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Parte I
L organizzazione
Sezione I
I concetti
1. Organizzazione e prospettiva giuridica
Le organizzazioni sono insiemi di persone legate tra loro da uno
stesso scopo (sono organizzazioni, ad es., il Ministero dell interno, il
cui scopo quello di mantenere l ordine e la sicurezza pubblica,
ovvero l INPS, la cui finalit quella di raccogliere contributi ed
erogare prestazioni sociali). Ovviamente, all interno di ogni
organizzazione le persone sono distribuite secondo ruoli
complementari tra loro (dal Ministro dell interno all ultimo dei
poliziotti), devono agire in modo congruo rispetto agli scopi da
raggiungere e hanno bisogno di risorse (ad es., il denaro necessario al
pagamento degli stipendi).
Le strutture indicate a mo di esempio come organizzazioni
(Ministero dell interno e INPS) sono, pi precisamente, pubbliche
amministrazioni (P.A.), vale a dire quel complesso di soggetti pubblici
che svolgono un attivit amministrativa, cio un attivit volta alla
realizzazione di interessi pubblici, che l ordinamento pone come fini
da realizzare (negli esempi avanzati: la sicurezza pubblica e la
previdenza sociale). Tali organizzazioni, a ben vedere, presentano
molti tratti in comune con altre che pubbliche amministrazioni non
sono (si pensi, ad es., all IBM o alla FIAT): anche queste perseguono
un determinato scopo, sono costituite da persone e necessitano di
determinate risorse. Ora, le analogie tra questi due tipi di
organizzazioni sono tali da giustificare l esistenza di una disciplina
scientifica che le abbraccia entrambe: la scienza dell
organizzazione, la quale prende in considerazione i rapporti tra le
persone all interno dell organizzazione.
art. 1322, cpv. c.c.) che all ente pubblico spettano perch, prima di
essere una persona giuridica pubblica, esso una persona giuridica.
Le attribuzioni sono ripartite tra gli enti sulla base di diversi criteri:
il criterio della materia, sicch, ad es., l INPS si occupa di pensioni
e l ASL di prestazioni sanitarie;
il criterio dei destinatari, per cui l INPS si occupa delle pensioni
dei lavoratori del settore privato e l INPDAP di quelle dei lavoratori
del settore pubblico;
il criterio territoriale, in base al quale gli Istituti Autonomi Case
Popolari (IACP) si distinguono perch ciascuno di essi opera nel
territorio di una provincia diversa;
il criterio della dimensione, onde la tutela ambientale compete
allo Stato o alle regioni, a seconda che il problema riguardi tutto il
territorio nazionale (si pensi, ad es., alle conseguenze di Cernobyl) o
solo una parte di esso.
Se, infine, consideriamo insieme fini e attribuzioni ne consegue un
ulteriore distinzione: gli enti politici o territoriali (Stato, regioni,
province e comuni) perseguono una pluralit di fini; gli altri, invece,
sono monofunzionali [istituiti, cio, per la soddisfazione di un unico
interesse pubblico (sanitario, previdenziale, sportivo, etc.) e per il
perseguimento di un unico fine pubblico].
4. Le attribuzioni e le competenze
Le attribuzioni, come detto, sono un fascio di poteri amministrativi
che vengono attribuiti all ente; ciascun ente, a sua volta,
costituito da una pluralit di organi, in cui le attribuzioni sono
ripartite (vengono, in tal modo, individuate le competenze dei singoli
organi). Cos, ad es., l ente-comune si compone dei seguenti organi:
il consiglio comunale, la giunta, il sindaco e i dirigenti.
Va qui sottolineato che anche la competenza (degli organi) ripartita
sulla base di criteri che, per, solo in parte coincidono con i criteri di
riparto delle attribuzioni (dell ente). In particolare, la competenza
pu essere divisa per materia (cos, ad es., mentre il consiglio
comunale delibera l acquisto di beni immobili, la giunta delibera
6. Gli uffici
Con riferimento al settore pubblico, si dice che l organizzazione
fatta, oltre che di organi, anche di semplici uffici: strutture alle
quali sono addette persone cui non sono assegnate competenze, ma
soltanto compiti, i quali si sostanziano nello svolgimento di
determinate attivit preparatorie degli atti (che costituiscono
esercizio delle competenze): cos, ad es., l organo-sindaco
attorniato da una serie di uffici (ufficio di gabinetto, segreteria
particolare, etc.) che permettono al sindaco di svolgere le sue
funzioni mediante attivit preparatorie, istruttorie e di
comunicazione, senza le quali gli atti del sindaco non sarebbero
visibili all esterno o addirittura non sarebbero posti in essere.
Da quanto detto appare chiaro, quindi, che i compiti sono
strumentali all esercizio delle competenze (di conseguenza, se essi
vengono svolti in modo inappropriato possono viziare l esercizio
delle competenze ed invalidarlo).
7. L amministrazione attiva, quella consultiva e quella di controllo
Una distinzione importante quella tra organi di amministrazione
attiva, organi di amministrazione consultiva ed organi di controllo.
Chi agisce (l organo di amministrazione attiva) deve essere
consigliato: o perch la materia della decisione tecnicamente
complessa (ed quindi richiesta la consulenza di tecnici) o perch
deve essere assicurata la legalit della decisione (e servono allora dei
tecnici del diritto).
A sua volta, per, l attivit di amministrazione attiva deve essere
doppiata da un attivit di controllo; il controllo, in particolare, serve
a garantire che l attivit posta in essere sia conforme ad un
paradigma: che pu essere la legge (controllo di legalit), l
opportunit (controllo di merito), l efficienza, l efficacia, etc.
(controlli di efficacia, di gestione, etc.).
importante specificare, per, che proprio per l attivit richiesta
all organo consultivo e a quello di controllo, il reclutamento delle
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Sezione II
I princpi costituzionali
1. Premessa
Uno dei maestri del diritto costituzionale, Esposito, affermava che
chi voglia sapere com disciplinata l amministrazione nella nostra
Costituzione non deve leggere due soli articoli, ma l intera
Costituzione.
In effetti, la nostra Carta fondamentale dedica espressamente due
soli articoli alla disciplina della pubblica amministrazione: gli artt. 97
e 98; ma, a ben vedere, alla P.A. fanno riferimento anche le
disposizioni che assegnano alla Repubblica fini che non possono
essere perseguiti se non attraverso apparati amministrativi (si pensi,
ad es., alla salute e all istruzione, ex artt. 32 e 33) o che
distribuiscono il potere politico e amministrativo secondo criteri
territoriali (comuni, province, regioni e Stato, ex artt. 114 e 118) o
che disciplinano i rapporti tra Governo e amministrazione (art. 95) o,
ancora, che stabiliscono i controlli sull amministrazione (art. 100) o
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politiche);
l organizzazione , poi, imparziale se esulano da essa tutti quei
componenti che potrebbero essere parziali (cos, ad es., per lunghi
anni i consigli di amministrazione degli enti pubblici sono stati, in
parte, composti da rappresentanti sindacali; in epoca pi recente si
capito, per, che una composizione del genere veniva a contrastare
con il principio di imparzialit, dal momento che una quota dell
organo di amministrazione per definizione parziale in tutte le
materie che riguardano il personale; da qui un progressivo esodo dei
sindacati dagli organi di amministrazione degli enti pubblici);
il principio di imparzialit valorizza, infine, il procedimento
amministrativo: questo, infatti, richiede che la decisione dell
amministrazione sia preceduta da una sequenza di atti di natura
istruttoria (sul piano organizzativo, ci si traduce nella necessit di
separare gli uffici con compiti istruttori da quelli con competenze
decisorie).
8. Il principio del buon andamento
L art. 97 Cost. fa riferimento, oltre che all imparzialit, anche al
buon andamento della P.A., cio all efficienza dell azione
amministrativa; in particolare, con l espressione in esame si vuole
far riferimento, innanzitutto, alla relazione che si viene ad instaurare
tra risorse, umane e materiali, impiegate e risultati ottenuti
(efficienza, in senso stretto): un amministrazione efficiente
quando adotta i mezzi pi adatti e meno costosi per svolgere i propri
compiti (ad es., un amministrazione che impiega pi personale, pi
denaro o pi tempo di quelli necessari un amministrazione che
agisce in modo inefficiente).
L inciso buon andamento fa riferimento, per, anche alla relazione
tra risultati ottenuti e obiettivi prestabiliti (si parla, in tal caso, di
efficacia): un amministrazione efficace se riesce a conseguire
risultati di buona qualit, corrispondenti agli obiettivi stabiliti (ad
es., l amministrazione scolastica efficace se riesce ad ottenere una
buona preparazione degli studenti; allo stesso modo, l
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concreto degli interessi pubblici sono stati creati, all interno dello
Stato, appositi apparati (i ministeri) incaricati ciascuno di un
particolare compito (l ordine pubblico, la difesa esterna, la
riscossione dei tributi, le opere pubbliche, etc.); col tempo, per, la
struttura ministeriale apparsa inadeguata per lo svolgimento di
alcune funzioni che richiedevano un azione pi spedita; ed per
questo motivo che nel secondo dopoguerra alcuni Stati europei hanno
assunto una forma federale (Germania e Austria), mentre altri (come
l Italia) hanno assunto una forma regionale: cosicch, al di sotto
dello Stato sono state create unit politiche minori (come le regioni),
le quali riproducono, in qualche modo, lo schema statuale (ai
ministeri corrispondono, infatti, gli assessorati e al Parlamento i
consigli regionali).
In ogni caso, occorre sottolineare che le comunit minori (comuni e
province), pur avendo perso molte funzioni (transitate, almeno a
livello normativo, allo Stato o alla regione), hanno comunque
continuato ad esprimere un inesauribile vitalit; tant vero che,
negli anni pi recenti, il loro ruolo cresciuto enormemente a causa
di una sempre pi ampia domanda di prestazioni pubbliche da parte
dei cittadini (prestazioni che lo Stato non riesce pi a fronteggiare da
solo e, quindi, tende a scaricare verso il basso: verso, cio, le
istituzioni locali, in quanto pi vicine ai cittadini).
