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ELEMENTI DI SCIENZA POLITICA

Che cos’è la politica?


Di erenza tra guerra e pace —> chi dichiara guerra? Decisione politica (sia tra stati che civile)
libertà e oppressione —> es. libertà sessuale
giornalisti Bob Woodward e Carl bernstein —> tranquilli
Badavi —> carcere
uguaglianza e disuguaglianza —> Svezia e Stati Uniti (distribuzione della ricchezza)
US —> distribuzione ineguale (50%)
Svezia —> + distribuito (35%)
meccanismo delle tasse più progressivo

ARISTOTELE
Contesto intellettuale —> pensiero ellenistico: agli antipodi della nostra
Scrive di politica per delineare la società migliore possibile. La loso a classica cerca di essere
prescrittiva, cerca la miglior forma di governo.
Opere: Politica, Etica Nicomachea (frutto della trascrizione dei suoi studenti)
Aristotele dice “scrivo di cose politiche”, scrive di meta sica e sica, a metà ci sono le “cose
politiche”. Si interessa di questioni che riguardano la comunità: le azioni degli individui non sono
regolari o meccaniche come la sica. Le cose politiche per loro natura sono imperfette e inesatte.
Aristotele propone 3 grandi argomenti: - organizzazione della società
- costumi, abitudini, cultura politica
- come creare uomini virtuosi (società ben organizzata
“stimola”)
VISIONE DELLE COMUNITÀ POLITICHE
Le comunità sono
- l’individuo è naturalmente propenso a introdursi in comunità
- l’uomo è un animale politico
Chi non vive in società o ci vive al di sopra (dio) o al di sotto (bestia, animale)
COMUNITÀ BASE —> famiglia, ognuno è bravo a fare qualcosa. Più famiglie si uniscono e creano
un villaggio, per produrre e acquisire beni. Quando più villaggi si uniscono, si viene a creare la
polis (città). Questo è un fatto naturale dell’uomo, ci si realizza la politica, che punta al benessere.
COME SI VIVE IN ARMONIA?
Si devono creare dei rapporti di potere: qualcuno decide e gli altri obbediscono
Ci sono tre forme di potere: - paterno —> il comando sui gli e la loro obbedienza sono naturali.
- dispotico —> padrone-servo: violento, basato sulla minaccia
- politico —> si basa sul consenso, chi obbedisce è d’accordo
Conclusione: società e politica per Aristotele sono la stessa cosa, gli individui che compongono la
società (maschi, adulti, liberi) sono gli stessi che prendono le decisioni.
In questa visione di potere politico il ne ultimo è quello di perseguire il bene (realizzazione della
persona) di tutti.

THOMAS HOBBES
La sua visione di politica è quella che ci portiamo dietro oggi.
Scrive IL LEVIATANO nel 1651. Il leviatano rappresenta lo stato e ra gura la nostra politica.
Tre anni prima, nel 1558, nisce la guerra dei 30 anni, la più sanguinosa guerra civile d’Europa.
Fino a quel momento il potere aveva una legittimazione divina, derivata dal Papa. Da dopo la
guerra questa legittimazione viene messa in questione, e se il potere divino non veniva accettato
si presentava un problema.
La rivoluzione di Lutero mina alla sicurezza che c’era no a quel momento: nasce il bisogno di
trovare una giusti cazione diversa da Dio per riconoscere i sovrani.

Secondo Hobbes tutti abbiamo gli stessi diritti ai quali però vanno posti dei freni.
L’individuo nasce libero nello stato di natura, e ognuno ha la possibilità di assecondare le proprie
pulsioni.
Gli uomini hanno tre impulsi: - COMPETIZIONE: sete dei beni
- DIFFIDENZA: questione di sicurezza
- GLORIA: essere stimato dagli altri
Nello stato di natura non c’è alcuna regola, solo l’etica, e comunque non c’è nessuno che possa
punire chi va contro l’etica perché sono tutti uguali. Ci si può solo vendicare.
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SERVE QUALCOSA DI ARTIFICIALE → LEVIATANO
Gli individui decidono di uscire dallo stato di natura attraverso un patto di unione : tutti gli individui
accettano una limitazione della propria libertà. Per questo il leviatano è fortissimo: dispone della
forza che tutti gli individui gli cedono:
l’arti cio: - risoluzione paci ca dei con itti
- permette la rappresentanza → il L ha anche degli obblighi (pochi) verso i cittadini
Il L ha diritto di comandare nella misura in cui rappresenta l’interesse del popolo. La violenza
viene tolta a tutti tranne che al leviatano (detentore dell’autorità). L’unica violenza che lo Stato
riconosce è la sua nei confronti dei delinquenti.

In cosa consiste la politica → arti cio che si basa sul principio di espungere la violenza.

NICOLÒ MACHIAVELLI
Opere: Il Principe (opera di cassetta, tentativo di ingraziarsi chi è al potere. Quando tutto va a
rotoli il principe risolve tutte le cose), I Discorsi.
Politica: CICLICA, ci sono momenti di splendore e di decadenza (che è il risultato naturale dello
splendore). Di fronte al momento di decadenza si oppone la virtù, la quale non è costante ma
avviene in alcuni momenti, controbilancia la decadenza.
Esprime al meglio la teoria dell’ANACICLOSI di Polibio.
Si interroga sulle forme di governo - 3 principi: potere nelle mani di 1
nelle mani di un gruppo ristretto
nelle mani di tanti
Ciascuna delle forme può avere una versione buona e una corrotta.

FORMA DI GOVERNO VIRTUOSA: MONARCHIA → il potere è nelle mani del re, il quale governa
saggiamente e rende grande il suo regno. L’ereditarietà del potere porta alla corruzione.
Il potere nelle mani di uno non è controllabile → TIRANNIDE
FORMA ARISTOCRATICA → decadenza: usano il potere a loro favore —> OLIGARCHIA
Serve qualcuno che si ribelli: i tanti → DEMOCRAZIA
Nel momento in cui il potere è in mano a tanti, degenera nell’ANARCHIA.
A questo punto si riparte dall’inizio: la monarchia
NESSUNA FORMA DI GOVERNO È A PROVA DI DECADENZA

Nell’antica Roma esisteva una costituzione mista: permette alle anime della società di essere
sempre in con itto → monarchia: consoli
aristocrazia: senato
democrazia: tribuni della plebe

Secondo Machiavelli la risposta alla decadenza richiede che la virtù venga espressa con la
violenza, le armi (guerra civile permanente, una buona politica è quella che mantiene il con itto,
elemento fondamentale della politica) ≠ da Hobbes: pace.

EQUAZIONE: armi sono possibili se c’è una buona legge, le buone leggi rendono bravi i cittadini,
la libertà va conquistata dal singolo.
La forma più nobile della politica è la violenza —> POLITICA-GUERRA

DIFFERENZA TRA FILOSOFIA E SCIENZA POLITICA


- La scienza rispetto alla loso a ha come obbiettivo di veri care empiricamente delle
a ermazioni generali, non solo delle congetture ≠ i loso fanno congetture senza
dimostrazioni: pura teoria.
- I loso hanno come obbiettivo quello di indicare cosa sia migliore ≠ la scienza vuole spiegare,
senza indicare cosa sia meglio.
5 FUNZIONI (Grilli): spiegare - rispondere a un perché
stabilire cosa è politica e cosa non lo è
osservare quali sono le regole e i vincoli delle azioni degli attori
capire l’essenza del rapporto individuo-stato
indagare su che tipo di relazioni si pongono tra soggetti in con itto
(concorrenza e competizione)
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- La scienza rimane Avalutativa: giudizi di fatto (osservazione reale) ≠ giudizi di valore (si basa su
giudizi personali)

CHE COSA È POLITICA De nizione empirica


1. Indicare caratteristiche necessarie e ricorrenti, essenza della politica
- Convivenza, vivere in collettività - le azioni politiche hanno un impatto sulla convivenza
- All’interno della società si creano dei collettivi - interesse condiviso tra gruppi
- Presuppone relazioni di cooperazione e di con itto
- Inclusione ed esclusione allo stesso tempo
- Convivenza organizzata verticalmente - relazioni di potere
2. Stabilire con ni con altri ambiti - autonomia
- Evoluzione storica: 4 tappe
- Separazione da potere spirituale (sovrano legittimato dal papa)
- Separazione della politica dalla morale - regole di comportamento diverse da
quelle della morale
- Distinzione tra politica ed economia, economia che si stacca dalla politica. Lo
stato interviene in economia ma ‘tutela’ lo stato civile (società civile: spazio
non privato né pubblico)
- Emancipazione dal diritto. La politica è vincolata dal diritto, tuttavia il diritto è
deciso dalla politica (stato di eccezione: momenti in cui le leggi non servono,
bisogna ricorrere a regole eccezionali - es. covid)
3. Evoluzione disciplinare

POLITICS - Rapporti tra due attori politici


Che tipo di rapporti? Varietà di processi, diversi e non esclusivi.
Rapporti di potere → modi care comportamenti di altri
Nella politica si distingue tra due elementi: - Risorse economiche, coercitive, ideologiche
- Autorità: principio per cui riteniamo corretto obbedire:
consenso, convinzione che il potere sia
legittimo
Il rapporto di potere dev’essere un rapporto che dura nel tempo e si basa sulla conformità
garantita: voglio una garanzia di obbedienza per sempre.
La prima forma di autorità è il CARISMA: la persona che comanda è un profeta, un dio - una
creatura superiore che non sbaglia mai. Se colui che ha il potere è superiore allora non avrà
vincoli, limiti. L’autorità ha bisogno dei ‘fedeli’ (burocrati) che sono un piccolo gruppo.
Il secondo principio è l’AUTORITÀ TRADIZIONALE: si obbedisce perché si fa da sempre. Il potere
è nella corona che indossa l’autorità e non è illimitato: il ‘quanto’ dipende dalla tradizione. Ci sono
dei servitori (burocrati) che servono il trono.
Il terzo principio è quello LEGALE, ha come fondamento la legge. Noi dobbiamo obbedire perché
rispetta delle leggi, fa soltanto ciò che le leggi gli permettono di fare. I burocrati seguono la legge.

Cosa è POLITY
Coloro che subiscono il potere - la collettività
- Cosa unisce un gruppo di persone tra loro
- Subiscono dei cambiamenti a volte violenti e a volte paci ci
Noi tutti ci riteniamo parte di una comunità.
IDENTITÀ quale? - Nazionale: non è vero che Stato = Nazione
- Religiosa: Israele, principio che unisce può anche dividere
- Linguistica: stessa lingua. Ci sono eccezioni (Belgio, Svizzera)
Una collettività si può de nire in tanti modi, anche incoerenti.
Ogni comunità condivide un’identità che non deve essere reale ma percepita
Eccezioni: imperi → centri di potere con più comunità
multilivello → più livelli: nazionali + europeo (EU è l’eccezione per eccellenza)
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CONFINI
Segnano una linea di demarcazione tra chi è dentro e chi è fuori: o si è parte della collettività o si
è stranieri. Se si è dentro si gode dei diritti della collettività:
La comunità si de nisce come tale se si identi ca in un territorio.
Sacralità dei con ni (parte costitutiva dei gruppi politici)
Ci sono 2 tipi: - linee rette (USA), risultato della divisione delle colonie, frutto di un doloroso
confronto, come cicatrici di guerra
- con ni frastagliati, come in Europa, frutto di una scelta fatta a tavolino

Perché lo STATO è importante? Il mondo è pieno di Stati, avere uno stato è obbiettivo di molte
polity. Rimane il principale referente politico, ha scon tto gli imperi.
Cosa contraddistingue lo STATO? Non tutte le forme politiche sono uno stato: è un tipo
particolare di sistema politico: - nalizzato a distribuire dei valori, dei beni
- raccoglie esigenze (INPUT) e produce risposte (OUTPUT)
- il FEEDBACK è come la società reagisce alle risposte dello stato

DEFINIZIONI DI STATO
Ha potere su tutti i cittadini. Presuppone un potere politico separato da altre forme di potere.
• È la più alta espressione di potere politico, dura nel tempo, non riconosce altri rivali, si ferma
soltanto di fronte alle potenze di altri stati.
• È un’istituzione unica che detiene il monopolio legittimo della violenza. Solo lo stato è giusto
quando utilizza la violenza. De nisce cosa è giusto e cosa non lo è.
• Paci catore: permette di risolvere controversie paci camente.
• Organizzazione che controlla la popolazione su un dato territorio

CARATTERISTICHE DELLO STATO


• Si percepisce ‘diverso da tutte le altre organizzazioni’, ha funzione protettiva, collettiva, dà
sicurezza interna e sanità.
• Si riconosce come autonomo, sovrano. La capacità di esercitare funzioni non dipende da altri,
non ammette interferenze: casi di ‘stati fantoccio’, hanno sovranità formale ma dipendono dagli
aiuti o dalla protezione di altri. Nessuno stato può riconoscere che ci sia un’autorità più forte di
esso, non può cedere la sua autorità a nessuno
• Centralizzato: la titolarità del potere è univoca, ci possono essere forme di decentramento per
esempio attraverso delegazioni (politiche o amministrative)

EVOLUZIONE DELLO STATO


Nasce in un momento di cile da de nire ma in EUROPA
State building: diverse traiettorie hanno impatti diversi sulla struttura dello stato
• Espansione - piccole collettività che si sono allargate (Francia, Russia, Svezia)
altamente centralizzati
• Aggregazione - comunità che si uniscono tra loro (Germania, Spagna, UK, CH)
uniformità probabile
• Frazionamento - contrario dell’aggregazione: l’entità si riduce in più stati (Croazia,
Bosnia, Serbia, ecc.)
Il consolidamento degli stati più antichi avviene in due dimensioni: territoriale e amministrativa.

ESPANSIONE
L’incremento delle funzioni (istruzione, sanità, sport, turismo, ecc.) deve far fronte a una serie di
domande → welfare

CRISI DELLO STATO (in via di fallimento)


Ci sono dei problemi di input che lo stato non riesce a risolvere.

POLICY
Decisioni prese dagli attori politici
Sono VARIE: Ambrogini d’oro / pesca alle sardine → molti attori con poco interesse, pochi interes
Riforma delle pensioni / NATO → interesse generale
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COSA STUDIAMO?
- Distribuzione costi/bene ci: chi ci guadagna e chi ci rimette
• Nell’output ci saranno bene ci per alcuni e costi per altri
• In che modo la contrattazione tra chi ci guadagna e chi ci rimette plasma il risultato nale
- Fasi del processo decisionale: come viene articolato
Ogni decisione presenta momenti che si ripetono
• 1ª agenda: selezione del problema, quali sono le questioni a cui bisogna dar risposta -
dipende dalla capacità di alcuni gruppi di farsi sentire in politica
- Attori coinvolti: chi prende le decisioni, chi in uenza le decisioni
- Processo di implementazione: in che modo le decisioni vengono realizzate
Può avere un impatto signi cativo sul successo o meno della politica pubblica (burocrazia)

COME SI FA RICERCA?
Rispondere a delle domande: ogni opera di ricerca punta a fare ciò

COME SI FA A FORMULARE UN QUESITO


1. Cosa vale la pena studiare? ARGOMENTO
2. Quali domande porci? → COME? In che modo avvengono gli eventi, implica dover descrivere
+ di cile PERCHÉ? Indagare le cause, cercare qualcosa in particolare
fattore + importante di tutti → spiegare

COME TRATTARE I FENOMENI EMPIRICI


Studiamo fenomeni che si replicano - es: guerra (concetto), ripetizione guerre → empiriche

dopo
DEFINIZIONE dei concetti ———> OPERAZIONALIZZAZIONE

CONCETTO EMPIRICO
Astrazione, modo per descrivere una classe di oggetti
Si compone di 3 elementi: S - T - R
Termine: parola molto spesso astratta (per esempio nisce per -zione)
Signi cato: signi cato che diamo al termine che usiamo (de nizione)
Referente: concreto (per esempio in un partito politico il nome del partito)

Errori possibili: ambiguità (fra temine e signi cato) e vaghezza (tra referente e signi cato): c’è
confusione in questo duplice rapporto.

PROPRIETÀ DEL CONCETTO


- Connotazione
• nº proprietà che richiediamo al concetto (decisa da chi ricerca)
• Caratteristiche che lo quali cano
- Denotazione
• Quanti sono gli oggetti che rientrano nella de nizione
• Dipende dalla connotazione

Le due proprietà hanno un rapporto inverso: + aumentano le connotazioni, + diminuisce la


denotazione. Alta connotazione (tante caratteristiche) = bassa denotazione (pochi casi)

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OPERAZIONALIZZAZIONE
Passare dal signi cato al referente
Attribuire un contenuto empirico (misurare analogie e di erenze) a un concetto non naturalmente
osservabile, partire dalle proprietà del referente per misurarlo.
Trasformare un concetto in un’unità di misura: COME?
Sviluppare una de nizione operativa (proprietà da osservare, nell’esempio del terrorismo:
obbiettivi, che tipo di violenza è usato)
INDICATORI: - unità di misura (mt,kg)
- espressi sotto forma di variabili (valore che muta)
- combinando più indicatori si ottiene un indice (unità di misura composta mettendo
insieme indicatori diversi)

CLASSIFICAZIONI E TIPOLOGIE
A cosa servono? A mettere ordine nella complessità dei fenomeni → dopo aver ordinato i casi
empirici, questi possono essere ulteriormente lavorati per permetterci di osservare qualcosa che
altrimenti non vedremmo.
Mettere ordine → catalogare osservando per genere e di erenza: attribuire a delle categorie
i casi studio
→ catalogando uniamo e dividiamo i vari casi e li uniamo in gruppi per
comunanza rispetto a un criterio e separiamo altre unità perché diverse tra loro
CLASSIFICAZIONE: dividere in classi l’estensione (denotazione) di un oggetto.
Avviene sulla base di un solo criterio: es. STATI democratici, parzialmente democratici e non d.
criterio classi catore: tipo di regime
TIPOLOGIA: classi cazione basata su più criteri

STATI

CONFESS. Messico, Italia, Canada,


India, Ghana Australia

LAICO Sri Lanka, Qatar, Kuwait,


Yemen Oman

<15 000 $ >15 000 $


pil pro capite annuo

Stati raggruppati in base a due criteri (religione di stato e più pro capite annuo)

REGOLE PER CLASSIFICARE


• Criterio discriminante: classi cazione deve portare a delle classi omogenee
• Esclusività: ogni caso deve ricadere in una sola cella
• Esaustività: nessun caso deve essere escluso
• Livello d’astrazione (per tipologie): deve essere lo stesso tra le classi
• Criteri non sovrapposti (per tipologie): aspetti diversi del fenomeno

LIMITE principale di class. e tipol.: troppa sempli cazione, si perdono troppe informazioni.

