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Il presidente della

Repubblica

Lezione XVI

Prof. Antonio Gusmai


Che cosa deve intendersi con
l’espressione «capo dello Stato»?
L’espressione «capo dello Stato» (art. 87, comma 1, Cost.)
non deve intendersi alla lettera, come se implicasse il
supremo potere di comando nello Stato.
Invero, come si è più volte detto, nella nostra forma di
governo le funzioni dello Stato sono distribuiti tra organi
diversi (gli «organi costituzionali»), i quali le esercitano in
posizione di reciproca indipendenza. Sotto questo aspetto,
dunque, non ci sono «capi».
Tuttavia, il presidente della Repubblica è «capo dello
Stato», in due sensi ben de niti: quello di «garante della
Costituzione» e quello di «rappresentante dell’unità
nazionale».

Prof. Antonio Gusmai


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Segue…il P.d.R. come «garante della


Costituzione»
Il P.d.R. occupa il punto nevralgico dell’organizzazione
costituzionale: non c’è questione controversa, legislativa,
governativa o giudiziaria che non passi sul tavolo del Presidente.
Per questi motivi, la formula «capo dello Stato» sta qui a signi care
la particolare funzione di garanzia del buon funzionamento
globale del sistema costituzionale dello Stato.
In qualità di garante, a seconda delle circostanze storico-politiche
(oltre che della sua personalità) egli può svolgere una mera attività
di controllo degli equilibri costituzionali, piuttosto che avere un
ruolo attivo nel caso tali equilibri si inceppino.
Di qui i suoi poteri «a sarmonica»: con una solida maggioranza
parlamentare e un Governo in grado di governare, il compito del
presidente è prevalentemente quello di moderare la vita politica.
Viceversa, quando le forze politiche non sono in grado di assicurare
una maggioranza di governo, il Presidente è colui che rimette in
moto il funzionamento degli organi costituzionali inceppati e li
richiama ai propri doveri costituzionali.
Prof. Antonio Gusmai
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Segue…il P.d.R. come «rappresentante


dell’unità nazionale»
L’art. 87, comma 1, Cost., parla del presidente come «rappresentante dell’unità
nazionale». Il P.d.R., anche in questo senso, è «capo dello Stato»: personi ca e
rende visibile il popolo italiano considerato come unità spirituale.
Il P.d.R. è perciò un simbolo. In questa sua veste, gli spetta di agire in tutti i
modi che possono contribuire a rafforzare il sentimento della solidarietà
nazionale e a superare i motivi di divisione che siologicamente esistono in
una democrazia pluralista come la nostra.
Come ha stabilito la Corte cost., nella famosa sent. n. 1/2013, il P.d.R. svolge un
«ruolo di garante dell’equilibrio costituzionale e di “magistratura di
in uenza”. […]. È indispensabile, in questo quadro, che il Presidente
af anchi continuamente ai propri poteri formali […] un uso discreto di quello
che è stato de nito “potere di persuasione”, essenzialmente composto di
attività informali» che servono a mantenere in piedi il complesso equilibrio
costituzionale. Di qui la «riservatezza assoluta delle proprie
comunicazioni».
La domanda è: questa «magistratura di in uenza», per come raf gurata
dalla Corte, deve essere intesa come una risorsa o un pericolo?
Persuasione o trama? In effetti, il segreto assoluto delle sue comunicazioni
non garantisce che la sua «magistratura di in uenza» sia usata nel primo
senso e non nel secondo. Per tale ragione, la decisione della Consulta ha
sollevato non poche perplessità.
Prof. Antonio Gusmai
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In che senso può dirsi «politica» la
funzione presidenziale?
La funzione del P.d.R. non è politica se, per «politica», si
intende quella dei partiti. In relazione a questi ultimi, egli deve
anzi restare rigorosamente imparziale (super partes). Questo,
nché le parti politiche operano lealmente nel rispetto della
Costituzione. In caso contrario, il P.d.R. deve invece operare per
ricondurle nell’alveo costituzionale perché, altrimenti, tradirebbe
il primo dei suoi compiti: la garanzia della Costituzione.
Pertanto, la funzione del P.d.R. è «altamente politica», se per
politica si intende la cura dei supremi interessi pubblici che, in
quanto rappresentante dell’unità nazionale e garante della
Costituzione, gli è af data.
Sono sempre i partiti politici i responsabili dell’attivazione
delle funzioni di alta politica poco sopra citati. Come s’è detto
a più riprese, una maggioranza politica in grado di sorreggere
un Governo democratico, fanno del P.d.R. un mero notaio degli
indirizzi propriamente politici adottati.
Prof. Antonio Gusmai
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Elezione, durata in carica, supplenza


