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V Croce Gobetti e Paci.

Vediamo dunque di delineare quali sono, in questambito problematico, i concreti rapporti tra Croce, Gobetti, e di conseguenza, Paci. Anzitutto la critica al marxismo come filosofia della storia per Croce e Gobetti, dunque per Paci, un terreno comune. Le cose incominciano a cambiare quando si profilano altri problemi: linterpretazione della lotta di classe, anzitutto, e poi il giudizio sulla rivoluzione dottobre. Infatti mentre Croce interpreta la lotta di classe come uno pseudo-problema, per Gobetti essa una questione concretissima; mentre Croce d un giudizio seccamente negativo sulla rivoluzione dottobre, Gobetti, proprio in omaggio alla assoluta originalit della storia la interpreta come un momento di grande creativit e validit politica. Creativit che si rivolge anzitutto, giusta la critica di Croce a Marx cui Gobetti ha sempre guardato come a un elemento basilare della sua formazione, contro la pretesa teoricistica del marxismo (pi o meno ortodosso) di orientare liniziativa e i bisogni delle masse secondo uno schema interpretativo che fa presto a divenire filosofia della storia. Tale iniziativa viene per valorizzata e riconosciuta nella sua concreta validit da Gobetti contro la svalutazione di Croce, che vi vede, al contrario, un capitolo della reviviscenza del dispotismo orientale. Una cosa chiara: e cio che al di l del giudizio storico su circostanze precise, Croce e Gobetti divergono su un punto molto rilevante: linterpretazione di un concetto cruciale, come quello della lotta di classe. Esso, come si sa, per Croce un concetto logicamente assurdo, perch formato merc lindebito trasferimento della dialettica hegeliana di concetti puri alle classificazioni empiriche mentre per Gobetti vale, concettualmente, linverso. N la logica dellastratto n la logica dellatto puro possono spiegare limperativo di lotta da cui scaturisce il partito politico, che soltanto gli ideologi sono tratti a vedere esaurito []. Se la realt consistesse soltanto di questioni obbiettive se ne potrebbe dare un concetto razionalistico [] questa la logica della chiesa e del Sillabo, non la logica della politica. Insomma, anche in politica, se la crisi odierna viene dal divorzio tra idee e cose, ci sono due possibilit: o si dice: tanto peggio per le cose o ci si accinge a riformare le idee fino al punto da porle in sintonia con quelle. Gobetti, gi nel 1922, non ha dubbi. Da un lato attribuisce a Croce anche la prima posizione, collocandolo in contraddizione con s stesso, dallaltro individua nel marxismo di Lenin e Trozkij, per lo meno le premesse di una teoria che non si separi razionalisticamente dalla realt, ma cerchi di aderire ad essa con atti concreti.

Accettando rigidamente il materialismo storico alcuni oscuri seguaci di Marx distruggono l'ideale nebuloso che tiene il popolo fuori del mondo e del reale. Identificano realt e forza, vita e individualit, pensiero e attivit economica (nel senso che gli iniziati a Marx ben possono intendere) pongono l'esigenza di far scaturire dal basso un'affermazione autonoma, che di fronte allo czarismo opponga concretezza e non si limiti alle dichiarazioni di principio dell'Intelligenza. Questi marxisti, annunciatori della rivoluzione bolscevica, intendevano che le idee non possono nascere da cervelli isolati, che la filosofia ha la sua validit moderna in quanto sorge dalla storia, che le grandi lotte politiche presuppongono una coscienza di interessi, un senso di responsabilit, un individualismo economico. Invece che a educare il popolo rivelandogli la verit sentivano il bisogno di teorizzarne l'azione e di agire praticamente secondo i risultati di questa teoria. sorta cos, dalla feconda eticit dei due concetti di coscienza economica e di responsabilit individuale affermati contro i dogmatismi e contro i limiti di una civilt intellettualistica ignara delle esigenze nazionali, la redenzione rivoluzionaria del popolo russo. [Gobetti 1922, pag. 14-15]

A) Due interpretazioni della rivoluzione russa. Gobetti 1922, Paci 1934. Insomma, non difficile rendersi conto della presenza, nel Paci de Il Cantiere, non solo di Croce, e del Croce filtrato attraverso le categorie gobettiane, ma naturalmente- di Gobetti stesso. Il che, per la verit, tuttaltro che inspiegabile, a partire dalla formazione gobettiana del Paci studente ginnasiale e poi liceale a Cuneo (1925-28), e induce a conclusioni critiche assai diverse rispetto alla rimozione di Gobetti da parte di Paci, che costituisce la tesi di Amedeo Vigorelli [1987 pag.]. In effetti il giovane Paci del 1934, quando scrive il suo Rovesciamento del marxismo, per Il Cantiere influenzato (nel metodo e nel merito) dalla sua formazione crociano-gobettiana, in un modo che difficilmente si potrebbe sottovalutare. Abbiamo gi visto la pagina, lucida e perspicua, in cui Paci motiva e argomenta il suo rifiuto della filosofia della storia, tanto idealista che marxista, e abbiamo gi visto che sullo sfondo banfiano e nietzschiano-

questo era stato il suo modo peculiare di servirsi della stesa critica crociana alle filosofie della storia, e al marxismo in particolare, contro Croce e il formalismo delle filosofie idealistiche. Ma, preme sottolineare, proprio questo un passaggio marcatamente gobettiano, appunto perch in esso si utilizzano le premesse critiche di Croce contro il versante sistematico dello steso idealismo. Ma c di pi: se veniamo al problema della interpretazione del marxismo, vediamo come Paci ricalchi alcuni punti fondamentali della posizione gobettiana, cui, al di l di alcune confusioni terminologiche facili da chiarire, sicuramente riconducibile linterpretazione di Trozkij, che Paci affronta nella seconda parte del saggio di cui ci stiamo occupando, Il rovesciamento del marxismo [1934b]. Se di fronte alla assoluta originalit del corso delle cose, e al conseguente inevitabile fallimento delle filosofie della storia, il marxismo come dottrina storicistica risulta disarmato, non cos il materialismo storico come metodo interpretativo capace di calarsi nella concretezza della singola situazione e di vederne realisticamente le possibilit e le necessit economico politiche. In tale situazione concreta, impermeabile ai condizionamenti della filosofia della storia, le masse, uniche protagoniste di essa, possono essere condotte ad agire solo sulla sola scorta della loro volont e dei loro interessi. Fin qui il Gobetti del 1922, che ritroviamo per intero nella lunga citazione da cui siamo partiti. Se ora proseguiamo la lettura del saggio di Paci vi troveremo queste parole. Il salto di cui Trotsky parla piuttosto un atto totalmente rivoluzionario compiuto non tanto in conseguenza dellopera di teorici, quanto della volont delle masse, atti rivoluzionari con cui si rompe ogni legame con il passato e quindi anche con le forme economiche attraverso le quali, secondo il marxismo, si doveva necessariamente passare. Ora, mentre per questo Paci marxismo la filosofia della storia del Manifesto, - che citer pi avantiper Gobetti marxismo ortodosso il materialismo storico, gi passato attraverso la critica crociana e pronto ad assumere la concreta

forma metodologica che sar di Gramsci, il cui cammino formativo non poi cos lontano da questo. Ma detto questo, chiarite queste confusioni, non si pu negare che il modello alla stregua del quale il giovane Paci interpreta il trozkismo, abbastanza evidentemente nel saggio gobettiano pi volte citato e analizzato finora, Storia della rivoluzione russa (1922). Vi si trova lidentico richiamo al rifiuto dellastrazione intellettualistica (Gobetti parla di astrazione dell Intellighenza _ Paci dei Teorici) lidentica rivendicazione della centralit dei soggetti concreti del fatto rivoluzionario (Gobetti parla di movimento dal basso _ Paci di Volont delle masse), la stessa assunzione della analisi politicoeconomica specifica contro lastrazione della leggi economiche, politiche o storiche, di cui si nega appunto recisamente lesistenza. Insomma le forze concrete della storia contro le camicie di nesso della sua filosofia, la coscienza dei processi storici presi nella loro irriducibile individualit e della unica e infungibile azione politica che deve scaturirne e si oppone a ogni forma di astrazione. Concludendo, evidente che Gobetti, e il Croce di Gobetti per Paci restano. Ne costituiscono linsostituibile modello di una teoria che si proponga, per dirlo in una formula, la ricerca della coscienza (e della prassi) storica nella sua unicit e irriducibilit in contrapposizione ad ogni teoria o legge che a tale coscienza voglia prepotentemente sovrapporsi. In questo senso gli autori di cui abbiamo parlato costituiscono la fonte prima e insostituibile dellaspirazione alla concretezza storica, contro lastrazione delle filosofie di secondo grado, che sar di tutto Paci. Sotto questo profilo, poi, il giovane Paci non si fa nessuno scrupolo di manipolare i termini della questione teorica utilizzando ampiamente tratti esenziali della filosofia crociana contro Croce, ma anzi si spinge a trattare disinvoltamente quel Croce speculativo e formalistico obiettivo della sua polemica, come se fosse tutto Croce. O, anche, di utilizzare tratti essenziali del materialismo storico contro il marxismo dottrinario, chiamandolo poi con altrettanta giovanile rinvoltura:

semplicemente Marxismo. Tacendo, infine, che tale atteggiamento teorico (non la licenza spinta fino allimprontitudine) veniva naturalmente da Gobetti, dallessere stato uno dei pochi o tanti liceali gobettiani del Piemonte anni venti. Mentre nella fase presente si fondeva con linsegnamento banfiano, la sua dialettica e la sua lettura della crisi. Daltra parte, se da questa analisi particolare dellintrico di pi o meno manipolate- fonti e influenze, si torna al quadro storico generale, non si deve dimenticare il carattere di questa stagione intellettuale, caratterizzata da allusioni, cifre, silenzi [Cfr. Anceschi catalogo Ponti]. Stagione nella quale le idee scivolano dietro le cose, e, pi che mai, le parole vogliono dire altro da quello che apparentemente significano. Infatti, a spiegarne certe caratteristiche tesi e scelte, il verso di questo recto ideologico il collettivismo de Il Cantiere, la sua rivendicazione delle autonome forme dorganizzazione operaia, dal basso, contro lassorbimento di ogni sua autonoma istanza ed iniziativa nella monolitica istituzione corporativa. Nel 1934 in Italia lantimarxismo politico in Italia era di assoluto obbligo, molto meno difficile era nominare il materialismo storico o alludervi, nel quadro di un dibattito teorico. Molto meno difficile era tematizzare la confutazione di tutto il marxismo da parte di questa o quella sua eresia, che per restava, fatalit, pregna di quelle movenze teoriche che del marxismo erano lessenza, e che, pi o meno tacitamente, non si criticavano, anzi. Non ultimo merito del giovane, e disinvolto, Paci stato quello di adattare il pensiero del non nominabile Gobetti, che rimane il fulcro della sua formazione, a questo sofistico modo di argomentare, in cui si vede la caratteristica impronta di quella stagione politica e intellettuale. Gobetti aveva inteso esaltare il marxismo ortodosso, liberandolo crocianamente dallincrostazione positivistica delle leggi di sviluppo della storia, e della successione degli stadi economici. Paci, con le stesse idee confuta il marxismo contrapponendogli e insieme caldeggiando Bernstein e Trozkij, che erano incontestabilmente marxisti fino al

midollo. Certo nellItalia del 1934 non si poteva nominare Gobetti, e Croce quasi solo per criticarlo. Ma, appunto, il materialismo storico (di cui in questo e in altri luoghi de Il Cantiere comparivano le fattezze inequivocabili) come disciplina squisitamente filosofica, poteva servire da sfondo a una interpretazione particolarmente avanzata, e scomoda, del sistema corporativo. Aufklaerung collettivista. Collettivismo, realismo invece che materialismo, ma a chi voglia guardare oltre le parole, i tratti teorici essenziali sono, se non identici, certamente non disomogenei.

