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03 Marzo 2014

Le imprese buyers, quando devono sviluppare un nuovo prodotto, lo devono fare in modalità integrata con i
vari fornitori.

SUPPLY CHAIN MANAGMENT si occupa appunto della gestione della supply chain, cioè dell’intera
catena di produzione dal fornitore di materie prime al cliente finale. Quindi tutti i soggetti che collaborano e
che svolgono attività che servono a realizzare il prodotto finito costituiscono la SUPPLY CHAIN. Quindi
non bisogna più ragionare nell’ottica della singola impresa che gestisce le sue operations per ottimizzare i
propri processi e/o performance, ma bisogna vedere il tutto in un’ottica più ampia perché l’azienda da sola
non è responsabile delle sue prestazioni.

Ad esempio quando ci vendono un prodotto, la prima cosa da considerare è il prezzo, che dipende
principalmente dal mercato, che si determina tramite un markup sui costi. Il costo di un prodotto non dipende
solo da fattori interni all’impresa, ma anche dai costi dei fornitori. Un altro aspetto importante è la qualità,
perché se i nostri fornitori non ci danno materie prime di qualità, il nostro prodotto probabilmente non sarà di
qualità.

Nelle operations le prestazioni chiave sono fondamentalmente di due tipi:

1. Prestazioni di efficienza:
 Costo del prodotto : non dipende solo da fattori interni all’impresa, ma anche dai costi dei
fornitori. Se ad un’impresa un prodotto costa 100 € e vuole guadagnarci il 10%, dovrà
venderlo a 110 €.
 Qualità del prodotto : è importante perché se i nostri fornitori non ci danno materie prime di
qualità, il nostro prodotto probabilmente non sarà di qualità.
2. Prestazioni di efficacia:
 Tempo : devo essere rapido a servire il mio cliente che non vuole perdere tempo. Ci sono
settori in cui bisogna arrivare primi sul mercato, e servire il per primi il cliente, altrimenti
questo andrà su altri prodotti. Però non basta che l’impresa sia rapida a livello di tempo,
perché se i fornitori sono lenti, questa non sarà in grado di competere su questa priorità
competitiva.
 Flessibilità : rappresenta la capacità di “customizzare” il prodotto, ovvero la capacità di
offrire al cliente ciò che vuole. Anche questo aspetto non dipende solo dalla singola impresa.
Possiamo distinguere due modalità di clienti:

 Clienti diretti : altre imprese, consumatori industriali. Ad esempio chi si occupa della distribuzione di
un prodotto alimentare.
 Consumatori finali.
Supply chain letteralmente significa catena di fornitura, ma in realtà non è cosi, perché dovrebbe essere una
catena riguardante fornitori, distributori e servizi, collegati tra loro tramite il flusso di materiali. Per questo
parleremo di SUPPLY NETWORK, ovvero una rete.

L’impresa rispetto alla quale si costruisce la supply chain è la FOCAL COMPANY, che deve cercare di
gestire anche i suoi clienti e i suoi fornitori al fine di ottenere prestazioni più elevate, anche se ci sono delle
interdipendenze, ovvero non controllo ciò che fanno i miei fornitori e i miei clienti. Se il rivenditore di una
impresa non gestisce bene il magazzino delle scorte, restando quindi senza prodotto, l’impresa subirà un
danno; quindi l’azienda cercherà di gestire non solo le proprie attività interne, ma anche le attività dei clienti,
la cui pratica prende il nome di Vendor Managered Inventory, in cui è il produttore che gestisce
l’approvvigionamento delle scorte dei clienti diretti.
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La supply chain è un modello tassonomico cioè un modello che vuole cercare di descrivere le varie possibili
strutture che una supply chain può assumere.

Parleremo di strategia Lean Production (produzione snella) in cui le strutture sono più coerenti con una
strategia di efficienza e di Agile (strategia di agilità) in cui le strutture sono più coerenti con una strategia di
efficacia.

Altro aspetto importante è la dimensione interorganizzativa (organizzazione tra impresa e impresa) perché la
focal company sviluppa delle relazioni con una serie di soggetti. Quando devo gestire la produzione o le
scorte all’interno della mia azienda, non si hanno problemi organizzativi, cercando la quantità ottima di
riordino che minimizza i costi. Nessuno avrà da ridire su questa quantità. Quando invece bisogna considerare
questa quantità in funzione di ciò che fanno gli altri, bisogna relazionarsi e prendere decisioni con altre
imprese. Quindi la quantità ottima di rifornimento non dipende solo dai costi interni, ma dipende anche da
quello che fanno gli altri. Si potrebbero verificare dei problemi di inefficienza, quando un’impresa chiede un
riordino ad un’altra impresa che momentaneamente è sprovvista. Per gestire questa inefficienza, la gestione
integrata dice che ci deve essere una trasparenza delle informazioni relative alla domanda del consumatore
finale.

La relazione può essere svolta tutta all’interno di una grande impresa, cioè nel caso in cui la supply chain sia
verticalmente integrata, ovvero nel caso in cui un’azienda si occupa personalmente della raccolta delle
materie prime, della lavorazione, della produzione e della vendita. Questo di tipo di organizzazione non è più
molto diffuso, ma era utilizzato molto negli anni ’60 come ad esempio il Modello T di Ford in cui nella
stessa impresa si realizzavano tutte le fasi del processo produttivo. Ora invece l’organizzazione aziendale si è
molto complicata e le aziende non riescono a controllare tutte le fasi del processo produttivo, ma si
specializzano solo su piccole fasi. L’integrazione verticale rimane come scelta primaria in termini di
operazioni make or buy, in cui l’integrazione verticale può essere a monte (viene integrata al proprio interno
la fase preliminare) o a valle (viene integrata al proprio interno la fase post-produzione, come ad esempio la
Apple che ha dei centri dedicati alla vendita esclusiva di prodotti propri).

Se porto all’interno della mia azienda attività che inizialmente erano esterne si parla di gerarchia, oppure se
invece le attività vengono svolte all’esterno (non c’è alcuna collaborazione ma le relazioni si decidono in
base al prezzo) si parla di mercato. Una condizione intermedia tra mercato e gerarchia è l’alleanza (ad
esempio il franchising), cioè l’impresa non va di volta in volta a scegliersi il partner con cui avere una
relazione, ma fanno un’alleanza e proseguono insieme.

Il tutto serve per definire la complessità del supply chain managment. Ciò che rende difficile la supply chain
è applicare queste relazioni tra imprese e imprese. Per prima cosa si considera la tecnologia, in quanto c’è un
problema nello scambiarsi i dati rapidamente, ci deve essere compatibilità tra i sistemi informativi. Il
secondo problema riguarda l’organizzazione, ovvero cercare di capire come devono collaborare imprese
diverse tra loro, perché a volte la collaborazione non avvantaggia tutti ma ci sono aziende che ricevono più
vantaggi rispetto ad altre aziende.

ESEMPIO:

Benetton è un tipico esempio di impresa che applica una strategia di efficacia perché le collezioni si
rinnovano più volte all’anno, quindi è molto flessibile cioè osserva le richieste dei clienti e propone in poco
tempo i nuovi prodotti. Questa è un’impresa che “customizza” e che quindi ha un ciclo di vita molto breve, a
differenza della Barilla che non “customizza” e che ha un ciclo di vita molto lungo. La supply chain è
particolare perché mostra una serie di strategie come ad esempio la sourcing della produzione perché
Benetton ha pochi stabilimenti produttivi in Italia, dove fondamentalmente si fa solo il confezionamento del

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prodotto, ma la parte delle lavorazioni ad alta intensità di lavoro è data all’outsourcing , cioè quando
un’azienda porta fuori alcune attività di produzione, come maglieria, stiratura ecc.

Le aziende che svolgono attività per conto di altre imprese prendono il nome di CONTRACTORS,
soprattutto nel campo dell’elettronica dove la produzione si svolge in paesi dove la manodopera è poco
costosa.

Per fare supply chain managment servono visibilità e integrazione. La gestione integrata da dei vantaggi
rispetto ad una gestione non integrata, quindi si cerca di implementarla in tutte le imprese. Il principale
svantaggio è noto come effetto Bullwhip, quindi si valutano le strategie per ridurre questo effetto; una di
queste strategie è l’alleanza cioè lo strumento con cui si cerca di implementare il supply chain managment, in
cui abbiamo bisogno di una dimensione tecnologica (ottimizzare i software),di una dimensione delle
operations (gestire in maniera quantitativa il processo produttivo) e di una dimensione organizzativa.

Un altro concetto importante è rappresentato dagli approvvigionamenti, focalizzando l’attenzione sulle


relazioni tra la focal company e i fornitori. Le relazioni cliente-fornitore sono cambiate per effetto
dell’influenza della supply chain managment, quindi si passa da un’ottica competitiva (filosofia occidentale,
in cui cerco di mettere in competizione i vari fornitori tra loro per ottenere un vantaggio di costo; c’è una
negoziazione sul prezzo e questa sarà migliore se conosco i costi di prodotto del fornitore, quindi si fa leva
contrattuale sul prezzo) ad un’ottica di collaborazione (filosofia giapponese in cui bisogna essere partner
strategici). L’approvvigionamento è una strategia di sourcing perché posso rifornirmi da 1 o N fornitori. Se
mi rifornisco da un fornitore, questo sarà il mio partner per molto tempo (solitamente 2 anni) in cui si
avranno vantaggi in termini di efficacia, cercando di ridurre i tempi. Il rischio è che se per un motivo
qualsiasi questo viene a mancare, la produzione si blocca perché dovrei cercarne un altro. Se mi rifornisco da
N fornitori cercherò di metterli in competizione tra loro, scegliendo quello che mi fa il prezzo minore.

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04 Marzo 2014

SUPPLY CHAIN (DEF.) = network di organizzazioni ke sono coinvolte in diversi processi ed attività, ke
hanno un obiettivo comune: produrre valore (realizzare un prodotto ke il cliente è disposto a comprare) sotto
forma di prodotti e servizi. Nella SC, i diversi elementi sono collegati tra loro non solo da flussi di materiali
(materie prime) ma ank dal relativo flusso di informazioni (ordini ai fornitori), necessari x la gestione della
rete stessa.
In definitiva, la SC è costituita da tutte le imprese, autonome o semiautonome (imprese ke hanno necessità di
stipulare accordi o contratti tra loro xk non verticalmente integrate, cioè non vengono svolte nella stessa tutte
le lavorazioni dei componenti x il prodotto finito) coinvolte nelle attività e nei processi necessari alla
realizzazione di un prodotto finito o di un servizio x uno specifico consumatore finale, a partire dai fornitori
di materie prime e semilavorati (suppliers), includendo i produttori (buyers), i distributori (resellers -
rivenditori), il servizio di trasporto (logistics services providers) sino al consumatore finale.

FORNITORI possono essere di I livello/stadio (first tier suppliers), ke forniscono direttamente la Focal
Company, di II livello/stadio (second tier suppliers), ke forniscono i fornitori della FC e così via… e lo
stesso vale x i CLIENTI (first tier costumers, second tier costumers, ecc…).
È importante tenere conto dei fornitori di II livello e oltre (ottica SC) xk, ank se nn sono miei fornitori diretti,
il loro prodotto, essendo un componente, influenzerà le prestazioni del mio prodotto, come costo, qualità
(efficienza), tempi e flessibilità (efficacia).
Tanti più livelli ci sono, e quindi più intermediari, tanto più la produzione è lunga. Se invece c’è una vendita
diretta allora il canale di distribuzione è corto.

Il SCM nasce come evoluzione della logistica. Essa è una disciplina di operations management, gestisce
flussi operativi, quindi materiali ed informazioni, all’interno dell’impresa stessa. La logistica non è solo
“trasporto” ma include tutte le attività di approvvigionamento delle materie prima, di produzione, di
movimentazione e di distribuzione dei semilavorati e prodotti finiti, sempre sulla base di un piano di
produzione. La LOGISTICA INTERNA ottimizza separatamente ogni funzione della logistica. I manager di
ogni area adotteranno delle strategie ottimali per raggiungere ognuno i propri obiettivi ke non saranno
comuni a tutti i reparti.
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DIREZIONE
GENERALE

APPROVVIGIONAMENTO PRODUZIONE VENDITA


Obiettivo: - saturazione
Obiettivo: - minimizzare della capacità produttiva x Obiettivo: - massimizzare
costi d’acquisto. abbattere i costi unitari. le vendite.

Ogni funzione logistica ha i suoi obiettivi ke creano conflitti tra gli attori presenti. Le varie aree sono gestite
in maniera indipendente privilegiando alti volumi produttivi in lotti grandi (pochi set-up). Il manager delle
vendite, invece, cercherà di pubblicizzare più prodotti possibili, teoria in conflitto con il manager della
produzione. Il responsabile degli approvvigionamenti cercherà di risparmiare sui costi d’acquisto puntando
sugli “sconti quantità”, e cioè sfruttando le economie di scala.
Quando un’impresa lavora “su magazzino”, l’ordine del cliente viene soddisfatto sulla base delle scorte
presenti in magazzino. Adottando una logistica interna potrebbe capitare ke il cliente chieda prodotti nn
disponibili STOCK-OUT (rottura di scorta). Viceversa, potrei avere in magazzino prodotti ke nn si
vendono. Tutto questo comporta costi derivanti dalla mancata vendita e costi di giacenza.
In poche parole, la somma di ottimi locali da un risultato globale ke nn è l’ottimo possibile!!!

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10 Marzo 2014
SUPPLY CHAIN MANAGEMENT

La logistica significa gestire il flusso di materiali e informazioni all’interno della singola impresa e questo si
può fare essenzialmente con due approcci diversi:
 Approccio indipendente E’ l’approccio più antico e consiste nell’ottimizzare ciascuna funzione
della logistica e quindi gestire le diverse funzioni logistiche, in maniera indipendente l’una dall’altra
cercando di ottimizzare ogni singola funzione. Però soprattutto al giorno d’oggi, con un scenario
competitivo più complesso rispetto al passato, questo approccio risulta inefficienze dal punto di vista
dell’impresa nel suo complesso.
 Approccio integrato Questo approccio offre perfomance più elevate e consiste nella gestione
delle diverse funzioni logistiche, volta ad ottimizzare non la singola funzione ma la logistica nel suo
complesso. Questo comporta prestazioni più elevate a livello di impresa complessiva.