Come reperire i dati? Cercare delle fonti: secondarie (prodotte da altri ricercatori) e dirette
(prodotte dal ricercatore stesso come interviste, surveys di massa, documenti u ciali,
osservazione partecipante)
Dai dati alle ipotesi
I dati dovrebbero mostrare delle variazioni concomitanti tra i casi che dovrebbero aiutare a
formulare un’ipotesi. Quindi un’ipotesi è una supposizione che esista una relazione tra due
fenomeni (NON FATTI)
Come si scrive un’ipotesi? Da cosa è composta?
L’ipotesi è composta da 3 tipi di variabili: INDIPENDENTE (A): causa, DIPENDENTE (B): e etto,
INTERVENIENTE (C): altri fenomeni.
Ipotesi: A —> B (→ = spiega, è la causa di), ci può essere un ruolo anche per C.
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METODI DI CONTROLLO EMPIRICO
Controllare che i dati confermino l’ipotesi che abbiamo sollevato
Serve per assicurarsi che la nostra coscienza sia corretta, formulare un giudizio sulla qualità della
nostra spiegazione.
Il risultato nale può mostrare che l’ipotesi è corroborata (giusta) oppure viene dimostrata falsa.
Via di mezzo: emendata (migliorata) si può rendere più complessa.

METODO SPERIMENTALE
Attraverso esperimenti → si basa sulla divisione degli elementi dei referenti empirici in di erenti
gruppi, ognuno viene sottoposto a di erenti stimoli: vediamo le variazioni tra i due - di controllo
- senza stimoli
STIMOLO: variabile che secondo noi è la causa. L’utilità sta nel fatto che permette la
parametrizzazione: permette di mantenere tutte le variabili (che potrebbero essere intervenienti)
cambiando ad uno solo una proprietà
UTILITÀ: molto forte
LIMITE: raramente utilizzabile in scienza politica (si può usare su gruppi molto ristretti e omogenei
tra loro, vediamo come si comportano davanti a stimoli esterni.

METODO STATISTICO (2º posto di a dabilità)


Si basa su variabili numeriche (valori espressi attraverso numeri), tecniche d’analisi, statistica.
Il metodo è tanto più forte quanto è il numero dei casi, permette di decidere se l’idea funziona e
su che casi funziona, permette attraverso una regressione di trovare il rapporto tra le variabili
indicate tra i due assi e di avere informazioni precise che possiamo confrontare.
CORRELAZIONE: variabile simultanea, NON signi ca spiegazione. Non dicono se uno dei due
fattori è causa dell’altro (X e Y sono correlate ma potrebbero essere causate da K)

METODO COMPARATO (tipico della scienza politica)


‘Confrontare tra gli stati di due oggetti in un momento preciso o in un arco di tempo più o meno
ampio.’
CRITERI DI SCELTA DEI CASI
• Alla varianza in Variabile Indipendente, se c’è massima variazione nella causa, l’e etto dovrebbe
avere massima variazione
• Bassa variazione in Variabile di Controllo
• Sistemi maggiormente diversi: casi diversi in tutto tranne che in una proprietà, quella proprietà
spiega
• Sistemi maggiormente simili (contrario): Variabile Dipendente e Indipendente non variano ma le
Variabili di Controllo variano
TIPI DI COMPARAZIONE
• Comparazione binaria: casi di studio con N molto piccolo (2)
• Comparazione d’area: casi geogra camente contigui (per esempio per Stati)
• Comparazione multi-casi: N > 20
• Comparazione sincronica o diacronica
STUDIO DI CASO
• Studio ateorico: studio di cosa è avvenuto - descrittivo, non spiega
• Studio interpretativo (non scienti co): caso paradigmatico, cerca di dare un senso al caso
• Studio di generatore di ipotesi: osservo e cerco correlazione
• Studio di controllo di una teoria: validità interna
• Analisi del caso deviante: si comporta in modo opposto all’ipotesi

NON ESISTE UN METODO DI CONTROLLO EMPIRICO MIGLIORE DEGLI ALTRI, SONO DIVERSI
TRA LORO.

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LE TEORIE
Una TEORIA è un’a ermazione generale che descrive e spiega le cause e gli e etti di certi
fenomeni. Non descrive tutto quello che avviene in un fenomeno ma ci dice come avviene il
rapporto di causazione (causa/e etto).

PROPRIETÀ DELLE TEORIE


• Osserviamo alcuni fenomeni e ne trascuriamo altri
• Sono necessariamente generali

COSA C’È IN UNA TEORIA


• Ipotesi: una relazione regolare osservabile tra 2 fenomeni
• Spiegazioni: concatenazioni di leggi causali/ipotesi che legano causa ed e etto mostrando
come avviene la causazione
• Condizioni antecedenti: un fenomeno la cui presenza rende possibile o ampli ca l’azione della
legge causale o dell’ipotesi

QUALI CARATTERISTICHE DEVE AVERE UNA BUONA TEORIA


• Elevato potere esplicativo:
- Stretta correlazione causa/e etto (var. ind. ha forte impatto su var. dip.)
- Spiega fenomeni diversi tra loro (es. teoria dei beni pubblici di Olsen)
- Si applica a molti casi
• Parsimonia: quando con poche variabili indipendenti si riescono a spiegare molte variabili
dipendenti → comportamenti
• Soddisfacente: la variabile indipendente deve essere diversa dalla variabile dipendente
• Concettualmente rigorosa: tutte le componenti devono essere ben de nite
• Falsi cabile: un test empirico corrobora o falsi ca la teoria

LE TEORIE PERMETTONO LA CUMULATIVITÀ DEL POTERE?


Popper: visione positivista → le teorie hanno un solo difetto: possono solo essere falsi cate
PROBLEMA → TENTATA SOLUZIONE → IPOTESI/TEORIA → CONTROLLO EMPIRICO →
ANOMALIA (casi che non soddisfano la teoria) → PROBLEMA
Può esserci progresso → quando sorgono teorie più generali che emendano quelle vecchie.

THOMAS KUHN
Non vede una linearità nel sapere
• La scienza attraversa due periodi distinti che si alternano:
- SCIENZA NORMALE o ORDINARIA: si basa sul processo di Popper, lavoro di routine degli
scienziati che seguono delle regole di ricerca
- SCIENZA STRAORDINARIA: momento in cui la scienza normale non funziona perché le
routine, le procedure della scienza normale si rivelano insu cienti, incapaci di rendere conto
delle anomalie. Nel momento della scienza straordinaria, la scienza si concentra su se
stessa: smette di indagare i fenomeni ma indaga su se stessa, cerca di studiare i processi
interni, mette in discussione le validità delle ricerche pregresse.

• Nel momento iniziale (pre-paradigmatico) c’è un periodo in cui di fronte ai vari fenomeni ci sono
diverse prospettive che cercano di rendere conto dei fatti e quindi delle classi di fenomeni a cui i
fatti appartengono.
• Tra le tante ipotesi che verranno a scontrarsi, ce ne sarà qualcuna che emerge come migliore
delle altre, perché spiega meglio i fenomeni sotto esame (accettazione del paradigma).
• Il paradigma diventa ‘scienza normale’.
• Occorrenza di anomalie.
• Crisi del paradigma - se il paradigma entra in crisi ci saranno delle spiegazioni diverse, ma si
basano su quelle premesse che il paradigma aveva escluso
• In questo momento si apre uno spazio per una RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

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Nel momento in cui si sviluppa una visione alternativa, il momento rivoluzionario presuppone un
nuovo periodo PRE-PARADIGMATICO: non c’è subito una sostituzione di paradigmi ma se il
nuovo risulta migliore perché spiega meglio ciò che veniva spiegato dalle teorie precedenti + le
anomalie, allora si passerà alla seconda fase. NON C’È VERO PROGRESSO, SOLO
SOSTITUZIONE DI PARADIGMI perché le teorie tra loro non si migliorano, si sostituiscono.

COME EVOLVE IL SAPERE?


PARADIGMA → sistema organico di teorie diverse che condividono assunti, premesse.
→ prospettiva teorica condivisa, fondata su acquisizioni precedenti che indirizza la
ricerca riguardo a:
• La scelta dei fatti rilevanti da studiare (ontologia)
• La formulazione delle ipotesi, in che modo si cercano le cause (epistemologia)
• I metodi e le tecniche di ricerca

I PARADIGMI IN SCIENZA POLITICA (3 PRINCIPALI)

PARADIGMA DELLA SCELTA RAZIONALE (origini più antiche)


IDEA GENERALE: si possono studiare i fenomeni politici nello stesso modo in cui l’economia
studia quelli economici.
→ mercato: imprenditori - vendono // consumatori - comprano
→ politica: politici - vendono // elettori - comprano
le elezioni sono qualcosa di simile al mercato: scambio domanda/o erta

→ assunto dell’HOMO ECONOMICUS - sempli cazione dell’attore


→ focus per spiegare i fenomeni sulla scelta individuale
INDIVIDUALISMO METODOLOGICO: dal comportamento di un individuo posso comprendere
anche un fenomeno collettivo

ASSUNTI: l’individuo costituisce l’attore fondamentale della società


→ possiamo risolvere gli attori in politica come l’elettore, il burocrate, ecc., nella società
individuiamo degli attori che sono il singolo attore decisionale, non le istituzioni
• Gli attori sono egoisti e razionali
- Sono interessati soltanto al loro utile. Se loro guadagnano e altri perdono, loro guardano
soltanto al loro interesse.
- Nel momento in cui dispongono di informazioni perfette cioè conoscono quali sono le
strategie: le alternative e le conseguenze.
- Per essere razionali devono avere degli ordini di preferenza stabili, coerenti e transitivi.
• Le preferenze degli attori sono ESOGENE (date), non ci importa sapere da dove vengono e non
si modi cano.

Il modello della scelta razionale ci dice che noi spieghiamo i comportamenti come frutto di azioni
razionali degli attori, dove la razionalità sta a indicare che gli attori cercano di massimizzare il
proprio utile.
STUDIA 3 TIPI DI AZIONI: individuali - dipendono esclusivamente dal singolo
interattive - dipendono dall’interazione di 2 o + attori
collettive - il cui risultato interessa la collettività

TEORIA DELL’ELETTORE MEDIANO (prende come soggetto un elettore)


Se un numero di elettori ha opinioni divergenti su un problema, il risultato ottimale (in un sistema
maggioritario) sarà costituito dall’elettore mediano.

Esempio:

3 elettori, 3 proiezioni di spesa (10, 15, 25)


A → 10, 25, 25. 10 vs 15 1-10/2-15
B → 15, 10, 25 10 vs 25 2-10/1-25 15 → 4 voti
C → 25, 15, 10 15 vs 25 2-15/1-25

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AZIONI INTERATTIVE
La teoria dei giochi → risultato dipende dal combinato dei 2 giocatori
Spiega l’esito di una data situazione quando questo dipende dal combinato tra le azioni di più
attori interagenti.
COMPONENTI: attori (giocatori), strategie, payo

GIOCHI A SOMMA ZERO


Uno vince, l’altro perde. Ammontare vittoria = ammontare perdita
Pura competizione: 2 giocatori: A e B, 2 strategie: PARI e DISPARI
Il PAYOFF dipende dall’interazione tra i 2

TEORIA DEL MAXIMIN → il giocatore deve puntare a conseguire il risultato più elevato e migliore
tra quelli peggiori: deve cercare di evitare la perdita più elevata.

Se A gioca pari può vincere 4 o perdere 3


Se gioca dispari può vincere 2 o vincere 1
A deve evitare di giocare PARI

Se B gioca pari può perdere 4 o perdere 2


Se gioca dispari può vincere 3 o perdere 1
B giocherà dispari

NON SI DEVE RISCHIARE IL MEGLIO MA EVITARE IL PEGGIO

GIOCHI A SOMMA DIVERSA DA ZERO


Payo sommati non hanno valore 0
I giocatori possono negoziare un compromesso/cooperare

Dilemma del prigioniero


2 giocatori: A e B, 2 strategie: confessare (C) o non farlo (NC)

Payo decisi dalla polizia e noti ad entrambi i giocatori:


Se cooperano entrambi → 5 anni entrambi (2º peggior risultato) → 2, 2
A entrambi conviene collaborare
COSA CI PERMETTE DI CAPIRE? 2, 2 è un risultato subottimale perché i 2 giocatori devono stare
attenti a ciò che farà l’altro
Incentivo difensivo (se A decide di cooperare, B può decidere se cooperare o defezionare →
prendere 3 o 4: A corre un grosso rischio, quello di essere tradito) e o ensivo (B decide di
defezionare → prende 4 e tradisce A)

Se i giocatori potessero parlare la decisione non cambierebbe: deve esserci ducia: la parola non
è su ciente, il prezzo è troppo elevato. Uno dei due potrebbe tradire a proprio favore. L’unico
modo che garantisce il risultato 3-3 è quello di reiterare (ripetere) il gioco più volte, forse
all’in nito. → VENDETTA: se A tradisce B si vendica.
La reiterazione permette un aumento nel bene cio → i giocatori giocando più volte si
conosceranno sempre di più. ‘Se collaboro sono a dabile’.

Colpo su colpo
1ª mossa: coopera
Dopo: ripeti sempre la mossa del tuo avversario
Cooperazione tra stati: di cile
Es. concreto: corsa agli armamenti
USA e URSS - comprare armi o no: uno decide di si e uno di no → uno indifeso
cooperazione: nessuno compra armamenti → secondo risultato migliore
entrambi armati (2-2) → spiega in modo lineare il problema
→ gli stati non si dano reciprocamente

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Gioco del fone
2 giocatori: A e B, 2 strategie: sterzare (C) o non sterzare (D)
S da su chi è più coraggioso: vince chi sterza per ultimo, chi sterza prima è il fone
A sterza: prende 2, B non sterza: prende 4 → vince
Entrambi si arrendono: 3-3 → foni entrambi
2 possibili risultati: 3-3 di solito non si ottiene → se uno dimostra di cedere l’altro non ha motivo di
assecondarlo perché può vincere il gioco.
4-2 o 2-4 → uno dei due si arrenderà ma non sappiamo quale.
Interesse comune: evitare 1-1 → comunicare è fondamentale
Vince chi convince l’altro a cooperare non per convinzione ma per COSTRIZIONE.
Es. concreto: deterrenza

Battagli dei sessi


2 giocatori: A e B, 2 strategie: cinema o stadio
Punto di equilibrio: 2 → uno dei due cederà, problema è coordinazione, non cooperazione
Importante comunicazione coercitiva: l’importante è stare insieme
Es. concreto: accordo doganale su standard tecnici (es: treni)

AZIONI COLLETTIVE
Buchanan e Tullock: come decidere il metodo per prendere una decisione
Decisioni collettive: gli e etti ricadono su tutti
Quanti sono i decisori? →
→ tutti devono avere controllo decisionale sul consenso di tutti
Problema: nel momento della decisione ci sono 2 tipi di costi:
Costi decisionali: legati a quanto tempo serve per prendere una decisione
Costi esterni: ciò che serve per mettere in pratica la decisione (imporre la decisione a chi non l’ha
presa)
→ I due costi hanno andamenti inversi: uno si misura in tempo, l’altro si misura in risorse

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c.d
costi

c.e
.

nº decisori

Non c’è un metodo ottimale, bisogna decidere in base al caso, quale è meglio prendere:
velocemente con + costi o lentamente con - costi.
Non c’è un punto che permette di minimizzare i costi.
Il decisore cauto preferirà l’unanimità.
Colui che decide si basa sul rapporto costi/bene ci.

Critiche al paradigma
→ critiche all’idea di razionalità degli attori: molti comportamenti non sono razionali: dovremmo
essere in grado di prevedere le conseguenze delle nostre scelte. I modelli cerca di sempli care la
realtà tanto da renderla mono-dimensionale. L’assunto implica che gli attori siamo ben informati,
in politica i risultati possono generare e etti imprevedibili.
→ critiche alla teoria dei giochi: la dicotomia cooperazione/defezione distorce la realtà: ci
possono essere sempre più di 2 punti di vista. I payo ci dicono solo l’ordine delle di erenze tra i
risultati possibili: 1-2-3-4 postula che ci sia una costante tra i risultati. Gli attori possono
manipolare i payo .
→ critiche all’approccio individualista: il comportamento individuale è condizionato dal contesto
esterno; quello che facciamo spesso non è quello che vogliamo, anche quando abbiamo
interesse a fare determinate decisioni potremmo reverire prenderne altre. L’individualismo non
riesce a spiegare perché attori con interessi diversi hanno lo stesso comportamento.

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IL (NEO)ISTITUZIONALISMO
CONCETTI PRINCIPALI
idea generale: le istituzioni contribuiscono a spiegare i fenomeni politici
cosa sono le istituzioni: regole del gioco formali e informali che strutturano le interazioni
politiche (formali: organizzazioni, leggi. Informali: prassi, abitudini)
quali e etti hanno le istituzioni? Creano contesti d’azione - stabiliscono cosa è concesso e
cosa no, stabiliscono chi può partecipare a certe decisioni politiche.
Generano attori istituzionali, non è potente la persona, è potente la sedia su cui siede la persona.
Distribuiscono potere e risorse: capacità, libertà d’azione viene stabilito dal contesto istituzionale.
Assetti istituzionali generano veto player (attori con capacità di veto).

ISTITUZIONALISMO RAZIONALE
Assunti
Individui e gruppi massimizzano preferenze esogene e sse
Istituzioni come variabili intervenienti, nella scelta delle opzioni possibili, la presenza di
un’istituzione può cambiare il comportamento di un attore
Proposizioni
Le istituzioni risolvono il problema di azioni sub-ottimali
Stati fanno fatica a cooperare, ma se partecipano a un’istituzione internazionale, questa permette
di cooperare → azione subottimale
Come? 3 ostacoli → costi di transazione (per far incontrare domanda/o erta)
→ incertezza su intenzioni ( ducia → rischio)
→ incentivi a defezionare
3 soluzioni → istituzioni abbassano i costi
→ istituzioni forniscono informazioni
→ istituzioni ostacolano defezione
Esempi: Unione Europea → forma piu ampia di cooperazione, aspetto monetario, di difesa,
questioni sociali
Nato

ISTITUZIONALISMO SOCIOLOGICO
Assunti
De nizione ampia di istituzioni, che include regole e strutture intersoggettive → convenzioni,
sistemi simbolici, quadri morali che vedono attori diversi concordare su qualcosa. Le istituzioni
creano dei quadri prescrittivi e/o cognitivi che in uenzano il comportamento socio-politico.
Proposizioni
• Le istituzioni danno un signi cato alle cose e alle azioni, ogni azione è un gesto materiale ma
anche un’intenzione.
• Logica dell’appropriatezza: gli autori sono nazionali nella misura in cui si comportano in modo
appropriato rispetto al loro ruolo
• Le istituzioni creano delle identità, e il comportamento degli autori, in virtù della logica
dell’appropriatezza, è legato a queste identità → esempio: tre stati (A, B, C) A ha un missile
nucleare, B ne ha 100, C chi deve temere? Risposta: B. MA: A: corea del nord, B: inghilterra, C:
stati uniti → cambiato idee? Perché?
Il valore di un’arma nucleare coreana è più preoccupante di 100 armi nucleari inglesi: diversa
struttura intersoggettiva.

ISTITUZIONALISMO STORICO
Assunti
• Il contesto in cui avvengono i fatti fa la di erenza
• Gli autori possono imparare dall’esperienza pregressa, il comportamento degli autori può essere
ad esempio per analogie
• Le aspettative degli autori sono legate all’esperienza pregressa (es: politiche sociali)
Proposizioni
• Le istituzioni sono un prodotto di eventi politici passati che incanalano gli eventi successivi in
direzioni da cui è di cile deviare, anche se ine cienti o irrazionali

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• Il cambiamento istituzionale è lento e di cile, perché: 1. nuove regole possono avere e etti
imprevedibili. 2. cambiare le regole implica dei costi. 3. Le regole plasmano comportamento e
preferenze
• Path dependence: ciò che accade oggi dipende da ciò che è accaduto ieri.

