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I sessant'anni di Johan Cruyff

Il grande freddo
Renato Calapso Johan Cruyff stato, dopo Alfredo Di Stefano forse il pi grande calciatore di tutti i tempi. Oggi ha sessantanni. Li ha compiuti il venticinque Aprile. Perfettamente integro e privo dei complessi che spesso affliggono i grandi, non ha subito i contraccolpi della fama. Grande individualista, in questo perfetto figlio della civile Olanda del rigore e della tolleranza, non ha per questo raccolto i grandi allori che certamente avrebbe meritato, con la nazionale olandese. Con i colori degli orange ha, infatti, disputato il mondiale forse pi brillante che la storia ricordi (secondo solo a quello magiaro del 1954) senza per cogliere il successo finale che tocc, nel fatidico 1974, alla Germania padrona di casa. Agli Europei seguenti egli guid i suoi compagni, con i quali erano per sorti aspri contrasti, nella fase finale in Jugoslavia. Johan disse chiaramente che i venticinquemila dollari che gli offriva la federazione olandese erano tropo pochi e and a farsi stipendiare dai Catalani del Barcelona. Qui la sua grande car r ier a in ter n azio n ale s i in ter r u p p e definitivamente. Il che spiega tra laltro il motivo per il quale nei vari referendum sul pi grande calciatore di tutti i tempi egli figuri regolarmente dietro Pel e Maradona, che vinsero entrambi, almeno un mondiale con la loro nazionale. Fino al 1973 la carriera di Cruyff era pi che lanciata: tre coppe dei campioni (1971, 1972, 1973) tre palloni doro, svariati scudetti con lAjax di Amsterdam. Dopo, in Catalogna, egli conquist solo uno scudetto (per quanto storico: ai Catalani mancava dal 1960) e una coppa di Spagna. Poco dopo i trentanni senza smentirsi per nulla, Cruyff, si allontan ancora dalla scena del calcio che conta e si mosse in direzione del denaro, verso Los Angeles, che nel 1979 era, a parte che per i dollari, una sorta di terra desolata. Concluse infine la carriera in Olanda, con numerosi altri allori nazionali vinti ancora con lAjax e da ultimo con il Feyenoord, dove chiuse la carriera a quasi quarantanni. Fu anche ottimo allenatore dellAjax e ancora del Barcelona. Tecn icamen te co me calciato r e s tato , semplicemente, un mostro. Era capace di controllare qualsiasi pallone a qualsiasi velocit, di impostare lazione rendendo palle apparentemente morte giocabili e pericolose, di rientrare nellazione che aveva impostato dettando il passaggio e concludendo con furiosi colpi di testa, con beffardi pallonetti, con incredibili tiri di esterno. Non ebbe i limiti atletici di Maradona, che ne limitarono la fioritura al primo lustro degli anni ottanta, non fu solo, come Pel, incredibile goleador e uomo-partita, ma autentico, unico uomo-squadra, inferiore come dicevamo al solo Alfredo Di Stefano. Solo che a trentanni Pel si allen a lungo dopo essersi anche riposato (Brera) e dunque si rigener per dedicarsi solo alla nazionale: ne scatur il grandioso mondiale del 1970, mentre alla stessa et il Batavo aveva scelto la terza patria californiana e le sue inesauribili riserve auree. Probabilmente il limite e il difetto di questo grande fu squisitamente umano. Maradona dimagriva e si disintossicava a cadenze regolari per mettersi a disposizione dei compagni, anche nei momenti pi tristi (1994), Pel si infortun due volte in nazionale e ai mondiali (1962, 1966), lui trov modo di litigare con essi e rompere con la nazionale nel momento pi fulgido, quando ancora erano possibili tutte le rivincite, nel 1976. Cos continu a fare i suoi miracoli tecnici, ma relativamente fuori dal cono di luce della grande ribalta internazionale, prima di tornarvi al successo come allenatore, quando torn a vincere la coppa dei campioni con lAjax e poi con il Barcelona. Fu dunque un condottiero, ma un condottiero difficile che prefer sempre e comunque fare parte per se stesso. Per concludere un grandissimo, forse il pi grande, ma un uomo dalla testa fredda, che abbandonava integro la nazionale quando i suoi contemporanei da Riva a Pel a Beckenbauer vi giocavano infortunati e le consacravano le gambe e il cuore.

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