Il supply chain management è un’ulteriore estensione di questo approccio integrato ecco perché alcune
volte si parla anche di logistica estesa ( focus sulla gestione integrata dell’intera SC ) che si va ad aggiungere
alla logistica interna (focus sulla gestione separata di ciascuna funzione logistica) e alla logistica integrata
( focus sulla gestione integrata delle funzioni logistiche ). Logistica estesa perché si intende estesa oltre i
confini della singola impresa ad includere gli attori della supply chain, ossia i fornitori e i clienti. Nella
logistica integrata abbiamo detto che bisogna ottimizzare l’intera funzione logistica in maniera tale da
ottenere perfomance più elevate a livello di impresa , ma con il supply chain management anche questo viene
superato perché la perfomance che diamo al cliente non dipende soltanto da me ma anche da altri, quindi io
devo cercare di ottimizzare non soltanto me stesso, ma devo tener conto anche di ciò che fanno gli altri.In
definitiva il Supply chain management è la gestione integrata della supply chain da parte della focal
company ( FC ). Un’ulteriore definizione di Supply chain management è: (def. Slide) approccio integrato
alla pianificazione e al controllo del flusso di materiali ed informazioni lungo l’intera SC, al fine di
assicurare che il prodotto finito sia consegnato nelle esatte quantità e nei giusti tempi al cliente finale che lo
ha richiesto. Quindi noi abbiamo detto che c’è una focal company rispetto alla quale noi costruiamo la SC;
tipicamente prenderemo in esame una FC che appartiene allo stadio di assemblaggio del prodotto:

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La FC ad esempio potrà esse un’azienda quale la Divella, la Natuzzi, la Fiat e cioè un’impresa che realizza
l’assemblaggio del prodotto. Questa impresa ha a che fare con una serie di fornitori ( suppliers ), con una
serie di clienti ( customers ) e dopodiché arriverà al consumatore finale ( end customers ).

Abbiamo detto che i suppliers possono essere a loro volta suddivisi in livelli ( tier ) ossia quelli che
forniscono direttamente la FC e quelli che sono invece i fornitori dei fornitori. Stessa cosa vale per i clienti e
cioè la FC venderà a dei canali di distribuzione ( distributori ) che a loro volta venderanno ad altri (
dettaglianti ) finché non arriviamo ai consumatori finale ( end customers ). Quindi la logistica, ossia la
gestione dei materiali e del flusso delle informazioni che viaggiano fra tutti questi soggetti, deve essere
gestito come se fosse un unico sistema in modo tale da ottimizzare le prestazioni al cliente finale.

Ad esempio io dico che i costi totali di questo sistema, nella gestione del flusso dei materiali e delle
informazioni, devono essere i più bassi possibile e quindi io minimizzo i costi totali di questa catena
logistica ( supply chain ); minimizzo i costi di tutti questi attori relativamente al flusso di materiali e
informazioni perché stiamo parlando di supply chain di logistica.
Se invece io non voglio applicare un approccio integrale ma adotto un approccio indipendente, ogni attore
della catena andrà a minimizzare i propri costi prendendo decisioni coerentemente con questa sua funzione
obiettivo. In questo caso quindi, la FC prenderà decisioni per minimizzare i suoi costi, i fornitori faranno
altrettanto ossia prenderanno decisioni tali da minimizzare i propri costi. Se ciascuno opera in questo modo,
ossia minimizzando i propri costi, se io vado a fare:

Approccio indipendente FC= FOCAL COMPANY Cj= CUSTOMER


MIN CFC+ MIN CS1+ MIN CS2…….+MIN CC1+MIN CC2……..= MIN CT SC Si= SUPPLIER SC=SUPPLY CHAIN

C=COSTO CT=COSTO TOTALE

Quindi ripetendo, ciascun attore si comporterà in modo tale da prendere decisioni per minimizzare i propri
costi e quindi vuol dire che ciascuno di questi raggiungerà un costo minimo. Ogni attore alla fine mi darà il
costo complessivo della SC.

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Se invece assumessi un approccio integrato, abbiamo detto che un impresa ( in genere la FC ) prende i costi
di tutti, si calcola il costo complessivo della SC e farà il minimo ossia:

Approccio Integrato FC= FOCAL COMPANY Cj= CUSTOMER


MIN ( CFC+ CS1 + CS2……+ CC1+ CC2 ) = MIN CT SC Si= SUPPLIER SC=SUPPLY CHAIN

C=COSTO CT=COSTO TOTALE

La differenza rispetto all’approccio indipendente, caratterizzato da una somma di minimi, è che quest’ultimo
è caratterizzato da un minimo di una somma che sarà sicuramente più basso del primo. Quindi il minimo dei
costi totali della supply chain ottenuti mediante l’approccio integrato attraverso la minimizzazione della
somma, è sicuramente più piccolo del minimo dei costi della supply chain ottenuto sommando tanti minimi.

MIN CTSC INTEGRATO < MIN CTSC INDIPENDENTE

Questo è vero perché ci sono delle interdipendenze fra gli attori e quindi quello che è ottimo per uno, rende
inefficiente l’altro. Se questo è vero, quando faccio la somma dei minimi troverò un risultato peggiore di
quando invece metto insieme le cose perché io trovo la soluzione che è ottima per entrambi. In definitiva
anche se qualcuno fa l’ottimo per se, il sistema nel suo complesso non è ottimizzato(approccio indipendente).
L’ottimizzazione la posso avere solo se faccio questa operazione: MIN ( CFC+ CS1 + CS2……+ CC1+ CC2 )
cioè mi calcolo la funzione completa da ottimizzare, (che è tutta la SC) e prendo le decisioni a tal senso.

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ESEMPIO GESTIONE DELLE SCORTE

Il problema da gestire è il livello di giacenza che bisogna mantenere fra i diversi attori; quando si gestiscono
le scorte la gestione di queste essenzialmente riguarda il fatto che ognuno di questi attori ha una certa
giacenza in magazzino grazie alla quale evade l’ordine. Ad esempio se consideriamo la SC della Divella, la
pasta ossia il prodotto finito, verrà stoccata nel magazzino prodotti finiti della Divella stessa ( FC ) ma anche
nei vari distributori che ci sono a valle. Quindi la Divella ( FC ) ha il suo magazzino prodotti finiti, mentre
poi ci sono tutti i magazzini di distribuzione fino ad arrivare al cliente finale. I distributori nei propri
magazzini, avranno quindi le scorte che mi permetteranno di evadere l’ordine. Nella gestione delle scorte,
gestire le scorte essenzialmente significa decidere quando ( t ) fare l’ordine al fornitore e di quanto ( q ):

La politica è una ( Q, t ) cioè essenzialmente decido quanto ordinare e quando farlo naturalmente in funzione
della domanda. Se io ho una certa giacenza iniziale, questa si consuma con la domanda perché il cliente va
presso il punto vendita e acquista la pasta ovvero mi consuma la giacenza della pasta presso il punto vendita.
Per semplicità possiamo supporre che la domanda sia lineare e quindi l’andamento è quello su rappresentato
ossia la giacenza nel tempo tende a calare per effetto della domanda. Noi sappiamo che ad un certo istante di
tempo t , l’attore decide di riordinare e riordina una certa quantità Q, che riporta il magazzino ad un certo
valore; la nuova giacenza con la domanda andrà quindi consumandosi nuovamente. Le politiche di gestione
delle scorte ci dicono quindi come si fa a scegliere t e q in maniera ottima e ve ne sono diverse. A noi non
interessa come si fa a scegliere t e q ottima, fatto sta che derivano da un problema di ottimizzazione ossia
minimizzazione di costi. Questo perché se io sono un’impresa che deve gestire il magazzino, devo gestirlo al
meglio in maniera tale da minimizzare i costi ovvero devo minimizzare:

 COSTI DI GIACENZA [ Cg ]  se ordino troppo e spesso rispetto alla domanda, otterrò dei costi
di giacenza elevati. Quindi un primo elemento di costo che fa parte della funzione costo dell’impresa
i, sono i costi di giacenza
 COSTI DI ORDINE [ Co ]  In questi sono inclusi anche i costi di trasporto perché ogni
qualvolta faccio un ordine devo pagare il trasporto. Quindi oltre a minimizzare i costi di giacenza,
l’altra voce che si sostiene quando si tiene conto dei costi di gestione delle scorte, sono i costi di
ordine. I costi di ordine sono appunto tutti quei costi che si sostengono ogni qualvolta l’impresa fa
un ordine perché deve cercare i fornitori, deve contattarli, deve redigere il contratto e deve pagare il
trasporto.

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Queste sono essenzialmente le due voci di costo che vanno minimizzate per calcolare quante volte faccio
l’ordine e di che quantità.
MIN Ci = Cg + Co EOQ EOQ= Quantità ottima di approvvigionamento

La quantità ottima di approvvigionamento deriva da un problema di minimizzazione di questi due costi che
sono appunto i costi di giacenza ( Cg ) e i costi di ordine ( Co ). I costi di giacenza sono funzione della
quantità in giacenza mentre i costi di ordine sono funzione del numero di ordini che faccio nell’ intervallo di
tempo; questo mi dà la quantità ottima di cui mi devo approvvigionare. Ogni impresa quindi, se deve gestire
il proprio magazzino, adotta un criterio di questo tipo ovvero si calcola i propri costi relativi alle scorte ( che
sono costi di giacenza più costi di ordine ), si calcola il minimo e trova l’ EOQ (Economic Order Quantity)
EOQ ( unità/ordine )= quantità ottima di approvvigionamento
D ( unità/anno )= domanda nell’orizzonte temporale,
EOQ supponiamo l’anno
= K ( €/ ordine ) = costo di ordine ossia quanto mi costa ogni volta
fare un ordine
h (€/ unità *anno ) = costi di giacenza all’unità ovvero quanto mi
costa tenere un’unità di prodotto a magazzino per un anno

Tanto più mi costa tenere un prodotto in magazzino ( h ), tanto più l’ordine è piccolo ( EOQ piccolo )
perché io preferisco fare tanti ordini di piccole quantità, per non avere tanta merce in magazzino in quanto mi
costa. Se invece è l’ordine a costare molto ( K ) ad esempio perché costano molto i trasporti ( ogni volta che
faccio un ordine di un determinato materiale mi costa molto perché ad esempio devo fare dei trasporti in
container via nave), allora preferirò fare degli ordini molto grandi ( EOQ grande ) e tenermi la merce in
magazzino. Quindi la singola impresa quando deve ragionare sulla quantità ottima di riferimento, opera la
minimizzazione fra questi due corsi. In definitiva se costa molto tenere in giacenza rispetto ai costi di ordine,
l’azienda farà frequenti ordini di piccole dimensioni. Se invece i costi di ordine sono molto alti rispetto ai
costi di giacenza, l’azienda farà pochi ordini all’anno di grandi dimensioni.
NB Questa è una politica indipendente che minimizza i costi di ciascun attore : quando diciamo gestione
indipendente di flussi di materiali nel caso di gestione delle scorte, stiamo dicendo che ciascun attore prende
le proprie decisioni sulla gestione delle scorte, ossia di quanto mi devo approvvigionare e quando, operando
una minimizzazione dei suoi costi che sono soltanto i propri costi di giacenza e i propri costi di ordine.

Ma perché se includo anche i fornitori in questo processo ottengo un risultato migliore? Perché sosterrò dei
costi di giacenza complessivi per tutti più bassi, in modo tale da dare una prestazione migliore al cliente.
Quindi se includo l’intero sistema, avrò dei risultatati migliori:
Consideriamo il valore dei costi di giacenza unitari h, ossia quanto costa mantenere un prodotto in
magazzino; è ovvio che ciascuno dei singoli attori avrà il suo costo di giacenza h. Se ci muoviamo dai
fornitori verso il consumatore finale, il costo unitario di giacenza h cresce in virtù del fatto che ad ogni step
in cui si fanno delle lavorazioni, il valore del prodotto cresce proprio in virtù di queste lavorazioni fatte su di
esso ( infatti le rimanenze finali nel bilancio, vengono valorizzate al costo di produzione, mentre il semi-
lavorato non viene valorizzato al costo di produzione ma in funzione di quanto è stato lavorato ). Il costo di
giacenza quindi è essenzialmente funzione del costo unitario di prodotto ovvero, tanto più io lavoro quel
prodotto ossia tanti più attori passo nella SC, tanto più il costo di giacenza aumenta. Ad esempio il costo di
giacenza aumenta anche nel passaggio da distributori a dettaglianti perché in questo passaggio si è aggiunto
il trasporto ( fase di distribuzione )

La prima osservazione che facciamo, in virtù di quello appena detto, è che i costi di giacenza sono più alti
a valle della SC.

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Quindi se guardassimo il sistema nel suo complesso adottando un approccio integrato e potessimo scegliere,
naturalmente piazzeremmo la maggior parte delle scorte a monte della SC perché qui costa meno. Ossia la
stessa quantità di scorte se la tolgo dal dettagliante e la metto nel distributore, a livello complessivo, mi dà un
risparmio di costo. Però c’è un’altra prestazione oltre a quella di costo che devo guardare ossia il livello di
servizio.
 LIVELLO DI SERVIZIO E’ il tempo di attesa del cliente oppure la capacità dell’impresa di
soddisfare la domanda senza andare in stockout.

Quando il livello di giacenza in magazzino si annulla, abbiamo lo stock-out che durerà fintantoché non ci
riapprovvigioniamo della quantità Q. Se andiamo in stock-out non serviamo il cliente quindi il livello di
servizio della nostra SC si abbassa. Quindi per aumentare il livello di servizio e portarlo al 100% per cercare
di garantire sempre l’evasione dell’ordine, avendo come variabili Q e t, ho bisogno della giacenza in modo
tale da non andare quindi in stock-out. In teoria mi potrei riempire di giacenza ( Q elevate ) ossia avere il
livello medio di giacenza elevato cosi da riuscire ad evadere sempre la domanda; ovviamente questo mi
comporterà dei costi di giacenza più elevati. Il livello di servizio quindi consiste soddisfare sempre la
richiesta del cliente. Se io mi metto in condizioni di giacenza bassa, la probabilità di incorrere in uno stock-
out sarà elevata perché la domanda non è costante ( nei due grafici posti su abbiamo assunto che la domanda
fosse costante). Tutti i calcoli vengono fatti sull’ipotesi del valor medio di domanda, ma in realtà la domanda
non è costante e questo significa che io ho una certa probabilità di soddisfarla e una certa probabilità di non
soddisfarla. Quindi tanto più io voglio garantirmi di soddisfare la domanda, tanto più cerco di avere più
scorte in magazzino in modo tale da proteggermi da questo rischio. La scorta che mantengo per proteggermi
dal rischio di domanda variabile è la scorta di sicurezza.

 SCORTA DI SICUREZZA [ SS ] è la scorta di giacenza che io mi tengo in magazzino per


proteggermi dal rischio di domanda variabile.
Tanto più elevata è la scorta di sicurezza, tanto più alto sarà alto il livello di servizio; Viceversa tanto più
bassa è la scorta di sicurezza, tanto più alto è il rischio di incorrere in un problema di stockout.
L’impresa quindi deciderà di mantenere una scorta di sicurezza elevata per avere 100% del livello di servizio
o viceversa, abbassare la scorta di sicurezza e ammettere un 97% di livello di servizio dicendo quindi che nel
3% dei casi non sarà in grado di soddisfare la domanda?

