziendali. Dagli obiettivi aziendali discendono i requisiti del sistema
informativo. Come si detto, un sistema informativo, anche se solo parzialmente o per niente
automatizzato, esiste sempre in una azienda e la definizione dei requisiti, derivandoli dagli
obiettivi aziendali, ha come scopo la realizzazione di un nuovo sistema informativo. La
funzionalit e le caratteristiche di quest'ultimo sono influenzate da:
1. sistema informativo attualmente in funzione
2. tecnologia disponibile
3. risorse umane
4. risorse economiche.
Nonostante di frequente si parta con l'intenzione di rifare tutto da capo senza tener conto
dell'esistente, nella realt il sistema informativo gi operante in azienda ha un ruolo
determinante nel caratterizzare quello nuovo. La tecnologia disponibile influenza una serie di
scelte, in particolare quella delle apparecchiature pi vicine alle persone. Ad esempio, fra
qualche anno saranno pi diffuse macchine capaci di accettare l'input sotto forma di voce
umana; oggi tuttavia questa tecnologia non pu considerarsi matura e quindi l'uso di tali
macchine non consigliabile a tutti.
Le risorse umane hanno un peso notevole in quanto per utilizzare certe tecnologie e modi di
operare occorrono degli specialisti. Se non vi l'intenzione di reperirli pericoloso realizzare un
sistema informativo per la cui gestione non si dispone di personale con competenze adeguate:
conviene limitarsi alle forme di automazione pi tradizionali. Infine le risorse economiche sono,
come sempre, un vincolo caratterizzante.
Ritornando al caso dell'automazione della singola procedura e quindi alla Figura 101 proviamo
a percorrere il ciclo di sviluppo. Una volta che lo studio di fattibilit ha dato un parere positivo
all'automazione, si procede alla fase di analisi la cui conclusione la produzione di un
documento in cui viene descritto che cosa far la procedura automatizzata. A questa fase segue
la fase di progetto logico, il cui risultato finale un documento nel quale si specifica come verr
effettuato ci che stato descritto nelle fasi di analisi.

213

Ambiente
esterno

Risorse

Mercato

Obiettivi
aziendali

Requisiti del sistema


informativo
Tecnologia
disponibile

Sistema informativo
in funzione
Nuovo sistema
informativo

Risorse
economiche

Risorse
umane

Figura 103 - Fattori che determinano il sistema informativo, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Tutti i testi consigliano di soffermarsi a lungo nelle due fasi accennate. La ragione di ci che si
cerca di evitare, per quanto possibile, errori nella fase di analisi e progetto perch questo
comporta costi molto alti nella correzione. Errori consistenti nel dare comandi sbagliati al
computer sono relativamente facili da scoprire e correggere; avere dimenticato che la
disponibilit di una informazione deve essere immediata (mediante terminale collegato ad un
computer) ed aver progettato il sistema per avere l'informazione in questione su base
settimanale pu comportare, se si vuol correggere il difetto un costo da 20 a 100 volte superiore
rispetto a quello che si sarebbe affrontato rilevando questa esigenza nella fase di analisi dei
requisiti.
Alla fase di progetto logico segue quella del progetto fisico, in cui si sceglie la combinazione di
apparecchiature (hardware) e di software (serie di comandi che dati alla macchina la fanno
operare in un certo modo) che permettono di ottenere i risultati richiesti.
Come gi indicato l'equifinalit dei sistemi, una caratteristica per la quale gli stessi risultati
vengono raggiunti per strade diverse. Nel passaggio dal progetto logico - che rappresenta il
modello di ci che richiesto senza riguardo al modo in cui viene realizzato - al progetto fisico,
in cui si definiscono nel dettaglio le apparecchiature e gli strumenti, si possono sviluppare delle
ipotesi alternative e farne una valutazione economica.
Pu accadere che nessuna delle alternative sia praticabile perch non risulta coerente con gli
obiettivi di costo e di prestazioni del sistema.
In questo caso bisogna ritornare alle fasi precedenti e ridimensionare gli obiettivi e le priorit
finch non vi sar un progetto fisico soddisfacente. Questo ritorno alle fasi precedenti o
iterazione molto importante ed una caratteristica delle metodologie per la progettazione dei
sistemi informativi basati sul computer. La ragione dell'iterazione che quando si automatizza
una procedura complessa difficile definire i requisiti senza allo stesso tempo specificare una
parte del progetto. In realt siamo di fronte ad un processo di apprendimento: pi si va nel
dettaglio e pi si in grado di definire in maniera chiara i requisiti e di comprendere le esigenze
dell'utente. Ad ogni iterazione si avr una comprensione migliore del sistema ed un tipo di
cambiamenti sempre pi marginali. Una volta conclusa la progettazione e congelate le
specifiche (nel senso che non vengono pi modificate per qualche tempo) si procede alla fase di
programmazione, che consiste nel dare alla macchina i comandi opportuni per far eseguire la
procedura automatizzata che si vuole.

