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6. L’impresa innovativa
marco.amendola2@univaq.it
L’impresa innova per ottenere un vantaggio competitivo sulle concorrenti ed ottenere così
maggiori profitti, tassi di crescita e, nel lungo periodo, sopravvivere sul mercato
Tuttavia, è lo stesso Schumpeter a mettere in guardia sul fatto che non tutte le imprese
sono innovative allo stesso modo
Una delle domande fondamentali allora per capire l’innovazione è: perché alcune imprese
sono più innovative di altre?
In questo blocco di slide si cercherà di dare una visione molto parziale di questa
letteratura...
Una prima possibilità riguarda l’insieme dei «fattori esterni» all’impresa che influenzano le
possibilità innovative dell’impresa stessa
Ad esempio, abbiamo visto come il tasso innovativo vari in maniera importante da settore a
settore o come la struttura di mercato possa avere un effetto rilevante sulla performance
innovativa delle imprese di quel mercato
I fattori esterni all’impresa sono dunque molti ed importanti e possono avere un ruolo
rilevante nell’influenzare la performance innovativa delle imprese
Ma esiste altro? O in altri termini, a parità di fattori esterni, rimangono delle differenze
importanti in termini di performance innovativa tra le imprese?
Questo significa che, oltre ai fattori esterni, esistono dei «fattori interni» all’impresa che
sono rilevanti nello spiegare la performance innovativa delle imprese
Questo vuol dire vedere l’impresa non come una scatola vuota, un punto sulla funzione di
produzione, ma come una entità specifica e concreta caratterizzata da proprie specificità
Diviene così ragionevole pensare che possa esistere una forte eterogeneità tra le imprese
Da notare come questa visione sia difficilmente compatibile con la visione «neoclassica
pura» dell’impresa, come evidenziato da Nelson (1991):
“It should be recognized that in trying to make a case for the economic significance of discretionary firm differences, I
and my co- arguers are fighting against a strong tide in economics, particularly in theoretical economics, that
downplays or even denies the importance of such differences. The argument in economics is not that firms are all
alike; economists recognize that computer firms differ from textile firms, and in both industries, German firms almost
certainly differ from Taiwanese firms. Rather, the position is that the differences aren't discretionary, but rather reflect
differences in the contexts in which firms operate: computer design and production technology and the computer
market differ from the situation in textiles. Factor prices and availabilities and product markets in Germany differ from
those in Taiwan. Thus, firms are forced to be different. The tendency to ignore discretionary firm differences in part
reflects that economists are not interested in behavior and performance at the level of firms, but rather in broader
aggregates-industry or economy wide performance. It reflects, as well, some strong theoretical views held by most
main line economists about what economic activity is all about, and about the role and nature of firms in economic
activity. My argument that discretionary firm differences within an industry exist and do matter significantly is part
and parcel of my broader argument that neoclassical economic theory is badly limited”
Questo blocco di slide cercherà di entrare (in parte) dentro la «scatola impresa» e di
indagare alcuni aspetti firm-specific rilevanti per l’innovazione
o Perché molte imprese perdono la loro capacità innovativa nel corso del tempo?