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σ

La domanda è un dato del problema quindi non è una variabile di scelta. La domanda ha una media che
supponiamo sia 100 unità di prodotti al mese e una certa funzione di probabilità ossia una certa deviazione
standard ( σ ). Questo vuol dire che la domanda nel tempo mediamente vale 100 ma in realtà ad esempio una
volta sarà 70, una volta 150 e così via. Questo dato in definitiva non mi consente di dire se la scorta di
sicurezza la devo mettere elevata o meno, ma mi dice semplicemente quanto varrà la scorta di sicurezza
perché ovviamente è in funzione della variabilità della domanda infatti tanto più la domanda è variabile,
tanta più scorta devo mettere e viceversa. Però questa non aiuta nel scegliere il livello di servizio.
La scelta fra 100% di livello di servizio e 90% di livello di servizio dipende dai costi di stock-out ossia
quanto mi costa la mancata vendita. Questi costi di mancata vendita al loro interno, hanno una voce che
riguarda la perdita di immagine.
N.B. Se io impresa ho come priorità competitiva il livello di servizio e quindi di non fare attendere il cliente,
ovviamente non mi andrò a mettere nel caso di livello di servizio al 90%, ma preferirò sostenere dei costi di
giacenza più elevati purché il livello di servizio sia alto. Viceversa se la mia priorità competitiva non è la
soddisfazione del cliente quindi l’efficacia ( tempi ) ma è l’efficienza ( costo ), allora io mi aspetto di trovare
un livello di servizio più basso e una scorta di sicurezza più bassa ( SS ). L’azienda preferirà ridurre il livello
di scorta di sicurezza perdendo qualcosa in termini di livello di servizio.

Quindi noi abbiamo come sempre, due obiettivi contrastanti:


 Efficienza  costi
 Efficacia  livello di servizio
Per migliorare l’uno si peggiora l’altro per definizione. Se io voglio aumentare il livello di servizio al cliente,
devo aumentare la scorta di sicurezza e quindi aumenteranno i costi di giacenza. Se io invece voglio ridurre i
costi di giacenza, devo avere meno scorta di sicurezza in magazzino e quindi peggiorare il livello di servizio.
Quindi supponiamo di poter operare con un approccio integrato: per ottenere un livello di servizio alto,
aumento la giacenza presso i dettaglianti perché questo mi consente di evadere sempre, con grande
probabilità l’ordine. Se però io so che la domanda è una domanda con una certa variabilità, se invece di
tenere tutta la scorta presso i dettaglianti decido di tenerne ad esempio solo 70 unità su 100 qui e le restanti
30 le piazzo sui distributori, posso avere una riduzione del costo e probabilmente so che il livello di servizio
non verrà penalizzato perché il cliente è disposto ad attendere il tempo necessario a spostare quella giacenza
dai distributori ai dettaglianti. Ricapitolando se io so che il cliente è disposto ad attendere ad esempio un
giorno o due giorni per la merce, mi conviene mettere tutta la giacenza nei pressi dei dettaglianti? No perché
mi conviene avere nei pressi dei dettaglianti meno scorta e spostare parte di questa a monte perché cosi
facendo ottengo una riduzione dei costi di giacenza. In definitiva cosi ottengo lo stesso livello di servizio,
però con una riduzione dei costi di giacenza semplicemente spostando la scorta di sicurezza nei pressi dei
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distributori. Del resto la scorta di sicurezza è qualcosa che interviene non sempre ma quando noi abbiamo un
eccesso di domanda. Nel caso di eccesso di domanda, noi stiamo dicendo che il cliente è disposto ad
attendere quindi non incorreremo in costi molto elevati. Questo discorso lo si può fare solo se posso gestire
l’intero sistema (approccio integrato) perché se ciascuno si gestisse per conto suo ( approccio indipendente ),
ad esempio ciascun dettagliante vorrebbe avere sempre 100 unità nel suo magazzino perché questo è
l’ottimo per se stesso e non accetterà di avere 70 unità e 30 posizionate nei pressi dei distributori; anche il
distributore a questo punto, non accetterà di mantenersi 30 unità di giacenza in più di scorta di sicurezza per
conto del dettagliante. Il cliente finale è uguale per tutti, quindi se la domanda è molto variabile, tutti i
dettaglianti si metteranno 200 unità nel proprio magazzino, ma quante volte accadrà nella realtà che tutti e 3 i
dettaglianti della catena registreranno nello stesso momento un picco di domanda?

P= probabilità
D= domande

Variabilità elevata vuol dire che c’è una certa probabilità molto bassa di avere un valore di domanda molto
alto rispetto alla media. Supponiamo ad esempio di avere una domanda di 300 unità: questo dovrebbe
accadere per tutti e tre i dettaglianti contemporaneamente perché abbia senso che questi si tengano stoccati
una scorta di sicurezza molto alta. Ciascun dettagliante vede quindi la stessa variabilità di domanda, si tiene
la scorta di sicurezza calcolata su quella variabilità e questo vuol dire che noi stiamo avendo tante scorte di
sicurezza per quanti sono i dettaglianti. Ma è veramente scarsa la probabilità che noi otterremo una domanda
elevata nello stesso momento su tutti i dettaglianti, ma con un approccio indipendente ciascuno di questi, si
comporterà in questo modo perché cosi facendo, minimizza i suoi costi. Se invece io ho un approccio
sistemico ossia integrato, piuttosto che calcorare una scorta per tutti i dettaglianti e quindi triplicare le scorte
di sicurezza, mi calcolo una scorta unica di sicurezza per tutti e tre i dettaglianti e la vado a sistemare ad
esempio nel dattagliante baricentrico ossia quello più vicino a tutti gli altri. Quindi io prendo una solo scorta
di sicurezza, la piazzo in uno dei dettagliante e consento che ci siano dei trasferimenti fra questi.

ESEMPIO

Questa scorta di sicurezza ( pari a 200 unità) anche se posta in uno solo dei dettaglianti, apparterrà a tutti e
tre. Infatti in un approccio sistemico, se c’è un picco di domanda in uno dei dettaglianti che non hanno la
scorta di sicurezza, il dettagliante incaricato di possederla nel suo magazzino o rifornisce il dettagliante che
necessita di questa per evadere l’ordine o evade esso stesso direttamente l’ordine ( fornisce il prodotto al
cliente). N.B. Nella rappresetazione ciò è rappresentato dalle due linee più scure.

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Questa è una politica che si chiama politica di transcipment:

 POLITICA DI TRANSCIPMENT consento dei trasferimenti fra i dettaglianti con un


vantaggio di costo.
Abbiamo un vantaggio di costo con questa politica perché io riduco la scorta di sicurezza ossia ne calcolo
solo una e non la triplico per tutti i dettaglianti che ho. Quindi condivido i costi di quella scorta di sicurezza
fra tutti i dettaglianti. Allora se c’è un picco su uno (perché la probabilità di avercelo su tutti e tre tale da far
si che quella scorta di sicurezza non sia sufficiente è molto bassa), viene fatto il trasferimento interno in
modo tale da evadere la domanda. Grazie all’approccio integrato il livello di servizio viene garantito e
abbiamo anche la contemporanea riduzione dei costi ossia i singoli dettaglianti si comportano come facenti
parte di un’unica imprese e non come singole imprese concorrenti. Attraverso gli accordi di transcipment i
dettaglianti condividono i costi della scorta di sicurezza, riducono la scorta di sicurezza e nel caso si presenti
un picco di domanda su di uno, possono attingere da essa.

Gli attori quindi in questo modo stanno collaborando ovvero si stanno integrando l’uno con l’altro e questo
significa proprio fare Supply Chain Management ( adottare un approccio integrato ).

Se io adotto un approccio indipendente, ciascun attore prende le proprie decisioni di scorte di sicurezza e di
politiche di rifornimento, minimizzando i proprio costi. Questo in soldoni significa che la maggior parte delle
scorte si troveranno a valle, ossia che i dettaglianti si riempiono di scorta per cercare di aumentare il livello
di servizio al cliente che è di solito la variabile competitiva principale. Questo a scapito dei costi che tendono
a salire molto. Se i costi totali di Supply Chain sono alti, le imprese non ci rimettono ma succede che il
prezzo con cui verrà venduto quel prodotto sarà più alto. Se la supply chain fosse gestita in maniera migliore
riducendo i costi complessivi, lo stesso prodotto potrebbe essere venduto ad un prezzo inferiore quindi con
un vantaggio per la supply chain che dovrebbe aumentare la domanda. Questo è molto importante perché le
supply chains sono in competizione fra loro ed un prezzo più alto del loro prodotto, spingerebbe il cliente
verso il prodotto di un’altra supply chain. In definitiva quindi, occorre garantire che ci siano bassi costi con
un adeguato livello di servizio e lo si fa attraverso la condivisione e il trasporto delle scorte di servizio.

Il supply chain management è fonte di vantaggio competitivo per l’impresa perché migliora il trade off
( equilibrio ) fra livello di servizio e costi. Se io voglio aumentare il livello di servizio, devo aumentare
necessariamente i costi perché devo aumentare la giacenza. Quindi esiste sempre, quando si tratta la gestione

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di flussi operativi, un trade off fra livello di servizio e costi logistici ossia se decido di abbattere i costi
logistici, diminuirà il livello di servizio.
N.B Con l’approccio integrato, io ottengo un certo livello di servizio elevato a fronte di un incremento di
costi più basso, rispetto all’incremento di costi che si avrebbe per ottenere lo stesso livello di servizio, con
l’approccio indipendente.
Questo significa migliorare il trade off fra livello di servizio e costi, non migliorare il livello di servizio con
costi più bassi perché non si può incrementare il livello di servizio senza spendere di più. Però questo spesa
in più è minore se adotto un approccio integrato rispetto a se adottassi un approccio indipendente. Con la
condivisione della scorta di sicurezza nell’approccio integrato vi è un incremento di costi perché si necessita
di una scorta di sicurezza più grande, ma vi è conseguentemente una riduzione del costo complessivo perché
non si triplica il valore e il conseguente costo della scorta di sicurezza.
Ci sono diverse politiche integrate che consentono di ottenere questi risparmi di costi e al contempo
incrementi del livello di servizio.
Per semplicità abbiamo assunto che il cliente sia disposto ad attendere; in realtà se volessimo potremmo dire
che esiste una funzione costo che è funzione del tempo di attesa che si chiama costo di backorder. Si
calcola quindi una funzione di costo che dipende dal tempo di attesa del cliente ovvero tanto più il cliente
attende, tanto più questi costi crescono.

Esempio
Se arriva un ordine, i costi di backorder ( CBB ) sono uguali ad un costo unitario di backorder ( Cb ) per il
tempo di attesa del cliente ( TA ):
CBB= Cb * TA
Quindi se il cliente aspetta 1 giorno, il mio costo ammonterà a Cb ,mentre se aspetta 2 giorni avrò 2Cb e così
via. Supponiamo proprio di trovarci nel caso in cui il cliente debba aspettare 2 giorni perché non c’è la scorta
e quindi la SC sostiene un costo di backorder pari a 2Cb che andrà nei costi complessivi. Però assumiamo
anche:

}
A) Cg= h dettagliante * 100

Cg

Cg= h distributore * 30 + h dettagliante * 70


B)

Invece di tenere tutti e 100 le unità nel dettagliante, decido di tenerne 70 nel dettagliante e le restanti 30 nel
distributore in modo tale da avere un risparmio sui costi di giacenza. Ma a quanto ammonta il risparmio fra
l’opzione A e quella B? Corrisponde proprio alla differenza dei costi fra le due ( Cg ).
Nel primo caso (A) i costi di giacenza ( cg ) sono pari al costo unitario del dettagliante (h dettagliante) per 100
unità mentre nel caso (B) i costi di giacenza ( cg ) sono pari a al costo unitario del distributore (h distributore ) per
30 unità, più ( h dettagliante ) per 70 unità. La differenza è un delta costi di giacenza ( risparmio ) che deve essere
confrontato con i costi di backorder perché solo nel caso in cui il Cg (ovvero il risparmio dei costi di
giacenza dovuto al posizionamento dei 30 nel distributore e 70 nel dettagliante invece che 100 nel
dettagliante ) sarà maggiore dei CBB ( costi di beckorder ovvero costi relativi all’attesa del cliente che
aspetta che la merce arrivi dal distributore al dettagliante ) allora mi converrà attuare questo:
Se Cg > CBB  CONVIENE

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Aldilà di questi calcoli, la cosa importante è la logica nel senso che possiamo fare questo calcolo e cioè ci
possiamo mettere nella possibilità di valutazione e dire: “ vediamo è più conveniente fare attendere il cliente
spostando le scorte? “, solo mediante l’ausilio dell’approccio integrato ossia se ammetto che le imprese si
scambino i dati. L’operazione che mi porta al calcolo del delta Cg, la posso fare solo se conosco i costi
unitari di attori diversi ovvero i vari attori devono sedersi a tavolino e tramite lo scambio di informazioni,
trovano la soluzione migliore per questo sistema integrato.

Il livello di servizio al cliente o efficacia può essere misurato in vari modi relativamente a tre dimensioni:
 TEMPO
 Rapidità dei tempi di consegna rapidità della SC nell’evadere l’ordine
 Puntualità dei tempi di consegna l’azienda può decidere di competere su questa
variabile e quindi decidere di non essere rapida ma di essere puntuale ovvero di rispettare
la data di consegna. ES: puntualità della consegna di un’auto nella data pattuita.
L’azienda sceglie quindi di puntare sulla puntualità di consegna come priorità
competitiva.

 FLESSIBILITA’
 Flessibilità di volume è la capacità di seguire l’andamento della domanda ovvero è la
capacità che l’azienda ha di produrre ciò che il cliente chiede minimizzando i costi.
La produzione che fa la SC, deve cercare di essere esattamente uguale alla domanda sul
mercato. Questo è difficile perché l’azienda decide la capacità produttiva dei propri impianti
( quanti impianti mi serviranno ) nel piano di produzione, in base alla domanda che però è
variabile. Una possibilità potrebbe essere quella di determinare la capacità produttiva
attraverso il valore medio di domanda e quindi, tramite questo, dimensionare gli impianti.
Ma così facendo, nel momento in cui si presenta una domanda maggiore di quella media,
l’azienda non sarebbe in grado di evadere l’ordine. Un’altra possibilità sarebbe quella di
dimensionare gli impianti in base ad un valore di domanda il 50% maggiore del valore di
medio di domanda. O ancora si potrebbe dimensionare il tutto sul picco di domanda. Tutte
queste scelte significano costi diversi ovvero se scelgo di sovradimensionare ( valore più
alto della domanda media ), incorrerò in costi elevati perché probabilmente saturerò meno
gli impianti. Viceversa potrò scegliere degli impianti con capacità inferiore, questo a rischio
di non soddisfare sempre la domanda. Quindi esiste un problema di flessibilità che non è
evadere la domanda nel senso che se il cliente mi chiede 100 devo dargli 100, se mi chiede
30 devo dargli 30 e cosi via perché questo vuol dire servire il cliente. Seguire l’andamento
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della domanda vuol dire che l’azienda produce ciò che il cliente chiede minimizzando i
costi; in questo caso l’azienda sarà flessibile. Ad esempio se il cliente ci chiede 100 e noi
siamo in grado di produrne 300, noi produrremo 100 ma non satureremo la capacità
produttiva, ma se siamo flessibili quei 200 di insaturazione ci costeranno poco.
Se si presenta un picco di domanda e anche saturando gli impianti non riesco a soddisfarla,
vuol dire che devo aver pensato in anticipo a delle soluzioni di back up cioè delle soluzioni
per cercare di gestire il picco. Un’azienda può quindi vertere sulla scelta di impianti
flessibili piuttosto che scegliere un’automazione rigida che presenta costi fissi molto elevati.
Avendo costi fissi elevati è evidente che se non saturo, mi costa tantissimo mentre con un
sistema di produzione flessibile quindi con costi variabili elevati, se io non produco mi
costa meno la mancata saturazione dell’impianto perché i costi fissi sono una voce piccola
dei miei costi. N.B. Con i sistemi di produzione rigidi l’incremento del costo unitario per
mancata saturazione è alto, mentre con un sistema di produzione flessibile il non produrre
non mi crea grandi problemi in termini di incremento di costo unitario. La flessibilità è un
qualcosa di strategico che va decisa a monte ovvero all’atto del dimensionamento degli
impianti; poi potrò decidere di saturare o non saturare con costi però che non potrò
modificare.
 FLESSIBILITA’ DI GAMMA è la capacità di customizzare e quindi è la capacità di
offrire una gamma di produzione molto ampia. Offrire quindi esattamente quello che il
cliente vuole in tutte le sue caratteristiche.