B) Realismo storico e esistenzialismo. Sul piano strettamente teorico, tale realismo che ricorda, dicevamo, mutatis mutandis, a un dipresso il materialismo storico di Gobetti, ha la sua caratteristica centrale, lo abbiamo visto ma lo sottolineiamo ancora perch essenziale e caratterizzante lintera evoluzione teorica di Paci, nellasserire limpermeabilit della storia, o, su un altro piano, della realt, a una teoria che possa catturarla, assimilarla e, infine, predeterminarla. Ancora una volta la storia ha dimostrato di non poter sopportare leggi dallesterno. Anche qui, andare verso le cose stesse il che Paci non mancher di fare, significa accettare come un compito, potenzialmente infinito, la radicale autonomia del dato da ogni sistemazione teorica definitiva. Questo significa non solo, il classico (e noto) point de systmes , ma l esigenza di ripartire, ogni volta daccapo, alla ricerca dellassimilazione teorica di una realt di cui non siamo i padroni. Assimilazione i cui strumenti dovranno per definizione essere, nel tempo, rivisti e riadattati sistematicamente, giusta la radicale non-autonomia del pensiero che rester uno dei fili conduttori dellopera teorica di Paci. Se da questi tratti interpretativi essenziali si passa a una

pi ravvicinata analisi storica, possibile anzitutto osservare che questa tesi centrale di Paci : realismo come autonomia infinita del reale dalle sistemazioni speculative, rappresenta la particolare curvatura con cui egli interpreta (gi qui nel 1934) la nota conferenza di Simmel in cui il maestro berlinese delinea la netta separazione, linconciliabilit di Geist e Leben. Interpretazione che, come ben nota Vigorelli, non ha niente a che vedere con il vitalismo pi o meno irrazionalistico, allora assai diffuso in certi strati della cultura europea. Realismo dunque gi pi che un cenno, come vorrebbe Garin [1966, pag.469] di disposizione umanistica, ancora acerba e immatura. Ma, a ben vedere, questa formula cos sachlich, contiene gi il primo nucleo dellesistenzialismo di Paci, destinato a essere formulato sei anni dopo, ma di cui qui gi si pu avvertire l originale delinearsi. Infatti, nel 1940, Il problema dellesistenza sinserir nel dibattito europeo sullesistenzialismo con la proposta dun esistenzialismo dorigine n soggettivistica n spiritualistica. La cui scaturigine, insomma, non era lo scarto tra la situazione limitata e finita della coscienza e la sua incapacit di assimilare forme pi o meno disomogenee di trascendenza. Lorigine dellesistenzialismo, dunque, non per Paci da collocarsi nellinfelicit della coscienza, o, seppure, in una sua pi o meno laica nostalgia dellassoluto o dellaltro. Anzi, per tutti gli anni Quaranta (e ben oltre) Paci insister sulla critica nei confronti di una tale forma di esistenzialismo, peraltro largamente dominante, in cui il fulcro dello squilibrio umano sta nel rapporto dinsolubile difficolt tra coscienza e assoluto, in-s e per-s (Sartre) ontico-ontologico (Heidegger) e consimili varianti Jaspersiane. Si potrebbe dire conclusivamente che la versione di Paci della filosofia esistenziale non di carattere introspettivo o soggettivistico-spiritualistico ma, per lappunto, realistico, nel senso che proviene dalla esigenza primaria di riconoscere lautonomia irriducibile, e insomma loriginalit del reale o della storia rispetto al pensiero, la loro sostanziale inafferrabilit e non determinabilit a priori da parte di esso. Gi qui, la

filosofia di Paci non una filosofia dellinteriorit, e men che meno lo sar, a partire dal 1940, nella sua versione dichiaratamente esistenzialistica, proprio mentre la cultura europea sar dominata dai temi della coscienza infelice e della cura, quando insomma queste e altre forme di disarmonia interiore ne comporranno il quadro fondamentale. Per Paci invece la posizione del problema dellesistenza trova il suo pi attendibile punto di partenza non in tali varie formulazioni dei dissidi dellinteriorit, ma negli inconvenienti o nelle manchevolezze teoriche ineliminabili del sistema. In altri termini, Paci individua quella che chiamer di qui a qualche anno esistenza nella incoercibile originalit della mutevole realt sociale ed economica. La frattura tra pensiero e realt, essenza ed esistenza, senso e idea, che , simmelianamente, il problema dellepoca, per Paci ha la sua prima incarnazione in un contesto nel quale il pensiero non rappresentato dallautotrasparenza dellidea, ma dalla capacit previsionale e logica della filosofia della storia e dellepistemologia. Il problema teorico di fondo, date queste premesse, naturalmente quello del confronto con il razionalismo, inteso come quella filosofia il cui motivo ispiratore essenziale la coincidenza tra ordo rerum e ordo idearum, o lassimilazione, se si vuole, di ogni realt nellalveo del pensiero puro. Ora, la dura concretezza della storia, si direbbe delle sue repliche, un terreno privilegiato per saggiare i limiti di tale impostazione teorica, o perlomeno per dubitarne e iniziare a concepire lidea duna componente, di una forma del reale che sfugga allassimilazione da parte dun pensiero che, infatti, punto essenziale, non riesce a costruire leggi che la ordinino, ne prevedano con successo le mosse, ne organizzino il vario manifestarsi. Tale dunque la Leben di Paci, non la vita dei vitalisti, ma la irriducibilit della cosa. Anche per questo, a partire da tali premesse appare difficilmente eludibile lappuntamento con la fenomenologia.

C) Interpretazioni di Croce tra

Gobetti e Paci

Dopo aver delineato le conseguenze che avr la stagione del realismo storico e del collettivismo sulla elaborazione teorica dellesistenzialismo di Paci, che rimane incomprensibile nei suoi tratti caratterizzanti senza di essa, torniamo, secondo il nostro assunto, allinfluenza di Piero Gobetti sul giovane Paci. Infatti la spregiudicata libert teorica di Gobetti, oltre a fornire modelli interpretativi precisi e concreti a Paci, gli indica lesempio di una autonoma capacit di muoversi tra le indicazioni del crocianesimo, del marxismo e dello steso liberalismo senza smarrire i tratti di una propria ben definita, e diremmo inconfondibile, personalit. E dunque la capacit di Gobetti di assimilare il lato mondano della filosofia di Croce, e la sua criticit, il suo rifiuto delle filosofie della storia(abbiamo visto uno specimen del ben noto confronto con il marxismo), respingendone o svalutandone pi o meno esplicitamente i tratti pi marcatamente idealistici, dogmatici o sistematici. Il tema della frattura tra il pensiero e la realt, ha per Paci unorigine squisitamente tecnica e accademica, che si colloca tra i manoscritti banfiani de La crisi, e la lettura della omonima conferenza simmeliana, sempre sullo sfondo delle Inattuali di Nietzsche. Ma il modo in cui prende forma lo scacco del pensiero di fronte alla datit del reale non (labbiamo visto) tanto speculativo in senso tradizionale, quanto sostanziato della specifica insufficienza della teoria economica o della filosofia politica di fronte alla imprevedibile mutevolezza delle vicende storiche. Se dunque questo pi da vicino il modo in cui Paci si rende ragione della crisi, appare difficile diminuire limportanza che hanno per lui Croce e Gobetti. Per sintetizzare, potrebbe dirsi che mentre lidea della crisi ha fonti tecniche e accademiche, il metodo dello scacco del pensiero di fronte alla realt viene dalla critica storica e politica. Dunque trae origine dalla lettura de La rivoluzione liberale, con il suo crocianesimo

critico, nonch dalla lettura sistematica di Croce stesso, altrettanto fondamentale per la sua formazione. Infatti lesigenza di un pensiero integralmente storico e mondano, che rifiuti esplicitamente la terminologia e il metodo della metafisica, dunque la filosofia della storia, esigenza squisitamente crociana. Mentre addirittura inutile ricordare che di fronte ad essa nel medesimo Croce stanno le pi o meno rigide esigenze, tante volte menzionate, del Sistema. Cos che la filosofia del maestro napoletano appare a Paci proprio come il terreno di scontro della crisi. E ancora, il modo in cui deve essere tematizzata questa frattura interna, il modo di mettere Croce contro Croce, Paci non lo prende da Banfi, ma da Gobetti. Lidea di collocare al centro di tutto listanza storica e critica e collocarla in metodica, feconda contraddizione con il sistema vengono a Paci da Gobetti, non da Banfi. Per il quale la crisi pu e deve essere risolta attraverso la carica positiva del negativo, quindi attraverso uno strumento concettuale essenzialmente hegeliano che media dialetticamente il razionalismo, ne spezza limmediatezza, ma in effetti non lo contraddice. Per Banfi, insomma, la prospettiva quella di trovare la rosa nella croce di una filosofia insieme razionalistica e immanentistica in cui la convergenza tra pensiero ed essere fuori dogni ipostatizzazione metafisica o dogmatica: da qui linteresse banfiano per Spinoza e Marx. Mentre Paci, che prende estremamente sul serio la critica di Croce alla metafisica e in pari tempo la disapprovazione gobettiana del Croce sistematico che in pari tempo valorizza tale critica, semplicemente respinge lidea duna qualunque garanzia nel rapporto tra pensiero e realt. Insomma non solo Godetti che indica a paci la via del cosa fare di Croce, ma sradica definitivamente sviluppando rigorosamente tutto un versante dello steso Croce, la credenza o la fede in una qualunque garanzia metodologica o metafisica della corrispondenza tra pensiero e realt, da ripristinare rimediando a questo o a quellerrore della tradizione filosofica. Dunque per Banfi il materialismo storico, recuperato nel dopoguerra dopo