Un’ipotesi centrale della teoria RBV è che le risorse e le competenze sono eterogenee
tra imprese
La domanda centrale che si pone questa letteratura è capire come può un’impresa
effettivamente ottenere vantaggi competitivi, che durino nel tempo, tramite queste risorse
superiori
Secondo la RBV due proprietà consentono di difendere nel tempo il vantaggio competitivo:
qMeccanismi di isolamento:
Una risorsa x utilizzata da una impresa y produce certi risultati Rxy in quanto si trova in
un certo contesto, e può essere molto complesso individuare esattamente nel contesto
ciò che rende particolarmente produttiva x. Si parla in questo caso di ambiguità causale
(cioè sui legami di causa effetto). E’ chiaro che tale ambiguità rappresenta un
meccanismo di isolamento, in quanto impedisce l’imitazione dell’uso di una certa
risorsa da parte dei concorrenti. Altri meccanismi d’isolamento sono costituiti dalla
presenza di conoscenza o di asset complementari
«Poche risorse sono produttive da sole. Al contrario, le competenze riguardano la capacità di svolgere attività. Quindi
le risorse sono il requisito per la performance di successo di molte imprese, ma sono le competenze che integrano le
risorse e le usano in applicazioni produttive» (Malerba, 2000)
Entrando maggiormente nel dettaglio, ci sono quattro concetti chiave che definiscono
l’impresa evolutiva:
§ Conoscenza
§ Apprendimento
§ Routines
§ Competenze
Economia dell'innovazione 2021/2022 - Marco Amendola
Teoria dell’impresa: la teoria evolutiva
Conoscenza:
Questo spiega perché la conoscenza non si diffonde facilmente tra imprese diverse e
perché quindi si possono avere degli importanti e persistenti differenziali tra imprese in
termini di conoscenza
Apprendimento:
Routines:
Competenze:
Competenze:
La teoria RBV e la teoria evolutiva ci dicono che esistono rilevanti fattori interni alle imprese
(RBV: risorse; Teoria evolutiva: competenze, conoscenze…) che spiegano differenziali di
performance tra imprese, in generale, e in termini di innovazione
Queste teorie non solo evidenziano il ruolo dei fattori interni, ma spiegano perché questi
possono rimanere nel tempo una fonte importante di eterogeneità tra le imprese (RBV:
imperfetta mobilità, meccanismi di isolamento; Teoria evolutiva: componente tacita della
conoscenza e delle competenze, eterogeneità nei meccanismi di apprendimento…):
“The key point, however, is that the properties of internal organization cannot be replicated by a portfolio of
business units amalgamated through formal contracts as the distinctive elements of internal organization simply
cannot be replicated in the market. That is, entrepreneurial activity cannot lead to the immediate replication of
unique organizational skills through simply entering a market and piecing the parts together overnight. Replication
takes time, and the replication of best practice may be illusive. Indeed, firm capabilities need to be understood not in
terms of balance sheet items, but mainly in terms of the organizational structures and managerial processes which