 AFFIDABILITA’ L’affidabilità è una performance importante soprattutto se pensiamo non al


cliente finale ma all’impresa. Essere affidabile vuol dire che rispettiamo quello che promettiamo e
questo non soltanto in termini di tempi ma anche in termini di caratteristiche del prodotto.
Per noi quindi il livello di servizio o efficacia significa tempi ( rapidità, puntualità ) o flessibilità ( di volume,
di gamma ). L’affidabilità invece ci interessa meno.

Il livello di servizio o efficacia, come già detto, lo si può aumentare solo se si aumentano i costi logistici.

COSTI LOGISTICI
 COSTI DI MANTENIMENTO A SCORTA

 COSTI OPPORTUNITA’ Nel caso di richiesta del calcolo dell’ EOQ ovvero la
quantità ottima di approvvigionamento, in un problema i valori di h e k ci verrebbero dati
come dati mentre in azienda questi valori sono da calcolare. La voce principale da calcolare
quando dobbiamo stimare il costo di giacenza o costo di mantenimento a scorta ossia quanto
costa mantenere un prodotto in magazzino, è il Costo opportunità di quel prodotto.

Il costo opportunità vuol dire che io posso stimare il costo di un’alternativa pensando al fatto
che con quei soldi invece di fare un prodotto che non ho venduto ( ad esempio rimanenze in
magazzino ) e che quindi non mi ha creato niente, lo potevo mettere ad esempio in banca. Ad
esempio a me F.I.A.T realizzare una macchina, che poi non ho venduto, mi è costato 2000
euro. Questi 2000 euro rappresentano un costo che io posso stimare come costo opportunità
dicendo, che sei quei 2000 euro invece di investirli nella produzione di quell’auto, li avessi
messi in banca avrei ottenuto un certo tasso di interesse.

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Quindi nella maggior parte dei casi, il costo di giacenza si calcola come costo opportunità
del prodotto pari esattamente al tasso di interesse bancario attivo ( i ) per il costo unitario di
prodotto ( Cu ):

Cgu = i * Cu
Nel caso dell’esempio della F.I.A.T avrei avuto cgu = i * 2000 quindi aver prodotto questa
giacenza mi è costato tanto.
In generale questo valore risultante dal calcolo del costo opportunità, io lo posso aumentare
tenendo conto del fatto che il bene si deteriora, diventa obsolescente e in base alla presenza o
meno di assicurazioni.

 DETERIORAMENTO Obsolescenza fisica del prodotto ad esempio il fiore è un


prodotto che può rimanere pochi giorni in giacenza. Se dopo due giorni di giacenza lo devo
buttare io ho perso tutto. Si aumenta quindi il costo di giacenza tenendo conto che il prodotto
si deteriora rapidamente.
 OBSOLESCENZA Obsolescenza tecnologiaca del prodotto. Il prodotto non può
essere tenuto in magazzino all’infinito, perché dopo un anno ad esempio quel telefonino non
vale più nulla. In questo caso il costo di giacenza dovrò considerarlo più elevato perché me
ne devo liberare presto.
 ASSICURAZIONE Se io metto in magazzino dei prodotti e quel magazzino è
assicurato contro i furti, l’assicurazione che pago ha un costo che si va ad aggiungere al
costo di giacenza.
In definitiva le voci principali per calcolare il costo di giacenza unitario sono queste.

 COSTI DI STOCK-OUT
Abbiamo detto che arriva l’ordine di ad esempio 120, io ho 100 e vado sotto scorta quindi si
determina una condizione di stock-out. In questo caso quanto varrà il costo di stock-out? Il costo di
stock-out si calcola considerando i seguenti elementi :

 Mancata vendita Riferendoci all’esempio qui su, ho perso 20 unità ma quale sarà la
perdita che ho avuto in termini monetari? Non sarà il prezzo per la quantità perché è evidente
che io perdo il margine di contribuzione in quanto non le ho neanche prodotte queste 20
unità. Quindi:
CLS= ( P-Cu )* q CLS=costi di lost sales
Cu= costo var. unitario
Il costo di mancata vendita è incrementato da:

 Penali Se ho siglato qualche contratto in cui si dice che se non rispetto la consegna,
scattano delle penali. Le penali consistono tipicamente in pagamenti di denaro per ogni
giorno di ritardo nella consegna.

 Perdita del cliente Vi è una mancata vendita perché il cliente non è disposto ad
aspettare il tempo della produzione e va via.

 Costi di backorder In questo caso il cliente invece di dire che non li vuole e se ne va,
dice che è disposto ad attendere il tempo della produzione.Quindi l’ordine è in attesa infatti
backorder significa in attesa. Ma perché se il cliente si mette qui ad aspettare per l’impresa è

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un costo? Perché l’azienda se deve far aspettare il cliente non è che gli fa aspettare 1 o 2
mesi, ma cercherà immediatamente di soddisfarlo.

Quindi prenderà il piano di produzione che aveva, lo cancellerà e ne farà un altro in cui il
primo ad essere soddisfatto sarà il cliente in attesa. Ma noi sappiamo che ogni qualvolta si va
a modificare un piano di produzione che era ottimo per minimizzare i costi, ottimo non lo
sarà più. Quindi quando andiamo ad interrompere il piano di produzione ottimo per
soddisfare una richiesta urgente, andiamo ad aumentare i costi e questi costi si chiamano
costi di backorder. Ad esempio anche nel caso dei trasporti, se c’è un cliente che sta
attendendo la merce io non aspetterò di avere merce a sufficienza da riempire il mezzo di
trasporto per ottimizzare il costo di trasporto ma la spedirò subito.

 Costi di slittamento degli incassi Noi sappiamo che i pagamenti non sono contestuali
ma ci sono dei tempi di attesa per ricevere i crediti e dei tempi di attesa per pagare i debiti.
Molte volte le imprese giocano su queste dilazioni per non chiedere anticipi in banca, quindi
mancare una vendita significa mancare degli ancassi che potevano servire per bilanciare
situazioni di credi e debiti.

 Perdita di immagine Ogni qualvolta l’azinda va in stockout e non soddisfa il cliente,


perde un po’ di credibilità e di immagine.

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11 Marzo 2014

Soltanto tramite un approccio in cui andiamo a vedere l’intero sistema si può ottenere un miglioramento del
risultato complessivo cioè si può ottenere una supply chain efficiente.
Se la mia supply chain offre un performance di costo più alta, probabilmente il prodotto sarà venduto ad un
costo più alto e quindi il cliente non riconoscerà il vantaggio competitivo al nostro prodotto. Stessa cosa vale
sulle altre performance, se io sono una Focal Company che vuole competere sui tempi, la mia prestazione
complessiva di tempo al cliente (puntualità) sarà quella che io do complessivamente al mio cliente. Il trade
off è l’equilibrio che ci deve essere tra le prestazioni di efficienza e di efficacia. Si chiama trade off perché lo
dobbiamo pensare come una leva in cui all’aumento di una voce corrisponde la riduzione dell’altra voce.

EFFICIENZA

EFFICACIA

Questo dipende dalle scelte strategiche da fare ovvero dalle scelta della fonti di vantaggio competitivo.
Ricordiamo che il cliente può scegliere un prodotto per due motivi, o per costi bassi del prodotto oppure
perché l’azienda offre qualcosa di unico (es: livello di servizio, tempi brevi di consegna).
Ricordiamo, inoltre, che l’approccio integrato consente di avere un miglioramento di questo trade off in
quanto l’approccio integrato è efficiente perché tra gli attori o tra le funzioni aziendali esistono obiettivi
contrastanti cioè quello che è ottimo per la funzione produzione non è ottimo per chi sta nel marketing.
Supponiamo di metterci in una supply chain X a tre stadi:

Fornitori Focal company Dettaglianti

Tra questi tre “attori” esistono delle scelte contrastanti. Infatti anche se i fornitori fanno le scelte strategiche
migliori, queste scelte possono non essere positive per la focal company; stessa cosa esiste tra focal company
e dettaglianti. Proprio perché esistono questi obiettivi contrastanti tra attori, dobbiamo guardare all’intero
sistema. Se guardiamo i dettaglianti (distributori) cioè di chi sta a valle della supply chain, notiamo che
l’obiettivo è simile a quello del marketing cioè vogliono vendere a più persone possibili quindi i dettaglianti
vogliono che i loro scaffali siano pieni di prodotti diversi (es. pasta lunga, corta ecc..) inoltre vogliono anche
che il tempo delle consegne sia il più breve possibile. Quindi i dettaglianti vogliono alta varietà di prodotti,
trasporti frequenti con dimensioni piccole. Questo che ottimizza la performance del dettagliante, mal si

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accompagna con quello che vuole il produttore che se deve far consegne di poche quantità non riempirà i
mezzi di trasporto.
I trasporti sono ad elevata economia di scala cioè più riempio il mezzo più distribuisco i costi di trasporto.
Questo ragionamento può essere replicato per la capacità produttiva, cioè quando non saturo la capacità
produttiva vuol dire che sto ottenendo dei costi unitari più alti.
Stessa cosa vale per la caratteristica di dover dare al suo cliente tanta varietà in piccoli lotti. Questo è positvo
per i dettaglianti ma è negativo per chi produce in quanto dovrebbe produrre diverse tipologie di prodotto e
non riuscirebbe a ridurre i costi unitari di prodotto. Stessa cosa vale sui fornitori che vorrebbero vendere una
grande quantità di prodotto con bassa varietà ma questo non va bene per gli altri attori.
Quindi l’integrazione è necessaria. Nella supply chain esistono diversi trade off tra il livello di costi e il
livello di servizio. Per esempio il trade off che esiste tra la dimensione del lotto e il livelli di giacenza, se il
produttore aumenta la dimensione del lotto questo ha un impatto sugli altri attori, in particolare sul livello di
giacenza dei dettaglianti. Questo significa che sto creando due situazioni a livello di dettaglio, che si
chiamano OVER STOCKING (cioè stock in eccesso quando produco grandi quantità con bassa varietà) o
UNDER STOCKING (cioè quando ho varietà ma basse quantità); i primi sono costi di giacenza i secondi
sono i costi di stock out. Per decidere il migliore equilibrio tra le due scelte, devo confrontare questi costi.
Se il risparmio di costo complessivo è più alto mi converrà fare lotti grandi altrimenti dovrò fare lotti piccoli.
Posso rispondere a questo tipo di problema solo se lo valuto in maniera integrata, dicendo al dettagliante di
stimare i costi in modo da poterli confrontare col risparmio che avrei nel produrre grandi lotti.
Un altro trade off può esserci tra i costi di giacenza e costi di trasporto. Anche qui devo decidere se abbattere
i costi di trasporto aumentando i costi di giacenza o viceversa. Per capire quale delle due alternative scegliere
devo confrontare l’incremento di costo di giacenza e il risparmio che ottengo nei costi di trasporto.
Se:
 ∆COSTI(GIACENZA)<∆COSTI(TRASPORTO) mi conviene ridurre i costi di trasporto
aumentando i costi di giacenza. Possiamo infatti scegliere tra una politica detta FULL TRUCK cioè
a carico pieno e una politica LESS THEN FULL TRUCK.
Altri trade off possono essere Lead Time vs costi di trasporto, stessa logica, se voglio ridurre il lead time
(tempo di attraversamento) devo fare trasporti frequenti, quindi non ottimizzo il carico.
Quindi esistono una serie di trade off che posso migliorare solo guardando all’intero sistema.
Per ottenere questa integrazione occorre considerare uno scambio di dati e informazioni. Per questo motivo
vengono utilizzati dei sistemi informativi.
Esistono dei sistemi informativi che aiutano nella gestione delle scorte di magazzino, infatti se pensiamo a
dei prodotti come l’abbigliamento di “Zara”, questi, prima di essere venduti, vengono scannerizzati. Questo
meccanismo permette di memorizzare il dato in un sistema informativo in modo da aggiornare sia la
giacenza del punto vendita sia i dati del produttore/fornitore, il quale riceve la domanda del consumatore e
che gli consente di pianificare la produzione.
Esiste un meccanismo alternativo e indipendente che prevede l’ordine da parte del distributore nei confronti
del fornitore ogni qual volta il distributore ne sente la necessità.
È preferibile utilizzare i sistemi informativi per pianificare meglio la produzione e la vendita, ottimizzando i
tempi. Chiaramente questi meccanismi prevedono ulteriori costi che devono essere inferiori al beneficio che
ne trarrei utilizzandoli.
Ci sono altri problemi, di natura organizzativa, che rendono più complicata la gestione integrata. Non è
semplice gestire un rapporto tra gli attori della supply chain in quanto le parti potrebbero difficilmente
divulgare delle informazioni a causa della mancanza di fiducia. C’è sempre il rischio che le parti possano
comportarsi in maniera opportunistica cioè usare le informazioni non soltanto per ottenere un vantaggio
complessivo ma anche per ottenere un vantaggio personale.
Nella situazione contraria, ovvero con fiducia tra le parti e con il corretto uso delle informazioni, rimane un
problema cioè il problema degli extra profitti. Le prestazioni che sono migliorate dalla gestione integrata
sono prestazioni che l’intero sistema offre al suo cliente, che riceverà un prodotto maggiormente
customizzato, con minori tempi di consegna e con costi inferiori. Queste prestazioni portano extra profitti a

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livello complessivo cioè della supply chain, che si prenderà solamente il distributore, mentre tutte parti
vogliono beneficiare di questi extra profitti.
Esiste quindi un problema di ripartizione degli extra profitti che derivano dall’integrazione.
Se il dettagliante è un’impresa di piccole commissioni e di scarso potere contrattuale, il produttore aumenterà
il prezzo di trasferimento tra se stesso e il distributore. Questo porterà gli extra profitti maggiormente al
produttore. Per rimediare a questo problema il distributore tenderà ad aumentare il prezzo di vendita al
consumatore (per recuperare questi extra profitti).
Quindi chi ha maggior potere contrattuale potrà beneficiare maggiormente degli extra profitti. Questo è un
altro motivo per cui le parti tendono a non adottare un approccio integrato.
Bisogna incentivare le parti ad adottare un approccio integrato, ridistribuendo i profitti ke derivano
dall’integrazione. Ci sono dei meccanismi ke servono a ripartire in maniera equa gli extra-profitti derivanti
dall’integrazione. In maniera tale, quindi, ke sia conveniente x gli attori scegliere questa via. Altrimenti gli
extra- profitti, se non guidati da un meccanismo, vengono distribuiti maggiormente li dove c’è un potere
contrattuale maggiore (teoricamente la focal company).
Nella supply chain tutti gli attori ke vi partecipano devono “vincere” ( win-win, e non win-lose).
Gli strumenti ke servono a ripartire gli extra-profitti sono i contratti.
La gestione del nuovo prodotto va gestito in maniera integrata lunga l’intera supply chain x ottenere migliori
benefici misurati come minori costi e tempi (time to market- tempo di arrivo sul mercato).
Il SCM vuol dire quindi configurare la rete, decidere in ke modo una FC deve progettarla (fornitura,
produzione e distribuzione) x ottenere dei vantaggi, con conseguenti problemi di progettazione del network.
Successivamente deve gestirla (problemi di progettazione + problemi di gestione).
Questo vuol dire:
- stabilire le strategie di fornitura (supplier), competitiva o collaborativa;
- politiche di approvvigionamento, multiplo, se acquisto da più fornitori (multiple sourcing), singolo, se
acquisto da un solo fornitore (single sourcing);
- numero e location degli impianti e dei magazzini, politiche di internazionalizzazione o estensione globale;
- design for SCM, molte imprese nn hanno stabilimenti di produzione di proprietà ma demandano ad imprese
contractors. Queste imprese sono presenti lì dove il costo della MdO è basso.

