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rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 1

Nozione, regime e vicende dell’ente pubblico.


Rapporto con la nozione di pubblica amministrazione
Michele Gerardo*

SoMMArIo: 1. Nozione di ente pubblico - 2. regime giuridico dell’ente pubblico - 3. Ap-


parato organizzativo dell’ente pubblico - 4. Attribuzioni dell’ente pubblico e modo del loro
svolgimento - 5. Vicende degli enti pubblici - 6. Nozione di ente pubblico e rapporto con la
nozione di pubblica amministrazione (o amministrazione pubblica).

1. Nozione di ente pubblico.


L’ente pubblico è un ente collettivo avente lo scopo della cura concreta
di un interesse pubblico, di soddisfare interessi pubblici. Un interesse è pub-
blico quando la legge - statale o regionale a seconda della sfera di competenza
- lo attribuisce alla tutela di un ente pubblico (1).
Perché esista un ente pubblico, oltre alla normale plurisoggettività - con
il conseguente apparato organizzativo - allo scopo e al patrimonio è richiesto
il riconoscimento legale; difatti a termini dell’art. 4 L. 20 marzo 1975, n. 70
“nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per
legge”, statale o regionale secondo l’ordine delle competenze di cui all’art.
117 cost. L’art. 4 citato costituisce applicazione del principio di legalità di cui
all’art. 97, commi 2 e 3, cost. secondo cui “I pubblici uffici sono organizzati
secondo disposizioni di legge” e “Nell'ordinamento degli uffici sono determi-
nate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei fun-
zionari” (2). La disposizione costituzionale esprime il principio secondo cui
spetta all’ordinamento generale e alle sue fonti individuare le soggettività che
operano al suo interno (3).
L’art. 4 prevede, attesa la sua formulazione, una riserva di legge relativa.
Sicché non è necessario che l’ente venga creato con atto legislativo per qua-
lificarlo ente pubblico, cosa che può comunque avvenire ed avviene di fre-
quente spesso in tempi recenti (4). All’uopo è sufficiente che venga creato in

(*) Avvocato dello Stato.


(1) Sull’ente pubblico: V. OttAViAnO, voce Ente pubblico, in Enc. del Diritto, vol. XiV, Giuffré
1965, pp. 963-975; G.M. De FrAnceScO, voce Persona giuridica (diritto privato e pubblico), in Novis-
simo Digesto, vol. Xii, Utet, 1965, pp. 1035-1053; G. ArenA voce Enti pubblici, in Novissimo Digesto.
Appendice, vol. iii, Utet, 1982, pp. 401-413; c. FrAnchini, voce Enti pubblici, in Il diritto. Enciclo-
pedia giuridica del Sole 24 ore, vol. 6, Corriere della Sera Il Sole 24 ore, 2007, pp. 48-58.
(2) Per tale rilievo: V. OttAViAnO, voce Ente pubblico, cit., p. 971; G. cOrSO, Manuale di diritto
amministrativo, Viii edizione, Giappichelli, 2017, p. 70; e. cASettA, Manuale di diritto amministrativo,
XVi edizione, Giuffré, 2014, p. 83.
(3) conf.: L. MAzzArOLLi, G. PericU, A. rOMAnO, F.A. rOVerSi MOnAcO, F.G. ScOcA (a cura
di), Diritto amministrativo, vol. i, Monduzzi, 2005, p. 151.
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conformità ad una disposizione legislativa avente ad oggetto la disciplina di


uno specifico ente attributario di un interesse pubblico. La legge istitutiva di
un singolo ente o di categorie di enti ne individua le finalità, l’assetto orga-
nizzativo, i poteri.
Questo vale per gli enti di nuova costituzione; in questa evenienza occorre
anche accertare - in base ad una qualificazione espressa o dai connotati di si-
stema - se l’ente è dotato o meno della persona giuridica; ciò al limitato fine di
acclarare la sussistenza o meno della autonomia patrimoniale perfetta. Per
quelli già esistenti, in primis lo Stato e gli altri enti territoriali, vale la tradizione
storica e la stratificazione prodotta dall’evoluzione della normativa in materia.
La summa divisio tra gli enti pubblici è quella tra
a) enti territoriali (Stato, articolantesi in Presidenza del consiglio dei
Ministri, Ministeri e Aziende autonome dello Stato o amministrazioni dello
Stato ad ordinamento autonomo; regioni; comuni e Province; città metro-
politane);
b) enti ancillari agli enti territoriali. Ossia:
- enti ausiliari dello Stato (consiglio nazionale dell'economia e del la-
voro; consiglio di Stato nello svolgimento delle funzioni consultive; corte
dei conti nello svolgimento delle funzioni di controllo; Avvocatura dello Stato;
Agenzia per i servizi sanitari regionali-AGenAS);
- enti strumentali dello Stato (enti pubblici nazionali svolgenti attività
di previdenza e assistenza; enti pubblici nazionali non svolgenti attività di pre-
videnza e assistenza ex D.L.vo 29 ottobre 1999, n. 419; agenzie disciplinate
dal D.L.vo n. 300/1999 ed altri enti); enti strumentali delle regioni (enti del
Servizio sanitario nazionale ed altri enti); enti strumentali degli enti locali
(comunità montane; comunità isolane; unione di comuni; consorzi ex art. 31
D.L.vo n. 267/2000; Aziende speciali; istituzioni);
c) enti autonomi dagli enti territoriali (Università degli Studi; camere di
commercio, industria, Artigianato ed Agricoltura; Ordini e collegi professionali);
d) enti indipendenti (cd. Autorità amministrative indipendenti);
e) enti pubblici economici (cd. impresa pubblica di diritto comune o im-
presa-organo).
come individuare l’ente pubblico?
La mera qualificazione normativa quale ente pubblico, in un caso in cui
l’ente non tuteli un interesse pubblico, è inidonea. ciò anche per i limiti co-
stituzionali che tutelano le formazioni sociali, la libertà di associazione e altre
attività private. Ad esempio una legge delle Stato che qualificasse ente pub-
blico - senza altra innovazione - le fondazioni di carattere culturale non

(4) Ad esempio l’“Agenzia delle entrate-riscossione”, ente pubblico economico ed altresì ente
strumentale dell'Agenzia delle entrate, è stato istituito con l’art. 1, comma 3, D.L. 22 ottobre 2016, n.
193, conv. L. 1 dicembre 2016, n. 225.
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avrebbe la virtù di rendere “veramente” pubblici i detti enti. emblematica è la


vicenda relativa alla pubblicizzazione delle opere pie e degli enti morali aventi
il fine di prestare assistenza ai poveri e di procurarne l’educazione, l’istruzione,
l’avviamento al lavoro e il miglioramento morale e economico: l’art. 1 L. 17
luglio 1890, n. 6972 (c.d. legge crispi), che qualificava tali enti come istitu-
zioni pubbliche di assistenza e beneficenza, è stato dichiarato illegittimo dalla
corte costituzionale - con sentenza 7 aprile 1988, n. 396 - nella parte in cui
non prevede che le iPAB regionali e infraregionali possano continuare a sus-
sistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora abbiano
tuttora i requisiti di un'istituzione privata; ciò per il contrasto con l’art. 38 della
costituzione tutelante la libertà di assistenza privata.
Allo stesso modo la mera qualificazione normativa quale ente privato (ad
esempio: s.p.a.), in un caso in cui l’ente tuteli un interesse pubblico, egual-
mente è inidonea.
il requisito necessario e sufficiente perché esista un ente pubblico è che,
come detto innanzi, un ente collettivo abbia lo scopo di soddisfare un interesse
pubblico. Su tale presupposto la qualificazione normativa rende chiaro ed in-
discutibile la natura dell’ente.
nella giurisprudenza stratificata degli ultimi decenni sono stati individuati
vari indici di riconoscimento della qualità di ente pubblico (5), tra cui:
a) creazione per legge o in base ad una legge per la cura di un interesse
pubblico. La legge può essere sia statale che regionale;
b) carattere generale dell’interesse curato;
c) l’attribuzione per legge di poteri autoritativi, pubblicistici;
d) carattere necessario dell’ente, cioè il fatto che la sua esistenza è per legge
obbligatoria - con la conseguenza che l’ente non ha la possibilità di estinguersi
in via volontaria - perché legata alla natura pubblica delle funzioni affidate;
e) il finanziamento a carico dell’ente di riferimento (Stato o regione);
f) nomina e revoca degli organi amministrativi e/o di controllo e/o finan-
ziamento dell’ente da parte di un ente territoriale o altro ente di riferimento.
Per gli enti pubblici nazionali l’art. 3, comma 1, L. 23 agosto 1988, n.
400 dispone che le nomine alla presidenza di enti, istituti o aziende di carattere
nazionale, di competenza dell'amministrazione statale sono effettuate con de-
creto del Presidente della repubblica emanato su proposta del Presidente del
consiglio dei ministri, previa deliberazione del consiglio dei ministri adottata
su proposta del ministro competente. La L. 24 gennaio 1978, n. 14 reca poi
norme per il controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici nazionali:

