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Lezione XVII
Autonomia signi ca il diritto delle comunità locali di organizzarsi in enti pubblici distinti dallo Stato,
titolari di proprie funzioni da esercitarsi a vantaggio delle comunità stesse, adattando l’azione dei
pubblici poteri ai caratteri e agli interessi delle varie parti del territorio nazionale e delle rispettive
popolazioni. Attraverso gli enti autonomi (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni) il potere
pubblico viene distribuito su diversi livelli territoriali. Ciò è reso possibile dal fatto che le materie af date
alla cura degli enti pubblici si prestano a essere gestite su scala più o meno vasta, a seconda della
dimensione degli interessi coinvolti. Occorre precisare, però, che «autonomia» non signi ca
«indipendenza» (solo lo Stato centrale è “sovrano”, nessun altro ente interno ad esso è tale). La
possibilità delle comunità locali di governarsi da sé non deve pregiudicare l’unità e l’indivisibilità della
Repubblica, per assicurare le quali esistono diversi strumenti di uni cazione delle politiche degli enti
autonomi (si pensi all’art. 120 Cost. sui c.d. «poteri sostitutivi del Governo» o all’art. 126 , comma 1,
Cost., in tema di scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta).
Il decentramento dello Stato è, invece, altra cosa ancora. Esso consiste nell’organizzare le funzioni
statali per mezzo di organi e uf ci distribuiti sul territorio, a contatto con le collettività locali. Gli organi e
gli uf ci decentrati non godono di autonomia, ma dipendono dal Governo centrale (si pensi alla
Sezione regionale di un Ministero).
Prof. Antonio Gusmai
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Lo Stato regionale
La Costituzione prevede, accanto agli apparati dello Stato centrale, un complesso sistema di
autonomie regionali e locali. La nostra organizzazione costituzionale prevede, infatti, uno Stato
regionale e autonomista, basato su regioni dotati di:
- autonomia politica (art. 114 Cost.), ossia sulla capacità di darsi un proprio indirizzo politico,
anche diverso da quello dello Stato;
- autonomia legislativa (art. 117 Cost.) e amministrativa nelle materie espressamente indicate
dalla Costituzione (art. 118 Cost.);
- autonomia nanziaria (art. 119 Cost.), cioè l’attribuzione di risorse nanziarie necessarie per
esercitare le loro competenze, anche attraverso tributi regionali e la partecipazione ai proventi di
tributi statali, nonché la libertà di stabilire come e in che quali settori spendere le risorse che
af uiscono nei loro bilanci.
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La forma di governo regionale
Gli organi fondamentali della Regione, necessari per la loro esistenza e il loro funzionamento politico,
sono:
La legge cost. 1/1999 ha modi cato gli artt. 121-126 della Costituzione, introducendo una forma di
governo regionale basata sull’elezione popolare diretta del Presidente della Regione.
Le relazioni tra il Consiglio regionale, da una parte, ed il Presidente eletto e la Giunta, dall’altra, hanno
portato larga parte della dottrina a ricondurre il tutto ad una forma di governo neoparlamentare. Infatti,
il Consiglio regionale può esprimere la s ducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante
mozione motivata, sottoscritta da almeno 1/5 dei suoi componenti ed approvata per appello nominale a
maggioranza assoluta dei componenti. L’approvazione della mozione di s ducia determina le
dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale, con la conseguenza che si andrà a
nuove elezioni per il rinnovo di entrambi gli organi (vale il principio simul stabunt, simul cadent).
In realtà, poiché di fatto l’indirizzo politico non è determinato a preponderanza consiliare, ma
presidenziale, è possibile sostenere che tutte le Regioni (eccetto la Valle d’Aosta) abbiamo una forma di
governo presidenzialista.