CRITICHE AL PARADIGMA
- Non è realmente alternativo ad altri paradigmi:
• Tende a sfumare in altri paradigmi (razionalista/sociologico), le istituzioni sono una variabile
che in cia l’agire degli attori ma non sono l’unica causa
• Non tutte le interazioni politiche e sociali sono istituzionalizzate
- Di coltà nello spiegare il cambiamento:
• A volte le istituzioni cambiano, anche repentinamente
• Modello dell’equilibrio punteggiato: periodi di inerzia interrotti da momenti di crisi e
cambiamento
• Oggi si studiano modelli di cambiamento graduale

PARADIGMA CULTURALE
Approccio che riesce a spiegare i fenomeni in modo diverso dagli altri, sempli ca molto la realtà.
Idea generale
I fenomeni politici ri ettono idee, valori e credenze condivise
Idee → gli ‘-ismi’, i concetti con valore ideologico condiviso non necessariamente sono vere/false
ma condizionano la nostra vita e sicuramente i decisori politici
Valori → convinzioni su cosa sia bene/male
Credenze condivise → diverse visioni del mondo, interpretazioni del mondo che gli attori hanno
all'interno del sistema politico
L'approccio culturale ci dice che qualsiasi collettività si basa su una serie di convenzioni.
→ sta esattamente agli antipodi con il sistema razionale
• Cultura → politica/civica - termine che racchiude tutto il concetto
La cultura spiega: le forme di governo (democrazia//no) → approccio culturale alla politica
le politiche pubbliche → perché il risultato delle risposte può variare molto
(tra stati ma anche all’interno di 1 solo stato)
politica internazionale
Perche è un paradigma importante? Spiega ambiti diversi, è disponibile un’enorme mole di dati.

COS’È LA CULTURA POLITICA?


Almond e Verba
De niscono cultura politica e civica un insieme di atteggiamenti, orientamenti e opinioni che i
membri di un sistema politico manifestano nei confronti della politica.
OPERAZIONALIZZAZIONE
3 componenti 3 orientamenti
• Cognitive (cosa sappiamo di politica?) sistema politico
• A ettive (come ti poni rispetto la politica) componenti del sistema
• Valutative (buono o cattivo?) cittadini
In base alle risposte potremmo delineare diversi tipi di cultura civica.
Conclusioni: l’approccio guarda la dimensione e la natura psicologica dell’azione. Non irrazionali
ma arazionali. Considera l'aspetto aggregato, non individuale dell’azione.

Ne discendono tre tipi di cultura civica: provinciale, sottomessa, partecipante


PROVINCIALE → scarsa consapevolezza del sistema politico. Comunità dove il sistema politico
non è molto sviluppato, si de nisce il fatto che l'aspetto cognitivo è molto basso, da qui deriva il
loro atteggiamento nei confronti della politica: bassa consapevolezza della propria in uenza.
SOTTOMESSA → convinzione che la politica sia qualcosa di cui le persone hanno piena
consapevolezza, però il grado di in uenza è molto basso se non nullo: accettazione. Quelli che
decidono sono sempre ‘altri’.
PARTECIPANTE → consapevolezza elevata anche di poter partecipare alla politica.

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CONTRIBUTI
Francis Fukuyama ‘la ne della storia’
L'ordine internazionale si basa sulle idee.
Il 1984 segna la ne della storia perché le idee americane si sono rivelate superiori a quelle
dell'unione sovietica.
Crolla l'unico sistema di idee oppositore a quelle americane.
Come procede la storia? → Tesi, antitesi e sintesi (una delle idee supera l'altra)
avviene uno scontro prima tra idee e dopo nel mondo reale (tra campioni delle idee)
QUALI IDEE? Liberalismo VS comunismo
→ guerre combattute per mostrare la superiorità di un’idea
1989 → resta solo l’idea liberale in competizione
Quindi → modo sempre più omogeneo (democratizzato)

Samuel Huntington ‘scontro delle civiltà’


Conclusione opposta ma si basano entrambe sulle idee.
Le idee sono centrate per de nire la civiltà.
Il mondo è diviso in civiltà tra loro in con itto.
Cosa sono le civiltà? Appartenenza, collettività alla quale gli individui sentono di appartenere
perché condividono qualcosa in particolare, per Huntington → la religione e la cultura che ne
discende. Necessariamente queste civiltà si scontreranno tra loro.
Perche? La globalizzazione rende i contatti fra civiltà molto più rapidi e stringenti → incontrerà
problemi (per esempio lo stile di vita americano). L’occidente tende a imporre la propria civiltà.
SCONTRO SU DIVERSI LIVELLI: Micro (dentro gli stati), macro (stato contro stato), torn states
(stati dilaniati): stati con civiltà omogenea in società dove però l'Elite politica cerca di portare
verso un'altra civiltà.

CRITICHE
• Rapporto di causazione collineare → critica teorica
Comportamenti e regime politico plasmano la cultura
Le persone costruiscono la cultura in base all’esperienza → problema.
Possiamo spiegare la cultura alla luce del comportamento Causa
determina e etto ma e etto a sua volta determina la causa
Concetto di cultura viene spiegato da quello che dovrebbe spiegare
• Come misurare la cultura?
La cultura è immateriale, la dobbiamo de nire noi in qualche modo. Possiamo misurare la cultura
attraverso sondaggi. Problema dei sondaggi → come facciamo essere sicuri che le risposte siano
‘corrette’. La cultura non esiste concretamente, siamo noi che la de niamo.
• Come separare fattori culturali e materiali?
I comportamenti possono essere dettati dalla cultura ma anche l'altro, dobbiamo saper
distinguere i fattori culturali da materiali.

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I REGIMI NON DEMOCRATICI
INTRODUZIONE POLITICS
in che modo si prende il potere
in che modo si tiene il potere REGOLE
in che modo si esercita

Perché occuparcene? Perché sono tanti


1974 stati liberi 29,1% 2004 45,3% 2021 42%
stati non liberi 43% 25,5% 29% su 195 paesi
stati parzialmente liberi 27,8% 29,1% 29%

Essendo santi, possiamo osservare che sono sparsi in tutto il mondo e tra loro
presentano di erenze enormi.
Tipi di regime: autoritario
totalitario
post totalitario
sultanistico
ibrido

IL REGIME AUTORITARIO
Juan Linz: 5 caratteristiche comuni
Quel tipo di regime non democratico che si contraddistingue per:

- Pluralismo limitato e non responsabile (condizionato, ristretto) sta indicare quanti attori si
portatori di interessi
La società esprime pochi interessi organizzati
Gruppi sociali forti che impediscono l'apertura democratica
PARTITI (in politica) → attori politici ammessi sono pochi, in alcuni casi solo UNO
Non resposabile → responsabilità: rendere conto a qualcuno

- Scarsa mobilitazione politica


Scarsa partecipazione alle attività politiche (elezioni, partito, manifestazioni)
Incentivi al consenso: violenza (repressione dell'opposizione) e incentivi positivi (scarsi)

- Mentalità caratteristiche
Se osserviamo la retorica troviamo alcune nozioni, parole caratteristiche
Valori: ordine grazie al regime, senza caos
patria → contenitori vuoti: scuse per legittimarsi
famiglia, tradizione

- Leader o piccolo gruppo al potere


Meno si è a comandare meno problemi ci sono.
Per arrivare al potere → colpo di Stato, crisi → fatto da pochi
Se ci sono poche gure al potere, esse sono preziose
Quando c'è un leader, ed egli viene meno, ne consegue una crisi: successione del leader è
problematica, non è una questione solo di capacità del leader, ma di accettazione della coalizione
dominante.

- Limiti mai de niti all'esercizio del potere, ma prevedibili


Non c'è libertà nei diritti, tranne che nel privato
Sappiamo no a che punto può arrivare il potere → la legge è un potere ce l’ha

- Sotto-tipi di regime autoritario


• Regime militare → al potere ci sono le forze armate
• Regime civile-militare → quali azione tra forze militari e gure civili della società
• Regime civile → partito

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IL REGIME MILITARE
- Coalizione dominante: possiamo identi care chiaramente quali sono i settori politici e della
società che vengono rappresentati da chi è al potere → qui: esclusivamente forze armate
- Mentalità/ideologia: quanto è articolata? Quanto conta? Poco articolata: pochi semplici
concetti ripetuti come un mantra. Poco importante: il ruolo dei militari è di tutori dell’ordine.
Rende illegittima qualsiasi forma di opposizione e critica al regime.
- Mobilitazione dall'alto: rara e limitata. Non c'è interesse sulla necessità di avere un'a uenza
alle urne elevate. Il cittadino non deve far altro che obbedire.
- Strutturazione del regime: nel momento in cui i militari salgono al potere vengono fondate
nuove istituzioni? No. → scarso grado di innovazione istituzionale. Funzioni principali: gestione
del potere attraverso le istituzioni precedenti

PERCHÉ I MILITARI IN POLITICA? I regimi autoritari militari nascono da un colpo di Stato: poche
persone che tolgono dagli organi decisionali chi c'era no a quel momento, in un modo non
previsto dalle regole della politica.
Perchè proprio i militari? Hanno gli strumenti per farlo: armi, organizzazione, disciplina.
Quali sono le motivazioni? Percezione della leadership precedente come inadeguata o ingiusta nei
loro confronti (troppa interferenza nelle questioni militari)
Quali condizioni di base? Instabilità sociale nata da proteste o da fenomeni di modernizzazione:
industrializzazione, urbanizzazione nuovi ceti → problema da risolvere per i militari.
Anche: presenza di divisioni interne (per esempio di natura etnica, regionale) i militari si fanno
portatori dell'interesse di un gruppo etnico.

IL REGIME CIVILE-MILITARE
- Coalizione dominante: formata dalle forze armate che concedono spazio anche a autorità civili.
Le forze armate riconoscono di non avere competenze o forze su cienti per gestire la
politica→ alleati che possono essere trovati nelle altre sfere dell'amministrazione del regime
precedente. Anche: i politici del precedente regime: alcuni leader vengono fatti fuori, altri
servono per guidare la macchina politica → si sono distinti rispetto al regime precedente
(autorità, carisma, eccetera) anche: gure della borghesia nanziaria, manager, intellettuali,
economisti-persone che hanno con itti con le istituzioni interne internazionali, ‘aiutano il paese
uscire dalla crisi’.
QUESTE DUE COMPONENTI POSSONO ENTRARE IN TENSIONE → ‘agende diverse’:
- Mentalità/ideologia: può essere rilevante, per la componente civile i civili hanno bisogno di
legittimarsi in qualche modo: in certi casi è giusti cato hanno occhi dell'opinione pubblica
alcune scelte
- Mobilitazione dall'alto: possibile, ma bassa → tipo di regime nato per escludere qualcuno:
fasce di popolazione che con l'industrializzazione diventavano un attore politico scomodo. Per
quanto bassa sarà comunque in alcuni regimi ricercata, in correlazione con l’ideologia.
- Strutturazione del regime: medio-alta, civili al potere hanno la necessità di smobilitare le
strutture politiche esistenti, fondare un nuovo regime → innovazioni istituzionali di qualche tipo
quanto/in che modo questo avvenga dipende dal tipo di implementazione di questa nuova
coalizione.
2 tipi di questo regime
• Burocratico-militare: I militari si confrontano con dei burocrati, è quello che si avvicina di più al
militare: l’idea che giusti ca questo regime è che sia necessario che ci sia qualcuno al governo
che prenda delle decisioni pragmatiche, dolorose, con alti costi sociali (esempio: tasse elevate,
innalzamento dell'età pensionabile).
- Si basa su un'Elite burocratica che prende queste decisioni e un'Elite militare che so oca le
proteste che ne discendono.
- Il governo non cercherà di avere un partito di massa, ma un partito unico (di unità nazionale)
→ a uenza bassa.
- Attori tradizionali nella società che mantengono un ruolo dominante (aristocrazia, chiesa)-
questo fa sì che la partecipazione venga esclusa per de nizione ampie fasce della società
che vengono represse.

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• Corporativo: nasce da un'ideologia come alternativa al liberismo e al comunismo.
Compromesso tra liberismo e comunismo. Il con itto può essere temperato, risolto per tutti.
Il regime non è solo quello che prende decisioni ma incentiva la mobilitazione popolare, si basa su
strutture organiche: lo Stato è come un corpo in cui ci sono tanti organi (più privilegiati e meno).
- Cerca di valorizzare l'appartenenza dei singoli individui a organizzazioni sociali (cooperative
agricole, associazioni di professioni). In questo caso c'è innovazione istituzionale, i regimi
corporativi creano dei ‘parlamenti corporativi’, nuove agenzie dello Stato che si pongono
come camere di deliberazione, di conciliazione, si basa su un singolo settore - con anche
sindacati verticali, gruppi sindacali competenti per ogni singolo settore → che però non
riescono a mobilitare la partecipazione

IL REGIME CIVILE
- Coalizione dominante: partito unico/egemonico - situazione in cui c'è un solo partito che non
accetta s danti: alle elezioni le formazioni che sono in competizione non sono riconosciute
come partiti (non ammesse oppure ammesse con forti restrizioni) quindi il partito unico e la
forma sostanziale del potere nelle mani di una coalizione che si identi ca con l'Elite del partito.
L'Elite del partito comanda, il leader del partito la gura più importante nel programma politico
(capo dello Stato)
- Mentalità/ideologia: in questo caso può essere importante: il partito ha la necessità di avere un
consenso. Mentre per altri tipi se non c'è il consenso si ottiene attraverso la repressione, in
questo caso il partito ho bisogno almeno di ngere di vincere le elezioni. Mentalità, ideologia
costituisce l'incentivo positivo per obbedire al partito, per dare legittimità al partito unico.
Partito non si deve sforzare troppo nell'apparato di repressione, perché la coalizione dominante
è civile, tra repressione e incentiva importanti puntare su incentivi.
- Mobilitazione dall'alto: importante e frequente, non necessariamente di successo.
- Strutturazione del regime: elevata, il partito penetra nelle strutture del regime, ne crea di nuove,
propone riforme istituzionali.
Diversi tipi, esempi di partito unico
• Mobilitazione post indipendenza: coloro che, acquisita l'indipendenza, scrivono una costituzione
e strutturano un sistema politico. Il partito unico in questi Stati è l’evoluzione di quei gruppi di
combattenti dei movimenti rivoluzionari (→ movimento di liberazione nazionale) vince le elezioni
perché l'unico disponibile, già organizzato, con ideologia già pronta - nazionalista.
• A base religiosa: partito unico che ha come ideologia la versione politica che discende dalla
religione. Leadership del partito unico: leadership del clero, che dispone di un buon apparato
ideologico per portare le persone a sostenere il regime: la religione. Possiede anche una
struttura di mobilitazione molto articolata (scuole coraniche) → base sociale condivisa elevata,
innovazione istituzionale → per renderla più coerente con la visione della religione.
• Fascista di mobilitazione: autoritario o totalitario? Partito unico: fascista, mentalità semplice:
ducia nel leader, leader carismatico (patria, ordine, grandezza, prestigio) ideologia nazionalista
frequente mobilitazione dall'alto, strutturazione della vita della persona (gioventù fascista).
Strutturazione del regime: costituisce strutture all'interno dello Stato che prima non esistevano,
agenzie ecc.

IL REGIME TOTALITARIO
ELEMENTI CARATTERIZZANTI (in comune con autoritarismi)
• Pluralismo limitato → forma del partito unico, presenza invadente
• Presenza di poche persone al potere → una sola e carismatica in questo caso
IN AGGIUNTA:
• Partito unico di massa → Struttura capillare, che si rami ca sul territorio ed è gerarchizzata
→ Struttura che rimpiazza quella dello Stato. Ci si vuole sostituire
presenza invadente
CONSEGUENZE: chi comanda davvero comanda perché è il segretario del partito (non
presidente) i ruoli decisionali sono quelli del partito (non Stato) lo Stato diventa una cinghia di
trasmissione: il partito decide e i ministeri attuano. Confusione per i cittadini: tutte le strutture che
forniscono servizi vengono duplicate (non si sa a chi rivolgersi)
• Terrorismo di Stato: il partito ha bisogno di un nemico oggettivo, qualcuno deve essere per sua
natura un avversario (esempio: regime nazista → ebrei). È lo Stato che de nisce chi è nemico:

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perché? Così si proietta contro il nemico tutta l’opposizione, forma persuasiva per generare
consenso.
• Terrore permanente: nessuno è al sicuro, non si sa mai quale sarà il nemico domani - non
soltanto repressione ma terrorismo.
• Ideologia di trasformazione sociale, escatologia positiva e ideologia del regime è quella di
eliminare i parassiti della società per renderla migliore e il compito dei cittadini è quello di aiutare
il partito a portare avanti questa missione. visione utopistica. Coinvolgimento attivo delle
persone: mobilitazione di grandi valori.
• Alto livello di mobilitazione, partecipazione di massa. Il partito renderà lo stato pulito → c'è
bisogno di una rivoluzione di tutti, delle singole coscienze.
• Esercizio del potere imprevedibile → il potere è arbitrario, il partito decide quello che vuole

Il fascismo è autoritario o totalitario?


L’esperienza fascista può essere de nita totalitaria? Gentile dice di SI. Se noi guardiamo alle
ambizioni del fascismo, quello che Mussolini voleva fare, troviamo tutto: partito fascista, con tutte
le sue diramazioni, strutturazione della vita sociale (balilla, camicie nere) mobilitazione, consenso.
Gentile dice che ci sono degli elementi per a ermare che il fascismo è stata la via italiana al
totalitarismo perché la logica di funzionamento e di giusti cazione dell’azione del regime fascista
era questa, semplicemente non è arrivata al grado di completezza e di successo di questo
obbiettivo totalitario.
Per i politologi (Fisichella) ci sono queste tendenze totalitarie ma il fascismo ha fallito, non è
riuscito a conseguire quei risultati necessari per quali carlo come totalitario, in particolare:
• partito fascista non è riuscito ad annullare lo stato, sono rimasti degli organi statali fuori dal
controllo fascista (es. Monarchia)
• ruolo attivo della chiesa come attore sociale
• il processo di modernizzazione dello stato che è avvenuto in Italia è avvenuto più lentamente
• è mancato il nemico oggettivo (terrorismo di stato), la cosa più vicina a cui si è arrivati sono
state le leggi razziste.
Tra due estremi il fascismo si avvicina di più al regime autoritario.

