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ECONOMIA E GESTIONE D’IMPRESA

CAPITOLO 1 - TEORIE DELL’IMPRESA

L’impresa e i suoi comportamenti sono stati oggetto di studi approfonditi e articolati da parte
dei teorici dell’economia→ ha dato luogo a una serie di teoria dell’impresa

Teoria dell’impresa neoclassica:


Prima teoria dell’impresa, è chiamata anche teoria dell'equilibrio economico parziale e
generale. Tale teoria fornisce la rappresentazione più compiuta del funzionamento
dell’economia di mercato, studia quindi il mercato (uno spazio in cui avvengono le transazione
ovvero il luogo in cui domanda e offerta si incontrano): gli economisti studiano il mercato, gli
aziendalisti studiano le imprese. L’impresa assume in questa teoria solo un ruolo in quanto
agente che determina il prezzo.

I principali postulati dell’economia neoclassica, nel modello di Léon Walras sono:


● la ricerca di condizioni di equilibrio in situazioni di concorrenza e di disponibilità di
informazioni perfette e in assenza di progresso delle tecniche. Condizione teorica che
non si trova quindi nella pratica ma che ci aiuta a fare dei ragionamenti, in cui c’è un
numero n di imprese dove n è un numero alto potenzialmente che tende all’infinito,
queste imprese sono tutte uguali e tutte piccole ovvero fatte da un individuo,
l’imprenditore. Essendo tutte piccole e quindi potenzialmente uguali, hanno la stessa
tipologia e quantità di informazione e quindi tra queste imprese la competizione
riguarderà il prezzo, si arriva a creare prodotti computerizzati. Gli agenti che operano in
queste organizzazioni sono perfettamente razionali ovvero riescono a prendere
decisioni solo su elementi oggettivi, la razionalità perfetta è quella condizione non
esistente in natura, secondo cui noi riusciamo a prendere decisioni in condizioni di:

1. perfetto set di condizioni


2.perfetta capacità di processare tutte le informazioni

● l’ipotesi della razionalità perfetta degli agenti che, per l’impresa. ha come conseguenza
l'obiettivo della massimizzazione del profitto
● la preminenza attribuita all’analisi dello scambio rispetto a quella della produzione

Le funzioni dell’impresa sono circoscritte alla trasformazione, con modalità che si postulano
perfettamente efficienti, dei fattori della produzione in fattori finiti.
Nel modello introduttivo alla teoria neoclassica si ipotizza che:
● il proprietario e il manager dell’impresa coincidano
● l’obiettivo dell’impresa sia la massimizzazione dei profitti (come differenza tra ricavi e
costi)
● i benefici e gli oneri dell'impresa siano completamente espressi dai ricavi e dai costi.

L’impresa neoclassica appare come un agente senza spessore né dimensione, programmato


per applicare meccanicamente le regole della convenienza economica. L’impresa viene
chiamata black box, una scatola al cui interno entrano input ed escono output che vende sul
mercato, è quindi un’entità atomistica.
Alfred Marshall è il primo economista a sistematizzare il corpo teorico della dottrina
neoclassica dell’impresa. Essa rappresentava fino agli anni 30’ una teoria economica senza
l’impresa, una teoria finalizzata alla spiegazione del funzionamento dei mercati come
meccanismo di fissazione dei prezzi dell'economia capitalistica.
Negli anni 30’, uno studioso chiamato Ronald Coase (premio Nobel nel 1991), nell’articolo “The
nature of the force” si pone domande sulle imprese e sviluppa il suo contributo rivolto ad
affrontare due quesiti fondamentali:
1. perché le imprese esistono?
2. che cos’è un’impresa e qual è la sua natura?
Coase individua nelle imperfezioni del mercato (nell’esistenza dei costi di transizione), la
risposta alla prima domanda ovvero l’impresa si caratterizza come un modo particolare di
allocazione delle risorse. Inoltre l’impresa è intesa come luogo di coordinamento di agenti e
luogo di gestione dei conflitti e degli interessi degli agenti stessi.
Per quanto riguarda la natura dell’impresa bisogna considerare l’impresa come una forma
particolare di organizzazione economica, un assetto istituzionale alternativo al mercato.
Impresa e mercato sono quindi due forme alternative di coordinamento economico.

Teoria dei costi di transazione (trans-action cost):


Il percorso intrapreso da Coase è stato poi ripreso e definito in forma più articolata da
Williamson con un approccio che egli definisce New Istitutional Economics e che mira a definire
le dinamiche di scambio fra le imprese. Egli propone un unico quadro all’interno del quale si
collocano le diverse “istituzioni economiche del capitalismo” ossia i sistemi e le strutture di
governo delle transazioni. In un contesto in cui si effettui una transazione che richiede
investimenti specifici o in contesti di elevata incertezza e di elevata frequenza delle transazioni è
conveniente passare dal mercato all’organizzazione interna. L'organizzazione è la risposta al
fallimento del mercato come struttura di governo delle transazioni, che si verifica a causa
dell’incertezza, della razionalità limitata e dell’opportunismo delle parti.
Secondo questa teoria le imprese esisterebbero perché il mercato non è perfetto. Il mercato è
perfetto quando io pago un oggetto il prezzo giusto, quando quindi la transazione non costa
più del dovuto ma molto spesso non è così, paghiamo molto di più le cose che paghiamo infatti
si dice che il mercato fallisce e i costi in più che io sostengo sono i costi di transazione, costi
che io pago quando il mercato fallisce.
Il mercato non è una struttura abbastanza stabile per affrontare la complessità delle relazioni
tra sistemi specializzati e dall’altra parte la gerarchia è una struttura non sufficientemente
flessibile. Per questa ragione, il ruolo del management è quello di trovare le forme miste tra
mercato e gerarchie con cui organizzare il mercato e articolare le gerarchie.
I criteri di scelta per Williamson rispetto all’alternativa tra integrare ed esternalizzare sono tre:
1. il costo
2. il contesto
3. il tipo di transazione

La teoria dei costi di transizione propone una variante alla visione contrattuale dell’impresa,
per la quale l’impresa si definisce come un sistema di contratti, di forma specifica, tra agenti
economici individuali.
I limiti di questa teoria stanno nel fatto che essa non contempla i costi di agenzia né
l’evoluzione dell’impresa, né spiega come dovrebbe aver luogo l’integrazione verticale di fronte a
investimenti in capitale umano.

Perché esistono le imprese? Per sostituirsi al mercato attraverso l’integrazione verticale ovvero
integro all’interno della mia organizzazione questa attività, in questo senso l’impresa si
sostituisce al mercato.
L’impresa, quindi, comincia a fare transazioni interne anziché transazioni di mercato e in
questo senso l’impresa deve fare innovazione. Quindi l’innovazione ha un motivo di esistere,
rende le imprese soggetti che aumentano il valore. La natura dell’impresa è quella di essere un
aggregatore di oggetti e di risorse umane che si mettono insieme per fare cose ed essendo un
luogo in cui devo far lavorare insieme persone diverse, è un luogo dove si creano conflitti ma è
anche un luogo in cui riesco a gestire diversi conflitti e interessi.

Quindi come decidere sui miei confini? La trans-action economy si occupa del make or buy
decisions e questo dipende dal mercato, se fallisce o no e dalle boundary decisions.
Sul mercato ciò che mi può rendere costoso effettuare transazioni è scoprire il prezzo
adeguato, per esempio io devo comprare uno smartphone e di solito lo si compra dopo aver
fatto ricerca sul modello/costo/prestazioni, devo verificare le fonti e vedere che siano attendibili
e capire le mie esigenze, una volta presa la decisione bisogna negoziare sul prezzo di mercato,
NEGOZIAZIONE, mi può anche dire come sto iniziando, si aggiungono a questi i costi legati
all’incertezza perché magari se la mia domanda aumenta devo cambiare la produzione oppure
la domanda si dimezza e quindi supporto dei costi inutilmente. L’incertezza, quindi, può essere
di mercato, tecnologico.
Secondo Coase le imprese esistono perché le transazioni di mercato sono costose e esistono tre
tipi di costi:
1. i costi di “scoperta dei prezzi adeguati”
2. i costi di “negoziazione e di conclusione di contratti separati per ogni transazione”
3. i costi legati all’incertezza

Tali costi possono essere ridotti ma non eliminati.


Le transazioni ricondotte all’impresa sono regolate da un contratto particolare, nel quali alcuni
contraenti (i dipendenti) cambiano remunerazione fissa contro il dovere di seguire gli ordini
dell’imprenditore entro alcuni limiti.
Per quanto riguarda invece il coordinamento attraverso cui l’impresa non si impone in tutte le
circostanze Coase dice che il ricorso all’impresa comporta a sua volta dei costi:
● i costi di organizzazione → chiamato anche “rendimento decrescente dell’attività di
management”
● lo spreco di risorse → chiamato anche “rendimento decrescente dell’attività di
management”
● l’aumento dei prezzi degli input

→ all’aumentare della dimensione impresa e del numero di transazioni gestite, aumentano sia i
costi di coordinamento interno dell’impresa, sia gli errori dei dirigenti che creano lo spreco di
risorse.

Teoria dell’agenzia:
Secondo questa teoria l’impresa esiste e la possiamo interpretare come un nodo di contratti.
Questa teoria parte dai presupposti di base della teoria neoclassica espandendo e
formalizzando il problema derivante dall’integrazione tra soggetti in “relazione d’agenzia”: il
proprietario dell’impresa che dà mandato al manager di esercitare il potere di amministrazione
aziendale, cerca di descrivere tale relazione attraverso il contratto.
Il proprietario incentiverà il manager ad agire in modo da conseguire i proprio obiettivi e
soddisfare i propri interessi. Il proprietario vuole massimizzare il profitto tra ricavi e costi, il
manager invece vuole il massimo stipendio.
→ se ciò non si determinerà, la conseguenza sarà la cessione della società o la rimozione del
manager dal suo incarico.
I “costi di agenzia” discendono da tre elementi:
1. spese per il controllo e per lo sviluppo di incentivi sostenute dal proprietario per
orientare il comportamento del manager
2. i costi di obbligazione del manager: per evitare che l’agente compia azioni lesive degli
interessi del principale (per es. se un’impresa desidera avere una rappresentanza in
esclusiva dei propri prodotti, per evitare i possibili comportamenti opportunistici di un
agente plurimandatario, dovrà riconoscere commissioni più elevate) e per coprirsi
assicurativamente di fronte ai rischi di una condotta non corretta da parte dell’agente;
3. la perdita residuale che corrisponde allo scarto inevitabile tra il risultato dell’azione del
manager per conto del proprietario e il risultato che si sarebbe determinato se la
gestione dell’impresa fosse stata condotta dal proprietario.

In questa teoria dunque possono essere evidenziati tre fattori caratterizzanti:


1. l’impresa non ha un’esistenza vera e propria, non è vista come un individuo orientato
dai propri obiettivi e pertanto viene meno l’interesse a definirne gli obiettivi stessi.
2. L’unica certezza è costituita dall’esistenza di relazioni contrattuali complesse.
3. non esiste una vera contrapposizione tra impresa e mercato, non essendoci dei rapporti
contrattuali non ha senso contrapporre i modi di coordinamento interni delle risorse a
quelli esterni all’impresa.

I limiti di tale teoria riguardano:


● la difficoltà di definire meccanismi incentivanti, che dipendono da complicati contratti
incompleti, spesso al limite dell'applicabilità
● la mancata considerazione dei costi di transazione
● la mancata considerazione delle possibilità evolutive dell'impresa

Questa teoria spiega l'asimmetria informativa. Akerlof con un articolo “Market for Lemons”,
studia il mercato dei bidoni e in particolare il mercato delle auto usate perché quando acquisti
un’auto usata non sai realmente quello che stai portando a casa. Lui formalizza una teoria
molto potente, quella dell’asimmetria informativa, a noi interessano due facce:
● Adverse selection, informazione nascosta, quell’informazione sulla qualità di quella
risorsa, tu non hai chiaro il valore di quella risorsa (caso dell’auto). Io compro una cosa e
non ne capisco tanto il valore.
● Moral hazard, azione nascoste, cioè non so se hai fatto bene o no, non riesco a
monitorare quello che fai per tanti motivi.
Queste due cose rendono l’azienda più o meno costosa

Teoria degli stakeholder:


Caratteristica principale di questa teoria è quella di definire verso chi l’impresa è responsabile.
Lo stakeholder di un’organizzazione è un gruppo o un individuo che può influenzare o può
essere influenzato dal raggiungimento degli obiettivi dell’impresa, questo termine si riferisce
quindi a tutti coloro che sono portatori di interessi e legittime pretese nelle attività aziendali
che vanno oltre i diritti di proprietà o legali.
Tale definizione può essere ulteriormente specificata distinguendo due categorie di portatori di
interessi:
1. Stakeholder primari: con essi l’impresa intrattiene una relazione continua, dalla quale
dipende la sua sopravvivenza; rientrano in tale categoria i dipendenti, i clienti, i fornitori,

È fondamentale per l’impresa agire affinché la relazione con gli stakeholder sia il più
possibile positiva.
2. Stakeholder secondari: è una relazione di carattere indiretto (ambiente, comunità, ...),
rientrano in questa categoria tutti quei gruppi di individui che possono essere
indirettamente influenzati dalle attività dell’impresa.

Diversi studiosi definiscono gli stakeholder in termini di necessità per la sopravvivenza


dell’impresa, in termini di contraenti o partecipanti a relazioni di scambio o come coloro che
nella relazione con l’impresa hanno messo qualcosa a rischio.
Le due caratteristiche chiave per la definizione di uno stakeholder dell’impresa sono:
1. capacità di influenzare l’attività
2. essere portatori di un’aspettativa nei confronti dell’impresa

La stakeholder theory può condurre a considerazioni, strumenti, metodologie differenti a


seconda della modalità nella quale viene adottata:
● in termini normativi: definisce in modo molto preciso la funzione dell’impresa a partire
dalla considerazione che gli stakeholder siano portatori di interessi legittimi nei suoi
confronti.
● in termini descrittivi: conduce alla descrizione dell’impresa come sistema di interessi
comuni o concorrenti
● come teoria strumentale: viene utilizzata per descrivere le implicazioni di determinate
modalità di gestione degli stakeholder rispetto al raggiungimento degli obiettivi
dell’impresa
● come teoria manageriale: risulta nella funzione dello stakeholder management e si
concentra su pratiche, atteggiamenti e strumenti.

Ne discende una precisa visione dell’impresa come sistema aperto che interagisce
quotidianamente con un numero rilevante di attori, che siano collettivi o individuali.
In questa teoria il ruolo centrale rimane quello dell’imprenditore: questi deve gestire il rapporto
con tutti gli interlocutori e deve creare e ricercare l’equilibrio generale che consente all’impresa
di continuare a produrre e distribuire ricchezza.

Teoria evoluzionista:
Questa teoria è stata fatta da Michael Polany e richiama i modelli biologici e i processi di
selezione naturale e si concentra sulle competenze produttive e sui processi e prodotti
innovativi.
Nelson e Winter, due economisti, prendono la teoria evoluzionistica ovvero di colui che si sa
adattare sopravvive, allo stesso modo l’impresa deve evolvere.
Presuppone che l'impresa possieda risorse e competenze uniche, classificate in quattro
categorie:
1. finanziarie
2. fisiche
3. umane
4. organizzative

Secondo questa teoria, l’impresa reagisce al cambiamento e crea vantaggio competitivo


attraverso il cambiamento. L’impresa in quanto creatrice di cambiamento può determinare una
distruzione creativa suscettibile di generare nuovi settori o di dare impulso alla crescita
dell’economia.
In questa teoria l’impresa appare come il risultato di una doppia bocciatura delle altre
prospettive teoriche relative all’impresa. la prima bocciatura riguarda la teoria neoclassica
secondo la quale l’impresa è riconducibile a una condizioni di tecniche; la seconda bocciatura
si riferisce all’approccio transazionale puro (contrattuale), caratterizzato dalla visione
neo-istituzionalista dell’impresa.
Si tratta di definire dei criteri in base ai quali:
● distinguere un’impresa dall’altra
● spiegare perché ogni singola impresa si compone di un portafoglio di attività la cui
composizione non è aleatoria
● spiegare attraverso quali logiche le imprese evolvono e si trasformano e quindi
modificano il portafoglio di attività→ requisito più rilevante

L’evoluzione dell’impresa segue un sentiero determinato in particolare dalla natura delle


competenze accumulate nell’impresa.
I concetti chiave su cui si sviluppa l’originalità della teoria dell’impresa evoluzionista sono quelli
di:
● apprendimento: è un comportamento motivato e orientato all’acquisizione di
conoscenze in vista di uno scopo. Presenta tre caratteristiche:
1. è cumulativo poiché ciò che di nuovo si apprende poggia su quanto è stato
appreso nei periodi precedenti
2. avviene a livello organizzativo, le competenze individuali sono fondamentali ma
il loro valore dipende dal loro utilizzo in modalità organizzative particolare
3. è legato alle routine “statiche” e “dinamiche”.
● routine: le routine non sono codificabili, sono tacite e come tali non possono essere
trasferite. Queste per entrare in azione non hanno bisogno di input, qui l’impresa si da
sempre nuovi obiettivi quindi nuove routine che dovranno crearsi.
● path dependency: impresa caratterizzata dalla propria storia passata.
CAPITOLO 2 - CONCETTO DI IMPRESA

Che cos’è un’impresa?


