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DIRITTO AMMINISTRATIVO
LEZIONE III
“L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
GLI ENTI PUBBLICI”
Indice
1 La Struttura Organizzativa Della Pubblica Amministrazione Alla Luce Dei Principi Costituzionali --------- 3
2 Gli Enti Pubblici Diversi Dallo Stato --------------------------------------------------------------------------------------- 5
3 Gli Enti Del C.D. Parastato --------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
4 La Capacità Degli Enti Pubblici (Autarchia – Autotuela - Autonomia - Autogoverno) -------------------------- 9
5 Classificazione Degli Enti Pubblici ----------------------------------------------------------------------------------------- 14
6 Enti Pubblici E Società Per Azioni A Partecipazione Pubblica ------------------------------------------------------ 15
7 Enti Pubblici Economici------------------------------------------------------------------------------------------------------ 17
8 Gli Enti Privati Di Interesse Pubblico ------------------------------------------------------------------------------------- 19
9 Enti Pubblici E Stato: Forme Di Collegamento ------------------------------------------------------------------------- 20
10 Disciplina Degli Enti Pubblici ---------------------------------------------------------------------------------------------- 22
11 I Controlli ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 24
Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 25
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1
In argomento si veda A.M. Sandulli, Enti pubblici ed enti privati di interesse pubblico, in Giur. Comm., 1958, I, p.
1943.
2
V. Cerulli Irelli, Problemi dell’individuazione delle persone giuridiche pubbliche (dopo la legge sul parastato), in Riv.
trim. dir. pubbl., 1977, 2, p. 626 e ss.
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Dopo l’entrata in vigore della legge n. 70 del 1975 non vi sono dubbi sul fatto che è
considerato pubblico l’ente istituito come tale. Il problema sorge, invece, in relazione agli enti
istituiti prima della legge sul parastato, cioè per quegli enti che non sono qualificati
espressamente, per cui non sono riconosciuti giuridicamente, in maniera espressa, come enti
pubblici.
In questi casi, cioè, con riferimento agli enti istituiti prima della riforma del 1975, per
individuare se si tratta di enti di natura pubblica, si sono utilizzati diversi criteri. Parte della
dottrina4 adotta il criterio del fine pubblico, in base al quale sarebbe pubblica la persona
giuridica che persegue fini pubblici. Tuttavia, tale criterio di riconoscimento dell’ente è stato per
lo più abbandonato per via dello sviluppo degli enti pubblici di carattere imprenditoriale, cioè
slegati dalla realizzazione degli interessi pubblici.
Altro orientamento dottrinale5, invece, per risalire alla natura giuridica di un ente si è rifatto
al criterio dei poteri pubblici, per cui sarebbe pubblico l’ente dotato di generici poteri pubblici,
come, ad esempio, il potere di certificazione, il potere statutario, cioè poteri collegati ad una
determinata competenza. Anche detto criterio, però, ha prestato il fianco a numerose critiche per
un duplice ordine di motivi; in primis perché non mancano enti privati eccezionalmente dotati di
una qualche potestà pubblica (come, per esempio, il potere di certificazione), inoltre, perché
nella moderna organizzazione statuale, molti enti, pur avendo natura pubblica, agiscono nel
campo e con le forme del diritto privato.
Un altro criterio che è stato adottato per dirimere la questione del riconoscimento della
natura giuridica di un ente (se pubblico o privato) è quello della supremazia, secondo cui
sarebbe pubblica quella persona che gode di una posizione di supremazia rispetto ad altri
soggetti. Anche tale criterio, tuttavia, è stato ritenuto inadeguato a seguito del fatto che esistono
molti enti che agiscono in ambito economico alla stregua di quelli imprenditoriali.
Alla luce di quanto fin qui detto la dottrina maggioritaria6 ritiene che l’unico criterio valido
per accertare la natura pubblica di un ente è quello di guardare il suo regime giuridico, vale a
3
In argomento, tra gli altri, V. Ottaviano, Ente pubblico, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, p. 968 e ss.
4
In tal senso G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1952.
5
Si veda in merito M.S. Giannini, Diritto amministrativo, I, Milano, 1988, p. 100 e ss., il quale descrive i diversi
orientamenti dottrinali.
6
In tal senso si sono espressi: A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989; V. Cerulli Irelli, Corso
di diritto amministrativo, Torino, 1997, p. 190 e ss.; P. Virga, Gli enti parastatali nella tipologia degli enti pubblici,
Scritti in onore di Costantino Mortati, Milano, 1977, p. 311 e ss.; A. Bardusco, Ente pubblico, in D. disc. pubbl., IV,
Torino, 1991, p. 64 e ss.