Il P.d.R. è eletto dal Parlamento in seduta comune delle due Camere. All’elezione partecipano
anche 3 delegati per ogni Regione (1 per la Valle d’Aosta), come richiede l’art. 83 Cost. Questi ultimi
hanno sempre svolto un ruolo marginale (sono solo 58 rispetto ai più di 950 parlamentari), ma la loro
presenza sta a sottolineare il carattere complesso (centrale e locale) della Repubblica (art. 5 Cost.) che
si ri ette nel momento della elezione del suo Presidente.
Qualsiasi cittadino, purché abbia compiuto 50 anni e goda dei diritti civili e politici (art. 84,
comma 1, Cost.), può essere eletto alla carica di Presidente.
Le votazioni avvengono a scrutinio segreto ed è richiesta una maggioranza quali cata: 2/3
dell’Assemblea nelle prime tre votazioni, la metà più uno dell’Assemblea (maggioranza assoluta)
in tutte le altre votazioni sino alla elezione.
Una volta eletto il P.d.R. presta giuramento dinanzi alle Camere riunite e pronuncia un messaggio di
insediamento. Dura in carica 7 anni e, formalmente, è rieleggibile (motivi di opportunità
costituzionale portano a vedere con sfavore tale ipotesi).
Quando il P.d.R. è impedito nello svolgimento delle sue funzioni, gli subentra il presidente del Senato,
in qualità di supplente. Se l’impedimento è temporaneo, quest’ultimo deve limitarsi a compiere gli atti
ordinari indispensabile al funzionamento delle istituzioni (ad. es., può promulgare le leggi, emanare gli
atti del Governo, ma non può sciogliere le Camere). Se l’impedimento è invece permanente, in tal caso
il presidente della Camera indice l’elezione del nuovo P.d.R.
In ogni caso, trenta giorni prima della scadenza del settennato presidenziale, il Parlamento in
seduta comune, integrato dai delegati regionali, è convocato per eleggere il nuovo Presidente. Tuttavia,
se la scadenza del settennato si veri ca a Camere sciolte o quando mancano meno di tre mesi
dalla loro cessazione, si è preferito posticipare l’elezione del nuovo P.d.R., per farlo eleggere dalle
Camere rinnovate nella loro composizione dal voto popolare (art. 85, comma 3, Cost.). Nel frattempo
sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
Il P.d.R. ha facoltà di dimettersi, e le sue valutazioni sono insindacabili. Tale atto, a differenza di tutti gli
altri atti presidenziali, non richiede la contro rma ministeriale.

Prof. Antonio Gusmai


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I poteri di garanzia
Nei riguardi del Parlamento, al P.d.R. spetta:
1) sciogliere, alla scadenza ordinaria o anticipatamente, una o entrambe le Camere, sentiti i rispettivi presidenti
(salvo l’ipotesi di «semestre bianco», art. 88 Cost.);
2) indire le nuove elezioni e ssare la prima riunione delle nuove Camere (art. 87, comma 3, Cost.);
3) inviare messaggi alle Camere ex art. 87, comma 2 Cost.);
4) promulgare o, eventualmente, rinviare la legge alle Camere, chiedendo con messaggio motivato una nuova
deliberazione (c.d. «veto sospensivo»).

Con riguardo al Governo, al Presidente spetta:


1) nominare il presidente del Consiglio e, su proposta di questi, i ministri;
2) autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge del Governo (residuo formale
del potere monarchico, che al vertice dell’esecutivo aveva il Re, capo dello Stato e del Governo);
3) emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti (anche qui, il potere è formale);
4) nominare gli alti funzionari dello Stato (scelti, di fatto, dal Governo);
5) presiedere il Consiglio supremo di difesa (serve ad evitare «colpi di Stato», visto la segretezza dei lavori del
presidente del Consiglio, dei ministri interessati alla politica militare e del capo di stato maggiore della difesa.
Soggetti, quesi ultimi, che lo compongono);
6) comandare le Forze armate (il comando effettivo spetta al Governo, ma al P.d.R. spetta garantire e controllare
che le decisioni circa le Forze armate siano prese e le operazioni militari si svolgano conformemente allo spirito
della Costituzione, contraria alla guerra come mezzo di aggressione ex art. 11 Cost.).