Prof. Antonio Gusmai
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La funzione legislativa
Il sistema del riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni (art. 117 Cost.), a seguito della modi ca del
Titolo V della Costituzione avvenuta con l. cost. n. 3 del 2001, è il seguente:
1) lo Stato ha «competenza legislativa esclusiva» nelle materie previste dal comma 2 dell’art. 117 Cost. (in tali
materie, solo lo Stato può legiferare, non le Regioni. Si tratta di materie che richiedono l’esercizio unitario del potere di
normazione, in settori come il governo dell’economia, l’organizzazione dello Stato, la giustizia, la cittadinanza e i diritti
fondamentali, etc.);
2) Stato e Regioni hanno «competenza concorrente» (o ripartita) nelle materie previste dal comma 3 dell’art. 117
Cost. (con l’espressione «legislazione concorrente, si intende dire che la disciplina legislativa delle singole materie
elencate è distinta in due momenti: a) la previsione di principi fondamentali e b) lo svolgimento particolare, tramite
norme di attuazione, di tali principi. L’approvazione delle leggi che contengono i principi fondamentali della materia
(c.d. «leggi cornice») spetta allo Stato; l’approvazione delle leggi che li svolgono spetta alle Regioni. La
legislazione concorrente assicura che le 20 distinte legislazioni regionali siano riconducibili a principi comuni, che
abbiano cioè un unico lo conduttore a garanzia dell’unità dell’ordinamento. Rientrano in questa competenza, materie
come la tutela della salute, l’istruzione, l’ordinamento sportivo, i porti e gli aeroporti civili, etc.);
3) ai sensi del comma 4 dell’art. 117 Cost., le Regioni hanno «competenza legislativa residuale» in tutte le
materie non nominate nei commi 2 e 3 (ciò signi ca che, nelle materie non previste come di competenza esclusiva
dello Stato o di competenza concorrente Stato-Regione, a poter legiferare è soltanto la Regione. Una di queste, come
vedremo, è proprio la materia dei «servizi sociali». Ma si pensi, anche, a materie come il turismo, l’agricoltura e
l’edilizia residenziale pubblica. Va precisato, però, che alcune materie hanno una valenza «trasversale», ossia
possono operare trasversalmente a tutta la legislazione. È il caso della tutela concorrenza, che legittima l’intervento
della legge statale anche in materie di competenza residuale regionale come l’agricoltura. Si pensi, anche, alla tutela
dell’ambiente, che di per sé non può che interessare tutto il territorio nazionale).
Prof. Antonio Gusmai
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Segue: che succede se sorgono controversie in
merito alla ripartizione delle competenze legislative?
Come s’è visto trattando della Corte costituzionale, Stato e Regioni possono
promuovere giudizio in via principale.
In particolare, ai sensi dell’art. 127 Cost:
- dal canto suo, la Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente
valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di
competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi
alla Corte cost. entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto
avente valore di legge.
La funzione regolamentare
Secondo l’art. 117, comma 6, Cost., la potestà regolamentare spetta allo
Stato, alle Regioni e agli Enti locali secondo il seguente riparto:
La funzione amministrativa
Prima della riforma del 2001 che ha riguardato, come visto, il Titolo V della
Costituzione, le Regioni, nelle materie af date alla loro competenza
legislativa, disponevano di corrispondenti funzioni amministrative: si trattava
del c.d. «principio del parallelismo delle funzioni», in forza del quale il
soggetto che detta la disciplina legislativa di una materia, provvede anche a
garantirne l’attuazione a livello amministrativo.
Alla riforma del 2001 si deve anche la nuova formulazione dell’art. 118
Cost., relativo al riparto delle funzioni amministrative. Risulta, infatti, superato
il principio del parallelismo sancito dal sistema previgente, stabilendosi che
«le funzioni amministrative sono conferite ai Comuni, salvo che, per
assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane,
Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza» (art. 118, comma 1, Cost.).