support productive activity” (Teece e Pisano, 1994)
Economia dell'innovazione 2021/2022 - Marco Amendola
I fattori interni: una sintesi
L’aspetto debole di quanto visto è che non ci dice molto sulle «cause prime» alla base di
questa eterogeneità tra imprese in termini di risorse e competenze
Ad esempio, perché, dati gli stessi fattori esterni, alcune imprese investono di più in R&S?
Lasciamo anche noi questa ed altre domande senza riposta. Quello che faremo invece, in
primo luogo, è cercare di indagare perché per le imprese innovative può essere difficile
rimanere tali nel tempo, un aspetto evidenziato dallo stesso Schumpeter:
«Altre imprese muoiono di morte naturale. La causa naturale per le imprese è precisamente lo loro incapacità di
tenere il passo con l’innovazione, che esse stesse avevano contribuito a creare nel loro periodo di maggiore
vitalità»
N.B.: i meccanismi alla base di ognuno di essi sono spesso simili. Ognuno di questi fattori
ha però caratteristiche peculiari che suggeriscono di trattarli in maniera distinta
Competenze elevate possono infatti diventare rigidità elevate se l’impresa cade nella
trappola delle competenze. Questo è il paradosso evidenziato da Leonard-Barton (1992):
“traditional core capabilities have a down side that inhibits innovation, here called core rigidities. Managers of new
product and process development projects thus face a paradox: how to take advantage of core capabilities without
being hampered by their dysfunctional flip side”
Economia dell'innovazione 2021/2022 - Marco Amendola
Trappola delle competenze
“Capabilities are considered core if they differentiate a company strategically… [Core capabilities are ] a set of
differentiated skills, complementary assets, and routines that provide the basis for a firm's competitive capacities and
sustainable advantage in a particular business”
Ma core capabilities possono diventare core rigidities = fonte del possibile fallimento
Messaggio centrale: quando si ha successo in un mercato per molto tempo, spesso si inizia
a credere che la propria visione del successo sia la stessa di quella del mercato. Il ciclo di
successo interno può così rendere l’impresa cieca ai cambiamenti nell'ambiente
competitivo, cambiamenti che sono invece evidenti e colti dalle imprese meno vincenti in
quel momento. Questo può erodere nel tempo il vantaggio competitivo dell’impresa ed
essere la fonte del suo futuro insuccesso
Economia dell'innovazione 2021/2022 - Marco Amendola
Exploration vs exploitation
Tuttavia, la gran parte delle imprese che si trovano da diverso tempo sul mercato e che
hanno avuto una performance soddisfacente rischiano di concentrarsi in maniera
eccessiva nella componente exploitation, ovvero nello sfruttamento di strade e
tecnologie note
Più nel dettaglio, seguendo March (1991) possiamo definire le due attività come:
“The essence of exploitation is the refinement and extension of existing competences, technologies, and paradigms.