Nei confronti dell’amministrazione della giustizia al P.d.R. spetta:


1) presiedere il CSM;
2) nominare 5 giudici della Corte costituzionale;
3) concedere la grazia e commuta le pene con provvedimenti individuali di clemenza.

Nei confronti del corpo elettorale al P.d.R. spetta:


1) indire le elezioni
2) indire il referendum nei casi previsti dalla Costituzione.

Prof. Antonio Gusmai


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I poteri di rappresentanza nazionale


Come rappresentante dell’unità nazionale, il Presidente
dispone di poteri onori ci, consistenti nel pubblico
riconoscimento dei meriti e delle virtù civili di cittadini
illustri. A tal ne può:
1) conferire le onori cenze della Repubblica;
2) nominare 5 senatori a vita.

Il P.d.R., inoltre, rappresenta lo Stato come unità politica


nei rapporti con gli altri Stati. In questa veste, egli:
A) accredita e riceve gli ambasciatori;
B) rati ca i trattati internazionali, previa autorizzazione delle
Camere quando occorra a norma dell’art. 80 Cost.;
C) dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

Nelle occasioni pubbliche gode, inoltre, del potere


informale di esternazione.
Prof. Antonio Gusmai
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I decreti del P.d.R. e la contro rma


ministeriale
Gli atti del P.d.R. assumono tutti la stessa forma, quali che ne siano i
contenuti. Sono tutti «decreti» (D.P.R.). Con il termine decreto in genere
ci si indicano gli atti che provengono dal potere esecutivo. Si tratta,
anche qui, di un retaggio storico, dacché il Re, essendo nello Stato
liberale al vertice del potere esecutivo, tutti gli atti venivano emanati dal
“sovrano” (che era il capo dello Stato).
Oggi, al di là della forma (quella del «D.P.R.», appunto) il contenuto
politico di tali atti è sempre stabilito dal Governo (sia uno o più ministri,
che il Consiglio nella sua totalità).
I decreti, invero, sono rmati dal P.d.R., ma, a tale rma va sempre
aggiunta la contro rma di un ministro (salvo che per l’«atto di
dimissioni» e per le semplici «esternazioni»). Il motivo è facilmente
intuibile: poiché il P.d.R. non ha responsabilità politica nella forma di
governo parlamentare (artt. 89 e 90 Cost.), al suo posto è politicamente
responsabile il ministro proponente (diversamente saremmo in una
forma di governo presidenziale, in cui il P.d.R. concorre a determinare
l’indirizzo politico).
La contro rma è dunque uno strumento che serve a trasferire la
responsabilità degli atti del Presedente ai membri del Governo.
Prof. Antonio Gusmai
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Segue…il diverso valore della contro rma
Il ministro che contro rma collabora dunque col P.d.R. In tale collaborazione, si devono però
rispettare i compiti speci ci che spettano al Governo (come organo politico e vertice
dell’Amministrazione) e del Presidente (come rappresentante dell’unità nazionale e garante
della Costituzione). La contro rma assume così diversi signi cati a seconda della natura
dell’atto in questione.
In particolare, occorre distinguere:

1) atti formalmente e sostanzialmente presidenziali, in cui la decisione effettiva è sempre


del P.d.R. e i ministri svolgono una semplice funzione di controllo (ad es., messaggi alle
Camere, nomina dei 5 senatori a vita, nomina dei 5 giudici costituzionali, concessione della
grazia).

2) atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente governativi, in cui rientrano tutti gli


atti politici, ossia i decreti che hanno a che vedere con l’azione del Governo come organo
politico e vertice dell’Amministrazione (ad es., l’autorizzazione alla presentazione dei disegni
di legge, l’emanazione dei decreti, la nomina dei funzionari dello Stato, l’accreditamento dei
diplomatici).

3) atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente complessi, in cui a cagione dell’alta


politicità dell’atto da adottare, la scelta è negoziata tra Presidente della Repubblica e
Presidente del Consiglio (è il caso del decreto di scioglimento anticipato delle Camere,
anche chiamato atto duumvirale o bicefalo).

In conclusione, gli atti del P.d.R. sono tutti esteriormente uguali: decreti contro rmati da
ministri. Sono però diversi sostanzialmente, a seconda che essi abbiano a che fare con
l’esercizio di funzioni che la Costituzione attribuisce alla responsabilità del Governo, oppure
del P.d.R. stesso o di entrambi.
Prof. Antonio Gusmai

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