(5) Sui quali ex plurimis: V. OttAViAnO, voce Ente pubblico, cit., pp. 965-966; A.M. SAnDULLi,
Manuale di diritto amministrativo, vol. i, XV edizione, Jovene, 1989, pp. 194-195; M.S. GiAnnini, Di-
ritto amministrativo, vol. i, ii edizione, Giuffré, 1988, p. 182; M. cLArich, Manuale di diritto ammini-
strativo, iii edizione, il Mulino, 2017, pp. 344-345; e. cASettA, Manuale di diritto amministrativo, cit.,
p. 84.
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“Il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Consiglio dei Ministri ed i singoli
Ministri, prima di procedere, secondo le rispettive competenze, a nomine, pro-
poste o designazioni di presidenti e vicepresidenti di istituti e di enti pubblici,
anche economici, devono richiedere il parere parlamentare previsto dalla pre-
sente legge” (art. 1). Per gli enti pubblici regionali è previsto, all’art. 10 della
L. n. 14/1978, che per le nomine, le proposte o le designazioni dei presidenti
e dei vicepresidenti degli enti ed istituti pubblici, anche economici, di compe-
tenza del presidente della regione, della giunta regionale o dei singoli assessori,
le regioni provvedono ad emanare norme legislative nei limiti dei principi fon-
damentali risultanti dalla presente legge entro il termine di cui al secondo
comma dell'articolo 10 della legge 10 febbraio 1953, n. 62;
g) potere di indirizzo, controllo e vigilanza - da parte dell’ente di riferi-
mento - sulla attività mediante l’approvazione degli atti più rilevanti (bilanci
preventivi, rendiconti consuntivi, pianta organica, scioglimento degli organi
di amministrazione, ecc.).
Per gli enti del parastato gli artt. 29 e 30 L. n. 70/1975 prevedono l'ap-
provazione da parte dei Ministeri vigilanti delle delibere con cui gli enti adot-
tano o modificano il regolamento organico, definiscono o modificano la
consistenza organica di ciascuna qualifica, il numero dei dirigenti degli uffici
e degli addetti agli uffici stessi, provvedono ad aumentare o modificare gli
stanziamenti relativi a spese generali e di personale; ed inoltre, dei bilanci di
previsione (con allegata la pianta organica vigente comprendente la consi-
stenza numerica del personale di ciascuna qualifica) e dei conti consuntivi
degli enti;
h) controllo di legittimità affidato alla corte dei conti.
All’uopo l’art. 3, comma 4, L. 14 gennaio 1994, n. 20 dispone: “La Corte
dei conti svolge, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla ge-
stione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché
sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando
la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli
interni a ciascuna amministrazione”. Per gli enti del parastato l’art. 30, ultimo
comma, L. n. 70/1975 dispone che questi sono sottoposti al controllo della
corte dei conti, secondo le norme contenute nella legge 21 marzo 1958, n. 259;
l) ammissione dell’ente ad avvalersi dei servizi propri dello Stato o della
regione. Ad esempio: la difesa in giudizio e l’attività consultiva dell’Avvo-
catura dello Stato (artt.1 e 43 r.D. 30 ottobre 1933, n. 1611; art. 107, comma
3, D.P.r. 24 luglio 1977, n. 616); l’utilizzo di uffici tecnici e corpi consultivi
(art. 107, commi 1 e 2, D.P.r. n. 616/1977).
All’evidenza il primo indice sopraindicato è autosufficiente e replica
quanto previsto dall’art. 4 L. n. 70/1975. tutti gli altri non sono autosufficienti,
vanno combinati tra loro, onde pervenire - considerati nel loro complesso -
alla individuazione dell’ente pubblico.
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Alla stregua di quanto esposto le Università c.d. libere, mancando i detti


indici, non sono enti pubblici (6).
L’ente pubblico, in quanto soggetto di diritto, è dotato di autonoma capa-
cità di imputazione giuridica, operante sia nel campo sostanziale - ponendo in
essere atti amministrativi o negozi giuridici od operazioni materiali - che la
capacità di stare in giudizio, rectius: processuale ex art. 75 c.p.c.
2. regime giuridico dell’ente pubblico.
La qualificazione dell’ente come pubblico determina l’applicazione di un
peculiare regime giuridico, come riconosciuto dall’art. 11 c.c. secondo cui “Le
province e i comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come persone giu-
ridiche godono dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pub-
blico”. Le persone giuridiche pubbliche - rectius: gli enti pubblici - sono
sottratte alla disciplina del codice civile e sottoposte ad uno speciale regime
appositamente creato per esse. tuttavia la disciplina degli enti pubblici è solo
una disciplina di specie. La disciplina di genere dovrà essere ricavata dal co-
dice civile: a questo si dovrà attingere ogni qual volta si tratterà di individuare,
al di là della disciplina specifica contenuta nella legge speciale, la generica
disciplina richiamata con la qualificazione dell’ente pubblico come persona
giuridica. tanto al riguardo, ad esempio, alla disciplina della capacità giuridica
e di agire, alla proprietà, alle obbligazioni, alla tutela dei diritti. Potranno essere
applicate agli enti pubblici - sempre in assenza di disciplina specifica - anche
disposizioni che regolano, le singole figure di persone giuridiche private (7).
Gli aspetti qualificanti del detto peculiare regime (8) sono i seguenti:
a) l’autarchia, ossia la possibilità di agire per il conseguimento dei propri
fini mediante l’esercizio del potere amministrativo (atti, provvedimenti, accordi,
comportamenti, riconducibili anche mediatamente al potere amministrativo).
non tutti gli enti pubblici, in via ordinaria, esercitano poteri amministrativi
a mezzo di provvedimenti amministrativi. tuttavia, ogni ente pubblico esercita
un minimum di potestà pubblica. consistente quanto meno di una potestà di
certificazione, produttiva di certezza giuridica. inoltre, almeno sul versante
della propria organizzazione ogni ente dispone di una potestà organizzativa -
che si esercita nei limiti stabiliti dalla legge - che si esprime attraverso atti or-
ganizzativi relativi, tra l’altro, all’istituzione e soppressione degli uffici, al de-
centramento degli stessi, ai regolamenti di organizzazione e del personale; atti

(6) conf. cons. di Stato, 11 luglio 2016, n. 3043.


(7) Per tali rilievi: F. GALGAnO, Delle persone giuridiche, in Commentario del Codice Civile a
cura di A. SciALOJA e G. BrAncA, Zanichelli - Foro Italiano, 1969, pp. 116-121.
(8) Su tali aspetti: e. cASettA, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 87-93, il quale evidenzia
altresì (p. 87) che la presenza di taluni aspetti del regime giuridico spesso sono considerati come indice
rivelatore della pubblicità, per cui vi è una certa sovrapposizione tra indici e regime; F.G. ScOcA (a cura
di), Diritto amministrativo, iii edizione, Giappichelli, 2014, p. 130.
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che hanno la natura di atti amministrativi: regolamenti o provvedimenti am-


ministrativi. infine tutti gli enti pubblici dispongono della prerogativa dell’au-
totutela. i detti rilievi valgono anche per gli enti pubblici economici (9);
b) l’autonomia. Questa può avere diversi ambiti (10), concorrenti od
esclusivi:
- normativa, ossia emanare - sussistente il potere in base a una norma
sulla produzione giuridica - norme che abbiano efficacia nell’ordinamento ge-
nerale (es.: regolamenti);
- politica, di indirizzo, ossia la possibilità di darsi obiettivi anche diversi
da quelli statuali (ciò vale per gli enti territoriali);
- finanziaria, ossia la possibilità di decidere in ordine alle spese e di di-
sporre di entrate autonome;
- organizzativa, ossia la possibilità di darsi un assetto organizzativo - de-
rivante normalmente da uno statuto, talora soggetto ad approvazione dell’au-
torità vigilante - diverso rispetto a modelli generali;
- tributaria, ossia la possibilità di disporre di propri tributi;
- contabile, ossia la potestà al normale procedimento previsto per l’ero-
gazione di spese e l’introito di entrate; in particolare costituisce espressione
di tale autonomia la sussistenza di un bilancio distinto da quello di altri enti;
c) l’autotutela. Agli enti pubblici è riconosciuta la potestà di farsi ragione
da sé (naturalmente secondo diritto) per le vie amministrative (e salvo ogni
sindacato giurisdizionale: art. 113 cost.), ossia di risolvere un conflitto attuale
o potenziale di interessi e, in particolare, di sindacare la validità dei propri atti,
producendo effetti incidenti su di essi a prescindere da una verifica giurisdi-
zionale. Si distingue tra autotutela
- decisoria, esprimentesi mediante l’adozione di provvedimenti (sospen-
sione, convalida, revoca, annullamento d’ufficio). ciò sulla base della previ-
sione, in via generale, contenuta nel capo iV bis L. 7 agosto 1990, n. 241;

(9) Ex plurimis: A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 196; V. cerULLi
ireLLi, Lineamenti del diritto amministrativo, cit., p. 169. All’uopo si rileva che “non è affatto detto
che tutti gli enti che pur debbono dirsi pubblici, siano dotati di simili poteri pubblicistici. Il che equivale
a dire che la mancata attribuzione ad un ente di poteri del genere, il conseguente riconoscimento solo
della sua capacità di diritto privato, non esclude affatto che, ciò nonostante, esso debba essere qualifi-
cato pubblico. Perché quel che è essenziale per la sua pubblicità, è la sua funzionalizzazione nei sensi
accennati. E, questa, non deve investire necessariamente poteri pubblicistici, la loro attribuzione e il
loro esercizio. Può incidere anche nell’esplicazione di capacità che sono solo privatistiche e di diritto
comune: di qui, la possibilità che siano pubblici anche enti dotati solo di esse; e nel compimento di at-
tività di mero fatto, in particolare nella prestazione di servizi: di qui la possibilità che siano pubblici
anche enti il cui ruolo sia circoscritto solo a queste altre”: così: L. MAzzArOLLi, G. PericU, A. rOMAnO,
F.A. rOVerSi MOnAcO, F.G. ScOcA (a cura di), Diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 155.
(10) i diversi ambiti dell’autonomia possono anche afferire agli uffici e organi di un ente pubblico.
in questa evenienza un organo o un ufficio può avere maggiore indipendenza o maggiori poteri rispetto
ad altri organi o uffici dello stesso ente; su tali aspetti: M.S. GiAnnini, Diritto amministrativo, vol. i,
cit., pp. 240-241.
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- giustiziale, ossia le decisioni dei ricorsi amministrativi. Anche questo è


un potere di carattere generale, sulla base delle previsioni di cui al D.P.r. 24
novembre 1971, n. 1199;
- esecutiva, mediante il compimento di operazioni (es: demolizione di
opere abusive; art. 54 cod. nav. nel caso di occupazioni od innovazioni abusive
sul demanio marittimo), e sanzionatoria (accertamento di infrazioni ammini-
strative ed adozione delle conseguenti sanzioni). Questo potere non è di ca-
rattere generale ed è ammesso solo nei casi per i quali la legge lo prevede (11);
d) l’autogoverno, ossia la facoltà di amministrarsi attraverso organi i cui
membri sono stai eletti dai soggetti che ne fanno parte. ciò vale solo nei casi
previsti dalla legge (es.: enti territoriali);
e) le persone fisiche legate da un rapporto di servizio agli enti pubblici
sono assoggettate ad un particolare regime di responsabilità penale (artt. 314
e ss. c.p.), civile e amministrativa;
f) l’attività che costituisce l’esercizio di poteri amministrativi è retta da
principi e regole peculiari, quali quelli contenuti nella L. n. 241/1990 relativa
ai procedimenti amministrativi. Anche l’attività che gli enti svolgono utiliz-
zando gli strumenti di diritto comune è disciplinata da norme specifiche, volte
- ad esempio - ad assicurare che la scelta del contraente sia effettuata nel ri-
spetto dei principi di imparzialità e di economicità;
g) i beni strumentali alla realizzazione dell’interesse pubblico del quale
l’ente è attributario sono sottoposti ad un regime speciale. trattasi dei beni del
demanio e del patrimonio indisponibile;
h) sono soggetti alle norme della contabilità pubblica - specie con ri-
guardo alla tutela della sostenibilità finanziaria - ed al controllo della corte
dei conti;
i) per la riscossione dei loro crediti possono utilizzare strumenti per con-
seguire anche coattivamente, a mezzo dell’autotutela, la soddisfazione dei loro
interessi. Viene in rilievo il ruolo, con riguardo alle entrate di diritto pubblico;
l’ingiunzione fiscale, con riguardo alle entrate di diritto pubblico ed altresì per
le entrate patrimoniali di diritto privato (art. 1 r.D. 14 aprile 1910, n. 639) (12);
l) la partecipazione degli enti pubblici al capitale delle società per azioni,
determina una peculiare disciplina sui relativi poteri (artt. 2449 e 2451 c.c.);