Its returns are positive, proximate, and predictable. The essence of exploration is experimentation with new
alternatives. Its returns are uncertain, distant, and often negative. Thus, the distance in time and space between the
locus of learning and the locus for the realization of returns is generally greater in the case of exploration than in the
case of exploitation, as is the uncertainty”
Entrambe le attività sono fondamentali ma, competendo per risorse scarse, esiste un trade-
off tra le due:
“Both exploration and exploitation are essential for organizations, but they compete for scarce resources. As a
result, organizations make explicit and implicit choices between the two. The explicit choices are found in calculated
decisions about alternative investments and competitive strategies. The implicit choices are buried in many features of
organizational forms and customs, for example, in organizational procedures for accumulating and reducing slack, in
search rules and practices, in the ways in which targets are set and changed, and in incentive systems…
“Each increase in competence at an activity increases the likelihood of rewards for engaging in that activity,
thereby further increasing the competence and the likelihood…Reason inhibits foolishness; learning and imitation
inhibit experimentation. This is not an accident but is a consequence of the temporal and spatial proximity of the
effects of exploitation, as well as their precision and interconnectedness. Since performance is a joint function of
potential return from an activity and present competence of an organization at it, organizations exhibit increasing
returns to experience (Arthur 1984). Positive local feedback produces strong path dependence (David 1990) and can
lead to suboptimal equilibria. It is quite possible for competence in an inferior activity to become great enough to
exclude superior activities with which an organization has little experience (Herriott, Levinthal, and March 1985).
Since long-run intelligence depends on sustaining a reasonable level of exploration, these tendencies to increase
exploitation and reduce exploration make adaptive processes potentially self-destructive”
“Compared to returns from exploitation, returns from exploration are systematically less certain, more remote in time,
and organizationally more distant from the locus of action and adaption. What is good in the long run is not always
good in the short run. What is good at a particular historical moment is not always good at another time. What is
good for one part of an organization is not always good for another part”
A tale aspetto, ne aggiunge un secondo interessante: alcune imprese non hanno successo
o falliscono perché, al contrario di quanto detto, si focalizzano troppo sulla componente
explore e molto poco sulla componente exploit
Il segreto del successo è nel mezzo: serve il giusto equilibrio tra il cogliere i frutti dei propri
sforzi (exploit) e il cercare nuove strade da cui cogliere i possibili frutti del futuro (explore)
Al contrario, le imprese innovative già insediate sul mercato sono messe a dura prova nel
caso di innovazioni competence-destroying (fotografia digitale da fotografia analogica)
In questo caso, infatti, le competenze accumulate non risultano così utili nel nuovo contesto
tecnologico. Nuovi entranti possono essere maggiormente veloci nel cogliere le nuove
opportunità tecnologiche e fare fuori le imprese insediate
Tali autori notano che le tecnologie fondamentali su cui sono costruiti i prodotti sono spesso
contenute nei componenti usati (circuiti integrati, motori a combustione…). L’architettura di
un prodotto definisce le relazioni e pattern attraverso cui i componenti interagiscono
“This paper demonstrates that the traditional categorization of innovation as either incremental or radical is
incomplete and potentially misleading and does not account for the sometimes disastrous effects on industry
incumbents of seemingly minor improvements in technological products. We examine such innovations more closely
and, distinguishing between the components of a product and the ways they are integrated into the system that is the
product architecture, define them as innovations that change the architecture of a product without changing its
components. We show that architectural innovations destroy the usefulness of the architectural knowledge of
established firms, and that since architectural knowledge tends to become embedded in the structure and
information-processing procedures of established organizations, this destruction is difficult for firms to recognize
and hard to correct. Architectural innovation therefore presents established organizations with subtle challenges that
may have significant competitive implications” (Henderson e Clark, 1990)
“Given the evolutionary character of development and the prevalence of dominant designs, there appears to be a
tendency for active learning among engineers to focus on improvements in performance within a stable product
architecture. In this context, learning means learning about components and the core concepts that underlie them.
Given the way knowledge tends to be organized within the firm, learning about changes in the architecture of the
product is unlikely to occur naturally. Learning about changes in architecture-about new interactions across
components (and often across functional boundaries) may therefore require explicit management and attention. But
it may also be that learning about new architectures requires a different kind of organization and people with
different skills. An organization that is structured to learn quickly and effectively about new component technology
may be ineffective in learning about changes in product architecture” (Henderson e Clark, 1990)