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Così, in particolare, si è espresso A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 115 e ss.
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A) L’AUTARCHIA
Secondo la dottrina più recente per autarchia si intende la capacità degli enti pubblici di
amministrare i propri interessi, svolgendo un’attività avente gli stessi caratteri e la stessa
efficacia dell’attività amministrativa dello Stato.
Altro orientamento dottrinale9, invece, considera l’autarchia come la caratteristica degli enti
diversi dallo Stato di disporre potestà pubbliche. Dunque, si ha autarchia quando ad una persona
giuridica, che ha compiti e funzioni di interesse pubblico, viene riconosciuta la titolarità di
pubblici poteri, attraverso una equiparazione degli atti posti in essere da tale ente pubblico a
quelli posti in essere direttamente dallo Stato.
L’autarchia si esprime attraverso:
- il potere di agire emanando atti amministrativi equiparati agli atti amministrativi dello
Stato;
- il potere di certificazione;
- il potere di autorganizzazione interna;
- l’autotutela.
B) L’AUTOTUTELA
L’autotutela è la capacità, riconosciuta dalla legge, a favore dello Stato o di un ente pubblico, di
farsi ragione da sé, attraverso l’utilizzo dei mezzi amministrativi a sua disposizione.
8
Tale schema è stato ripreso da F. Garingella - L. Delfino – F. del Giudice, Diritto amministrativo, ult. ed., Napoli,
2007, p. 100 e ss.
9
Questa è la tesi di A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 120.
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Essa si configura come l’insieme di attività amministrative con cui ogni pubblica
amministrazione risolve i conflitti, potenziali o attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue
pretese10.
E’ fuori dubbio che la P.A. nell’esercizio dell’autotutela non può agire arbitrariamente né può
servirsi di tale attività per farsi ragione anche quando oggettivamente non ne ha; l’autotutela,
infatti, non è uno strumento di sopraffazione, ma uno strumento di giustizia per cui può essere
esercitata solo quando sia necessaria per attuare l’osservanza della legge.
L’attività amministrativa dell’autotutela si considera un’attività sussidiaria, cioè strumentale, ed
ha lo scopo di verificare la legittimità degli atti posti in essere dall’ente stesso, nonché garantire
l’efficacia e l’esecuzione degli atti amministrativi.
Un’autorevole fonte ha così distinto l’attività di autotutela: autotutela decisoria ed autotutela
esecutiva
2) autotutela esecutiva cioè quella consistente nel complesso di attività volte ad attuare le
decisioni già adottate dall’amministrazione. Un esempio può essere rappresentato dagli
ordini dati da un organo amministrativo ai propri dipendenti di eseguire, di ufficio, uno
sgombero di abusiva occupazione di suolo demaniale.
10
F. Benvenuti, Autotutela, (dir. amm.) in Enc. dir., IV, 1959, p. 538 e ss.
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Tuttavia la dottrina prevalente ritiene che solo autotutela decisoria deve considerarsi una potestà
generale, mentre l’autotutela esecutiva necessita di una norma specifica che attribuisca alla P.A.
il potere di agire in via immediata e diretta, per attuare i propri provvedimenti.
C) L’AUTONOMIA
L’autonomia consiste nella capacità di un ente di determinarsi da sé, avendo il potere di darsi
una legge regolativa delle proprie azioni. In altri termini, l’autonomia è la potestà riconosciuta
all’ente di provvedere alla cura dei propri interessi e, quindi, di godere e di disporre dei mezzi
necessari per ottenere la soddisfazione degli interessi11.
Autorevole dottrina12 ha ritenuto di potere sintetizzare i tre aspetti fondamentali dell’autonomia:
a) partecipazione degli appartenenti ad un ente alla sua amministrazione;
b) attribuzione all’ente di una notevole sfera di autodeterminazione;
c) alleggerimento dei controlli da parte di soggetti diversi.
Il termine autonomia, quindi, sta ad indicare molteplici fenomeni giuridici; di autonomia si
parla, infatti, con riferimento alla:
capacità politica;
capacità normativa;
capacità organizzativa;
capacità contabile;
capacità finanziaria o gestionale di un soggetto.
In linea di sintesi si può dire che l’autonomia esprime l’indipendenza dell’ente nell’esercizio
della sua attività.
Per autonomia politica si intende l’indipendenza e la libertà di un soggetto nelle scelte c.d.
politiche, cioè nell’individuazione dei fini che l’ente intende perseguire. Tale autonomia è
riconosciuta alle Regioni, oltre che allo Stato.