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17 Marzo 2014

MODELLO UTILE PER INQUADRARE LE SUPPLY CHAIN ESISTENTI NELLA PRATICA

Questo modello si basa su tre dimensioni:

 STRUTTURA: cioè quali sono le caratteristiche strutturali di una Supply Chain che ci possono
aiutare a capire come è fatta dal punto di vista delle caratteristiche fisiche cioè strutturali;
 STRATEGIA: cioè quali sono le diverse tipologie di strategie che si possono adottare per gestire una
supply Chain; quindi, data una certa Supply Chain, come può essere gestita? con quale strategia? Se
prendiamo una Supply Chain reale, ci dobbiamo mettere in entrambe le prospettive. Ci mettiamo
quindi o nell’ottica della progettazione (e così facendo decidiamo con quale strategia gestire quella
Supply Chain) o nell’ottica del consulente che va a fare l’analisi (e così facendo capiamo questa
Supply Chain come viene gestita? E con quale strategia? In maniera tale da poter suggerire se quella
strategia è idonea o se bisogna cambiare la tipologia di strategia).
 ORGANIZZAZIONE: cioè come le relazioni all’interno di una Supply Chain sono organizzate.
Questo modello, è quindi basato su queste tre dimensioni di analisi tra cui deve esserci una certa coerenza. In
una certa struttura, è gestita con una data strategia e di conseguenza quest’ultima deve essere adatta
all’organizzazione.

COME SI DESCRIVE LA STRUTTURA DI UNA SUPPLY CHAIN

Supponiamo di essere i manager di una Focal Company, in questo caso Divella e facciamo finta di
appartenere allo stadio di assemblaggio e siamo interessati a definire la nostra Supply Chain. Il nostro
obiettivo è identificare la Supply Chain. Identificare la Supply Chain significa identificare tutti i fornitori a
partire da quelli diretti (first tier supplier) e finendo con i fornitori di materie prime (third tier supplier). A
valle avremo il primo livello di clienti (i distributori), il secondo livello di clienti (i dettaglianti) e l’ultimo
livello sono i consumatori finali.
Per costruire una Supply Chain si parte dalla Focal Company e si identificano tutti i membri della catena. Il
prodotto richiede n componenti per essere realizzato e quindi tutti i fornitori, che saranno esterni, saranno
identificati e mappati nella rappresentazione della Supply Chain. Questo lo dice la teoria. Ma in realtà in
numero di fornitori con cui una impresa si può relazionare, può essere anche molto grande. Se andassimo in
una impresa, e volessimo capire chi sono i fornitori di quella impresa andremmo nella funzione acquisti che
possiede una lista fornitori. La lista fornitori, sono documenti aziendali molti importanti perché sono riportati
i fornitori di quella impresa, anche potenziali. Tanto più il prodotto è complesso, tanto più sono i suoi
fornitori perché dobbiamo approvvigionarci di tutti i componenti. È evidente che non è possibile riconoscere
tutti i possibili fornitori e andarli a disegnare nella nostra Supply Chain. Per questo motivo, quindi,
rappresentiamo solo i fornitori critici ovvero fornitori che influenzano molto le nostre prestazioni. Le
prestazioni della Supply Chain sono fortemente dipendenti dai fornitori e dai clienti. Nella rappresentazione
della nostra Supply Chain andremo solo a rappresentare, fornitori e clienti critici cioè coloro che influenzano
molto le nostre performance. È utile quindi distinguere fornitori critici che possono essere:
 Primari o di prodotto;
 Di supporto o di infrastruttura.

La catena del valore di Porter dice che esistono attività primarie, e attività di supporto alle attività primarie.
Le attività primarie, sono quelle attività relative al ciclo di produzione (sono quindi attività svolte all’interno
di una impresa, che servono a trasformare la materia prima in prodotto finito). Le attività primarie della
catena del valore sono: la logistica in ingresso, dopo che il materiale è arrivato, produzione, dopo che il

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prodotto è lavorato c’è la logistica in uscita per far arrivare il prodotto al cliente, e per ultimo abbiamo
marketing, garanzia e assistenza. Le attività primarie, sono attività relative al ciclo di vita del prodotto.
Anche nella nostra Supply Chain i fornitori primari sono coloro che forniscono un componente che va nel
prodotto, che quindi fanno parte del ciclo di vita del prodotto. I fornitori primari forniscono un prodotto che
serve alla Focal Company per realizzare il suo prodotto finito. Il prodotto fornito farà quindi parte della
distinta base, che è un documento in cui sono riportati tutti i codici di cui l’impresa ha bisogno per realizzare
il prodotto finito.
Esistono altri fornitori che non forniscono componenti che vanno nel prodotto, ma che forniscono ad
esempio i sistemi informativi utili alla gestione dell’impresa, energia, ma anche i fornitori degli impianti
sono molto critici perché con gli impianti viene fornita anche la tecnologia di produzione. Tutti questi ultimi
fornitori sono detti di infrastrutture.
Un altro attore importante della Supply Chain sono i fornitori dei servizi logistici (logistics service provider).
Quando un fornitore, fornisce servizi è detto provider, quando è fornitore di componenti è dello supplier. Tra
le attività di supporto ci sono quindi: l’approvvigionamento, Ricerca & Sviluppo, gestione del personale,
infrastrutture (come per esempio l’ufficio legale, l’assicurazione qualità). Anche su queste attitivà potrebbe
esserci un fornitore, cioè l’impresa ha esternalizzato decidendo per esempio di farsi gestire il personale da
un’altra impresa.

COME SI DESCRIVE LA SUPPLY CHAIN

Si identificano tutti gli attori a monte e a valle. Quando abbiamo mappato la Supply Chain abbiamo
inizialmente individuato gli stadi sia dal lato fornitori che dal lato clienti. Il numero degli stadi è una
variabile che caratterizzale Supply Chain. La prima variabile strutturale con cui possiamo descrivere una
Supply Chain è identificare quanti sono gli stadi. Tanto più, l’impresa è verticalmente integrata (che svolge
cioè alcune fasi del processo produttivo) tanti meno saranno gli stadi identificati. Al contrario, più sono gli
stadi, tanto più l’impresa è specializzata in piccole fasi del ciclo di produzione.
La prima dimensione è la PROFONDITA’ FISICA della Supply Chain, ovvero il numero di stadi che la
compongono, può essere ampia (specializzazione, tanti stadi) o stretta (più integrazione e meno
specializzazione). Supply Chain dello stesso settore può essere organizzata in maniera diversa e la differenza
è nella profondità cioè nel numero di stadi da cui la Supply Chain è composta. L’AMPIEZZA FISICA è
un’altra dimensione che serve a descrivere una Supply Chain e le distingue l’una dall’altra. L’ampiezza nello
specifico rappresenta il numero di attori per stadio e questi, dipendono dalle caratteristiche del prodotto.
Avrò pochi fornitori tanto più semplice sarà il mio prodotto e tanto più la Focal Company sceglie di
approvvigionarsi in SINGLE SOURCING. Il single sourcing (singolo approvvigionamento) è quando la
Focal Company sceglie un fornitore per il componente stringendo una Partnership, quindi il componente è
approvvigionato esclusivamente da quel fornitore. Non esisterà un altro fornitore che fornirà lo stesso
componente.
Componente
supplier Focal
Company

L’ampiezza dello stadio si riduce in questo caso, ma può aumentare quando iniziamo a parlare di
MULTIPLE SOURCING che crea competizione con le aziende fornitrici dello stesso componente

Supplier
1

Supplier Focal Company


2

Supplier 25
n
In questo caso l’ampiezza è maggiore.
A seconda della strategia che la Focal Company adotta, per esempio negli approvvigionamenti, se decide di
fare un single sourcing o un multiple sourcing la struttura della Supply Chain cambia. Quindi ci deve essere
una coerenza, un fit, tra struttura, strategia ed organizzazione. Certe scelte strategiche comportano certe
forme e strutture di Supply Chain.
Un’altra variabile strutturale è la POSIZIONE DELLA FOCAL COMPANY (la focal company potrebbe
essere anche appartenente allo stadio di fornitura).
Ultima dimensione è la DIMENSIONE INTERNAZIONALE che rappresenta il grado di globalizzazione
della nostra Supply Chain. Ci sono due spinte attualmente presenti nello scenario competitivo:
- Una spinta alla globalizzazione;
- Una spinta alla localizzazione.
Anche la scelta alla globalizzazione o alla localizzazione dipende dalle scelte competitive della Foca
Company. Una Supply Chain è tanto più internazionale, tanto più i fornitori apparterranno a paesi differenti.
La scelta di fare una GLOBAL SOURCING (approvvigionamento globale) o una LOCAL SOURCING
(approvvigionamento locale) modifica la struttura della Supply Chain.
Queste sono quindi le principale dimensioni che caratterizzano una Supply Chain, quindi si parte dalla Focal
Company, si identificano fornitori e clienti critici, si identificano il numero di stadi (la profondità fisica), e
quanti attori ci sono per ogni stadio. Poi si valuta la dimensione internazionale guardando se la Supply Chain
è globale o locale. In realtà occorre identificare un’altra dimensione detta PROCESS LINKS ovvero i
collegamenti tra gli
attori. Quando
mappiamo una Supply
Chain dobbiamo anche
definire il tipo di Process
Link che esiste tra i vari
attori e la Focal
Company.
Normalmente i
collegamenti tra Focal
Company e attori
rappresentavano i flussi
di materiali. Adesso
questi assumono il
significato di
rappresentare come
viene gestita la relazione tra la Focal Company e l’attore. Ne esistono di tre tipologie di Process Link.
Innanzitutto bisogna valutare relazione per relazione l’integrazione o meno dell’attore rispetto la Focal
Company.
o Se l’attore è integrato nella Focal Company, il collegamento è detto GESTITO (MANAGED PL)
ed è rappresentato in grassetto, quindi la Focal Company controlla direttamente il suo fornitore o
cliente.
o Se il collegamento non è gestito, il collegamento può essere INDIPENDENTE (NOT MANAGED
PL), quindi i due attori sono indipendenti fra loro ed ognuno fa i propri interessi.
o Esiste un livello intermedio in cui la Focal Company MONITORA (MONITORED PL), cioè la
Focal Company raccoglie informazioni di quello che sta facendo l’attore collegato.
Quando mappo la Supply Chain devo identificare attore per attore i protagonisti della Supply Chain e devo
capire anche i collegamenti con cui sono collegati.
Se abbiamo due fornitori managed significa che la focal company gestisce anche il collegamento tra il
fornitore ed il suo fornitore.

26
Nella realtà molte Focal Company obbligano i fornitori di primo livello a rifornirsi da alcuni fornitori definiti
senza avere altre scelte.
NON MEMBRO è un altro tipo di collegamento che il fornitore ha con altre Focal Company.
(Per esempio INTEL non fornisce solo una casa produttrice di Computer, bensì più case cioè i competitors
della Focal Company in esame).

LE PRIORITA’ COMPETITIVE DELLA SUPPLY CHAIN

 PRIORITA’ DI EFFICIENZA: costo (realizzare un prodotto che viene venuto al consumatore finale),
qualità
 PRIORITA’ DI EFFICACIA: tempo (rapidità, puntualità, time to market (time to market:sviluppare
un prodotto in tempi brevi)), flessibilità (di gamma o di volume)
Tra strategia (definire la fonte del vantaggio competitivo, ovvero stabilire i fattori critici di successo) e
struttura ci deve essere una coerenza. La progettazione di una struttura è corretta se è coerente cn le priorità
competitive dell’impresa. Se l’impresa si da come priorità quella del costo, la struttura sarà di un certo tipo,
quindi ci aspetteremo una struttura con profondità fisica con tanti stadi (ampia) perché diminuiamo il prezzo
a causa della concorrenza tra i fornitori e comunque c’è specializzazione. La specializzazione consente di
sfruttare economie di scala e di apprendimento, diminuendo il costo unitario.

SPECIALIZZAZIONE = EFFICIENZA (la specializzazione è coerente con l’efficienza, quindi costi bassi
perche se mi specializzo apprendo di più, quindi divento molto bravo, faccio meno errori, sono più veloce
aumentando quantità e qualità degli output. Dato che i costi unitari sono Cu=CT/Q implica che se Q
aumenta, Cu diminuisce). Se l’ampiezza è ampia vuol dire che utilizzo il Multiple Sourcing vuol dire che
metto i fornitori in competizione e sceglierò quello più conveniente.

INTEGRAZIONE VERTICALE = EFFICACIA (se abbiamo pochi stadi con pochi attori, quindi con una
profondità fisica e ampiezza fisica stretta, implica che la Supply Chain è più coerente con obiettivi di
efficacia. Se ho un solo fornitore, posso chiedere di aiutarmi a customizzare i prodotti, quindi la Focal
Company cerca di servire il cliente giocando sul tempo e flessibilità).