L’impresa è un’istituzione economica, un sistema aperto e dinamico che organizza e utilizza
risorse umane e capitali collegati, sia tra loro, sia con soggetti esterni, da relazioni orientate alla
realizzazione di trasformazioni di tipo economico, finalizzate all’ottenimento di prodotti e servizi
e alla loro offerta sul mercato.
→ è un imprenditore colui che intraprende un’attività economica e organizza risorse al fine di
produrre o scambiare beni e servizi.
L’impresa è dunque quell’insieme di risorse che, organizzate, consentono all’imprenditore di
svolgere la propria attività economica e opera in stretto collegamento con altri sistemi (mercato
e ambiente).
L’impresa è quindi un’organizzazione economica che, mediante l’impiego di un complesso
differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione di beni o servizi, da scambiare con entità
esterne al fine di conseguire un reddito.
→ organizzazione economica: organizzazione che per sopravvivere ha la necessità di produrre
un reddito positivo.
Al centro dell’attività economica dell’impresa c’è quindi il processo di trasformazione delle sue
risorse in prodotti e servizi atti al soddisfacimento dei bisogni umani.
Ecco quindi che si possono definire le componenti distintive dell’azienda:
● presenza di un’organizzazione
● svolgimento di processi di produzione
● relazione di scambio con entità esterne
● finalità di produrre reddito

→ I termini azienda e impresa vengono spesso utilizzati come sinonimi, ma:

L’impresa in ottica sistemica:


L’impresa è quindi intesa in termini di sistema, perché formata da elementi interdipendenti,
ciascuno deputato a svolgere una precisa funzione nell’ambito di un comune obiettivo finale.
Un sistema è formato da un insieme di parti o organi, ciascuno dei quali è deputato a svolgere
una determinata funzione per il raggiungimento di un comune risultato.
Nel caso del sistema impresa, a una specializzazione delle funzioni si accompagna una stretta
coordinazione dell’attività nel suo complesso, secondo un disegno unitariamente rivolto al fine
economico da conseguire.
L’impresa si può definire come un sistema:

● aperto: per sopravvivere deve intrattenere continue relazioni di scambio con altre
entità o sistemi esterni.
Queste relazioni si possono presentare come:
- input: approvvigionamento di risorse necessarie per l’alimentazione del sistema
- output: cessione a terzi del prodotto ottenuto con il funzionamento del sistema

→ la natura dei clienti, concorrenti e fornitori di un’impresa dipende proprio dal settore in cui
questa opera. Inoltre, l’azienda in quanto sistema, si relaziona allo stesso modo con altri sistemi
quali il mercato e il suo macroambiente.

● socio-tecnico: l'impresa è un sistema sociale all’interno del quale operano risorse umane
e tecniche scarse, organizzate e finalizzate al profitto.
Nell’azienda sono presenti contemporaneamente:
- un’organizzazione del lavoro relativa all’impiego del fattore umano
- un'organizzazione tecnica costituita da impianti, attrezzature e tecnologie
produttive

● cognitivo: la vera ricchezza dell’impresa è costituita dalle sue risorse immateriali o


intangibili connesse con:
- l’immagine positiva nei confronti dell’ambiente
- l’avviamento di mercato
- la capacità di produrre innovazioni

→ la conoscenza presente in azienda deriva:


● direttamente da quelle conoscenze accumulate nelle routine organizzative mediante
processi autopropulsivi di adeguamento delle procedure interne ai segnali lanciati
dall’ambiente
● indirettamente dalla professionalità di coloro che operano all’interno
dell’organizzazione

→ possiamo ricondurre le diverse specificazioni dell’impresa in un unico sguarda, quello


dell’ottica sistemica secondo il quale:
● sotto il profilo strutturale, l’impresa è un sistema socio-tecnico aperto
● sotto il profilo dinamico, l’impresa è un sistema di produzione e accumulazione di
conoscenze.

Funzioni istituzionali dell’impresa e teorie sulle finalità imprenditoriali:


In base alle sue funzioni istituzionali, l’azienda può definirsi come:
● organizzazione economica: il suo scopo è il soddisfacimento dei bisogni umani
mediante l’utilizzo di risorse non disponibili in natura, in misura illimitata.
● sistema sociale: in quanto si deve agli sforzi dei gruppi sociali operanti al suo interno se
essa crea e distribuisce ricchezza, rappresentando così uno strumento per il
soddisfacimento delle necessità di chi vi opera. L’impresa per funzionare ha bisogno di
forza lavoro, di macchinari e di servizi.
● struttura patrimoniale: in quanto aggrega un insieme di beni organizzato e orientato
allo svolgimento di processi produttivi.

→ L’impresa inoltre in quanto tale non può avere degli obiettivi: i suoi scopi corrispondono a
quelli di chi la governa ed essa stessa è l’espressione della volontà dell’imprenditore.

TEORIE SULLE FINALITA’ IMPRENDITORIALI:

Massimizzazione del profitto nel lungo tempo


Secondo la teoria economica classica, il profitto è il compenso che spetta all’imprenditore per
l’organizzazione dei fattori produttivi.
Secondo la teoria della massimizzazione del profitto, i comportamenti imprenditoriali sono
orientati alla massimizzazione del risultato reddituale ottenibile dall’attività aziendale in base
alle finalità di utilità individualistica. Secondo tale teoria, l’imprenditore intende ottenere
risultati positivi dalla propria attività nel lungo periodo: in questa prospettiva, l’obiettivo di
massimizzazione del reddito potrebbe essere accantonato nel breve periodo.
Accantonare l'obiettivo di redditività massima nel breve periodo per riuscire a conseguire un
profitto nel lungo periodo:
● assicura la remunerazione dei fattori produttivi
● garantisce la sopravvivenza dell'organizzazione
● consente la copertura del costo dei capitali investiti

Sopravvivenza dell’impresa:
Opposta alla teoria della massimizzazione del profitto, è la teoria della sopravvivenza sociale,
secondo la quale la sempre più frequente separazione tra proprietà e governo d’impresa
comporta un ridisegno delle finalità della stessa gestione che è attuata dai dirigenti. Questi
ultimi si occupano della sopravvivenza aziendale prima che della massimizzazione del profitto. Il
profitto è interpretato come un mezzo per rafforzare la struttura patrimoniale dell’impresa e
quelle attività che potrebbero risultare pericolose per la vita dell’organizzazione.

Creazione e diffusione del valore economico:


La finalità della teoria del valore economico è quella di far crescere il valore economico
dell’impresa.

Sviluppo dimensionale dell’impresa:


La teoria dello sviluppo dimensionale individua nella crescita del giro d’affari l’obiettivo
primario dei dirigenti. L’espansione dell’impresa può essere finalizzata e può determinare
maggiore stabilità o prestigio o può essere un miglioramento economico.

Massimizzazione “sociale” del profitto:


La teoria comportamentistica o dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto pone in rilievo
l’aspetto conflittuale e collaborativo dell’organizzazione sociale. La massimizzazione del
profitto incontra due serie di vincoli:
1. sociali
2. di conoscenza

Conseguimento del successo sociale:


Secondo la teoria del successo sociale, l’obiettivo dell’imprenditore è il conseguimento del
successo che consiste nei risultati conseguiti e nel ruolo sociale che tale affermazione produce
nella comunità di riferimento. Il successo sociale è riconducibile a tre motivazioni principali:
1. reddito
2. posizione sociale
3. potere

→ “business ethics”: filone della letteratura organizzativa e manageriale che si concentra


sull’analisi della natura della moralità e sui possibili dilemmi di carattere etico, legati alle
condotte d’impresa e manageriali.

Forme istituzionali d’impresa e assetto proprietario


Con forme istituzionali dell’impresa ci riferiamo a:
● impresa capitalistica: è caratterizzata dalla presenza dell’imprenditore-capitalista,
proprietario dei mezzi di produzione e gestore diretto dell’attività produttiva.
● impresa manageriale: è gestita dal management, essa determina la scissione tra
proprietà e controllo.
● impresa cooperativa: finalizzata al conseguimento di uno scopo mutualistico, a seconda
del tipo di cooperativa la mutualità può essere interna o esterna.
● impresa non profit: amministra fiduciariamente i capitali forniti dai
donatori-contributori per perseguire i fini sociali. In essa vige il vincolo della non
distribuzione degli utili.
● impresa post-manageriale: caratterizzata dalla cogestione delle risorse e dalla diretta
partecipazione di datori di lavoro e lavoratori ai risultati aziendali.

Il soggetto imprenditoriale può essere di differente natura:


● imprenditore individuale
● imprenditore familiare
● imprenditore delegato: manager di spicco che funge quasi da proprietario e deve
rendere conto sempre alla proprietà
● imprenditore di gruppo

Il grado di controllo si differenzia nelle forme di:


● controllo assoluto: in queste imprese, chiamate anche imprese padronali vi è solamente
un individuo, l’imprenditore, che prende le decisioni importanti per la vita societaria. Il
capitale è suddiviso in maniera tale che risulti impossibile effettuare una scalata ai
vertici degli organi aziendali: si tratta del modello di governance maggiormente
utilizzato nel mondo delle imprese di piccola dimensione e che in italia ha avuto,
unitamente al modello dell’impresa familiare, applicazione prevalente anche nelle
imprese di maggiori dimensioni.
● controllo familiare: Il controllo familiare si attua quando una famiglia detiene il
controllo sui diritti di proprietà di un’impresa, l’impresa familiare è un’attività
imprenditoriale in cui i portatori di capitale di rischio appartengono a uno a più
famiglie, collegate tra loro da vincoli di parentela o affinità, i cui membri esercitano
altresì poteri di governo.
● controllo di coalizione: sono imprese senza maggioranza o di soggetti non legati da
parentela e non imprese statali o finanziarie. Il controllo può essere esercitato
congiuntamente da molteplici proprietari, legati da patti di sindacato o da alleanze o
affinità dovute a comuni interessi.
● controllo a supervisione finanziaria: in questo caso il controllo è separato dalla
proprietà
● public company: il capitale sociale dell’azienda è suddiviso in un numero elevato di
azioni, le quali sono quotate su mercati regolamentati. La proprietà dell’azienda è
distribuita tra innumerevoli azionisti.
● controllo cooperativo: si trova quando un gruppo di soggetti costituisce e gestisce in
comune un’impresa caratterizzata da un’elevata attenzione alla posizione dei soci e alla
loro partecipazione al governo della cooperativa.
● controllo statale: la proprietà è totalmente nelle mani dello Stato, mentre il controllo è
esercitato dagli amministratori dell’azienda pubblica.

Profili della gestione aziendale e organizzazione delle attività


Gestire un’impresa significa amministrare i vari fattori di produzione impiegati per il suo
funzionamento e assicurarle la sopravvivenza e lo sviluppo. Un’altra definizione di gestione
d’impresa è comprendere quel complesso di attività svolte dall’impresa per raggiungere le
finalità dei soggetti coinvolti nella sua operatività.
Possiamo distinguere tra:
● sistema di governo
● sistema operativo: riguarda le modalità di esecuzione dell’insieme di operazioni proprie
dell’attività aziendale e si compone della gestione caratteristica, finanziaria,
patrimoniale e straordinaria.

La gestione aziendale comporta decisioni di varia natura che possono essere classificate
gerarchicamente in:
● scelte strategiche: definiscono gli obiettivi aziendali → la strategia definisce il contesto
in cui opera l’impresa, ossia il confine tra l’organizzazione e i mercati con cui l’impresa
entrerà in contatto e dunque determina l’orientamento delle scelte di carattere più
operativo
● scelte tattiche: concernono la modalità d’impiego delle risorse
● scelte operative

→ dalla prima tipologia dipende la seconda e così via.


La gestione aziendale si articola dunque secondo Sciarelli in:

● gestione strategica: riguarda gli obiettivi e l’impiego delle risorse aziendali.


● gestione direzionale: riguarda il passaggio dalle decisioni all’esecuzione.
Questa richiede un’organizzazione e si articolare in più fasi:
- programmazione
- organizzazione
- conduzione
- controllo
● gestione operativa

Per quanto riguarda l’attività vera e propria, nell’impresa industriale l’attività può essere scissa
in due sistemi:
1. sistema degli scambi o transazionale: comprende tutte le funzioni coinvolte nella
realizzazione del processo di scambio con entità esterne
2. sistema di trasformazione: comprende tutte le funzioni necessarie alla trasformazione
delle risorse acquisite in prodotti, idonei al soddisfacimento di un determinato bisogno.

Ruoli di governo dell’impresa:


La figura chiave dell’impresa è quella dell’imprenditore, il soggetto economico che sostiene
l’alea sui capitali investiti e dedica le sue capacità al fine di conseguire gli obiettivi dell’impresa.
L'imprenditore dunque sfrutta al massimo le opportunità dell’ambiente grazie alla definizione di
una formula imprenditoriale.
→ con il termine imprenditorialità si definisce l’attitudine ad assumere decisioni rischiose
finalizzate all’innovazione dei comportamenti aziendali. Il concetto di imprenditorialità si lega al
profilo strategico o innovativo della gestione. Questa ha il fine di creare valore
→ con il termine managerialità si intende la capacità di sviluppare le decisioni suddette e di
attuarle in modo razionale. Il concetto di managerialità si collega al processo di realizzazione
delle strategie imprenditoriali. Questa ha il fine di impedire le perdite.

Impresa e suoi interlocutori: la visione sociale


Secondo tale visione, un’impresa, per le molteplici funzioni che è chiamata a svolgere, non può
essere vista esclusivamente come un’iniziativa imprenditoriale che persegue le finalità
economiche dell’investitore privato. L’imprenditore dunque svolge attività di coordinamento tra
più soggetti, gli stakeholder, che a vario titolo svolgono un ruolo che condiziona ed è
condizionato dall’attività dell’impresa.

L’individuazione degli stakeholder e la valutazione dell’influenza che potrebbero esercitare sulla


gestione dell’impresa può essere basata su questi criteri:
● forza
● legittimazione
● attualità

Gli interlocutori, secondo Sciarelli, possono essere classificati in quattro gruppi:


1. stakeholder amichevoli (supportive): da cui ottengo sostegno
2. stakeholder avversari (non supportive): generano ostacoli
3. stakeholder non orientati ( mixed blessing): a seconda dei casi assumono un
comportamento positivo o negativo
4. stakeholder marginali: con un peso modesto

Si possono individuare 4 strategie:


Dobbiamo capire quanto possiamo riuscire a collaborare con gli stakeholder e anche quanto
siano fonte di minaccia, capisco così che approccio seguire

1. Collaborazione (stakeholder non orientato): alta probabilità di lavorare con lo


stakeholder ma al tempo stesso lo stakeholder può essere minaccioso
2. Coinvolgimento (stakeholder amichevole): possiamo lavorare ma non sono minacciosi
3. Difesa (stakeholder avversario)
4. Monitoraggio (stakeholder marginali)
CAPITOLO 2 BIS - LA STRATEGIA DI IMPRESA

La strategia nasce in anni relativamente recenti, acquisisce un pensiero autonomo a metà degli
anni 80 e prende spunto dalla strategia militare→ la formulazione strategica più studiata è
quella militare.
“La strategia è la grande opera realizzata dall’organizzazione. Nelle situazioni di vita o morte,
essa rappresenta il Tao della sopravvivenza o dell’estinzione. Non si può trascurare di studiarla”.
Sun Tzu “The art of War”
La strategia è quindi un insieme integrato di decisioni volte a costruire un vantaggio
competitivo sostenibile nel lungo periodo; è un tema che conferisce coerenza e unicità d’azione
e di direzione alle azioni di un’organizzazione e alle decisioni rispetto a quelle degli altri.
● Insieme integrato di decisioni: ogni decisione dipende da quelle precedenti e
condiziona quelle successive; ma soprattutto significa anche che le decisioni devono
essere tra loro coerenti.
● Vantaggio competitivo: Il contesto in cui opera l'impresa è caratterizzato dalla presenza
di attori che possono avere obiettivi che vanno ad ostacolare quelli dell'impresa, per cui
non sempre si ha la possibilità concreta di fare quello che si ritiene più opportuno.
vantaggio rispetto alla concorrenza e questo ci dice che le imprese operano in un
contesto popolato da altre imprese che hanno obiettivi simili ai nostri e faranno di tutto
per non farci raggiungere gli obiettivi. Ottenere una posizione di superiorità rispetto ai
nostri concorrenti e questo vantaggio deve essere competitivi sul lungo periodo.
● Sostenibile nel lungo periodo: condizione del vantaggio competitivo è che esso
accresca il benessere dell'impresa: i risultati competitivi si devono tradurre in risultati
economico-finanziari e, oggi in misura sempre crescente, in benessere per la collettività.
Tale vantaggio-benessere deve essere difendibile e perdurare nel tempo.

la strategia e il successo delle organizzazioni


I successi non possono essere attribuiti esclusivamente alla fortuna, ci sono altri fattori che
determinano il successo delle organizzazioni:

● l’abilità di riconoscere le opportunità,


● l’avere una linea chiara da seguire, basata su una chiara comprensione delle regole del
gioco e su una precisa consapevolezza di come agire, per collocarsi in una posizione di
vantaggio
● la flessibilità, che permette di sfruttare le opportunità.
● una strategia

→ esempio strategia di Madonna: Non ha la voce ma ha la capacità di leggere i contenuti che il


mio mercato vuole sentire parlare.
• contrasto: provocazione
• Si rivolge alla massa
• Tema e rinnovazione
• No voce quindi IMMAGINE, messaggio

esempi elementi del


successo:
elementi del successo:
● capire ambiente
● capire come gestire le sue risorse
● capire come viene implementata l’esecuzione
della mia strategia
● ambiente

Evoluzione della strategia d’impresa


● Pianificazione aziendale: anni ‘50-’60, per coordinare le singole decisioni di investimento
e pianificare lo sviluppo a l/t dell’azienda, focalizzandosi su prodotti/mercati di
interesse aziendale. Documento di pianificazione a 5 anni. Grazie alla pianificazione, le
imprese intraprendono la diversificazione (anni ’60).
● Fallimento della diversificazione e crisi petrolifere (1974, 79) → Dalla pianificazione si
passa alla direzione strategica: formulazione di strategie (anni ’70). Focus sul
posizionamento delle imprese sui mercati in relazione ai concorrenti, massimizzazione
del potenziale reddituale (ricerca del vantaggio competitivo).
● Analisi strategica attenta ai fattori esterni all’impresa. Ricerca delle fonti di profitto per
l’impresa (anni ’70/’80). Analisi strategica attenta ai fattori interni all’impresa (RBV) (anni
’90).