(11) Ex plurimis: A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., pp. 196-197.
(12) L’art. 21 ter del L. n. 241/1990 dispone: “1. Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge,
le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro con-
fronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell'esecuzione da parte
del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida,
possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge. 2.
Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni
per l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato”. All’evidenza, in virtù del comma 2, le disposizioni
per l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato contenute nel r.D. n. 639/1910 si applicano alle pubbliche
amministrazioni (cui al primo comma), ossia agli enti pubblici.
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m) gli enti pubblici - perseguendo finalità la realizzazione delle quali è


considerata essenziale e indispensabile dall’ordinamento - non possono essere
dichiarati falliti (art. 2221 c.c.) e non possono estinguersi per atto di volontà
(e ancor meno per propria volontà), sia pure mediante fusione con altri enti,
se non alle condizioni stabilite dall’ordinamento. Occorre dunque una legge o
un atto amministrativo posto in esecuzione di una legge: ciò vale anche per
gli enti territoriali (artt. 132-133 cost.) (13);
n) ulteriore caratteristica degli enti pubblici è una particolare posizione
di soggezione di essi nei confronti degli enti di riferimento, massimamente
dello Stato o della regione, destinata essenzialmente ad assicurare l’osser-
vanza della legalità e l’unitarietà della funzione amministrativa nel quadro del
rispettivo sistema.
il Governo dispone del potere di sottoporre gli enti che mettono capo allo
Stato (come descritto nel precedente paragrafo), e le stesse regioni (art. 126
cost.), ad amministrazione straordinaria in caso di gravi illegittimità o di im-
possibilità di funzionamento dell’amministrazione ordinaria; e di altrettali po-
teri è da ritenere che dispongano le regioni nei confronti degli enti che a loro
mettono capo. il Governo dispone inoltre del potere di annullare di ufficio, a
tutela dell'unità dell'ordinamento, atti amministrativi illegittimi di qualsivoglia
ente pubblico, con l’eccezione degli atti amministrativi illegittimi delle re-
gioni e delle Province autonome (art. 2, comma 3, lettera p, L. 23 agosto 1988,
n. 400). nel quadro unitario dell’azione amministrativa, tutti gli enti pubblici
sono soggetti alla potestà statale di coordinazione, nel sistema della quale
spicca la programmazione. essi inoltre sono soggetti ad una certa potestà di
indirizzo dello Stato o dell’altro ente pubblico (regione, comune, ecc.) di ri-
ferimento (14).
3. Apparato organizzativo dell’ente pubblico.
Per organizzazione s’intende un disegno preordinato di uffici e di relative
attribuzioni (15), la predisposizione di strumenti per il raggiungimento di dati
risultati (16). L’organizzazione, giusta le previsioni dell’art. 97, comma 2 e
95, comma 3, cost. - costituisce oggetto di riserva relativa di legge; sicché le
disposizioni di legge possono regolare integralmente la materia o limitarsi,
cosa che di solito avviene, alla regolazione degli elementi caratterizzanti.
Le amministrazioni pubbliche sono organizzazioni complesse nelle quali
gli uffici si aggregano secondo linee di sviluppo verticali e orizzontali, in modo

(13) A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 199.


(14) Su tali aspetti: A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 198.
(15) L. MAzzArOLLi, G. PericU, A. rOMAnO, F.A. rOVerSi MOnAcO, F.G. ScOcA (a cura di), Di-
ritto amministrativo, vol. i, cit., p. 282.
(16) G. PALeOLOGO, voce organizzazione amministrativa, in Enc. del Diritto, Vol. XXXi, Giuffré,
1981, p. 135.
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che finiscono per apparire morfologicamente come piramidi, ai diversi livelli


delle quali si situano gli uffici secondo un criterio denominato - in scienza
dell’amministrazione - gerarchico. Difatti, nell’ambito di una qualsiasi strut-
tura organizzata, nella quale operino una pluralità di uffici allo scopo di rag-
giungere un obiettivo comune è ineliminabile il fenomeno dell’autorità. tutte
le attività che nell’organizzazione si svolgono ai diversi livelli della scala sono
incardinate in un sistema di vincoli, intesi ad evitare che l’attività posta in es-
sere da alcuni uffici si riveli inidonea a perseguire il fine o i fini dell’organiz-
zazione oppure si ponga in contrasto con le attività svolte da altri uffici. ed è
mediante il sistema dei vincoli che al profilo dell’autorità può essere ricolle-
gato il profilo della responsabilità.
ciascun ufficio ha una sua collocazione nella scala o “linea” gerarchica
(line), cosicché tali uffici sono detti anche uffici di line. Possono peraltro aversi
nella struttura organizzativa anche uffici che restano fuori dalla linea gerar-
chica, ed ai quali sono affidati compiti o ruoli ausiliari, indirettamente collegati
con gli scopi della organizzazione: essi vengono denominati uffici di staff.
Sicché, a seconda del livello che, nella struttura organizzativa hanno il
criterio aggregativo gerarchico (di line) o il criterio aggregativo funzionale (o
di staff), le strutture stesse possono essere di tipo gerarchico (strutture di line),
di tipo funzionale (strutture di staff), o di tipo gerarchico-funzionale (strutture
di line-staff). Le amministrazioni pubbliche tendono sempre più ad essere mo-
dellate secondo il criterio line-staff, prevalente rimanendo peraltro la costru-
zione gerarchica o verticale (17).
L’ente pubblico può presentare una organizzazione compatta, ove consti
di una entità formalmente unitaria (pur nella pluralità dei suoi uffici), oppure
una organizzazione disaggregata, ove consti - al suo interno - di una pluralità
di organizzazioni formalmente intese (come avviene nell’ambito dello Stato,
il quale è un coacervo di soggetti di diritto).
L’ente si articola in uffici semplici o complessi, a seconda degli interessi
e delle dimensioni dell’ente. Alcuni degli uffici sono altresì organi dell’ente,
ossia preposti all’emanazione di manifestazioni di volontà o di giudizio.
L’ente pubblico ha degli organi necessari e degli organi eventuali. Organi
necessari sono gli organi di governo con funzioni di indirizzo politico e gli or-
gani dirigenziali con compiti di concreta gestione. Organo necessario è altresì
l’Organismo indipendente di valutazione della performance (art. 14 D.L.vo
27 ottobre 2009, n. 150). Organi eventuali sono, ad esempio, gli uffici tecnici,
quali un ufficio legale, la cui presenza non è necessaria perché sia configura-
bile l’ente.

(17) Sulla piramide gerarchica: L. MAzzArOLLi, G. PericU, A. rOMAnO, F.A. rOVerSi MOnAcO,
F.G. ScOcA (a cura di), Diritto amministrativo, vol. i, cit., pp. 355-356.
10 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

4. Attribuzioni dell’ente pubblico e modo del loro svolgimento.


L’attribuzione è il complesso degli interessi affidati, dalla legge, alla cura
di un ente pubblico. trattasi dei compiti conferiti all’ente. La violazione delle
norme in tema di attribuzione determina la nullità del provvedimento ammi-
nistrativo (art. 21 septies L. n. 241/1990).
nella evenienza che l’ente abbia più di un organo viene in gioco il con-
cetto di competenza: la competenza è la frazione di attribuzione spettante al-
l’organo. Ove l’ente abbia un unico organo la competenza si risolve nella
attribuzione. ciascun organo ha dalla legge individuato l’ambito delle proprie
funzioni (art. 97, comma 3, cost.), che in quanto tale non può essere derogato
(a pena di illegittimità) per volontà dell’amministrazione. tale regola si
estende sia all’ambito delle relazioni di equiordinazione, che alle relazioni di
sopraordinazione sub specie di direttiva, restando escluso l’ambito delle rela-
zioni di sopraordinazione sub specie di gerarchia, dove non opera il principio
di competenza. La violazione delle norme in tema di competenza determina
l’annullabilità del provvedimento amministrativo (art. 21 octies, comma 1, L.
n. 241/1990) (18).
L’unico organo o gli organi esercitano, poi - rispettivamente - l’attribuzione
o lo spicchio di attribuzione dei quali hanno la titolarità. in dati casi l’esercizio
del compito spetta non all’organo titolare, ma ad organi diversi dello stesso
ente o di un diverso ente; tanto accade nei casi di avocazione, delega e sostitu-
zione. Vi è poi la ipotesi, diversa dalle precedenti, dell’avvalimento (19).
Avocazione
nella fattispecie dell’avocazione un ente decide di esercitare, sulla base
di motivi di interesse pubblico o comunque di giustificate ragioni di ordine
organizzativo o funzionale, un potere attribuito alla competenza di altro ente
e indipendentemente dall’inadempimento dell’avocato istituzionalmente com-
petente. ciò, con atto discrezionale, tutte le volte che occorre per la cura di un
determinato interesse pubblico concreto. L’avocazione opera anche nei rap-
porti interorganici (un organo si sostituisce ad un altro organo dello stesso ente
nell’esercizio del potere).
tale potere sussiste in via generale, a prescindere da una puntuale dispo-
sizione, nell’ambito delle relazioni di sopraordinazione sub specie di gerarchia,
mentre non sussiste in via generale - attesa la inderogabilità dell’ordine legale
delle competenze - nell’ambito delle relazioni di equiordinazione e di sopra-
ordinazione sub specie di direttiva salvi i casi di espressa previsione normativa.
in coerenza con tali rilievi - atteso il rapporto di direzione e non di gerarchia