27
18 Marzo 2014

Esempio di applicazione di supply chain di un’impresa di assemblaggio di divani (Focal Company:


CONTEMPO Srl) localizzata a Grumo. I restanti due quadrati sono atri due impianti di produzione
delocalizzati in paesi dove il costo della manodopera è basso (Shangai e Romania)

A sinistra della FC abbiamo i fornitori di primo livello che li approvvigionavano:


 Poliuretano 1 azienda
 Leather and Fabric (pelli e tessuti) 20 imprese
 Lining 1
 Wood components (componenti in legno)1 in questo caso il collegamento è controllato perché la
Contempo era proprietaria anche di questo fornitore
 Materassa5
 Table Top (tavoli in legno, accessori)1
 Packing1
 Special Components15
 Iron Fittings (pezzi in ferro, piedini)4
La differenza tra i collegamenti è che alcuni vengono gestiti in maniera integrata (continua grassetto), altri
semplicemente monitorati (tratteggiata) e altri non-gestiti (continua).
Principali fornitori dei fornitori in questo caso Materie Prime:
 Tessuti
 Legno
 Materiali materassi
 Acciaio
 Carta
Non ci sono i numeri perché è complicato vedere quanti sono; la maggior parte dei collegamenti è non
gestita (linea continua) un paio gestiti (continua grassetto) in particolare legno e componenti speciali. Evinco
così che tutto ciò che riguarda legno e componenti speciali viene gestito dalla FC.

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A valle ho i Clienti, serie di Agenti di vendita:
 Fowording Agents (intermediari) 80% servono a vendere il prodotto
 Shippers by air (per spedizione) 1%
 Shipping agents 19%
Client di client:
 Buyer group (agenti) compra anche tanti classi merceologiche per venderle a clienti tipo Auchan
 Wholesalers (distributor intermediario) Auchan
 Wholesalers Australia (buyer internazionale) non vendo direttamente nel mercato straniero ma
vendo a questi agenti intermediari chiamati buyers
Infine i dettaglianti. Il canale di distribuzione ha quasi tutti i collegamenti monitorati (tratteggiati).
Ricapitolando per tutto il network di fornitura quasi tutti i collegamenti non gestiti (linea continua) con
qualche gestito (continua grassetto); per il network di distribuzione la maggior parte monitorato o non
geestito e il numero fornitore basso.

Nel secondo esempio abbiamo un’impresa di abbigliamento per bambini con unica FC la MAFRAT Spa
(Putignano). Essa realizza quindi collezioni diverse anno per anno due volte all’anno. Rispetto la precedente
ha uno stadio in più e si occupa di logistica, ha un grande magazzino dal quale si riforniscono tutti i punti
vendita ma non ha imprese proprie di produzione. In questo caso, a differenza del precedente, i fornitori
diretti non sono fornitori di componenti ma sono imprese che confezionano i prodotti (maglia, pantalono,
ecc)

Fornitori di primo livello:


 Foreign production plant (impianti di produzione esteri, Albania)40%
 National production plant (impianti di produzioni nazionali)60%

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Il numero di livello varia se l’impresa non ha dei propri stabilimenti di produzione e si deve rivolgere
all’esterno. Quando un’impresa produce il prodotto e vende a proprio marchio come MAFRAT e non ha
produzione in House si dice che utilizza dei CONTRACT MANUFACTURER (imprese computer che
delegano la produzione ad altre imprese che producono su contratto) produzione in Outsourcing.
Fornitori dei Contract Manufacturer:
 Suppliers of fabric (tessuti)500
 Suppliers of yars500
Grande ampiezza di questo stadio
 Suppliers of accessories700
 Suppliers of package300
Per quanto riguarda la tipologia dei collegamenti prevalgono le linee gestite ed è logico perché MAFRAT
esternalizzando la produzione la controlli pianificando la produzione di queste piccole imprese che
confezionano risalendo a tutti i fornitori di queste imprese scegliendoli. Il collegamento gestito tra i fornitori
e le imprese di confezionamento indica una scelta dei fornitori da parte di Mafrat. Dato che Mafrat è un
grande magazzino con all’interno solo una parte dedicata al design, praticano il disegno della collezione e la
maggior parte delle attività svolte riguardano la logistica. Guardando a valle capiamo che la distribuzione è
effettuata attraverso agenti di vendita cioè i rappresentanti.
Per la distribuzione abbiamo il primo stadio con ampiezza due:
 MAFRAT SRL mercato italiano
 MAFRAT LOGISTIC
 Showrooms Milan
 Internal Agents Europa USA
 External Agents
 Wholesalers (intermediari) Asia Giappone
Prevalgono anche in questo caso collegamenti di natura gestita con Retailer (dettaglianti) in Italia, stessa
cosa in Europa, non lo sono in USA Asia e Giappone (non gestiti ma controllati). Da notare che sono gestiti i
collegamenti tra gli agenti e i punti vendita (dettaglianti). A differenza della SC di prima qui i collegamenti
sono gestiti, prima tutto al più monitorati.
Queste differenze dipendono dalla priorità competitiva.
La gestione dei collegamenti a valle viene fatta per aumentare prestazioni di efficacia, aumentare il controllo.
La priorità di MAFRAT è il design perché detiene tale operazione in house per creare con periodicità una
collezione che vada in contro alle esigenze dei consumatori, che quindi dia un’ampia customer satisfaction.
Se tale è la priorità competitiva, a detenere tali dati (contatto con i clienti finali) è proprio il dettagliante
(punti vendita) che hanno un riscontro positivo o negativo sulla collezione. Quindi Mafrat per accedere a tali
informazioni deve cercare di rendere il più possibile gestiti i collegamenti detenendo un controllo sugli
agenti di vendita ed i punti vendita obbligandoli a fare ad esempio report settimanali, riportare eventuali
commenti dei proprietari del negozio, ecc.
Nel caso dei divani invece abbiamo un prodotto con ciclo di
vita più longevo, in particolare una fase d’introduzione dove
le vendite pian piano salgono, una di crescita dove il prodotto
penetra nel mercato con una velocità rapida (pendenza
elevata) una fase di maturità con vendite costanti per poi
declinare fino all’obsolescenza del prodotto. Nel caso di
MAFRAT l’intero ciclo p corto per via della durata del capo
di una sola stagione. Invece per i divani il ciclo dura per anni,
alcuni modelli addirittura durano una vita, ancora in
produzione. Quindi con una lunga fase di maturità non è
fondamentale tenere sotto controllo le informazioni relative al
feedback del cliente, la gestione di tale supply chain avviene
in maniera meno controllata ma tuttalpiù monitorata. Per quanto riguarda invece la fornitura la differenza
sostanziale è sul numero di fornitori (differenti ampiezze) in base sempre alle priorità competitive del

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settore. Per MAFRAT in questo caso la competizione si gioca su qualità (efficienza NO differenziazione) e
costo creare una linea che soddisfi le esigenze del consumatorecustomizzazione del prodotto.
Questa caratteristica non richiede di internalizzare la produzione, perché creato il design internamente, è
facile esternalizzare la produzione semplice; tale azienda quindi punta a una variabile di efficienza cercando
di ridurre i costi di fornitura (molti fornitori= competizione) che non inficia sull’efficacia.
Per CONTEMPO vale esattamente il contrario perché l’impresa compete di più su altre variabili non legate
alla capacità di customizzare il prodotto o sulla variabile tempo; l’impresa realizza delle partnership con i
fornitori avendo così un numero di fornitori ridotto e la maggior parte dei collegamenti non gestiticon una
partnership (conoscenza tra le due aziende, rapporto 1:1) la relazione tra i due funziona indipendentemente
dall’avere un controllo dell’una sull’altra.
In definitiva deve esserci una coerenza tra le scelte manageriali e le priorità competitive anche quando si
definisce la struttura di una supply chain.

DESIGN PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE (supply chain) DI TRE AZIENDUCOLE

ZARA
Nata dall’imprenditore Ortega del gruppo spagnolo Inditex, appena nel 2008 contava già 1058 negozi elevata
ampiezza) localizzati in 69 paesi (maggior concentrazione in Europa) quindi elevata dimensione
internazionale sul lato della distribuzione. Per capire la struttura bisogna prima capire la strategia
competitiva interpretare i trend emergenti nel mercato e reagire velocemente, capacità di essere
efficace (sempre per moda o abbigliamento)
ATTIVITA’ CRITICHE:
DESIGN
 Team di 200 disegnatori ad Artexio in Spagna
 Raccolta idee per nuovi modelli da:
 Store managers e sales staff (dettaglianti)
 Team di progettisti che viaggiano nel mondo in cerca di idee
 Gli store specialists ricevono le informazioni dagli store managers e forniscono ai disegnatori delle
linee guida sui nuovi design, tessuti e stili richiesti
PRODUZIONE
 Il cucito avviene in laboratori in Spagna e Portogallo che non sono di proprietà
 Effettuate le lavorazioni ritornano al centro produttivo principale per il controllo qualità e successiva
distribuzione
DISTRIBUZIONE
 Centro di distribuzione in Artexio localizzato centralmente rispetto i 14 impianti produttivi
 Centro di distribuzione in Saragozza
 Possesso di una propria linea ferroviaria su cui le merci arrivano ai 14 centri con il vantaggio dei
tempi di consegna
 Arrivate le merci negli impianti produttivi, si pratica confezionamento, prezzaggio ed etichettamento
che varia a seconda della destinazione (attività ritardata a valle) lo stesso maglione venduto a
differenti prezzi con diverse etichette nel mondo= ampiezza di gamma di cui devo poter stimare le
diverse domande (quante maglie nere venderò in Italia, USA, Spagna?) tale previsione di vendita è
più semplice farla su un prodotto da vendere in tutto il mondo piuttosto che paese per paese. Proprio
per questo motivo se voglio offrire ampiezza di gamma e al contempo abbattere i costi utilizzo
proprio la tecnica di Zara del POST PONEMENT post porre a valle la fase di customizzazione del
prodotto (aspetto il dato di domanda reale prima di applicare le etichette)
 Per avere un tempo di reazione rapida le merci sono spedite dal centro due volte alla settimana
 Le consegne fuori Europa fatte dall’aeroporto di Santiago (priorità tempo)
 Consegne in Europa con camion
 Location punti vendita (di proprietà= integrazione verticale) scelta accuratamente in zone
prestigiose
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PRINCIPALE CARATTERISTICHE DI ZARA
 Integrazione verticale nella produzione, design (in house), distribuzione (magazzino centrale e
detaglio (punti vendita di proprietà)
 Produzione in house (23 siti)
 Outsourcing delle operazioni di taglio e cucito a piccoli negozi di Spagna e Portogallo
 Distribuzione con magazzino centralizzato
 Retailers di proprietà
 Flessibilità tramite la rapidità della sua SC (piccoli lotti e spedizioni frequenti)
Coerente con il vantaggio competitivo di analisi dei trend del mercato e risposta celere alla domanda.

HENNES & MAURITZ (H&M)


Già nel 2004 contava 1000 store nel mondo
ATTIVITA’ CRITICHE:
DESIGN
 Sempre interno, realizzato interamente con base a Stoccolma
 100 disegnatori che cooperano con i buyers e 50 disegnatori esterni (1^ differenza)
 Ogni linea ha un suo team di disegnatori, buyers, assistenti e controllers (design organizzato per linea
di prodotto)
 Solo due collezioni all’anno con possibili sotto-collezioni
 Collaborazioni con stilisti importanti
PRODUZIONE
 22 siti di produzione nel 2006 (10 Europa, 10 in Far East, 1 Africa, America centrale)
 È affidata dai designer ai buyers che non producono ma organizzano la produzione, creano la SC
scegliendo le aziende che devono produrre quella collezione. Le responsabilità sono quindi:
o Trovare i fornitori
o Fare ordini ai fornitori
o Negoziare i prezzi
o Minimizzare i tempi di trasporto
o Controllare la qualità
 Produzione data sempre in Outsourcing (700 fornitori diversi)
 I buyer comunicano agli uffici di produzione il modello richiesto, la qualità, il materiale da usare
 Gli uffici assegnano il supplier dell’ordine che deve fornire in 24 h un campione a H&M secondo
quanto richiesto
 Operano su due SC in parallelo:
o Una dedicata a ridurre costi produzione ASIA
o Una per reazione rapida dedicata ai prodotti moda con base in Europa
Rispetto zara ha un posizionamento competitivo più spostato verso i COSTI piuttosto che EFFICACIA
DISTRIBUZIONE
 Spedizione effettuata da 3PL (terza parte logistica) collaboratore di servizi logistici
 Magazzino centrale ad Amburgo (terminale di transito) verso tutti gli altri magazzini
 Ogni paese ha un suo magazzino centrale da dove viene consegnata agli stores o stoccata
 Consegne giornaliere
 Gestione diretta di tutti gli stores
 Location principali
 Costi più bassi del 30-50% rispetto a Zara ma tempi più lunghi

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BENETTON
Fondata da Lucano Benetton dopo la seconda guerra mondiale, nel 2005 è presente in 120 paesi con 1500
punti vendita non di sua proprietà più semplice aprirli. Il suo centro design (interno) è a Ponziano.
ATTIVITA’ CRITICHE:
DESIGN
 Disegnatori in tre gruppi focalizzati su una funzione:
 Aspetti commerciali
 Ricerche sui tessuti
 Grafiche
 Informazioni raccolte attraverso interviste nei negozi e ai clienti
PRODUZIONE
 Le lavorazioni più sofisticate (ampia gamma utilizzo del POST PONEMENT come Zara per
customizzazione a basso costo per evitare OVER e UNDER STOCKING) fatte in house (22 siti
Italia + 10 estero)
 Parti ad alta manodopera realizzate in outsourcing da dei CONTRACTORS (PMI) ricevono la
produzione su contratto
 Ogni giorno i contractors prendono i materiali e restituiscono il prodotto finito a Benetton
 I contractors sono completamente gestiti dai centri produttivi
DISTRIBUZIONE
 Centro distribuzione a Castrette e in centro Asia
 Agenti di vendita hanno licenza di vendere prodotti Benetton, punti cardine di questa catena
o Cercano i retailers
o Promuovono collezioni
o Processano gli ordini dei retailers
o Selezionano le locations
o Raccolgono informazioni sui trend del mercato
 Sono pagati con una commissione del 4% sulle vendite
 Nel 202 80 agenti supervisionati da 7 area managers che riportano direttamente al direttore
commerciale
 Store con contratto di francising non avendo un accordo formale con l’impresa ma con gli agenti, e
dimensioni ridotte rispetto i concorrenti
 Ultimamente per seguire Zara e concorrenti apertura di propri punti vendita grandi nei principali
punti di shopping.

33
24 Marzo 2014
STRATEGIA NELLA SUPPLY CHAIN
Quando parliamo di strategia nella supply chain definiamo la priorità competitiva della supply chain.
Distinguiamo 4 tipi di strategia due efficienti e due efficaci:
o Priorità competitive –può essere o di Efficienza (costo & qualità) vs Efficacia (tempo &
flessibilità);
o Scegliere la strategia in base al prodotto e al processo di fornitura;
o Modularity & postponement;
o Operations strategy (logica pull vs push) –BTO, MTS, MTO, ATO.
Vedremo quali sono, che significano e come si scelgono.
Al fine di scegliere la strategia corretta, facciamo riferimento a due articoli, uno di Fisher (consulente
aziendale) e uno di Lee (professore di supply chain dell’università di Stanford).
Il modello di Fisher è del 1997 ed è intitolato:

“What is the right SC for your product?”