Evoluzione della strategia d’impresa: oggi


La strategia d’impresa assume una sua autonomia negli anni ‘80 con la pianificazione
aziendale: si guardavano i prodotti e i mercati che potevano essere fonte di interesse per il
futuro.
Diversificazione: operazione che ti fa decidere in quali altre combinazioni prodotto-mercato
entrare (per ogni prodotto c’è un gruppo di consumatori che considero essere il target per il
mio prodotto).
Le imprese prima erano focalizzate cioè specializzate su un prodotto-mercato, si comincia a
mettere insieme le cose grazie a strumenti che mettono insieme le cose in maniera ordinata.
Negli anni ’70 quando la dinamica competitiva diventa più intensa, diventa così importante
studiare la concorrenza
Il primo approccio strategico studia i fattori esterni, l’ambiente competitivo. In secondo luogo si
studia il sistema politico (anni ’80), negli anni ’90 invece cercano di capire in che cosa sono bravo
io.

Strategia “blue ocean”: strategia che riflette su che cosa si può fare quando la borsa non cresce,
spazi di mercato senza concorrenti.
→La bolla tecnologica dell’inizio del ventunesimo secolo nuovi concetti (anni 2000):
● Attenzione alla tecnologia e innovazione tecnologica (competizione tra standard
alternativi)
● Reattività e flessibilità rispetto al focus su vantaggio competitivo duraturo
● Potenziale di innovazione strategica
● Valore per l’azionista e corporate social responsibility. Etica, sostenibilità, legittimità
sociale del successo aziendale e attenzione per l’ambiente (green economy): nuovi
obiettivi per l’attività imprenditoriale.
● Circular economy: rimpiazzare il sistema economico «lineare» take-make- dispose, con
uno «circolare» che prevede remanufacture, reduce, reuse, recycle.
Quindi si basa su 4 R: l’idea è di ridurre, riutilizzare, riciclare e ricondizionare i prodotti finiti per
dare loro un valore maggiore, in questo caso si creano dei cicli chiusi anche se non tutti i cicli
produttivi sono richiedibili. Anche il produttore deve entrare dentro questi cicli.
→a differenza dell’economia lineare di produzione (il paradigma si chiama take, make, dispose)
La strategia ha bisogno di due analisi:
1. analisi esterna e interna, infatti si dice che la strategia crei una specie di collegamento
e tiene insieme l’analisi ambientale e l’analisi interna. Questa cosa arriva da degli studi
“oscillanti”. I primi studi di strategia di impresa (anni ’60), sono basati sulla crescita
dell’impresa e studiandone la crescita il focus era interno. Un particolare accento di
questi studi si trova sul ruolo dei leader.
2. Dopodiché, negli anni 70/80’, si cambia il paradigma quindi diventa importante capire
cosa succede fuori→ questo è il paradigma SCP (struttura, condotta, performance)
ovvero la struttura del settore influenza molto. Secondo questo paradigma il livello di
redditività è determinato dalle caratteristiche della struttura del settore e prevede che si
parta dalla struttura del settore, le imprese avranno più o meno tutte la stessa condotta
su questo settore e quindi influenzerà la loro performance, per tanto la performance
delle imprese dipende dal settore in cui le imprese si trovano. Data la struttura, si ha un
range di movimento molto limitato.

Impostazione basata sulle risorse: va bene guardare quello che succede all’esterno però se
un’azienda ha frutti significa che l’ambiente interno è più importante. Barney e altre figure
dicono di guardare all’impresa come risorsa cognitiva → RBV (resource basic view)

Le due analisi (ambientale e intenera) sono le due facce di una stessa medaglia ovvero
l’impresa.

I tre livelli di strategia


La strategia deve essere dappertutto.
La strategia dovrebbe essere formulata
dov’è la direzione, dopodiché la strategia
dovrebbe essere recepita a tutti i livelli.
Quando viene formulata questa tiene in
conto molti fattori.

Organigramma: strumento grafico che


rappresenta l’organizzazione
Nella direzione aziendale c’è la strategia di
corporate ovvero quella che dice a tutti
cosa devono fare, in ogni singolo pezzo ma non vanno molto nel dettaglio. Questa direzione si
muove perché ci sono i direttori delle varie divisioni, che quantifica e valuta le decisioni della
direzione.
La strategia deve percolare a tutti i livelli, ci sono infatti 3 livelli di strategia:
1. strategia corporate: aggiungi o togli l’abilità di business, si ricorre anche quanto ridurre
o aumentare
2. Strategia business unit 1: realizzazione delle cose, studia come ottenere un vantaggio
competitivo
3. Strategia business unit 2: varie strategie funzionali di un’azienda (es. finanza o
marketing).

→ Si parla anche di strategia di marketing, nel senso che poi la strategia di business deve
diventare una tipologia più specifica di strategia.
• Approccio top-down: la decisione presa dal corporate level si sviluppa fino al functional level.
Quando il direttore della divisione dà le direttive, anche il bottom dà delle direttive e quindi il
bottom (approccio bottom-up) dà dei feedback.
Alla fine la strategia è un venirsi in contro, sia dall’alto verso il basso ma anche viceversa.
E poi c’è un altro fattore, a livello esogeno succedono delle cose che nessuno può prevedere.
Swot analysis
Significa evidenziare le variabili più significative dell'ambiente esterno e dell'ambiente interno
all’impresa valutazione di massima della sua strategia.

SWOT è l’acronimo di:


- Strenghts (ambiente interno)
- Weaknesses (ambiente interno)
- Opportunities (ambiente esterno) → è un qualcosa che riesco a riconoscere perché ho
gli strumenti adatti, è tale perché è qualcosa che entra dentro il nostro attention space.
- Threats (ambiente esterno)

→ Di questi 4 elementi, due sono ascrivibili all’ambiente interno e due all’ambiente esterno.

Le opportunità e le minacce sono qualcosa che arrivano da un contesto vicino al nostro.


Lo schema dell’analisi strategica dovrebbe tenere in equilibrio opportunità e minacce, le
opportunità colmano le nostre debolezze, mentre i punti di forza se siamo bravi servono per
trasformare le minacce in opportunità.
Opportunità, minacce, forze e debolezze→ bisogna trovare un equilibrio tra questi 4 fattori.
Nelle opportunità troviamo le direzioni di sviluppo di un’impresa, espansioni in segmenti attigui.
Nelle minacce invece le imprese operano in segmenti limitrofi. Tuttavia è difficile fare una
distinzione tra opportunità e minacce,

Esempio: The cola wars 1980


Coca cola domina il mercato americano, negli anni 70 pepsi cola inizia ad avere una bella
reputazione. I ragazzi preferivano pepsi mentre gli adulti la coca cola.
CAPITOLO 3 - DEFINIZIONE DEL BUSINESS

Definizione del business:


“Ogni impresa deve avere una concezione del proprio settore industriale. Esiste sempre una
maniera giusta di gestire un business coerentemente con la realtà e i fatti specifici del settore …
a patto di riuscire a individuarla”. Alfred Sloan, ex presidente della General Motors.
Perché è importante avere una chiara business definition? Come dice Alfred Sloan, se si vuole
operare in un settore, bisogna capirne i confini e gli elementi che lo individuano. Il settore è una
scatola e dentro a questa scatola ci sono tanti business.

La scelta del business nel quale competere è la prima delle scelte strategiche che un’impresa è
chiamata a compiere.
Per poter ridefinire il business secondo Chan Kim e Mauborgne occorre analizzare i settori
alternativi, i diversi gruppi strategici, i gruppi di acquirenti, l’offerta di prodotti e servizi
complementari, fattori che possono guidare più efficacemente i processi d’acquisto dei clienti, i
condizionamenti esercitati dalle tendenze esterne al business.
Individuare i confini del business ha implicazioni sostanziali anche dal punto di vista
organizzativo, in quanto richiede la progettazione dell’assetto organizzativo più adeguato per
competere in un determinato business.
Sono due le domande importanti da prendere in analisi per continuare a definire il business:
● quali sono i confini del business?
● in quali business opera la mia impresa?

Il business non è il settore però il settore è stato sempre utilizzato come punto di attenzione per
studiare la performance dell’impresa→ definire il settore non è la stessa cose del definire il
business.
L’industrial organization ha utilizzato il concetto di settore come unità di analisi per studiare le
performance delle imprese. La tesi di riferimento era la seguente: le caratteristiche strutturali di
un settore delimitano la gamma delle opzioni strategiche praticabili dalle imprese e
conseguentemente determinano un’elevata omogeneità tra le imprese che operano in quel
settore. Porter considera questo approccio troppo semplificativo, ritiene che l’unità di analisi
più adeguata sia il gruppo strategico che opera all’interno di un ambito competitivo, che non
coincide necessariamente con i confini del settore.
Nella teoria manageriale la concettualizzazione della definizione dell'ampiezza del business e la
definizione dello specifico ambito competitivo delle imprese procedono di pari passo.
Nell'elaborare la loro strategia a livello di business, le imprese devono decidere se sia opportuno
concentrare l'attività su un ristretto numero di clienti, di canali, di prodotti o se far coincidere il
proprio ambito competitivo con l'insieme del business. La dinamica del business, il processo di
ridefinizione dei suoi confini e delle sue caratteristiche, avviene dall'esterno, trainata da
evoluzioni prevalentemente tecnologiche o regolamentari, o avviene dall'interno in relazione al
modo in cui i membri del settore o coloro che si considerano tali reagiscono in seguito a
cambiamenti introdotti da alcuni attori.

Capire il proprio business è il presupposto


fondamentale per prendere delle decisioni, per
capire chi sono i concorrenti, per valutare
l'adeguatezza e la coerenza delle risorse
dell'impresa, per elaborare una strategia. La
definizione del business sarà il punto di
partenza per sviluppare:
• l'analisi esterna, soprattutto attraverso un
modello di Porter basato sulle 5 forze
competitive,
• l'analisi interna, che deve valutare
l'adeguatezza delle risorse delle competenze
dell'impresa per operare in un determinato
contesto ambientale
• la riflessione sulla strategia che puntano a
superare il concetto di competizione basate
sulla definizione tradizionale di business, per
puntare a mercati nuovi perché di nuova concezione o perché basati su modelli di business
innovativi.

Approcci teorici alla definizione del business:


La definizione dell'ambito nel cuore che le singole imprese vogliono e scelgono di competere
non coincide necessariamente con la definizione di un determinato business che possa fare da
riferimento in modo più oggettivo e universale per le imprese che condividono i medesimi
elementi di aggregazione.
Si possono individuare due prevalenti approcci a definizione del business:
1. Una prospettiva incentrata sui prodotti o servizi di cui si compone.
2. Un approccio che fonda la definizione sui mercati serviti.

Supply-side definition:
L'approccio inventato sull'offerta, si concentrerà anzitutto sull'identificazione del gruppo di
concorrenti che potrebbero soddisfare i bisogni di un certo gruppo di clienti, condividendo una
tecnologia e delle infrastrutture in buona parte comuni.
Successivamente si tratta di individuare l'ampiezza geografica del mercato e i concorrenti, intesi
come coloro attualmente presenti nel mercato o i potenziali entranti.

Demand-side definition:
Nella prospettiva orientata al cliente, in primo piano sono poste le esigenze e le richieste di
quest'ultimo. L'approccio si basa su due fondamentali assunti:
1. Le persone sono alla ricerca dei benefici che i prodotti possono portare loro e non
dei prodotti in sé.
2. I clienti valutano le alternative a loro disposizione dal punto di vista dei contesti
d'uso con i quali hanno una certa esperienza o dal punto di vista delle specifiche
applicazioni che stanno ricercando.
Dunque, la sostituibilità del prodotto implica che il suo scopo o la sua applicazione, più che le
sue caratteristiche, divengono temi chiave nel valutare le diverse alternative.

Un modello tridimensionale per la definizione del business:


Questo schema è sviluppato da Abell nel 1980 descrive i business (i settori), cioè gli ambiti nei
quali si svolgono le attività, utilizzando un modello tridimensionale che sostituisce quello
bidimensionale prodotto-mercato.
Le tre dimensioni selezionate sono comuni diversi business, questo rende il modello facile e di
applicabilità universale, ma comporta inevitabilmente qualche semplificazione in quanto i
fattori di omogeneità più significativi per individuare le imprese concorrenti possono essere
anche molto diversi in relazione al settore esaminato.
Secondo Abell, il business può definirsi secondo tre dimensioni, che individuano degli elementi
di omogeneità tra le imprese:
• Gruppi di clienti serviti: sono le categorie di clienti
interessati a una determinata attività. Per individuare i
gruppi di clienti si deve rispondere alla domanda
chi deve essere servito?
Chi sono i miei clienti o gruppi di clienti?
Definire gruppi di clienti significa identificare a chi
l'impresa, attraverso le proprie attività, offre i propri
prodotti o servizi.

• Bisogni da soddisfare, Funzioni svolte per i clienti:


identificano i bisogni dei clienti che vengono soddisfatti
attraverso i beni o servizi prodotti. Per individuare le funzioni svolte per i clienti si deve
rispondere alla domanda
che cosa desiderano i clienti?
Quali sono i bisogni dei clienti?

• Tecnologie utilizzate, Modalità alternative: le modalità alternative sono i diversi modi con cui
vengono svolte le funzioni per i clienti, ovvero tutte le possibili modalità con cui possono essere
svolte le funzioni per soddisfare i bisogni dei clienti. Per individuare le modalità si deve
rispondere alla domanda
come sono soddisfatti i bisogni dei clienti? In che modo soddisfo questi bisogni?

Il business è un oggetto tridimensionale


X: chi
Y: che cosa
Z: come

Ampiezza dell’attività in termini di gruppi di clienti, funzioni e modalità:


l gruppi di clienti
Una prima importante distinzione che consente di mettere più chiaramente a fuoco la
caratteristica di clienti è quella tra i fattori che si applicano per attività che si rivolgono a
consumatori finali rispetto ed attività che hanno come clienti imprese di altri business.

1. CHI: Ci interessa identificare le macro categorie


● caratteristiche demografiche (età, genere, dimensione familiare)
● Categorie socio-economiche (reddito, educazione, occupazione, classe sociale) →serve
un po’ di cultura per un certo tipo di mercato
● Comportamenti di acquisto, consumo e utilizzo
● Sensibilità alle variabili: prezzo, pubblicità, qualità e promozione → capire nel dettaglio
le decisioni del compratore è il campo del marketing

Quando si parla di clienti non si parla del singolo compratore ma dei fornitori che comprano
quindi supermercati, rivenditori.
Noi distinguiamo tra:
● Cliente finale o consumatore, l’individuo singolo/ la famiglia
● Cliente intermedio o cliente business

→ se ho svolto bene il mio lavoro, alla fine i gruppi sono omogenei al loro interno ed eterogenei
tra loro.
Il consumatore finale spesso è il cliente indiretto delle imprese perché il cliente diretto sono
altre imprese.

Funzioni svolte per i clienti


2. CHE COSA
Individuare le funzioni richiede interrogarsi su quali sono i bisogni e le esigenze della clientela
da soddisfare. Un bisogno è un’esigenza di base, è quella che guida il mio mercato nel fare
quello che mi interessa ovvero nell’acquistare il mio prodotto. Questa dimensione richiede una
valutazione complessiva dei principali:
● Bisogni che l'uso del prodotto/servizio soddisfa.
● Vantaggi derivanti dall'uso del prodotto.
● Utilizzi del prodotto da parte del cliente

Le funzioni svolte per i clienti devono essere concettualmente ben distinte, sia dalle tecnologie
o sia dalle modalità con cui le funzioni sono realizzate, sia da benefici che i clienti possono
percepire come determinanti nel processo di scelta.
Se le funzioni identificate sono più d'una, è possibile che siano tra loro:
- complementari, Quando una comporta anche lo svolgimento di un'altra
- simili, Trovare soddisfazione attraverso lo stesso prodotto.
-disgiunte, Situazioni in cui un gruppo di clienti presenti bisogni da soddisfare in nessun modo
collegati tra loro.

Modalità alternative
3. COME
Le modalità rappresentano diversi modi possibili per rispondere alle esigenze dei clienti.
Questa dimensione richiede una valutazione complessiva delle principali:
● Soluzioni tecniche utilizzate per la fruizione del prodotto.
● Tecnologie utilizzate per la realizzazione del prodotto.
Per individuare adeguatamente le modalità occorre capire il punto di vista del cliente e non
valutare esclusivamente le potenzialità tecniche.
Una caratteristica della modalità è che essa è dinamica: può modificarsi o essere sostituita nel
tempo. Talvolta si può assistere a una sostituzione totale, altre volte si può assistere ad una
situazione di coesistenza di due o più modalità per lo svolgimento di una data funzione.