Per una migliore intuizione dei meccanismi alla base di questa conclusione cfr. «Economia dell’innovazione» Cap. 6, nota 8
Allo stesso tempo, però, la domanda proveniente dagli utilizzatori può aumentare l’inerzia
tecnologica delle imprese: imprese rischiano di non rendersi conto della presenza di
nuove opportunità di mercato
Intuizione: avere una domanda stabile nel tempo consente alle imprese di vendere il loro
prodotto senza problemi. Tuttavia, proprio questi continui feedback positivi provenienti dai
propri clienti possono rendere l’impresa meno pronta ad assorbire e percepire le nuove
opportunità tecnologiche
Un esempio classico è quello del mercato degli hard disk, dove molte imprese che
producevano hard disk per mainframe sono rimaste bloccate su questa tecnologia in larga
parte a causa della domanda proveniente dai loro clienti che erano imprese produttrici di
mainframe
Nel lungo periodo, quando gli hard disk di dimensioni minori sono diventati la tecnologia
dominante, molte di queste imprese sono fallite
Un forte legame impresa-utilizzatori è positivo nel breve periodo (riesco a vendere il mio
prodotto e ottengo importanti feedback) ma può essere pericoloso nel lungo periodo se
questo aumenta l’inerzia dell’impresa
Questa idea ha ricevuto grande attenzione dal mondo accademico ed imprenditoriale, tanto
da essere stata definita «l’idea imprenditoriale» più influente degli ultimi anni:
“The most influential business idea of recent years is Clayton Christensen’s theory of disruptive innovation” (The
Economist, 2017)
Come enunciato nel suo libro «The Innovator’s Dilemma: When New Technologies Cause
Great Firms to Fail» del 1997, Christensen vede nel concetto di disruptive technology una
possibile spiegazione del perché imprese di grande successo possono fallire nel tempo:
“This book is about the failure of companies to stay atop their industries when they confront certain types of market
and technological change. It’s not about the failure of simply any company, but of good companies—the kinds that
many managers have admired and tried to emulate, the companies known for their abilities to innovate and
execute”
“the list of leading companies that failed when confronted with disruptive changes in technology and market structure
is a long one... One theme common to all of these failures, however, is that the decisions that led to failure were made
when the leaders in question were widely regarded as among the best companies in the world”
Il fallimento dovuto a DT è tutt’altro che intuitivo, infatti Christensen (C.) suggerisce che
esso non è il frutto di «cattive» strategie d’impresa ma, al contrario, è dovuto esattamente a
delle «buone» procedure di management e gestione dell’impresa, dove per buone si
intendono pratiche largamente considerate tali dalla teoria:
“It shows that in the cases of well-managed firms such as those cited above, good management was the most
powerful reason they failed to stay atop their industries. Precisely because these firms listened to their customers,
invested aggressively in new technologies that would provide their customers more and better products of the sort
they wanted, and because they carefully studied market trends and systematically allocated investment capital to
innovations that promised the best returns, they lost their positions of leadership”
In presenza di DT, tuttavia, queste pratiche andrebbero riviste e, in parte, sovvertite. Nello
specifico:
“What this implies at a deeper level is that many of what are now widely accepted principles of good management
are, in fact, only situationally appropriate. There are times at which it is right not to listen to customers, right to
invest in developing lower-performance products that promise lower margins, and right to aggressively pursue
small, rather than substantial, markets”
“These rules, which I call principles of disruptive innovation, show that when good companies fail, it often has been
because their managers either ignored these principles or chose to fight them. Managers can be extraordinarily
effective in managing even the most difficult innovations if they work to understand and harness the principles of
disruptive innovation”
o Sustaining innovation
o Disruptive innovation
“Most are sustaining innovations, which improve products and services along dimensions of performance that
mainstream customers care about and that markets have historically valued” (Christensen et al., 2018)
“sustaining innovations enable incumbents to sell more products to their best existing customers at higher margins
and higher profitability” (Christensen et al., 2018)
Raramente, quindi, le innovazioni sustaining sono state alla base del fallimento di imprese
innovative insediate sul mercato:
“An important finding revealed in this book is that rarely have even the most radically difficult sustaining
technologies precipitated the failure of leading firms” (Christensen, 1997)
Esempio di innovazione radicale sustaining: il passaggio da segnale digitale a segnale analogico nelle
telecomunicazioni
Economia dell'innovazione 2021/2022 - Marco Amendola
Disruptive technologies
Più nello specifico le innovazioni di tipo disrputive possono essere definite come:
“The rarer type is a disruptive innovation. When initially introduced, disruptive innovations are inferior to incumbent
products on accepted performance dimensions, but they offer a novel mix of attributes that appeals to fringe
customer groups, notably those near the bottom of the market. They may be, for instance, smaller, cheaper, more
accessible, or more convenient” (Christensen et al., 2018)
Esempi classici: passaggio da Mainframe a PC [PC meno potenti ma più piccoli ed economici]; da
Harley-Davidson a moto Honda, Yamaha e Kawasaky [più piccole, meno potenti e più economiche]
Quando una tecnologia disruptive può essere alla base del fallimento delle imprese
innovative insediate sul mercato?