Cioè qual è la giusta (strategia di) supply chain per il tuo prodotto? In quest’articolo Fisher ci comunica che
per scegliere la corretta strategia di SC dobbiamo conoscere e distinguere le caratteristiche del prodotto in
quanto è quest’ultimo che “comanda”.
Per Fisher i prodotti sono di due tipi:
o Prodotti Functional vs Innovative
Quindi innanzitutto dobbiamo capire se abbiamo a che fare con un prodotto funzionale o con un prodotto
innovativo. Per capire questa distinzione dobbiamo identificare delle variabili. A seconda del valore che
assumono queste variabili, sapremo distinguere il prodotto in funzionale o innovativo.
Queste variabili fanno riferimento a che tipo di domanda caratterizza il prodotto.
Aspetti della domanda: (tra parentesi sono scritte le condizioni per cui il prodotto è funzionale)
o Incertezza della domanda (bassa): se l’incertezza della domanda è bassa il prodotto sarà funzionale,
per incertezza della domanda si intende la deviazione standard della funzione di probabilità della
domanda, tanto più alta è la deviazione standard tanto più incerta (o imprevedibile) sarà la domanda
e quindi tanto più innovativo sarà il prodotto; ATTENZIONE a non confondere la variabilità della
domanda (che varia nel tempo, esempio: albero di natale avrà dei picchi a dicembre e un calo della
domanda in estate, quindi avrà comunque una domanda certa) con l’incertezza della domanda;
o Ciclo di vita del prodotto (> 2anni): se il ciclo di vita di un prodotto è inferiore ai due anni i prodotti
considerati (ad esempio i cellulari) sono prodotti innovativi, al contrario, se il ciclo di vita di un
prodotto è superiore ai due anni parliamo di prodotto funzionale;
o Costo di giacenza (basso): è un costo stimabile come tasso di interesse per il costo unitario di
prodotto, dato che i costi dei prodotti funzionali (cioè i prodotti di largo consumo come la pasta)
sono bassi avranno costi di giacenza bassi, mentre costi di unitari di prodotti come macchine
(prodotti innovativi) sono più alti avranno costi di giacenza alti;
o Margine di contribuzione (da 5 a 10%): se il M.d.c. è basso parleremo di prodotti funzionali, mentre
se è alto parleremo di prodotti innovativi in quanto se un prodotto innovativo ha un ciclo di vita
breve, dovrà per forza avere Margini di contribuzione alti;
o Varietà di prodotto (bassa): bassa nei prodotti funzionali, alta nei prodotti innovativi;
o Errore di previsione (<10%): basso per i prodotti funzionali in quanto sono prodotti a bassa varietà
della domanda;
o Tasso di stock out (basso): se la domanda è prevedibile riusciremo a gestire le scorte quindi un
prodotto funzionale avrà un tasso di stock out basso
o Lead time di produzione per prodotti make to order (da 6 a 12 mesi): il lead time è il tempo medio di
attraversamento per realizzare un’unità di prodotto, nell’ipotesi di prodotto make to order (per
commessa); se il lead time è lungo parleremo di prodotti funzionali viceversa parleremo di prodotti
innovativi.

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Esempi di Prodotti funzionali: Detersivi, generi alimentari, tutti quelli che troviamo nei grandi magazzini,
ovvero prodotti di largo consumo.
Esempi Prodotti innovativi: Abbigliamento firmato, telecomunicazioni, computer, cioè tutti prodotti che
hanno cicli di vita breve (< 2anni).
L’obiettivo di questa classificazione è scegliere la migliore strategia della supply chain sia per i prodotti
funzionali sia per prodotti innovativi. Per ogni supply chain che produce un prodotto, sia funzionale che
innovativo, distinguiamo due classi di costo:
o Costo di Mediazione sul mercato: costi all’interfaccia col cliente, che si sostengono quando non c’è
perfetto match (sovrapposizione) tra domanda e offerta, cioè quando non abbiamo l’offerta uguale
alla domanda. Se l’offerta=domanda, questi costi sarebbero nulli, se l’offerta > domanda significa
che la produzione supera la domanda quindi avremo dei costi di giacenza detti costi di overstocking,
mentre se l’offerta < domanda, avremo costi di understocking.
o Costi Fisici: sono costi relativi al prodotto come costi di Produzione, di Trasporto, di Magazzino.

Questi costi sono sostenuti sia per i prodotti funzionali che per i prodotti innovativi. Ciò che cambia è il peso
che viene dato a seconda del prodotto.
In caso di prodotto innovativo, abbiamo che i costi di mediazione del mercato saranno più alti in quanto la
domanda è più difficile da prevedere, quindi incorreremo in over/understocking.
Esattamente il contrario succede nei prodotti funzionali, dove i costi fisici saranno più alti.
Quindi la strategia deve puntare a ridurre i costi alti, sia in un caso che nell’altro.
I prodotti innovativi sono quelli in cui cerchiamo di ridurre i costi di mediazione del mercato cioè dove
cerchiamo flessibilità e quindi una strategia di efficacia.
I prodotti funzionali sono quelli in cui adottiamo una strategia di efficienza, dove riduciamo i costi fisici.

Prodotto Prodotto
funzionale innovativo

STRATEGIA DI MATCH Mismatch


EFFICIENZA

STRATEGIA DI Mismatch MATCH


EFFICACIA

Questo è il modello di Fisher: in caso di prodotto funzionale bisogna puntare ad una strategia di efficienza; in
caso di prodotto innovativo si punta ad una strategia di efficacia, solo così si può raggiungere il match, in
caso contrario si raggiunge il Mismatch ovvero una situazione sfavorevole, problematica dove dobbiamo
considerare costi aggiuntivi.

La strategia di Lee è un’estensione del modello di Fisher. Lee suggerisce di suddividere la strategia in 4
categorie:

o STRATEGIA DI EFFICIENZA (uguale a quella di Fisher)


o STRATEGIA DI PROTEZIONE DEL RISCHIO
o STRATEGIA DI REAZIONE (uguale all’efficacia di Fisher)
o STRATEGIA DI AGILITÀ

Nel modello di Lee dobbiamo sempre fare la distinzione tra prodotto funzionale e prodotto innovativo,
inoltre, dobbiamo capire il tipo di processo produttivo della supply chain.

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I processi si suddividono in vari categorie. L’offerta, come la domanda, può essere certa o incerta, perché il
volume di produzione non è costante nel tempo. Questo dipende dal tipo di processo di tutta la supply chain
(non solo dell’impresa singola). Quindi dobbiamo considerare, anche qui, la deviazione standard in funzione
non solo della probabilità della domanda ma anche in funzione della probabilità del volume. Quindi Lee dice
che dobbiamo guardare sia la variabilità della domanda sia del’offerta.
Un processo, dunque, può essere stabile (volume di produzione costante) oppure incerto (volume variabile).
Un processo è incerto se il rischio di interruzione della produzione è alto. Quali possono essere i rischi di
interruzione della produzione? Rischi come guasti ai macchinari, mancata consegna delle materie prime,
pochi fornitori, quando abbiamo elevati rischi di incendio e molti altri.
Altre caratteristiche che ci fanno definire il processo come incerto sono:
 Rendimenti variabili ed inferiori
 Potenziali problemi qualitativi
 Limitate fonti di approvvigionamento
 Fornitori meno affidabili
 Potenziali vincoli di capacità
 Riconfigurazioni difficili
 Supply chain Rigida, una supply chain è rigida se ci sono collegamenti prestabiliti che non possono
essere modificati nel breve tempo (altrimenti sono flessibili)
 Lead Time variabili, cioè se i tempi di produzioni variano il processo sarà incerto.
Quindi un processo è incerto quando è incerta la produzione.
In caso opposto avremo un processo di natura stabile, quindi un processo è di natura stabile quando:
 Bassi rischi di interruzione
 Rendimenti stabili ed elevati
 Bassi problemi qualitativi
 Più fonti di approvvigionamento
 Fornitori affidabili
 Minori vincoli di capacità
 Riconfigurazioni più agevoli
 Flessibili
 Lead time affidabili

MATRICE DI LEE

INCERTEZZA DELLA DOMANDA

BASSA ALTA
(PRODOTTO (PRODOTTO
STANDARD) INNOVATIVO)
INCERTEZZA
DELL’OFFERTA
BASSA STABILE/EFFICIENTE REATTIVA/EFFICACIE
(Alimentari, detersivi, (Abbigliamento firmato,
carburante) computer)

ALTA PROTEZIONE DEL AGILE


RISCHIO (Energia (TLC, semiconduttori)
elettrica)
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L’incertezza della domanda (colonne) suggerisce il tipo di prodotto, quindi se è bassa abbiamo un prodotto
funzionale o standard, se è alta abbiamo un prodotto innovativo.
L’incertezza dell’offerta (righe) suggerisce il tipo di processo, quindi se è bassa abbiamo un processo stabile,
se è alta abbiamo un processo incerto.
Si configurano 4 classi, per ogni classe viene suggerita la strategia migliore. Focalizzandoci sulla prima riga,
quindi nell’ipotesi di incertezza dell’offerta bassa ci ritroviamo nelle strategie suggerite da Fisher, che dicono
che se il prodotto è funzionale dobbiamo applicare una strategia di efficienza, se il prodotto è innovativo
dobbiamo applicare una strategia di efficacia ovvero rispondenti al mercato quindi dobbiamo essere reattivi.
Nell’ipotesi di incertezza dell’offerta alta, ma incertezza della domanda bassa, si adotta una strategia di
protezione del rischio, un esempio è l’energia elettrica. Tutti hanno bisogno di energia elettrica (prodotto
funzionale) e possiamo calcolare un consumo medio (anche di una città) però ci possono essere delle
precauzioni variabili come energie nuove, guasti e molti altri (perciò parliamo di incertezza dell’offerta).
L’ultima strategia da considerare è la strategia agile, con eleva incertezza dell’offerta e un prodotto
innovativo. Questa strategia prevede sia una protezione del rischio dell’offerta sia una reattività nella risposta
alla domanda di mercato.

EFFICIENZA
Per ridurre i costi e perseguire una strategia di efficienza possiamo adottare una delle seguenti politiche:
 Riduzione del costo logistico totale (basta ridurre il livello di scorta in tutto il sistema)
 Perseguire le economie di scala (saturando e ottimizzando le capacità produttive)
 Eliminazione di attività a scarso valore aggiunto
 Riduzione delle scorte
 Ottimizzazione capacità produttiva
 Uso di sistemi informativi per integrazione delle informazioni
 Centralizzazione della pianificazione (ci riduce i costi grazie ai sistemi informativi, centralizzando la
pianificazione dei flussi di materiali)

CASO WHIRPOOL SEARS


Nella distribuzione di elettrodomestici Whirpool nel canale Sears (canale di distribuzione), furono previste
fin dagli anni ottanta l’eliminazione di tutte le attività non a valore aggiunto, la centralizzazione dello stock,
grazie ad un’accurata previsione della domanda, e l’automazione dei flussi informativi, accorgimenti che
hanno permesso al produttore e al distributore di ridurre i tempi operativi e i costi logistici, al cliente finale di
avere presto in casa il proprio elettrodomestico.
Quando il cliente ordina il prodotto, l’ordine arriva direttamente al magazzino centrale di Whirpool, ed entro
il giorno successivo il prodotto in questione e tutti quelli ordinati nei vari punti vendita il giorno precedente,
vengono consegnati al centro distributivo di Sears, e nei successivi due giorni i prodotti tramite trasporti a
carico completo vengono smistati ai vari punti vendita insieme ai prodotti diversi di altri fornitori, avendo
sempre carichi completi. Questo approccio è noto con il termine di Cross-Docking, e ottimizza i costi di
trasporto, sincronizzando e coordinando le attività logistiche necessarie.
Quindi gli ordini vengono mandati anche alla casa madre cioè a Whirpool. Il DC (distribution center) riceve
gli ordini da tutte le case produttrici; questo meccanismo, detto Cross-Docking ovvero consolidamento del
carico, adotta una politica di efficienza basata sull’economie di scala e centralizzazione dello stock.
In basso vediamo un grafico che rappresenta un quadro della supply chain di whirppool; i Sears sono delle
catene di distribuzione statunitense come mediaworld, quindi sono i punti di vendita. Whirpool raccoglie i
dati di richiesta dei punti vendita, il giorno dopo spedisce tutti i prodotti al distribution center, il quale potrà
ricevere altra merce da altre aziende che distribuirà a carico completo, entro due giorni, nei vari punti vendita
(sfruttamento delle economie di scala).
Questo sistema è efficiente perché consente di ridurre le scorte, consente di ridurre i costi di trasporto, in
virtù del fatto che c’è il consolidamento del carico.

37
REATTIVITÀ
È quella che persegue l’efficacia e quindi la flessibilità. Per essere flessibili possiamo attuare le seguenti
politiche:
 Gestione reattiva e flessibile in grado di soddisfare le richieste del consumatore
 Critica la riduzione dei Lead time di approvvigionamento, produzione e distribuzione
 Design modulare
 Postponement, ovvero posporre a valle la customizzazione del prodotto quando abbiamo già l’ordine
del cliente
 Maggiori investimenti in scorte negli stadi di fornitura

PROTEZIONE DEL RISCHIO


Siamo tanto più a rischio quanto più le fonti di approvvigionamento sono limitate. –
Protezione contro rischi:
 Fonti multiple di fornitura (double source), questa politica prevede di avere un fornitore
preferenziale, al quale verrà destinata una quota di fornitura (80 per cento), e la restante parte ad altri
fornitori (detti di backup), in modo da essere più coperti.
Tecniche di risk pooling (condividere il rischio suddividendolo fra tutti), ad esempio si ha quando le scorte
di sicurezza vengono messe in compartecipazione fra tutti gli attori.
 Compartecipazione delle risorse tra più attori
 Incrementare le scorte di sicurezza condividendole
Un esempio dei danni douti a rischio quindindi e della protezione dai rischi è il caso nokia.

CASO NOKIA
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, sia Nokia che Ericsson iniziarono a rifornirsi da Philips per
i chip a radiofrequenza dei propri cellulari. Tali chip erano prodotti in Nuovo Messico. Al fine di
minimizzare i costi, Ericsson interruppe ogni altro rapporto di fornitore di tale componente; al contrario
Nokia, decise di mantenere attivi un paio di fornitori con bassi volumi al fine di conservare un potenziale
backup. Quando l’impianto di Philips bruciò nel 2000, ovviamente Ericsson rimase senza fornitore,
impiegando tre mesi a ristabilire una nuova supply chain, mentre Nokia fu subito in grado di ridisegnare
alcuni componenti in modo da poter utilizzare i backup dei due fornitori minori.

38
25 Marzo 2014

STRATEGIA AGILE

Agile = reattiva + protezione dal rischio.