lesperienza spinoziana, determiner insieme una piena comprensione e trasformazione della realt, fino a prefigurare una vera e propria saldatura tra essere e pensiero, in quanto la emancipazione e autoappropriazione della classe operaia, sprigionando tutta la positivit racchiusa nel negativo, potr sanarne la penosa scissione. Mentre per Paci il marxismo sar sempre e solo un metodo filosofico di scavo del reale, o, alla fine del suo percorso, di demistificazione della Lebenswelt feticizzata, dunque qualcosa da riscoprire e ripensare sempre di nuovo. Quanto a Croce, la sua filosofia rester per Paci costante terreno di confronto e di battaglia giacch in essa lesigenza di storicizzazione assoluta del reale e quella della sua risoluzione nel pensiero configgeranno costantemente rappresentando il problema di Paci. Dimostrando cio attraverso lemergere di una serie di contraddizioni interne lincompatibilit di tali esigenze. Per questo Paci non si allontana mai per tutta la sua giovinezza dal confronto con Croce e lo riprender a pi riprese nel dopoguerra, e, si pu dire, fino alla fine. Tra laltro si deve anche osservare che lesigenza di storicizzare e comprendere storicamente, si sostanzia, come tutti sanno, per Croce, di mille analisi e studi particolari, che ripropongono proprio quella impermeabilit e imprevedibilit del reale da parte della teoria che testimonia sistematicamente quanto problematica sia la risoluzione di tale realt nel pensiero. Tanto che Croce, come vedremo anche nei prossimi capitoli, notoriamente riaprir da par suo il problema di tale critica elaborazione, da un lato svalutando il contenuto dellidealismo stesso e facendone un termine da abbandonare, dallaltro immergendosi nella problematica del vitale quale sviluppo delloriginario concetto dellutile- quale forma originaria e ineducabile da parte del pensiero. Comunque, dopo larticolo sul marxismo del maggio 1934, Paci abbandoner tale tematica che riprender solo nel dopoguerra, e soprattutto negli anni Sessanta con la sua notissima proposta di un marxismo fenomenologico, cui abbiamo

in sintesi sopra accennato. Cos, gi nel giugno del 1934 Paci, nel suo ultimo articolo per Il Cantiere, torna alla polemica crociana, riprendendo proprio i termini della questione che abbiamo appena anticipato e tratteggiato. Larticolo ha il titolo, assai significativo, di Inconvenienti del sistema, ed esce nel numero diciotto de Il Cantiere, 30 Giugno 1934, XII. La tesi fondamentale di questo articolo, che recensisce gli Orientamenti, di Benedetto Croce apparsi a Milano per i tipi di Gilardi e Noto nello stesso 1934- la contraddizione interna al pensiero del maestro napoletano, tra il suo versante concreto, che risolve la filosofia in storiografia e la limita al momento metodologico, e quello pi astratto e speculativo, in cui leternit del momento categoriale gradi dello spirito- precede e determina leffettivit del reale. Evidentemente si tratta di uno dei tanti esempi del carattere (da noi gi largamente trattato) inconfondibile che assunse il confronto tra Croce e Paci. Ma questo articolo, in armonia con il taglio battagliero e politico della rivista su cui appare, si apre su una nota sbrigativamente polemica. E se la realt contro al sistema del filosofo ? Tanto peggio per la realt. E la realt di fronte alla quale la filosofia crociana abdicherebbe alla sua tradizionale spregiudicatezza, libert e concretezza danalisi (il pensiero deve servire alla vita) per rinchiudersi nelle sue certezze, evidentemente quella del fascismo. Croce, in sostanza, avrebbe il torto di giudicare il fascismo dallalto, alla stregua delle eterne categorie dello spirito soprattutto alla luce del carattere essenzialmente economico che la forma-stato assume nella sua concezione politica, di fronte a cui lo stato etico gentiliano cui Paci allude esplicitamente, pretendendo di radicarsi sul terreno morale, e confondendo eticit e utilit, peccherebbe di statolatria.
Croce si richiama dunque alla sua filosofia e con questa condanna lattuale realt. Ma quella filosofia pu avere avuto un valore come fondamento dellormai scomparso stato liberale e democratico: oggi la realt unaltra e quindi anche un altro il pensiero che la muove e che la regola. Perci sar pure

statolatria il nuovo culto dello stato per il pensiero liberale, ma tale non per il pensiero nostro che trova proprio uno dei suoi fondamenti nellunione degli interessi dellindividuo con quelli dello stato, che come dire nellunione dei due momenti che Croce distingue, leconomico e il morale. La verit (quante volte Croce stesso ce lo ripete e ce lo ha ripetuto in questo stesso libro!) non un dogma fissato una volta per sempre; il pensiero tale perch in movimento [e] se il pensiero si arresta si trova allora di fronte a fatti che non sa pi spiegarsi e che gli danno torto, perch in essi vive una logica che non la sua []. La vita si pone cos contro il pensiero che si cristallizzato.

Questa critica allidealismo (nel caso specifico crociano) da parte del giovane Paci, che cos qualifica correttamente la pretesa del pensiero cristallizzato di dare lezione alle cose dalla sua ipostasi intangibile, sviluppa in fondo atteggiamenti consueti senza dire niente di nuovo. Ma, per le esigenze del nostro discorso, ci sembra non privo di interesse mostrare che essa dipende quasi letteralmente, dalla fondamentale tesi gobettiana del pensiero liberale crociano [che] rimane sostanzialmente in un ambito tutto speculativo: storicizza ma non si storicizza se non come concetto filosofico. Ci stiamo riferendo alla breve ma densa messa a punto gobettiana su Croce politico apparsa nel 1922 su La rivoluzione liberale, la cui lettura ci sembra possa mettere al riparo da ogni dubbio la nostra tesi dellorigine gobettiana del crocianesimo di Paci. In questo articolo si trova anzitutto un mirabile compendio della contrapposizione tra il Croce speculativo e quello storiografico e critico, cui Gobetti dichiara significativamente di aderire, accettando la riduzione della filosofia a storiografia e la sua limitazione al momento metodologico. Ma non basta: vi si riscontra proprio il peculiare carattere di quella interna contraddizione (Croce storicizza ma non si storicizza) che in sostanza lo stesso argomento critico ripreso da Paci negli Inconvenienti del sistema. E ancora: su un piano pi generale, se si legge Croce politico a titolo desempio, vi si ritrovano puntualmente tutti i tratti ideologici che passano da Croce a

Gobetti, al giovane Paci. Con Gobetti che funge evidentemente da centro nevralgico di selezione e discriminazione dei temi e delle soluzioni crociane- discriminazioni che egli trasmetter integralmente a Paci, e da cui Paci, fatte salve le debite differenze di tono e di orientamento, dipender in modo pi che evidente, fino al tipico modo gobettiano di mettere Croce contro Croce. In primo luogo Gobetti individua in Croce quella linea dorigine marxiana che dar da un lato concretezza al suo Hegel, dallaltro condurr alla sua concezione dello stato come forza. Molto del dinamismo concreto (astrattamente concreto) passa infatti nel duplice concetto [scilicet, crociano]del diritto come economia e dello stato come forza. [] Questa definizione [] si attacca anchessa, in qualche modo alleconomia marxistica (non certo al marxismo internazionalista!1) ma in quanto essa riflette il pensiero hegeliano, e anche vichiano. In questa continuit del versante storicista concreto Vico-Hegel-Marx, c sicuramente, per Gobetti, il Croce migliore e certamente pi importante: quello che storicizza. Ovvero che valorizza in modo determinante lesigenza di intima comprensione storica, di cui abbiamo pi volte parlato. Ora chiaro che questa esigenza, questo modo complessivo di interpretare Croce, Paci non li dimenticher pi, n trascurer lindicazione degli autori che tale esigenza sostanziano, si noti che Gobetti ha fatto il nome di Vico. Su questa linea, ricorda ancora Gobetti, si spiega perfettamente la critica crociana allastrattismo umanitario del secolo diciannovesimo, quellastrattismo politico cui si lega lidealismo umanitario del secolo XIX(fatto sopravvivere artificiosamente al suo ambiente storico sospetto al quale soltanto esso giustificato) Insomma, in Croce, per Gobetti, lesigenza di storicizzazione andata tanto a fondo da far emergere quella linea di realismo vichiano-hegeliano-marxiana che Paci, e tanta parte della cultura italiana, non potr che riprendere. Linea il cui realismo detter la critica nei confronti di
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Criticato anche da Paci, si veda il Rovesciamento del marxismo

quei residui del secolo diciannovesimo quali la umanit assolutamente pacifica e concorde che risultano malati di astrattismo proprio perch non si giustificano pi in condizioni ideali e pratiche radicalmente mutate, e sono state mantenute in vita in modo abusivo, fuori dal clima che le rendeva possibili. Ma allora, si dice il Paci de Il Cantiere, che abbiamo visto essere molto pi gobettiano di quanto comunemente si creda, non sar giunto il momento di condurre fino in fondo il confronto con il pensiero liberale e finalmente storicizzarlo farlo divenire diventare altro che un concetto tutto speculativo e puramente filosofico? Se cos perch non collocare anche tale liberalismo nella posizione dellumanitarismo, che non pi sostenibile fuori dalle coordinate del diciannovesimo secolo? Perch non riconoscere che la realt della storia con il fascismo e [se] la politica liberale non era pi in grado di sostenersi, perch giudicare la realt di oggi con il pensiero di allora? Ancora una volta se il Croce che vale il Croce realista, si deve fare valere anche contro il pensiero liberale quel realismo che gli era servito per criticare umanitarismo e astrattismo. E, in filosofia, perch non riconoscere che lipostasi categoriale del momento etico in fondo surrettizia e che dunque, una volta storicizzato, il liberalismo politico dovrebbe veder cadere lastorica religione della libert da cui dipende? Deve dunque non solo cadere la rigorosa distinzione tra eticit e grado utilitario dello spirito (cui vichianamente appartiene lo stato) interamente autonomo rispetto ad essa, ma in pari tempo il liberalismo non pu pi pretendere, quale pegno teorico dellidealismo crociano, lautonomia del pensiero dal reale e la sua fissazione in categorie eterne, che infatti quanto deriva da una esigenza di storicizzazione rigorosa come quella di Paci, e non pu che rimandare alla frattura interna tra Geist e Leben. Frattura su cui siamo pi volte tornati, ma che la formazione gobettiana aveva indicato e delineato in Croce in modo del tutto peculiare e, per Paci, tanto indelebile quanto indispensabile, ai fini del suo svolgimento intellettuale. Mentre, daltra parte, proprio il