→ Esempio: business del trasporto

I gruppi di clienti possibili dell’attività di trasporto sono:

● singoli individui;
● famiglie,
● gruppi di persone,
● imprese, enti, pubblica amministrazione.

In generale le funzioni svolte dal trasporto possono essere:

● trasporto/spostamento di persone
● per affari
● studio
● per turismo
● trasporto/spostamento di merci
● singole (es. singoli colli)
● Aggregate (es. container)

Le modalità con cui le precedenti funzioni possono essere soddisfatte sono:

● terrestre/stradale: automobile (privata, taxi, NCC, etc.), autocarri, bus


● marittima
● fluviale
● ferroviaria
● aerea.

Applicazione del modello di Abell alla definizione delle attività:


Utilizzando il modello di Abell si possono individuare quattro
concetti:
1. Il prodotto : risulta dall'applicazione di una determinata
modalità al soddisfacimento di un determinato bisogno per un
determinato gruppo di clienti.
Quindi è considerato come una manifestazione, fisica e non fisica
di aver applicato una determinata tecnologia o modalità.
quindi una persona non decide che prodotto fare al giorno 0, il
prodotto arriva dopo aver risposto a tre domande, chi? che cosa?
come?
2. Il business: viene definito come una selezione di alcuni gruppi
di clienti di funzioni svolte per i clienti basate su una modalità. A
sua volta l'impresa sceglierà il business del quale intende operare
rispondendo a queste domande:
- Tra i potenziali gruppi di clienti, a chi mi rivolgo?
- Tra le potenziali funzioni, quali soddisfo?
- Tra le potenziali in modalità, cosa sono capace di fare?
3. Il settore: definito come un aggregato di più business basati generalmente su una sola
modalità. È costituito da tutte le imprese che utilizzano la medesima modalità,
indipendentemente dai bisogni che soddisfano e dai gruppi di clienti coinvolti.
Il settore è il luogo dove c’è l’offerta (offerta arriva dal settore, domanda arriva dal mercato)
4. Il mercato: è dato dall'insieme di alcune funzioni svolte per alcuni gruppi di clienti
attraverso tutte le modalità alternative disponibili. Il concetto di mercato è quello più
comunemente utilizzato per regolamentare le dinamiche competitive.
quando definisco i mercati tuttavia, devo dare un raggio stretto → ciò soddisfa il bisogno di un
determinato gruppo di clienti

Esempio business abbigliamento sportivo


1. Chi?
- Bambini
→ maschio/femmine
- adulti
- retailers sport
- agonisti
- (tifosi)

2. che cosa?
- Performance sportiva
- Vestire casual/comodo
- Generare redditività
- (Identificazione)

Ogni gruppo di clienti deve avere un bisogno.

3. Come?
- Sportswear
- Casualwear
- Homewear collection

Es. Business centro fitness

1. chi?
- adulti
- agonisti
- bambini
- anziani
- infortunati

1. Che cosa?
- Benessere psico-fisico
- Performance atletica
- Riabilitazione

2. Come?
- Indoor
- Outdoor
- Home training

(es. peloton, azienda che vende biciclette da spinning per casa, i fondatori vengono da
Hollywood quindi sanno come attrarre la gente)

Es. KINDER SORPRESA

1. Chi?
- Genitori (Adulti)
- Bambini
- Grande distribuzione

Shopper: colui che acquista


Consumer: chi consuma

2. Che cosa?
- Sorpresa
- Premiare
- Generare redditività
3. Come?
- Giochini sotto i 5 euro
- Figurine sotto i 5 euro

Troviamo il Kinder sorpresa al supermercato e non in un negozio di giocattoli perché, essendo


la Ferrero produttore di prodotti amati dalla gente, ha la possibilità di essere messo al
supermercato altrimenti sarebbe in grado di togliere tutti i suoi prodotti dagli scaffali.
Anche dolci preziosi ha provato a vendere un prodotto simile, lui proviene da un’azienda di
giocattoli.
Il gioco all’interno deve essere fatto bene, costare poco.

Differenziazione del business rispetto a segmenti e concorrenti:


Il termine differenziazione può avere due significati:
1. La differenziazione rispetto ai segmenti sta ad indicare la misura in cui l'impresa
tratta differentemente i diversi segmenti della propria attività.
2. La differenziazione rispetto ai concorrenti indica in che misura l'offerta di due o più
concorrenti sullo stesso segmento sia differente.

Le scelte di differenziazione possono riguardare ciascuna delle tre variabili del modello di Abel
e possono essere messe in pratica cambiando le caratteristiche di un prodotto o la strategia di
marketing esso associata.

Ridefinire il business:
La scelta della definizione più opportuna del business, coerentemente con le circostanze nelle
quali si trovi l'impresa, è influenzata in modo significativo da una serie di fattori e in particolare
da:
- Il comportamento dei clienti→ Ci sono in particolare tre elementi che giocano un ruolo
chiave nella definizione del business:
1. La sensitività al prezzo, determina la misura in cui l'impresa può ottenere un
effettivo vantaggio di mercato da economie di costo. Le economie di costo
generano un vantaggio di mercato quando il prezzo influenza la scelta di un
prodotto da parte del cliente.
2. La propensione all’acquisto di una gamma completa o di un sistema ha
un'influenza diretta sulla scelta di definire in modo ampio il proprio business
rispetto alle funzioni svolte.
3. La misura della differenziazione delle esigenze dei clienti rende preferibile una
strategia differenziata di business rispetto alle caratteristiche dei prodotti e le
scelte di marketing.

- Le risorse necessarie→ alla produzione, al marketing, alla vendita, alla distribuzione, alla
progettazione, alla R&S e all'assistenza tecnica. essere valutato con riferimento a
ciascuna delle tre variabili: gruppo di clienti, funzioni e modalità.
- L'andamento dei costi→ bisogna considerare le condizioni nelle quali è possibile
realizzare l’efficienza:
● nel caso in cui ci sia un certo grado di similarità tra necessarie per i gruppi di
clienti, per le funzioni svolte, per le modalità applicate.
● Nel caso in cui i volumi di produzione siano piuttosto elevati.
È necessario, inoltre, considerare gli andamenti costo volume per ciascuna delle risorse
rispetto a ciascuna delle tre dimensioni, Perché le relazioni tra i costi e volumi, per
ciascuna risorsa, possono essere determinate da:
● L'incidenza relativa dei costi fissi e variabili per la risorsa considerata.
● Gli effetti di esperienza o di apprendimento congiunti
- Le caratteristiche dell'impresa→ una caratteristica fondamentale è la dimensione
dell'organizzazione, grandi dimensioni, può ottenere risultati migliori a partire dalla
definizione ampia della propria attività rispetto a ognuna delle tre dimensioni, anche se
il grado di differenziazione delle risorse fosse elevato.
CAPITOLO 4 - ANALISI DI SETTORE

Analisi dei fattori esterni all’impresa: dal microambiente all’ambiente settoriale:


L’ambiente esterno d’impresa comprende tutte quelle variabili esterne all’impresa che ne
influenza gli andamenti e quindi le decisioni gestionali.
L’ambiente di un’impresa: tutte le variabili/influenze ambientali che ne influenzano decisioni e
risultati→ tendono a plasmare le condizioni competitive all’interno di un settore.
Le variabili ambientali possono essere classificate in base:
● al grado di prossimità (microambiente, ambiente settoriale e macroambiente, più
esterno, chiamato PEST, formato da una serie di fattori)
● alla fonte ( politiche, economiche, sociali, tecnologiche, ecc -PEST)

analisi PEST e sua evoluzione:

● PEST: Political, Economical, Social, Technical factors (anni ‘80)


● PESTEL (Ethical, Legal)
● La crescente attenzione a fattori ambientali e ecologici a partire dall’inizio del XXI
secolo ha dato luogo a un modello aggiornato del PEST: STEER => analisi sistematica
Socio-cultural, Technological, Economical, Ecological and Regulatory factors.

Si possono innanzitutto distinguere tre livelli ambientali:


1. il macroambiente, nel quale si determinano effetti che impattano il settore
2. l’ambiente settoriale dell’impresa, nel quale si sviluppa la concorrenza allargata
3. il settore specifico, nel quale si sviluppa la concorrenza tra le imprese che producono
beni che sono tra di loro intercambiabili

- il macroambiente ricomprende tutti i fattori economici, sociali, politici, regolamentari,


tecnologici e determinati dall’ambiente naturale che possono impattare sull’andamento
del settore. L’ambito settoriale è il fattore che influenza ancora di più il settore del
macroambiente.
Per comprendere le variabili che costituiscono l’ambito settoriale bisogna analizzare
innanzitutto il processo di creazione di valore; per creare profitto un’impresa deve
generare valore per i propri clienti, all’origine c’è l’acquisto di beni e servizi dai fornitori.
La capacità di generare profitti creando valore per i clienti a partire dalla
trasformazione dei beni e servizi acquistati dai fornitori è poi influenzata dal grado di
concorrenza tra le imprese che competono per le stesse opportunità di creazione di
valore e dalla gestione delle attività distributive e commerciali. I nostri profitti ( P o π)
sono dati dai ricavi meno i costi. Il ricavo è il prezzo unitario per quantità venduta, il
prezzo me lo pagano o altre imprese clienti o persone
Quindi abbiamo come focus sul cliente + e sui concorrenti –
È quindi il complesso delle relazioni che l’impresa tesse con i propri fornitori, clienti e
concorrenti a costituire l’insieme dei fattori esterni di vitale importanza per i suoi
risultati, dunque il suo ambito settoriale.
La redditività di un settore coincide con la capacità di un’impresa di generare profitti
all’interno di un determinato ambito settoriale.
I fattori che determinano la redditività di un settore → i profitti delle imprese dipendono
da:
- valore del prodotto per i clienti
- intensità della concorrenza
- potere contrattuale relativo dei diversi livelli della catena produttiva

Le caratteristiche strutturali sono:


● dimensioni del settore
● tasso di crescita del settore
● grado di apertura internazionale del settore
● grado di regolamentazione del settore da parte delle autorità amministrative
pubbliche
● livello tecnologico e dinamiche dell’innovazione
● ruolo svolto dai prodotti e servizi complementari

- Settore come un gruppo di imprese che produce beni intercambiabili l’uno rispetto
all’altro
Oppure: Settore come un gruppo di imprese che globalmente realizzano più business,
ma utilizzando una sola tecnologia (modalità) (cfr definizione di Abell).
Esempio: il settore dei cereali
• modalità: utilizzo dei cereali;
• gruppi di clienti: vari → suddivisi per fascia d’età, sesso, e/o stili di vita, zone
geografiche;
• funzioni svolte :alimentazione sana, alimentazione dietetica, alimentazione
vitaminizzata.

Analisi di settore: lo schema delle cinque forze competitive di Porter:


La conoscenza dei fattori che determinano l’intensità competitiva costituisce la premessa per
effettuare le scelte strategiche delle imprese. Questi fattori rivelano i punti di forza e di
debolezza delle imprese e suggeriscono le scelte di posizionamento, infine la comprensione di
questi fattori può guidare eventuali scelte di diversificazione delle imprese.
Michael Porter ha sviluppato lo schema delle cinque forze competitive, secondo lui l’intensità
competitiva e i livelli di redditività di un settore dipendono dall’interazione di cinque forze
competitive, tre delle quali si articolano a livello orizzontale:
● la minaccia competitiva di nuovi entranti
● la minaccia di prodotti sostitutivi
● la concorrenza di produttore già consolidati all'interno di un business

Due forze competitive si articolano a livello verticale:


● il potere contrattuale dei fornitori
● il potere contrattuale degli acquirenti: questo è maggiore se il cliente ha concrete
possibilità di integrarsi a monte quindi si auto fornisce, il cliente si sostituisce al
fornitore

La forza relativa delle cinque forze competitive e le loro caratteristiche determinano la


redditività potenziale del settore nella misura in cui ognuna di esse condiziona tanto i prezzi
quanto i costi del settore.
Porter introduce il concetto di concorrenza allargata, per indicare come la posizione
competitiva delle imprese in un determinato business sia influenzata dalla presenza di altri
attori che l’impresa non può trascurare.
Questi attori sono i seguenti:
● le imprese concorrenti
● i potenziali nuovi entranti
● i prodotti sostitutivi
● i fornitori
● i clienti

Concorrenza di produttori già consolidati all’interno di un business:


L’intensità della concorrenza è il fattore che influenza maggiormente la redditività di un settore,
tale concorrenza è basata molto spesso sul prezzo, sulle politiche promozionali, sull’innovazione
di prodotto o su altre iniziative che consentano di presentare al mercato degli elementi di
unicità nella loro offerta.
Le imprese rivali, che condividono uno stesso settore, cercano di massimizzare il valore
generato adattandosi attraverso una serie di comportamenti influenzati da fattori che
determinano il grado di rivalità nel settore.

1. grado di concentrazione: se l’ambito competitivo è popolato da molte imprese di


dimensioni e risorse analoghe c’è da attendersi un’elevata intensità competitiva

2. andamento della domanda del settore: quando la crescita di un settore è rallentata e la


domanda è stagnante o addirittura quando si verifica una contrazione delle vendite.
l’intensità competitiva di quel settore aumenta.

3. struttura dei costi, economie di scala e dimensioni del magazzino: se in un contesto


competitivo l’incidenza dei costi è elevata, se le economie di scala sono elevate o se è
necessario operare con un magazzino di dimensioni considerevoli. Le imprese
competono aggressivamente per la quota di mercato e per l’aumento dei volumi di
vendita e per aumentarli sono fortemente tentate di ridurre i prezzi.

4. differenziazione dei prodotti

5. diversità tra le imprese e priorità strategiche attribuite al business: sono diversità le


provenienze settoriali o geografiche, gli stili gestionali o l’importanza all’attività che si
esercita; questi fattori di diversità tra le imprese amplificano l’intensità competitiva del
settore poiché rendono meno agevole identificare comuni regole del gioco competitivo.

6. barriere all’uscita: sono dei fattori che rendono difficile l’uscita dell’impresa da un
settore, queste sono difficili da superare, sono i costi che un’impresa deve sostenere per
uscire da un settore.
Affinché in un settore le imprese che vi operano possono avere un margine (ricavi- costi=
valore positivo), bisogna che la domanda sia in equilibrio con l’offerta. Al peggio
domanda e offerta equivalgono, al meglio invece la domanda è maggiore.
Che cosa regola il fatto che comanda e offerta siano quantitativamente al limite uguali
e possibilmente la domanda maggiore dell’offerta? Le barriere all’entrata.

Le barriere all’uscita possono essere ricondotte essenzialmente a cinque fattori:


● la presenza di immobilizzazioni molto specializzate e quindi difficilmente
liquidabili
● gli alti costi di uscita dal settore dovuti in particolare alla legislazione sul lavoro
● la presenza di elevate interrelazioni con altri business nei quali le imprese
operano e che desiderano mantenere
● i fattori psico-emozionali che si contrappongono alle valutazione
esclusivamente economiche legate alla decisione di abbandonare il business
● le pressioni governative o sociali che si determinano per le conseguenze che
l’abbandono di un’attività
Minaccia competitiva di nuovi entranti:
I potenziali entranti sono imprese neo costituite o provenienti da altri business che si vanno ad
aggiungere alle imprese già operanti all’interno di un determinato ambito competitivo, così da
modificarne la struttura. Queste imprese introducono capacità produttiva addizionale,
maggiori risorse in misura spesso assai significativa e aumentano il numero dei concorrenti
diretti che competono per accaparrarsi parte della clientela. A meno che la domanda del
settore non sia in crescita, queste nuove entrate produrranno un effetto di riduzione dei prezzi
e ridurranno le quote di mercato di alcune delle imprese esistenti.

I fattori che possono ostacolare l’ingresso di nuove imprese in un business vengono definiti
barriere all’entrata:

1. economie di scala: il costo di produzione si riduce all’aumentare delle quantità prodotte


in un determinato periodo. Tanto più saranno elevate le economie di scala, tanto meno
rilevante sarà la minaccia di nuove entrate nel settore. I nuovi entranti si trovano davanti
alla scelta tra entrare su piccola scala e accettare costi unitari elevati, oppure entrare
su larga scala, accettando una sottoutilizzazione della capacità produttiva in attesa
che i volumi di vendita aumentino.
● In alcuni settori è necessario operare su larga scala: ad esempio nel settore
automobilistico per abbassare i costi di produzione si devono vendere >4mln di
veicoli/anno; nel settore degli aerei, con costi di 20mld$ per progettare il
superjumbo A380 di Airbus si devono vendere almeno 400 aeromobili (break even
point).

NB: Le economie di scala comportano che il costo unitario di produzione si riduca


all’aumentare delle quantità prodotte in un dato periodo (es. un esercizio)

2. differenziazione del prodotto: l’effetto che si vuole ottenere è quello di far sì che i loro
prodotti siano percepiti come unici dal mercato. Questa è la barriera all’entrata più
importante in molti settori di largo consumo. Vantaggio dato dalla notorietà delle
marche e dalla fidelizzazione dei consumatori. I nuovi entranti dovrebbero pertanto
sostenere elevate spese di promozione e pubblicità per poter competere.

Es. la Apple dovette aspettare 3 anni (dal 1984 al 1987) prima che il computer Macintosh venisse
accettato come computer per utenti professionali poiché il concorrente principale (IBM con il
sistema PC) aveva una reputazione ben consolidata presso il mercato.

Vi sono due alternative per superare tale barriera:

● competere in una nicchia di mercato con la prospettiva di allargarla lentamente;


● cercare di competere ad un prezzo inferiore.