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…pertanto, le funzioni amministrative devono
essere allocate:
A) al livello istituzionale più decentrato possibile (Comune) a condizione che ciò sia
compatibile con l’esigenza di assicurare l’ef cienza e l’effettività dell’azione dei
pubblici poteri. Soltanto qualora non sia possibile attribuirle ai Comuni per
assicurarne l’esercizio unitario, saranno attribuite ai livelli via via superiori (Province,
Città metropolitane, Regioni, Stato), in applicazione del «principio di sussidiarietà
operante in senso verticale». A tale principio si accompagna, peraltro, quello della
c.d. «sussidiarietà orizzontale», rivolto a favorire, a tutti i livelli, l’avvicinamento del
cittadino all’Amministrazione attraverso «l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e
associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale» (art. 118, comma 4,
Cost.);
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Il potere delle Regioni e degli Enti locali di stabilire tributi ed entrate propri incontra un
limite nel rispetto della Costituzione e del coordinamento delle nanza statale.
Coordinamento che, ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost., è oggetto di legislazione
concorrente, con la conseguenza che è la Regione a porre con proprie leggi la
relativa disciplina nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali.
Prof. Antonio Gusmai
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Ulteriore limite è posto dal comma 6 dell’art. 119 Cost., secondo cui il ricorso
all’indebitamento è consentito «solo per nanziare spese di investimento», esclusa in ogni
caso ogni garanzia dello Stato sui prestiti contratti dagli enti territoriali. Anche sul punto è
intervenuta la l. cost. n. 1/2012, la quale ha aggiunto due ulteriori condizioni per ricorrere
all’indebitamento:
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Segue: la partecipazione al gettito
tributario erariale
Relativamente alla compartecipazione degli enti territoriali al gettito dei tributi
dello Stato, essa è espressione di un principio di territorialità dell’imposta,
in forza del quale il gettito prelevato da un determinato territorio deve andare
a vantaggio, almeno in parte, della comunità che ha provveduto a produrlo.
È stato poi istituto un fondo perequativo, quale misura di sostegno a favore
dei territori con minore capacità scale per abitante. Il ne, come intuibile, è
quello di compensare eventuali squilibri tra le entrate tributarie delle diverse
Regioni e dei diversi Enti locali, evitando che essi possano ripercuotersi sulla
qualità dei servizi sociali prestati (art. 119, comma 3, Cost.).
1) quelle per i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale, per sostenere le quali le Regioni ricevono tutti i nanziamenti
necessari (eventualmente anche tramite perequazioni), ma nel limite dei costi standard ssati dallo Stato
in maniera uniforme per tutte;
2) quelle per i livelli ulteriori, in relazione alle quali ciascuna Regione dovrà far conto principalmente su
risorse nanziarie autonome.
Benché il processo sia ancora incompiuto, si può dire che esso renda precario il principio della
solidarietà politica, economica e sociale sancito dall’art. 2 Cost. Come principio fondamentale
gravante su tutti i cittadini in quanto tali, e dunque a prescindere dalla circostanza che essi risiedano in
una Regione ricca o in una Regione povera. Inoltre, la de nizione dei livelli essenziali delle prestazioni (e
la loro misurazione economica attraverso il meccanismo dei costi standard) tende a ridurre i diritti al
nucleo minimo, aprendo la strada a forme di tutela differenziate non agevolmente riconducibili al
rispetto del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e favorendo la concorrenza dell’iniziativa futura, come
ad esempio, nel campo della sanità dove le cliniche private prosperano sull’insuf cienza delle strutture
pubbliche.
Prof. Antonio Gusmai
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Gli Enti locali
Il Comune è la forma più antica di vita locale, cioè di autogoverno delle
popolazioni. Ancora oggi costituisce la base del sistema delle autonomie. È
l’organizzazione pubblica più vicina ai singoli cittadini.
La sua disciplina, come quella della Provincia e delle Città metropolitane, non
è contenuta nella Costituzione, se non per i principi generali. L’art. 117,
comma 2, Cost., alla lettera p), attribuisce alla legge statale la competenza
esclusiva a dettare le norme sulle elezioni, gli organi di governo e le funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (si veda, oggi, il d.lgs
n. 267 del 2000, il c.d. Testo Unico degli Enti locali). Inoltre, in base al
secondo comma dell’art. 114 Cost., «i Comuni, le Province, le Città
metropolitane [oltre che le Regioni] sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi ssati dalla Costituzione».
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