filone teoretico di tipo marxiano (anche per questa strada Paci incomincia gi ora, lo vedremo, ad accostarsi a Vico) conduce, preso sul serio, ad un pensiero in movimento che stia dentro la logica delle cose e non nelliperuranio, da qui il rifiuto dellidealismo (che mette significativamente Croce contro Croce, e torner anche in Croce) e la scelta di un realismo storico, dietro cui si vede nettamente far capolino il Croce metodologo e storicizzante realista e politicamente concreto di Gobetti. Proprio a tale Croce, abbiamo visto, si lega quel marxismo i cui tratti pi precisi abbiamo riscontrato nel saggio forse pi gobettiano di Paci, Il rovesciamento del marxismo. Che valorizza proprio labbiamo visto- la concreta e realistica concezione storica di Trozkij contro la filosofia della storia e il rigido internazionalismo del Cominform. Per concludere, lesperienza de Il Cantiere si rivela unoccasione irripetibile e decisiva per riproporre il Gobetti del periodo cuneese, proprio per la ragione che in essa, sia pure per un breve ma significativo periodo e in forma ovviamente depotenziata rispetto agli anni inquieti del Liceo di Paci, torna in auge la politica. Vale a dire si riaffaccia, in forma non mediata, quel dibattito riguardante temi esplicitamente politici che abbiamo esaminato nei paragrafi precedenti e che sembra proprio invitare Paci alla rilettura critica di Gobetti. Eleggendolo, senza mai nominarlo, a nume ispiratore della concreta e realistica filosofia del Cantiere, delineare tecnicamente la quale era, non dimentichiamolo, il suo compito preminente allinterno della rivista romana. Infatti nei tre articoli pi importanti2 che vi pubblic nellarco del 1934, Piero Gobetti c sempre. E Croce, anche lui quasi sempre presente, nonch puntualmente recensito, essenzialmente il Croce di Gobetti. Anzi potrebbe dirsi che lessenziale dellapporto gobettiano a questi articoli di Paci lorientamento e il metodo critico del giovane maestro torinese. Dunque ci che si profila nettamente al centro delle pagine di Paci sono i giudizi di Gobetti, di volta in
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Vi apparve anche lo scritto Passaggi e rapporti, I, n.15 giugno 1934 e un certo numero di recensioni a Mequet, N.Pende, Gualtierotti, Dantzig. Anche qui prevalgono i temi politici.

volta su Croce, sul marxismo, sulla rivoluzione russa. Insomma la bussola teorica dellunica stagione esplicitamente politica del giovane Paci tutta (lezioni di Banfi a parte) o in parte decisiva, nella capacit gobettiana di mettere Croce contro Croce, di separare un marxismo utile e fecondo da uno intollerabilmente dottrinario e speculativo. Evidentemente Gobetti aveva messo a frutto (al di l degli orientamenti politici talora anche fortemente divergenti) la sostanza della stessa critica crociana a Marx e al marxismo. Critica che poi, tratto essenziale della teoresi gobettiana, veniva a sua volta adoperata contro Croce, i testi parlano chiaro, per distinguere e separare il Croce concreto da quello speculativo. Abbiamo visto queste corrispondenze fin nei dettagli, quasi rintracciando lintertesto gobettiano di questa o quella prova del giovane Paci. Ma, se si dovesse condensare in una formula questa sua decisiva lezione, si potrebbe, con buona approssimazione, parlare di una fortissima tensione antispeculativa e anti-soggettiva che determina il campo di azione del giovane Paci, e proviene da Gobetti. Cos che, mentre da Banfi gli viene labbiamo visto- il senso della crisi contemporanea (Geist e Leben) e dunque lattitudine a guardare gli autori contrapponendo, al loro stesso interno, le tesi pi significative e riconducendo tale necessaria tensione al fondamentale sunnominato conflitto, da Gobetti viene il modo, il contenuto di questa contrapposizione. Perch certo la critica a Croce (e Gentile) lo vedremo- di natura antispeculativa- ma mira a contrapporre un razionalismo pi fondato e pi vero, quello trascendentale, alla filosofia dello spirito crociana. Mentre in fondo il tratto caratterizzante di Paci lo dicevamo e lo ripetiamo conclusivamente- costituito proprio dal suo rifiuto di qualunque risoluzione della realt nel pensiero. Quando sar maturo alla svolta della trentina, e di fronte a terribili avvenimenti incalzanti nel mondo sociale e politico, questo rifiuto si chiamer esistenzialismo. Certo, da un punto di vista teorico, lesperienza de Il Cantiere risulta tanto pi decisiva in quanto consente al giovane Paci di parlare di uomini e di classi, di

vicende storiche precise e riconoscibili, tanto da chiarirsi quasi in corpore vili, linadeguatezza epistemologica di ogni filosofia della storia come di qualunque teoria economica surdeterminata. Che come dire, loccasione di toccare, in casi precisi e determinati, il limite necessario e invalicabile della capacit di assimilazione del reale da parte del pensiero. Croce, a questo punto, gli apparir non pi solo il critico del moderno decadentismoe insieme lesponente pi rilevante del liberalismo, aggrappato al mondo di ieri, nella pretesa olimpica di tutto giustificare- come al tempo di Orpheus. Ma, anche, il filosofo che spinge fino a un punto estremo lesigenza di storicizzazione contro la forma vuota delle filosofie della storia, ma che in pari tempo sembra rifiutarne le conseguenze sul suo pensiero, che infine rifiuta (Gobetti alla mano) di storicizzarsi. Da qui lesigenza di un pensiero che si dislochi nella logica delle cose, il cui movimento, colga inesauribile ricchezza di un reale che rifiuta in partenza qualunque surdeterminazione da parte delleternit del pensiero.

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CRISI

Il credo crociano di Gobetti voleva la risoluzione in attivit dellistanza politica, senza preconcetti n garanzie speculative. Abbiamo anche visto quanto Paci abbia valorizzato questesigenza, fino alla sua laudativa interpretazione del trozkismo, proprio traendo spunto dallapologia gobettiana di quei marxisti ortodossi che furono capaci, nella Russia prerivoluzionaria, di scorgere quali effettive possibilit offrisse quella specifica situazione storica, contrapponendosi al

dogmatismo dottrinario sia storicistico che economico. Ma, sfortunatamente, quella che per Paci era dunque la cosa pi importante, e cio la realt storica del momento, mostrava, nellestate del 1934, uninsolita durezza. LItalia nella quale i giovani vivevano era quella della sconfitta, piena sconfitta, a un tempo dellipotesi corporativa e della stagione de Il Cantiere. Paci era perfettamente cosciente che la via da battere era quella pratica, tanto da scriverlo a chiare lettere, ma essa era tanto giusta quanto sbarrata. Laffermarsi della politica di Starace indirizzata a un completa soppressione dellautonomia delle istituzioni culturali, il sempre pi netto delinearsi allorizzonte dellavventura coloniale con il suo inevitabile correlato, e cio linevitabile avvicinamento alla Germania nazista, rappresentavano un quadro in cui le condizioni nelle quali poteva svolgersi lesperienza entrista dei giovani apparivano molto mutate, e in peggio. Con la fine de Il Cantiere ad opera di Starace, ne veniva meno, anzitutto, lo strumento privilegiato. E questo era solo uno dei segnali di quella riduzione progressiva della libert dazione e autonomia degli intellettuali, che sarebbe culminata con lestromissione di Gentile dallINCF nel 1937. E poi, nel clima bellico che veniva ad affermarsi lo entrismo possibile veniva ad essere altro e diverso da quello degli articoli e delle riviste. La prospettiva, che fu seguita anche da Paci, era quella di arruolarsi volontari, per tornare e dopo avere delle carte in pi da giocare allinterno del regime e dei suoi difficili equilibri.3 Scelta che fu condivisa anche da Bottai che, partito anche lui, gi quarantenne, alla volta dellEtiopia, vi si trattenne anche dopo la guerra come governatore di AddisAbeba. Il clima mutato, la mancanza di strumenti, limpoverirsi del dibattito, pesarono in modo assai rilevante sul gruppo milanese, che, dopo la liquidazione de Il Cantiere, conobbe i suoi anni di crisi pi lacerante, con risvolti di individuale tragicit che sarebbero sfociati anche nei suicidi di Dante Conforti4, di
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Nota Zangrandi.

Gian Alberto Manzi (maggio 1935) e della giovane poetessa Atonia Pozzi (tre dicembre 1938). Queste tre tragedie sono naturalmente tra gli avvenimenti pi dolorosi della giovinezza di Paci. Anche perch esse lo coinvolgevano direttamente, toccando persone che, interne alla cerchia di Banfi, erano vissute gomito a gomito, nelle aule milanesi di corso Roma e nei luoghi di ritrovo privati, con lui stesso, con Cantoni, Sereni, Formaggio e gli altri componenti del gruppo. Essi svolgevano ricerche su argomenti assai vicini a quelli che, dopo la fine della stagione politica, avrebbero pi da vicino interessato Paci. Argomenti di natura letteraria, in perfetta armonia con il magistero accademico di Banfi, che, accanto alla Storia della filosofia, professava lEstetica. Naturalmente le cose sono solo apparentemente cambiate, al centro delle preoccupazioni e degli studi del gruppo sta sempre la crisi, ma si passa, con dolorosa agilit a considerarne la trascrizione, la registrazione acuta e dettagliata che sicuramente se ne ebbe nella grande stagione del romanzo europeo tra i due secoli. Gian Alberto Manzi studia Thomas Mann, chieder la tesi sul sommo romanziere tedesco (peraltro gi esiliato in Svizzera), mentre Paci, colto linteresse di

Amico e compagno di studi a Pavia di Paci. Egli si impicc a una finestra del Collegio Ghislieri. Alla base della tragedia sembra confluissero drammi e conflitti sia di natura personale che politica. Cfr. Amedeo Vigorelli, Lesistenzialismo positivo di Enzo Paci, Milano, Angeli 1987, pag. 172.