(18) Su attribuzione e competenza, ex plurimis: M.S. GiAnnini, Diritto amministrativo, vol. i,


cit., pp. 233-237.
(19) Su tali figure: AA.VV., Istituzioni di diritto amministrativo, Giappichelli, 2017, pp. 78-79.
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 11

tra gli organi politici e la dirigenza - “Il Ministro non può revocare, riformare,
riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di compe-
tenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un ter-
mine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i
provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza
delle direttive generali da parte del dirigente competente, che determinino
pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di
urgenza previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione
al Presidente del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento” (art. 14,
comma 3, D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165).
Delega
normalmente l’ente cura in modo diretto gli interessi dei quali è attribu-
tario. in determinati casi previsti dalla legge - attese le previsioni di cui all’art.
97, commi 2 e 3, cost. - e salve le relazioni di sopraordinazione sub specie di
gerarchia, la cura dei detti interessi può essere affidata ad un altro ente. Lo
strumento con il quale vi è l’affidamento è la delega (20). La delega oltrecché
intersoggettiva, può essere anche interorganica (delegante e delegato sono or-
gani dello stesso ente).
Si ricorre alla delega allorché l’ente titolare delle funzioni non è in grado
di svolgerle in maniera adeguata oppure allorché un dato ente, o altro organo
dello stesso ente, ha una specifica professionalità in un dato settore sicché può
essere opportuno affidargli un dato compito.
con la delega la titolarità della funzione resta in capo al delegante, l’eser-
cizio viene affidato al delegato. La natura dell’atto di delega può essere o di-
rettamente la legge oppure un provvedimento amministrativo, nei casi previsti
dalla legge. Viene, comunque, in rilievo un atto unilaterale rispetto al quale
non è richiesto un atto di adesione del delegato.
i caratteri essenziali della delega sono stati così individuati: è un atto di-
spositivo di un soggetto o di un organo di un soggetto con cui questo, fondan-
dosi sulla propria competenza a provvedere su un determinato oggetto
attribuisce ad altro soggetto o organo i poteri e le facoltà che reputa necessari
affinché questi possa, in modo altrettanto legittimo ed efficace che il primo,
provvedere in ordine all’oggetto stesso, entro i limiti e secondo i criteri stabiliti
nell’atto di delegazione (vi è una estensione della competenza dal delegante
al delegato) (21).

(20) Sulla delega: G. cOLzi, voce Delegazione amministrativa, in Novissimo Digesto, vol. V,
Utet, 1960, pp. 351-355; G. MieLe, voce Delega (diritto amministrativo), in Enc. del Diritto, vol. Xi,
Giuffré, 1962, pp. 905-918; M.S. GiAnnini, Diritto amministrativo, vol. i, cit.; A.M. SAnDULLi, Manuale
di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 232; e. cASettA, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp.
164-165.
(21) così G. MieLe, voce Delega (diritto amministrativo), cit., p. 909.
12 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

L’oggetto della delega può esser costituito dall’emanazione - una o più


volte - di un determinato atto, o di più tipi di atto o di tutti gli atti relativi a
una data materia.
La circostanza se la delega crei nel delegato una legittimazione esclusiva
in ordine all’oggetto della delega (con impedimento del delegante all’esercizio
della propria competenza in ordine al detto oggetto) o una legittimazione con-
corrente a quella del delegante è una questione d’interpretazione delle dispo-
sizioni che prevedono i singoli casi di delega (22).
il contenuto del particolare rapporto che viene istituito fra delegante e de-
legato in seguito alla delega pone il primo in una situazione di supremazia ri-
spetto al secondo, essendo elementi di esso alcuni poteri e diritti del primo cui
fanno riscontro, rispettivamente, uno stato di soggezione ed obblighi del se-
condo. Anzi, prima ancora, occorre dire che la delega è efficace per la sola
statuizione del delegante: ciò sia nel senso che non è richiesto il consenso del
delegato, sia nel senso che questo non può né rifiutare, né rinunciare alla de-
lega, né trasferire ad altri l’esercizio della funzione (delegatus delegare non
potest), ma darvi applicazione (23).
tra i poteri e diritti del delegante si richiama: impartire, nell’atto di delega
o successivamente, direttive - anche vincolanti - al delegato per l’esercizio
della funzione, stabilendo altresì istruzioni, criteri, obiettivi e durata; esercitare
la vigilanza ed il controllo sulla attività posta in essere dal delegato; revocare,
in ogni momento, la delega per sopravenute esigenze di interesse pubblico;
avocare l’esercizio di uno specifico compito l’atto di delega nei casi di tra-
sgressione delle direttive; annullare per illegittimità gli atti emanati dal dele-
gato in base alla delegazione.
il delegato svolge i compiti affidatigli con la propria organizzazione am-
ministrativa; i costi dello svolgimento dell’attività delegata devono ovviamente
essere ristorati dal delegante. La disciplina degli aspetti finanziari è, di solito,
regolata all’atto della delega.
Gli atti posti in essere dal delegato nell’esercizio della delega si imputano
a quest’ultimo e non al delegante. Difatti non viene in rilievo - nella delega -
alcun rapporto organico; il delegato non è un organo del delegante, ma un sog-
getto distinto, con imputazioni distinte. Sicché è il delegato, ad esempio, a ri-
spondere di eventuali atti illeciti (art. 2043 c.c.) posti in essere nell’esercizio
della delega (24).

(22) così: G. MieLe, voce Delega (diritto amministrativo), cit., pp. 911-912. contrario M.S. GiAn-
nini, Diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 318 secondo cui “il delegante, pur avendo conferito ad altri
l’esercizio del potere di cui è titolare, in linea di principio può ancora esercitarlo: l’atto di delega non
ha effetto privativo; è eccezionale il caso in cui ha invece tale effetto, onde il delegante abbisogna di un
atto di avocazione per riprendere l’esercizio del proprio potere”; egualmente contrario A.M. SAnDULLi,
Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 622.
(23) Per tali aspetti: G. MieLe, voce Delega (diritto amministrativo), cit., pp. 914-915.
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 13

il risultato dell’attività del delegato si imputa, invece, al delegante, atteso


che vengono in rilievo interessi affidati alla cura di quest’ultimo.
La delega dà luogo al fenomeno che viene indicato come esercizio indi-
retto della funzione amministrativa (25).
L’art. 16, comma 1, lett. d, D.L.vo n. 165/2001 prevede, in via generale,
che i dirigenti degli uffici dirigenziali generali possano delegare l’esercizio
degli atti rientranti nella competenza dei propri uffici nei confronti dei dirigenti,
i quali svolgono tutti i compiti ad essi delegati (art. 17 comma 1, lett. c, D.L.vo
n. 165/2001). Questi ultimi, al loro volta - ex art. 17 comma 1 bis, D.L.vo n.
165/2001 - per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare
per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle
competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere b), d) ed e) del comma
1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell'ambito
degli uffici ad essi affidati (non si applica in ogni caso l'art. 2103 c.c.).
La L. 23 agosto 1988, n. 400 - recante la disciplina dell'attività di Governo
e ordinamento della Presidenza del consiglio dei Ministri - prevede due casi
di deleghe: deleghe di funzioni dal Presidente del consiglio dei Ministri ai Mi-
nistri senza portafoglio, o in mancanza di questi, ad altri Ministri (art. 9, commi
1 e 2); deleghe di compiti da parte dei Ministri ai sottosegretari di Stato (art.
10, comma 3).
L’art. 54, comma 10, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267 prevede la delega
dell'esercizio delle funzioni di competenza statale dal sindaco al presidente
del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentra-
mento comunale, il sindaco può conferire la delega a un consigliere comunale
per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
Dalla delega in senso proprio, va distinta la cd. delega di firma. nella de-
lega di firma un organo, mantenendo l’esercizio di un dato potere, delega un
altro organo o un altro funzionario non titolare di organo il compito della firma
degli atti nei quali il potere stesso si esercita. La delega di firma è generalmente
ammessa da parte del Ministro in favore dei sottosegretari di Stato, nonché dei
dirigenti. L’atto firmato dal delegato, anche se è il frutto dell’attività decisionale
di quest’ultimo, resta imputato all’organo delegante, il quale ne risponde nei
confronti dei terzi, diversamente da quanto valevole nel caso di delega in senso
proprio; la figura è avvicinabile all’istituto della rappresentanza (26).

(24) Arg. ex art. 18, comma 3, D.P.r. 10 gennaio 1957, n. 3 secondo cui: “L'impiegato, invece, è
responsabile se ha agito per delega del superiore”. La circostanza è pacifica in dottrina e giurisprudenza:
ex plurimis A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 622; e. cASettA, Manuale
di diritto amministrativo, cit., p. 164.
(25) Ex plurimis: L. MAzzArOLLi, G. PericU, A. rOMAnO, F.A. rOVerSi MOnAcO, F.G. ScOcA (a
cura di), Diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 400.
(26) in tal senso G. MieLe, voce Delega (diritto amministrativo), cit., p. 917.
14 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

Sostituzione
in molti casi la normazione prevede in capo ad un ente nei confronti di
un altro ente (in genere si tratta di enti sottoposti alla vigilanza del primo) il
potere di sostituirsi ad esso nel compimento di determinate operazioni o nel-
l’adozione di determinati atti che siano obbligatori per legge, nella evenienza
di inerzie o di conflitti di interesse o per far fronte ad esigenze straordinarie e
d’urgenza (27). La sostituzione può essere anche interorganica (sostituto e so-
stituito sono organi dello stesso ente). La giurisprudenza sottolinea che il le-
gittimo esercizio del potere di sostituzione, salvi i casi d’urgenza, richiede la
previa diffida (28).
tale potere sussiste in via generale - a prescindere da una puntuale dispo-
sizione - nell’ambito delle relazioni di sopraordinazione sub specie di gerar-
chia; può sussistere, ove previsto, nelle attività di controllo; mentre non
sussiste in via generale - attesa la inderogabilità dell’ordine legale delle com-
petenze - nell’ambito delle relazioni di equiordinazione, e di sopraordinazione
sub specie di direttiva, con l’eccezione del potere sostitutivo nei casi di inerzia
e salvi i casi di espressa previsione normativa.
ciò per il principio di continuità delle funzioni amministrative.
nella costituzione un simile potere è previsto nell’art. 120, comma 2,
a termini del quale “Il Governo può sostituirsi a organi delle regioni, delle
Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato ri-
spetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria op-
pure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero
quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e
in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.
La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano
esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale
collaborazione”.
nell’illustrare sopra l’avocazione già si è fatto cenno alla disciplina con-
tenuta nell’art. 14, comma 3, D.L.vo n. 165/2001 dei poteri sostitutivi attivabili
dal Ministro a fronte di inerzie della dirigenza.
il potere sostitutivo in caso di inerzia può essere esercitato direttamente
da un organo dell’ente sostituto ovvero da un commissario nominato dall’ente
sostituto.
Quando si esercitano i poteri sostitutivi il sostituto imputa al sostituto, ol-
trecché il risultato dell’attività anche l’atto; in tale ruolo il sostituto agisce quale
organo straordinario del sostituto. Gli organi ordinari dell’ente possono conti-