In Italia, per, l accresciuta complessit di questo quadro
organizzativo ha richiesto un intervento costituzionale, allo scopo di
stabilire alcuni criteri di distribuzione delle funzioni.
Innanzitutto, necessario premettere che, in ossequio al principio di
legalit, le funzioni amministrative seguono le funzioni legislative: in
altri termini, in un ordinamento come il nostro, in cui la funzione
legislativa suddivisa tra lo Stato e le regioni, si pu dire, in linea di
massima, che il titolare della potest legislativa anche titolare
della potest amministrativa. Ora, poich l art. 117 Cost. (nella
versione risultante dalla modifica attuata con l. cost. 3/01) prevede
tre specie di potest legislativa [la potest legislativa esclusiva dello
Stato nelle materie elencate nel comma 2; la potest legislativa
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Sezione III
Le fonti
1. La riserva di legge
La disciplina della P.A., che trova nella Costituzione i suoi princpi
fondamentali, contenuta nelle leggi (sia statali che regionali) e nei
regolamenti; ed oggi profondamente influenzata anche dal diritto
comunitario e dalle convenzioni internazionali.
Ora, in riferimento alla legge, necessario sottolineare che il
principio di legalit, come detto in precedenza, richiede che la legge
non solo dia un fondamento al potere amministrativo, ma che ne
definisca anche i tratti essenziali (art. 97 Cost.); pi precisamente, la
nostra Costituzione (che, bene ricordare, non enuncia
espressamente il principio di legalit), utilizza la categoria della
riserva di legge [questa pu essere assoluta o relativa: quella
assoluta ricorre quando una norma costituzionale attribuisce soltanto
alla legge, e non ad una fonte subordinata, il potere di disciplinare
una determinata materia (si pensi, ad es., alle libert fondamentali o
alla materia penale); quella relativa, invece, ricorre quando la legge
si limita a fissare la disciplina di principio di una determinata
materia, nell ambito della quale ammesso l intervento di
regolamenti].
Secondo l opinione unanime, la P.A. sottoposta ad una riserva di
legge relativa; tuttavia, l art. 97 Cost. non si limita semplicemente a
distribuire la competenza normativa tra legge e regolamento, ma
delinea anche il minimo che deve essere regolato dalla legge: non a
caso, l art. 97 cpv. stabilisce che alla legge (e soltanto alla legge)
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Sezione IV
L assetto positivo
1. Lo Stato e i ministeri
Nel linguaggio del diritto costituzionale l idea di Stato rimanda alla
nozione di Governo, di Parlamento, di Capo dello Stato (organi
supremi che assumono le decisioni politiche fondamentali). Nell
ottica del diritto amministrativo, invece, lo Stato essenzialmente
un insieme di ministeri: sono queste le sue articolazioni
fondamentali, ognuna associata ad un complemento di specificazione
che ne indica la sfera di azione (ad es., Ministero dell Interno,
Ministero degli Affari Esteri, Ministero della Giustizia, etc.). bene
precisare, per, che la parola ministero presenta un carattere
bifronte, perch essa designa, innanzitutto, una struttura
amministrativa (formata da un insieme di uffici ricoperti da
burocrati); al vertice di tale struttura, per, c una persona (il
ministro), che non solo capo di amministrazione, ma anche
componente di un collegio politico (il Consiglio dei ministri).
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poi, ancora pi netto dal divieto, per l organo politico (il ministro),
di revocare o avocare a s atti di competenza dei dirigenti: in caso di
inerzia o ritardo, infatti, l organo politico pu fissare al dirigente un
termine entro il quale provvedere e, se l inerzia persiste, pu
nominare un commissario ad acta.
Tuttavia, necessario sottolineare che se, da un lato, lorgano
politico (il ministro) ha perso la possibilit di intervenire sugli atti del
dirigente (revoca, annullamento, modifica, avocazione etc.), dall
altro lato ha mantenuto (anzi, ha rafforzato) i propri poteri sul piano
dell investitura: infatti, a differenza del rapporto di lavoro privato,
in cui il possesso di una qualifica lavorativa comporta il diritto di
esercitare le relative mansioni (ex art. 2103 c.c.), alla qualifica
dirigenziale si accede mediante concorso; l incarico di funzioni
dirigenziali viene, per, conferito dall organo politico (sicch da tale
incarico dipende lo svolgimento delle mansioni proprie del dirigente).
L incarico di funzioni dirigenziali ha una durata limitata nel tempo
(da un minimo di 3 anni ad un massimo di 5) ed rinnovabile:
ovviamente, la temporaneit dell incarico si spiega in funzione del
controllo sull operato del dirigente da parte dell organo politico
(cos, ad es., se il dirigente non ha raggiunto gli obiettivi che gli sono
stati prefissati, l incarico non pu essere rinnovato).
3. L amministrazione locale
a) il principio elettivo e le modalit di elezione
L altro grande braccio dell amministrazione pubblica costituito
dall amministrazione locale (comuni, province e citt
metropolitane).
Le province sono state istituite subito dopo l unificazione italiana,
sul modello francese; le citt metropolitane, invece, sono previste
dal nuovo testo dell art. 114 Cost.; i comuni, infine, risalgono a
secoli addietro (i pi antichi addirittura al medioevo).
Gli enti locali si distinguono dagli altri enti pubblici per la modalit di
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Il co. 2 dell art. 118 Cost. specifica, poi, che gli enti locali sono
titolari sia di funzioni amministrative proprie sia di funzioni
amministrative conferite con legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze.
L art. 118 Cost. deve, per, essere letto unitamente al precedente
art. 117, co. 2, lett. p), perch quest ultimo, elencando (tra le
materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato) gli organi di
governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e citt
metropolitane, ha fatto emergere il problema dei rapporti tra le
funzioni fondamentali (art. 117) e le funzioni di cui all art. 118,
nonch il conseguente problema della distinzione tra funzioni
proprie, attribuite e conferite.
In realt, una volta assodato che, stante il principio di legalit, non
possono esserci funzioni amministrative che non siano assegnate con
legge e che, quindi, l art. 118 Cost. non attribuisce, di per s,
specifiche funzioni agli enti locali, dal momento che queste sono
assegnate con legge, dello Stato o della regione, ex art. 117, risulta,
di conseguenza, priva di senso la distinzione tra funzioni proprie e
funzioni conferite con legge, proprio perch gli enti locali non hanno
funzioni proprie diverse da quelle conferite con legge (e, di
conseguenza, priva di senso si dimostra la distinzione tra funzioni
attribuite e funzioni conferite).
Ha, invece, senso la distinzione tra funzioni fondamentali e funzioni
non fondamentali degli enti locali, perch le prime sono oggetto di
potest legislativa esclusiva dello Stato (art. 117 Cost.), mentre le
seconde no. In particolare, le funzioni fondamentali possono
rientrare nell ambito delle competenze materiali attribuite alla
potest legislativa esclusiva dello Stato e, quindi, possono essere
scorporate dagli apparati amministrativi statali per essere devolute
agli enti locali (ad es., in tema di immigrazione, di cittadinanza, di
stato civile, di anagrafe e di tutela dell ambiente); esse, per,
possono anche ricadere nell ambito delle materie regionali oggetto
di competenza legislativa concorrente Stato-regioni (in tal caso vi
sar un ingerenza della legge statale nelle materie regionali).
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4. L amministrazione regionale
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a) le funzioni
La Costituzione del 1948, prevedendo l istituzione delle regioni, ha
creato un nuovo livello territoriale di amministrazione (che, nelle
intenzioni dei padri costituenti, avrebbe dovuto avere dimensioni
molto contenute).
In questa prospettiva, la nostra Carta fondamentale (art. 118, testo
originario), dopo aver enunciato il principio del parallelismo tra
funzioni amministrative e funzioni legislative (spettano alle regioni le
funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente
articolo), introduce due rilevanti correttivi. Il primo riguarda le
funzioni di esclusivo interesse locale: queste, infatti, anche se
rientrano nelle materie di competenza regionale, possono essere
attribuite, dalle leggi della Repubblica, alle province, ai comuni e
agli altri enti locali (art. 118, co. 1).
Il secondo correttivo concerne, invece, le modalit di esercizio delle
competenze amministrative regionali: nell art. 118 (testo originario)
si legge, infatti, che la regione esercita normalmente le sue funzioni
amministrative delegandole alle province, ai comuni e agli altri enti
locali o valendosi dei loro uffici. In tal modo, il costituente ha
imposto alle regioni lo schema della cd. amministrazione indiretta:
con ci si vuole intendere, pi precisamente, che le regioni sono
titolari di funzioni amministrative nelle materie in cui hanno potest
legislativa, ma normalmente hanno l obbligo di esercitarle o
mediante delega agli enti locali o mediante avvalimento dei loro
uffici (in realt, per, va qui specificato che le regioni hanno
interpretato in modo elastico questo criterio di normalit,
trattenendo presso di s molte funzioni che avrebbero potuto essere
delegate agli enti locali).
Con la riforma del Titolo V della Costituzione le cose sono cambiate,
perch, come sappiamo, stato eliminato ogni riferimento al
principio del parallelismo tra competenze legislative regionali e
competenze amministrative (il nuovo art. 118 Cost. stabilisce,
infatti, che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni,
salvo che per assicurarne l esercizio unitario, siano conferite a
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esterno.
Per quanto riguarda l ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle
assicurazioni private, istituito nel 1982 e il cui presidente nominato
dal Governo), va detto che anch esso opera a tutela dei risparmiatori
(pi precisamente, a tutela di coloro che affidano i loro risparmi a
imprese assicurative): gli interessi individuali e collettivi che sono
coinvolti nel mercato delle assicurazioni giustificano, infatti, un
controllo pubblico sia sul contratto, perch sia temperato lo
squilibrio del potere negoziale delle parti, sia sull impresa di
assicurazione, perch ne siano garantite la stabilit e la solvibilit
(necessarie per il soddisfacimento degli impegni assunti verso gli
assicurati).