L’autonomia giuridica indica la capacità dell’ente o dell’organo di agire nel campo giuridico
con un certo grado di libertà. Tale autonomia può assumere varie configurazioni, ed infatti, si parla
di autonomia normativa; autonomia organizzatoria; autonomia finanziaria ed autonomia di
gestione.
11
Così si è espresso C. Mortati, Le forme di Governo, (Lezioni), Padova, 1973.
12
Si veda P. Virga, Diritto amministrativo, I principi, Milano, 1999, p. 100 e ss.
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D) L’AUTOGOVERNO
L’autogoverno deriva da un istituto proprio degli ordinamenti anglosassoni, i c.d. “self-
government” e si realizza quando gli organi locali di governo sono composti da elementi scelti
dagli stessi governanti15.
Effettuare nel nostro ordinamento una trasposizione di tale istituto diventa praticamente
impossibile e ciò perché in questi ordinamenti la P.A. non è strutturata in enti dotati di personalità
giuridica, ma in uffici di cui è responsabile il funzionario preposto.
13
Cfr. A. Romano, I soggetti e le situazioni giuridiche soggettive del diritto amministativo, in L. Mazzaralli, G. Pericu,
A. Romani, F.A. Roversi Monaco, F.G. Scoca, Diritto amministrativo, Bologna, p. 261 e ss.
14
Cfr. P. Alessi, Principi di diritto amministrativo, Milano, 1971, vol. I, p. 39 e ss.
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Allora, alcuni autori16 usano il termine di autogoverno per indicare quei casi in cui un ente è
diretto o governato da persone elette da membri che ne fanno parte e ciò si verifica, per esempio,
nei Comuni.
15
Così A.M. Sandulli, Enti pubblici ed enti privati di interesse pubblico, in Giur. Comm., cit., p. 1945 e ss.
16
Si veda A.M. Sandulli, Enti pubblici ed enti privati di interesse pubblico, in Giur. Comm., cit., p. 1948 e ss.
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In argomento si veda, tra gli altri, anche M. Cammelli, Le società a partecipazione pubblica, Rimini, 1989; S.
Cassese, Partecipazioni pubbliche ed enti di gestione, Milano, 1962.
18
Cfr. F. Coltelli, La trasformazione in s.p.a. degli enti pubblici economici e il controllo della Corte dei Conti ai sensi
dell’art. 100 Cost., in Cons. Stato, 1994, II, p. 512 e ss.; C. Marzuoli, Le privatizzazioni tra pubblico come soggetto e
pubblico come regola, in Dir. pubbl, 1996, p. 393 e ss.
19
In argomento V. Cerulli Irelli, Problemi dell’individuazione delle persone giuridiche pubbliche (dopo la legge sul
parastato), cit., p. 628 e ss.
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Si consideri, tuttavia, che, specie con riferimento alle aziende municipalizzate, è discusso se,
esse pur essendo prive di personalità giuridica, possono considerarsi dotate di soggettività giuridica.
Secondo l’opinione dominante, l’assenza di personalità giuridica non esclude soggettività che si
manifesta sia in ambito organizzativo nei rapporti interorganici, sia in ambito ordinamentale, in
quelli intersoggettivi.
Passando, poi, all’esame dei caratteri peculiari e del regime giuridico delle aziende
autonome, è necessario rilevare come il loro patrimonio, cioè l’insieme dei beni e dei mezzi di cui si
avvalgono per l’esplicazione della propria attività imprenditoriale, viene costituito dall’ente di
appartenenza, cioè un c.d. patrimonio separato.
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Così P. Virga, Gli enti parastatali nella tipologia degli enti pubblici, cit., p. 145 e ss.; A.M. Sandulli, Enti pubblici
ed enti privati di interesse pubblico, cit., p. 45.
21
C. Maugieri, Il controllo della Corte dei Conti sugli enti pubblici economici trasformati in s.p.a., in Dir. amm., 1995,
p. 203 e ss.
22
P. Saraceno, Il sistema delle imprese a partecipazione statale nell’esperienza italiana, Milano, 1975.
23
In argomento, tra gli altri, si veda R. Perna, Privatizzazione formale/sostanziale e controllo della Corte dei Conti, in
Foro it., 1993, I, p. 285 e ss.; S. Cassese, Le privatizzazioni in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998, p. 32 e ss.; G.
Amorelli, Le privatizzazioni nella prospettiva del trattato istitutivo della Comunità economica europea, Padova, 1992;
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enti pubblici economici in società per azioni con attribuzioni allo Stato dell’intero pacchetto
azionario e, successivamente, alla collocazione sul mercato delle azioni stesse. Tanto ciò è vero che
per le attività che gestiscono attività di interesse generale, lo Stato può conservare una
partecipazione azionaria che, però, non superi il 5% (c.d. golden share).