Nel medio-lungo periodo, questo porta ad una situazione in cui i prodotti offerti sul mercato
hanno una performance superiore rispetto a quella richiesta dalla grandissima parte dei
clienti:
“in many industries, the pace of technological progress outstrips customers’ demand for higher-performing
technologies. As a result, incumbents can overserve the market by producing more advanced, feature-rich products
than customers need” (Christensen et al., 2018)
Allo stesso tempo, questo vuol dire che la DT può recuperare nel tempo il gap di
performance rispetto alla tecnologia incumbment nelle dimensioni considerate rilevanti dal
mercato, arrivando cosi a soddisfare i bisogni di gran parte del mercato lungo queste
dimensioni:
“the observation that technologies can progress faster than market demand means that in their efforts to provide
better products than their competitors and earn higher prices and margins, suppliers often “overshoot” their market:
They give customers more than they need or ultimately are willing to pay for. And more importantly, it means that
disruptive technologies that may underperform today, relative to what users in the market demand, may be fully
performance-competitive in that same market tomorrow…
…
Many who once needed mainframe computers for their data processing requirements, for example, no longer need or
buy mainframes. Mainframe performance has surpassed the requirements of many original customers, who today
find that much of what they need to do can be done on desktop machines linked to file servers. In other words, the
needs of many computer users have increased more slowly than the rate of improvement provided by computer
designers. Similarly, many shoppers who in 1965 felt they had to shop at department stores to be assured of quality
and selection now satisfy those needs quite well at Target and Wal-Mart” (Christensen, 1997)
Notazione:
ST: tecnologia incumbment che migliora
nel tempo (sustaining)
DT: tecnologia disruptive
Il grafico mostra:
1) Crescita performance nel tempo di ST e
DT, lungo una dimensione tecnologica
apprezzata dal mercato
2) Crescita nel tempo bisogni fascia alta e
bassa del mercato
3) Tecnologia DT e ST che crescono più
velocemente di bisogni
4) Tecnologia DT che nel tempo arriva a
soddisfare anche fascia alta del mercato
La domanda allora è: ma se è così, perché le imprese insediate non investono loro stesse
nelle DT?
Qui entra il secondo meccanismo individuato da C., ovvero il fatto che le imprese insediate
per investire in DT devono:
q essere in grado di capire i vantaggi di lungo periodo della DT, avendo come principali
feedback di mercato quelli provenienti da clienti che non adottano tale tecnologia
q avendo meno fondi per migliorare la tecnologia incumbent, essere meno in grado di
soddisfare i loro clienti storici
Economia dell'innovazione 2021/2022 - Marco Amendola
Disruptive technologies
Inoltre, a volte il tasso di crescita delle tecnologie DT può essere molto lento all’inizio,
rendendo ancora più difficile percepire le opportunità future:
Al contrario, i nuovi entranti o le imprese meno di successo non avendo grandi clienti storici
e/o tassi di profitto particolarmente elevati sono più disposte ad entrare in questi mercati:
“existing customers and established profit models constrain established firms’ investments in new innovations; thus,
investments unattractive to incumbents may be attractive to entrants who lack many (or any) customers and enjoy
fewer competing investment opportunities. Consequently, incumbents are typically unmotivated to develop
disruptive innovations that promise lower margins, target smaller markets, and introduce inferior products and
services that their existing customers cannot use” (Christensen et al., 2018)
Quando le imprese insediate si accorgono davvero della minaccia e delle opportunità delle
DT può ormai essere troppo tardi: le DT possono far fallire imprese molto innovative
Anni 70: pioniere nell’industria è IBM, che produce i primi dischi rigidi per i propri bisogni
Negli stessi anni, emergono altri produttori che a metà degli anni ’80 arrivano a conquistare