IL REGIME POST-TOTALITARIO
Stati che hanno vissuto un allontanamento dall'esperienza della stalinizzazione (discorso di
Krusciov del 1956)
ELEMENTI CARATTERIZZANTI
• = al precedente regime: pluralismo politico limitato → pluralismo sociale
ci sono dei gruppi economici, degli attori istituzionali che si a rancano dal partito, avanzano
delle pretese, delle richieste, e il partito cerca di fare delle concessioni, si divide in correnti, ci
sono più teste che comandano (anche in competizione tra loro)
- il pluralismo politico è limitato, quello sociale meno.
- partito unico al potere, ma l'interno è diviso. Per esempio alcuni vertici sono ancora
indottrinati, altri più o meno distaccati dalla dottrina - con agenda politica diversa
• ≠ dal precedente regime: pluralismo sociale/istituzionale tollerato, ritorna.
La capacità dell'ideologia di attrarre consenso cala → mobilitazioni rimangono puramente di
facciata, non viene più richiesto uno slancio rivoluzionario (basta professarsi comunista)
→ tutte queste di erenze mettono in di coltà la leadership del partito → bisogna ascoltare e
accontentare qualcuno che prima neanche si faceva sentire: regimi si impegnano nel fare le
riforme economiche sociali
TIPI DI POST-TOTALITARISMO

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IL REGIME SULTANISTICO
ESPONENTI: non soltanto quelli chiamati emiri e sultani
ELEMENTI CARATTERIZZANTI: alcuni elementi sono uguali ai regimi autoritari, altri diversi
• = al regime autoritario: non c'è un'ideologia che legittima il potere, la coalizione dominante
ristretta non sta al potere ‘grazie’ all’ideologia, ci sono altre motivazioni, non di carattere ideale.
- Pluralismo limitato dal sultano
- Non c'è mobilitazione, partecipazione politica attiva
• ≠ dal regime autoritario: non c'è una mentalità speci ca, questi regimi non ne hanno bisogno
perché si basano sul patrimonialismo e patronage
- Patrimonialismo → disponibilità di un patrimonio, il sultano è in grado di porre meno la
distinzione tra capitale privato e pubblico: i soldi dello Stato sono i suoi soldi (non ruba allo
Stato, quasi il contrario). Il sovrano dispone di una ricchezza propria e questa ricchezza gli
permette di disporre dell'autorità pubblica. Non ci sono le tasse: l’emiro prende più soldi
dalla sua fonte di rendita che dalle tasse dei cittadini → non c'è mobilitazione sociale per
questo
- Patronage → rapporto di clientela, scambio individualistico. Il leader piazza i suoi amici stretti
e familiari nelle posizioni apicali dello Stato → permette il controllo della macchina statale
→ fedeltà

IL REGIME IBRIDO O DI TRANSIZIONE


Hanno alcune caratteristiche dei regimi democratici e anche caratteristiche non democratiche.
2 traiettorie → stati democratici dove il pluralismo si restringe
→ stati non democratici che avviano un processo di allargamento della coalizione
dominante
Più partiti si presentano alle elezioni ma le lezioni non sono libere. Alcuni dicono che si tratta
semplicemente di una fase di passaggio però se si pensa alla Russia (da 15 anni regime ibrido)
la transizione è durata un po' troppo a lungo.
CARATTERISTICHE
• Coalizione dominante indebolita → nascono opposizioni
• Mentalità/ideologia assenti → non funzionano
• Mobilitazione assente → come capacità di repressione
• Strutturazione del regime scarsa → poche riforme

→ situazione di stallo perché ci sono alcuni attori che costituiscono dei veto player: attori che
impediscono una transizione completa

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I REGIMI DEMOCRATICI
INTRODUZIONE tutti i regimi democratici hanno degli attriti. In democrazia ci sono delle
contraddizioni, deve superare dei dilemmi
→ Chi governa deve conciliare cooperazione e con itto. Avremo partiti, gruppi che tra loro
propongono delle agende politiche diverse: pura competizione, con itto che in democrazia viene
risolto negoziando.
Questo con itto è possibile solo se c'è un accordo alla base (accordo sulle regole): e parti devono
concordare sul fatto che accetteranno il risultato anche quando a loro non va bene.
→ Aspetto fondamentale dei regimi democratici: le regole sono concordate, accettate:
accettazione paci ca delle controversie
Tutte le parti concordano che è meglio subire un risultato negativo piuttosto che venir meno alle
regole (cioè non avere pace)
• La democrazia nella forma più semplice è il governo della maggioranza, che è reso possibile
dalle minoranze. Non è vero che la maggioranza può fare quello che vuole → ci sono dei limiti,
le decisioni della maggioranza devono tutelare la minoranza
• Tensione tra trasparenza e segretezza → chi prende le decisioni deve esserne responsabile
• Tensione tra Welfare (serie di ambiti politici che riguardano sanità, istruzione, ecc)
e Warfare (spese per la difesa). Come allocare le risorse? Entrambe le spese sono fondamentali
• Tensione tra libero scambio e protezionismo → il problema riguarda la politica commerciale.
Il libero commercio è più e cace della regolamentazione, rientra nel DNA della democrazia ma
si scontra con un'altra esigenza → la tutela dei gruppi economici locali.
→ la globalizzazione ha prodotto questo problema, il compito delle democrazie è bilanciare i
due estremi
APPROCCI DIVERSI
• FORMALE/COSTITUZIONALE → la costituzione permette di stabilire se uno Stato è una
democrazia → c'è scritto dentro. Questo approccio non riscuote molto successo, era utilizzato
nella prima metà del secolo. Permette soltanto da un punto di vista istituzionale di capire se ci
sono delle istituzioni democratiche. Non ci dice se questo funziona davvero in modo
democratico.
• SOSTANZIALE/FATTUALE → guarda il risultato del processo politico, per esempio se la ricchezza
è distribuita equamente. Se la giustizia e l'apparato amministrativo funzionano è uno stato
democratico. Problema: questo fa vedere il risultato a valle della politica, non dice se questo è il
risultato di un processo democratico
• PROCEDURALE (approccio preferibile) → identi ca alcuni processi che devono essere presenti
perché il regime risulti democratico. In un regime democratico ci interessa vedere che oltre alla
forma (costituzione) ci deve essere anche un certo contenuto dei processi politici.
Osserva i meccanismi di funzionamento ma ne richiede anche dei contenuti
DEFINIZIONE MINIMA DI DEMOCRAZIA
È democratico un regime in cui sono presenti:
1. Elezioni libere, competitive, corrette e ricorrenti
2. Su ragio universale
3. Inclusione delle cariche politiche nel processo democratico.
4. Autonomia di istituzioni e processi da poteri esterni
5. Logica di inclusi vita-nessuno escluso
6. Pluralismo partitico e garanzia di competizione
7. Libertà di espressione, associazione e diritti della persona
8. Fonti di informazione molteplici e alternative
→ Devono essere presenti tutti in una democrazie a, se manca anche solo uno il regime non è
puramente democratico
TIPI E MODELLI DI DEMOCRAZIA
Democrazia diretta → referendum: singolo elettore è chiamato a prendere la decisione
VS → elemento discriminante: modalità di partecipazione politica
Democrazia rappresentativa (indiretta) → partecipazione avviene attraverso la scelta del decisore
→ distinzione permette di distinguere tra un ambito micro (diretta) e macro (indiretta)
Limite euristico - non è discriminante

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TIPOLOGIA DI LIJPART → proponi di distinguere le democrazie in base a due criteri
1. omogeneità della cultura politica
2. propensione dell’élite al compromesso

MODELLI ‘POLARI’ DI LIJPART


Principio maggioritario (basta la maggioranza minima) VS principio consensuale (per prendere le
decisioni è necessario il massimo consenso possibile → belgio)
Di erenze a livello di:
• Governo e partiti
1. Concentrazione dell’esecutivo
2. Relazioni governo-parlamento
3. Sistema dei partiti
4. Sistema elettorale
• Assetto istituzionale
1. Accentramento amministrativo
2. Tipo di bicameralismo
3. Forma della costituzione
4. Controllo di costituzionalità delle leggi
2 MODELLI POLARI : MODELLO WESTMINSTER MODELLO CONSENSUALE
governi monopartitici governi di coalizione
predominio del governo predominio del parlamento
sistema bipartitico sistema multipartitico
sistema maggioritario sistema proporzionale
accentrato e unitario federalismo
asimmetrico simmetrico
consuetudinaria scritta
NO judicial review corte costituzionale

CONDIZIONI PRE-POLITICHE
• Variabili economiche
- Sviluppo economico (lipset): le possibilità di sviluppo della democrazia sono legate allo
sviluppo economico, ci deve essere un certo livello di ricchezza a nché le istituzioni di un
paese diventino democratiche. In democrazia potere politico e economico si bilanciano.
La democrazia si è sviluppata in Europa perché aveva stati più ricchi (nel 700). Maggiore sarà
il Pil di un paese, maggiore sarà il suo grado di democraticità.
- Assenza di diseguaglianze economiche estreme: perché un paese possa diventare
democratico, la ricchezza deve essere distribuita. Se l'1% della popolazione detiene l'80%
della ricchezza (per esempio), si innescano dei processi politici contrari alla democrazia.
Le masse si disa ezionano alla politica oppure protesta violenta
• Variabili sociali
- Pluralismo sociale: è più facile che la democrazia si sviluppi dove c'è un'ampia articolazione
e di erenziazione di gruppi sociali. La società riesce ad esprimere tanti gruppi diversi.
- Alto livello di alfabetizzazione: maggiore probabilità di democrazia. Perché: l’alfabetizzazione
favorisce domanda di informazione e capacità di distinguere le notizie vere da quelle false.
• Variabili culturali
- Ci sono dei valori che sono propizi per la democrazia?
- Cultura civica partecipante: s ducia nelle istituzioni, impegno civile, ecco
- Propensione dell'Elite al compromesso (Elite politiche)
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• Variabili storiche
- Origini europee della democrazia: la democrazia è uno dei momenti di evoluzione dello Stato
in Europa

DEMOCRATIZZAZIONE
Il contributo di Dahl: 3 possibili sequenze di riforme istituzionali che hanno permesso alla
maggior parte degli Stati europei di diventare democrazie prima degli altri.
→ 3 sentieri caratterizzati da 2 processi diversi. Perché è uno stato da egemonia chiusa diventi
una democrazia, devono essere presenti questi due processi: accettazione della competizione,
ampliamento della partecipazione politica
→ perché alcuni stati hanno avviato il processo di democratizzazione prima seguendo un
processo piuttosto che un altro, questi due processi diversi hanno portato a soluzioni intermedie:

CONTRIBUTO DI SAMUEL HUNTINGTON: Conta nel corso della storia quante sono state le
democrazie negli anni: ci sono stati dei momenti negli ultimi due secoli che hanno visto
un'espansione del numero di democrazie a cui hanno seguito dei momenti di contrazione.
- 1ª ondata (1828-1918): picco → 29 democrazie (forma di governo + di usa), causa di natura
socio-economica. Industrializzazione → società più complessa
1º ri usso (1922-1942): crollo → 12, ascesa di estremismi e totalitarismi
- 2ª ondata (1945- metà anni ’60) → 36 democrazie, stati che prima erano colonie diventano
democrazie
2º ri usso (metà anni ’60 - metà anni ’70) → 30, dovuto alla fragilità degli stati
- 3ª ondata (1974- primi anni 2000) → 58, rivoluzione democratica in Portogallo che si di onde
3º ri usso (metà anni 2000) → alcuni stati rimangono autoritari (ri utano la democrazia), altri
stati non superano alcuni problemi interni - guerre civili

4 FASI DEL PROCESSO DI COSTRUZIONE DELLA DEMOCRAZIA


1. CRISI DEL PRECEDENTE REGIME NON DEMOCRATICO
3 scelte politiche: repressione
liberalizzazioni - piccole libertà, concessioni
diversionary war - guerra per distrarre l’attenzione
Quando queste 3 non funzionano → il regime va in crisi → c’è una TRANSIZIONE
2. TRANSIZIONE
→ regime ibrido: elementi democratici e non democratici insieme
vengono riconosciute, formalizzate alcune prassi del regime democratico
si crea una tensione → gruppo (vecchia coalizione dominante)
→ nuovo gruppo che avanza
il regime in fase di transizione deve dialogare con i partiti di opposizione
la transizione può essere graduale oppure discontinua → in questo caso: evento traumatico
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3. INSTAURAZIONE
Le varie componenti devono trovare un nuovo accordo → problema
→ processo di allargamento e riconoscimento completo dei diritti civili e politici → costituzione
delle principali istituzioni statali
→ costitution building - quali sono i meccanismi di funzionamento dello Stato, forze nuove e
vecchie si devono mettere d'accordo (forma presidenziale o parlamentare ecc)
Chi decide quali sono gli attori? Esterni e interni (più importanti gruppi che erano
all’opposizione)
Serve una nuova coalizione dominante che sia inclusiva
→ la fase nale di questo processo si realizza con le prime elezioni libere e competitive
→ 3 problemi da risolvere: Dare una forma al con itto di classe → garantendo l'accesso ad alcuni
partiti
Partecipazione di massa → grazie ai partiti numerosi
Continuità/discontinuità con il vecchio regime → scelte da calibrare dai
nuovi attori
4. CONSOLIDAMENTO (1 dei possibili esiti del processo)
Processo di de nizione nei suoi caratteri essenziali e di adattamento in quelli secondari delle
strutture e norme democratiche innescato dal trascorrere del tempo
→ cambiano tante cose: capacità dei partiti di ottenere consenso, nascono nuovi partiti, alcuni
dei vecchi partiti scompaiono
→ democrazia deve essere in grado di mantenere la propria capacità operativa, strutture e norme

COME SI CAPISCE SE AVVIENE IL CONSOLIDAMENTO?


Se rimane democrazia per tanti anni, c'è il consolidamento
Non è soltanto un caso, la democrazia è sempre s data
2 PROCESSI CHE SI COMPENSANO A VICENDA
• Legittimazione: tutti i principali attori mantengono il sostegno alle istituzioni democratiche, i
partiti devono accettare di essere soggetti alle regole della democrazia
- la legittimazione avviene in quattro processi: compromesso democratico (tutela minoranze)
rispetto della legalità (leggi sopra tutto)
neutralità dei militari
gruppi imprenditoriali
I centri di potere autonomo devono accettare che i loro interessi dipendono da attori politici
• Ancoraggio: quattro ancore: compensano la mancanza di legittimazione
- partiti di usi e disponibili ovunque per i cittadini
- gruppi di interesse (sindacati eccetera)
- rapporti clientelari (scambio di favori pubblico privato)
- assetti neo-corporativi → modalità di gestione del con itto sociale
Questi meccanismi non giovano all'e cienza dello Stato

PARTITI E SISTEMI DI PARTITO


DEFINIZIONE DI PARTITO POLITICO → 2 problemi nel trovarla
1. Terminologico: I partiti a volte si occultano, usando nomi diversi (alleanze, raggruppamenti,
movimenti, leghe), d'altra parte abbiamo delle organizzazioni che non sono partiti ma hanno
degli aspetti propri dei partiti: problema di de nire l'ambito empirico dei nostri referenti.
Bisogna trovare una de nizione di partito che possa adattarsi a tutti i partiti politici e solo a
quelli.
2. Di erenze tra contesto democratico e non democratico: la de nizione di partito deve essere
sensibile a questa di erenza. I partiti sono uno strumento funzionale alla democrazia - non
può essere anche funzionale alla non-democrazia
DEFINIZIONE DI GIOVANNI SARTORI: “qualsiasi gruppo politico identi cato da un'etichetta u ciale
che si presenta alle elezioni ed è capace di collocare attraverso le elezioni (libere o no) candidati
alle cariche pubbliche.”
5 CARATTERISTICHE CONTRADDISTINGUONO IL PARTITO POLITICO
1. Carattere associativo: il partito presuppone che venga concesso il diritto di associazione
2. Condivisione di principi e valori: non solo espressione di un interesse particolare, ma ha una
visione del bene comune

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3. Organizzazione stabile: all'interno del partito ci sono gure istituzionali create dalla
partecipazione al partito. Chi fa parte del partito ha anche un ruolo
4. Partecipazione volontaria: visione comune tra eletto e lettore. Candidati identici agli elettori
5. Finalità → occupare cariche elettive: paci camente, tramite le elezioni
FUNZIONI DEI PARTITI: 3 funzioni di input → rappresentative, 3 funzioni di output → di governo
INPUT: permettono al partito di fungere da canale attraverso cui le istanze della società arrivano al
decisori politico. Legate alla rappresentazione politica.
‣ Aggregazione degli interessi e delle domande politiche - selezione e coagulazione degli interessi
‣ Strutturazione del voto - cambiamenti tra tornate elettorali più gestibile
‣ Socializzazione politica - partiti promuovono l'integrazione delle persone nelle strutture politiche
OUTPUT:
‣ Reclutamento dei governanti - il partito seleziona, premia e punisce il personale e i candidati
che si dimostrano più o meno preparati
‣ Partecipazione alla formulazione delle policy
‣ Controllo sul governo - i partiti hanno una funzione importante anche quando sono
all'opposizione, rendere responsabile la maggioranza
ORGANIZZAZIONE INTERNA 3 elementi/componenti comuni a tutti i partiti
• Apparato: amministrativi, stipendiati dal partito per svolgere i processi interni al partito
• Gruppo parlamentare: deputati/senatori → persone che vengono elette, non devono il loro
stipendio al partito ma alle istituzioni
• Iscritti: attivisti, danno un contributo indiretto
Gli interessi dei gruppi possono essere in una tensione latente: quello che è utile per il
parlamentare potrebbe essere contrario per gli iscritti all’apparato. Questa tensione latente
comporta una serie di contraddizioni (o dilemmi).
3 CONTRADDIZIONI o dilemmi:
‣ G.P. vs I. → e cacia dell'azione politica vs democrazia (all'interno del partito). Il gruppo
parlamentare può avere interesse a compiere le scelte contrarie al volere degli iscritti
‣ G.P. vs A. → coesione vs fazionalismo. L’apparato chiede la coesione del partito per garantire
ordine all'interno della piattaforma elettorale vs esigenza di votare secondo la propria
coscienza, volontà. Il deputato deve essere libero di decidere
‣ A. vs I. → controllo del tessuto sociale. L'apparato ha esigenza di raccogliere gli interessi e
incrementare il proprio consenso, al tempo stesso gli scritti chiedono di vedere recepiti i propri
bisogni.
Questi dilemmi portano a un equilibrio sempre mutevole. Più il partito è sfruttato, più l'apparato è
legittimato dagli scritti, più questo avrà un potere decisionale a scapito del gruppo parlamentare.
LA NASCITA DEI PARTITI
- APPROCCIO CULTURALE
• Partiti a origine interna (Duverger) e partiti di notabili (Weber): nascono all'interno del
parlamento e sono datati a quando ancora il su ragio era ristretto. Il parlamento ha una certa
pluralità al suo interno e quindi i parlamentari si dividono in gruppi ideologicamente omogenei.
Si sviluppa quando queste fazioni all'interno del parlamento hanno bisogno di strutturarsi sul
territorio: garantirsi il voto. Questo diventa un problema importante man mano che si allarga il
su ragio: si strutturano dei can comitati elettorali cioè organizzazioni che servono soltanto
durante le elezioni.
• Personale prestato alla politica
• Dotato di risorse autonome
• Attività politica saltuaria
• Partito origine esterna (Duverger) e partiti di massa (Weber): si sviluppa al di fuori del
parlamento, nella società, spesso da organizzazioni con vocazione antiparlamentare, partiti
che nascono come sindacati (organizzazioni di operai), gruppi clandestini o organizzazioni
religiose o paramilitari. Arrivano in parlamento dopo l'estensione del su ragio. Tentativo di
associazioni non partitiche di partecipazione alle elezioni
• Politici di professione
• No risorse proprie
• Attività politica permanente → politica si basa su un’attività di reclutamento o propaganda