questi studi gli chiede di parlarne al GUF in una conferenza5 che avr grande successo. Tre mesi dopo Manzi si uccide. Non si sa molto di questa vicenda, sembra che in essa abbia avuto il suo peso una delusione sentimentale. Sicure sono due cose, il coinvolgimento personale di Paci in essa e la immensa rilevanza a un tempo personale e intellettuale che la figura di Thomas Mann assume per il giovane filosofo. Trovai in Mann lespressione del tempo nel quale vivevo e vivo, e la mia filosofia non separabile dallespressione letteraria della mia epoca.6 Prima della ripresa nel 1937, il saggio di Paci su Mann apparso su La Nuova Italia nel 1936 rimane uno dei pochissimi interventi di rilievo (i dettagli pi avanti) apparsi nellarco di due anni. La figura di Mann in questi anni di pena una sorta di ossessione, ma anche dopo non cesser di costituire uno dei fili conduttori dellopera di Paci. Ma se si parla di Thomas Mann e del fatale 1935 non si pu non parlare di Antonia Pozzi. Non solo perch la sua difficile esperienza si concluse anchessa con il suicidio, negli ultimi giorni del 1938, ma perch essa tale da riassumere quasi
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Un carissimo amico di Paci, Luigi Manzi, chiese a Banfi una tesi su Thomas Mann certamente per approfondire questo tema che coinvolgeva anche Vittorio Sereni e Antonia Pozzi, se pure con posizioni anche contrapposte poich Antonia Pozzi (e, suppongo,. Vittorio Sereni), a livello teorico, su questo problema, subiva linfluenza di Banfi che mostrava come la contraddizione tra Geisi e Leben non dovesse essere mantenuta a livello di una opposizione tra forme incompatibili di esistenza. Nel febbraio del 1935, invitato da Paci al GUF, dove il giovane filosofo svolgeva attivit di promozione culturale, Manzi tenne una memorabile lezione> sullo scrittore tedesco. Purtroppo, oltre le testimonianze orali, non sono riuscito a trovare traccia scritta di questa conferenza: per immaginabile facilmente che dalla contrapposizione irriducibile tra Geist e Leben, si ricavasse una lezione di coraggio e di temerariet dello spirito, una specie di sfida alla triviale quotidianit del mondo, cosa che, stando ai discorsi che correvano allora, avrebbe anche potuto avere una sua eco polemica nei confronti del pacificato burocratismo del regime. La vicenda personale di Manzi terminer tragicamente nel maggio con il suicidio. Fu una primavera buia per la scuola di Banfi:la serenit olimpica della forma dellarte, sempre vincente sulloscuro gorgo della vita, veniva ora sfigurata dal segno improvviso della morte. Quanto al maestro, egli aveva gi trasfigurato in filosofia critica il discorso della contrapposizione Geist-Leben in Thomas Mann, in un inedito di qualche tempo precedente. Fulvio Papi Vita e filosofia. la scuola di Milano. Banfi, Cantoni, Paci, Preti. Guerini & Co, Milano 1990, pag.117. Vedi anche Alessandra Cenni, In riva alla vita. Storia di Atonia Pozzi poetessa, Rizzoli, Milano 2002 (pag.130). Amedeo Vigorelli, Lesistenzialismo positivo di Enzo Paci. Una biografia intellettuale (1929-1950) Milano, Angeli 1987, Ibidem. 6 Frammento autobiografico.

tutti i temi e i problemi che agitarono il gruppo banfiano in quegli anni decisivi. Da un lato la sua figura paradigmatica dun modo, inconfondibile e unico, di vivere in prima persona fino in fondo la vita della cultura e dellarte fino a farne un unico tessuto con lesperienza quotidiana. In ci, altrettanto insostituibile da un punto di vista storico stata la sua capacit di assimilare tale problematica alla sua esperienza quotidiana allunisono con altri, mettendola sistematicamente in comune senza diaframmi di volta in volta con Banfi, cui chiese la tesi su Flaubert nel 1934, e poi, nel 1935 con Vittorio Sereni e Remo Cantoni, e, in misura minore con Paci stesso, poi, con Dino Formaggio, in una stagione di rinnovata apertura sociale e politica, che quella di Corrente. Mentre la contrapposizione tra Geist e Leben, si legge come oggettivata nei saggi di Paci su Mann, o sulla crisi artistica contemporanea, nei manoscritti (La Crisi) o nelle lezioni di Banfi, nei precoci volumi di Anceschi, si potrebbe dire che nei Diari e nelle lettere superstiti della Pozzi, questi temi si respirano, si vivono. Si vivono a stretto, empatico contatto con leffetto che il loro sviluppo aveva sulla personalit di altri. Cos passando dalle lezioni di Banfi su Nietzsche, che noi oggi leggiamo grazie agli appunti scrupolosi della Pozzi, ai Diari della Pozzi, il tema della morte di dio e della accettazione radicale dellesistenza, da topos culturale diviene problema bruciante che cambia volto alle ore, alle giornate.
Paci. Dostojevschiano anche lui. E anche lui sente, acutamente, che una visione filosofica come quella di Banfi applicata alla vita di un giovane porta a spaventose conseguenze pratiche. Comprendere tutto, giustificare tutto. Lassassino, lidiota, il santo. Ma allora anche noi possiamo farci assassini, pur di non rifiutare nessuna esperienza?7

A. Cenni, In riva alla vita, cit. pag.169

Questa testimonianza particolarmente preziosa proprio perch ci consente di vedere il verso dell uso, tutto politico, che Paci aveva fatto sul Cantiere, lo si ricorder, proprio delle lezioni banfiane di cui il Diario della Pozzi registra la eco in appassionate discussioni. Significativo perch registra appunto il versante interiore, quotidiano, quasi macerante8 dei grandi temi culturali della Crisi, versante che tanto meno si pu trascurare in quanto fino alla nascita di Corrente, per il gruppo milanese tale versante di scavo morale, poetico individuale rester sostanzialmente lunico, separato da quello accademico e scientifico, mentre il grande merito delle riviste (specie di quelle milanesi, Orpheus e Corrente) era e sarebbe ancora stato quello di tentarne una saldatura. Possiamo qui anticipare che Paci, quando ricorder Antonia Pozzi proprio su Corrente recensendo le poesie postume di Parole, oltre a ricordare la tensione e l inquietudine che apparteneva al tempo che non verr mai tradito della giovinezza, sottolinei come lamica aveva saputo in Flaubert rendere libera e umana quellantinomia tra Geist e Leben che io ero solo capace di vedere nella sua astrattezza e nella sua tensione
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In genere, accadeva che consegnasse a qualche amico i suoi scritti di poesia come pegno del suo bene, come dono di una parte intima di s, ma raramente li aveva dati nella speranza di avere anche un consiglio, un parere. accaduto con Enzo Paci, il dostoevskiano, colui che si avviava a diventare liniziatore dellesistenzialismo italiano, forse il pi determinato tra loro a compiere il cammino di studioso senza incertezze o rimpianti per la rinuncia a una vita comune. Torvo, bizzarro, affascinante Paci: il pi ossessionato dai temi della morte e del male. Nel suo pessimismo cosmico il pi pronto allesplorazione di nuovi universi interiori e il pi lucido a registrarne il limite. Questa sua stagione torbida si riflette anche nelle sue esperienze sentimentali. La continua riflessione di vita e morte lo porta a tentarne una congiunzione attraverso lesperienza amorosa. Fare lamore in una bara fasciata di raso non neppure un cerimoniale perverso, ma un gioco cerebrale per chi altrove tenta una risoluzione degli enigmi esistenziali. Antonia gli fa leggere le sue poesie. Il suo giudizio suona quanto meno equivoco, anche se il giovane filosofo alludeva senzaltro allessenzialit e alla rarefazione necessaria allispirazione lirica: Scrivi il meno possibile. Il colpo durissimo per Antonia, perch giunge come la riprova dei suoi dubbi pi profondi e agisce sulla sua stanchezza esistenziale come un veleno di inerzia. Se Paci intendeva suggerire ad Antonia di scrivere solo nella rarit dei momenti deccezione e senza perdere il controllo delleffusione lirica, far poi ammenda di questa affrettata osservazione, tra laltro facile da scambiare per un rifiuto, in occasione del necrologio rimasto famoso. A. Cenni, op.cit.pag.145

intellettualistica.9 Questa esigenza di libert e umanit stanno orientando Paci verso lesistenzialismo e Vico, riconducendo le astratte antinomie culturali degli articoli su Cantiere nel quadro dellesperienza umana della tensione tra uno e molteplice (Parmenide) esistenza e idea, pensiero e realt. La cui mediazione sar collocata nella dimensione espressiva in cui si delinea limmagine vichiana. Il rapporto con la Pozzi tanto pi significativo in quanto, come vedremo, lantinomia chella rintraccia nel suo saggio huxleyano pubblicato su Corrente, ha un inequivocabile affinit con la tensione antinomia che su un piano speculativo Paci va individuando tra pensiero e natura (Fondamenti) , o unit e molteplicit (Parmenide). Ma restiamo per ora ad Antonia Pozzi per dire che la sua vicenda tanto pi descrittiva di questa stagione intellettuale, in quanto ella la percorre tutta, perlomeno fino al trauma delle leggi razziali. In altri termini la Pozzi non soccombe di fronte alla stagione dellinquietudine e del vuoto, di fronte al suicidio di Manzi che pure vive (altra sua parola) insieme a Sereni in una angosciosa domenica pomeriggio. La Pozzi attraversa invece vittoriosamente questo vuoto, proprio attraverso la sua capacit di viverlo fino in fondo e di farne alla fine forma, espressione. Come ella scrive nei suoi Diari la contrapposizione di Geist e Leben va intesa come contrapposizione assoluta o inconciliabile, ma il Geist, la forma come spiritualit va ritrovata dopo aver vissuto fino in fondo la propria esperienza. Tonia Krger era stato lo scherzoso soprannome che Gian Luigi Manzi le aveva dato, ebbene Antonia accetta pienamente di essere Tonia Krger. La giovinezza che non trova scampo di Sereni, 10cio la giovinezza rimasta priva di
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Parole di Antonia Pozzi, Corrente , II, n.13, 15 luglio 1939, 1939 XVII. Il verso finale di una mia poesia del 36, dunque precedente alla fondazione del periodico, presume oggi di condensare il senso preciso, rispetto a quello vago che allora aveva in me, del nostro modo di essere in quegli anni: la giovinezza che non trova scampo. Pi realisticamente e meno letterariamente si dovrebbe dire: che non trova sfogo. Non trova sbocco, non trova appigli, non sa a che cosa applicarsi, a che cosa tendere. Citato in A. Cenni, op. cit., pag.131
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un anche minimo terreno di confronto sociale e politico (lo sbocco di cui Sereni stesso parla) attraversa nei suoi esponenti migliori questo vuoto traducendo le dolorose antinomie culturali che lo caratterizzano in termini estetici ed esistenziali, facendone una forma espressiva capace di esprimerle e rispecchiarle. Vita e forma si trasferiscono nellesperienza individuale e intersoggettiva, la contrapposizione tra ragione e realt, senso e idea, uno e molteplice abitano nelluomo e nelluomo si mediano instancabilmente e drammaticamente. Da questa stagione di chiusura e di angoscia rinascer limpegno sociale e politico di Corrente reso ancora pi urgente e legittimo dal rinsaldarsi di quella dimensione collettiva che tanta vita in comune ed esigenza di umana universalit avevano maturato, non allontanato. La Pozzi sar puntuale anche nel partecipare a questa stagione. Banfi aveva aderito al PCI clandestino sin dal 1935, Dino Formaggio far valere, pur giovanissimo, tali esigenze in modo assai marcato allinterno della scuola. La Pozzi scoprir vicino a lui la forza e il fascino dellimpegno politico e sociale, in una serie di iniziative e di azioni in favore degli sfrattati. Parler di comunismo in famiglia suscitando le irate reazioni del padre. Sul versante culturale stanno i due seminari su Huxley (Eyeless in Gaza) che terr per la cattedra di Banfi in collaborazione con Sereni. Questi speech diverranno poi un saggio che apparir su Corrente nel 1938, alla cui affinit teorica con il Paci del Parmenide abbiamo gi accennato. Poi nellautunno del 1938 sopravvengono le leggi razziali, cui Corrente reagir con un esplicito rifiuto critico. Lamarezza e il dolore di Antonia sono grandi, abbiamo pochi elementi che ci permettono di comprendere le circostanze del suo suicidio, ma esso sinistramente tempestivo. Possiamo dire che esso certamente pi un suicidio di protesta sociale e politica che il suicidio inetto dellanima bella che Tonia aveva dimostrato di non essere. Il suicidio della Pozzi matura dunque nel clima tragico del 1938, che assai mutato rispetto a quello del 1935, che di silenzio e di angoscia, di contro alla voce e allorgoglio che riemergeranno

sulle pagine di Corrente. Non si pu dimenticare che le leggi razziali furono esplicitamente criticate sulla rivista milanese, cui collaborarono anche Banfi, Preti, Cantoni, e naturalmente la stessa Pozzi con un saggio su Huxley (scaturito da due conferenze milanesi). Daltra parte per le radici di questansia stanno nella feroce, vissuta, lacerazione tra Geist e Leben, di cui parlano in modo esplicito i diari della Pozzi.