3. fabbisogno di capitali: può essere tale da scoraggiare le imprese a entrare nel settore,
cambia in funzione del contesto, ad esempio:
- nel settore farmaceutico è estremamente elevato (spese in R&S per brevettare),
così come nel settore televisivo
- in generale nel settore dei servizi i costi di avviamento sono bassi a punto di
consentire l’autofinanziamento all’imprenditore. Ad es. nella ristorazione
fast-food in franchising il bisogno di capitale può essere modesto (es. un punto
vendita Burger King richiede un investimento iniziale di circa 1mln $)

4. costi di riconversione: tanto minori saranno i costi richiesti per adattare l’attività
originaria alle esigenze di quella del settore al quale si vuole accedere, tanto più
agevole sarà l’ingresso per queste imprese e più basse queste barriere all’entrata.

5. accesso ai canali distributivi: il potenziale entrante di un determinato business deve


assicurare la commercializzazione dei propri prodotti. In molti settori le relazioni
esistenti tra le imprese consolidate e i distributori sono talmente solide da rendere
improbabile o molto oneroso l’ingresso di nuove imprese

6. svantaggi di costo indipendenti dai volumi: in alcuni settori le imprese consolidate


beneficiano di vantaggi di costo che non sono riconducibili dai nuovi entranti potenziali

7. politica pubblica: i settori il cui accesso risulta fortemente regolamentato sono protetti,
in virtù della normativa, dall’ingresso di nuove imprese.

→ disposizioni o provvedimenti di natura governativa e legale: sono le barriere all’entrata più


efficaci in assoluto. Es: per operare nel settore bancario, in quello delle telecomunicazioni,del
servizio taxi e in quello delle trasmissioni radiotelevisive serve la concessione di licenza da parte
di una pubblica autorità.

Nei settori ad alta intensità di innovazione, invece, le barriere più efficaci sono ibrevetti, idiritti
d’autore e i segreti industriali.

Es: la Xerox Corporation ebbe in pratica il monopolio nel business delle fotocopiatrici su carta
(fino alla fine anni ’70) poiché protesse la sua invenzione relativa ai processi di xerigrafia con
oltre 2000 brevetti.

8. possibili ritorsioni delle imprese presenti nel settore: è tanto più efficace quanto più
credibili sono tali minacce di ritorsione. Ad esempio le imprese esistenti potrebbero:
● effettuare un drastico taglio dei prezzi,
● potenziare gli investimenti in pubblicità,
● agire per vie legali,laddove venga la possibilità.

La credibilità delle minacce viene sostenuta da una reputazione di aggressività. Gli entranti, per
evitare le ritorsioni, potrebbero inizialmente entrare su piccola scala, in segmenti di mkt poco
“visibili”.

Es: Toyota, Nissan e Honda entrarono nel mkt USA delle automobili scegliendo segmenti di mkt
scartati dai grandi produttori locali (Ford, GM e Chrysler): piccola dimensione, considerato poco
redditizio.

Noi vogliamo che le barriere siano elevate perché se entrano si aggiungono, la numerosità è un
elemento da tenere in considerazione (es. Beatrice produce braccialetti, finché non ci sono dei
concorrenti lei è tranquilla). Molte di queste barriere non dipendono da me impresa, alcune
invece si (quando cerchi di avere l’esclusività nella produzione dei prodotti, marketing
aggressivo, canale distributivo).

Minaccia dei prodotti sostitutivi:


I prodotti sostitutivi sono beni o servizi che soddisfano bisogni analoghi a quelli dei prodotti o
servizi di un determinato settore, utilizzando tecnologie e modalità di realizzazione diverse
rispetto a quelle dei prodotti concorrenti.
Questi rappresentano una minaccia (prodotto sostitutivo minaccia quello usato) quando c’è un
prezzo più basso ovvero mi da la stessa performance a prezzi più bassi.
Per esempio la sigaretta elettronica e quella con il tabacco, macchina a benzina e macchina
elettrica.
La prima cosa da guardare quando si parla di prodotti sostitutivi è il prezzo.
Come si fa a capire se un prodotto non ha un sostitutivo? Quando alzo il prezzo e quindi la
domanda non cala.
Come per esempio la benzina.
Domanda anelastica: all’aumento dei prezzi, la domanda non cala.
Se invece c’è un prodotto sostitutivo, la domanda cala e la gente si preoccupa di un altro
prodotto che ha la stessa finalità.

Oltre al prezzo guardiamo alla performance, i l terzo elemento sono i costi di riconversione
I fattori che influenzano la rilevanza della pressione competitiva rappresentata dai prodotti
sostitutivi sono:
- rapporto qualità-prezzo: la minaccia proveniente dai prodotti sostitutivi è alimentata
principalmente dall’evoluzione tecnologica che potrebbe consentire di sviluppare beni
che hanno un rapporto qualità-prezzo più favorevole di quello di prodotti esistenti

- costi di riconversione: la rilevanza dei costi che il cliente deve sostenere rivolgendosi ai
prodotti sostitutivi può influenzare la rilevanza della minaccia competitiva degli stessi.

- propensione degli acquirenti: non tutti i clienti di beni industriali e di beni di largo
consumo reagiscono nello stesso modo di fronte alla possibilità di passare a prodotti
sostitutivi.

es. prodotti sostitutivi: lattine in acciaio/ in alluminio, tubi in plastica/ in alluminio, cellulosa/
fibra di vetro, treno/ aereo.

→ un altro fattore che influenza la propensione degli acquirenti a utilizzare dei sostitutivi è
rappresentato dall’esposizione al rischio o dalla percezione di un rischio legato alla
sostituzione.

→ La redditività ottenibile a livello di settore dipende dall’esistenza di una concorrenza tra


prodotti/servizi sostitutivi:

● SE NON ESISTONO prodotti sostitutivi (es. nel caso della benzina): i consumatori sono
anelastici al prezzo
● SE ESISTONO prodotti sostitutivi: le preferenze dei consumatori si sposteranno sul
prodotto sostitutivo che presenta il prezzo inferiore, cioè la domanda è elastica al
prezzo.

Es: l’e-commerce ha introdotto prodotti sostitutivi che hanno messo in crisi imprese consolidate
nel settore delle agenzie di viaggio o della vendita di musica.

Es: La presenza di prodotti in scatola è una minaccia ai prodotti surgelati.

IL CONCORRENTE DIRETTO
- Devo assumere che i suoi clienti sono anche i miei
Il primo dato da analizzare è quanti altri ce ne sono che hanno effettuato la business definition
come la mia? Stessa tecnologia, stesso gruppo di clienti, ecc…
Qual è una derivata della loro qualità che è migliore della mia? Il loro prezzo sarà più alto ma la
qualità rende più appetibile il prodotto.
Il cliente però sa che la qualità costa di più e quindi ha un prezzo maggiore sul mercato.
Le facce della performance: durabilità, design (può essere più alla moda o più riconoscibile).

Il consumatore spende di più perché ci sono quindi elementi di qualità oppure perchè è il
distributore che me lo sbatte in faccia per primo, il distributore mette determinata merce in
prima fila.
- Qual è la potenza di fuoco? Quanto è grande
La dimensione delle altre aziende dipende dal capitale e questo dipende da numerosi fattori.
La grandezza che io guardo come dotazione di risorse è fondamentale.
- Abbiamo accesso agli stessi distributori?

Potere contrattuale dei fornitori:


I fornitori delle imprese in un determinato ambito competitivo possono esercitare un potere
contrattuale sui loro clienti aumentando i prezzi delle loro forniture o riducendo la qualità.
Laddove le imprese concorrenti non possano a loro volta scaricare sui loro clienti questi
incrementi di costo, la loro capacità reddituale ne risulterà influenzata.
I fattori che determinano la pressione competitiva dei fornitori sulle imprese che operano in un
determinato business sono riconducibili al potere contrattuale relativo e alla sensibilità degli
acquirenti al prezzo ( più specifica per le imprese).
- potere contrattuale relativo: è rappresentato dal potenziale rifiuto a concludere una
transazione con la controparte a determinate condizioni; questa caratteristica è
strutturale, riguarda le caratteristiche dei settori, dei fornitori e dei loro clienti.

Fattori che determinano tale potere:


● grado di concentrazione del settore: è la quota di mercato combinata dei
produttori principali.

Maggiore è il numero di imprese (di dimensioni e di risorse analoghe) in un settore (e quindi RC


basso), maggiore è l’intensità competitiva attesa. Minore è il numero di imprese (di dimensioni e
di risorse analoghe) in un settore (e quindi RC alto), più facile è il controllo dei prezzi e meno
probabile è una concorrenza sui prezzi.

Es. Fuji e Kodak sono gli unici due produttori di pellicole fotografiche a colori e i prezzi sono
praticamente allineati. Lo stesso per Coca Cola e Pepsi: prezzi uguali e concorrenza che si
concentra su pubblicità, promozione e sviluppo prodotto.

NOTA: La quota di mercato di ogni impresa è data dalla percentuale dalle vendite (in valore o in
volume) dell'impresa rispetto al totale delle vendite nel mercato di riferimento.

NOTA BENE: nonostante si noti che l’ingresso di un concorrente stimola la competizione di


prezzo e l'eliminazione la riduca, l’evidenza sistematica dell’impatto della concentrazione sulla
redditività è debole.

● percentuale degli acquisti da un determinato cliente


● costi di riconversione
● disponibilità di informazioni
● minaccia di integrazione verticale
● diversità dei concorrenti: più le imprese concorrenti sono simili in termini di
origini,obiettivi, costi, strategie, e forma mentis dei dirigenti, tanto più difficile
sarà trovarsi in una condizione di guerra sui prezzi (più probabile realizzare
politiche collusive). Es: settore automobilistico USA prima che arrivasse la
concorrenza dall’Europa e dal Giappone.
All’aumentare della diversità, diventa meno agevole identificare regole comuni
del gioco competitivo.

- fattori che determinano la sensibilità degli acquirenti al prezzo:


● volume degli acquisti in rapporto alla frazione significativa dei costi
● grado di differenziazione dei prodotti: abbassa la competizione sul prezzo.
Se invece i prodotti delle imprese sono tra loro indifferenziati, allora i consumatori saranno
portati a sostituirli con prodotti a più basso prezzo.
Es: i settori dei prodotti farmaceutici, dei profumi, della consulenza manageriale sono settori
meno competitivi, da questo punto di vista, poiché una semplice riduzione del prezzo non
comporta la sostituzione del prodotto.

● situazione finanziaria difficile


● prodotto acquistato non influenza la qualità dei prodotti dell’acquirente
● il business dei fornitori è concentrato e la dimensione relativa dei fornitori è
maggiore di quella dei suoi acquirenti: il business dei fornitori non compete con
prodotti sostitutivi
● il settore fornito non è un cliente importante per i fornitori
● il prodotto fornito non è un input importante per il cliente
● limitata trasparenza del mercato
● i fornitori possono credibilmente integrarsi a valle

- fattori che influenzano il potere contrattuale dei fornitori rispetto a quello degli
acquirenti:
● concentrazione dei fornitori rispetto ai clienti: quando i fornitori sono
numericamente pochi (e di dimensioni maggiori) rispetto ai clienti => il cliente ha
meno opzioni di acquisto (aumenta il prezzo).
● Incidenza degli acquisti sul fatturato dei fornitori: quando il volume degli
acquisti effettuati dall’acquirente presso il fornitore è elevato, il potere
contrattuale del fornitore sarà basso, quando il volume acquistato è basso, i
fornitori avranno maggiore potere negoziale. Es. GDO nella distribuzione
alimentare
● Informazioni degli acquirenti: quanto meno gli acquirenti sono informati sui
prodotti e sui costi dei fornitori, tanto maggiore sarà il loro potere contrattuale.
● La capacità (anchesolopotenziale) di integrazione verticale: in questo caso a
valle es. produttori di abbigliamento che aprono punti vendita di proprietà vs.
commercianti al dettaglio (al contrario, a monte: es. i grandi produttori
alimentari come Heinz e Campbell soup hanno ridotto la loro dipendenza dai
fornitori di lattine di metallo producendole loro al fabbisogno; Coca Cola acquisì
i suoi imbottigliatori)
● Costi di riconversione: passare ad un altro fornitore può essere molto costoso
per un'impresa, soprattutto se questo realizza un prodotto altamente
customizzato o specifico.

Esempio del pane: vado tutti i giorni dal fornaio per comprarmi un pezzo di pane, il primo
giorno lo pago 1€, il secondo 1.30€ e dice che c’è stato un fungo che ha distrutto il grano e
quindi deve aumentare il prezzo. Il giorno dopo mi vede con volantini che vendono macchine
per il pane.

In questo caso la minaccia che il cliente si possa mettere a fare quello che fa il fornitore fa in
modo che il fornitori cominci a fare sconti.

Potere contrattuale degli acquirenti:


I clienti delle imprese in un determinato ambito competitivo tendono a massimizzare la loro
redditività minimizzando i costi di fornitura. I fattori che determinano il potere contrattuale
degli acquirenti sono gli stessi indipendentemente dal fatto che si tratti di individui o di altre
imprese industriali o commerciali.
Ciò che cambia è la sensibilità al prezzo

Le imprese di un settore operano su due mercati:

1. il mercato degli input in cui sono acquirenti di materie prime, componenti, servizi
finanziari e logistici;
2. il mercato degli output in cui vendono beni e servizi ai clienti (che possono essere
distributori,altri produttori, consumatori finali).
Su entrambi i mercati la redditività delle parti dipende anche dal potere contrattuale
relativo.

→ Nel caso delle vendite ai clienti: elementi rilevanti per i risultati:

● potere contrattuale relativo degli acquirenti


● sensibilità al prezzo degli acquirenti

→ Nel caso degli acquisti da fornitori: elementi rilevanti per i risultati:

● potere contrattuale relativo del fornitore


● sensibilità al prezzo dell’impresa (che è l’acquirente): la sensibilità al prezzo è tanto
maggiore al costo del prodotto e ai costi totali che l’acquirente può sostenere.
- rilevanza
La velocità è un fattore che da valore quindi per me che creo il prezzo che permette una
maggiore velocità significa che posso vendere quel pezzo ad un prezzo alto, il mio cliente non
sarà sensibile al prezzo
Bisogna guardare al costo di quello che acquisto sui costi totali.

Fattori critici di successo:


L’analisi svolta attraverso lo schema delle cinque forze di Porter consente di valutare le
aspettative di redditività media di un settore.
I fattori critici di successo (FCS) sono gli elementi alla base del vantaggio competitivo che
un’impresa può acquisire, rispetto ai suoi concorrenti, in un determinato ambito settoriale.
Da questi fattori critici di successo dipendono: l’efficacia potenziale delle strategie, le scelte di
posizionamento e le possibilità di sviluppo e sopravvivenza dell’azienda.
I fattori variano al variare dei settori.
Non sono dei bisogni ma dei BENEFICI a cui un gruppo dei miei clienti attribuisce un valore
prioritario per soddisfare il bisogno

Possibili FCS per esempio nella telefonia:


• Prezzo
• Status
• Design
• Comodità e praticità

→ All’interno di ogni segmento è necessario identificare i fattori critici di successo: fattori che è
necessario presidiare per avere successo in un determinato segmento. Sono variabili oggettive
che l'impresa deve conoscere e sapere gestire (ed eventualmente modificare). Sono quei benefici
a cui un gruppo di clienti attribuisce valore prioritario per il soddisfacimento di un proprio
bisogno (funzione).

● Cosa vogliono i nostri clienti?


● Cosa deve fare l’impresa per sopravvivere alla concorrenza?

NOTA BENE: non confondere funzioni, modalità e, appunto, benefici percepiti come prioritari.

Identificazione e valutazione dei fattori critici di successo:


Le modalità con cui si soddisfano i clienti e si sopravvive alla concorrenza costituiscono i fattori
critici di successo.
È dai clienti e dalle loro scelte che dipende fortemente la possibilità di generare profitto per
l’impresa.

Critiche al modello di Porter:


L’aspetto più discutibile dello schema di Porter riguarda il paradigma S-C-P
(structure-conduct-performance) che sta alla base del modello, gli altri punti messi in
discussione:
● la presenza di rapporti di complementarietà tra i prodotti
● la crescente turbolenza che caratterizza molti settori
● la presenza di rapporti di natura cooperativa o di altra natura e non solo competitiva
tra le imprese di un settore.

Porter ci fa vedere che cosa fanno le imprese nel box centrale, ci dice che bisogna studiare del
box centrale il numero e il rapporto, quanto fanno prodotti uguali e differenziati.
Non ci fa capire come prendono le decisioni le imprese che ci sono dentro.
Nel modello di Porter, quello che fanno le aziende è sempre collegato a quello che hanno fatto le
altre aziende, è tutto molto fermo.

Prodotti complementari:
Il modello di Porter non considera i prodotti complementari, ossia i prodotti il cui uso congiunto
a quello del prodotto di riferimento aumenta l'utilità per il consumatore e determina un valore
superiore al valore, adatto dall'utilizzo disgiunto dei due prodotti.
Quando i prodotti complementari tendono a identificarsi con il prodotto complessivo, essi
hanno poco valore per i clienti come prodotti separati, in quanti clienti tenderanno a valutare
l'offerta nel suo insieme.
Secondo i critici di Porter, i prodotti complementari dovrebbero essere considerati come una
forza aggiunta rispetto a quelle considerate del suo schema per l'analisi della concorrenza. Essi
influenzano le situazioni competitive in maniera opposta rispetto ai prodotti sostitutivi: mentre i
sostitutivi riducono il valore del prodotto, i complementari lo aumentano.