Il prototipo delle autorit indipendenti , per, la Banca d Italia:
nata nel 1893 dalla fusione della Banca Nazionale del Regno, della
Banca Nazionale Toscana e della Banca Toscana di credito, la Banca d
Italia ricevette nel 1926 il potere di battere moneta in via esclusiva;
con la riforma del 1936 fu trasformata da s.p.a. in ente di diritto
pubblico con capitale le cui quote potevano appartenere soltanto a
casse di risparmio, istituti di credito e di diritto pubblico; questo
assetto pubblicistico fu completato con l istituzione del Comitato
dei ministri, presieduto dal Capo del Governo, e dell Ispettorato per
la difesa del risparmio e per l esercizio del credito, organo del
Ministero delle Finanze (il raccordo tra le tre strutture era, poi,
assicurato dal Governatore della Banca d Italia, il quale presiedeva
la Banca e faceva parte sia del Comitato dei ministri che dell
Ispettorato). Soppresso nel 1944 l Ispettorato (le sue funzioni furono
trasferite alla Banca) e modificata la composizione del Comitato dei
ministri (ne divenne presidente il Ministro del Tesoro), il sistema
bancario stato retto, fino alla riforma del 1993, da una diarchia
(Comitato dei ministri e Banca d Italia).
Nel tempo la Banca d Italia ha esercitato essenzialmente due
funzioni: la funzione monetaria e la funzione di vigilanza sulle
banche e sugli intermediari finanziari in genere. Pi precisamente, la
prima funzione include il potere di emettere carta moneta, di
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a) il procedimento
Il primo tra gli strumenti di raccordo il procedimento, il quale
rappresenta, per un verso, il luogo in cui i portatori di interessi
pubblici diversi fanno sentire la loro voce ed esprimono le loro
istanze in relazione ad un progetto; per altro verso, esso rappresenta
la sequenza nella quale i singoli interventi sono ordinati sulla base di
relazioni predefinite (cos, ad es., la legislazione urbanistica prevede
che la giunta comunale conferisca l incarico della relazione del
piano regolatore generale; che il consiglio comunale adotti il piano
predisposto dal gruppo di progettazione e prenda posizione sulle
osservazioni dei privati; e che la regione adotti il piano, previo
parere di un organo di consulenza). Come si pu notare, la
molteplicit di queste relazioni pu rendere vulnerabile il
provvedimento conclusivo (che pu risultare, ad es., illegittimo), ma
soprattutto allunga i tempi per la conclusione del procedimento. Per
rimediare a questi inconvenienti la legge sul procedimento
amministrativo (L. 241/90) ha introdotto alcuni correttivi:
innanzitutto, la legge stabilisce un termine per l esercizio della
funzione consultiva (45 gg.); pertanto, una volta che sia decorso
infruttuosamente tale termine, l amministrazione che ha chiesto il
parere pu procedere come se lo avesse acquisito.
In secondo luogo, prevista la possibilit di indire una conferenza di
servizi qualora si debbano valutare contestualmente vari interessi
pubblici o quando sia in gioco la programmazione di opere pubbliche
che richieda l intervento di pi amministrazioni (nella conferenza di
servizi gli atti, invece di essere emessi in sequenza, sono presi in
sede collegiale).
Infine, previsto (per le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta ed
altri atti del genere), che, decorso un certo termine, essi si
considerano rilasciati: il silenzio dell amministrazione (che dovrebbe
provvedere) viene, cos, equiparato ad un atto di assenso. Tale
meccanismo comporta una precoce conclusione del procedimento
[questo, tuttavia, resta aperto nei casi in cui l attivit privata sia
subordinata ad un provvedimento espresso (ad es. licenza) che tarda
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a venire].
b) gli accordi
Per affrontare problemi comuni le amministrazioni hanno sempre
fatto ricorso ad accordi; questi vengono, il pi delle volte, conclusi
allo scopo di vincolare l esercizio delle rispettive competenze, di
predeterminare i tempi entro i quali le stesse devono essere
esercitate, di quantificare i rispettivi impegni finanziari e di stabilire
le conseguenze degli eventuali inadempimenti. In questo modo, i
piccoli comuni hanno realizzato servizi che da soli non sarebbero
stati in grado di rendere (si pensi, ad es., al servizio veterinario o al
servizio di trasporto urbano); allo stesso modo, gli ospedali pubblici e
le cliniche universitarie hanno razionalizzato il complesso delle
prestazioni sanitarie (ad es., fornendo, i primi, le strutture ed il
personale paramedico; le seconde, il personale medico).
bene precisare, per, che il problema del coordinamento dell
azione amministrativa particolarmente complesso quando le
attribuzioni sono, per un verso, costituzionalmente garantite (Stato,
regioni, province autonome e, indirettamente, enti locali), ma, per
altro verso, tendono a sovrapporsi (e ci accade ogni volta che tali
attribuzioni sono distinte non in base ad un criterio materiale, ma
spaziale): si pensi, ad es., alla materia ambientale, in cui tutti gli
enti territoriali, dallo Stato al comune, sono competenti.
In questa prospettiva, la legislazione ha dovuto affrontare il
problema dell asimmetria del rapporto tra un unico Stato, 20 regioni
e pi di 8000 enti locali. Tale problema stato risolto con il d.lgs.
281/97, con il quale stata istituita la cd. Conferenza Stato-regioni:
e ci al fine di garantire la partecipazione delle regioni e delle
province autonome di Trento e di Bolzano a tutti i processi
decisionali di interesse regionale, interregionale ed infraregionale.
La Conferenza deve essere sentita in tutti i casi in cui la legislazione
preveda un intesa tra Stato e regioni; qualora, per, l intesa non
venga raggiunta, il Consiglio dei ministri pu provvedere, in via
autonoma, con deliberazione motivata (da ci si intuisce che l intesa
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Vi sono, infine, dei casi in cui l esercizio dei poteri amministrativi (in
genere, doveroso) particolarmente serio, perch ad esso
corrisponde una pretesa che non del solo cittadino, ma anche di
altri soggetti (ad es., l Unione europea o uno Stato estero con il
quale stato stipulato un Trattato). In questi casi, se l ente munito
di attribuzioni (o l organo dotato di competenze) risultasse inattivo e
contro tale inattivit non fosse previsto alcun rimedio potrebbero
generarsi inadempimenti ad obblighi internazionali o inerzie
pericolose per gli interessi pubblici coinvolti.
Il meccanismo che stato escogitato per evitare questa paralisi
quello della sostituzione: sicch l inerzia di chi sarebbe tenuto a
provvedere costituisce (in certi casi, predeterminati dalla legge) il
presupposto dell intervento sostitutivo di un organo o di un ente
diverso (la sostituzione, ad es., prevista dalla Costituzione per l
ipotesi nella quale le regioni, nelle materie di loro competenza,
omettano di provvedere all attuazione o all esecuzione degli
accordi internazionali; in questi casi, lo Stato, attraverso il Governo,
pu sostituirsi alla regione inadempiente).
f) i controlli
Il controllo una tipica relazione tra figure soggettive: tra organi di
uno stesso ente, tra organi di enti diversi, tra uffici diversi di uno
stesso ente. Esso presuppone la sussistenza di un parametro alla
stregua del quale valutare l atto o l attivit altrui: nella storia delle
amministrazioni, il parametro prevalentemente utilizzato stato la
legge (cd. controllo di legittimit). Non a caso, la Costituzione
italiana (prima della modifica apportata al Titolo V nel 2001)
prevedeva un controllo preventivo di legittimit sugli atti del
Governo, affidato alla Corte dei Conti (art. 100); un controllo di
legittimit sugli atti amministrativi della regione, affidato ad un
organo dello Stato (art. 125); ed un controllo di legittimit sugli atti
delle province, dei comuni e degli altri enti locali, affidato a un
organo delle regioni (art. 130). I suddetti controlli venivano definiti
preventivi, perch il controllo veniva esercitato prima che l atto
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altre mansioni.
In dipendenza della privatizzazione del rapporto di impiego cambia,
ovviamente, anche il sistema delle fonti: diritti e doveri delle parti
non sono pi stabiliti da leggi e regolamenti amministrativi, ma
trovano la loro fonte nel libro del lavoro del codice civile, nelle leggi
sul rapporto di lavoro subordinato nell impresa e nei contratti
collettivi di lavoro. Questi ultimi, in particolare, sono stipulati, per
singoli comparti (ad es., ministeri, regioni, enti locali, etc.), dalle
confederazioni sindacali e dall ARAN (Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle P.A.); la stipulazione, per, deve essere preceduta
dal parere favorevole del Comitato del settore interessato e dall
attestazione della Corte dei Conti.
Detto ci, necessario comunque sottolineare che l assimilazione
dell impiego presso enti pubblici all impiego privato conosce dei
limiti. Infatti, occorre osservare, innanzitutto, che il reclutamento
del personale avviene sulla base di piante organiche approvate, nell
amministrazione dello Stato, con regolamenti deliberati dal Consiglio
dei ministri, su proposta del ministro competente. Pi precisamente,
la pianta organica serve a commisurare la quantit di personale al
fabbisogno: ci significa, quindi, che l assunzione di dipendenti al di
fuori dell organico nulla, con conseguente applicazione dell art.
2126 c.c. (prestazione di fatto con violazione di legge).
In secondo luogo, il personale viene assunto con procedure selettive,
volte ad accertare la professionalit richiesta e tali da garantire l
accesso dall esterno; come si pu notare, viene qui in rilievo il
principio del pubblico concorso (principio che trova applicazione sia
per l accesso alle qualifiche iniziali, che per l inquadramento nelle
qualifiche superiori).
Una terza rilevante differenza riguarda, poi, la disciplina delle
mansioni superiori: occorre evidenziare, infatti, che il lavoratore
privato assegnato a mansioni superiori a quelle della qualifica ha
diritto al mantenimento corrispondente e l assegnazione stessa
diventa definitiva dopo che siano trascorsi 3 mesi (a meno che la
stessa non sia disposta per sostituire un lavoratore assente). Il d.lgs.