i due terzi del mercato
Alla fine anni Settanta si afferma una seconda architettura, da 8 pollici, con capacità dei
dischi rigidi da 10 a 40 Mb
Questi dischi da 8 pollici soddisfano la domanda di una fetta di mercato ancora marginale,
quella dei microcomputer dove la minore dimensione è rilevante
Tuttavia, succede una seconda dinamica: le capacità di memoria dei dischi crescono
molto più rapidamente di quanto sia richiesto nel mercato dei minicomputer e
soprattutto dei mainframe
In poco tempo, dischi da 8 pollici hanno una memoria più che sufficiente a soddisfare
domanda proveniente da mainframe. In più sono più piccoli e leggeri
Risultato: imprese che producono dischi da 14 pollici falliscono in poco tempo. Imprese che
producono dischi da 8 conquistano mercato dei clienti mainframe
Questa tecnologia è inizialmente indirizzata ad una nuova nicchia di clienti, gli utilizzatori di
desktop personal computer
Imprese che producono dischi da 5,25 servono clienti diversi (desktop personal computer)
rispetto a quelli da 8 (minicomputer e mainframe)
Ma…
Le capacità di memoria dei dischi crescono in maniera estremamente più rapida dei bisogni
dei clienti
Nel giro di poco tempo la memoria dei dischi da 5,25 è più che sufficiente a soddisfare la
richiesta dei clienti dei minicomputer, avendo come vantaggio una dimensione minore
Il mercato dei dischi rigidi per minicomputer viene conquistato dalle imprese che producono
dischi da 5,25 a discapito delle imprese che producono dischi da 8
Alcune osservazioni:
Il passaggio dal produrre dischi più grandi al produrre dischi più piccoli non era
particolarmente complesso dal punto di vista tecnologico
Non è stato quindi un motivo tecnologico alla base del fatto che le imprese insediate non si
sono messe a produrre i dischi di dimensioni inferiori
Il motivo è: i dischi più piccoli erano meno performanti (lungo la dimensione memoria) e non
in grado di soddisfare i bisogni dei clienti del mercato di riferimento delle imprese insediate
La scarsa dimensione veniva apprezzata in altri mercati, lontani da quelli delle imprese
insediate e di più piccole dimensioni
Nella storia di quest’industria ciò che è mancato agli insediati è stata la capacità di
volgere l’attenzione verso il basso
Economia dell'innovazione 2021/2022 - Marco Amendola
Disruptive technologies, caso studio: auto elettrica
Particolarmente interessante è il caso studio riportato da C. nelle parti finali del suo libro del
1997
“How much do we need to worry about electric cars? That is, aside from California’s mandate, does the electric car
pose a legitimate disruptive threat to companies making gasoline-powered automobiles? Does it constitute an
opportunity for profitable growth?”
Come fare per capirlo? Confrontare il tasso di crescita delle dimensioni tecnologiche
dell’auto elettrica con il tasso di crescita dei bisogni degli utenti (automobilisti) lungo le
dimensioni ritenute fondamentali dal mercato:
“To answer these questions, I would graph the trajectories of performance improvement demanded in the market
versus the performance improvement supplied by the technology; in other words, I would create for electric vehicles a
trajectory map. Such charts are the best method I know for identifying disruptive technologies”
Secondo C., nel 1997 l’autonomia richiesta dal mercato è di circa 150 miglia, mentre il
tempo richiesto per passare da 0 a 100 è di meno di 10 secondi
Nel 1997: auto non elettrica soddisfa perfettamente queste performance; al contrario, auto
elettrica non rispetta tale performance: autonomia è meno della metà (circa 50-80 miglia);
accelerazione è troppo debole (circa 20 secondi)
Investire nel 1997 nell’auto elettrica per imprese automobilistiche di successo sarebbe
molto rischioso ed in parte senza senso: chi compra auto elettrica se ha performance molto
inferiori rispetto a quelle richieste dal mercato?
Tuttavia, C. nota un secondo aspetto, queste dimensioni tecnologiche nel caso dell’auto
elettrica stanno crescendo ad tasso superiore rispetto al tasso di crescita dei bisogni dei
clienti lungo queste dimensioni (praticamente nullo secondo C.)
