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ASIS news Anno VI numero 20 - 30 novembre 2007

Cinema - Pagina 9

Un western ambiguo e inquietante


Renato Calapso La data duscita del film certa, 23 novembre 1967, giusto quaranta anni fa: ne parliamo per questo. Ma incerta quella della indimenticabile proiezione, cui assistetti da bambino e che davvero non posso dimenticare. Che estate sar stata? Il dubbio lecito, a quellepoca esistevano le seconde e pure le terze visioni. Il cinema non era ancora stato sconfitto dalla televisione apparentemente varia, da tenere crudelmente accesa ventiquattro ore su ventiquattro. Comunque non oltre il 1969, anno in cui entrai alla scuola pubblica, cio nel mondo e iniziai a leggere i giornali ovvero Il Corriere dei Piccoli di Carlo Triberti. Bene, deve essere stato nel 1968. Mia madre mi condusse a una proiezione estiva di Faccia a faccia, che Sergio Sollima aveva ultimato e presentato giusto un anno prima dopo La resa dei conti e in attesa dei grandi successi di Corri uomo corri e Sandokan. Ricordo perfettamente che le attese erano tutto sommato tranquille. Del resto avevo visto I quattro dellAve Maria di Pino Colizzi con gioia rabelesiana, proprio quello stesso anno. Mi aspettavo qualcosa del genere. Un sottile disagio mi venne gi dalla musica accademica ma adattata genialmente a esigenze moderne da Morricone, pur sempre allievo di Petrassi. Il tono elegiaco e sostenuto del tema principale non annunziava nulla di buono in fatto di divertimento. Poi venne Gian Maria Volont, ed era un modo di recitare distaccato, freddo ma estremamente preciso su un piano psicologico. Anche il bambino poteva percepire, pur senza rendersene conto lintima scissione testimoniata dalla piega amara della sua bocca. Ma scissione tra cosa? Non ero in grado di capirlo, ma vedevo che il professor Brett Fletcher di Volont, partito come agnello veniva trasformandosi in lupo, e che la violenza era violenza vera, non occasione di divertimento, convenzione. Non solo, ma che questa seduzione della violenza era qualcosa che luomo dintelletto e di libri accoglieva con gioia. Nel frattempo Tomas Milian, il bandito Beauregard Bennett, veniva recependo il credo illuministico, non violento, civile, apprezzabile che era stato predicato proprio dal tormentato Fletcher di Gian Maria Volont. Cos non vi erano buoni e cattivi, fissi nella loro statica situazione e immersi nel loro destino. Peggio, lopera del bene, che ingenuamente credevo invincibile, una volta conosciuta, al contrario non dava mai risultati definitivi, dal bene si poteva regredire al male. Rendendo quel che peggio inutile o quasi la propria stessa opera redentrice. Fu una serata terribile per me da bambino, perch compresi che le cose non si aggiustavano, nella vita n definitivamente n tanto facilmente. Lo stesso Beauregard, convertito alla civilt e al diritto veniva infine sopraffatto dai suoi stessi benefattori, che nel frattempo avevano fatto il cammino inverso. Seppi poi che Sollima aveva trasposto nella splendida ambientazione western fatti e atmosfere con cui era venuto a contato durante la resistenza. Dunque ero stato iniziato da bambino, in quello spettacolo allaperto del 1968 allardua e inquietante problematica del Novecento, con la sua ambiguit viscida e insidiosa. Nello sguardo torbido che Volont aveva da par suo prestato al professore americano sedotto dalla violenza, avevo potuto fissare, almeno in parte lo sguardo di medusa del nostro difficile tempo. Rivedere questo magnifico film, uscito in dvd pochissimo tempo fa (Eagle Pictures 2007) e naturalmente ancora disponibile, mi ha portato ad apprezzarne ancora di pi la fotografia suggestiva e abbagliante di Foriscot e Pacheco, la maschera suggestiva di un Milian allapice della carriera, valorizzato da una chioma fluente e da bellissimi baffi alla moschettiera.

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