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4 STADI EVOLUTIVI
• Inizi 1800: partiti a origine interna (esempio Gran Bretagna)
• Metà 1800: i partiti cominciano a strutturarsi su base nazionale → comitato
• Fine 1800: emergere dei partiti di massa → sezione - struttura aperta, non si basa soltanto su
quell’elite, ma cerca più iscritti possibili; permanente, ma organizzazione centralizzata
• Post prima guerra mondiale: partiti estremisti (sempre di massa) hanno come base la cellula
(gruppo ristretto di persone con natura clandestina) o milizia (associazione di combattenti o ex
combattenti, con certa gerarchia)
- APPROCCIO GENETICO
‣ Convergenza e variazioni tra partiti in Europa: quattro fratture
• Formazione dello stato/nazione
1.Centro//periferia - in tensione: capitale, regioni che si devono adattare
2.Stato//chiesa - Stato sottrae alla chiesa alcune competenze
• Rivoluzione industriale
3.Campagna//città - latifondisti contro imprenditori. Problema: politiche economiche →
protezionismo vs liberalizzazione
4.Borghesia//operai

1. → partiti etno-nazionalisti
2. → partiti confessionali vs liberali
3. → partiti agrari vs liberali/radicali
4. → partiti socialisti (sx) vs conservatori (dx)

EVOLUZIONE DEI PARTITI


Partito pigliatutto → post seconda guerra mondiale la la ricchezza è maggiore e più distribuita.
Nella competizione i partiti perdono il rapporto di base con l'elettorato
Vuole più elettori possibili (anche di gruppi sociali non a ni)
Struttura organizzativa → gruppo dirigente
Modalità di nanziamento → lobby e iscritti (donazioni dei privati)
Proprietà dell'Elite → professionista della politica
Rapporto con elettori → saltuario
Finalità → attirare elettori eterogenei
IL PARTITO DIVENTA UNA MACCHINA ELETTORALE
Partito professionale-elettorale → Panebianco: evoluzione che risale alla ne degli anni ’60/’80,
dagli anni ’60 in poi c'è una grande trasformazione nei mezzi di comunicazione
Struttura organizzativa → prevalenza e parlamentari
Modalità di nanziamento → lobby e fondi pubblici
Proprietà dell'Elite → nuove gure professionali
Rapporto con elettori → saltuario
Finalità → attirare elettori eterogenei
Partito mediale-personale → anni ’90, Italia, trova il riferimento in Forza Italia.
Cambiamenti incrementali: televisione conta per vincere → partito mediale buona parte delle sue chances
sulla gura del leader carismatico. (Berlusconi = Trump)
Struttura organizzativa → centralità del leader
Modalità di nanziamento → risorse private
Proprietà dell'Elite → leader carismatico
Rapporto con elettori → permanente
Finalità → attirare elettori eterogenei
Cartel party → i partiti formano un cartello (nel senso economico) cioè i produttori invece di competere tra
loro si mettono d'accordo, a scapito dei consumatori → stessa cosa con i partiti
Struttura organizzativa → prevalenza parlamentari
Modalità di nanziamento → fondi pubblici
Proprietà dell'Elite → professionisti della politica
Rapporto con elettori → saltuario
Finalità → ottenere fondi pubblici

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IL SISTEMA DEI PARTITI
Il complesso di interazioni tra i partiti stessi e l'ambiente esterno

Per essere nello stesso sistema i partiti avranno un certo tipo di rapporto. Il successo individuale
di una persona dipende dal contesto esterno → = per i partiti: alcuni comportamenti dipendono
dal fatto che ci sono dei vincoli, necessità o incentivi che sono dati dal contesto
FRECCE: ci dicono come partiti si rapportano tra loro (allora alleanza o competizione)
L'arena dei partiti è un elemento del meccanismo che vede delle istanze, bisogna partire da degli
attori sociali, poi essere rielaborati dai partiti, e da ultimo portare degli outcome.
COMPORTAMENTI DEI PARTITI
Coalizione di governo: → perché in alcuni Stati i partiti si coalizzano per formare il governo,
mentre in altri Stati no? → Perché in alcuni Stati le coalizioni di governo sono solide e in altri stati
molto instabili?
Un attore fa una cosa scorretta perché gli conviene farlo. È il sistema, l'ambiente esterno che lo
costringe a comportarsi così. Un partito che fa alleanza con il partito sbagliato anche se in realtà
sono molto a ni tra loro, poi dopo non riesce esprimere il proprio interesse, quindi non svolge il
suo ruolo.
2 punti centrali per capire com’è fatto un sistema partitico: → come contare i partiti rilevanti?
→ Che tipo di relazioni intercorrono tra partiti?
COME CLASSIFICARE I SISTEMI DI PARTITO?
- In base al numero di partiti rilevanti (+ deputati) - Duverger, 1951
‣ Sistemi monopartitici → un solo partito con maggioranza
‣ Sistemi bipartitici → la maggioranza dei deputati è divisa tra due partiti
‣ Sistemi multipartitici → 30+ partiti rilevanti → maggior parte dei sistemi
→ CRITICHE E PROBLEMI:
• Come si contano i partiti rilevanti? Non basta contare il numero dei deputati. La proporzione
di voti può essere variabile: può essere 30/30/30 o può essere 40/40/20 → c’è di erenza
‣ Frazionalizzazione: indice che misura la distribuzione dei voti tra i partiti rilevanti
• La categoria ‘sistemi multipartitici’ raccoglie tanti paesi tra loro molto diversi → bisogna
capire qual è la di erenza
RISPOSTA: Sartori dice: ok partire dalla grandezza elettorale, però bisogna distinguere + criteri: il
formato del sistema dei partiti ma anche la meccanica. Però potrebbero esserci dei partiti piccoli
(2%) che potrebbero essere molto importanti → se ha potenziale di ricatto o potenziale di
coalizione
POTENZIALE DI RICATTO/INTIMIDAZIONE: partito molto piccolo ma in grado di condizionare il
comportamento di un partito più grande (partiti che si pongono all'estremo del sistema politico
come dei magneti) vince pochi voti ma può rubarne ad altri partiti
POTENZIALE DI COALIZIONE: partito con pochi deputati ma fondamentali per la maggioranza di
governo.
Bisogna poi aggiungere la distanza ideologica tra i partiti. Che tipo di interazione si instaura tra i
partiti?
Combinando numero di partiti e distanza
ideologica emergono:
nei sistemi DEMOCRATICI: →
Nei sitemi NON DEMOCRATICI:
• Sistemi monopartitici
• Sistemi a partito egemonico
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I GRUPPI DI INTERESSE
Organizzazioni come i sindacati e le associazioni imprenditoriali che, pur non partecipando
direttamente al processo di gestione della politics (il processo decisionale) costituiscono come i
partiti il canale attraverso cui vengono veicolati gli input provenienti dalla società.
La loro presenza nella storia dei sistemi democratici diventa importante dopo la Prima Guerra
Mondiale perché, a seguito di questo evento, gli Stati sono costretti a riconoscere la legittimità e
l’autorità di questi gruppi mediante il diritto d’unione → diritto di associarsi in gruppi che è dal
diritto di associazione che è il diritto di fare dei partiti
Durante la guerra questi gruppi, ed in particolare i sindacati, svolgono un ruolo fondamentale:
mantengono l’ordine, tenendo sotto controllo il dissenso operaio, e di conseguenza
contribuiscono a mantenere alto il livello di produzione.
La Prima Guerra Mondiale è stato il primo evento bellico che ha coinvolto tutto il Globo e gli Stati
sono stati costretti a chiedere alla loro popolazione non soltanto uno sforzo militare, ma
soprattutto uno sforzo in termini di produzione, specialmente bellica: donne, bambini e anziani,
insieme a chiunque altro non fosse stato arruolato, venivano assegnati al settore delle industrie. In
questa fase i sindacati acquisiscono una posizione chiave nella difesa degli interessi dei
lavoratori, superiore anche a quello dei partiti (non ancora di massa), ottenendo così un potere
negoziale, vengono cioè presi seriamente sia dallo Stato sia dagli operai stessi.
Proprio per la loro importanza, è sorta già a partire dal secolo scorso una letteratura abbondante
che si occupa di studiare i gruppi di interesse.

DEFINIZIONE DI GRUPPO DI INTERESSE


È di cile risalire ad una de nizione precisa di gruppo di interesse, perché questo è spesso
associato anche ai termini “gruppo di pressione” o “lobby”.
Gruppi di interesse gruppi di pressione
→ gruppi di interesse: capacità del gruppo di articolare un interesse senza assumere cariche
governative
→ gruppi di pressione: enfasi sulle strategie adottate per convincere il decisore politico ad
assecondare l’interesse.
→ lobbies e lobbying: processo di comunicazione che coinvolge i rappresentanti del gruppo di
interesse che si fanno portavoce di speci ci interessi davanti al decisore politico.
Le lobbies sono quindi un sottogruppo dei gruppi di interesse → adottano delle strategie dirette
nei confronti del decisore politico.
Noi parliamo di gruppi di interesse intendendo una dimensione associativa: per rientrare in questa
de nizione, un soggetto dovrebbe disporre di una membership ben de nita. In realtà nella
de nizione di gruppi di interesse bisognerebbe comprendere anche gruppi formati da un solo
attore, come appunto un’industria, e non da un’unione.
→ Un gruppo di interesse è un’associazione formale di individui o di organizzazioni, ma anche
un’istituzione pubblica o privata, che cerca di in uenzare a proprio favore le politiche pubbliche
senza assumere responsabilità governative.
L’associazione può essere costituita da più persone rimanendo sempre all’interno dello stesso
contesto (es. industria) o da più organizzazioni (es. Con ndustria). Inoltre, non necessariamente è
privata, proveniente cioè dalla società: esistono infatti anche sindacati di apparati
dell’amministrazione statale, come sindacati della polizia o dei magistrati. Il gruppo di interesse si
de nisce quindi in base all’obiettivo, ossia cercare di portare le proprie istanze alla politica senza
ricoprire cariche di governo: proprio quest’aspetto lo di erenzia dal partito.
Le caratteristiche che de niscono un gruppo di interesse sono:
• La presenza di un’organizzazione formalizzata → il gruppo di interesse deve avere una struttura
ben de nita e essere gerarchicamente organizzato. Dev’esserci un organo di leadership ed un
apparato amministrativo.
• L’aggregazione per lo più volontaria → la partecipazione è libera e non è prevista retribuzione
per la maggior parte dei partecipanti, il lavoratore iscritto al sindacato non percepisce

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retribuzione. Il sindacalista di professione che ha cariche burocratiche è stipendiato. Vi sono
però alcuni Paesi, seppur pochi, in cui la partecipazione a gruppi di interesse è obbligatoria.
• Lo scopo è in uenzare senza decidere → lo scopo è in uenzare il decisore politico senza
entrare a far parte del governo o accedere al Parlamento

TIPOLOGIE DI GRUPPI DI INTERESSE


I gruppi di interesse possono essere classi cati in base all’interesse che vogliono assecondare:
1. Gruppi sezionali o economici: hanno interessi di natura economica, riguardano un determinato
settore del tessuto produttivo. Ne fanno parte le associazioni sindacali ed imprenditoriali che si
scontrano nel processo di formazione di politiche economiche. (es. i tre principali sindacati
italiani CGIL, CISL e UIL, che coprono diversi settori lavorativi. Con ndustria invece è legata al
settore industriale ma comprende più aziende)
2. Gruppi per una causa o promozionali: hanno interessi per cultura, ricreatività e volontariato,
scopo di difendere cause particolari, 3 tipi:
• Gruppi di interesse pubblico → condividono un determinato valore. No scopo economico
ma condividono un valore (es. la difesa dell’ambiente o diritti umani) Nascono come ONG
ma possono essere de niti gruppi di interesse
• Gruppi identitari → gruppi religiosi e gruppi di difesa dei diritti, la comunità LGBT è un
esempio. Lo scopo è convincere il decisore politico ad emanare leggi che li tutelino, in
questo caso però non si tratta di un interesse pubblico ma di difendere i componenti di un
determinato gruppo attraverso la promulgazione di determinate leggi.
• Gruppi localistici o NIMBY → condividono interessi di tutela di un territorio. NIMBY = Not In
My Backyard. gruppi circoscritti anche geogra camente. Storicamente hanno una
denotazione negativa in quanto si oppongono alle autorità politiche ed alle decisioni.
3. Gruppi per interessi istituzionali → interessi riguardanti la dimensione pubblica (associazioni
che tutelano le risorse umane dello Stato: sindacati militari, della polizia e dell’università.

La società civile, ampia e frammentata, è in grado di esprimere migliaia di questi tipi di gruppi
d’interesse.

Un caso a parte che meriterebbe attenzione è dato dai movimenti sociali, un fenomeno
attualmente rilevante ma non del tutto nuovo.
→ I movimenti sociali sono delle reti di interazione prevalentemente informali, basate su credenze
condivise e solidarietà, che si mobilitano su tematiche con ittuali attraverso un uso frequente di
forme di protesta.

Essendo delle reti, creano legami solitamente temporanei. Sono informali: non presentano
un’organizzazione stabile come quella dei gruppi di interesse: non sono necessari un’iscrizione o il
possesso di una tessera per farne parte.
L’elemento coagulante di questi movimenti è un sentimento di solidarietà, una convinzione e
un’ideologia comune: talvolta mettono insieme anche interessi diversi, andando oltre a quelli dei
singoli iscritti. L’interesse del singolo simpatizzante è in realtà una piccola porzione rispetto
all’interesse complessivo del movimento sociale.
In ne, le istanze su cui si mobilitano sono tendenzialmente tematiche con ittuali, cioè fanno
proteste anti-politica: promuovono dei modelli alternativi per la società e per il sistema politico in
generale.
Sono diversi dai gruppi di interesse: non mirano semplicemente a rappresentare un interesse, ma
hanno una visione rivoluzionaria. Inoltre, la forma più frequente di pressione da loro esercitata è la
protesta, che si esplicita nell’azione con ittuale.

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FUNZIONI DEI GRUPPI DI INTERESSE
I gruppi di interesse presentano alcune analogie con i partiti:
partiti → canale elettorale della rappresentanza
gruppi di interesse → equivalente funzionale.
un interesse condiviso dalla società viene portato al decisore politico sia dal partito sia dal gruppo
di interesse
Possiamo dunque dire che partiti e gruppi di interesse sono due binari paralleli e da ciò deriva che
anche i gruppi di interesse svolgono alcune funzioni:

1. partecipazione politica: la partecipazione politica avviene attraverso le elezioni, ma può


veri carsi anche tra un’elezione e l’altra (mediante manifestazioni o altri canali di espressione
del proprio interesse) In queste forme di partecipazione → ruolo chiave i gruppi di interesse: i
partiti hanno un rapporto saltuario con l’elettorato → partiti in calo in tutto il mondo.
L’iscrizione e la partecipazione a gruppi di interesse invece è elevata e a volte è anche
simultanea (un individuo partecipa in più gruppi). Per questa ragione, i gruppi di interesse
sono molto utili alla democrazia, in quanto sono un canale di rappresentanza popolare che
talvolta funziona meglio del partito.
2. rappresentanza politica: il gruppo d’interesse può articolare delle domande proprie di una
parte ristretta dell’elettorato e quindi può anche aggregare questi interessi, sempli candoli. Ad
esempio, Con ndustria è una federazione che include industrie di settori diversi e che,
essendo un grande gruppo di interesse, riesce ad articolare gli interessi di un’ampia fascia
della società, comprendente tutti i lavoratori industriali.
3. educazione politica: funzione di educazione politica → hanno competenze su uno speci co
tema e permettono di esporre le istanze di una parte della società in modo preciso e
dettagliato. In più si fanno portavoce di informazioni e permettono al pubblico di ricevere
informazioni sulla tematica di cui sono portatori. Da ultimo, hanno funzione educativa:
riescono a formare dei leader che si addentrano poi nel campo della politica in Parlamento
→ vi sono leader di partito che nascono come sindacalisti o rappresentanti degli interessi
degli imprenditori.

TEORIE SUI GRUPPI DI INTERESSE


Sono state formulate due teorie, tra loro contrapposte:
1. La teoria pluralista (pluralismo): il pluralismo dei gruppi di interesse è utile per il sistema
politico dello Stato. Tanti interessi contrastanti portano ad una situazione di equilibrio e
moderazione → tutti i gruppi devono avere un atteggiamento più conciliatorio e moderato: il
risultato della competizione tra interessi diversi e decisore politico sarà una media fra tutte
queste istanze. qualora non vi siano, per ogni questione politica, tanti gruppi di interesse
diversi attivi, esistono sempre dei gruppi di interesse latenti: vi sono cioè gruppi di interesse
che si attivano nel momento in cui il loro interesse viene minacciato. Un secondo vantaggio
del pluralismo è che garantisce la socializzazione: le persone possono partecipare a diverse
organizzazioni simultaneamente. Inoltre, all’interno di un gruppo di interesse si impara a
comunicare e a cooperare con i membri e con gli esterni. Il pluralismo dei gruppi favorisce
così un atteggiamento più civile. Il terzo vantaggio consiste nel fatto che il pluralismo dei
gruppi consente l’autonomia della società dallo Stato. Lo Stato deve soddisfare gli interessi di
più persone possibile e per farlo deve mediare tra un interesse e l’altro → è quindi in una
posizione più debole rispetto alla società e questa è una garanzia da potenziali derive
autoritarie. A nché questo sia possibile, devono essere presenti tre assunti:
1. La concorrenza fra gruppi dev’essere possibile → se lo Stato deve mediare tra interessi
diversi, questo deve avvenire in un ambiente in cui vi siano realmente interessi diversi e
tutti con uguale capacità di accesso ai decisori politici. Se alcuni gruppi hanno maggiori
risorse rispetto ad altri, e quindi più voce, la visione del pluralismo è distorta.
2. L’adesione volontaria ai gruppi → gli individui devono essere liberi di scegliere a quale
gruppo aderire, premiando con la propria partecipazione i sindacati che ritengono più
e caci. La forza di un gruppo consiste proprio nella sua capacità di aggregazione, quindi i
gruppi devono essere uidi e vari tra loro.
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3. L’assenza di rapporti strutturati con lo Stato → lo Stato non deve avere un rapporto
privilegiato con alcuni gruppi, magari anche escludendone altri.

Questo approccio potrebbe chiaramente non funzionare ed ha subito anche delle critiche:

1. Critiche interne all’approccio pluralista → alcuni accettano l’idea che il pluralismo sia
qualcosa di positivo ma mettono in discussione la reale cogenza dei tre assunti. Nello
speci co, sostengono che i gruppi non siano in reale concorrenza tra loro perché alcuni
sono più potenti di altri perché aventi più risorse. Inoltre, lo Stato non è un attore
necessariamente neutrale, ma ha dei rapporti privilegiati con alcuni; ad esempio, ci sono
partiti che hanno un legame ideologico o simbiotico con i sindacati, che sono favoriti
rispetto ad altri. La terza critica importante fu sollevata dall’economista Olson con la teoria
dei beni pubblici: anche qualora vi sia un interesse collettivo, in mancanza di adeguati
incentivi il bene collettivo, se è un bene pubblico, verrà sottoprodotto. La teoria di Olson
nasce proprio per spiegare perché i gruppi latenti non si mobiliteranno comunque se
pensano che altri lo faranno al loro posto. L’ultima critica mossa è che non è vero che tutti
gli interessi espressi sono ugualmente legittimi: alcune posizioni sono moralmente
superiori ad altre, alcuni interessi sono più generali di altri.
2. Critiche neo-elitiste → sostiene che il potere nei partiti come nei gruppi di interesse
rimane un’esclusiva di un’élite. All’interno dei gruppi stessi si genera un’élite ed il gruppo
fa solo i suoi interessi → il bene cio rimane nelle mani dei più ricchi.
3. Critiche neo-marxiste → sostiene che nella contrattazione tra gruppi vi sia una classe
dominante, la classe imprenditoriale, e una classe che invece è sfruttata, quella operaia.