214

Una volta programmate le apparecchiature, segue la fase di collaudo e di installazione della


procedura. A questo punto, inevitabilmente, si scoprir la presenza di errori e la necessit di
modifiche. L'ambiente esterno e/o le esigenze interne potrebbero richiedere anche modifiche e/o
aggiunte sostanziali e cos si riprende il processo iterativo seguito finora.
Va aggiunto che mutamenti negli obiettivi aziendali possono essere causa di modifiche che
sconvolgono il sistema informativo. Si pensi ad una azienda il cui obiettivo, prima orientato alle
vendite, si sposti alla gestione dei flussi di cassa, in precedenza trascurati. Ci comporta un
riorientamento notevole del sistema informativo e l'automazione di molte nuove procedure.
La Figura 104 illustra la ripartizione dell'impegno di risorse tra le varie fasi. Come si nota lo
studio di fattibilit impegna risorse per breve tempo. Il progetto logico la fase pi lunga, ma
non quella che impegna pi persone. Le fasi di progetto fisico e di programmazione sono brevi
ma con impegno di persone elevato. La fase finale deve essere molto breve e richiede un
impegno intenso di persone.

R
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s
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P
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Studio
fattibilit

Progetto logico

25

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5
Tempo

Figura 104 - Impegno di risorse nelle varie fasi, (Tratto da M. De Marco e altri, 1992)

Nei sotware gestionali tradizionali il costo di realizzazione (in gran parte costo delle risorse
umane) pu ripartirsi in questo modo:
- analisi e progettazione 44%
- programmazione 28%
- test e installazione 28%.
La progettazione e la realizzazione del sistema informativo sono state esposte in presedenza
seguendo un approccio dividi e descrivi che l'unico possibile per una realt molto complessa.
Nella pratica, le varie fasi non si presentano cos distinte come avviene nella teoria. E' frequente
che, mentre si ancora nella fase della definizione dei requisiti, vi siano delle risorse libere per
programmare. In tal caso si affida loro la programmazione di quelle parti sui cui aspetti di
progetto si ormai certi. Non siamo quindi di fronte a fasi nettamente separate portate a termine
da persone distinte, bens ad una serie di attivit che spesso si intrecciano. Inoltre, la dimensione
del progetto ha una grande influenza nel determinare la metodologia. Per una procedura
particolarmente semplice, le fasi di analisi e progettazione vengono unificate e spesso ridotte ai
minimi termini passando direttamente alla programmazione. In caso di procedure complesse
occorre seguire con zelo metodologie che prevedono nette separazioni tra le varie fasi. Queste
metodologie hanno soprattutto due pregi. Il primo quello di evitare errori nelle fasi iniziali del

215

progetto, quando pi difficile fare una verifica e quindi scoprirli. Questi errori appariranno
inevitabilmente nelle fasi finali e tanto pi avanti verranno scoperti tanto pi verr a costare il
rimediarvi. In secondo luogo, le metodologie costituiscono un modo di comunicare tra
specialisti di discipline diverse in quanto impongono degli standard di descrizione." (M. De
Marco e altri, 1992, pp. 37-44).

4.D - I sistemi informativi integrati o sistemi ERP


Le caratteristiche e le potenzialit della nuova generazione di sistemi informativi
aziendali automatizzati sono analizzate sono analizzate nel testo di Cerruti "Sistemi
informativi e capacit competitiva" cui si rinvia.

216

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