(27) caso da ricondurre a questa fattispecie è quello della Giunta municipale che si sostituisce in
simili casi al consiglio comunale nelle variazioni di bilancio: art. 42, comma 4, D.L.vo n. 267/2000.
(28) Su tale figura e. cASettA, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 102-103.
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 15

nuare a svolgere la propria attività, fatta eccezione per la specifica funzione


nella quale sono sostituiti con la perdita della legittimazione all’esercizio.
La fattispecie in esame attiene alla sostituzione nell’esercizio della fun-
zione e va distinta dalla sostituzione degli organi dell’ente, conseguenza dello
scioglimento dell’organo o degli organi dell’ente con la nomina di altri soggetti
(spesso denominati commissari) quali organi straordinari che gestiscono l’ente
per un limitato periodo di tempo. Anche tale potere può sussistere, ove previ-
sto, nelle attività di controllo.
Avvalimento
nella fattispecie dell’avvalimento un ente, nella cura degli interessi dei
quali è attributario, utilizza, a proprie spese, per il compimento di attività istrut-
torie, preparatorie, tecniche, esecutive, gli uffici (personale ed attrezzature) di
un altro ente. Questi uffici operano, per il compimento delle attività oggetto
dell’avvalimento, alle dipendenze funzionali dell’ente che di essi si avvale - al
quale si imputa l’attività - pur restando incardinati nella struttura organizzativa
loro propria. non vi è un trasferimento di funzioni, né alcuna deroga all’ordine
delle competenze, trattandosi di vicenda interna di tecnica organizzatoria (29).
Questo modello è tipico delle c.d. amministrazioni aperte ed è volto ad
evitare l’inutile proliferazione di strutture ed assetti organizzativi, ossia un ri-
gonfiamento burocratico (30).
La figura è utilizzata nei rapporti coinvolgenti gli enti territoriali. Ad
esempio, ai sensi dell’art. 29, comma 2, D.L.vo 30 luglio 1999, n. 300 “Il Mi-
nistero delle attività produttive si avvale degli uffici territoriali di Governo,
nonché, sulla base di apposite convenzioni, delle camere di commercio, indu-
stria, artigianato e agricoltura”. inoltre, ai sensi dell’art. 02, comma 3, D.L.
4 dicembre 1993, n. 496, conv. L. 21 gennaio 1994, n. 61, le province eserci-
tano le funzioni amministrative di autorizzazione e di controllo per la salva-
guardia dell'igiene dell'ambiente avvalendosi dei presìdi multizonali di
prevenzione e dei competenti servizi delle unità sanitarie locali.
come per la delega, anche nell’avvalimento si può far ricorso soltanto in
presenza di una espressa disposizione di legge.
5. Vicende degli enti pubblici.
L’ente pubblico - come qualsivoglia soggetto di diritto - nasce, vive,
muore. Anche lo Stato, la più importante delle entità, non si sottrae alla cadu-

(29) Su tale figura A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 238; V. ce-
rULLi ireLLi, Lineamenti del diritto amministrativo, cit., pp. 97-98; e. cASettA, Manuale di diritto am-
ministrativo, cit., pp. 101-102.
(30) così: L. MAzzArOLLi, G. PericU, A. rOMAnO, F.A. rOVerSi MOnAcO, F.G. ScOcA (a cura
di), Diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 400 e F.G. ScOcA (a cura di), Diritto amministrativo, cit., p.
125.
16 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

cità delle cose umane. Lo Stato italiano è nato in epoca relativamente recente;
vi sono comuni vecchi di mille anni rispetto allo Stato, trovando le proprie
origini nell’Alto medioevo.
Istituzione dell’Ente pubblico
La maggior parte degli enti pubblici, basta ricordare il caso dei comuni,
sono stati creati nei secoli passati, sicché la loro esistenza costituisce un dato
di cui ricognitivamente prende atto, in varie occasioni (31), il sistema norma-
tivo. Gli enti locali esistenti alla data di entrata in vigore della costituzione
sono riconosciuti ex art. 5 cost. dalla repubblica e non creati ex nihilo. La crea-
zione di nuove regioni avviene mediante legge costituzionale ex art. 132,
comma 1, cost. L’istituzione di nuove Province è stabilita con legge dello Stato
(art. 133, comma 1, cost.), mentre la nascita di un nuovo comune esige invece
sempre l’intervento di una legge della regione ex art. 133, comma 2, cost.
L’ente esistente viene qualificato pubblico, quando possiede i requisiti
sopraindicati: normale plurisoggettività, scopo di tutela di un interesse pub-
blico, patrimonio (substrato materiale), ricognizione da parte degli interpreti
o dal sistema normativo (substrato formale).
L’istituzione di nuovi enti deve avvenire in conformità all’art. 4 L. n.
70/1975 per cui “nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto
se non per legge”. Attesa la riserva di legge relativa, purché esistente il substrato
materiale, l’ente può essere istituito con atto legislativo o con atto amministra-
tivo, in conformità ad una disposizione legislativa fissante le linee generali della
disciplina di uno specifico ente attributario di un interesse pubblico.
L’atto istitutivo indica, quale contenuto minimo, la denominazione del-
l’ente, l’interesse pubblico in attribuzione, il patrimonio, la sede, l’individua-
zione degli organi ed il loro funzionamento.
Diversa dalla istituzione è la costituzione dell’ente.
La costituzione consiste nella concreta organizzazione dell’ente funzio-
nale all’inizio dello svolgimento dei suoi compiti, come l’attivazione della
sede (con l’acquisto della qualità di patrimonio indisponibile degli edifici de-
stinati a sede di pubblici uffici ex art. 826, comma 3, c.c.), il reperimento e la
disponibilità delle risorse umane. Spesso passa un notevole lasso di tempo tra
l’istituzione e la costituzione dell’ente.
Modificazione dell’Ente pubblico
Durante il suo funzionamento l’ente può mutare i suoi elementi costitu-
tivi. La modificazione avviene, per il principio di simmetria, con una atto
avente la stessa forma dell’atto istitutivo.

(31) Ad esempio in occasioni delle periodiche leggi di bilancio, della definizione di pubblica am-
ministrazione (art. 1, comma 2, D.L.vo n. 165/2001) ai fini della disciplina dei rapporti di lavoro pub-
blico.
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 17

Sicché ogni mutamento che riguardi il passaggio di una sfera di attribu-


zione da un ente ad un altro, la denominazione dell’ente, l’interesse pubblico
in attribuzione, il patrimonio, la sede, l’individuazione degli organi ed il loro
funzionamento, la modificazione territoriale degli enti territoriali integra una
modificazione dell’ente. Va fatta una precisazione circa l’elemento costitutivo
del patrimonio: ove si dismetta il patrimonio originario vale il principio di
simmetria; ove si ampli il patrimonio - con acquisti, donazioni successioni,
ecc. - non occorre un atto analogo a quello costitutivo atteso che l’ente nel-
l’esercizio della sua normale capacità di imputazione non dispone dell’origi-
nario patrimonio.
Estinzione dell’Ente pubblico, senza successione nel munus
A un certo punto l’ente può cessare di esistere (32). L’atto di estinzione,
per il principio di simmetria, ha la stessa forma dell’atto istitutivo.
Le ragioni per le quali la legge - disponente direttamente l’estinzione o
fissante i principi, le linee guida alla base dell’atto amministrativo disponente
l’estinzione - prevede l’estinzione sono intuitive:
- l’interesse pubblico in attribuzione è stato realizzato (33). Ad esempio:
ente pubblico avente la finalità di gestire una specifica fiera, svolta la fiera lo
scopo è esaurito;
- l’interesse pubblico in attribuzione è divenuto impossibile. Ad esempio:
si decide che la competenza della Difesa e delle forze armate spetta in via
esclusiva all’Unione europea. All’evidenza tutti gli enti in materia devono
estinguersi perché la loro finalità è impossibile;
- l’interesse pubblico in attribuzione viene reputato non più attuale (o re-
putato di scarsa utilità o viene degradato ad interesse privato);
- oppure per una diversa allocazione dell’interesse pubblico, con conse-
guente fusione e/o assorbimento con enti analoghi o di riferimento;
- per il venire meno della plurisoggettività, del corpo sociale che ne co-
stituisce il sostrato materiale e per le ragioni previste nell’atto costitutivo o
nello statuto (34);
- per l’insufficienza del patrimonio (35).
Quelle indicate sono alcune delle più ricorrenti fattispecie di cause estin-
tive previste nel sistema normativo, come confermato dall’importante dispo-
sizione di cui all’art. 1 L. 4 dicembre 1956, n. 1404 - relativa alla soppressione
e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi

(32) Sulla materia: G. ViGnOcchi, voce Successione tra enti pubblici, in Novissimo Digesto, vol.
XViii, Utet, 1971, pp. 615-634.
(33) V. OttAViAnO, voce Ente pubblico, cit., p. 973.
(34) V. OttAViAnO, voce Ente pubblico, cit., p. 973; A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto ammini-
strativo, vol. i, cit., p. 211.
(35) V. OttAViAnO, voce Ente pubblico, cit., p. 973.
18 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la fi-


nanza statale - secondo cui: “Gli enti di diritto pubblico e gli altri enti sotto
qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e interessanti co-
munque la finanza statale, i cui scopi sono cessati o non più perseguibili, o
che si trovano in condizioni economiche di grave dissesto o sono nella impos-
sibilità concreta di attuare i propri fini statutari, devono essere soppressi e
posti in liquidazione con le modalità stabilite dalla presente legge ovvero in-
corporati in enti similari. I provvedimenti di soppressione, liquidazione o in-
corporazione degli enti di cui al comma precedente, e le relative norme di
attuazione sono promossi dal Ministro per il tesoro ed emanati con decreto
Presidenziale. Alle operazioni di liquidazione provvede il Ministro per il tesoro
a mezzo di speciale Ufficio liquidazione”.
Va rimarcato che l’estinzione è possibile solo ove prevista nel sistema
normativo; volontariamente - ove il sistema normativo non preveda la fatti-
specie volontaria - l’ente non può decidere di estinguersi. Difatti l’ente, per
definizione, provvede alla istituzionale tutela degli interessi pubblici e non ne
può, pertanto disporre liberamente. e l’estinzione è il modo massimo di di-
sposizione. estinzione volontaria, invece, consentita agli enti privati (art. 21,
comma 3, c.c. per le associazioni; art. 2272 n. 3 c.c. per le società di persone;
2484, comma 1, n. 6, c.c. per le società di capitale).
L’avveramento della causa di estinzione non comporta, di solito, secondo le
previsioni del sistema normativo, l’immediata cessazione dell’ente, atteso che si
apre la fase di liquidazione diretta a definire i rapporti pendenti e a trasferire il
patrimonio residuo. tanto accade allorché all’esito della estinzione non vi è il
trasferimento delle attribuzioni ad un altro ente pubblico (c.d. successione nel
munus) in conseguenza della diversa allocazione dell’interesse pubblico con con-
seguente fusione e/o assorbimento con enti analoghi o di riferimento.
All’attività liquidatoria provvede un liquidatore, o più nei casi complessi,
il quale riveste la qualità di pubblico ufficiale. Durante la fase di liquidazione
l’ente è ancora in vita. Muta tuttavia lo scopo: allo scopo di tutelare l’interesse
pubblico in attribuzione si sostituisce lo scopo di estinguere i rapporti giuridici
pendenti, liquidando, se necessario, il patrimonio e trasferendo i residui beni
ad un dato soggetto di diritto. Fino al momento del trasferimento i beni restano
nella titolarità dell’ente in liquidazione (36).
Solo quando la liquidazione è terminata l’ente cessa di esistere, viene
meno, si estingue. Al termine della liquidazione vi è la successione in favore
di un dato soggetto. il successore - in base alle previsioni normative - potrà