Sia i neo-elitisti sia i neo-marxisti pensano che la teoria pluralista una copertura per favorire gli
interessi di pochi. Quello su cui essi divergono è chi siano questi pochi: i neo-marxisti pensano
che i pochi siano gli imprenditori, perché in possesso del capitale; le teorie neo-elitiste, invece,
non pensano che siano necessariamente i capitalisti, ma piuttosto che siano coloro che all’interno
del gruppo hanno raggiunto un ruolo dirigenziale. In entrambi i casi, la critica è cogente.

2. Il corporativismo: realtà organizzativa, strutturale e funzionale opposta al modello pluralista. In


genere quasi tutti i Paesi seguono il modello pluralista e ce ne sono alcuni tra i Paesi europei
che rimangono fedeli al corporativismo. Questi Paesi europei sono l’Austria e i Paesi
scandinavi (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca), che presentano degli elementi in comune
pur essendo geogra camente distanti. Adottano il modello corporativista per i seguenti motivi:
• cause economiche → Stati piccoli con economie altamente integrate nei mercati
internazionali. Paesi ricchi, in quanto le loro economie sono esportatrici → il consumo
interno non gioverebbe loro. Queste economie sono anche estremamente vulnerabili agli
shock internazionali, rispetto alle grandi potenze → lo Stato deve proteggere i lavoratori
(rappresentati dai sindacati) e gli imprenditori (rappresentati dalle organizzazioni di categoria)
più di quanto debbano fare gli Stati con economie più grandi.
• cause politiche → per gran parte dell’ultimo secolo il loro governo è stato occupato da
partiti socialisti, progressisti, che hanno garantito stabilità politica, formando governi che
arrivavano alla ne della legislatura.
• cause sociali → in questi Paesi è presente una sostanziale coesione della società, nella
quale sono assenti grosse fratture degli interessi dei vari gruppi sociali.

Assunti
1. Alla luce di queste peculiarità, questi Stati hanno adottato un modello di strutturazione dei
rapporti tra Stato e gruppi di interesse completamente diverso da quello del modello
pluralista: a cambiare, infatti, è la struttura e anche la funzione dei gruppi di interesse
(dimensione strutturale e funzionale). I tipi di associazioni negli Stati corporativi sono:
- monopolistiche → ogni gruppo di interesse rappresenta gli interessi della propria categoria.
Nei Paesi corporativisti esiste un solo sindacato per categoria. I sindacati che sono
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monopolisti nel loro settore, inoltre, sono riconosciuti dallo Stato mediante una licenza e
alcuni di loro sono addirittura nanziati dallo Stato.
- obbligatorie → negli Stati corporativi l’iscrizione per il lavoratore non è volontaria, ma
obbligatoria e talvolta è previsto il pagamento obbligatorio di un contributo associativo.
Quindi, se si vuole fare un certo lavoro bisogna anche iscriversi al sindacato della propria
categoria.
- gerarchiche → i capi di queste associazioni sono liberi di cambiare gli obiettivi
dell’organizzazione, modi cando le richieste degli altri membri. I soci devono per forza
accettare questa gerarchia decisionale, anche perché non hanno la possibilità di scegliere un
altro sindacato.
- di erenziate funzionalmente → ogni settore produttivo presenta una sola associazione
(essendo monopolistiche) e di conseguenza non vi è concorrenza tra gruppi in uno stesso
settore.
2. Il secondo assunto che caratterizza le corporazioni è la logica della partecipazione dei
membri: le associazioni sono stabili e indipendenti dai membri, chi partecipa all’associazione
deve obbedire ed accettare ciò che gli viene richiesto di fare da parte dell’associazione
stessa. Questa caratteristica contrappone il corporativismo al modello pluralista, nel quale un
membro partecipa ad un’associazione liberamente e può cambiare gruppo. Nel
corporativismo l’associazione è più importante del singolo membro.
3. La terza e fondamentale di erenza tra corporativismo e pluralismo sta nella modalità
d’in uenza sulle istituzioni: mentre nel sistema pluralista il decisore politico cerca un
equilibrio tra gruppi con interessi divergenti, nel corporativismo è presente un sistema
istituzionalizzato di interazioni. Ci sono dei tavoli di discussione tra lo Stato e le associazioni di
categoria che lo Stato riconosce come rilevanti in un dato settore. I gruppi sono coinvolti nel
processo decisionale e nell’implementazione (realizzazione delle decisioni prese) attraverso
uno schema triangolare:
• lo Stato
• un’associazione rappresentante degli interessi degli imprenditori
• un’associazione rappresentante degli interessi dei lavoratori
In questo caso, il governo ha una capacità d’azione maggiore perché può concedere la licenza a
questi gruppi e non è sottoposto a eccessive pressioni da parti diverse. Ne risulta un processo più
cooperativo tra i suoi elementi (sindacati, Con ndustria e governo).

E etti
• Negativi: sono stati notati due e etti potenzialmente antidemocratici, perché se vi sono gruppi
riconosciuti come legittimi ed altri che sono invece esclusi, i gruppi di interesse più deboli sono
sottorappresentati. In secondo luogo, il governo ha un ruolo dominante, in quanto le decisioni
vengono prese tra governo e gruppi sociali; il Parlamento molto spesso si trova a rati care
decisioni già prese e viene quindi esautorato. Il canale della rappresentanza diventa
predominante rispetto a quello elettorale, fatto che non è propriamente democratico.
• Positivo: rispetto ad altri Paesi, le tensioni nelle relazioni industriali (il numero di scioperi indetti
e il tasso di partecipazione agli scioperi) sono molto minori. La concertazione porta i gruppi a
dover decidere insieme, diminuendo la competizione e favorendo una maggiore pace sociale.

Modalità di accesso alle istituzioni politiche


fattori (caratteristiche dello Stato e della società) che favoriscono l’azione dei gruppi
1. Lo sviluppo socio-economico della società → un buon livello di benessere facilita i gruppi di
interesse
Ciò succede perché se c’è più ricchezza ci saranno più risorse per i gruppi e più questa ricchezza
è distribuita più ci sono risorse. Gli stati con un maggior grado di povertà sono caratterizzati
anche da un maggior grado di disuguaglianza perché c’è sempre qualcuno che è
sproporzionatamente più ricco rispetto ai più poveri, quindi avrà maggior accesso alle risorse.

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2. Una data cultura politica → negli Stati in cui la cultura politica è più favorevole
all’associazionismo, la capacità d’azione dei gruppi è maggiore
3. Il contesto istituzionale → l’organizzazione della politics distingue i sistemi in due categorie:
• sistemi accentrati/centralizzati → tutte le decisioni vengono prese nella capitale
• sistemi decentrati/decentralizzati → più centri decisionali che garantiscono ai gruppi di
interesse più punti d’accesso all’arena istituzionale
4. La natura dei partiti o delle coalizioni al governo → se il governo è formato da una
coalizione di partiti allora ci sono più punti d’accesso rispetto ad un governo con solo un partito.
Nei regimi di tipo consensuale, in cui è più probabile avere una coalizione di partiti, è più facile per
i gruppi di interesse trovare dei punti di contatto istituzionale.
Il tipo di partiti riguarda l’a nità o meno dei partiti rispetto ai gruppi di interesse nel senso della
similarità degli interessi.
5) Lo stile di policy → procedure standardizzate che caratterizzano le politiche pubbliche.
Ci sono diverse modalità attraverso cui si articola il processo decisionale delle politiche
pubbliche, alcune di queste permettono naturalmente un maggior controllo da parte dei gruppi di
interesse.

Quali strategie di lobbying?


Le strategie di lobbying, vale a dire in che modo i gruppi d’interesse esercitano pressione.
Solitamente si pensa alla corruzione ma in realtà la esercitano con:
(una strategia non impedisce l’altra)
1) Rapporti faccia-faccia
consistono in un lobbysta (che può essere un freelance o un membro di un gruppo di interesse)
che mantiene dei rapporti di natura permanente con il decisore politico (es. USA).
Il rapporto prevede uno scambio: il lobbysta fornisce al decisore politico informazioni utili a
formulare le politiche pubbliche e ad implementarle una volta decise, mentre il decisore politico
concede al lobbysta un qualche potere di in uenzare tali decisioni.
2) Grass-roots lobbying (lobbying di base)
quasi al polo opposto rispetto alla strategia precedente e prevede una mobilitazione da parte
dell’opinione pubblica. È un’azione tipica delle associazioni no pro t, che tentano di creare una
domanda da parte dell’opinione pubblica circa una questione.
3) Coalizioni tra più gruppi di interesse
Più gruppi di interesse convergono, per un tempo limitato, al ne di ricevere un cambiamento
mobilitando le loro risorse, facendo lobbying faccia-faccia in collettivo oppure combinando
rapporti faccia-faccia e grass-roots lobbying.
È una strategia marginale e avviene solo quando ci sono più gruppi che sono d’accordo su un
obiettivo comune e che sono in grado di collaborare tra loro.
4) Finanziamenti elettorali
Nella sua forma non corrotta, è di usa negli Stati Uniti perché regolamentata dal sistema: esiste
un Political Action Committee, una struttura trasparente che si basa sulla possibilità per i gruppi
privati di sponsorizzare un candidato alle elezioni. Il candidato dovrà ricambiare il favore che gli è
stato concesso in termini di nanziamento e sarà quindi maggiormente accessibile al lobbysta.

Collocazione dei gruppi nel processo decisionale


I gruppi possono essere:
• insider → prendono parte al processo decisionale con la funzione di consulenza e possono
venire coinvolti nell’esecuzione delle decisioni. Sono attori legittimati dal governo, ne fanno
parte i grandi gruppi economici ed i sindacati
• outsider → attori riconosciuti come non legittimi o che scelgono deliberatamente di non essere
coinvolti in relazioni regolari con il governo → vi partecipano le organizzazioni per i diritti civili, i
movimenti sociali per la tutela dei beni pubblici o altri tipi di organizzazioni estemporanee e
spontanee

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Gli insider hanno un’organizzazione stabile con risorse cospicue e con legami periodici con il
decisore politico; gli outsider invece hanno una struttura non necessariamente strutturata, risorse
nanziarie limitate, alle volte simboliche o numeriche, e rapporti molto più sporadici con il
decisore politico.
I gruppi outsider si servono di una strategia indiretta, cercando l’appoggio dell’opinione pubblica
e si a dano all’elettorato. Mentre gli insider non necessitano di pubblicizzare la propria azione,
perché riescono ad esercitarla in modo più e cace proprio al di fuori dell’attenzione dell’opinione
pubblica, gli outsider fanno largo uso dei media per sensibilizzare l’elettorato.
Può accadere che, nel corso del tempo, degli insider diventino degli outsider se vengono espulsi
dalla vicinanza con il potere, oppure può accadere anche l’inverso, ossia che degli outsider
diventino insider.

Le possibili risorse dei gruppi di interesse


Le risorse di cui un gruppo di interesse dispone sono importanti nel determinare il grado di
ascolto che il gruppo riceve da parte del decisore politico.
1) Risorse nanziarie → può essere utilizzata in modo legale per nanziare le campagne
elettorali (nel caso degli Stati Uniti), per avere visibilità sui media attraverso campagne (es.
acquisto di inserzioni promozionali, spazi promozionali in tv, social network), ma soprattutto
per produrre dei rapporti, cioè delle note informative per i decision makers.
2) Risorse numeriche → il numero di persone che aderiscono al gruppo e gli attivisti presenti.
3) Risorse di in uenza e di sanzione → si basano su quanto in uenti sono i membri che
rappresentano la maggioranza di uno speci co settore di riferimento, che magari ha un ruolo
chiave per la posizione strategica che occupa nella società (es. l’ordine dei giornalisti). Pur
essendo gli individui pochi, hanno una grande capacità d’azione sull’opinione pubblica e
hanno anche la capacità di punire il decisore qualora non li ascolti (es. attraverso una
campagna mediatica, ritirando nanziamenti o scioperando). Ad esempio, uno sciopero degli
operatori di volo (poche centinaia in Italia) può causare gravi danni, nonostante la loro
associazione di categoria non abbia molti soldi o molti iscritti.
4) Risorse di expertise → gruppi necessari al policy making per formulare delle politiche, ossia i
cosiddetti “tecnici”; ad esempio, durante l’emergenza Covid, scienziati ed esperti.
5) Risorse organizzative → gruppi che dispongono di una grande adesione interna e quindi una
forte mobilitazione, ad esempio in caso di sciopero.Tipico delle grandi imprese o di sindacati
con un’alta adesione.
6) Risorse simboliche → quando un gruppo può fare appello a valori o simboli (es. religione).

Canali di accesso al sistema politico


Partiti → canali più importanti: fungono da gate-keeper (punti di accesso). Sono i partiti che
collocano i decisori politici nell’arena istituzionale, decidono le liste dei candidati, producono i
presidenti dei consigli e i ministri.
Un dato partito può avere un rapporto molto stretto e duraturo nel tempo con un sindacato e
viceversa. Un gruppo/sindacato può non avere un rapporto stabile con alcun partito, avendo
rapporti di breve periodo solo con i partiti a governo.
Possiamo immaginare quattro tipologie di rapporto tra partito e sindacato → dato dall’in uenza
che il sindacato esercita sul partito e viceversa: laddove il partito abbia un rapporto con un
gruppo di interesse, può condizionarne le cariche, le piattaforme politiche e anche le decisioni; in
questo caso, il partito “comanda” (anche solo in parte) il sindacato.
Il sindacato, invece, può dare un appoggio elettorale al partito, convincendo i propri membri a
votare un tale candidato ed in uenzandone il successo elettorale. Può anche accadere che i
membri del sindacato diventino anche membri del partito: è il caso di diversi esponenti del Partito
Democratico, che hanno una lunga carriera sindacale alle spalle. In ne, l’in uenza del sindacato
sul partito può essere evidente nelle dichiarazioni programmatiche, quando il programma del
partito dipende o comunque è molto coerente con le esigenze del gruppo rappresentato.

Nel programma di un partito si nota quanta in uenza un determinato sindacato ha perché spesso
le esigenze sono coerenti a quelle del gruppo rappresentato.
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1) Il dominio → il partito domina sul sindacato e quest’ultimo non ha capacità alcuna di
reciprocare. Non c’è possibilità che i leader del gruppo scavalchino quelli del partito, c’è la
coincidenza di piattaforme e valori poiché quello che vuole il partito è anche quello che vuole il
sindacato ma la capacità del sindacato di in uenzare il partito è pari a zero. Si tratta di un
rapporto cooperativo di subordinazione.
2) La subordinazione → caso contrario del dominio per cui il partito è subordinato dal
sindacato. In questa con gurazione con il sindacato che crea il partito ad hoc, il partito apre
un secondo canale di rappresentanza politica e funge come accesso diretto alle istituzioni per
il sindacato.
3) La simbiosi → caso che vede un'alta in uenza del partito sul sindacato e viceversa. Questo è
il rapporto che nella prima repubblica c’era tra il partito comunista e la CGIL, tra la democrazia
cristiana e la CISL; due attori che avevano alcuni aspetti in comune:
• L’ambito di autonomia per cui il sindacato tratta solo delle questioni legate alle vertenze
sindacali ma dipende dal partito perché garantisce un accesso.
• L’ambito della simbiosi → il sindacato ha tanto da guadagnare dall’unione con il
partito perché gli garantisce un accesso esclusivo.
Anche il sindacato ha un’in uenza sul partito perché garantisce un forte bacino elettorale. Si nota
anche una certa comunanza nelle leadership politiche perché il leader del sindacato può diventare
il leader del partito e viceversa, la carriera politica della leadership può attraversare l’uno e l’altro
ambito più volte.

4) La collaborazione e lo scambio → rapporto meno coeso e di breve termine.


Il partito ed il sindacato non hanno alcun legame comune, il partito che è al governo stabilisce
di volta in volta quali sono i gruppi di pressione con cui vorranno avere a che fare, allo stesso
tempo i gruppi non stringono alcun rapporto privilegiato. In un rapporto di collaborazione e
scambio il gruppo di pressione cercherà di stringere un rapporto con il partito di governo
indipendentemente da quale sarà il colore di quest’ultimo, ciò è tipico del sistema bipartitico.
Con ndustria cercherà di stringere legami sia con la coalizione di centro destra che con quella
di centro sinistra → questo può portare diverse modalità di accesso, più o meno cooperative e
stabili, al governo.

IL GOVERNO E LE BUROCRAZIE PUBBLICHE → I partiti possono cercare di parlare


direttamente alla burocrazia (le alte cariche dei ministeri o addirittura ai ministri). Questo canale è
tipicamente usato dai grandi gruppi istituzionali (i gruppi economici), i quali riescono a mobilitare
molte risorse, non solo economiche. Le due modalità di interazione sono:
• Di clientela → quando un gruppo riesce a proporsi come rappresentante esclusivo del settore
che la burocrazia deve regolamentare. In questo caso si dice che il governo è “catturato” dai
gruppi.
• Di parentela → quando il partito produce dei decisori politici che hanno stretti legami con i
gruppi sindacali (simile al rapporto di simbiosi).

IL PARLAMENTO E LE CORTI DI GIUSTIZIA → Il controllo del Parlamento è tipico (quasi


esclusivamente) del caso americano, lo stesso vale per le corti di giustizia. Laddove il gruppo di
interesse abbia una leva rispetto al singolo deputato in Parlamento – attraverso il sostegno
elettorale – questi rappresenta un canale d’accesso. Le corti di giustizia (Alta Corte, Corte
Costituzionale, ecc.) possono essere in uenzate, ma in Europa queste sono organi indipendenti e
imparziali, supervisionano soltanto il policy making.

I CORPI SOVRANAZIONALI → sono le istituzioni internazionali. Il caso più interessante è quello


dell’UE, a Bruxelles ci sono dei gruppi di lobbysti con sede nella capitale belga. Nel momento in
cui alcune decisioni vengono prese nelle istituzioni sovranazionali per i gruppi di pressione sono
questi i gruppi da cui andare a rivolgersi.
I MEDIA → canale tipico degli outsider: si basa su un’in uenza indiretta che passa per l’opinione
pubblica per poi eventualmente arrivare al decisore politico.