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dei suoi compiti, oltre che delle risorse umane (costituite dai
lavoratori dipendenti), anche delle risorse materiali organizzate in
vista di quello scopo [tali risorse, costituite da beni propri o da beni
sui quali l amministrazione vanta un titolo giuridico diverso dalla
propriet (ad es., l edificio preso in locazione e destinato a scuola)
devono avere un tratto comune, vale a dire: la destinazione a
pubblico servizio]. Ora, ci che distingue i beni utilizzati dall
amministrazione per lo svolgimento dei suoi compiti dai beni che
formano l azienda dell imprenditore privato il fatto che ciascuno
di questi beni sottoposto ad un regime giuridico speciale, diverso
(sotto qualche aspetto) dal regime della propriet, cos come
delineato dagli artt. 832 e ss. c.c.
Secondo una classificazione formale, possono distinguersi, in
particolare, tre tipologie di beni pubblici: il demanio, il patrimonio
indisponibile ed il patrimonio disponibile.
I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non
possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e
nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. La tutela di detti beni
spetta all autorit amministrativa, la quale pu anche avvalersi dei
mezzi ordinari a difesa della propriet e del possesso (art. 823 c.c.).
I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile (nella cui
categoria rientrano anche tutti i beni destinati ad un pubblico
servizio, ex art. 826 c.c.) non possono essere sottratti alla loro
destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano
(art. 828 c.c.).
I beni del patrimonio disponibile sono, invece, quelli che
appartengono allo Stato e agli altri enti pubblici come a qualsiasi
proprietario (essi sono semplicemente destinati alla produzione di un
reddito e sottoposti alle norme civilistiche sulla propriet).
Nella prospettiva dell organizzazione amministrativa (fatta di risorse
umane e materiali) assumono un rilievo particolare i beni pubblici
che sono tali per destinazione della P.A.; al riguardo, importante
sottolineare che anche se il concetto di destinazione contemplato
in via generale per il solo patrimonio indisponibile (ad eccezione
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gratuito.
3. L amministrazione che prende e l amministrazione che d
Un giurista tedesco, negli anni 30 del XX secolo, ha formalizzato la
distinzione tra amministrazione che prende (che aggredisce, cio, la
sfera giuridica del privato) e amministrazione che d (cio, che al
privato rende prestazioni).
L amministrazione che prende si esprime in provvedimenti
amministrativi (ad es., ordini, espropriazioni, occupazioni,
autorizzazioni, concessioni o licenze): si tratta di misure che
comportano una restrizione della sfera giuridica del privato, al quale
viene tolto un bene o un diritto o imposto un obbligo; ovvero di
misure che, pur avendo l aria di estendere la sfera giuridica del
destinatario (autorizzazione e concessione), in realt presuppongono
una previa restrizione delle sfere giuridiche dei privati (ad es., il
fatto stesso che un attivit debba essere autorizzata per poter
essere svolta equivale ad una restrizione se paragonato alla
situazione di chi la stessa attivit potrebbe svolgere con una propria
decisione, senza necessit di una previa autorizzazione).
L amministrazione che d (o attivit di prestazione) , invece, quella
con la quale il cittadino viene continuamente a contatto in qualit di
utente o di consumatore (consumatore, ad es., di prestazioni
sanitarie, di prestazioni di energia elettrica, di trasporto, etc.).
Quanto detto, ovviamente, non giustifica l opinione secondo la quale
l amministrazione che prende (o autoritativa) si traduce in
provvedimenti, mentre l amministrazione che d (o di prestazione) si
concreta in attivit materiali: basti pensare, invero, che il
provvedimento che costituisce esercizio di un potere autoritativo
richiede una successiva attivit materiale di esecuzione (del soggetto
destinatario o della stessa amministrazione); reciprocamente, l
attivit materiale di prestazione deve essere sorretta da un titolo
giuridico (ad es., un contratto di somministrazione in base al quale il
mio appartamento rifornito di acqua, luce e gas).
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tutti.
bene precisare che la concessione si distingue dall autorizzazione,
perch mentre la seconda rimuove un limite all esercizio di un
diritto (preesistente), la prima conferisce un diritto (nuovo).
Oggetto di concessione sono, tradizionalmente, i beni demaniali, nel
momento in cui una porzione di essi viene sottratta all uso pubblico
per essere destinata all uso esclusivo di un soggetto, sul presupposto
che quest uso valorizzi il bene (si pensi, ad es., alla spiaggia,
porzione del demanio marittimo, che viene valorizzata dalla
concessione al privato, che vi realizza uno stabilimento balneare).
L ambito della concessione oggi stato esteso anche ai servizi e alle
attivit, delle quali il legislatore limita la possibilit di svolgimento
ad un numero predeterminato di soggetti: abbiamo cos, concessioni
di servizi pubblici, concessioni di costruzione e gestione di opere
pubbliche.
Rientrano, infine, tra le concessioni: le sovvenzioni, ossia i contributi
pecuniari previsti a favore dei privati e soprattutto di imprese.
Un altro schema di azione costituito dai vincoli. I beni privati
possono essere tolti al proprietario con l espropriazione o ne pu
essere sottratto il possesso con l occupazione o la requisizione; tali
beni, per, possono anche essere lasciati nella disponibilit del
titolare ed essere sottoposti a vincoli. Tali vincoli possono essere
preordinati ad un futuro trasferimento del bene ai pubblici poteri (si
pensi, ad es., ai vincoli espropriativi stabiliti dal piano regolatore
comunale, in vista dell espropriazione per realizzare impianti
pubblici); i vincoli, per, possono essere stabiliti anche per assicurare
la conservazione dei caratteri del bene (tali sono, ad es., i vincoli
paesaggistici): in questo secondo caso, i vincoli comportano l
assoggettamento del bene ad un determinato regime giuridico: ad
es., la dichiarazione di interesse storico o artistico comporta
limitazioni sia al potere di godimento del bene (divieto di modificare
il bene senza autorizzazione), sia al potere di disposizione dello
stesso (divieto di esportazione senza autorizzazione). Sotto questo
profilo, anche i vincoli sono una specie del genere atti di
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qualificazione giuridica.
Altro schema di azione costituito dai certificati rilasciati dalle
amministrazioni: si tratta, in particolare, di documenti che hanno
una funzione di ricognizione e riproduzione di stati, qualit personali
e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici in possesso dell
amministrazione (si pensi, ad es., al certificato di nascita, che
riproduce il contenuto degli atti di stato civile). In passato, la
certificazione stata ritenuta una funzione propria dei pubblici
poteri; la L. 241/90 ha introdotto, invece, il principio dell
autocertificazione, in virt del quale, qualora l interessato dichiari
che fatti, qualit e stati sono attestati in documenti gi in possesso
dell amministrazione, il responsabile del procedimento provvede d
ufficio alla loro acquisizione o alla copia degli stessi. All
autocertificazione, la legislazione ha, poi, affiancato la
certificazione privata: vi sono oggi, infatti, certificatori qualificati e
accreditati, ossia soggetti privati abilitati a svolgere attivit di
certificazione, in grado di dimostrare l affidabilit organizzativa,
tecnica e finanziaria necessaria [si pensi, ad es., alle Societ
organismi di attestazione (SOA), le quali sono chiamate a certificare
la qualit delle imprese che concorrono all aggiudicazione di appalti
pubblici].
Ulteriore schema di azione costituito dai piani e programmi. In
particolare, il piano prefigura azioni future, cercando di orientarle o
vincolarle secondo un criterio di razionalit [ad es., il piano
regolatore comunale disciplina gli usi del territorio, destinando
quest ultimo in parte alla conservazione (centro storico), in parte
alla trasformazione (zone produttive), in parte ad usi privati e in
parte ad impianti pubblici].
Un ultima categoria di atti costituita dalle sanzioni
amministrative. Invero, l ordinamento, al fine di assicurare l
osservanza dei suoi precetti fondamentali (volti, cio, a garantire la
convivenza tra le persone) li munisce di sanzioni penali: configura la
violazione del precetto come reato, sanzionato da una pena (inflitta
dal giudice). Quando, per, il precetto meno essenziale (si pensi,
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Sezione II
Il procedimento ed il provvedimento
1. Premessa
I poteri pubblici si esplicano a mezzo di procedimenti; e ci per varie
ragioni. Innanzitutto, necessario sottolineare che nei riguardi del
potere amministrativo ricorrono particolari esigenze di tutela del
privato: esigenze presenti sia quando il potere amministrativo
destinato a svolgersi mediante provvedimenti restrittivi
(espropriazioni, occupazioni, sanzioni, etc.), nei confronti dei quali il
privato ha interesse a limitare il danno o ad escluderlo del tutto, sia
quando il potere dovrebbe sfociare in provvedimenti ampliativi
(autorizzazione, concessione, sovvenzione, etc.), nei confronti dei
quali il privato ha interesse ad ottenere il beneficio.
Ma vi anche un altra ragione che consiglia di strutturare l azione
amministrativa nella forma del procedimento: come sappiamo, il
provvedimento richiede quasi sempre una comparazione di interessi
(pubblici e privati) e, quindi, presuppone che, ove i singoli interessi
pubblici siano affidati alle cure di uffici diversi, questi ultimi siano
posti nella condizione di far sentire la loro voce prima che la
decisione venga presa.