VII Paci e Thomas Mann Lo sguardo che abbiamo dovuto gettare sulla difficile vicenda di Atonia Pozzi ci ha condotto, nonostante la sua inevitabile brevit, a renderci conto dello sviluppo di una vicenda che tra il 1935 e il 1938 conoscer, come del resto abbiamo visto, due momenti molto diversi. Sappiamo dunque gi, sia pure come indicazione generale, quanto distanti siano langoscia sorda del 1935 e la protesta esplicita, quasi gridata, del 1938. Lo sappiamo se non altro perch la Pozzi ha, per tutto il gruppo, un ruolo rilevante in questa transizione, anche per Paci che lo riconosce in modo esplicito commemorandola nel 1939. Nella analisi degli scritti di Paci per, ci corre lobbligo di fare un passo indietro, per poter rendere conto dei pochi scritti da lui prodotti nel deserto del 1935-36. Che sono solo tre, fatto non trascurabile, e uno, di carattere tecnico ( Dialettica, metodo diairetico e rettorica nel Fedro di Platone), costituisce una prima rielaborazione della sua tesi da cui scaturir la monografia del 1938, mentre gli altri due costituiscono una sorta di testamento, di messaggio lanciato dalla cupezza di una situazione avvertita come senza scampo (o sbocco, come dall interpretazione autentica dello stesso Sereni). Il primo di essi (Arte e decadentismo) a proposito di testamenti, appare in una sede piuttosto ufficiale, Libro e Moschetto organo del GUF, a poca distanza dalla partenza di Paci per lEtiopia nellestate del 1935. Mentre largomento di

questo saggio riprende da vicino la tematica del 1933, di Orpheus e della inchiesta de Il Saggiatore, il tono appare molto mutato, anzi completamente differente. Probabilmente perch alla riconferma delle analisi, di cui abbiamo rilevato la collocazione in un dibattito europeo, delle analisi dicevamosulla cultura borghese decadente chiusa nella autosufficienza dei suoi metodi, del suo formalismo tutto di secondo grado, cui soggiacciono visibilmente lastrattezza e il formalismo dellarte contemporanea, manca per unalternativa, per quanto ingenua, da proporre e di cui saggiare in comune la consistenza. In altri termini, mentre a met degli anni trenta la filosofia della filosofia e larte dellarte sono rimaste esattamente al loro posto, come tre o cinque anni prima, sono il realismo storico e laufklaerung collettivista a essersi rivelati purtroppo effimeri e ad essere tramontati. Cos che, la cultura della crisi, priva di contraltare positivo e propositivo diviene qualcosa di simile a una ferita aperta, al referto di un fallimento personale prima che culturale e politico. Il documento di una inaccettabile separazione dalla vita e dunque di inaccettabile infelicit. Come accadde poi anche in altre circostanze, Paci risent fino nelle viscere di un periodo che la crisi politica e la pausa nellattivit collettiva rendevano singolarmente vuoto per la sua peculiare attivit di mediazione tra le istanze della cultura militante e i rigori della teoria. Nel frattempo altri significativi partecipanti allo stesso dibattito, immersi in tentativi di elaborazione culturale o artistica pi accademici o meno esigenti tiravano dirittio per la loro strada, anzi si chiudevano in casa a scrivere i libri che proprio lurto di quel recente dibattito aveva suggerito. Croce e Anceschi infatti, ciascuno sul suo versante si dedicavano a tirare le fila della polemica sullarte che tanto importante era stata nei giorni (in fondo non troppo lontani) di Orpheus. Cos mentre Paci si dibatteva tra Geist e Leben tra La montagna incantata e Delitto e castigo, Croce elaborava e poi pubblicava nel 1936 La poesia, Anceschi dava alle stampe il suo libro parallelo a quello crociano, Autonomia ed eteronomia dellarte (che non mancher di avere

su Paci una significativa influenza). Inutile dire che, daltra parte, entrambi i libri, come dicevamo, traevano alimento anche dal contributo di Paci a quel dibattito sullarte contemporanea che era stato un leitmotiv dei giovani, e cui abbiamo pi volte accennato. Infatti, Croce vi discute pi da vicino e pi in concreto il rapporto fra la poesia e il complesso della cultura, quasi a voler tener conto nella sua elaborazione alle istanze antiformalistiche (poesia della poesia) emerse dalle posizioni dei giovani. Cosicch egli sicuramente con tale monografia scrive il suo libro di estetica animato dalla maggiore esigenza di concretezza. Anceschi, dal suo canto definisce e formalizza sul piano della critica letteraria, quella consonanza e divergenza da Croce che il suo stesso titolo indicava traendo, in sostanza le conclusioni di quanto lui stesso e Paci erano venuti scrivendo sulle riviste. Con per una nota teorica ulteriore e potremmo dire, per Paci indimenticabile. Possiamo ricordare che, infatti, la tesi della Pozzi (ottobre 1935) quasi gli aveva imposto la lezione della necessit di conciliare organicamente lelemento puramente razionale (Geist) e quelli di altra e irriducibile derivazione (Leben) nel quadro di ununica, viva esperienza umana, come lui stesso riconoscer nel 1939, senza pi contrapporli schematicamente. Il libro di Anceschi, invece, gli suggerisce il modo di trattarli insieme, componendo nel loro dialettico rimando reciproco proprio il quadro di quella esperienza. Abbiamo gi visto come tutto questo rimander fatalmente a Vico, interpretato come lautore della saldatura dialettica tra sensibilit e ragione, o al Kant dello schematismo trascendentale. Ma qui, nel 1935, prima che maturino tali esperienze, siamo ancora alla prima delineazione platonica di questo problema, dialettica tra uno e molteplice, e, del resto Il significato del Parmenide ancora lontano. Siamo in genere, in questo doloroso Arte e decadentismo, al di l e al di fuori di ogni tentativo di conciliazione. Sia quelle future che prenderanno la strada tracciata da Anceschi e dalla Pozzi, sia quella razionalistica di Banfi, con la proposta teorica non solo di Platone, ma di Spinoza

e Hegel, che Paci studia e non senza risultati, ma di cui continuer negli anni a sottolineare difficolt e aporie panlogistiche. In questo senso, mentre la crisi , nel 1933, il punto di partenza per ledificazione di una nuova societ e di una nuova cultura; larte, lungi dallessere censurabile espressione della vitalit con cui si affronta anche la lacerazione e la profonda incertezza di unepoca di passaggio. Nel 1935, invece, non c pi il futuro, non c pi la transizione (verso cosa?), non c pi in una parola, la prospettiva. La vecchia cultura morta, ma di cosa la possa sostituire manca anche solo lidea, o il sentore. Da un lato c il morto, ma non si sa per niente quali potranno essere le forze vive del futuro. Dunque larte anzitutto separata da una vita che non pu esprimere. Il poeta non , oggi, colui che vive di pi e che pi ha coscienza della immediata bellezza della vita, ma colui invece che, ben lontano da ogni manifestazione sincera e spontanea cerca in un mondo fantastico quella felicit che nella realt gli viene negata. [Tanto che] larte quasi unintroduzione alla vita, un tentativo di avvicinarsi alla realt e alla spontaneit, non mai, in ogni caso, lespansione di una intima ricchezza vitale. Mentre fino a qualche tempo prima gli stessi problemi erano posti sul piano della cultura, ora essi riguardano e implicano direttamente la vita. Daltra parte lidea dellartista separato dalla spontaneit del vivere e dalla sua bellezza appare significativamente nel contesto della frequentazione con ben due Tonio Kroeger (Vittorio Sereni e naturalmente Atonia). In questo quadro la grande tradizione della cultura europea viene subito dopo presentata da Paci come una cosciente elaborazione dialettica dei temi del sano e del malato, del classico e del romantico. Cos che langoscia contemporanea trova la sua pi legittima premessa nella grande lacerazione tra classicismo e romanticismo, insomma nei grandi travagli dellEuropa di et napoleonica. Gi in Goethe infatti potremmo ritrovare quello che sar il pi angoscioso problema della civilt contemporanea [nel] contrasto tra classicismo e romanticismo. [ ] ci che sano

[ classico] romantico ci che malato. Insomma al complesso quadro culturale da cui scaturiscono precise e sofisticate, conseguenze teoriche, Paci ha sostituito la genealogia della lacerazione tra lanima e la forma (Geist e Leben) come origine dellincompatibilit tra lo spirito e la vita. Laddove linfelicit di cui Paci parla una infelicit ben concreta e reale. Lindividuo concreto, determinato si colloca dunque al centro dellattenzione di Paci, che inizia a valutare le implicazioni teoriche generali del travaglio dei giovani intellettuali, servendosi gi subito del modello manniano cripto-citato ad apertura darticolo. Come dicevamo le tensioni culturali devono farsi esperienza individuale concreta, la lezione da un lato dello scacco politico, dallaltro dei peculiari caratteri di un ambiente intellettuale. Wilhelm Meister rappresenta leroe pi sano di Goethe, ma per guarire egli ha dovuto vivere sino in fondo le sue esperienze di romantico [ovvero di malato]. Gi in Goethe dunque larte non lespressione di una vita che canta la propria forza [ma di una] vita che deve ancora venire. Da questo punto di vista la poesia pura e larte formale vengono interpretate non pi ( o non prevalentemente) come insufficienze o tensioni solo della vita culturale , ma come dolorose espressioni della separazione tra vita e spirito, della vera e propria malattia che deriva da tale scissione interna , per poi tornare, finalmente, in Germanidella civilt contemporanea. Ci che ne consegue appunto una grande valorizzazione dei temi dellinfelicit, della malattia, del dolore. La cultura francese contemporanea, massime nel suo versante letterario, ripercorsa come una lunga casistica di questa dolorosa sterilit, da Proust al Gide dei FauxMonnayeurs per poi tornare, finalmente, in Germania con il fatidico nome di Thomas Mann. Laddove, dalla rarefazione di una situazione culturale, il contrasto tra spirito e vita ricondotto a mettere in luce la decadenza, la fine di una cultura, la marcia funebre di un eroe troppo grande per essere uomo, troppo piccolo per essere Dio. Per questa strada giungiamo a Wagner, e significativamente chiudiamo, insieme a Paci, questa oscura