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COME VALUTARE L’EFFICACIA DEI GRUPPI D’INTERESSE?
Occorrerebbe un controfattuale: non è semplice misurare l’impatto dei gruppi in una determinata
policy → bisognerebbe guardare una data legge prima dell’intervento dei gruppi e dopo il loro
intervento. Noi vediamo le leggi come sono solo una volta nite, ma non sappiamo come
sarebbero state senza l’intervento di un gruppo di interesse. → se una legge riguarda da vicino un
certo gruppo di interesse, questo abbia avuto un qualche impatto su di essa, ma non è
necessariamente così e non è possibile tracciare il legame causale.
Il grande luogo comune è che le grandi imprese (manufatturiere, industriali, del tabacco, ecc.)
siano avvantaggiate, in quanto aventi una maggior capacità di accesso. In realtà ci sono dei dubbi
in merito → non sempre queste risorse riescono ad essere portate a frutto → un’impresa può
avere un qualche impatto su un determinato settore, ma non su altri, oppure può raggiungere
facilmente alcuni canali d’accesso ma non tutti.
Ancora non c’è una risposta a tutte queste questioni, ma quando si parla di lobbying in genere le
si dipinge come un qualcosa di negativo, che va a deteriorare la democrazia.
Argomenti a favore dei gruppi di interesse → La visione liberale-pluralista a erma che il bene
collettivo non esiste in astratto, ma nasce dalla somma degli interessi particolari: è un gioco a
somma positiva. → più i vari gruppi sono propensi al compromesso, maggiore sarà la
soddisfazione interesse di tutti.
Argomenti contrari ai gruppi di interesse → Gli argomenti contrari sono legati ad una visione
egalitaria → il bene comune esiste in se stesso e i gruppi di interesse possono “prendere in
ostaggio” l’interesse generale, facendoci credere che l’interesse di tutti sia in realtà soltanto il loro.
Questa critica è interessante → è un monito: ci fa comprendere come i gruppi di interesse siano
espressione di poteri forti e come sia necessario tutelare gli interessi dei più deboli.
In conclusione a questo discorso, è importante notare come non esista un’architettura
istituzionale che vada bene in ogni contesto democratico, ma la democrazia si basa su
contraddizioni e sottili equilibri, in questo caso l’equilibrio tra l’interesse di alcuni gruppi e
l’interesse generale della società.

LA BUROCRAZIA
Non è semplice de nire il termine burocrazia, ma essa è uno degli attori principali preposti alla
produzione di un output. Nel corso dei secoli si è imposta come lo strumento più e ciente di
regolazione da parte dello Stato.
→ La burocrazia può essere de nita da una prospettiva funzionale: relativa alla sua funzione.
È una serie di procedimenti di messa in atto delle norme → norme che convertono regole e
disposizioni generali in decisioni speci che.
→ Può essere de nita anche secondo una prospettiva organizzativa: analizza la struttura.
La burocrazia è composta dagli apparati di cui il governo si avvale per esercitare la funzione
primaria del governare. Burocrazia è quindi l’organigramma di un ministero o di un comune, un
insieme di u ci in cui lavorano i burocrati (non nel senso di edi cio sico, ma di unità
organizzativa).
Queste due visioni mettono in luce solo uno dei due aspetti fondamentali della burocrazia
(funzionale e organizzativo). Il sociologo, losofo, economista e storico tedesco Max Weber ci
propone una de nizione più complessa ma esaustiva (prospettiva Weberiana):
→ La burocrazia è un insieme di organizzazioni che funzionano secondo il principio delle
competenze di autorità attribuite ad u ci e speci cate secondo regole impersonali ed universali.

Weber aggiunge il concetto di ‘competenze’, a sottolineare che il funzionamento dell’insieme dei


funzionari è dettato proprio dalle loro competenze, che ne determinano l’autorità. In più, le
competenze sono speci cate secondo regole impersonali ed universali. Questi tratti fanno
emergere tre aspetti fondamentali della burocrazia:

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1. L’esistenza di regole astratte (impersonali e universali) → le regole hanno la funzione di
attribuire un’autorità ad una persona. In + limitano quel potere circoscrivendolo a quell’autorità e
circoscrivendolo anche nelle modalità di esecuzione.
2. Un’organizzazione gerarchica delle posizioni → è presente un vertice e tanti livelli sottostanti
(es. forze armate). Dalla gerarchia delle posizioni discende una di erenziazione delle competenze:
i vari apparati si occupano di cose diverse.
3. Le competenze → il burocrate viene reclutato in base alle proprie competenze – selezione
tramite concorso pubblico – e viene ricompensato con uno stipendio contrattualizzato. La fedeltà
del burocrate è la fedeltà alle istituzioni statali, di conseguenza questi deve eseguire le norme
dello Stato e attenervisi, non facendosi in uenzare da un interesse o un’opinione personale.

IL MODELLO WEBERIANO
L’esistenza dello Stato è legata alla burocrazia e viceversa. Questo accade per due ragioni:
1. Teorica → la legittimità del potere legale e razionale. Il potere si fonda sulla legge (principio
burocratico legale) e di conseguenza lo Stato, per legittimare legalmente il proprio potere, ha
avuto bisogno di un apparato che convertisse la legge in applicazione contingente → lo stato
ha bisogno della burocrazia per legittimarsi.
2. Storica → lo Stato s’impone su forme politiche alternative perché possiede un’organizzazione
migliore: attraverso la burocrazia, esso mostra una superiorità tecnica sulle altre forme
organizzative. Ad esempio, nel feudalesimo il legame con lo Stato era leggero, il potere era
molto decentrato e mancava un sistema di riscossione delle imposte, invece la burocrazia ha
fornito un sistema scale allo Stato.lo Stato ha bisogno della burocrazia per raccogliere le
risorse.

Elementi che de niscono lo Stato e che sono fondamentali per la burocrazia

1. Accentramento del potere → Sin dal Quattrocento la burocrazia serve a stabilizzare il


centralismo della monarchia assoluta.
2. Monopolio della forza legittima → Hobbes: lo Stato impone ordine e ci difende da minacce
esterne; ha bisogno di un esercito stanziale e di forze di polizia. Lo Stato si costruisce facendo
la guerra e la guerra costruisce lo Stato, perché per fare la guerra lo Stato ha bisogno di
pagare i soldati e, per raccogliere dai suoi sudditi i soldi necessari alla guerra, ha bisogno di
un apparato di riscossione.
3. Esercizio impersonale del potere → Le leggi vincolano anche il sovrano, in quanto
l’esercizio impersonale del potere stabilisce che esso non sia nella persona, ma nel ruolo che
riveste. La persona è di passaggio, il potere rimane sul trono su cui si siede; di conseguenza, il
burocrate è fedele alla carica che è rappresentata dal trono.

Caratteristiche della burocrazia secondo Weber


1. Razionalità → La burocrazia è la forma di esecuzione delle leggi, permette rapidità, univocità
e trasparenza. Il burocrate non deve prendere decisioni autonome, ma fa ciò che qualunque
altro avrebbe fatto nella sua posizione: in questo è razionale.
2. Neutralità → Il burocrate, dice Weber, agisce “sine ira ac studio”, ossia “senza ira/animosità e
simpatia/pregiudizi (senza pensarci)”, perché non prende decisioni secondo la sua discrezione
personale, ma applica solo la legge. Deve quindi essere imparziale nella sua valutazione.
3. Gerarchia
4. Competenza
Funzioni della burocrazia
La funzione principale del burocrate è quella di applicazione della legge; tuttavia, il ruolo del
burocrate diventa sempre più rilevante anche nella formulazione delle leggi.
Bisogna ricordare che in contesti di alta instabilità politica (regimi non democratici e Paesi in via di
sviluppo), i burocrati (es. militari) intervengono nel tentativo di ristabilire l’ordine.
La burocrazia presenta cinque funzioni principali:
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1. Consulenza → propria degli alti apparati burocratici (vertici dei ministeri, dirigenti di alto
livello), che presentano tecnici con competenze elevate. Gli alti burocrati hanno stretti contatti
anche con i politici, ai quali espongono le opzioni disponibili per l’attuazione di determinate
politiche (costi e bene ci). Vengono consultati dai politici per quanto riguarda i dettagli tecnici.
2. Riscossione delle imposte e redistribuzione del reddito → sono pochi gli Stati che non
riscuotono le tasse ed hanno anche problemi profondi nella loro organizzazione. Questa
attività fornisce poi le risorse per nanziare anche la redistribuzione del reddito (es. pensioni e
sussidi, investimenti in attività imprenditoriali, ecc.).
3. Erogazione di servizi (beni pubblici) → la burocrazia si occupa anche della tutela dei beni
pubblici, come la sanità, la difesa, la sicurezza, l’ordine interno, l’istruzione, i trasporti. Alcuni
di questi servizi possono essere forniti anche dai privati (es. scuole e università private,
agenzie private con i contractor). Lo stato ricopre una funzione fondamentale nella gestione
dei beni pubblici.
4. Regolazione → aree di policy che prevedono che il governo prescriva un certo
comportamento agli individui. In questo caso occorrono delle agenzie di regolazione, come ad
esempio le agenzie che impongono ai datori di lavoro degli standard di sicurezza, igiene o
alimentari nelle loro aziende. Le politiche regolative necessitano quindi di un apparato che
monitori il rispetto delle norme e punisca con sanzioni; la maggior parte delle attività di
regolamentazione è costituita da provvedimenti amministrativi, interni ai ministeri stessi e che
non passano dal Parlamento.
5. Stabilizzazione (in regimi instabili e non democratici) → i burocrati a volte compensano i
limiti della politica o si sostituiscono ad essa con dei colpi di Stato.
Le critiche al modello weberiano
I limiti del modello weberiano sono costituiti dalle incongruenze presenti rispetto alle
caratteristiche, stilate da Weber, che la burocrazia dovrebbe avere.
Limiti alla neutralità
L’autore Peters ha notato come nel rapporto tra il burocrate e il decisore politico possono
emergere con gurazioni diverse, identi cabili in cinque modelli:
1. Modello formale (es. Germania, Gran Bretagna) → non contraddice il principio di neutralità.
Stabilisce la subordinazione gerarchica del burocrate alla politica.
2. Modello village life (es. Francia) → L’élite amministrativa è altamente socializzata con l’élite
politica: l’élite amministrativa viene prodotta dalle grandi scuole di amministrazione nelle quali
gli studenti si socializzano e diventano, una volta laureati, la futura élite politica. Accade
dunque che alti funzionari spesso si candidano alle elezioni.
In questo caso vi è una certa osmosi tra burocrazia e politica, con obiettivi comuni e carriere
tra loro permeabili. In questo caso il processo decisionale prevede un coinvolgimento
maggiore del burocrate in politica, un rapporto di commistione (non necessariamente
negativo, ma non è un atteggiamento neutrale). Il burocrate può passare dal campo della
burocrazia a quello della politica e viceversa a suo piacimento, perché l’ambiente è comune e
dotato di due componenti, una politica e una amministrativa.
3. Modello funzionale → Presuppone che tra i vertici politici e i vertici amministrativi di uno
stesso dicastero si sviluppi un rapporto di cooperazione. È tipico dei Paesi neocorporativi,
nei quali governo, pubblica amministrazione e gruppi di interesse partecipano alla
formulazione delle politiche. In questo caso si avrà un’alta cooperazione tra burocrati e politici,
ma solo all’interno di un dato settore (in genere ministero), fatto che potrebbe portarli in
con itto (rapporto di concorrenza o addirittura attrito) con decisori e burocrati di altri settori.
4. Modello avversariale → Prevede che tra l’apparato politico e l’apparato burocratico vi sia
una vera e propria competizione per controllare le politiche pubbliche. Questo avviene in caso
in cui vi sia una politicizzazione dei burocrati, che cercano di rubare spazio al decisore politico
e di prenderne le decisioni, magari perché il decisore non piace per il suo colore politico;
oppure il burocrate cerca di vani care la riuscita delle decisioni prese dal politico.
5. Modello dello Stato amministrativo → Secondo questo modello non è il burocrate a
sottostare al politico, ma il contrario: è il burocrate a comandare. Nell’ambito degli
autoritarismi avevamo parlato dello Stato burocratico-militare e questo ne è un esempio.

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I cinque modelli di Peters ci mostrano come quattro su cinque di questi modelli non vedano
realizzarsi quel principio di subordinazione formale del burocrate al politico.
Altri limiti alla neutralità sono dati dal conservatorismo delle organizzazioni. Come già
sostenuto dall’approccio istituzionalista, le istituzioni seguono delle procedure standardizzate e
tendono a ripetere la loro prassi, quindi sono poco inclini al cambiamento, anche qualora un
politico proponga una riforma.
Inoltre, i leader politici restano al governo pochi anni (in Italia 4/5 anni al massimo), a volte pochi
mesi, invece i burocrati, una volta ottenuta la loro posizione, possono rimanervi anche per
decenni. Il burocrate dispone quindi di una maggior continuità rispetto ai leader politici, e
quindi di maggiori informazioni ed ha anche più tempo per programmare le sue azioni.
I burocrati sono anche in possesso del monopolio del sapere: hanno competenze speci che che
il politico non ha. Proprio in virtù della competenza tecnica, il burocrate potrebbe condizionare il
decisore politico, ha quindi diverse possibilità di lasciare la propria impronta anche in politica.
L’ultimo limite della neutralità è il fatto che lo Stato, soprattutto nell’ultimo secolo, ha svolto
numerosi interventi a favore dell’economia, anche attraverso aziende statali (es. nazionalizzazione
di Alitalia). In sostanza, tutte le imprese statali impongono alla burocrazia lo svolgimento di attività
di programmazione e piani cazione. I burocrati non sono più semplici esecutori, ma diventano dei
manager e sviluppano degli obiettivi di successo della programmazione che vanno oltre quelli del
decisore politico. Si dice, pertanto, che con la programmazione il burocrate diventa anche un
negoziatore.
Limiti alla gerarchia
Il primo limite alla gerarchia, una delle caratteristiche della burocrazia teorizzate da Weber, è il
decentramento: la complessità delle organizzazioni burocratiche ha portato ad una serie di
reticoli, di strutture orizzontali oltre che verticali. Non c’è più solo una subalternità, ma ci sono
strutture di coordinamento e agenzie indipendenti. La complessità e la competizione interna per le
risorse sottraggono potere alla gerarchia, perché ci sono u ci abbastanza autonomi rispetto al
vertice.
Un secondo elemento che va contro il principio di gerarchia è la discrezionalità, che si applica
in alcune circostanze in cui il burocrate deve decidere autonomamente e ciò comporta che questi
stabilisca le proprie regole. Ad esempio, la discrezionalità si applica quando la domanda di servizi
da parte del pubblico è superiore alla capacità di erogazione di questi servizi (es. servizi sociali:
richiesta di un sussidio di disoccupazione ma budget limitato rispetto a numero di domande
ricevute → il burocrate deve decidere quali utenti escludere attraverso un qualche principio
discrezionale).
Limiti alla competenza
Il primo problema è che le modalità di selezione dei funzionari possono essere diverse da Stato a
Stato. Ci sono Stati che attuano il modello burocratico-professionale ed altri che applicano il
modello burocratico-regolativo; questi modelli premiano competenze diverse tra loro e, di
conseguenza, un burocrate competente in un Paese potrebbe non esserlo in un altro.
Il modello burocratico-regolativo presuppone una formazione ad hoc, attraverso grandi scuole
amministrative (es. Francia), che forniscono anche un contesto che premia la fedeltà alla politica.
Al contrario, il modello burocratico-professionale è quello americano, in cui il burocrate viene
nominato tale in virtù di esperienze maturate in ambito professionale, ad esempio potrebbe essere
un manager o un avvocato di successo.
modalità di accesso alle cariche burocratiche → Il modello burocratico-regolativo prevede
l’accesso per concorso pubblico, che garantisce l’uguaglianza di accesso e la neutralità. Invece
nel modello burocratico-professionale le nomine sono politiche: solitamente il presidente che
vince le elezioni nomina le alte cariche (spoils system → pratica politica, nata negli Stati Uniti tra
il 1820 ed il 1865, secondo cui gli alti dirigenti della pubblica amministrazione cambiano con il
cambiare del governo, venendo scelti dalle forze politiche anche in base agli obiettivi politici che
queste vogliono raggiungere). Si premia quindi non tanto la competenza speci ca, quanto più la
fedeltà al governo.
carriere → la carriera nel modello burocratico-regolativo è interna, ossia si nasce burocrati e si
nisce burocrati; il burocrate, infatti, essendo il custode del bene comune, può cambiare da un
ministero all’altro, ma dovrà sempre servire lo Stato. Invece, nel caso del modello burocratico-
professionale, le carriere sono permeabili: il burocrate può fare l’avvocato, diventare dirigente di
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un qualche dipartimento e tornare poi a fare l’avvocato (es. Joseph Nye, politologo che fu
proposto come ambasciatore americano in Giappone durante il secondo mandato di Obama
nonostante non avesse competenze come diplomatico).
competenze richieste → nel modello burocratico-regolativo si chiede un pro lo generalista, cioè,
nel corso della carriera, si può passare da un u cio all’altro, per cui le competenze principali
saranno quelle di diritto. Nel caso del pro lo burocratico-professionale si richiedono
competenze specializzate nel campo della burocrazia.

Modello del pubblico impiego contrattuale → omogeneizzazione tra le regole del pubblico
impiego e quelle del privato: stabilisce l’introduzione, nell’amministrazione pubblica, di alcune
forme contrattuali del diritto privato. È una variazione rispetto al burocrate weberiano, ha una
responsabilità rispetto alle procedure, le deve eseguire indipendentemente dalle circostanze. Ciò
che conta è non è la procedura, ma il risultato: se per raggiungerlo il burocrate non deve attenersi
meticolosamente alla prassi, ma deve cambiare le procedure, allora questo funziona bene.
NEW PUBLIC MANAGEMENT
Nasce negli anni Novanta a fronte della necessità di tagliare i costi, dal momento che il debito
pubblico era in forte aumento; nasce dall’insoddisfazione dei cittadini che, usufruendo di servizi
esclusivamente pubblici, non li trovavano e cienti e non potevano in uenzare molto la
performance dell’azienda, proprio in quanto statale. Da ultimo, a partire dagli anni Novanta si
sviluppano nuove tecnologie che facilitano alcune attività.
Il new public management consiste in un’ondata di privatizzazioni. Alcune delle imprese
pubbliche vennero cedute ai privati → furono applicate alla pubblica amministrazione le tecniche
di gestione manageriale tipiche del privato: ad esempio, il pareggio di bilancio (alla ne dell’anno
tra entrate e uscite la somma deve essere 0) o gli incentivi alla produzione (il manager o
l’impiegato che ottiene un output superiore agli altri o ad una certa previsione ottiene un premio).
Privatizzando, lo Stato limita delle spese, in quanto un’impresa in perdita genera nuovi costi ogni
anno ed inoltre, vendendola, si ottiene un ricavo immediato.
In secondo luogo, si applica il concetto di ‘deregulation’, che consiste nel limitare le formalità
amministrative, lasciando maggiore libertà e snellendo le procedure. Questo va contro alla
tendenza dell’apparato burocratico di regolamentare quanto più possibile.
Il terzo aspetto è invece quello della ‘devoluzione’, che consiste nel passaggio di competenze.
Essa porta allo snellimento dell’apparato burocratico, con un abbassamento – una devoluzione –
della burocrazia ad un livello inferiore (geogra camente circoscritto), più vicino al cittadino e con
meno regole.
Funziona?
Chi ne ha evidenziato gli aspetti positivi ha sottolineato come abbia permesso ai burocrati di
esentarsi da un controllo dei servizi erogati per concentrarsi sul policy making. Ha inoltre
migliorato l’e cacia e l’e cienza: tendenzialmente, gli operatori privati, se in concorrenza tra loro,
forniscono servizi migliori.
Vi sono anche opinioni negative: tra le principali → se lo Stato fornisce beni pubblici, il privato
potrebbe fare delle di erenze, perché ha come obiettivo nale il pro tto. Quest’idea della
privatizzazione si basa dunque su una concezione anti-egalitaria: il servizio migliore viene
fornito ai clienti che pagano di più. Inoltre, la deregolamentazione ha portato a catastro come la
crisi nanziaria del 2007: senza un adeguato monitoraggio del settore nanziario, le imprese
private si sono lanciate in attività speculative prive di controllo.
Un’altra critica è il fatto che smantellare le vecchie strutture ha avuto dei costi, ad esempio del
personale che è stato prepensionato. Tutti questi costi dovrebbero essere computati nel calcolo
costi-bene ci. Inoltre, se vi è stato un abbassamento dei costi, vi è stato anche un
ridimensionamento, ad esempio si è tagliato sugli ospedali.