Instabilità del settore:


Porter sostiene che la struttura del settore determina la concorrenza; Schumpeter e la scuola
austriaca ritenevano invece che fosse la concorrenza a trasformare la struttura di un settore.
Un settore che prevede un monopolio dell'offerta è molto appetibile e spinge le imprese a
entrare alternandone la struttura originaria.

Concorrenza dinamica e teoria dei giochi:


La principale obiezione posta allo schema di Porter è quella di non tenere conto delle effettive
interazioni tra le imprese. Esse, infatti, non sempre assumono un atteggiamento competitivo, a
volte possono essere disponibili a una cooperazione o una coalizione.
La teoria dei giochi è un modo singolare di affrontare il tema della concorrenza paragonandolo
a un gioco a cui partecipano dei concorrenti che possono effettuare delle azioni scegliendo tra
le opzioni. Uno dei maggiori vantaggi della teoria dei giochi è la capacità di considerare i
rapporti tra imprese e concorrenti non solo sul piano della competizione pura come nel sistema
di Porter, ma anche sul piano della cooperazione. Questo avviene sempre più frequentemente,
laddove le imprese realizzano che la possibilità di raggiungere un accordo è più conveniente
che competere.
CAPITOLO 6 - RISORSE E COMPETENZE

Focus sulle imprese, impresa per impresa. Da una visione macro a una visione micro.
Shift dell'analisi → Relazioni tra strategie e ambiente interno, in particolare con le risorse e
competenza dell'impresa.
L'impresa internamente investe nella crescita dei dipendenti, nell'innovazione e nel loro vatori.

Analisi delle risorse e competenze:


Risorse: stock di fattori disponibili posseduti o controllati dall’impresa, dunque ciò che
un’impresa possiede
Competenze: capacità/abilità dell'impresa di impiegare le risorse, di solito in combinazione,
utilizzando processi organizzativi per raggiungere un fine. Sono le performance superiori alla
media quindi ciò che un’impresa da fare
Le competenze non conferiscono da sole un vantaggio competitivo→ vengono integrate tra
loro per creare competenze organizzative.
Le competenze di un'impresa consistono nella capacità di combinare, organizzare in maniera
esclusiva un'insieme di risorse al fine di svolgere un'attività o raggiungere un obiettivo. Le
competenze sono quindi capacità che emergono nel tempo e che consentono di integrare
deliberatamente le risorse di cui l'impresa dispone. Questo avviene tramite lo sviluppo,
l'impegno e lo scambio di informazioni e conoscenze all'interno del cosiddetto capitale umano
dell'impresa.
Le competenze si basano sulle capacità e sulle conoscenze del personale.
Gestire per competenze significa individuare:
• Le prestazioni eccellenti per una data attività.
• Le persone che sono in grado di rendere tali prestazioni.
• La natura della competenza di cui sono portatori.

La mission è l'obiettivo dell'organizzazione, ovvero ciò che l'organizzazione fa ed è


rappresentata dalle identità e dagli scopi. Si basa sul Chi? Che cosa? Come?
La vision indica chi è l'organizzazione.
Se l'ambiente è mutevole analizzo le risorse e le competenze dell'organizzazione; in particolare le
competenze tecnologiche e le competenze di marketing.
Le risorse e le competenze, nei mercati imprevedibili, sono la bussola per orientarsi nella
competizione.
Un esempio è con le macchine da scrivere, Remington ha avuto successo mentre Olivetti è
fallita.
È necessario identificare segmenti di mercato attrattivi e adottare strategie concorrenziali
efficaci per la globalizzazione e la deregolamentazione.
Attraverso:
1. la scelta di una strategia imperniata sui punti di forza dell’azienda
2. lo sviluppo e l’alimentazione costante di risorse e di competenze su cui tale strategia si
fonda
Bisogna concentrarsi sull'analisi di due principali fonti di competitività per l'impresa:
1. Le dinamiche interne ai diversi settori in cui competono, possibile origine di
sistematiche differenze nelle performance delle imprese.
2. L'impresa stessa come comunità di analisi, fonte di vantaggio e svantaggio
competitivo rispetto ad altre imprese operanti nel medesimo settore.

La domanda di fondo è capire cosa rende un'impresa diversa dai suoi concorrenti.
Bisogna considerare l'impresa come una combinazione unica di risorse e competenze che sono
fonte principali del vantaggio competitivo. Le risorse, in questa prospettiva, sono gli input che
vengono utilizzate, trasformati nell'ambito dell'attività dell'impresa.
Le risorse dell'impresa possono essere classificate in 5 categorie:
1. Finanziarie.
2. Fisiche
3. Umane.
4. Tecnologiche
5. Organizzative.

Quando alcune competenze consentono all'impresa di operare meglio dei concorrenti, sia di
fronte a capacità organizzative che fanno conseguire all'impresa posizione di vantaggio
competitivo. Le competenze organizzative sono le capacità di un'impresa di intraprendere una
particolare attività.

Si distinguono in:

● competenze distintive: Comprendono l'insieme delle attività che un'organizzazione


svolge con particolare abilità rispetto ai suoi concorrenti.

● competenze centrali: Comprendono l'insieme delle capacità fondamentali dell'impresa,


critiche per determinare le performance.

Le risorse, inoltre, possono essere:

- tangibili: Identificate e valutate facilmente, riconoscibili nello stato patrimoniale, oggettive.


tra queste rientrano le risorse:
● fisiche: asset tangibili di proprietà (ad esempio materie prime, impianti, stabilimenti,
terreni, ecc…)
● finanziarie: la capacità di indebitamento dell’impresa e di autofinanziamento
(determinano la capacità di investimenti e di recupero ciclico delle risorse)

- intangibili: Si tratta di risorse che tuttavia possono contribuire in misura significativa alla
realizzazione di un vantaggio competitivo per le imprese. Tali risorse risultano meno visibili
anche per i concorrenti. Rappresentano una quota elevata del valore dei beni patrimoniali,
poco visibili nei bilanci delle imprese, difficilmente misurabili, difficile imitazione dall'esterno→
notorietà/marchio (forma di patrimonio di reputazione, valore basato sulla fiducia che ispirano
ai clienti), immagine, reputazione, risorse tecnologiche (conoscenza protetta da brevetti, licenze,
diritti d'autore; segreti tecnologici e processi di proprietà, laboratori di ricerca e personale
dedicato).
Premium price → prezzo del marchio, riconoscibilità.
Brand recognition→ analisi del brand al vertice del mercato.

→ Il ruolo delle risorse intangibili rispetto a quelle tangibili risulta quindi oggi molto più cruciale
nei processi di creazione di vantaggio competitivo.

- Umane: sono i servizi produttivi che il personale rende all’impresa, comprendono competenza,
conoscenza, capacità di analisi e di decisione dei membri dell'organizzazione. Si creano
attraverso investimenti, nella formazione, nell'apprendimento realizzati nel corso del tempo e
sono a loro volta risorse durevoli.
Tali risorse hanno importanza nello sviluppo dell’intelligenza emotiva e della cultura
organizzativa.
Competenze distintive e vantaggio competitivo:
Il successo di un'impresa, i suoi risultati economico finanziari si spiegano quindi sia in base alla
posizione competitiva che si è saputa conquistare nel suo business. Sia in base alla
disponibilità di risorse e di competenze esclusive che ha saputo coltivare e impiegare in ambiti
competitivi favorevoli.
L'impresa deve quindi disporre di alcuni fattori di vantaggio rispetto alla concorrenza che il
mercato ritiri importanti ed è disposto a valorizzare, tale vantaggio si definisce vantaggio
competitivo.
Esse sono l'armonizzazione di un insieme di skill e di un mix di risorse nelle quali l'azienda è
unica e che sono in grado di creare un vantaggio competitivo in diversi mercati.
es:
3M: efficienza nello sviluppo di nuovi prodotti
Toyota: innovazione modelli e tempi di industrializzazione
Wal-Mart: efficienza nei costi e flessibilità

Permette all'impresa di distinguersi e di differenziarsi dalle altre.


Un vantaggio competitivo si costruisce a partire dalle caratteristiche del contesto competitivo e
dipende dalle modalità di impiego delle risorse che sono proprie all'impresa.

Vi sono 2 tipi di competenze:


1. To play-> Per essere su un determinato mercato.
2. To win-> Per essere il migliore sul mercato, il più riconoscibile.

Forniscono un potenziale ad un ampio numero di mercati, forniscono un contributo alla


percezione del valore al cliente finale e sono difficili da imitare da parte dei concorrenti. Ogni
azienda è un insieme di poche competenze distintive.
I criteri-chiave che le competenze devono soddisfare per la creazione di vantaggio competitivo:
- Non acquisibilità competenza rara, esclusiva che è pienamente disponibile per l'unica
impresa
- Durevolezza: il vantaggio deve perdurare nel tempo, la disponibilità e la rilevanza della
competenza dipendono dal tempo
- Non trasferibilità: difficilmente trasferibili all'esterno, ad altre aziende, per il vantaggio
competitivo
- Non riproducibilità: o vi sono barriere legali o l'impresa stessa tende a nascondere le
sue competenze in routine o competenze tacite; per i concorrenti è difficile e costoso
replicare le competenze di terzi.

Tale vantaggio ha senso in strategia solo se sono soddisfatte le seguenti tre condizioni:
1. Il mercato percepisce una differenza sostanziale tra i prodotti/servizi di un'impresa e
quelli dei suoi concorrenti.
2. Questa differenza dipende dalle capacità distintive di cui dispone l'impresa rispetto
ai suoi concorrenti.
3. Tanto le differenze percepite dal mercato, quanto le capacità distintive sono
suscettibili di perdurare nel tempo.

Per capire se un vantaggio competitivo di un'impresa e sostenibile nel lungo periodo devono
ricorrere i seguenti fattori:
- Il vantaggio competitivo non si basa su un unico punto di forza.
- Il settore è consolidato e si basa su più di una strategia dominante.
- I concorrenti hanno a disposizione solo una gamma ristretta di opzioni strategiche
che li rende prevedibili.

Questa definizione implica che la sostenibilità del vantaggio competitivo non è


necessariamente legata alla sua durata, ma piuttosto l'impossibilità da parte dei concorrenti di
replicare la strategia. Su quel vantaggio si basa.

Ruolo delle risorse e competenze nella formulazione della strategia competitiva


Le teorie che definivano le risorse e le competenze come fonte primarie di redditività
dell'impresa e base della strategia sono confluite in quella che è stata denominata resource
based view of the firm. Teoria del 1991 che nasce in contrapposizione alla struttura di Porter.
Secondo questa teoria, l'organizzazione dipende dalle risorse e competenze, non dai fattori
esterni. Il controllo (effetti sulla trasferibilità) e la combinazione (effetti sulla replicabilità) sono
alla base del vantaggio competitivo dell'impresa.
La RBV mette in discussione la teoria economica neoclassica, in particolare 3 assunti
importanti:
1) L'idea che le risorse siano omogenee→esse sono eterogenee tra imprese.
2) L'idea della mobilità delle risorse→sono generate internamente e possono isolarsi
dall'imitazione.
3) L'idea della replicabilità delle risorse→non è semplice da parte delle imprese terze.

Uno dei fattori di disancoraggio della lettura offerta da tale teoria rispetto alla lettura di natura
prevalentemente economica, è costituito dal forte recupero della dimensione organizzativa
rispetto a variabili economiche-ambientali per la ricerca delle fonti del vantaggio competitivo
dell’impresa. Tale recupero poggia sulla presa di coscienza degli elementi di eterogeneità delle
imprese, che possono essere individuati lungo due dimensioni. Le due dimensioni possono
quindi essere ricondotte ai concetti di controllo delle risorse e di combinazione delle risorse per
spiegare la diversità di performance da parte delle singole imprese (il loro incrocio permette di
individuare diversi comportamenti che generano rendite differenziali e vantaggio competitivo
nel tempo)..
Per quanto riguarda il controllo delle risorse, una loro limitata circolazione è da considerarsi
un'opportunità in grado di generare vantaggio competitivo nel tempo a condizione che si
sviluppi un continuo processo di investimento sulle loro caratteristiche distintive.
Per quanto riguarda la capacità combinatoria, si tratta delle dimensioni di maggiore
significatività per differenziare il contributo della RBV da altre prospettive economiche quali la
teoria neoclassica e l'economia industriale.
Le competenze di natura organizzativa divengono le leve più significative per la costruzione di
vantaggio competitivo, facendo assurgere a fattori di strategici primari di specifici processi di
sviluppo e di apprendimento dell’impresa.

Le due dimensioni devono essere considerate come due esperti di opzioni che misurano le
capacità di presidio di determinate risorse o la capacità di sviluppare modalità di combinazioni
innovative non esattamente replicabili. Dall'incrocio emergono tre tipologie prevalenti di
comportamento strategico:
1. Lo sfruttamento: caratterizzato dalla ricerca di vantaggio competitivo grazie al
presidio di singole risorse scarse, il cui controllo non sia facilmente replicabile da
parte dei concorrenti.
2. La combinazione originale: Il vantaggio competitivo dell'impresa non si fonda su
possibilità di presidio di singole risorse scarse, precluse e concorrenti. Ma su
modalità innovative poste in essere dalle imprese nel processo di combinazione
delle risorse.
3. Il leveraging: Indica che il vantaggio competitivo dell'impresa deriva dal
contemporaneo presidio di singole risorse scarse e da modalità innovative con cui
queste vengono combinate.

Ruolo della conoscenza nella sviluppo dell’impresa


Nel solco tracciato dalla prospettiva della RBV si colloca l’approccio Knowledge based view
(KBV), considerato come un’estensione della prima e che si caratterizza per porre al centro dei
processi di creazione di valore la conoscenza, definita come la più cruciale risorsa per l’impresa.
La KBV definisce l’impresa come un’organizzazione il cui scopo è quello di creare, trasferire e
trasformare la conoscenza in vantaggio competitivo con velocità e efficienza e si propone di
analizzare e descrivere i componenti e i processi.
Viene spostato il focus, l'impresa è vista come:
• Creatrice di vantaggio competitivo attraverso lo sfruttamento della conoscenza
• Creatrice di conoscenza con velocità e efficienza + trasferimento
•Creatrice di valore attraverso l'azione di condivisione e scambio di conoscenza
La conoscenza è una risorsa atipica, ha un andamento vivo e vario. Va utilizzata o perde di
valore nel tempo, cresce se viene condivisa o elaborata. Ha varie facce.
La conoscenza parte dal dato che viene trasformato in informazione, in seguito viene
interiorizzato e reso conoscenza esplicita o conoscenza tacita. Si parte dall'organizzazione
(dati) fino ad arrivare ai singoli individui (conoscenza tacita). Vi sono 2 tipologie di conoscenza
(o capitale di conoscenza):
a. Conoscenza tacita o non documentata-> Soggettiva ("Sappiamo più di ciò che
possiamo esprimere").
b. Conoscenza esplicita o documentata-> Oggettiva.
Vi sono dei criteri per la classificazione delle competenze:
- Analisi funzionale-> Organizzazione in relazione alle funzioni aziendali/aree
funzionali di impresa
- Analisi della Catena del Valore-> Utilizza uno strumento che permette di
organizzare le competenze suddividendole in attività primarie e attività di supporto
Le aree funzionali sono-> La direzione di gruppo, sistemi informativi, ricerca e sviluppo,
produzione, design, marketing, vendita e distribuzione.
Le competenze sono rispettivamente-> La gestione finanziaria, l'integrazione della rete, la
ricerca di nuovi prodotti, miglioramento dei processi produttivi, progettazione, gestione del
marchio e gestione dei ricavi.
Particolare interesse e originalità è la teoria di Nahapiet e Goshal, che affianca alla componente
del capitale intellettuale un'altra variabile che è andata negli anni acquisendo sempre maggior
centralità: quella del capitale sociale. Tale espressione è fondata sui principi di fiducia e
reciprocità, cooperazione e azione collettiva.
Il capitale sociale fa riferimento sia alle risorse disponibili all'interno dell'impresa che a quelle
accessibili all'esterno grazie al sistema di conoscenze e contatti che consentono appunto di
avere accesso a idee e informazioni capitali.
In quanto insieme di risorse in insito nelle relazioni, il capitale sociale definibile in diverse
dimensioni:
- La dimensione strutturale che fa riferimento allo schema del legame tra gli attori.
- La dimensione relazionale che definisce la tipologia dei legami tra gli attori.
- La dimensione cognitiva che fa riferimento a quei sistemi di rappresentazioni e
significati condivisi tra le parti.
Tutte le nuove risorse, comprese la conoscenza, vengono create attraverso due processi
generali, la combinazione, lo scambio.
Quando le risorse sono detenute da parte differenti, lo scambio diventa il prerequisito per la
combinazione.

→ Quando gestiscono la conoscenza, le azienda tentano di catturare due tipologie di


conoscenza:
● conoscenza tacita o non documentata: soggettiva
● conoscenza esplicita o documentata: oggettiva

Identificazione delle competenze:


I criteri per classificare le competenze e disaggregarle opportunamente sono:
● analisi funzionale, in relazione alle funzioni aziendali/ aree funzionali di impresa
● analisi della catena del valore, sulla base del percorso sequenziale delle attività
dell’impresa, divise in:
- attività primarie
- attività di supporto
CAPITOLO 5 - CATENA DEL VALORE E VANTAGGIO COMPETITIVO

Il dibattito teorico sulle determinanti dei risultati di impresa:


- fino all’inizio degli anni Ottanta: Industrial Organisation→ spiegazione strutturale per
valutare l’attrattività dei settori e la determinazione del grado di intensità della
concorrenza, per predire le performance attese dalle imprese del settore.
- dagli anni Ottanta: RBV→ considera l’utilizzo delle risorse specifiche e talvolta esclusive
delle imprese come fattore prioritario per spiegarne il successo.
- prospettiva teorica più recente: Relazionale→ individua nelle relazioni interorganizzative
e nelle capacità organizzative necessarie per coordinare questi sistemi complessi una
fonte primaria di rendite e quindi un vantaggio competitivo.