Questo fa si che l’auto elettrica molto probabilmente raggiungerà gli standard richiesti dal
mercato, diventando prima o poi competitiva rispetto all’auto a combustione:
“Figure 10.1 shows that the trajectories of performance improvement demanded in the market—whether measured
in terms of required acceleration, cruising range, or top cruising speed—are relatively flat. This is because traffic laws
impose a limit on the usefulness of ever-more-powerful cars, and demographic, economic, and geographic
considerations limit the increase in commuting miles for the avethe performance of electric vehicles is improving at a
faster rate—between 2 and 4 percent per year—suggesting that sustaining technological advances might indeed
carry electric rage driver to less than 1 percent per year. At the same time, vehicles from their position today, where
they cannot compete in mainstream markets, to a position in the future where they might”
Una volta raggiunti gli standard richiesti dal mercato nelle dimensioni tecnologiche ritenute
fondamentali dal mercato, altre caratteristiche come il minor inquinamento potrebbero
consentire ai produttori di auto elettriche di buttare fuori dal mercato i produttori di auto a
combustione….:
“In other words, as an automotive company executive, I would worry about the electric vehicle, not just because it is
politically correct to be investing in environmentally friendly technologies, but because electric vehicles have the smell
of a disruptive technology. They can’t be used in mainstream markets; they offer a set of attributes that is orthogonal
to those that command attention in the gasoline-powered value network; and the technology is moving ahead at a
faster rate than the market’s trajectory of need. Because electric vehicles are not sustaining innovations, however,
mainstream automakers naturally doubt that there is a market for them—another symptom of a disruptive
innovation”
In altri termini, C., nel 1997, vede nell’auto elettrica una probabile innovazione DT del futuro
prossimo…
Una parte della letteratura si è allora chiesta se esiste una relazione tra il design
organizzativo di un’impresa ed il suo grado di inerzia di lungo periodo
Una prima scelta fondamentale che deve compiere l’impresa, e rilevante da questo punto di
vista, è il grado di bilanciamento tra decentramento e centralizzazione delle decisioni
Avere un buon grado di decentramento sembra quindi utile per combattere l’inerzia
«Le imprese con elevata performance nel lungo periodo sono in grado di mantenere un equilibrio tra queste
due modalità organizzative» (Malerba, 2000)
Il giusto equilibrio può dipendere dal contesto tecnologico specifico in cui opera l’impresa
Alcuni casi concreti di studio sono stati il confronto tra impresa U-form ed impresa M-form
Esempio: secondo alcuni autori, impresa U-form si è dimostrata inadeguata in situazioni di crescente
differenziazione di prodotto e complessità. Impresa M-form, al contrario, decentrando produzione e
sviluppo dei prodotti innovativi alle divisioni, e mantenendo centralizzate le decisioni strategiche e di
R&S, sarebbe più adatta a sopravvivere in queste situazioni. Anche questa forma organizzativa è
comunque entrata in crisi con la sempre maggiore diffusione di innovazioni multiprodotto
Legami deboli si hanno quanto l’interazione tra le diverse unità è infrequente o poco
rilevante. Legami forti, al contrario, si hanno quando l’interazione è molto frequente e
rilevante per le decisioni delle singole unità
Legami deboli aumentano l’indipendenza delle singole parti, consentendo una maggiore
varietà interna all’impresa e una minore inerzia
Legami forti consentono una migliore e più rapida diffusione ed utilizzo della
conoscenza dell’impresa ma rischiano di aumentare l’inerzia complessiva della stessa
Intel nasce alla fine degli anni 60 come impresa che produce memorie per computer
(DRAM), registrando profitti e tassi di crescita giganteschi per circa due decenni
L’attività di Intel era centrata sulle memorie, ma aveva anche altre unità più piccole e
marginali che producevano e sperimentavano microprocessori
Quando nel tempo le opportunità di profitto si spostarono a favore dei microprocessori, Intel
non mostrò alcuna inerzia/rigidità nello spostarsi maggiormente verso questa produzione
Come mai?
Secondo Burgelman (1991) ciò dipese dal fatto che le regole interne di Intel indirizzavano
in maniera automatica i fondi verso le direzioni che promettevano maggiori ritorni
“The paper proposes that consistently successful organizations are characterized by top managements who spend
efforts on building the induced and autonomous strategic processes, as well as concerning themselves with the
content of strategy; that such organizations simultaneously exercise induced and autonomous processes; and that
successful reorientations in organizations are likely to have been preceded by internal experimentation and selection
processes effected through the autonomous process” (Burgelman, 1991)
Letture facoltative:
Rapporto Istat: «Innovazione_Imprese_Istat»
File: «The-2-percent-company»