E. Freni, La complessa riforma degli enti pubblici nazionali tra nuovi e vecchi interventi, in Giorn. dir. amm., 2000, p.
535 e ss.
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Ripreso da F. Garingella - L. Delpino - F. del Giudice, Diritto amministrativo, cit., p. 115.
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Cfr. A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit. p. 100 e ss.
26
Cfr. C.d.S., sez., IV, 24 febbraio 2000, n. 1002.
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Così P. Virga, Diritto amministrativo, I principi., cit., p. 89.
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In caso di enti territoriali, i rapporti facenti capo all’ente territoriale estinto si trasferiscono
all’ente che ha acquistato il territorio.
Nel caso, invece, di enti non territoriali occorre distinguere:
- se le funzioni esercitate dall’ente estinto vengono trasferite in toto ad un altro
ente, quest’ultimo acquista tutti i rapporti facenti capo al vecchio ente (successione a titolo
universale).
- Se le funzioni sono trasferite solo parzialmente, all’ente che le acquista
vengono trasmessi solo quei rapporti inerenti alla parte di funzioni trasmesse, mentre gli altri
passano al soggetto costituito per la liquidazione.
- Se all’ente estinto non ne subentra un altro, tutti i rapporti ad esso facenti
capo vengono devoluti ad un apposito ente incaricato della liquidazione e ciò che resta dopo
tale liquidazione passa allo Stato.
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11 I controlli
La legge istitutiva degli enti pubblici prevede, tra l’altro, che tali enti sono assoggettati
alla vigilanza del Ministero che presiede all’attività da esso esplicitata.
Detta vigilanza si esprime attraverso un controllo di legittimità sugli atti di gestione e
nella nomina degli amministratori.
Inoltre, con la legge n. 259 del 1958 si prevede che la gestione finanziaria di tutti gli enti
dello Stato è assoggettata al controllo di legittimità della Corte dei Conti .
Infine, ai sensi della legge n. 20 del 1994 anche la gestione del bilancio e del patrimonio
di tutti gli enti parastatali, siano o meno sovvenzionati dallo Stato, è assoggettata al controllo
successivo della Corte dei conti, che deve verificare la legittimità e la regolarità della gestione.
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Bibliografia
• P. Alessi, Principi di diritto amministrativo, Milano, 1971, vol. I, p. 39 e ss.;
• G. Amorelli, Le privatizzazioni nella prospettiva del trattato istitutivo della Comunità
economica europea, Padova, 1992;
• Bardusco, Ente pubblico, in D. disc. pubbl., IV, Torino, 1991, p. 64 e ss.;
• F. Benvenuti, Autotutela, (dir. amm.) in Enc. dir., IV, 1959, p. 538 e ss.;
• M. Cammelli, Le società a partecipazione pubblica, Rimini, 1989;
• S. Cassese, Partecipazioni pubbliche ed enti di gestione, Milano, 1962;
• S. Cassese, Le privatizzazioni in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998, p. 32 e ss.;
• V. Cerulli Irelli, Corso di diritto amministrativo, Torino, 1997, p. 190 e ss.;
• V. Cerulli Irelli, Problemi dell’individuazione delle persone giuridiche pubbliche (dopo la
legge sul parastato), in Riv. trim. dir. pubbl., 1977, 2, p. 626 e ss.;
• F. Coltelli, La trasformazione in s.p.a. degli enti pubblici economici e il controllo della
Corte dei Conti ai sensi dell’art. 100 Cost., in Cons. Stato, 1994, II, p. 512 e ss.;
• E. Freni, La complessa riforma degli enti pubblici nazionali tra nuovi e vecchi interventi, in
Giorn. dir. amm., 2000, p. 535 e ss.;
• F. Garingella - L. Delfino - F. del Giudice, Diritto amministrativo, ult. ed., Napoli, 2007, p.
100 e ss.;
• M.S. Giannini, Diritto amministrativo, I, Milano, 1988, p. 100 e ss.;
• Marzuoli, Le privatizzazioni tra pubblico come soggetto e pubblico come regola, in Dir.
pubbl., 1996, p. 393 e ss.;
• Maugieri, Il controllo della Corte dei Conti sugli enti pubblici economici trasformati in
s.p.a., in Dir. amm., 1995, p. 203 e ss.;
• Mortati, Le forme di Governo, (Lezioni), Padova, 1973;
• V. Ottaviano, Ente pubblico, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, p. 968 e ss.
• R. Perna, Privatizzazione formale/sostanziale e controllo della Corte dei Conti, in Foro it.,
1993, I, p. 285 e ss.;
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