(36) il momento del trasferimento è rilevante, ad esempio, per accertare la soggettività passiva di
un'obbligazione risarcitoria (caso esaminato in cass. civ. 18 agosto 1997, n. 7655 nel caso della succes-
sione degli iAcP nelle situazioni attive e passive e nei rapporti processuali inerenti agli immobili già
appartenenti all'ises-istituto sviluppo edilizia sociale).
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 19

essere un ente pubblico avente un fine analogo, oppure l’ente di riferimento


(ad esempio la soppressione di ente ausiliario o strumentale dello Stato com-
porta, di solito, la successione in favore dello Stato (37)), o anche un ente pri-
vato (specie quando l’interesse pubblico viene degradato ad interesse privato).
in assenza di una previsione normativa deve ritenersi che i beni residui degli
enti estinti vadano attribuiti all’ente di riferimento, ossia allo Stato o alla re-
gione, a seconda della sfera di azione dell’ente estinto (38).
La tipologia di successione dipende dalla disciplina del sistema norma-
tivo (39):
a) se, con previsione espressa o dal complesso della disciplina, è statuito che
l’ente subentrante succede in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo
all’ente estinto, la successione è a titolo universale (in universum ius). L’ente su-
bentrante, pertanto, per i principi risponde dei debiti anche ultra vires. inoltre i
processi civili pendenti al momento della successione subiscono l’interruzione
(artt. 110 e 299-304 c.p.c.), a tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, con
la possibilità della prosecuzione o riassunzione pena l’estinzione del giudizio;
b) se, l’ente subentrante succede solo in determinati rapporti giuridici fa-
centi capo all’ente estinto, la successione è a titolo particolare (in singulas
res). Questo è quello che di solito accade quando vi è il procedimento liqui-
datorio, a meno che vi sia comunque una previsione normativa secondo cui
l’ente subentrante - anche all’esito della liquidazione - succede in tutti i rap-
porti giuridici attivi e passivi facenti capo all’ente estinto. La natura particolare
della successione all’esito della liquidazione è ricavabile sistematicamente
dall’art. 31, comma 3, c.c. - relativo alla devoluzione dei beni di associazioni
e fondazioni, ma espressivo di un principio generale in materia di enti con fine
superindividuale, tra i quali anche gli enti pubblici - secondo cui: “I creditori
che durante la liquidazione non hanno fatto valere il loro credito possono
chiedere il pagamento a coloro ai quali i beni sono stati devoluti, entro l'anno
dalla chiusura della liquidazione, in proporzione e nei limiti di ciò che hanno
ricevuto” (40). Ulteriore conferma di quanto esposto si ha con l’art. 13, ultimo

(37) conf., con riguardo alla liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti soggetti a vigi-
lanza dello Stato: art. 14, comma 1, L. n. 1404/1956, secondo cui “Gli avanzi finali delle liquidazioni
degli enti per i quali siano adottati i provvedimenti previsti dalla presente legge, sono devoluti, salvo
diversa specifica destinazione stabilita dalle norme istitutive degli enti medesimi o da norme speciali,
allo Stato”.
(38) così: A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 213.
(39) Si evidenzia in dottrina che “non sempre è agevole sulla base della legge stabilire se in caso
di soppressione totale o parziale, di persone giuridiche si abbia successione a titolo particolare o a
titolo universale”: G. MOnteLeOne, Diritto processuale civile, i, Viii edizione, ceDAM, p. 238.
(40) Si rileva in dottrina che le norme civilistiche in tema di estinzione e liquidazione di persone
giuridiche (art. 27 e ss. c.c.) e di società (libro V c.c.) non possono, per loro natura, non avere carattere
generale, salve le norme integrative dettate, volta per volta, da leggi speciali (così G. ViGnOcchi, voce
Successione tra enti pubblici, cit., pp. 625-626, nota 3).
20 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

comma, L. n. 1404/1956, relativo alla liquidazione di enti di diritto pubblico


soggetti a vigilanza dello Stato, secondo cui i crediti dell’ente liquidato sono
soddisfatti in proporzione dell'avanzo risultante dalla liquidazione.
L’ente subentrante risponde quindi dei debiti solo intra vires.
Una fattispecie di successione a titolo particolare è disciplinata dall’art.
15, comma 1, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. L. 15 luglio 2011, n. 111 il quale,
tra l’altro, prevede che
- quando la situazione economica, finanziaria e patrimoniale di un ente
sottoposto alla vigilanza dello Stato raggiunga un livello di criticità tale da
non potere assicurare la sostenibilità e l'assolvimento delle funzioni indispen-
sabili, ovvero l'ente stesso non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili
nei confronti dei terzi, con decreto del Ministro vigilante, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, l'ente è posto in liquidazione coatta
amministrativa; i relativi organi decadono ed è nominato un commissario che
provvede alla liquidazione dell'ente, non procede a nuove assunzioni, neanche
per la sostituzione di personale in posti che si rendono vacanti e provvede al-
l'estinzione dei debiti esclusivamente nei limiti delle risorse disponibili alla
data della liquidazione ovvero di quelle che si ricavano dalla liquidazione del
patrimonio dell'ente; ogni atto adottato o contratto sottoscritto in deroga a
quanto previsto nel presente periodo è nullo;
- le funzioni, i compiti ed il personale a tempo indeterminato dell'ente
sono allocati con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro vigilante, di concerto con il Ministro dell'economia e delle fi-
nanze, nel Ministero vigilante, in altra pubblica amministrazione, ovvero in
una agenzia costituita ai sensi dell'articolo 8 D.L.vo n. 300/1999, con la con-
seguente attribuzione di risorse finanziarie comunque non superiori alla misura
del contributo statale già erogato in favore dell'ente.
i processi civili pendenti al momento della successione particolare non su-
biscono l’interruzione, ma sono sottoposti alla particolare disciplina di cui al-
l’art. 111 c.p.c. sulla successione a titolo particolare nel diritto controverso.
Quanto illustrato circa la sorte dei processi civili nei casi di interruzione per
successione a titolo universale vale anche per la sorte dei processi amministra-
tivi (art. 79, comma 2, e 80 D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104), per la sorte dei pro-
cessi contabili (artt. 7, comma 1, e 108-109 D.L.vo 26 agosto 2016, n. 174) e
per la sorte dei processi tributari (artt. 40-43 D.L.vo 31 dicembre 1992, n. 546).
il sistema normativo tuttavia può prevedere la soppressione di un ente,
senza l’apertura della fase liquidatoria, con diretta disciplina della sorte dei
rapporti pendenti e del patrimonio. All’uopo può essere previsto il diretto tra-
sferimento ad un destinatario - ente pubblico o privato - dei rapporti pendenti
e del patrimonio e/o estinzione ex lege dei rapporti pendenti, ove ciò non sia
irragionevole (41).
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 21

Trasferimento delle attribuzioni tra enti pubblici (c.d. successione nel


munus )
in tutti i casi in cui, a seguito della modificazione o dell’estinzione di un
ente pubblico, le sue attribuzioni vengano ad essere parzialmente o interamente
assorbite da un altro ente (ente sottentrante), sia di nuova costituzione che
preesistente, sorge il problema della sorte delle situazioni giuridiche soggettive
e dei rapporti facenti capo al primo o a quel particolare settore della struttura
del primo (parte della comunità territoriale, ramo del servizio, ecc.) delle cui
attribuzioni si tratti.
Di solito tale materia viene regolata espressamente dal legislatore.
Ove difetti una disciplina espressa si deve ritenere che l’ente subentrante
succede (in toto nel caso di estinzione; in parte qua in relazione al particolare
complesso di attribuzioni di cui trattasi nel caso di modificazione (42)) in tutte
le situazioni soggettive inerenti alle attribuzioni assorbite, e quindi in tutti i
rapporti in atto e nei procedimenti in corso (43); si trasferiscono anche le strut-
ture burocratiche, se non diversamente disposto dalla norma (44). Vi è quindi