Catena del valore:


La catena del valore è il modo in cui l’impresa svolge le singole attività attuando una certa
strategia che risente della sua storia e delle sue specificità economiche dell’attività stessa,
quindi un metodo di lavoro per osservare e valutare le competenze di un’impresa.
La catena del valore disaggrega l’impresa nelle sue attività strategicamente rilevanti allo scopo
di comprendere cosa determina l’andamento dei costi, le fonti e i potenziali di differenziazione
esistenti. In questo senso, l’analisi della catena del valore diventa la base per identificare la
natura del vantaggio competitivo che l’impresa intende perseguire e conseguentemente
selezionare gli elementi per sviluppare la strategia. è la rappresentazione schematica delle
attività svolte, evidenziando il valore create (ricavi che derivano dal prezzo pagato) ed i costi
sopportati per la creazione di tale valore→ il margine è la differenza ricavi-costi
La catena del valore rappresenta graficamente il valore totale generato dall’attività dell’impresa
in un determinato business e mette in evidenza due componenti:
1. attività generatrici di valore: attività fisicamente e tecnologicamente distinte svolte
dall’impresa
2. margine: differenza tra valore totale e costo complessivo per eseguire le attività
generatrici di valore

In termini competitivi il valore è la somma che i compratori sono disposti a pagare per quello
che l’impresa fornisce loro, la misura del valore è il ricavo totale e per perseguire un vantaggio
competitivo l’impresa deve guardare al valore e non al costo.

Per costruire la catena del valore di un’impresa è necessario:


● identificare le attività generatrici di valore
● definire i contenuti in relazione al settore nel quale l’impresa opera
● evidenziare i legami verticali e orizzontali tra le diverse attività della catena del valore,
quindi il margine ricavi-costi

→ Identificare le attività generatrici di valore:


Con la catena del valore è possibile rappresentare l’attività di un’impresa distinguendo tra:
1. attività primarie o di base, collegate al processo operativo e che consistono:
- nella movimentazione delle materie prime e dei componenti e nella creazione
fisica del prodotto
- nel marketing, nella distribuzione e nella vendita dei prodotti e nel loro
trasferimento al compratore
- nell’assistenza post-vendita e nei servizi in generale offerti alla clientela

→ si tratta di attività che consentono di creare fisicamente i prodotti o servizi che saranno
destinati ai clienti.
Tra le attività primarie, Porter distingue:
● la logistica in entrata, riguarda le attività di ricevimento quindi la gestione fisica degli
input produttivi:, immagazzinaggio, movimentazione e distribuzione degli input alla
successiva attività di trasformazione→ gestione dei materiali, magazzino, controllo delle
scorte, programmazione, ecc…
● le attività operative, trasformazione degli input nel prodotto/servizio finale→ include
lavorazione, montaggio confezionamento, ecc..
● la logistica in uscita, riguarda la raccolta, l’immagazzinamento e la distribuzione del
prodotto agli acquirenti→ attività di stoccaggio dei prodotti finiti, gestione dei materiali,
ecc…
● il marketing e le vendite, rendere disponibili i prodotti agli acquirenti e nel facilitare e
sollecitarne l’acquisto→ pubblicità, promozioni, gestione forza vendita, canali
distributivi, determinazione dei prezzi, ecc…
● i servizi post-vendita, includono tutte le attività orientate a migliorare o mantenere il
valore del prodotto→ installazione dei prodotti, manutenzione, addestramento degli
utenti, riparazioni e fornitura dei pezzi di ricambio

2. attività di supporto, sostengono le attività primarie aumentandone l’efficienza e


l’efficacia e allo stesso tempo sono generatrici di valore e consistono nel:
● procurare input necessari per alimentare le attività di base e infrastrutturali
● innovare e migliorare i prodotti e i processi
● gestire gli aspetti organizzativi e le risorse umane
● assicurare servizi di amministrazione e controllo a tutta l’impresa

Tra le attività di supporto, Porter distingue:


● approvvigionamenti, attività che consentono l’acquisto di materie prime (input), di
forniture di consumo, di beni patrimoniali, utilizzati nei diversi processi dell’impresa.
Queste attività non ricomprendono il costo degli input acquistati, che ricadrà sulle
diverse attività in cui gli input sono impiegati.
● lo sviluppo della tecnologia, riguarda l’insieme delle attività volte a migliorare i prodotti
e i processi. Comprende: R&S, tecnologie a supporto del prodotto finale (ad es. la
tecnologia per il sistema di acquisizione degli ordini o l’automazione per la contabilità
d’ufficio), ricerca di base, concezione del prodotto, ricerche sui media, progettazione
delle apparecchiature di processo, procedure per l’assistenza tecnica. Riguarda, in
generale, tutte le innovazioni applicabili ad attività primarie e di supporto.
● la gestione delle risorse umane, si articola nelle attività che riguardano la ricerca e la
selezione del personale e le procedure di assunzione, di amministrazione, di
addestramento e di mobilità del personale
● le attività infrastrutturali, insieme delle attività di direzione e controllo dell’impresa, dalla
contabilità alla finanza. Sono la direzione generale, la pianificazione, la finanza, il legale,
gli affari con gli enti pubblici e la gestione/controllo della qualità. Le attività
infrastrutturali lavorano a sostegno dell’intera catena del valore e non delle singole
attività primarie. Tali attività, spesso considerate una spesa fissa non produttiva,
possono invece essere fonte di vantaggio competitivo. Es. Per un’impresa di
telecomunicazioni intrattenere rapporti con le autorità legislative e di governo può
essere un motivo di vantaggio competitivo.
→Definire i contenuti in relazione al settore nel quale l’impresa opera:
In qualsiasi impresa le attività primarie possono essere suddivise nelle categorie illustrate nella
catena del valore generica, non è detto tuttavia che in tutti i settori le attività di base abbiano la
medesima sequenza. Applicando le logiche della catena del valore, la suddivisione delle attività
può spingersi fino ad identificare attività sempre più specifiche e circoscritte, ancorché distinte
dalle altre.
Si utilizza tale catena per:
- Disaggregazione dell'impresa in attività separate
- Determinazione del costo totale del prodotto
- Identificazione dei fattori che determinano i costi
- Identificazione dei legami tra attività della catena del valore
- Accertamento del margine di riducibilità dei costi

→Evidenziare i legami verticali e orizzontali tra le attività della catena del valore:
La catena del valore non ha lo scopo di evidenziare un insieme di attività indipendenti, bensì un
sistema di attività interdipendenti, legate tra di loro in termini di risorse allocate e di
competenze necessarie. I legami tra le attività sono dati dalle relazioni che si determinano tra il
modo in cui viene svolta una certa categoria di attività generatrici di valore e il costo o le
performance di un’altra.
è importante ricercare i collegamenti tra le attività della catena del valore, i collegamenti
possono portare al vantaggio competitivo in due modi:
1. attraverso l’ottimizzazione, l’impresa deve ottimizzare i collegamenti nei quali si riflette la
sua strategia orientata al vantaggio competitivo
2. attraverso il coordinamento, essere in grado di coordinare i collegamenti spesso riduce i
costi o enfatizza la differenziazione.

Sistema del valore:


La catena del valore è coinvolta in un flusso più ampio di attività e di imprese che si articola
verticalmente per successivi livelli di trasformazione, tale flusso è definito da Porter “sistema del
valore”.
La maggior parte dei beni e servizi viene prodotta da un flusso di attività.
La creazione e la sostenibilità del vantaggio competitivo dipendono non solo dalla
comprensione della catena del valore di un’impresa, ma anche dall’interazione che questa
impresa è in grado di assicurare con tutti gli altri attori che contribuiscono a creare valore per il
cliente.
Le catene del valore delle imprese che appartengono a una determinata filiera sono diverse
tuttavia l’una dall’altra, riflettono le loro storie, le loro strategie e il successo che hanno avuto
nel metterle a punto.

La società di consulenza McKinsey & Company ha sviluppato il concetto di “sistema di business”


basato sull’idea che il vantaggio competitivo dell’impresa si consegue intervenendo sulle
funzioni aziendali e ridefinendo il sistema di business.
→ si parla di sistema, non ci si riferisce alle attività, non si fa distinzione tra tipi d’attività né si
rilevano le legami come avviene per il sistema del valore.
Il business system rappresenta l’impresa come un insieme di gruppi di attività strettamente
collegati.
La catena del valore rappresenta l’articolazione tra attività primarie e attività secondarie in un
determinato business. Tuttavia un’impresa potrebbe operare in più business. L’individuazione
delle relazioni tra le attività di catena del valore diverse all’interno della stessa impresa può
orientare le strategie dell’impresa e contribuire a suggerirle i percorsi di investimento più
appropriati.

→ consente di illustrare la
molteplicità dei fattori su cui
un’impresa può far leva per
creare valore, talvolta in
modo del tutto originale,
almeno finché non
intervenga un adattamento
imitativo, rispetto a quanto
realizzato dai concorrenti.

Creazione del vantaggio competitivo:


Il successo di un’impresa dipende dalla sua capacità di creare e mantenere nel tempo un
vantaggio competitivo rispetto alle imprese avversarie.
Il vantaggio competitivo si traduce in una redditività superiore e sostenibile che può essere
ottenuta anche attraverso il posizionamento in un settore attrattivo.
Le dimensioni dell’ambito competitivo che influenzano la catena del valore sono le seguenti:
● ambito del segmento, determina il profilo dei prodotti/servizi realizzati e degli acquirenti
serviti
● grado di integrazione, dà la misura di quanta parte delle attività sia realizzata
all’interno dell’impresa
● ambito geografico, indica l’ampiezza dei mercati serviti dall’impresa
● ambito di settore, indica l’ampiezza dei settori correlati nei quali l’impresa compete

Il vantaggio competitivo rappresenta una fonte chiave per lo sviluppo e la sopravvivenza nel
tempo del business. Esso consiste proprio nella capacità di superare gli avversari svolgendo
attività strategicamente importanti in modo più economico o più efficace. Si definisce anche
come il fattore alla base di migliori performance dell’impresa in termini di redditività rispetto ai
suoi concorrenti nel settore settore di riferimento.
Un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi concorrenti quando ottiene in modo
continuativo livelli di redditività superiori.
C’è una distinzione fondamentale tra vantaggio competitivo e redditività, il vantaggio
competitivo non si manifesta sempre in una maggiore redditività.

L’ottimizzazione delle funzioni elementari:


Questa può essere ricercata per tutte le attività della catena del valore.

il coordinamento interfunzionale:
Il vantaggio competitivo è assicurato dal modo in cui le attività si organizzano per creare valore
al cliente in maniera superiore rispetto alla concorrenza.

il coordinamento esterno:
Il vantaggio competitivo è basato sulla consapevolezza che l'impresa non è isolata rispetto al
suo contesto ambientale in quanto presenta legami a monte e a valle del sistema del valore. La
costruzione del vantaggio competitivo si basa sulla capacità esclusiva di coordinamento a
monte e a valle da parte dell'impresa.
Spostando l'attenzione sulle modalità attraverso le quali l'impresa conseguono vantaggio
competitivo è possibile identificare:
● Il vantaggio di costo, capacità dell'impresa di offrire un prodotto o servizio simile a
quello dei concorrenti a un prezzo inferiore
● Il vantaggio di differenziazione che l'impresa ottiene differenziando il prodotto o servizio
in modo tale che il cliente sia disposto a pagare una differenziale di prezzo superiore al
costo addizionale che questa offerta eventualmente comporta.
→ le due fonti si escludono a vicenda.
Dalla combinazione tra le differenti tipologie di vantaggio competitivo e l'ambito di mercato
scelto dall'impresa porter ha individuato tre tipologie di strategie generiche:
1. La leadership di costo
2. La differenziazione
3. La focalizzazione

Leadership di costo:
Per scegliere una strategia Bisogna considerare innanzitutto le condizioni alle quali questa sia
preferibile. Una strategia di costo è solitamente preferibile:
● Quando il prodotto offerto è omogeneo
● Quando le opportunità di competere su altri ambiti sono assai limitate
● Quando la concorrenza si intensifica anche nei settori differenziati

Per poter attuare con successo una strategia di costo è necessario verificare se l'impresa ha i
requisiti per poterla effettuare, sono i seguenti:
● Capacità finanziarie
● Capacità di introdurre innovazioni di processo
● Capacità di supervisione
● Capacità di introdurre semplificazioni nel prodotto
● Efficienza distributiva

Sviluppare una strategia di riduzione dei costi significa attuare tutti quei comportamenti che
rendono possibile lo sfruttamento dei fattori che determina la riduzione dei costi.l'attuazione di
una strategia di riduzione dei costi non assicura di per sé è successo esistono una serie di limiti
insiti nell'attuazione di questa strategia:
- Le economie di scala sono utili nei prodotti omogenei
- L'aumento delle dimensioni dell'impresa alla ricerca dell'efficienza può causare
l'insorgenza di diseconomie
- I concorrenti possono introdurre innovazioni tecnologiche che vanificano il vantaggio di
costo
- L'eccessiva enfasi sui costi potrebbe tradursi in un'impossibilità al cambiamento e
all'innovazione
- L'esperienza può essere acquisita anche con modalità alternative all'aumento del
volume cumulato di prodotto

L'effetto della riduzione dei costi va perseguito sull'insieme dell'attività della catena del valore in
questo senso la disgregazione dell'attività consente:
- Di evidenziare più chiaramente quali possono essere le attività di cui è possibile
condividere i costi tra business diversi
- Di determinare con maggiore accuratezza le determinanti di costo al di là dell'effetto
esperienza
economie di scala: queste spiegano il predominio delle imprese di grandi dimensioni e si
ottengono quando un aumento delle risorse impiegate nel processo produttivo comporta un
aumento più che proporzionale dei risultati.
Il costo unitario di produzione si riduce all’aumentare delle quantità prodotte in un determinato
periodo (ad esempio, un esercizio).
Cioè: ad un aumento degli input corrisponde un aumento più che proporzionale dell’output
→ in presenza di rendimenti di scala crescenti, se non intervengono altri fattori contrari, vi
saranno economie di scala.

Es: se i prezzi dei fattori produttivi rimangono invariati, laddove raddoppiando le quantità di
fattori impiegati l'output aumenti più del doppio, i costi medi unitari di produzione
necessariamente diminuiranno.

Limiti delle economie di scala e rischi associati a leadership di costo

- Differenziazione di prodotto: se l’impresa ha un target di clientela che ricerca la


differenziazione conviene affidarsi all’ottenimento del premium price;
- Flessibilità (contesti dinamici e mutevoli): la specificità di certi impianti impedisce la
flessibilità nella produzione in casi di fluttuazione della domanda, di cambiamenti nei
gusti e nelle preferenze, di cambianti della tecnologia;
- Difficoltà di gestione e coordinamento
- Motivazione: difficoltà legate alla gestione di grandi impianti e di unità di grandi
dimensioni (costi di supervisione, costi smaltimento dei rifiuti); inoltre i livelli di
motivazione sono più bassi, tipici delle grandi imprese (solitamente burocratizzate e
impersonali)

economie di apprendimento: si realizzano grazie all’apprendimento basato sull’esperienza dei


membri di un’organizzazione. La ripetizione delle mansioni riduce i tempi necessari per
realizzarle, gli sprechi e i difetti, migliorando via via il coordinamento tra le persone. risparmi di
costo che si ottengono quando le persone o i macchinari sono bravi nel fare quello che devono
fare. Non succedono quindi errori

→ Sono tanto maggiori quanto maggiori sono i livelli di complessità delle operazioni
(complessità di prodotto e di processo).
I settori tipici sono quelli dell’ingegneria aeronautica, civile, della costruzione di impianti,
prodotti con software complessi. Es. Boeing per i jet di linea, i produttori giapponesi negli
schermi piatti a matrice attiva.
N.b: gli effetti dell’apprendimento sono il risultato del consolidamento e del perfezionamento
delle routine organizzative all’interno dell’impresa.

tecnologie di processo: per la produzione di un determinato bene/servizio esistono tecnologie


di processo alternative. Un metodo si considera tecnicamente superiore agli altri quando, per
ciascuna unità prodotta, utilizza quantità inferiori di uno stesso input senza, al contempo,
usarne più di altri.

N.b: Può accadere che diverse tech di processo comportino un impiego di input diversi: in
questo caso l’efficienza di costo relativa delle tecniche alternative dipende dai prezzi relativi dei
singoli input.

riprogettazione del prodotto: per facilitare la produzione, sono un insieme di competenze che
mirano a realizzare un prodotto nuovo.. Se consideriamo l’esempio di prima di Matsushita e
Sony, l’inserimento automatizzato dei componenti nei televisori richiede che i televisori siano
riprogettati.

Es. Uno studio sulle moto effettuato dal BCG ha mostrato che alla base del differenziale di costo
elevato tra la Honda e le imprese britanniche esisteva un diverso approccio alla progettazione:
Honda progettava secondo le esigenze della produzione, i produttori britannici, invece, avevano
adottato un tipo progettazione puramente ingegneristico.