Detto ci, occorre adesso identificare la forma che deve assumere il
procedimento. Al riguardo, la nostra Costituzione a proporci un
interessante lettura: si ritiene, infatti, che l art. 97 Cost.,
qualificando l amministrazione come apparato imparziale,
suggerisca un assonanza tra i criteri che ispirano l azione
amministrativa e i criteri che presiedono all amministrazione della
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metodo suggerito dal Herbert Simon, in virt del quale si afferma che
l autorit amministrativa deve cercare di raggiungere un equilibrio
tra la quantit di informazioni (cd. completezza dell istruttoria) e le
esigenze di una decisione (esigenze consacrate a livello
costituzionale nel principio del buon andamento dell
amministrazione): espressione di questo canone la regola enunciata
nell art. 1, co. 2 L. 241/90, ai sensi del quale la pubblica
amministrazione non pu aggravare il procedimento (ad es.,
ripetendo indagini gi fatte o acquisendo pareri non obbligatori), se
non per motivate esigenze.
e) la conferenza di servizi
Il procedimento amministrativo pu coinvolgere non solo un interesse
privato e un interesse pubblico, ma anche una pluralit di interessi
pubblici (si pensi, ad es., al procedimento di pianificazione
urbanistica, che tocca tutti gli interessi pubblici che gravitano sul
territorio: ambientali, produttivi, culturali, etc.). In questi casi, l
amministrazione competente a decidere tenuta ad acquisire intese,
concerti, nulla osta o altri atti di assenso di altre amministrazioni
pubbliche (in altri termini, essa non pu decidere autonomamente).
Proprio a tale scopo, la legge sul procedimento ha introdotto uno
strumento di semplificazione: la conferenza di servizi (L. 241/90; d.l.
78/2010, conv. in L. 122/2010). La legge, in particolare, distingue i
casi in cui la conferenza facoltativa (pu essere indetta) da quelli
nei quali , invece, obbligatoria (deve essere indetta); individua,
inoltre, chi competente a convocarla (di solito l amministrazione
procedente e, per essa, il responsabile del procedimento); e
attribuisce al privato interessato la facolt di chiederne la
convocazione.
Le regole comuni possono essere cos sintetizzate:
una volta indetta la conferenza, la prima riunione deve essere
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pubblico interesse).
b) gli accordi ex art. 11 L. 241/90
Gli accordi previsti dall art. 11 sono di due tipi: quelli che
determinano il contenuto discrezionale del provvedimento finale (che
viene comunque adottato) e quelli che lo sostituiscono.
Per quanto riguarda gli accordi del primo tipo, l amministrazione
concorre a determinare il contenuto dell accordo, accettando la
proposta del privato (previa una sua valutazione) o formulando essa
stessa la proposta. Ovviamente, una volta sottoscritto l accordo, il
contenuto del provvedimento diventa vincolato, perch esso deve
essere conforme all accordo (se difforme, il provvedimento
illegittimo).
Gli accordi del secondo tipo, invece, sostituiscono il provvedimento:
nella versione originaria dell art. 11 ci era possibile soltanto nei
casi previsti dalla legge (quali l accordo amichevole in materia di
espropriazione e la convenzione in materia urbanistica). La novella
del 2005 ha soppresso, per, tale inciso: sicch l accordo sostitutivo
del provvedimento oggi ammesso senza limitazioni.
A questo punto ci si pone un quesito fondamentale: per quale motivo
l amministrazione, che dispone di un potere unilaterale (che si
estrinseca nel provvedimento), dovrebbe optare per un accordo,
ossia per una risoluzione che implica il consenso del privato?
Per rispondere a questa domanda, necessario sottolineare che oggi
il privato sempre pi riluttante a sottostare all autorit
amministrativa e, invece, sempre pi propenso a contestarne le
determinazioni e i comandi (sia nel procedimento, sia in via di fatto);
vi , quindi, un interesse dell autorit ad ottenere il consenso
preventivo della parte se vuole raggiungere il suo obiettivo; dal canto
suo, invece, il privato pu avere interesse a venire a patti con un
autorit ostile se vuole realizzare il suo interesse. In quest ottica, le
due parti, pubblica e privata, si fanno reciproche concessioni, che
consentono di raggiungere un intesa: cos, ad es., sostituendo al
provvedimento l accordo, l autorit pu ottenere dal privato, che
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Sezione III
L efficacia del provvedimento
1. L efficacia del provvedimento amministrativo
a) l efficacia del genus provvedimento
In dottrina ci si chiede se accanto agli effetti peculiari del singolo
provvedimento amministrativo (autorizzazione, concessione, etc.)
possa essere configurata un efficacia del genere provvedimento, che
sia capace di accomunare le singole specie di provvedimento.
Per rispondere a tale quesito, occorre procedere analiticamente,
partendo dai singoli provvedimenti amministrativi; in tal modo,
infatti, ci si potr rendere conto che gli effetti di questi
provvedimenti hanno perfetti equivalenti in altri rami del diritto: si
pensi, ad es., all espropriazione per pubblica utilit, che
rappresenta il provvedimento amministrativo per eccellenza; eppure
la sua efficacia non diversa dalla pronuncia del giudice dell
esecuzione, che trasferisce all aggiudicatario il bene immobile
espropriato (art. 586 c.c.).
Si pensi, ancora, all autorizzazione amministrativa: anch essa, a
prima vista, sembra un unicum; ma, in realt, sufficiente guardare
ai rapporti di vicinato nella propriet immobiliare (art. 873 c.c.) per
rendersi conto che quasi tutti i divieti e i limiti che gravano sul
proprietario a tutela del fondo vicino possono essere rimossi con il
consenso del proprietario di quest ultimo (che pu, ad es., tollerare
la comunione forzosa del muro sul confine o consentire una deroga
alle distanze, ex art. 878 c.c.).
Il discorso non cambia se dalla singola specie di provvedimento si
passa al provvedimento in genere, dal momento che sussiste una
forte analogia tra l atto posto in essere dall autorit amministrativa
ed il contratto: anche il provvedimento amministrativo, infatti, in
virt della definizione contenuta nell art. 1321 c.c., capace, come
il contratto, di costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico
(con la differenza, per, che l effetto del provvedimento
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accordo).
Detto ci, per, necessario sottolineare che la nozione di
autotutela non appare oggi convincente: in primo luogo, perch la
possibilit di rimuovere o modificare un proprio atto non esclusiva
della P.A.; tale possibilit, infatti, dipende dal fatto che l atto
amministrativo unilaterale e non dal fatto che un atto
amministrativo.
In secondo luogo, l autorit amministrativa, quando annulla o revoca
un proprio atto, non tutela se stessa, n si fa giustizia da s; ma
tutela, o dovrebbe tutelare, l interesse pubblico (cos come era
tenuta a curarlo). Ora, dal momento che l interesse pubblico
caratterizzato dall attualit, la P.A. ha il potere ed il dovere di
rimuovere l atto adottato in precedenza, qualora lo stesso sia in
contrasto con l interesse pubblico attuale; e questo potere-dovere
non pu avere altro fondamento se non nella legge (come, infatti, la
legge conferisce all autorit amministrativa la possibilit di
provvedere in una certa direzione, adottando un determinato atto,
allo stesso modo deve essere la stessa legge, in un momento
successivo, ad attribuire all autorit la possibilit di provvedere in
direzione diversa). Ovviamente, perch tale meccanismo possa
operare necessario che il potere amministrativo sia esercitabile in
tempi diversi e in direzioni diverse (cd. inesauribilit del potere
amministrativo); da tale inesauribilit deriva, come logica
conseguenza, la prevalenza dell atto successivo su quello precedente
(cio, l annullamento o la revoca del provvedimento amministrativo
precedente).
Questo potere amministrativo che ritorna sui suoi passi deve, per,
fare i conti con il rapporto giuridico che il provvedimento
amministrativo ha costituito con i privati interessati, i quali vantano
determinati diritti ed interessi (creati dal provvedimento stesso): in
questa prospettiva, la giurisprudenza ha escluso, ad es., che il
sindaco possa revocare un autorizzazione all esercizio del
commercio in base ad una nuova valutazione dell interesse pubblico,
perch in questo caso il sacrificio dell interesse privato si
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f) la convalida
L art. 21 nonies L. 241/90 prevede la possibilit che il
provvedimento amministrativo annullabile possa essere convalidato
entro un termine ragionevole e sempre che sussistano ragioni di
pubblico interesse.
Da ci si intuisce che la convalida un alternativa all annullamento
d ufficio; in altri termini, anzich eliminare l atto, l autorit
elimina il vizio che lo inficia e in questo modo ne stabilizza gli
effetti: cos, ad es., se la delibera collegiale stata adottata senza
che l argomento fosse all ordine del giorno, la convalida viene
realizzata con una nuova delibera che sia preceduta da un avviso di
convocazione che faccia menzione dell argomento.
Tutto questo, per, possibile soltanto se contro l atto originario
non sia pendente un ricorso giurisdizionale: se, infatti, c un
giudizio in corso dinanzi al giudice amministrativo la convalida non
ammessa (salvo il caso del vizio di incompetenza, il quale pu essere
rimosso dall organo competente che si appropria del contenuto dell
atto impugnato).
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Sezione IV
L invalidit
1. L illiceit e l illegittimit
Rispetto alla norma giuridica possibile individuare una duplice
devianza: quando la norma impone un dovere (cio, un obbligo), il
comportamento difforme illecito: si pensi, ad es., al
comportamento di chi commette un delitto.
Quando, invece, la norma attribuisce un potere, il comportamento
difforme invalido (o, pi precisamente, illegittimo).
Nel primo caso la sanzione colpisce l autore dell atto (nell esempio
fatto: la sanzione della pena); nel secondo caso la sanzione giuridica
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e) l eccesso di potere
Il terzo dei tre vizi di legittimit del provvedimento amministrativo
l eccesso di potere. Esso equivale allo sviamento di potere, cio all
uso del potere amministrativo per una finalit diversa da quella
stabilita dalla legge (incorre, ad es., in eccesso di potere il sindaco
che ordina la demolizione di un manufatto edilizio vicino alla propria
abitazione, non perch sia stato realizzato in violazione della
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espressamente previsti dalla legge (si pensi, ad es., alla nullit delle
assunzioni agli impieghi senza concorso, ex art. 3 D.P.R. 3/57, ovvero
agli atti posti in essere dopo la scadenza del periodo di prorogatio
della carica, di cui alla L. 444/94).
4. Le misure a carico degli atti invalidi
A ciascuna forma di invalidit-illegittimit corrisponde una misura
specifica: l annullamento per gli atti annullabili e la dichiarazione di
nullit per gli atti nulli.