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LE POLITICHE PUBBLICHE - POLICY
Le politiche pubbliche sono l’output del sistema politico, ma la loro elaborazione è spesso lunga e
complessa. La politics, ossia l’architettura istituzionale, è la variabile indipendente rispetto alla
policy, in quanto le politiche pubbliche dipendono da essa. Dagli anni Settanta è nata una
letteratura che prende in considerazione anche il rapporto inverso: se è vero che la policy dipende
dalla politics, è anche vero che le politiche pubbliche hanno una retroazione sulla politics, in
quanto generano dei processi che attivano dei gruppi di interesse, i quali hanno, a loro volta, la
capacità di in uenzare il processo politico.
De nizione → Attributi centrali delle politiche pubbliche
• Realizzate in risposta ad un problema pubblico (dell’intera società o di porzioni di società) →
nascono da un input sociale, veicolato attraverso un canale rappresentativo (elezioni) o
funzionale (gruppo di interesse).
• Orientate all’obiettivo → il loro ne è la risoluzione del problema (outcome). Tuttavia spesso il
suo risultato sono “conseguenze inattese”.
• Realizzate nell’interesse pubblico → riguardano una serie di individui e interessi, non sono
mai ad personam.
• Realizzate da attori pubblici → due conseguenze: 1 → l’autorità agisce emettendo documenti
con valore legale: attraverso la giurisdizione; 2 → le politiche pubbliche sono realizzate anche
con il potere coercitivo (imposizione) e in modo legittimo.
• Implementate non solo da attori pubblici, ma anche privati → una volta che la legge è stata
approvata, deve essere messa in pratica e i gruppi di interesse possono agevolare o boicottare
l’implementazione.
• Sono ciò che il governo decide di fare o non fare
Conseguenze dei precedenti assunti
• Le politiche pubbliche non si esauriscono in una singola decisione → spesso richiedono del
tempo e non sono sempre processi lineari.
• Non sono piani coerenti e lineari → a volte il risultato della politica pubblica non è quello
atteso.
• Non sono solo atti formali → diventeranno delle prassi.
→ Le politiche pubbliche sono quei processi politici che collegano le intenzioni del decisore
politico alle sue azioni e al risultato. Trasformano un input, una richiesta proveniente spesso dalla
società, in un output, ossia la legge, e da ultimo in un risultato, l’outcome. Il passaggio da output
ad outcome avviene attraverso la fase di implementazione.

Tipologie
Le tipologie di Lowi
Negli anni Settanta il politologo americano Theodore Lowi a a ermò che, dal momento che
qualsiasi politica pubblica è un atto di legge, l’aspetto fondamentale di essa è la coercizione: la
legge obbliga noi o qualcun altro a fare qualcosa o a non farlo.
Egli distingue i vari settori delle politiche pubbliche in base alla probabilità della coercizione e
all’applicabilità della stessa.
La coercizione è essenzialmente il pagamento di una sanzione o scontare una pena detentiva. La
probabilità della coercizione può essere remota nel caso in cui non si preveda che la politica
pubblica necessiti di una punizione diretta o che questa sia molto improbabile → sono politiche
che apportano solo bene ci. La coercizione può essere anche immediata, ossia vi sono
coercizioni dirette per chi non si adegua alla politica pubblica.
Il secondo criterio riguarda l’applicabilità della coercizione, che può essere individuale o
ambientale, ossia che va a regolare un dato settore della società o a vincolare la stessa
amministrazione pubblica.

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Sulla base di questi criteri, Lowi divide le politiche in quattro tipologie:
• Politiche regolative → coercizione immediata (alta probabilità) e applicazione individuale.
Regolano un comportamento speci co.
• Politiche distributive → coercizione remota (bassa probabilità) e applicazione individuale.
Provvedono a dei bene ci su base individuale (es. sussidi o agevolazioni ad imprese).
Non ci sono parti che ci rimettono: tutti gli interessati a una certa politica ne traggono vantaggio.
• Politiche redistributive → coercizione immediata (alta probabilità) e applicazione ambientale.
Confronto tra parti: alcune avranno un bene cio, altre uno svantaggio.
es. riforma scale: politica progressiva che va a tassare maggiormente i redditi più elevati e in
misura minore quelli più bassi. La politica pubblica in questo caso non de nisce il singolo
soggetto, ma l’ambiente della coercizione, dividendo gli individui in fasce più o meno ricche
della popolazione.
• Politiche costituenti → coercizione remota (bassa probabilità) e applicazione ambientale.
Valenza strutturale: non sono legate a singoli soggetti, regolano il potere dei governanti →
de niscono le regole della politica. Avvengono in un ambiente speci co (un dicastero) e non
presentano in genere sanzioni.
es. riforma elettorale; riforma dei regolamenti parlamentari; riforma strutturale della sanità o delle
forze armate.

Per ogni tipo di politica qui ra gurato, osserva Lowi, vi sono dei processi politici alle spalle: il
modo in cui si raggiunge la decisione di promulgare una certa legge cambia a seconda del tipo di
politica. L’unica eccezione è rappresentata dalle politiche costituenti, che rimangono incerte.
Ad esempio, nelle politiche redistributive, essendovi una parte che ci guadagna e una che ci
rimette, signi ca che nel processo una parte si è imposta sull’altra.
Le politiche distributive, invece, non avendo nessuno che ci rimette, ma solo una parte che ci
guadagna, il processo di formazione è chiamato “log-rolling”. Il log-rolling è una sorta di
compromesso/scambio dilazionato nel tempo: le forze politiche, a turno, cercheranno di farsi
promotori degli interessi sottostanti. Una politica distributiva si basa quindi su un consenso
(interessato) delle parti: queste votano tutte a favore perché quelle interessate a vedere attuata
quella politica per loro stesse hanno un guadagno immediato, mentre le altre non si oppongono a
condizione che, dopo questa politica, venga promossa un’altra politica nell’interesse di chi
altrimenti potrebbe opporsi (cioè nel loro).
Le tipologie di Wilson
Il politologo statunitense James Q. Wilson, invece, si interroga su costi e bene ci delle politiche
pubbliche. I costi, così come i bene ci, possono essere concentrati, ossia solo un gruppo sociale
o trae i guadagni o supporta tutti i costi, oppure costi e bene ci possono essere di usi, di tutti.
Si distinguono in tal modo quattro tipologie di politiche pubbliche:
• Client politics → costi di usi e bene ci concentrati, un gruppo gode di tutti i vantaggi della
politica pubblica, scaricando sull’intera società tutti i costi ad essa legati (simile alle politiche
distributive). es. servizio di rottamazione delle auto → tutti i contribuenti (la collettività) danno un
sussidio, attraverso le tasse, al venditore d’auto.
• Interest groups politics → presenza di costi concentrati e bene ci concentrati. Si originano
due gruppi diversi: uno che subisce un costo e un altro che ci guadagna (simile alle politiche
redistributive). es. conversione di fondi da una regione all’altra (allargamento dell’Europa nel
2004).
• Majoritarian politics → costi e bene ci sono di usi, di conseguenza le politiche sono
nell’interesse della società e non hanno un gruppo che ne paga le conseguenze. es. politica
estera → missioni di pace, aiuti all’estero → il bene cio è di uso perché migliorando la
sicurezza e le condizioni dei Paesi altrui si migliora anche la stabilità globale.
• Entrepreneurial politics → tipologia più rara. I bene ci sono di usi, ma i costi sono concentrati
su un gruppo ristretto di persone.
es. la legge sul fumo (impedisce di fumare nei luoghi pubblici e quindi disincentiva il fumo, ma
va a detrimento dei produttori di tabacco).

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In conclusione, le politiche pubbliche si possono dividere in tipologie a seconda del settore che
coprono, ma anche a seconda del tipo di coercizione che è sotteso nella legge oppure a seconda
dei costi e dei bene ci che la politica pubblica va a generare.
Fasi del policy-making
1. Fase di agenda setting
processo competitivo tra le singole istanze nel quale si costruisce il problema a partire da un
output della società. composto da più fasi → una qualsiasi questione deve superare due
requisiti, che de niscono tre tipi di agenda setting.
Il primo tipo è l’agenda setting sistemica, che comprende tutte le questioni possibili (es. la
crescita economica), ma non riesce a fare il passo successivo: per produrre una politica, la
questione deve entrare nell’agenda setting istituzionale, la quale comprende quelle questioni
su cui i decisori politici intendono intervenire. È presente dunque un processo decisionale, dal
momento che il decisore politico non può risolvere tutti i problemi e deve sceglierne alcuni.
Questo processo si concretizza nell’agenda decisionale, che coinvolge quelle questioni su
cui i decisori e ettivamente intervengono; queste, in Italia sono limitate perché i governi si
alternano molto frequentemente.
Nel processo di ltraggio delle questioni dall’agenda sistemica all’agenda decisionale, la
letteratura ha individuato tre modelli:
• Outside initiation → l’iniziativa proviene da attori sociali (privati, come gruppi di pressione/
di interesse).
• Mobilitazione → iniziativa di attori pubblici che cercano il consenso dell’opinione pubblica,
dei parlamentari e dei leader che cavalcano l’esigenza.
• Inside initiation → iniziativa presa direttamente da attori interni al sistema politico, che
hanno quindi già un ruolo decisionale.
Una volta che un problema entra nell’agenda decisionale, bisogna porvi una soluzione e, per farlo,
si entra nella seconda fase.
2. Formulazione delle alternative
Fase analitica: la soluzione al problema dev’essere tecnica, quindi bisogna valutare le alternative.
Tuttavia, ci sono anche questioni politiche a concorrere. Ad esempio, nel caso del Coronavirus, si
ha un problema che si impone al decisore politico per la questione sanitaria e, arrivati alla fase 2,
si presenta il problema di quale grado di libertà concedere alle persone e alle imprese. Nella
formulazione delle alternative vi sono state esigenze tecniche (sanitarie → medici che vogliono
tenere sotto controllo la curva pandemica, ed esigenze economiche → gruppi di pressione.
Oltre alla dimensione tecnica, interviene la dimensione politica: il decisore politico deve bilanciare
esigenze che sono tutte valide, ma tra loro sono su piani diversi e quindi non esiste una risposta
che vale per tutti.
Questa formulazione della politica formalmente avviene nelle sedi istituzionali, ma può avvenire
anche al di fuori: nei corridoi o nei centri di ricerca indipendenti. Una volta che sono state prese in
considerazione le alternative, tra queste ne viene scelta una, che troverà una sua formulazione
nella decisione, che compete all’autorità pubblica e che prenderà la forma della legge.
3. Decisione
Le decisioni che vengono prese seguono generalmente dei modelli decisionali: dovrebbero
essere infatti razionali, ma non sempre possono esserlo. Vi sono quattro modelli decisionali:
• Modello della razionalità sinottica → prevede che l’attore politico e la burocrazia
dispongano di tutte le informazioni necessarie, conoscano tutte le alternative strategiche e
possano fare un’analisi costi-bene ci. È il processo che contraddistingue il modello della
scelta razionale ed è denominata “sinottica” proprio perché il decisore politico conosce tutte
le opzioni possibili e le loro conseguenze.
La decisione punta ad ottenere conseguenze nel lungo periodo, perché il decisore riesce a
prevedere il risultato nale delle proprie politiche e a valutarne quella più conveniente.
Questo caso si pone raramente, perché la realtà è molto complessa.
• Modello della razionalità limitata → modello più realistico del precedente. Apre una critica
alla razionalità del processo burocratico. In assenza di tutte le informazioni necessarie i
decisori politici non cercheranno la soluzione migliore, ma quella che ritengono

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soddisfacente: in base alle informazioni in loro possesso, opteranno per l’alternativa che non
è la migliore, ma che reputano soddisfacente. L’importante è evitare un alto numero di danni.
• Modello dell’incrementalismo incoerente → presuppone che il processo decisionale non
trovi una soluzione immediata al problema, ma dev’essere frammentato in scelte successive
che abbiano una portata limitata. Se quindi l’obiettivo è una riforma di un qualche settore,
bisognerebbe cambiare molte cose contemporaneamente, questo modello non prevede un
grande piano di riforme ma inizierà a cambiare una cosa per volta, valutando gli e etti e
cercando di minimizzare le conseguenze negative. I ni e i mezzi si adattano l’un l’altro, si
può fare un passo avanti e poi un passo indietro.
Si tratta di un modello decisionale ancor meno razionale.
• Modello spazzatura o del bidone dei ri uti → vi sono degli ambiti decisionali in cui il livello
di imprevedibilità è alto ed è di cile per il decisore comprendere le conseguenze delle
proprie scelte, quindi le decisioni sono prese in modo casuale. I problemi vengono gestiti o
abbandonati simultaneamente e si considerano soluzioni che sono accoppiate in maniera
casuale. Anche gli obiettivi possono cambiare repentinamente, così che le questioni si
ammassano l’una sull’altra, esattamente come in un bidone della spazzatura. Le decisioni
vengono prese in modo tutt’altro che razionale.
Sia che il processo decisionale sia razionale sia che non lo sia, la decisione porta ad una qualche
formulazione giuridica che deve essere messa in opera → implementata.
4. Implementazione
prevede anche l’intervento della burocrazia, dovrebbe prevedere un processo dall’alto verso il
basso: dal decisore politico al burocrate che la mette in pratica. Nella realtà, però,
intervengono altri attori e vi sono diversi spazi di manovra che permettono anche un’idea di
implementazione bottom-up: è lo stesso burocrate che può dare una svolta in bene o in male
all’esito della politica pubblica.
5. Valutazione
È il confronto tra l’output e l’outcome → da ciò che si è fatto e ciò che si voleva ottenere. Una
volta formulato un giudizio, si cerca di generare un apprendimento. Una volta valutata la
policy, questa può essere migliorata, a meno che l’outcome non sia stato già raggiunto
completamente (accade raramente). Si costruisce così un ciclo: le politiche raramente si
esauriscono ma si trasformano e si ripropongono.
Attori che intervengono nelle politiche pubbliche
Attori istituzionali
Intervengono in fasi diverse:
• Governo → fase di formulazione, fase di decisione e fase di attuazione (dicasteri/ministeri)
• Parlamento → fase di agenda setting (dibatte su quali questioni intervenire), fase di decisione
(formula e promulga una legge) e fase di valutazione (in seduta comune oppure, più probabile,
attraverso le commissioni parlamentari)
• Burocrazia → fase di attuazione, ma in virtù delle competenze di cui sono in possesso alcuni
burocrati, questi possono intervenire anche nella fase di formulazione

Attori non istituzionali


Partiti, gruppi di interesse ed esperti partecipano al processo politico, ma non sono parte
del meccanismo statale.
• Partiti → intervengono laddove si debba formulare un’agenda politica e delle soluzioni
• Gruppi di interesse → intervengono nell’agenda setting (come input), nella fase di formulazione
(lobbying come scambio d’informazioni) e nell’attuazione (sono i bene ciari delle politiche
pubbliche)
• Esperti/tecnici → fase di formulazione (esprimono le alternative) e nella fase di valutazione
(stabilendo se l’output è stato coerente con l’outcome)
• Media → intervento legato all’agenda setting, ma non è un intervento indipendente: i media
sono in genere in uenzati da partiti o gruppi di interesse

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Modelli di interazione
Per ogni settore di policy si sviluppano dei modelli peculiari, ossia delle modalità di interazione tra
gli attori sopra elencati. Questi tre modelli sono così de niti:
Issue networks
Gli issue networks sono reti che collegano i vari attori in un’area speci ca. Gli attori sono
molteplici e non ci sono attori speci ci che abbiano accesso al processo di formulazione e altri
che vi siano esclusi, gli attori possono cambiare nel tempo. Le relazioni tra i gruppi sono variabili
nel tempo: possono essere più o meno stabili e più o meno cooperative; possono esservi gruppi
contrari al governo e altri invece a ni.
Le reti sono costruite ad hoc, sono create per quella data politica, non c’è un livello di
istituzionalizzazione elevato: chi vuole partecipare partecipa, ma non ci sono ruoli o legami ben
de niti. Il grado di apertura è elevato → nuovi attori possono aggiungersi.
Le issues sono in genere tematiche che hanno una certa variabilità, come l’ambiente, che può
declinarsi in inquinamento, tutela del mare, delle specie in via d’estinzione, ecc. Essendo le
questioni mutevoli, attivano attori diversi e per questo la tipologia dei issue networks è di usa nel
modello pluralista.
Triangoli di ferro
Sono una modalità di interazione tipica del sistema americano, soprattutto per quanto concerne
la politica degli armamenti, ossia dell’acquisto di armi. Sono così chiamati perché prevedono la
presenza ssa di tre attori fondamentali che cooperano tra loro:
- gruppi di interesse (es. i grandi produttori di armi)
- vertici della burocrazia (es. i vertici militari → gli utenti che ne fanno uso)
- commissioni parlamentari (es. rappresentanti delle commissioni → il Parlamento paga le armi)
Essendoci un legame duraturo nel tempo, lo stile è dato da un negoziato volto al compromesso.
Il Parlamento (o comunque il decisore politico) è l’ultimo controllore della policy, ha l’ultima parola,
ma può diventare dipendente dai gruppi di interesse. L’istituzionalizzazione dei rapporti tra gli
attori è elevata: vi sono rapporti periodici, regole rigide di comportamento, requisiti per chi può
partecipare e contatti frequenti.
L’apertura a membri esterni è negata, perché appunto gli attori sono ssi.
Policy community
Sono network particolarmente stabili: si tratta di gruppi di attori aventi una membership (leader
politici, gruppi di interesse) ben de nita (in questo sono simili ai triangoli di ferro), che condivide
una cultura comune e uno stile consensuale (→ corporativismo).
Esattamente come per i triangoli di ferro i membri delle policy community tendono alla
cooperazione.
Anche nelle policy community ci sono comunità stabili, degli inside groups che hanno una
possibilità d’accesso a politiche settoriali, possibilità che è negata ad altri. Le policy community
fanno riferimento in genere alle politiche industriali, in cui avremo un sindacato degli imprenditori,
uno dei lavoratori e il decisore politico per ciascun settore.
L’apertura è limitata, ma non esclusa a priori: il governo o il decisore politico può decidere di
cambiare o di accogliere altri gruppi.

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