(41) Un esempio di soppressione senza liquidazione può essere rinvenuto nell’art. 4 della L.r.
campania 23 dicembre 2015, n. 20 disponente: “1. L'Agenzia regionale sanitaria (ArSAN) […] è sop-
pressa e le relative funzioni, comprese quelle di supporto all'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo
del Settore sanitario sono svolte dalle competenti strutture amministrative della regione Campania.
[…]. 2. Per effetto della soppressione dell'ArSAN, alla data di entrata in vigore della presente legge,
cessano gli incarichi di direzione e di dirigenza ed i rapporti di collaborazione di durata temporanea
o occasionale o coordinata e continuativa o di lavoro subordinato o autonomo relativi alla soppressa
Agenzia. Entro il 31 dicembre 2015, la Giunta regionale procede alla ricognizione delle risorse umane
esclusivamente già in comando presso gli uffici dell'ArSAN e all'analisi delle relative professionalità
per verificare la possibilità di assegnare ai competenti uffici delle strutture amministrative regionali al-
cune delle suddette risorse umane in comando nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente
in materia. 3. Salvo quanto previsto al comma 2, la regione Campania succede in tutti i rapporti giu-
ridici attivi e passivi facenti capo all'ArSAN. 4. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge la Giunta regionale effettua una ricognizione dei progetti già proposti dalla soppressa
ArSAN per l'ammissione a finanziamento sui fondi UE al fine di disciplinarne l'attuazione in via diretta
a mezzo delle strutture regionali, ovvero con assegnazione delle funzioni ad altro soggetto attuatore.
[…].
(42) conf. G. ViGnOcchi, voce Successione tra enti pubblici, cit., p. 623, il quale rileva che non
vi è incompatibilità tra il principio della successione universale e l’applicazione in concreto del mede-
simo, in ordine a complessi particolari dotati di una loro propria organicità perché, anche in tali casi, il
subingresso da parte del nuovo ente, si verifica non in singoli ed isolati rapporti, ma nella universalità
delle situazioni e relazioni che ai complessi in parola si ricollegano con recezione anche dell’ordinamento
giuridico che istituzionalmente vi inseriva.
(43) A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 213; M.S. GiAnnini, Diritto
amministrativo, vol. i, cit., pp. 354-355. conf. corte di cassazione, 15 giugno 1979, n. 3372; cons.
Stato, 16 marzo 1987, n. 141.
(44) nel caso della soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVcP) e il
subentro nelle competenze dell'ente soppresso da parte dell'Autorità nazionale Anticorruzione, con rias-
setto di apparati organizzativi, si è ritenuto che si è verificata non una successione a titolo universale,
ma una "successione nel munus": fenomeno di natura pubblicistica, concretizzato nel passaggio di at-
tribuzioni fra amministrazioni pubbliche, con trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche
sia dei rapporti amministrativi pendenti, contraddistinta da una stretta linea di continuità tra l'ente che
22 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

in questa evenienza una successione a titolo universale, anche quando avvenga


non in toto, ma in parte qua.
Sicché
- mantengono vigore gli atti amministrativi emanati dall’ente estinto e/o
dimidiato (es. autorizzazioni e concessioni), in uno - per gli atti che diano luogo
ad effetti giuridici protraentisi nel tempo - ai rapporti amministrativi pendenti;
- vi è la continuazione in capo all’ente successore nei rapporti di lavoro
con l’ente estinto e/o dimidiato;
- vi è il trasferimento automatico dei diritti e situazioni patrimoniali attive
(diritti soggettivi assoluti e relativi, interessi legittimi, aspettative giuridiche)
e passive (obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali) dal vecchio al nuovo
ente. tra i diritti soggettivi assoluti vengono in rilievo anche i beni e diritti di
carattere demaniale ed i beni del patrimonio indisponibile, i quali conservano,
nella successione, i loro caratteri;
- vi è la successione nei complessi normativi, ossia delle norme giuridiche
adottate dall’ente estinto e/o dimidiato, specie con riguardo ai regolamenti (es.
regolamenti edilizi e Piano regolatore Generale per la parte in cui abbia con-
tenuto normativo adottati dai comuni soppressi/o dimidiati), salve le eventuali
emanazioni, da parte dell’ente successore, di norme surrogatrici rivolte ad as-
sicurare l’unità e l’armonia del sistema.
ciò fatti salvi i limiti oltre i quali le situazioni giuridiche del vecchio ente
appaiano incompatibili con le attribuzioni ed i principi istituzionali propri
dell’ente successore; in questa evenienza i rapporti sono intrasferibili e, se non
diversamente disposto dalle norme, per tali rapporti si apre un procedimento
di liquidazione, a cui provvede il nuovo ente con gestione separata.
tale tipo di successione - a titolo universale - è tipica nel caso di modifi-
che territoriali, fusione ed istituzione di enti territoriali (per gli enti locali: art.
15 D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267 (45)), attesi i caratteri di necessità ed indi-

si estingue e l'ente che subentra senza, quindi, maturazione dei presupposti per aversi evento interruttivo
nel caso i cui sia pendente un giudizio (t.A.r. Lazio roma, sent. 28 ottobre 2014, n. 10779).
(45) “1. A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni possono modificare le cir-
coscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge re-
gionale. Salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione
inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano
sotto tale limite. 2. I comuni che hanno dato avvio al procedimento di fusione ai sensi delle rispettive
leggi regionali possono, anche prima dell'istituzione del nuovo ente, mediante approvazione di testo
conforme da parte di tutti i consigli comunali, definire lo statuto che entrerà in vigore con l'istituzione
del nuovo comune e rimarrà vigente fino alle modifiche dello stesso da parte degli organi del nuovo
comune istituito. Lo statuto del nuovo comune dovrà prevedere che alle comunità dei comuni oggetto
della fusione siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. 3. Al
fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni
decorrenti dalla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferi-
menti spettanti ai singoli comuni che si fondono. 4. La denominazione delle borgate e frazioni è attribuita
ai comuni ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione”.
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 23

spensabilità della permanenza degli elementi strutturali e organizzativi, colle-


gati ai momenti costitutivi della popolazione e del territorio (46).
nel caso, invece, dell’estinzione dell’ente senza trasferimento del munus
i rapporti amministrativi pendenti si estinguono; se essi hanno un contenuto
patrimoniale, può essere istituito un apposito ufficio (c.d. ufficio stralcio), o
liquidazione, per provvedere agli atti necessari all’assetto patrimoniale (47).
ciò vale anche con i rapporti di lavoro pendenti (48).
Trasformazione dell’ente pubblico in soggetto di diritto privato
non sussiste successione di alcun genere - né universale, né particolare -
quando si abbia soltanto la trasformazione dell’ente pubblico in soggetto di
diritto privato (o addirittura un semplice cambio di denominazione). Alcuna
successione, ad esempio, si è avuta nella fattispecie della trasformazione - al-
l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso - delle banche di diritto pubblico, o
aventi la veste di ente pubblico, in società per azioni, ed anche le c.d. “priva-
tizzazioni”, quando esse comportino soltanto il mutamento strutturale di un
ente pubblico economico in società per azione (come nel caso dell’ente Fer-
rovie dello Stato) (49). La trasformazione in soggetto di diritto privato non
può realizzarsi se non in virtù di una legge. in conseguenza della trasforma-
zione in persona privata, l’ente perde ogni potestà pubblica e i rapporti nei
quali sia parte assumono ex nunc natura privatistica (50).

(46) così G. ViGnOcchi, voce Successione tra enti pubblici, cit., pp. 623-624.
(47) M.S. GiAnnini, Diritto amministrativo, vol. i, cit., p. 354. conf. cass. civ., sent. 27 ottobre
2015, n. 21797 che così enuncia: “In tema di soppressione di enti pubblici, la successione si attua in
modo diverso a seconda che la legge o l'atto amministrativo che hanno disposto la soppressione abbiano
considerato il permanere delle finalità dell'ente soppresso ed il loro trasferimento ad altro ente, unita-
mente al passaggio, sia pure parziale delle strutture e del complesso delle posizioni giuridiche già
facenti capo al primo ente, ovvero abbiano disposto la soppressione "previa liquidazione"; nel primo
caso deve ritenersi che la successione si attui in "universum ius", con la conseguenza che tutti i rapporti
giuridici che facevano capo all'ente soppresso passano all'ente subentrante, mentre, nel secondo caso,
difettando la contemplazione del permanere degli scopi dell'ente soppresso, non avrebbe senso una suc-
cessione a titolo universale nelle strutture organizzative che fosse attuata ai soli fini del loro sciogli-
mento, e deve, pertanto, ritenersi che la successione avvenga a titolo particolare, limitata ai soli beni
che residuino alla procedura di liquidazione, con la conseguenza che l'ente liquidatore non solo non si
sostituisce nella titolarità della sfera giuridica originaria, ma non assume neppure alcuna diretta re-
sponsabilità patrimoniale per le obbligazioni contratte dall'ente estinto che già risultassero all'atto
della liquidazione (Cass., 18 gennaio 2002, n. 535)”.
(48) nel caso di soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sog-
getti a vigilanza dello Stato, l’art. 12, comma 1, L. n. 1404/1956 dispone che il rapporto di impiego tra
gli enti posti in liquidazione ed il personale risultante in servizio alla data di entrata in vigore del prov-
vedimento di messa in liquidazione cessa con la fine del mese successivo a quello dell'entrata in vigore
del provvedimento stesso.
(49) così anche G. MOnteLeOne, Diritto processuale civile, cit., p. 238.
(50) A.M. SAnDULLi, Manuale di diritto amministrativo, vol. i, cit., pp. 211-212.
24 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

6. Nozione di ente pubblico e rapporto con la nozione di pubblica ammini-


strazione (o amministrazione pubblica).
La nozione di ente pubblico, come ricostruita, si soprappone - parzial-
mente - a quella di pubblica amministrazione (o amministrazione pubblica che
dir si voglia).
Mentre il concetto di ente pubblico richiama una disciplina tendenzial-
mente omogenea, non altrettanto si può dire con riguardo al concetto di pub-
blica amministrazione. nel sistema non vi è un concetto unitario di pubblica
amministrazione valevole per ogni aspetto della disciplina (ad esempio: per
la provvista delle risorse, per la contabilità, per i procedimenti amministrativi).
Difatti, spesso il concetto vale solo in un determinato ambito.
in dati casi il concetto di pubblica amministrazione è qualcosa di meno
rispetto a quello di ente pubblico, come nel caso della disciplina del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche privatizzato. Ai sensi dell’art.
1, comma 2, D.L.vo n. 165/2001 “Per amministrazioni pubbliche si intendono
tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni
ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello
Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le Province, i Comuni, le Comu-
nità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli
Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigia-
nato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Ser-
vizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pub-
bliche amministrazioni (ArAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le
disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al
CoNI”. Difatti, anche gli enti pubblici economici - esercitando un minimum
di funzioni amministrative - sono pubbliche amministrazioni. ridotta all’osso
la descritta definizione coincide con quella relativa a tutti gli enti pubblici, ad
esclusione degli enti pubblici economici. il campo di applicazione soggettivo
ora delineato viene richiamato nella disciplina di varie materie, ad esempio in
materia di trasparenza (art. 11, comma 1, D.L.vo 14 marzo 2013, n. 33), di
amministrazione digitale (art. 2, coma 2, lett. a, D.L.vo 7 marzo 2005, n. 82),
degli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni (art. 16, comma 1, L.
n. 241/1990).
nella maggior parte dei casi, invece, il concetto di pubblica amministra-
zione è qualcosa di più rispetto a quello di ente pubblico, con un ambito pun-
tualmente descritto dalla norma e valevole ai fini della relativa disciplina.
All’uopo si richiamano le seguenti definizioni di amministrazione pubblica
e/o ambito di applicazione di istituti di diritto amministrativo:
a) ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pub-
blica, e in specie dell’inserimento nel conto economico consolidato.
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 25