carrellata sulla cultura contemporanea con le tinte cineree della Gotterdammerung. Wagnerismo il decadentismo moderno[]. Si ricordi la fine della trilogia: coloro che sopravvivranno al crollo del Walhalla sono forse gli uomini di una futura civilt, risorta su nuove basi e soprattutto su una nuova cultura? Oppure il Crepuscolo degli Dei [] preannunzia il crollo della civilt occidentale? Larticolo vorrebbe chiudersi su una nota di ottimismo, riproponendo la tesi di fondo della precedente stagione di Paci, ovvero che lepoca nostra sia piuttosto un principio non una fine. Ma daltra parte ai giovani non pu sfuggire che la situazione artistica dellepoca contemporanea , pur se solo da un punto di vista poetico lindice sicuro di una decadenza. E allora ? Allora lunica soluzione possibile, giusta lantidealismo e il realismo storico (da cui scaturir lesistenzialismo) del giovane Paci, la soluzione e la speranza, per larte e la cultura, sono fuori dellArte e della cultura. Certamente una nuova arte e una nuova cultura sorgeranno ma solo quando nuove strutture politiche e sociali riusciranno ad equilibrare le forze discordi della civilt contemporanea. Siamo su Libro e Moschetto, ma non si parla del fascismo, c solo una allusione al fatto che lItalia lunica, tra le nazioni, a poter guardare a Questa missione non solo [con] una speranza ma [con] una sicura fede. Se non si parla di fascismo ma di un necessario completo rinnovamento della realt sociale e politica, forse perch la posizione di Paci,nel quadro istituzionale del regime, non ha pi dopo la soppressione de IL Cantiere, un suo strumento e una sua voce identificabili. Quando uscir Corrente, si torner a parlare di fascismo. Se necessario anche difendendo lidealismo, come vedremo, su Dottrina fascista ovvero sullorgano del pi volgare antidealismo ufficiale. Nellestate del 1935, invece, dopo la chiusura de Il Cantiere e esaurita la polemica sul corporativismo, i termini precisi di un tale rinnovamento non potevano che sfuggire, anche, e soprattutto, sul piano teorico. Restava solo, sullo sfondo della guerra incipiente, il dolore della

vita e dellarte reciprocamente separate, lacerate e incompatibili, con un sommo scrittore tedesco a esprimerne la tensione, uno scrittore gi colpito in patria dalla scomunica e gi immerso nella sofferenza dellesilio. Quando Paci torner dalla guerra coloniale del fascismo, dedicher proprio a lui, su La Nuova Italia, le sue pagine decisive, le uniche del terribile 1936. E noto che la filosofia del Novecento ha stabilito con la letteratura un rapporto privilegiato. Speso, infatti, lautore decisivo per molti dei pi grandi pensatori del secolo, stato non tanto o non solo un altro filosofo en titre, ma uno scrittore, un poeta o, preferibilmente, un romanziere. E evidente che, in prima approssimazione, in questo, che un fatto, si manifesta lantisistematicit della filosofia novecentesca, e, in pari tempo, il suo tentativo di recuperare un rapporto in presa diretta con la vita. Laddove, anche la filosofia, nel nostro secolo ha puntato pi sulla delineazione di una immagine delluomo che sulla intima coerenza duna sistematica gnoseologica o etica, ritenuta sostanzialmente perduta dopo le due Critiche kantiane, tradottasi poi nella prismatica e quasi infinita mutevolezza delle figure e dei momenti dialettici della fenomenologia hegeliana. Cos addentrandosi nella nostra temperie culturale, e, a maggior ragione nella temperie della crisi, che ha segnato i primi decenni del secolo, sempre pi frequente riscontrare una riflessione filosofica materiata di momenti e figure, mutevoli, instabili, anzi animato dal ritmico rovesciarsi luna nellaltra o dal soppiantarsi in un gioco la cui dialettica mantiene sullo sfondo una totalit non pi attuale, ma anzi sostanzialmente in attingibile. Tale filosofia dell immagine, o, per altri versi, della situazioneha cercato inevitabilmente un suo Y KYng, nella produzione di questo o quello scrittore. Rovesciando, peraltro, la antipatia verso lespressione artistica e ,massime letteraria che aveva caratterizzato tanta somma filosofia, da Platone ad Agostino, a Cartesio, fino al tiepido atteggiamento verso gli scrittori in carne ed ossa che dello stesso Kant. Al contrario, la generazione nata nel nuovo secolo, e in parte anche la precedente, quando ha

ritenuto di cercare un punto di riferimento (anche speculativo) che non ne tradisse laspirazione a fare il punto di ci che lumanit era divenuta o poteva diventare, si rivolta, come dicevamo, a quanto, a tal proposito, le offrivano i grandi romanzi, o talora, la grande lirica del tempo, pi raramente al teatro. Per questa strada pochi negherebbero che Benedetto Croce, inaugurando limmagine mondana antimetafisica e antisistematica della moderna speculazione abbia trovato elementi di decisiva chiarificazione nellequilibrio, nella sobria storicit e oggettivit, nei valori laici e patriottici del Carducci. O, in negativa, abbia a questa stregua fecondamene individuato, come abbiamo visto nel precedente capitolo, i caratteri della decadenza e della crisi nellimmagine che dellumanit restituivano alcuni tra i pi importanti critici e scrittori dellepoca. Non solo attenendosi ai notori e classici case study, di Pascoli e DAnnunzio ma rintracciando in alcune rintracciando in alcune tendenze della MAGGIORE critica europea (Gundolf) tale decadenza ( la parola crociana) e tale crisi. Ma andando dal vicino al lontano gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Quando Adornasi trover a cercare la viva rappresentazione del fallimento della bancarotta della cultura dopo Auschwitz, sar inevitabilmente affascinato dalle pices, nella cui radicalit vedeva la sola rappresentazione coronata da successo della negativit senza remissione della vita contemporanea. Di fronte alla quale gli altri tentativi, pi o meno compromissori di tale rappresentazione erano approdati a un totale fallimento: Ora, mentre si potrebbero fare molti esempi, dal Balzac di Lukcs al Brecht di Benjamin, allo Hoelderlin (pi o meno manipolato) di Martin Heidegger- che per condurrebbero fuori dalla linea tracciata di questo lavoro_ la modalit adorniana appare quella pi vicina al modo di accostarsi a Thomas Mann da parte di Enzo paci. Adorno trova nel nitido squallore di Beckett lunico esempio di unarte che si lascia penetrare senza residui e dunque senza compromessi convenzionali dallaffermazione del negativo e che dunque resiste alla tentazione di fare entrare dalla finestra

unimmagine volontaristica o edulcorata del reale, che si era programmaticamente rifiutata (si pensi alla critica adorniana di Brecht). Paci, dal suo canto trova in thomas Mann la capacit di rappresentare in modo piano e quotidiano la caduta degli dei. La malattia dello spirito che conduce al suo divorzio con la vita, la autodistruzione che da questo contrasto scaturisce con inevitabile crudelt: E lanno del suicidio di alcuni tra i pi vicini sodali di Paci nel gruppo banfiano, lanno del tragico incarnarsi del contrasto tra arte e cultura, o meglio, come ormai si usa dire tra Geist e LebenMa caratteristica di Mann la trasposizione di [tale]contrasto su un piano biologico e su un piano morale Daltra parte se lo spirito malattia, esso anche reazione alla vita, alla volgare sanit fisiologica. Contro la vita e quindi per la morte e con la morte. E ancora pi avanti Mann compie unanalisi implacabile del processo distruttore che conduce alla negazione della vita. Il suicidio non infrequente nelle sue opere

secondo le formule di critica estetica piu in uso 8i potrebbe essere tentati di affermare che ben (lifficilmente Marin riesce a scrivere una pagina di pura poesia totalmente libera dagli interessi pratici o teoretici che si agitano nelle sue opere. La perfezione stilistica raggiunta nella Morte a Venezia non si potrebbe ancora chiamare arte, come non pu in genere chiamarsi arte il raggiungimento di una perfetta scelta dei termini, intesa questa da un punto di vista quasi totalmente linguistico come accade appunto nella Morte a Venezia . Larte (li Mann va invece ricercata altrove. Il personaggio che simboleggia un problema diventa per lui quasi un tema musicale, una corrente di toni e di colori che attraversa il romanzo, si lega ad altre correnti senza perdere la sua individualit, si fonde poi in una pi va8ta orchestrazione fino a raggiungere, attraverso a varie combinazioni musicali un vero e proprio finale. Stilla guida dello stesso Maun si potrebbero chiamare leitmotive queste correnti musicali, o temi semplicemente, tenendo sempre presente che si tratta di una trasposizione nel campo letterario della tecnica musicale wagnenana. La caratteristica dei temi consiste nel fatto che essi rappresentano da un lato lespressione poetica di un momento sentimentale e dallaltro la fusione di questo sentimento con un problema di carattere pratico o teoretico. La poesia di molte pagine della Montagna incantata non assolutamente distinguibile dal problema che in essa si agita: cos il paesaggio alpino e la sua atmosfera di liberazione, di altezza sulla pianura civile, spro fondata nella vita incosciente, si apre con le sue meraviglie naturali e climatiche davanti a noi, ma sempre attraverso alla sua influenza fisiologica su i malati, su i loro interessi, sul loro lento progre. (lire verso un mondo sempre pi spiritualizzato e cosciente.