Il potere di annullamento dato al giudice amministrativo, all
autorit competente a decidere i ricorsi amministrativi e all autorit
che ha emanato l atto in sede di riesame; la declaratoria di nullit,
invece, compete al giudice ordinario. Questa singolare ripartizione si
spiega con il fatto che gli stati patologici del provvedimento
amministrativo sono legati a differenti situazioni soggettive del
privato (situazioni che, a loro volta, condizionano la giurisdizione);
sicch, l atto nullo correlato ad un diritto soggettivo, mentre
quello annullabile ad un interesse legittimo.
Occorre specificare, per, che il quadro sopra illustrato stato in
parte modificato dalla disposizione contenuta nell art. 21 septies L.
241/90, il quale, infatti, stabilisce che nel caso in cui ci si trovi di
fronte a questioni concernenti la nullit di provvedimenti
amministrativi, in violazione o elusione del giudicato, queste
saranno di competenza del giudice amministrativo: la giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, in tal caso, si giustifica in
considerazione del fatto che, in presenza di una violazione o elusione
del giudicato, persiste l inadempimento dell amministrazione; e la
relativa controversia rientra tra le competenze del giudice dell
ottemperanza (che il giudice amministrativo).
Tuttavia, al di fuori del caso sopraindicato, non neppure certo che
nelle altre ipotesi di nullit la giurisdizione spetti sempre al giudice
ordinario: lo sar quando il privato interessato vanta un diritto
soggettivo, che il provvedimento amministrativo nullo pone in
contestazione. Viceversa, quando di fronte all atto nullo il privato
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Sezione V
I servizi pubblici
1. Le funzioni pubbliche e i servizi pubblici
La dottrina amministrativistica (italiana e francese) ha sempre
distinto l attivit giuridica (o autoritativa) da quella sociale (o di
prestazione). Nei riguardi della prima il privato si pone come
cittadino (si pensi, ad es., all attivit che lo Stato esplica per
assicurare l ordine pubblico o l amministrazione della giustizia),
mentre nei confronti della seconda egli si atteggia come utente
(utente, ad es., di servizi di trasporto, di servizi postali, di energia
elettrica, di telecomunicazioni, etc.).
Le due specie di attivit su descritte si differenziano, innanzitutto,
per il regime giuridico; tale differenza efficacemente espressa dal
nostro codice penale, il cui art. 357 stabilisce, infatti, che la
pubblica funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto
pubblico o da atti autoritativi ed caratterizzata dalla formazione e
dalla manifestazione della volont della pubblica amministrazione.
L art. 358 c.p. stabilisce, invece, che il pubblico servizio, pur
essendo disciplinato nelle stesse forme (norme di diritto pubblico e
atti autoritativi), caratterizzato dalla mancanza dei poteri tipici
della pubblica funzione.
Per comprendere meglio la differenza tra l attivit autoritativa e
quella sociale proponiamo un esempio: una cosa ordinare un
comportamento (come quello di presentarsi alla leva militare
obbligatoria, esistita sino a poco tempo fa) o vietarne un altro (come
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4. I modelli organizzativi
Dall entrata in vigore della Costituzione fino agli anni 90 abbiamo
avuto una diversa organizzazione dei servizi pubblici tra il centro e la
periferia; al centro facevano capo i grandi servizi nazionali: poste,
ferrovie, telefonia, radiotelevisione, trasporti marittimi, trasporti
aerei, etc. (si trattava, cio, di servizi la cui erogazione era riservata
allo Stato).
In seguito, il modello organizzativo ha conosciuto due diverse forme:
la gestione diretta mediante azienda di Stato (Poste e Ferrovie) o
ente pubblico economico (ENEL);
la gestione mediante concessionario, costituito, il pi delle volte,
da societ a partecipazione statale (sicch lo Stato era, ad un tempo,
concedente e concessionario o comunque titolare della maggioranza
del capitale sociale della societ concessionaria): questo il sistema
che stato prescelto, ad es., per la telefonia (concessionaria la SIP)
e per il trasporto aereo (Alitalia).
A livello locale sono state, invece, sperimentate due forme di
gestione del servizio:
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pubblico non tollera interruzioni; del resto, occorre osservare che nel
nostro ordinamento l interruzione di un servizio pubblico
considerato un delitto (art. 331 c.p.). Il principio in esame (e lo
stesso fatto che il nostro codice penale qualifichi come delitto l
interruzione di un pubblico servizio) ha un solido fondamento e un
importanza particolare. Infatti, necessario sottolineare che, poich
la libert di impresa include anche la libert di cessazione dell
attivit imprenditoriale (e comporta, quindi, il rischio che un servizio
di interesse generale cessi dall oggi al domani), occorrono degli
strumenti per impedire che ci avvenga; il principale di questi, nel
diritto comunitario, costituito dagli obblighi di servizio: l incarico
della gestione di un servizio di interesse generale viene, cio,
conferito dai pubblici poteri ad una o pi imprese, le quali si
obbligano a rendere il servizio ad un determinato prezzo e per una
durata prestabilita, ricevendo, a loro volta, una compensazione degli
obblighi di servizio.
La soggezione alle regole della concorrenza presuppone che per
ogni servizio di interesse economico generale vi siano pi imprese in
lizza (e, ovviamente, che la loro non sia una cerchia chiusa); in
realt, sufficiente questa osservazione per accorgersi di quanto sia
distante da questo quadro la situazione dei servizi pubblici in Italia.
Di recente, per, in seguito ad alcune direttive emanate dalla
Commissione europea, riguardanti settori fondamentali (poste,
ferrovie, telecomunicazioni, trasporto aereo e marittimo), il nostro
Paese stato costretto ad aprire alla concorrenza la gestione dei
servizi pubblici (cd. liberalizzazione).
6. L attuazione delle direttive comunitarie
L attuazione delle direttive comunitarie ha portato (a partire dalla
met degli anni 90) a profonde trasformazioni nell assetto dei
servizi pubblici italiani (nazionali e locali). A tal fine, si prenderanno
in considerazione i settori dell energia elettrica, dei trasporti di
linea e delle poste.
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a) Energia
Nel 1962 (con L. 1643/62) la produzione, il trasporto e la
distribuzione dell energia elettrica sono state riservate allo Stato (e
il relativo servizio stato affidato, in regime di monopolio, all ENEL,
in virt del principio contenuto nell art. 43 Cost.).
In attuazione, per, della direttiva 92/96/CE, il d.lgs. 79/99 ha
separato le varie fasi del ciclo, dichiarando libere le attivit di
produzione, importazione, acquisto e vendita e mantenendo la
riserva (allo Stato) soltanto per la trasmissione, il dispacciamento e
la distribuzione dell energia (sul presupposto che, in queste fasi
persiste una sorta di monopolio naturale). La riserva realizzata a
mezzo di concessione, che il Ministro delle Attivit produttive rilascia
al gestore della rete nazionale (una s.p.a. costituita dall ENEL). Il
gestore, a sua volta, ha l obbligo di connettere alla rete di
trasmissione nazionale tutti coloro che ne facciano richiesta (alle
condizioni stabilite dall Autorit per l energia elettrica e il gas, che
garantisce l imparzialit e la neutralit del servizio, stabilendo, tra
l altro, anche la tariffa base).
La distribuzione viene articolata per ambiti comunali: in ciascun
territorio comunale viene rilasciata un unica concessione, il cui
titolare (imprese elettriche comunali o rami di azienda dell ENEL
trasferiti ai comuni) tenuto a connettere alla propria rete coloro
che ne facciano richiesta.
Gli utenti finali sono distinti in due categorie: i clienti idonei (cio, le
imprese industriali) e i piccoli consumatori.
Il quadro esposto ha, tuttavia, subto delle modifiche a seguito della
riforma costituzionale del 2001, la quale, con un improvvida
previsione, ha attribuito alla competenza delle regioni la produzione,
il trasporto e la distribuzione nazionale dell energia (il Parlamento,
per, ha posto riparo al problema con L. 239/04).
b) Trasporti di linea
Le Ferrovie in Italia (come negli altri paesi europei) sono state
gestite dallo Stato in forma monopolistica dalla fine del XIX sec.; con
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Sezione VI
L attivit di diritto di privato
1. Gli interessi pubblici e gli strumenti di diritto privato
Come sappiamo le pubbliche amministrazioni sono tenute a
soddisfare interessi pubblici; non sono, per, obbligate a farlo
sempre mediante l utilizzo di poteri pubblicistici e con l adozione di
provvedimenti amministrativi. Ci significa, quindi, che gli interessi
pubblici possono essere soddisfatti anche con strumenti di diritto
privato (cos, ad es., il terreno necessario per realizzare un opera
pubblica, oltre ad essere espropriato, pu anche essere comprato
dall ente pubblico; allo stesso modo, il Servizio sanitario nazionale
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4. Il procedimento contrattuale
Il contratto che viene concluso da una pubblica amministrazione
collocato a chiusura di un procedimento, composto dai seguenti atti:
la deliberazione a contrattare;
il bando di gara;
la presentazione delle offerte;
l apertura delle buste contenenti le offerte e l aggiudicazione;
l approvazione dell aggiudicazione;
la stipulazione del contratto.
a) la deliberazione a contrattare
La separazione tra il momento della determinazione dei contenuti
fondamentali del contratto e il momento della contrattazione vera e
propria (scelta del contraente e stipulazione) formulata
chiaramente nell ordinamento degli enti locali: ai sensi, infatti, dell
art. 192 d.lgs. 267/00 la stipulazione dei contratti deve essere
preceduta da un apposita determinazione del responsabile del
procedimento di spesa, indicante:
il fine che con il contratto si intende perseguire;
l oggetto del contratto, la sua forma e le clausole essenziali;
le modalit di scelta del contraente e le ragioni che ne sono alla
base.