in virtù dell’ art. 1, commi 2 e 3, L. 31 dicembre 2009, n. 196 è ammi-


nistrazione pubblica - oltre alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma
2, del D.L.vo n. 165/2001 e alle Autorità indipendenti - quella individuata
mediante elenco redatto ogni anno dall’iStAt (51), sulla base delle defini-
zioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea (52). Dell’elenco
fanno parte amministrazioni centrali (organi costituzionali e di rilievo co-
stituzionale; Presidenza del consiglio dei Ministri e Ministeri; Autorità in-
dipendenti; enti pubblici, come ente nazionale per l'aviazione civile - enAc;
Agenzie, tra cui quelle fiscali; Associazioni, come FormezPA; fondazioni,
come la Fondazione La biennale di Venezia; società, come Anas S.p.a. e
cOnSiP S.p.a.), Amministrazioni locali (regioni e province autonome; Pro-
vince e città metropolitane; comuni; comunità montane; Unioni di comuni;
Agenzie ed enti; Autorità di sistema portuale; Aziende ospedaliere, aziende
ospedaliero-universitarie, policlinici e istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico pubblici; Aziende sanitarie locali; camere di commercio, indu-
stria, artigianato e agricoltura e unioni regionali; fondazioni ed associazioni;
società; consorzi), Università e istituti di istruzione universitaria pubblici,
enti nazionali di previdenza e assistenza;
b) ai fini dell’applicazione del codice dei contratti ex D.L.vo n. 50 del
2016.
Per stazioni appaltanti (amministrazioni aggiudicatrici nel caso del con-
tratto di appalto; enti aggiudicatori nel caso del contratto di concessione; sog-
getti aggiudicatori nel caso del Partenariato pubblico privato) si intendono: le
amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici
non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, con-
sorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti; le imprese pubbliche
(53); gli enti diversi da quelli innanzi indicati, ma operanti sulla base di diritti

(51) Si richiama, da ultimo, il comunicato iStAt del 4 novembre 2020.


(52) A partire dal regolamento (ce) n. 2223/96 del consiglio dell'Unione europea, del 25 giugno
1996 relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella comunità. i criteri per individuare
le amministrazioni pubbliche e per distinguerle dal settore delle imprese fissati dal regolamento sono i
seguenti: deve trattarsi di enti che producono beni e servizi che non siano destinati alla vendita sul libero
mercato; i beni e i servizi devono essere messi a disposizione della collettività gratuitamente (o sulla
base di prezzi economicamente non significativi); l’attività dell’ente deve essere finanziata in prevalenza
a carico delle finanze pubbliche; la loro funzione principale è quella di redistribuzione del reddito e
della ricchezza del paese. Su tali criteri, in sintesi: M. cLArich, Manuale di diritto amministrativo, cit.,
p. 325.
(53) “le imprese sulle quali le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o
indirettamente, un'influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una parteci-
pazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese. L'influenza dominante è pre-
sunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all'impresa,
alternativamente o cumulativamente: 1) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto; 2) con-
trollano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall'impresa; 3) possono designare
più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa;”.
26 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

speciali o esclusivi; soggetti pubblici o privati assegnatari dei fondi (art. 3,


comma 1, lettere a, e, f, D.L.vo n. 50/2016). All’evidenza, l’ambito applicativo
è molto ampio essendovi compresi anche soggetti formalmente privati, come
gli organismi di diritto pubblico, le imprese pubbliche e gli enti operanti sulla
base di diritti speciali o esclusivi. tanto al fine di estendere al massimo grado
l’ambito dei soggetti tenuti ad applicare la normativa unionistica sull’evidenza
pubblica in funzione della massima concorrenza;
c) i criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di
trasparenza ed i principi dell'ordinamento comunitario devono essere assicurati
oltrecché dalle pubbliche amministrazioni anche dai soggetti privati preposti
all'esercizio di attività amministrative (art. 1, comma 1 ter, L. n. 241/1990),
espressione quest’ultima che può riferirsi tanto a funzioni pubbliche in senso
stretto, quanto ai servizi pubblici (54);
d) ai fini dell’applicazione delle norme in materia di procedimento am-
ministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi contenute nella
L. n.241/1990, le disposizioni della detta legge si applicano altresì, alle società
con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all'esercizio delle fun-
zioni amministrative (art. 29, comma 1, L. n. 241/1990). Anche in questo caso
può trattarsi tanto di funzioni pubbliche in senso stretto, quanto ai servizi pub-
blici (55);
e) ai fini del diritto di accesso ai documenti amministrativi per "pubblica
amministrazione", si intendono tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti
di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse discipli-
nata dal diritto nazionale o comunitario (art. 22, comma 1, lett. e, L. n.
241/1990). Si precisa poi che il diritto di accesso si esercita nei confronti delle
pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pub-
blici e dei gestori di pubblici servizi (art. 23, L. n. 241/1990);
f) ai fini del controllo e della giurisdizione della corte dei conti (artt. 100,
comma 2, e 103, comma 2, cost.). La giurisprudenza costituzionale e dei giu-
dici comuni ha nel tempo ampliato il novero dei soggetti sottoposti al controllo
e della giurisdizione della corte dei conti, includendovi anche soggetti di na-
tura privata, purché siano stabilmente finanziati dallo Stato e da enti pubblici
anche non territoriali, ovvero svolgano attività o servizi pubblici con risorse
pubbliche e nell’interesse dell’amministrazione;
g) ai fini della delimitazione dei soggetti sottoposti alla giurisdizione am-
ministrativa, l’art. 7, comma 2, D.L.vo 4 luglio 2010, n. 104 precisa che “Per
pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i
soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del pro-

(54) conf. M. D’ALBerti, Lezioni di diritto amministrativo, iV edizione, Giappichelli, 2019, p.


81.
(55) conf. M. D’ALBerti, Lezioni di diritto amministrativo, cit., p. 81.
rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO 27

cedimento amministrativo”. All’evidenza il richiamo, come desumibile dal te-


nore lessicale, è fatto ai soggetti privati preposti all' esercizio di attività am-
ministrative di cui all’art. 1, comma 1 ter, L. n. 241/1990.
Alla stregua di quanto ricostruito alcuni enti, come gli enti territoriali,
sono immancabilmente amministrazioni pubbliche.
invece altri enti, ad esempio, i gestori di pubblici servizi sono ammini-
strazioni pubbliche a geometrie variabili, ossia solo in particolari materie
(come in quella dell’accesso ai documenti amministrativi); vengono in rilievo,
quindi, persone giuridiche private di rilievo pubblicistico (o enti privati di in-
teresse pubblico), una sorta di categoria intermedia tra gli enti pubblici e gli
enti privati. Vi è il ricorso ad una nozione funzionale di pubblica amministra-
zione, diretta a garantire l’applicazione di una specifica normativa (56).
Preso atto dell’assenza di un concetto unitario di pubblica amministra-
zione valevole per ogni aspetto della disciplina, si pone il problema del peri-
metro della pubblica amministrazione negli ambiti non fatti oggetto di
puntuale disciplina. Ad esempio l’art. 29, comma 1, della L. n. 241/1990 di-
spone che “Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis [conseguenze per il ritardo
dell'amministrazione nella conclusione del procedimento], 11 [Accordi inte-
grativi o sostitutivi del provvedimento], 15 [Accordi fra pubbliche ammini-
strazioni] e 25, commi 5, 5-bis e 6 [Modalità di esercizio del diritto di accesso
e ricorsi], nonché quelle del capo IV-bis [efficacia ed invalidità del provvedi-
mento amministrativo. revoca e recesso] si applicano a tutte le amministra-
zioni pubbliche”. Ma la legge non contiene specificazioni sulla nozione di
amministrazioni pubbliche. Analogo discorso deve farsi per il concetto di pub-
bliche amministrazioni ai fini dell’ambito di applicazione oggettivo e sogget-
tivo della disciplina relativa alla documentazione amministrativa (artt. 2 e 3
D.P.r. 28 dicembre 2000, n. 445): concetto enunciato, ma non definito, non
esplicato.
Quid iuris?
Deve ritenersi che in assenza di una definizione puntuale la nozione di
pubblica amministrazione coincide con quella di ente pubblico, ossia una ca-
tegoria comprendente gli enti territoriali ed i loro enti ausiliari e strumentali,
gli enti autonomi dagli enti territoriali, gli enti indipendenti e gli enti pubblici
economici (57). ciò alla stregua del sistema normativo, nel quale le due espres-

(56) L. tOrchiA (a cura di), Il sistema amministrativo italiano, il Mulino, 2009, p. 24.
(57) Per autorevole dottrina “Volendo provare a sintetizzare i tratti caratterizzanti delle pubbliche
amministrazioni, ricavandoli induttivamente dagli elenchi e dai criteri posti dalle principali normative
speciali, si può anzitutto dire, in negativo, che esse si collocano al di fuori del mercato, nel senso che
esse non producono beni e servizi resi sulla base di prezzi che consentano di realizzare i ricavi atti a
coprire i costi (e a produrre utili). In positivo, la caratteristica propria delle pubbliche amministrazioni
è quella di produrre beni pubblici materiali o immateriali, quelli che cioè il mercato non è in grado di
28 rASSeGnA AVVOcAtUrA DeLLO StAtO

sioni sono usate - tranne che nei casi innanzi esemplificati nei quali vi è la de-
scrizione dell’ambito - come sinonimi. conforta la detta conclusione, quindi,
l’argomento della costanza terminologica.

garantire in modo adeguato (ordine pubblico, sicurezza, difesa, giustizia, pubblica istruzione, salute,
ecc.) con finalità anche redistributive. Il finanziamento di tali attività è posto in ultima analisi in pre-
valenza a carico della collettività attraverso il ricorso alla tassazione. Tali attività possono consistere,
a seconda delle funzioni attribuite alla singola amministrazione, sia (e in alcuni casi soltanto) nell’ema-
nazione di atti o provvedimenti amministrativi, sia in attività materiali (prestazioni sanitarie o assisten-
ziali, istruzione scolastica, ecc.), sia in erogazione di danaro (trattamenti pensionistici, contributi
finanziari alle imprese, ecc.)”: così M. cLArich, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 325-326.
La definizione offerta esclude, all’evidenza, gli enti pubblici economici, quale ad esempio l’Agenzia
del Demanio.

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