In Altezza Reale appare spesso in scena la

vision~ lirica di un rosaio che attende di trasfori precedenti, potrebbe far ricordare Vico ed HerIn un certo senso Giuseppe una figura nuova, trasformano nei difetti, di Giuseppe. i quali non mare le sue rose quasi appassite in rose vive e foder Nella storia di una civilt sono sempre gli un uomo perfetto come essenza di ci che urnafanno che aumentare il suo fas4ino. renti. Questo tema delle rose accompagna constessi problemi che ritornano e gli stessi contrasti no, quasi un eroe che unisce la prestanza fisica al Ci che dal complcsso (lei )fl)l)I(Ii risulta tinuamente le vicende dei protagonisti del romanzo che si rij~rtono e sono questi, naturalmente, i fonvalore intellettuale. Il suo sogno di superiorit e una concezione severa (Iella viLi do, e ()~u%tIflO ha e la leggenda che intorno al rosaio si formata damentali (Iella vita e formano una specie di e stodi elevazione, confessato con sincerit quasi arro- la sua funzione. La tragedia la necessaria conse non ha n pu avere una giustificazione realistica ria ideate eterna quale quella che in fondo ingante, spinge i suoi fratelli alla famosa congiura. guenza della perfezione e delleternit a ciii Finia ma la viva espressione del simbolo poetico. travediatno nella e Trilogia~J Giuseppe simbolicamente avvolto nd velo manit aspiza nella sua lotta e da cui dominata

Q uando i problemi del romanzo si armonizzeran-

Lo stesso Mann ci addita poi anche un possitemo, poi lacerato scender nel pozzo, nel nulla come da una intransigente idea platonica. Gi in no, il tema delle rose risuoner allora in tutta la bile riavvicinamento con Freud, cosa che non pu da dove uscito, conoscer la morte e trover se Fiorenza questa specie di platonismo di Manu si sua dolce musicalit. impossibile dimenticare che sorprendere se si pensa che la psicanalisi non ha stesso e, per questo, si salver. Si tratta di una vera era affacciato, mentre Altezza Reale faceva gi il fascino di quel tema legato al suo simbolo e lemancato (li dare i suoi contributi alla sociologia resurrezione, colui che ha cominciato a percorrere prevedere la risoluzone anticadentistica (lei de gato in modo tale che il simbolo ne quasi lesed alla storia delle religioni. Con ci non si vuoi il cammino dello spirito deve percorrerlo fino al cadentismo. senza estetica. Si noti che non si tratta di allegoria dire che in Mann sia possibile ritrovare unapplifondo ed appunto il suo coraggio che lo salva, Il punto interrogativo della e Montagna Incan e che in Mann avviene proprio ci che avviene in cazione dei principi di Freud: si tratta piuttosto per la sua coerenza che pu ritornare dalla morte tata diventa cos il simbolo dellaccettazione to Wagner in cui impossibile scindere lespressione di un parallelismo di posizioni. alla vita, tale della realt e di tutti gli aspetti della vita. estetica di un tema dal suo significato spirituale e r~er Mann come per Freud i contrasti princiSchopenhauer ha insegnato a Mann che la vita ENZO PACI teatrale. pali della vita e del pensiero nascono dallamore illusione, Mann ha compreso che anche la morte

rLimpre55ione che il critico prova che la fore dalle relazioni sessuali e sono contrasti che non illusione e che se illusione la felicit in com mula, secondo cui arte solo ci che si libera da mutano nel divenire storico ma rimangono idealpenso illnsione anche il dolore. ogni interesse teoretico o pratico, cade e non si mente eterni. da sottolineare, in ogni caso, che In questo mondo di vanit rimane fermo il adatta al caso. In Mann del resto questa che noi Mann non usa mai formule psicanalitiche e che i cammino che luomo percorre per ritrovare se stes abbiamo chiamato formula, diventa a sua volta un suoi complessi se cos possono chiamarsi sono so e in cui si riafferma continuamente nella morte problema e precisamente il problema gi accenmolto pi ricchi e pi profondi di quelli di Fret~j la vita. Gi Schopenhauer aveva detto: dalla nato del contrasto tra vita ed art~J Ritornando al discorso iniziato, nonostante i morte che nasce la vita, ma lo aveva detto quasi A questo punto bisognerebbe scegliere tra due vari sensi che il mito viene ad assum#s,~ esso si accennando a un mistero. vie: o mutare latteggiamento critico estetico oppresenta con una invincibile ed avvinceMe freIn Mann tutta la dialettica di chiesto sorgere pure affermare che larte d Mann non arte. Se schezza . Latmosfera della Trilogia piena di della vita dal nulla si riveste di forme letterarie per era difficile non giudicare di alto valore artiuna serena e primordiale felicit, quella di un poe poeticle che lo avvicinauo e lo allontanano da Mico le altre opere di Mann assolutamente impolo che si affaccia sul mondo porttt~l~n s tutto quelle tendenze del pensiero tedesco contempora possibile negare il valore estetico e direi quasi liil suo destino in vicende che seguono il senso della neo a cui sarebbe possibile avvicinare la sua con rico, della e Trilogia e specialmente del Giostoria che lumanit eternamente percorre. La cezione generale della realt, tendenze (li cui, come vane Giuseppe . In questultima opera i simboli frase ha il tono di chi racconta con semplicit e foudamenlale, baster ricordare lultima forma raggiungono, sempre senza che muti il loro senso, verit e sa che raccontando cos, il racconto si riemi della filosofia di Heidegger. una forma lirica purissima. Si potrebbe dire che pie quasi automaticamente del pi profondo siPer noi la resurrezione di Giuseppe diventa la la chiarificazione del pensiero procede di pari pasgnificato. Sembrava impossibile far rivivere in for- ~ giustificazione di tutta lopera di Mann e del suo so con la conquista delladeguata espressione arme cos vestite di sensibilit una storia cos bntristemente famoso decadentismo.

tistica, ottenuta anche per mezzo di un originahistana dalla nostra vita e dal nostro mondo, eppure Lanalisi che in questa opera si compie ero simo uso del mito. Mann riuscito pienamente nel suo intento. I temi dele e i condannati trovano irrimediabilmente la La tecnica della Trilogia era gi stata entiqui sono come non mai uniti, al racconto che scorloro fine, ma tutti hanno una giustificazione in camente pr duta in Grandezza e dolori di re in una corrente di continuit musicale perfettaquanto tutti entrano nel tragico gioco della vita R. Wagner . Il mito, come inteso da Mann, il nmntc orchestrata, fusa nei fatti, nelle persone, che procede implacabile nel suo cammiuo per mez punto di fusione tra pensiero e fantasia. Se la miucjle cose, nei costumi. zo della morte e attraverso la morte. tologia eroica dei popoli nascenti conteneva in I La mitologia orientale, ordinata e purificata 11 mondo dello spirito lo si ritrova ora come la germe un pensiero, il mito ricostruito da un artidalle numerose scorie diventa la mitologia di Mann via che riconduce il disperso a se stesso, spesso ad sta moderno, come il mito tedesco da Wagner, e riassume le lotte del suo pensiero. Giuseppe diuna pi sicura sorgente di vitalit, a volte invece lespressione della coincidenza di due visioni della venta lartista e il

simbolo del Geist, con il destino i alla conclusione del proprio destino. Anche quando vita e rappresenta quindi il pensiero espresso poedi sofferenza e di morte che lo accompagnan~) la morte sopraggiunge essa appare quasi come un ticamente di una nazione di una razza e anzi, data La dialettica del contrasto si riflette in forme atto di superiore vitalit che sintetizza in poche la possibile comparazione dei vari niiti, di tutta sempre pi sottili e pi ricche: il pensiero cos ore tutta una biografia. lumanit. mobile che raggiunge la realt e la sicurezza della In una atmosfera di serena obbicttivit limmo Non manca neppure un altro aspetto che, come sensibilit. ralismo dellartista perde i suoi toni oscuri che ~i

quando quella vita pratica sorge sul pensiero, e tutto ci che luomo pensa nella filosofia e nella scienza, tutto ci che diventato in lui forza di fede, entra nella poesia; e vi entrano insieme col pensiero le creazioni dellumana fantasia, tutta la poesia che gi si innalzata dagli animi, tutta larte che stata creata, e che trapassa nel sentimento e per esso nella nuova poesia? In altri termini, nel sentimento immane il passato e il presente, la storia dellumanit e le aspirazioni del futuro; e, se questo fosse il luogo di spingere pi oltre siffatta indagine, si potrebbe mostrare che vi si chiude anche la realt ( Wirklichkeit ), di cui parlava il Goethe, e la natura , di cui sempre si parlato e alla quale si raccomanda sempre ai poeti e agli artisti di tornare ; e sfatare i timori e le paure che il poeta e lartista possa mai arbitrariamente alterare e falsificare realt e natura, che egli porta in s, nel suo sangue che la sua anima. E con la natura e la realt vi in lui la cultura, la dottrina e la sapienza, quanta e quale a lui di volta in volta fa bisogno; e unaltra vanitosa arroganza di volergliela somministrare, o di esortarlo a procacciarsela e cos a medicare unignoranza che in lui non c mai. Ma certamente egli non possiede la praxis, il pensiero, la cultura e le altre cose al modo stesso del guerriero che combatte, del politico che opera, delleroe che si sacrifica, del filosofo che indaga, cio nellatto del loro prodursi, ch, in tal caso, sarebbe guerriero, politico, eroe, filosofo, e non poeta ed artista. Le possiede nel sentimento, calate nel sentimento, come in esso dormienti; e il suo genio le risveglia, e quel mondo sommerso riemerge, simile e pur diverso, fresco e primitivo, non pi pensato e attuato e non ancora risottomesso al travaglio del pensiero n risospinto alle lotte dellazione: contemplato. Juventus mundi , che leterna giovinezza o fanciullezza del poeta, una giovinezza e fanciullezza di traslato, da non togliere in iscambio con le smorfie e il balbettio onde cattivi poeti contraffanno la reali-

letteratura, ma non neppure la poesia, identit di contenuto e forma, espressione della piena umanit, visione del particolare nelluniversale, che lumeggiata a capo della presente ricerca, alla quale ha fornito il principio direttivo. E, anzi, la negazione della poesia come espressione e la sostituzione di questo concetto con laltro e diverso della suggestione : la suggestione che si esercita per mezzo di suoni articolati che non significano nulla o (che lo stesso) nulla di determinato, ma stimolano il lettore a intenderli come meglio a lui piace e lo invitano a formarsi, da s e per suo conto, immagini che gli gradiscano e rispondano al suo sentire. Ora, poich tutte le cose che ci attorniano in ogni istante sono occasioni e stimoli a noi di immagini e pensieri, e anche di desideri e di azioni, e perci tutte suggeriscono , si ha in ci levidenza della perfetta vacuit di quel concetto di suggestione, che dovrebbe assegnare il fine allopera della poesia pura. Come sforzo spasmodico o industrioso che si voglia, ma inespressivo, questopera non appartiene n allispirazione n ad alcun processo contemplativo e conoscitivo, sibbene unicamente alla volont, che, usando riflessione e calcolo, foggia suoni e ritmi e costruisce loggetto nel quale il suo autore si compiace e che ai lettori non offre altro, come s veduto, se non un cieco stimolo e accidentale negli effetti. C, in questo fare, del divertimento, per proprio conto esclusivo o per propagarlo intorno a s; e questa parola che larte sia nientaltro che divertimento stata infatti pronunziata da taluno di quei teorici, e cos si dato incoraggiamento a pi strane pratiche o programmi di poesia pura, i cui titoli o motti di battaglia corrono oggi per le brigate e pei giornali letterari, ma che qui si possono tralasciare perch da sperare che saranno presto dimenticati. Ma altri tra essi non si soddisfano in siffatto trastullarsi e trastullare, e vogliono, col profondarsi in s stessi, attingere lAnima universale e perdersi in

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