La sequenza sopra descritta, anche se enunciata esplicitamente per
gli enti locali, valida per tutte le amministrazioni, ad eccezione dei
ministeri (in questi ultimi, infatti, vi una sorta di inversione, perch
il contratto concluso deve essere, a sua volta, approvato con decreto
dirigenziale e successivamente sottoposto al controllo della Corte dei
Conti, qualora superi l importo previsto dalla normativa
comunitaria).
b) il bando di gara
La determinazione di contrarre (che assunta con la delibera) viene
esternata e pubblicizzata con il bando di gara, che rappresenta l
atto attraverso il quale l amministrazione rende pubblica la volont
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Sezione VII
La responsabilit della pubblica amministrazione
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1. Le premesse storiche
Il tema della responsabilit dello Stato (e, quindi, dell
amministrazione pubblica) per i danni cagionati a terzi ha sempre
costituito un punto molto importante e, allo stesso tempo,
controverso del nostro sistema giuridico; ci risulta confermato dal
processo e dall evoluzione storica degli orientamenti della dottrina e
della giurisprudenza. Invero, nella seconda met del XIX sec. la
situazione nel nostro Paese si presentava molto articolata: ai fini
della responsabilit dell amministrazione per danni cagionati a terzi,
la nostra giurisprudenza, infatti, distingueva tra atti di imperio
(contro i quali non era prevista nessuna responsabilit dello Stato e
degli enti pubblici) e atti di gestione (per i quali, invece, veniva
riconosciuta la responsabilit dello Stato e degli enti pubblici
secondo le regole comuni). La distinzione tra atti di imperio e atti di
gestione veniva fedelmente espressa in una sentenza della Corte di
Cassazione del 1897: in questa pronuncia, infatti, il Supremo Collegio
stabil che il comune di Roma non poteva essere chiamato a
rispondere del furto di animali, avvenuto nella stalla comunale, ai
danni di chi aveva depositato gli animali in vista della successiva
macellazione nel mattatoio pubblico; e ci perch, essendo la
custodia temporanea delle bestie strumentale alla successiva
macellazione (che era funzione di governo e non mera gestione
patrimoniale), non potevano trovare applicazione i princpi
contrattuali sulla responsabilit del depositario.
La sentenza in esame, tuttavia, fu aspramente criticata dalla
dottrina, la quale negava che la distinzione tra atti di imperio e atti
di gestione potesse essere posta a base del regime della
responsabilit civile della pubblica amministrazione; e questo perch
anche un atto di imperio (un atto amministrativo illegittimo) poteva
essere illecito, in presenza di un concorso di colpa del funzionario
(anche in tal caso si cagionava, cio, un danno verso terzi; un danno
che dava diritto al risarcimento del danno); non poteva, quindi,
escludersi una responsabilit civile della pubblica amministrazione
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codice civile.
Ora, come sappiamo, il codice prevede diverse forme di
responsabilit civile, quali: la responsabilit fondata sulla colpa (dolo
o colpa, ex art. 2043), la responsabilit, per i danni cagionati dall
incapace, di chi tenuto alla sorveglianza (art. 2047), la
responsabilit dei genitori, tutori, precettori e maestri d arte (art.
2048), la responsabilit dei padroni e committenti (art. 2049), la
responsabilit per l esercizio di attivit pericolose (art. 2050), la
responsabilit per il danno cagionato da cose in custodia, da animali,
da rovina di edificio o da circolazione di veicoli (artt. 2051-2054).
Ora, per la vastit dei suoi compiti e per l ampiezza dei suoi beni,
chiaro che la pubblica amministrazione (fatta eccezione per la
responsabilit dei genitori) suscettibile di incorrere in ciascuna di
dette forme di responsabilit: essa gestisce, ad es., i reparti
neurologici degli ospedali pubblici e, quindi, deve sopportare i danni
prodotti a terzi da parte di persone incapaci di intendere e di volere;
amministra scuole e, quindi, risponde (come gli insegnanti) dei danni
cagionati dagli allievi; esercita attivit pericolose, come il servizio
ferroviario, e pertanto deve rispondere degli eventuali danni
cagionati; titolare di beni e, quindi, tenuta alla loro custodia (si
pensi, ad es., ai danni cagionati dalla cattiva manutenzione delle
strade).
Ovviamente, la forma pi frequente di responsabilit della pubblica
amministrazione quella prevista dall art. 2043 c.c. (cd.
responsabilit aquiliana o extracontrattuale), ai sensi del quale il
fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto,
obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno ( bene
precisare che la questione pi controversa, nell applicazione di
questo principio alla pubblica amministrazione, se per danno
ingiusto debba intendersi solo quello conseguente alla lesione di un
diritto soggettivo o anche quello derivante dalla lesione di un
interesse legittimo).
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cittadino in uno stato di incertezza sulle sorti del bene della vita che
mira ad ottenere (attraverso l emanazione del provvedimento
favorevole) o a conservare (e la cui esistenza minacciata dal
procedimento in corso).
Ora, questo stato di incertezza, causato dal comportamento dell
amministrazione (che omette di provvedere nel termine di 90 giorni
previsti dall art. 2, L. 241/90), pu, ovviamente cagionare al privato
gravi pregiudizi economici, a prescindere dall esito del
procedimento: cos, ad es., l amministrazione che illegittimamente
ritarda nel provvedere sulla richiesta di autorizzazione all apertura
di un esercizio commerciale causa un danno al privato, sia nel caso in
cui, alla fine, l autorizzazione venga rilasciata, sia nel caso in cui
venga negata.
Nel primo caso, il danno deriva dal non aver potuto tempestivamente
intraprendere l attivit (e, quindi, nel mancato guadagno nel
periodo in cui l amministrazione rimasta inerte); nel secondo caso,
invece, il danno deriva dal fatto che, in attesa di sapere se poteva
intraprendere l attivit soggetta ad autorizzazione, il richiedente ha
sostenuto dei costi (ha dovuto, ad es., tenere libri contabili, disporre
della liquidit necessaria all avviamento dell attivit, etc.).
In entrambi i casi, com facilmente intuibile, la causa del danno l
illegittima inerzia dell amministrazione.
4. La responsabilit da atto lecito (l articolo 42 della Costituzione)
Un tema particolarmente interessante e sul quale si discute da
decenni in dottrina quello della responsabilit dell
amministrazione da atto lecito. In particolare, l interrogativo che gli
studiosi si pongono il seguente: se il privato subisce un danno dall
operato della pubblica amministrazione necessario che esso derivi
da un atto illecito (cio, che si tratti di un danno ingiusto) affinch
il danneggiato abbia titolo al risarcimento?
L argomento in esame tra i pi controversi nella dottrina civilistica
(non solo italiana), una parte della quale tende comunque a
sganciare il diritto al risarcimento dall illecito, desumendo l
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5. La responsabilit contrattuale
Parte della dottrina ritiene che l art. 28 Cost. riguarderebbe soltanto
la responsabilit contrattuale; in realt, una tesi del genere
potrebbe essere accettata soltanto facendo leva sul fatto che l
amministrazione, avvalendosi del suo potere di autonomia privata
(che le compete in quanto persona giuridica), pu essere
assoggettata, sul piano della responsabilit contrattuale, allo stesso
regime giuridico previsto per i soggetti privati.
In ogni caso, sia che si faccia riferimento all art. 28 Cost., sia che si
faccia leva sulla personalit giuridica dell ente pubblico si perverr
alla medesima conclusione, ossia che la responsabilit contrattuale
dell amministrazione identica a quella di qualunque altro
contraente: sottoposta, cio, alle regole contenute negli artt. 1218
ss. c.c. Ci significa, quindi, che l amministrazione, in conseguenza
dell inadempimento di un obbligazione contrattuale, tenuta al
risarcimento del danno provocato al creditore. bene precisare,
per, che la responsabilit dell amministrazione per inadempimento
delle obbligazioni contrattuali presuppone che tali obbligazioni siano
state assunte nel rispetto dei vincoli di contabilit: in particolare, la
legge di contabilit (del 1923) prescrive che ogni spesa debba essere
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danno ingiusto;
per quanto riguarda la quantificazione del danno, il giudice deve
tener conto dei vantaggi comunque conseguiti dall amministrazione
o dalla comunit amministrata, in relazione al comportamento degli
amministratori o dei dipendenti soggetti al giudizio di responsabilit
[si pensi, ad es., al caso in cui degli amministratori comunali
assumano dipendenti a titolo precario in assenza dei relativi posti di
organico: in questo caso, le casse del comune subiscono un danno
(pari alle retribuzioni che sono state corrisposte e non potevano
esserlo); ma l amministrazione ne ha ricevuto un vantaggio
(commisurato alla utilitas fornita dalle prestazioni di lavoro); e un
vantaggio ne ha ricevuto anche la comunit, dal momento che stata
lenita la disoccupazione];
la Corte dei Conti, valutate le singole responsabilit, pu porre a
carico dei responsabili tutto o anche solo parte del danno accertato o
del valore perduto (cd. potere riduttivo dell addebito); simile (per
quanto riguarda gli effetti) al potere riduttivo l esercizio della
facolt, riconosciuta al dipendente o amministratore condannato in
primo grado, di chiedere alla sezione di appello, in sede di
impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il
pagamento di una somma non inferiore al 10% e non superiore al 20%
del danno quantificato nella sentenza (cd. patteggiamento nel
processo contabile);
la responsabilit amministrativa una responsabilit individuale:
ci significa, quindi, che qualora il fatto dannoso sia stato causato da
pi persone, la Corte dei Conti, valutate le singole responsabilit,
condanna ciascuno per la parte che vi ha preso (a meno che i
concorrenti non abbiano conseguito un illecito arricchimento o
abbiano agito con dolo, perch, in questo caso, la responsabilit sar
solidale, nel senso che ciascun condebitore pu essere costretto all
adempimento per la totalit e l adempimento di uno libera gli altri);
un altra deroga al regime civilistico , poi, prevista per la
successione mortis causa dell obbligazione risarcitoria: infatti,
secondo i princpi civilistici, l erede subentra sempre nelle
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Parte III
La giustizia amministrativa
Sezione I
Le premesse storiche
1. I lineamenti storici della giustizia amministrativa in Italia
Prima dell unit d Italia, la maggior parte degli Stati della penisola
(in primis, il Regno di Sardegna) aveva strutturato il sistema della
giustizia amministrativa sul modello adottato in Francia: in virt di
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tale modello, le liti tra privati e P.A. erano affidate alla cognizione di
tribunali speciali composti da funzionari amministrativi (sistema del
contenzioso amministrativo); in altri Stati, invece, esistevano solo
rimedi di carattere amministrativo davanti alla stessa autorit.