Es. VW ha abbassato i costi associati allo sviluppo dei nuovi prodotti riprogettando i suoi 30
modelli attorno a solo 4 piattaforme differenti (maggiolino, Audi A3, Golf, Audi TT, Seat e Skoda
vengono prodotte sulla stessa piattaforma)

costi di approvvigionamento: differenze di costo per l’approvvigionamento di input simili, in


funzione di:

- Differenze di prezzo dovute alla localizzazione geografica (vicinanza). A causa di:


● Differenze nei salari esistente tra diversi Paesi
● Costi di trasporto delle materie prime
● Differenze nei costi dell’energia a livello internazionale

Va notato che tali differenze di prezzo (e quindi il v.c) tendono ad essere instabili per la volatilità
dei tassi di cambio.

- Possesso di fonti di approvvigionamento a basso costo. Imprese che hanno accesso


privilegiato a materie prime a basso costo (o hanno sul posto la materia prima), quando
le materie prime rappresentano un input importante.

Es. uno dei primi fattori che ha dato impulso allo sviluppo delle imprese di piastrelle di Sassuolo
è stato il vantaggio di costo derivante dall'avere sul posto la materia prima necessaria.

- Potere contrattuale. Se i prodotti acquistati rappresentano una parte importante dei


costi, l’elevato potere contrattuale diviene una fonte importante di vantaggio di costo.

Es. la capacità di acquisto delle grandi catene commerciali, beneficiando di sconti preferenziali,
consente di ottenere un vantaggio di costo ( = prezzi finali più bassi) sui negozi al dettaglio.

utilizzo pieno della capacità produttiva: quando vi è capacità produttiva in eccesso (cioè
l’offerta è maggiore della domanda) i costi fissi sono distribuiti su un volume di produzione
minore (CU elevati). Non ci deve essere un eccesso di offerta rispetto alla domanda

→ Se i costi fissi rappresentano una larga parte dei costi totali, allora la capacità in eccesso può
innalzare notevolmente i costi unitari.
→ Si parla di gestione dei vincoli legati al rapporto CF/CV in azienda.
Es. Nei settori in declino e nei settori in cui la domanda è soggetta a improvvise e frequenti
fluttuazioni, riuscire ad adeguare rapidamente la capacità produttiva al livello della domanda
rappresenta una fonte significativa di vantaggio di costo.

efficienza operativa residuale: tra le imprese che producono prodotti simili esiste un margine di
differenziale di costo non spiegato (da eco di scala o da tecnologia) che può attribuirsi alle
differenze residue di efficienza operativa e di spese generali amministrative.
→ Tale inefficienza residua è stata definita “inefficienza-X”, e viene spiegata con problematiche
che richiedono un intervento sull’organizzazione e sulla gestione delle risorse «libere» (che
vanno reimpiegate)

Differenziazione:
I tratti essenziali di una strategia di differenziazione sono i seguenti:
● Coinvolge tutti gli aspetti relativi al modo in cui l'impresa svolge la propria attività e
gestisce le proprie relazioni
● E fondata sul concetto di unicità dell'offerta

Una differenziazione può essere considerata tale:


- Se l'impresa offre qualcosa di unico
- Se gli acquirenti attribuiscono un valore a tale offerta
- Se va aldilà di una semplice offerta basata su un prezzo basso

Gli elementi chiave di una strategia di una differenziazione:


- comprensione dei bisogni e delle preferenze del mercato
- assoluta dedizione verso i clienti
- conoscenza delle capacità di cui dispone l’impresa
- innovazione

attività materiali come fonte di


differenziazione:

I passaggi le condizioni chiave per la formulazione strategie di differenziazione sono i seguenti:


1. Avere comprensione dei bisogni e delle preferenze dei clienti
2. Sviluppare un'assoluta dedizione verso i clienti
3. Avere consapevolezza delle proprie competenze
4. Sviluppare capacità di innovazione

I requisiti in termini di risorse e competenze perché sia possibile sviluppare una strategia di
differenziazione di successo sono i seguenti:
- Competenze di marketing
- Competenze tecnologiche
- Innovazione di prodotto
- Ricerca di base
- Qualità
- Coordinamento dei canali distributivi

La ricerca dei fattori di differenziazione può essere facilitata dall'impiego della catena del
valore come strumento che individua dove l'impresa dispone di vantaggi competitivi e dove può
creare il valore maggiore per il mercato.l'impiego della catena del valore per individuare le
opportunità di conseguire un vantaggio di differenziazione consiste operativamente
nell'attuazione di quattro fasi:
1. Costruire le catene del valore per l'impresa e per il cliente
2. Individuare i fattori determinanti dell'unicità per ciascuna attività
3. Selezionare le variabili di differenziazione più vantaggiose quindi maggior potenziale a
costi inferiori, collegamenti tra le attività, sostenibilità
4. Identificare i collegamenti tra catena del valore dell'impresa e del cliente.

Le variabili della differenziazione

Fattori rilevanti:

Caratteristiche di prodotti/servizi: sono le caratteristiche in grado di influenzare i gusti e le


scelte dei consumatori.
• Le principali sono: dimensioni, forma, colore, peso, design, materiali, tecnologia utilizzata.

Es: quali caratteristiche influenzano la scelta di uno smartphone in un momento in cui c’è
un’offerta vastissima e il prodotto è quasi una commodity?

Es: i prodotti della Bang & Olufsen, che uniscono prestazioni tecnologiche elevatissime a un
design elegante al punto da divenire complementi d’arredo delle abitazioni.

Prestazioni offerte dal prodotto/servizio: tra le più importanti ci sono: affidabilità,solidità, gusto,
rapidità, durata e sicurezza.

Es. importanti nel caso della differenziazione delle automobili: Volvo punta la sua immagine su
prestazioni quali “sicurezza” e ”affidabilità”.

Attività immateriali (o intangibili): le scelte dei consumatori su prodotti/servizi sono molto


spesso influenzate da fattori sociali, emozionali, psicologici ed estetici e, per la maggior parte
dei beni di consumo, sono motivate dal desiderio di esclusività, individualità e sicurezza.

Es. Questo è il caso dei beni di lusso: cosa guida l’acquisto di un’automobile Ferrari, di un
gioiello Cartier, o di una cravatta Hermes?

Prodotti e servizi complementari: contribuiscono a determinare le potenzialità di


differenziazione. Sono: servizi di prevendita, assistenza, accessori, disponibilità e rapidità di
consegna, capacità di aggiornare il prodotto stesso.

Es: acquisto di un condizionatore d’aria per uso domestico: la possibilità di avere un personale
di vendita ben istruito che può guidare nella scelta e un servizio d’assistenza in caso di guasto
sono fattori che contribuiscono alla differenziazione del prodotto. Importante per tutti i
prodotti la cui complessità tecnologica può creare problemi nella fase di familiarizzazione
dell’acquirente con il prodotto e nel caso di guasto dello stesso.

→ tuttavia ci sono dei rischi della differenziazione:


- prezzo troppo alto rispetto ai concorrenti
- fattore di differenziazione non importante per il mercato
- imitazione della fonte di differenziazione da parte dei concorrenti
CAPITOLO 7 - EVOLUZIONE DELLE TECNICHE ANALITICHE E DELLE STRATEGIE D’IMPRESA

Un nuovo concetto di vantaggio competitivo:


Per comprendere appieno le fonti di vantaggio competitivo è necessario settore anche l'analisi
dei punti di forza e di debolezza interni di un'impresa.in questo scenario l'aumento di quota di
mercato di un'impresa comporta la diminuzione della quota di mercato di un'altra in quanto i
confini in cui queste operano sono conosciuti e definiti.tuttavia una serie di fattori quali
l'aumento della concorrenza la saturazione di tali mercati hanno portato gli studiosi di strategia
d'impresa e di cercare una terza via. §Hanno dunque cognato i termini Red Ocean e blu ocean.
Rispettivamente Red Ocean rappresentano i settori consolidati e gli orizzonti competitivi noti, in
questi mercati i confini tra i settori industriali sono definiti le imprese si contendono lo spazio
operativo in un ambito circoscritto.
Le motivazioni a cui viene ricondotta la contrazione delle redditività dei Red Ocean sono le
seguenti: l'avanzamento tecnologico, un calo demografico in molti mercati sviluppati, la
globalizzazione che causa la caduta delle barriere a protezione dei mercati nazionali, il flusso
di informazioni sempre più istantaneo, i prodotti e servizi che vengono sempre più percepiti e
offerti sul mercato come commodities.
In questo contesto sono maturate le condizioni per passare a un oceano blu ossia portare la
propria impresa al di fuori dei business elevata concorrenza verso mercati ancora vergini
perché basati su un modello di business innovativo. Gli oceani blu denotano l'insieme dei
business che in qualche modo ancora non esistono e rappresentano mercati sconosciuti non
ancora raggiunti dalla competizione.

La strategia Blue Ocean:


Seguendo la strategia blue Ocean le imprese si orientano al mercato creando uno spazio nuovo
nel quale operare; questo approccio porta l'impresa a creare e trattenere una nuova domanda,
il fine è quello di rendere irrilevante la concorrenza perché circoscritta i business Red Ocean
sconfiggendola così definitivamente. La caratteristica fondamentale della strategia blue Ocean
risiede nel suo contrapporsi ai principi fondamentali delle strategie convenzionali. Secondo
questa prospettiva, le imprese possono creare maggiore valore per i clienti a un prezzo più alto
o proporre prezzi inferiori ma con un'offerta del valore più modesto.
Seguendo la strategia classica l'impresa è collocata di fronte a una scelta tra differenziazione e
bassi prezzi mentre seguendo una strategia blue Ocean, le imprese di successo raggiungono
contemporaneamente i due obiettivi.
La ricerca di un mercato nuovo, che non prevede necessariamente costi più alti, consente di
offrire prodotti o servizi differenziati da quelli delle altre imprese a un prezzo inferiore, l'impresa
che nuota nel blue Ocean crea valore sia per se stessa sia per i propri clienti.
Tale strategia si può considerare realizzata nel momento in cui l'intero sistema di utilità costi e
prezzi di un'impresa è correttamente allineato.
Per chiarire la logica alla base della strategia blue Ocean, Kim e Mauborgne hanno preso come
riferimento tre settori con cui milioni di consumatori hanno avuto quotidianamente a che fare:
l'industria automobilistica, quella dei computer e quella degli spettacoli cinematografici.

Realizzazione di una strategia blue ocean: cosa non serve (necessariamente)


innovazione tecnologica: ciò che contraddistingue il blue Ocean è un nuovo modello di
business che crea valore con modalità innovative, inedite o differenti rispetto a modelli fino a
quel momento proposti. Quindi i Blue Ocean utilizzano spesso tecnologie già esistenti per
affermarsi mentre più nitida tecnologia non necessariamente riescono a realizzare un modello
di business originale sostenibile.
Molti Blossom sono stati creati da imprese consolidate che li realizzano spesso a partire loro
business principali. Il fatto che la strategia blue Ocean comporti la creazione di un nuovo
mercato può portare a pensare che questo sia compito esclusivo delle start-up. La realtà dei
fatti dimostra che anche le imprese consolidate hanno la possibilità di creare nuovi spazi di
mercato e dare vita degli oceani blu spesso proprio nei loro core business.
Investire massicciamente in R&S per creare prodotti o servizi innovativi non consente di per sé
di creare dei blue Ocean.
Tuttavia gli investimenti in innovazione non comportano necessariamente la creazione di oceani
blu. Viceversa, le strategie bleu Ocean hanno consentito alle imprese che le hanno realizzate di
creare brand equality di cui hanno potuto beneficiare spesso per decenni. Le imprese che
hanno strategie blu Ocean di successo beneficiano a distanza di molto tempo dei vantaggi di
visibilità della notorietà dei loro marchi.
Analizzare le azioni strategiche per individuare gli oceani blu: non esistono imprese che
rimangono costantemente eccellenti.Ogni impresa nel tempo conosce periodi di maggiore
successo e altri di crisi.L'approccio più appropriato per identificare gli oceani blu è quello di
analizzare le strategie messe in campo dalle imprese ossia l'insieme delle azioni delle decisioni
manageriali che determina il modello di business dell'impresa.

Barriere all'imitazione: Una strategia blue Ocean offre alle imprese che attuano dei benefici
duraturi perché protetti da forti barriere all'imitazione, intese come forme di protezione dal
rischio che i nuovi concorrenti riescono a riprodurre il loro modello di business.queste barriere
possono essere di tipo economico, cognitivo o organizzativo.

Barriere economiche: i creatori di oceani blu attirano in breve tempo molti clienti, generando
rapide economie di scala e lasciando gli aspiranti imitatori in un continuo svantaggio di
costo.l'attrazione di un pubblico ampio crea una esternalità di rete che l'impresa può sfruttare a
suo vantaggio. La motivazione principale che allontana gli aspiranti imitatori dall'ingresso dei
blu Ocean e la difficoltà che incontrano nel riprodurre un modello di business divergente è
troppo distante dal proprio.

Barriere cognitive: quando un'impresa realizza una offerta che determina un elevato
incremento di utilità per il cliente, questo e assicura grande visibilità, una diffusa conoscenza
all'interno del mercato talvolta semplicemente basata sul passaparola che si diffonde
rapidamente tra i consumatori e un elevato grado di fedeltà da parte dei clienti.la barriera
cognitiva limitazione deriva dal conflitto tra le caratteristiche del brand originario dei potenziali
concorrenti quello dell'impresa Blue ocean che si vorrebbe invitare.

Barriere organizzative: molte imprese hanno difficoltà a imitare le strategie blu Ocean per
l'impossibilità di riprodurre le soluzioni organizzative che comportano il loro modello di
business. Infatti la limitazione obbligherebbe queste imprese ad apportare modifiche
sostanziali alle loro routine, alla cultura consolidata e ai fattori che nel tempo hanno assicurato
loro generazione di valore.

Perché non andiamo a eludere la concorrenza? Andiamo a operare dove non c’è concorrenza
quindi creando un nuovo spazio di mercato
Casi blue ocean: imprese che sono andate a creare un mercato nuovo quindi un mercato
oceano blu.
• Combo ipod e itunes, hanno creato uno strumento di viaggio
• Le vendite discount, è dire faccio un format dove ci sono solo prodotti in sconto
• le biotecnologie, fondano due ambiti, la biologia e la chimica creando una nuova area di
competenza.
• i walkman, la prima domanda di ascolto della musica per strada
• le vendite online (e.commerce)
• telefonia mobile
• ebay
• aste online
• cirque du soleil: format di intrattenimento ispirato a broadway.

Cos’hanno in comune questi casi? La tecnologia su cui si basano non è innovativa. Mettono
insieme cose già esistenti in maniera originale.

Un nuovo modello di business:


Il passaggio le strategie blu Ocean attuata dal Cunnie imprese hanno provocato un cambio di
prospettiva di approccio al mercato, secondo la logica competitiva precedente delineata le
imprese che concorrono nello stesso business e utilizzano i medesimi codici per la definizione
del modello di business da attuare.le Red Ocean questi codici, queste ipotesi riguardanti il
settore diventano convinzioni condivise e riconosciute come le determinanti del successo. Tutte
le imprese che vi operano finiscono per essere quasi praticamente condizionate e per adottare
strategie convergenti.
Di seguito elencati i sei comportamenti tipici delle imprese e degli oceani Rossi:
1. Definisco il loro settore in modo simile cercando di prevalere sui concorrenti
2. Accettano e riproducono i comportamenti dei gruppi strategici riconosciuti nel loro
settore e cercano di prevalere nel gruppo strategico il quale ritengono di appartenere
3. Si concentrano sullo stesso gruppo di acquirenti
4. Definiscono in modo analogo ai concorrenti la gamma dei prodotti e dei servizi offerti
5. Condividono i medesimi fattori funzionali devozionali riconosciuti dalle altre imprese del
loro settore
6. Formulano contemporaneamente le medesime strategie emergenti spesso basate su
minacce contingenti, adottate dai concorrenti

Tanto più queste visioni sono condivise tanto più possono essere causa di miopia e limitare la
capacità di rispondere una minaccia esterna da parte di un'impresa e talvolta anche da parte
di un intero settore.i comportamenti da adottare per realizzare le sette e blu Ocean che spezzi
questi vincoli sono allora i seguenti:
1. Osservare i comportamenti delle imprese che operano in settori sostitutivi o alternativi
2. Osservare i comportamenti delle imprese che appartengono a diversi gruppi strategici
riconosciuti in un settore
3. Osservare gli attori che compongono le Supply chain dei diversi acquirenti
4. Osservare e valorizzare i prodotti e servizi complementari a quelli offerti nel proprio
settore
5. Osservare e sfruttare le opportunità offerte dall'individuazione di fattori funzionali ed
emozionali che orientano quantomeno influenzano i comportamenti dei clienti
6. Osservare le tendenze di lungo periodo suscettibili di influenzare l'evoluzione dei diversi
business

L'impresa si deve quindi attrezzare con strumenti idonei per sopravvivere nella realtà in cui si è
inserita e intende inserirsi.

La teoria manageriale ha sviluppato efficaci schemi analitici dei modelli di business, il business
model Canvas è uno strumento che consente di descrivere la logica con la quale un'impresa
crea, distribuisce e cattura valore, ricostruendo la traverso i principali elementi
costitutivi.questo strumento fornisce al tempo stesso una visione d'insieme dell'impresa è uno
strumento di analisi indispensabili per pianificare l'attuazione di uno scambio strategico con
quello introdotto dalla prospettiva blu Ocean. Il modello Canvas infatti permette di raggiungere
due obiettivi:
1. Rappresentare, in modo semplice ed estremamente intuitivo, le caratteristiche
fondamentali degli elementi anche complessi che identificano il funzionamento di
un'impresa
2. Raccogliere tutte queste informazioni in forma grafica, per identificare con chiarezza
ogni elemento e comunicarlo agevolmente.

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