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L'opera "Volto della Guerra" di Salvador Dal unisce la potenza dell'espressionismo

con la sperimentazione surrealista, portando l'osservatore in un viaggio emotivo e


concettuale attraverso l'orrore e la brutalità della guerra. È una rappresentazione
psichico-surrealista degli orrori della guerra e delle morti causati da questa.
Creato nel 1940 durante il suo soggiorno negli Stati Uniti, dove si era rifugiato in
seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale, questo dipinto si distingue per
la sua potente rappresentazione visiva dei terribili effetti della guerra sull'umanità.
L’opera è un dipinto ad olio che si sviluppa su una tela di dimensioni relativamente
contenute, circa 41 per 31 pollici. La composizione è dominata da un volto umano o,
più precisamente, da una serie di volti sovrapposti e contorti.Sembra il volto di un
cadavere, scuro e scarno, le rughe sono valorizzate dai giochi di luci ed ombre su di
esso, culminando in una smorfia di sofferenza e disperazione. All’interno delle due
orbite oculari scure e dell’incavo della bocca sono inseriti dei teschi. Questi a loro
volta, presentano altri teschi all’interno delle tre cavità. Questi volti, espressioni di
terrore, dolore e angoscia, sono raffigurati in una gamma cromatica intensa e
contrastante. La fisionomia del volto non lo identifica come quello di un uomo o una
donna. Le sue fattezze scheletriche ed essenziali lo privano di ogni connotazione di
genere, dandogli la possibilità di rappresentare l’essere umano nella sua interezza.
Ai lati emergono dei serpenti minacciosi che si lanciano sul volto avvolgendolo e
strisciando nelle orbite. Il soggetto si trova all’interno di un paesaggio desertico
vicino a delle rocce.
Il colore viene applicato sulla tela con pennellate larghe e omogenee che risultano
perfettamente levigate utilizzando magistralmente la sfumatura. Ogni pigmento
sfuma nell’altro con passaggi morbidi. La gestione della luce è teatrale e proietta
sulla sabbia una pesante ombra che aumenta la drammaticità della
scena.L’illuminazione è solare e proviene da destra. Infatti, l’ombra del viso si
prolunga a sinistra. Le ombre scure sul viso disegnano rughe profonde e rivelano le
orbite e la bocca spalancata. Il chiaroscuro modella morbidamente la fisionomia del
volto e le asperità della roccia.Per realizzare questa scena surreale, Dalí usa
soprattutto colori caldi (ocra-arancione per il suolo del deserto, colori bruni per il
volto protagonista, per le rocce) con l’unica eccezione del cielo, reso con un azzurro
turchese. I colori sono importanti perché Dalí li usa per mettere in risalto il viso
rispetto a tutta l’opera che lo circonda. Dal punto di vista geometrico il dipinto è
molto interessante poichè il volto principale risulta enorme grazie alle proporzioni e
al taglio della parte superiore che continua oltre il bordo del dipinto. In tal modo la
fronte sembra proseguire oltre il campo visivo dell’osservatore. Le diagonali
dell’opera si incrociano al centro del viso, in prossimità della base del naso. Il volto
della guerra è posizionato al centro del dipinto che, così, assume una costruzione
simmetrica. Infine, le costruzioni rocciose a destra, creano un peso maggiore verso
tale lato del dipinto. Inoltre Dalí, amante della matematica, ha usato una dimensione
frattale di circa 1.171701±0.0006913 per realizzare l’opera, in particolar modo per
realizzare i volti all’interno del volto principale. La linea d’orizzonte separa
nettamente cielo e terra. In primo piano, la roccia con l’impronta della mano continua
oltre i bordi inferiore e destro. In questo modo, l’osservatore è maggiormente
coinvolto nella scena rappresentata. La roccia in alto, permette di percepire la
distanza del volto dal primo piano. Infine, le tracce sulla sabbia rivelano la
prospettiva del suolo che , verso l’infinito, diventa una superficie liscia ed omogenea.
La scena è osservata da un punto di vista piuttosto alto.
Contrariamente a quanto accade con le opere surrealiste precedenti di Dalì,
l’interpretazione de “Il volto della guerra” è resa più immediata sia dal particolare
contesto in cui è stata realizzata, sia dal titolo stesso del dipinto. Il volto umano
centrale, con le sue espressioni di agonia e disperazione, rappresenta il dolore fisico
e psicologico universale causato dalla guerra. La ripetizione dei volti potrebbe essere
interpretata come una rappresentazione della molteplicità delle vittime e delle loro
esperienze traumatiche, oppure come la perenne onnipresenza della guerra nella
storia umana, una personificazione mostruosa e orripilante della guerra universale.
La distorsione delle forme suggerisce una disumanizzazione, mettendo in evidenza
la perdita dell'identità e della dignità umana durante il conflitto.inoltre, non inserisce
alcun riferimento alla guerra civile spagnola o alla seconda guerra mondiale. La
raffigurazione dei conflitti assume così un carattere generale e universale in cui
chiunque, indipendentemente dal contesto storico vissuto, può trovare parte di sé.
Da dietro la testa spuntano dei serpenti che vengono in avanti ed avvolgono il viso,
entrando negli occhi ed altri vanno a terra, Sono tutti simboli di disgusto e ripugnanti
e che rappresentano alla perfezione l’orrore della guerra.

Salvador Dalì dipinge “Il volto della guerra” intorno all’anno 1940, durante un periodo
particolarmente complesso sia per la sua vita privata, sia per la sua ricerca artistica.
Si tratta infatti di un momento a cavallo tra due conflitti, la guerra civile spagnola e la
seconda guerra mondiale, che avranno un impatto su di lui a livello umano e
professionale. All’inizio degli anni Quaranta, Dalì e la sua famiglia si erano trasferiti
negli Stati Uniti, dove poi avrebbero abitato per otto lunghi anni con l’obiettivo di
fuggire dagli orrori che avevano coinvolto l’Europa. “Il volto della guerra” nasce
dunque in un contesto complicato e risulta essere una riflessione personale del
pittore sugli scontri che ormai da tempo affliggevano l’intero pianeta. L’opera
ottenne subito un ottimo riscontro. Grazie all’intuito della curatrice Renilde
Hammacher venne acquistata da un collezionista francese nel 1971 per essere
esposta al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, dove ancora oggi è
possibile ammirarla.

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