Pertanto, dopo l unificazione, il nuovo Stato si trov a dover
risolvere il problema della giustizia amministrativa (diversamente
configurato tra i diversi Stati preunitari); in questa prospettiva, il
Parlamento italiano, chiamato a scegliere tra il mantenimento del
sistema del contenzioso amministrativo e la devoluzione al giudice
ordinario delle controversie nelle quali fosse parte una pubblica
amministrazione, decise di adottare la seconda soluzione (sia pure
con determinati temperamenti). Infatti, nel 1865, con L. n. 2248,
allegato E (cd. legge abolitiva del contenzioso amministrativo)
vennero aboliti i tribunali speciali del contenzioso amministrativo (ad
eccezione della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato) e devolute
alla giurisdizione ordinaria tutte le cause nelle quali si facesse
questione di un diritto civile o politico (cio, di un diritto soggettivo)
leso da un atto dell autorit amministrativa. bene precisare, per,
che i poteri del giudice ordinario vennero limitati, dal momento che
egli poteva conoscere degli effetti dell atto amministrativo senza
poterlo modificare o revocare, ma solo disapplicare nel caso concreto
sottoposto al suo esame (se contrario alla legge). Venne, pertanto,
introdotto l obbligo, per le autorit amministrative, di conformarsi
al giudicato dei tribunali ordinari che avevano incidentalmente
riconosciuto l illegittimit dell atto.
La tutela degli interessi legittimi venne, invece, attribuita alle stesse
amministrazioni (nell ambito del procedimento amministrativo)
ovvero attraverso i ricorsi amministrativi gerarchici. Nel 1889, per,
con L. n. 5992 (cd. legge Crispi), venne prevista e disciplinata la
giurisdizione generale di legittimit sugli atti amministrativi lesivi di
interessi legittimi attraverso l istituzione della IV sezione del
Consiglio di Stato (organo che, sino ad allora, aveva svolto funzioni
solo consultive). Successivamente, nel 1890, con L. n. 6837, venne
attribuita alla Giunta provinciale amministrativa (organo periferico
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Sezione II
La tutela giurisdizionale ordinaria
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ancora in piedi].
c) le azioni di accertamento
Nel processo amministrativo possono essere esperite anche azioni di
accertamento (cos come stabilito dall art. 31 c.p.a.).
Si tratta, innanzitutto, dell azione avverso il silenzio, ossia dell
azione con la quale, chi vi ha interesse, pu chiedere l accertamento
dell obbligo dell amministrazione di provvedere, una volta che siano
decorsi i termini per la conclusione del procedimento. Tale azione
pu essere proposta sino ad 1 anno dalla scadenza dei termini;
bene precisare, tuttavia, qualora l interessato decada dall azione
(per il decorso del termine di 1 anno), pu rivolgersi nuovamente all
amministrazione e far scattare, cos, i nuovi termini (il termine per la
conclusione del procedimento e, in caso di ulteriore inerzia, il
termine per l esercizio dell azione).
Una volta proposta l azione di accertamento, il giudice chiamato
ad accertare:
che sia scaduto il termine per provvedere;
che l amministrazione abbia l obbligo di provvedere;
che l amministrazione abbia omesso di provvedere.
Va sottolineato, infine, che qualora si tratti di attivit vincolata, il
giudice pu anche accertare che l interessato ha diritto al rilascio
del provvedimento richiesto.
Una seconda azione di accertamento prevista per far valere le
nullit previste dalla legge: in questo caso, necessario sottolineare
che, dal momento che l atto nullo non produce effetti, il giudice
chiamato semplicemente ad accertare che la situazione giuridica
(che l atto nullo pretendeva di modificare) rimasta immutata. il
caso di chiarire, al riguardo, che la domanda volta all accertamento
della nullit dell atto amministrativo deve essere proposta entro il
termine di decadenza di 180 gg.: ci, di conseguenza, comporta l
inattaccabilit dell atto, una volta decorso il termine su indicato (in
tal modo, l atto nullo produrrebbe i suoi effetti e verrebbe, quindi,
ad identificarsi con l atto annullabile).
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Sezione IV
Il processo amministrativo
1. Il ricorrente
L art. 2, co. 1 d.lgs. 104/10 stabilisce che il processo amministrativo
attua i principi della parit delle parti, del contraddittorio e del
giusto processo (trova, quindi, applicazione l art. 111 Cost.).
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ammessa nel caso in cui una delle parti dichiari di voler presentare
motivi aggiunti, ricorso incidentale ovvero regolamento di
competenza o di giurisdizione.
d) le varianti all ordinario procedimento cautelare
Sebbene la domanda di cautela debba essere esaminata in tempi
brevi, questi ultimi, tuttavia, possono risultare comunque troppo
lunghi qualora l urgenza sia massima; a tal fine, gli artt. 56 e 61
c.p.a. prevedono due specifiche ipotesi risolutive.
Innanzitutto, previsto che, in caso di estrema gravit ed urgenza
(tale da non consentire neppure di attendere la data della camera di
consiglio) la richiesta pu essere rivolta al presidente del Tar o al
magistrato da lui delegato: il giudice, accertata l avvenuta notifica
del ricorso (almeno all amministrazione resistente e ad uno dei
controinteressati), provvede con decreto motivato non impugnabile.
L altro rimedio previsto e disciplinato dalla legge prende, invece, il
nome di misura cautelare ante causam (cio, anteriore alla causa). A
differenza della precedente ipotesi (nella quale, come visto, l
urgenza tale non consentire l attesa fino alla data della camera di
consiglio), in questo caso, invece, l urgenza tale da non consentire
neppure la previa notificazione del ricorso; risulta, allora, sufficiente
notificare la domanda di misura cautelare perch il presidente o il
giudice da lui delegato provveda su di essa (con decreto), dopo aver
sentito le parti ( bene precisare comunque che, nell ipotesi
disciplinata, il ricorso per il merito non viene omesso, ma
semplicemente posticipato: tant vero che se esso non viene
notificato entro 15 gg. e depositato in segreteria nei successivi 5 gg.,
il decreto presidenziale perde efficacia).
e) la riproposizione della domanda, l istanza di revoca e le
impugnazioni
L ordinanza del Tar che respinge la domanda cautelare pu essere
riproposta qualora si verifichino mutamenti nelle circostanze di fatto
o qualora il ricorrente alleghi fatti anteriori da lui prima non
conosciuti (purch fornisca la prova del momento in cui ne venuto a
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36 della legge istitutiva dei Tar, nella parte in cui non prevedevano
questo particolare rimedio contro le sentenze del Tar (passate in
giudicato) e del Consiglio di Stato.
L opposizione di terzo proponibile contro le sentenze del Tar e
contro quelle del Consiglio di Stato, ma competente a conoscerla ,
in ogni caso, il Consiglio di Stato; il rimedio pu essere proposto in
ogni tempo (ma ove siano coinvolti interessi legittimi, il termine
decorre dal momento in cui il terzo ha avuto conoscenza della
sentenza lesiva del suo interesse).
Legittimati a proporre opposizione sono i controinteressati
pretermessi (cio, i controinteressati ai quali non stato notificato il
ricorso, di primo grado o d appello, e che pertanto non furono posti
nella condizione di potersi difendere), nonch i soggetti che, pur non
essendo stati controinteressati in senso tecnico, sono comunque
titolari di una posizione che pu essere pregiudicata dalla sentenza
del Consiglio di Stato (cd. controinteressati sopravvenuti).
Ovviamente, i presupposti per l accoglimento del ricorso variano a
seconda di chi sia l opponente: in particolare, qualora opponente sia
il controinteressato pretermesso sufficiente che egli dimostri che
aveva diritto alla notifica del ricorso e che tale notifica non
avvenuta, per ottenere l annullamento della sentenza (del Consiglio
di Stato o del Tar) ed il rinvio al primo giudice (al Tar).
Qualora, invece, opponente sia il controinteressato sopravvenuto
necessario che egli dimostri di aver ragione, allo scopo di ottenere l
annullamento della sentenza: non sufficiente, cio, che egli provi
che il ricorso non gli stato notificato (il ricorrente, infatti, non
aveva alcun obbligo in tal senso), ma deve dimostrare l inconsistenza
dei motivi di ricorso ovvero l esistenza di una pregiudiziale ostativa
del giudizio di merito (ad es., l irricevibilit del ricorso).
d) il ricorso per cassazione
L art. 111, co. 8 Cost. stabilisce che contro le sentenze del Consiglio
di Stato e della Corte dei Conti il ricorso per cassazione ammesso
solo per i motivi inerenti alla giurisdizione: questa limitazione ,
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Sezione V
I ricorsi amministrativi
1. Il ricorso gerarchico ed il ricorso in opposizione
Alla tutela offerta dal giudice si sempre accompagnata la tutela
offerta dalla stessa amministrazione; l apparente paradosso (di un
protezione assicurata dallo stesso soggetto contro il quale si agisce)
si giustifica in virt del fatto che l autorit alla quale ci si rivolge
non la stessa autorit che ha emesso l atto che si intende
attaccare, ma l autorit gerarchicamente superiore.
Disciplinato in termini generali con D.P.R. 1199/71, il ricorso
gerarchico pu essere proposto contro gli atti (non definitivi) delle
autorit che hanno un superiore gerarchico (ad es., il questore
subordinato al prefetto, il prefetto al Ministro dell Interno); il
ricorso, quindi, non ammesso contro gli atti di chi al vertice della
gerarchia ovvero contro gli atti di un organo collegiale.
Il termine per ricorrere di 30 gg. ed i motivi che possono essere
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