E’ una strategia di efficacia perché punta alla flessibilità.

CASO National Bycicle  adotta una politica reattiva. Lavora in Giappone, dove il mercato ha una domanda
molto variabile e difficilmente prevedibile, a cui l’azienda reagisce tramite una produzione altamente
personalizzata. Infatti, il cliente nel punto vendita, dopo aver visionato tutti i modelli e combinazioni
possibili, sceglie tutti i componenti ke andranno a comporre la sua bicicletta. La produzione quindi avviene x
commissione (classico del prodotto modulare).
La bicicletta è un esempio di prodotto modulare, formata dalla combinazione di moduli standard. Ogni
modulo ha un certo numero di varianti (telaio, ruote, …).

In definitiva:

 Se adotto una strategia LEAN (snella) devo saturare la capacità produttiva (scegliendo fornitori a
basso costo).
 Se adotto una strategia REATTIVA (flessibile) devo aumentare le scorte in magazzino grazie
all’utilizzo di buffer che mi aiutano a ridurre i tempi di risposta (privilegio fornitori a più alto costo
perché sono i più rapidi).

LE 6 REGOLE PER L’AGILITA’


La strategia di agilità viene utilizzata quando abbiamo a che fare con un prodotto innovativo o con una SC a
rischio produzione (rischio interruzione alto).

1) Fornire dati sui cambiamenti della domanda e della fornitura in modo continuo ai partner.

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2) Sviluppare relazioni collaborative con i fornitori e i clienti al fine di lavorare insieme x la
progettazione di componenti.
3) Utilizzare la strategia del postponment.
4) Mantenere una quantità di scorte di componenti poco costosi e che sono il collo di bottiglia.
5) Costruire un sistema logistico che intervenga nel caso sia necessario riconfigurare la SC.
6) Mettere insieme un team che sa come panificare il back-up (caratteristica della protezione dal
rischio) x evitare rischi di interruzione della fornitura.

STRATEGIE DI PRODUZIONE (piano produttivo)

Dobbiamo distinguere la porzione di SC che viaggia su ordine (MAKE TO ORDER / domanda effettiva) e
quella che viaggia su previsione (MAKE TO STOCK / previsione di vendita).

SHIP TO STOCK= consegna a scorta. Tutta la SC funzione su previsione (fornitori, produttori, distributori).
MAKE TO STOCK= produzione a magazzino. I livelli di scorta vengono stabiliti sulla base di previsione di
domanda (potrebbe non esserci un ordine successivo). Solo la distribuzione avviene su ordine.
- PUSH  pianificazione su previsione.
- PULL  pianificazione su ordine.

Ogni volta che si passa da una politica push ad una pull e viceversa, ci deve essere un punto di
disaccoppiamento (magazzino)!

ASSEMBLY TO ORDER= strategia intermedia. Produco i componenti (o moduli) su previsione, mentre,


l’assemblaggio aspetta l’ordine.
MAKE TO ORDER= la produzione parte dopo che si è acquisito l’ordine del cliente.
BUY TO ORDER= in questo caso anche i fornitori aspetteranno l’ordine.

E’ evidente che i tempi di evasione dell’ordine cambiano a seconda della politica scelta. Ship to stock è
immediata (tipica della grande distribuzione e di beni di largo consumo). I tempi aumentano più aumenta la
personalizzazione e la flessibilità.

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MODULARIZZAZIONE
Se adotto una politica reattiva, quindi la SC mi richiede flessibilità, bisogna cercare di realizzare un prodotto
che sia modulare.
 Prodotto assemblato da un insieme di sotto componenti standard, di varie forme e dimensioni,
progettati separatamente e che funzionano insieme come sistema integrato.
 Il cambiamento di un componente non richiede il cambiamento degli altri.
 Varietà e complessità ottenuta attraverso differenti combinazioni nella fase di assemblaggio.

[ESEMPIO: Personal Computer  numerose varianti a disposizione, formato da componenti quali memory
card, hard disk, microprocessori, monitor, tastiere, ecc.]

N.B.: Il prodotto modulare non è un assemblato di parti! Un prodotto x essere modulare deve avere una
elevato numero di alternative e combinazioni possibili, composto da moduli che hanno poche varianti! Il
tutto deve essere ovviamente funzionante!

- Apple non fa un prodotto modulare perché il pc funziona solo con un determinato sistema operativo,
con determinate periferiche e software  Apple è un prodotto INTEGRALE!

Bisogna definire in anticipo l’ARCHITETTURA del prodotto (caratteristiche dei moduli) e le


INTERFACCE (protocolli di comunicazione), cioè come i moduli dovranno connettersi l’uno con l’altro.
Tutte le informazioni, quindi, devono essere rese note a tutti i reparti produttivi.

Hidden Informations
Sono decisioni che influenzano solo la progettazione del singolo modulo. Il progettista però deve rispettare le
direttive necessarie al corretto funzionamento del componente.

CASO DI STUDIO: SMART


L’auto non nasce come prodotto modulare vista l’elevato numero di fornitori diversi, i quali prodotti devono
essere assemblati insieme. Smart ha investito notevolmente sulla progettazione x poter rendere ciò possibile!
Smart ha adottato una politica di localizzazione, cioè i fornitori sono tutti presenti all’interno del proprio
stabilimento produttivo in modo tale che il tempo di assemblaggio dell’auto avvenga in tempi brevissimi (LT
= 4,5 h).

POSTPONMENT
Nel caso di un’impresa che ha tante varianti di prodotto, vuol dire posporre a valle (distribuzione) della SC
tutte le fasi di customizzazione del prodotto. A valle perché ho informazioni più precise riguardanti il cliente.
Ritardare il più possibile a valle della SC la fase di personalizzazione del prodotto:
- ritardare le fasi a maggiore valore aggiunto;
- mantenere scorte dei componenti più economici.

Evitiamo in questo modo di mettere a scorte l’intero prodotto finito ma solo componenti semilavorati,
aspettando che arrivi la domanda. Riesco ad abbassare i costi di giacenza, personalizzando solo in caso di
ordine. Il postponment mi consente di adeguare meglio la mia offerta alla domanda.

• VANTAGGI:
- flessibilità = match domanda e offerta;
- riduzione dei costi di stock-out;
- riduzione dei costi di giacenza;
- incrementare le vendite x migliori capacità di servire il mercato;
- migliorare le previsioni di domanda.

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• SVANTAGGI: Implementazione
Per adottare una politica del genere bisogna sostenere dei costi aggiuntivi x sostenere il postponment perché
c’è bisogno di una modifica delle varie operazioni. Questi costi però sono coperti dall’incremento della
domanda e della flessibilità.

È necessario ripensare alla SC:


- a livello di plant (stabilimento produttivo);
- a livello di magazzino (presso il magazzino di distribuzione si svolgono ulteriori operazioni sui
semilavorati).
Il prodotto deve essere necessariamente modulare!
È necessario introdurre sistemi informativi e nuove competenze manageriali tra dipendenti

Precondizioni x il postponment
o Fluttuazioni della domanda.
o Incertezza della domanda.
o Risposta immediata rispetto ai tempi di produzione.
o Waiting time (tempo che il cliente è disposto ad attendere x la consegna) cliente basso.
o Differenziazione.
o Prodotto di elevato valore unitario (è costoso mantenere il prodotto a magazzino).
o Alta customizzazione del prodotto.
o Alta modularità del prodotto.

ESEMPI
HP: produttore di stampanti; doveva fare previsioni di vendita a seconda se la stampante funzionasse x Mac
o DOS, con voltaggi da 110v o 220v, manuali di vendita nella lingua corretta in base al paese di consegna.

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31 Marzo 2014
FORME DI GOVERNANCE
 Livello di integrazione verticale
 Distribuzione del potere contrattuale
 Livello di collaborazione
Gerarchia
Network
Mercato
La “Governance” è il sistema di governo delle relazioni. Questo poiché in una supply chain esistono delle
RELAZIONI di scambio di prodotti o servizi tra imprese; quindi le forme di GOVERNO alternative, non
sono altro che delle strutture con cui si gestiscono le relazioni di scambio tra imprese.
Ci sono varie teorie che sono state sviluppate per spiegare quale sia la forma di governo migliore per gestire
tali relazioni di scambio. La teoria cui noi facciamo riferimento è quella di Oliver Williamson, teoria
organizzativa, detta “Teoria dei COSTI DI TRANSAZIONE”.
Partiamo dicendo che esistono 2 alternative forme di gestione delle relazioni, poste a due estremi.
Abbiamo il due imprese che scambiano un prodotto, ovvero Supplier ed Buyer, fornitore e cliente, il
fornitore vende al cliente un prodotto:
GERARCHIA MERCATO

S B
Prodotto
Quindi ai 2 estremi abbiamo 2 forme di governo della transazione, o relazione, scambio, ovvero:
1) MERCATO, ovvero si gestiscono nel mercato
2) GERARCHIA, si gestiscono nella gerarchia.
1 Nel Mercato le due imprese sono indipendenti e separate, una offre il prodotto, l’altra lo acquista; perciò la
transazione è regolata sulla base del PREZZO (i soggetti si scelgono sulla base del prezzo). Quindi la
relazione opera nel Mercato, il mercato funziona su domanda ed offerta, l’offerta sta nel fatto che ci sono una
serie di imprese che offrono il prodotto, e la domanda da una serie di altre imprese che lo devono acquistare.
Al determinato buyer va bene il prezzo proposto da un determinato Supplier e si stabilisce la relazione tra i
due.
2 Se la relazione invece avviene all’interno di una UNICA impresa, la relazione è INTERNALIZZATA,
ovvero tutto il sistema, il Buyer e Supplier sono un’unica impresa, siamo nel caso di Gerarchia, intendendo
dire cioè che la relazione è all’interno di una impresa, perciò essa non sarà regolata dal prezzo, in quanto le
due sono “obbligate” l’una a vendere all’altra, in quanto appartengono alla stessa impresa.
Per esempio: l’impresa possiede sia “Natuzzi”,sia un fornitore “Ecoleather” che produce la pelle, la concia,
ed ha il proprio stabilimento di produzione; ovviamente lo stabilimento non andrà ad acquistare la pelle da
un altro fornitore, ma da quello dell’impresa. Il gruppo industriale è quindi unico, la relazione non avviene
sul mercato, non è scelta a fronte del fatto che il fornitore offra un prezzo più basso, ma perché quel fornitore
fa parte della propria impresa. E la relazione funziona in una gerarchia, e la forma di governo è la Gerarchia.
Lo stesso avviene “a valle:
ad esempio: “Zara” che ha i propri canali di distribuzione, ha i punti vendita di proprietà, e vende solo
tramite essi; e quindi le relazioni tra produzione e punto vendita sono delle relazioni gerarchiche.
Altro esempio: “Mafrat”, vende invece tramite punti vendita al dettaglio, cioè negozi che vendono il prodotto
Mafrat, che scelgono di vendere sulla base di una loro propria convenienza, del prezzo; quindi è una
relazione stabilita dall’incrocio tra domanda e offerta, dal Mercato. Il punto vendita non è obbligato a
vendere solo il prodotto Mafrat.
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Quindi le due forme si relazione sono Gerarchia e Mercato.
Se la SC è “verticalmente integrata” la forma di governo è la Gerarchia.
Se la SC NON è “verticalmente integrata” può assumere diverse forme di Governo, tra cui sicuramente il
Mercato. Queste sono le 2 forme ESTREME:
Gerarchia  internalizza le relazioni all’interno della stessa proprietà
Mercato relazioni stabilite sul mercato sulla base dell’incontro tra DOM e OFF.
Noi andiamo però a vedere 3 forme di Governace: ovvero quelle ai 2 estremi appena definite, Gerarchia e
Mercato, ed una forma “intermedia”, al “centro” tra le due, ovvero la forma definita 3) NETWORK
GERARCHIA NETWORK MERCATO
(disegno di prima, con al centro Network)

Quindi per descrivere le 3 Forme, si utilizzano delle variabili:


 Livello di integrazione verticale
 Distribuzione del potere contrattuale
 Livello di collaborazione

GERARCHIA NETWORK MERCATO

Integrazione verticale
ALTA BASSA BASSA

Collaborazione
ALTA BASSA

Distribuzione potere SIMMETRIA/ SIMMETRIA/


contrattuale ASIMMETRIA ASIMMETRIA

Dalla tabella:
1° Variabile:
L’integrazione verticale è ALTA nella gerarchia, tutte le relazioni sono interne allo stesso gruppo industriale;
è ovviamente BASSA nel mercato, ed è BASSA anche nel network. Quando le imprese sono indipendenti le
une dalle altre, hanno proprietà diverse, un’impresa possiede il Buyer ed una impresa il Supplier, non è di
sicuro gerarchia, ma non sappiamo se siamo in un Mercato, o in un Network.
2° Variabile:
Per capire tra le due, la variabile discriminante è il Livello di Collaborazione:
Affinchè ci sia Collaborazione, ci sono varie condizioni da soddisfare, ovvero:
 Devono esserci accordi a LUNGO TERMINE, ovvero la collaborazione necessita di transazioni
ripetute, di LT, caratteristica fondamentale per essere partner;
 E ovviamente lo scambio di informazioni.
 Nel Mercato, NON c’è collaborazione, difatti è BASSA, in quanto si basa come detto sull’incontro tra
domanda e offerta, tra chi offre un prodotto ad uno specifico prezzo e chi deve acquistare, dove avviene il
“match” ha luogo la transazione. Quindi ogni volta che è fatta una richiesta, la transazione CAMBIA sulla
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base di quell’istante di tempo, sul prezzo e sulle quantità, quindi le relazioni si stabiliscono di volta in volta,
oggi il prezzo più basso è offerto da una determinata impresa, in un'altra occasione è invece offerto da
un'altra diversa impresa.
Esempio: impresa buyer ha bisogno di acquistare semola per la produzione di pasta, effettua richieste di
offerta a vari fornitori, un fornitore proporrà un prezzo più basso perché magari ha molte scorte, un altro farà
un prezzo più elevato perché invece ha scarsità, quindi sceglierà il primo. In un'altra occasione potrebbe
invece succedere il contrario, perciò cambiano di volta in volta le transazioni. Il fornitore che mi serve il
prodotto cambia di volta in volta, non c’è collaborazione, non c’è scambio di informazioni e non c’è lungo
termine; le relazioni sono regolate esclusivamente sulla base del prezzo.
 Nel Network invece, la Collaborazione tra imprese è ALTA, supplier e buyer stringono quindi accordi di
lungo termine, ovvero ALLEANZE tra imprese. L’Alleanza è una strategia che implementa la forma
organizzativa del Network.
Quindi elevata collaborazione tra imprese indipendenti, questo vuol dire che fanno accordi per i quali la
transazione si stabilisce tra le due, non sulla base di convenienza in quello specifico istante, ma perché esse
decidono che per un certo periodo di tempo (uno o due anni) l’una acquisterà il prodotto dell’altra.
C’è un accordo “a monte” che stabilisce che tra i due soggetti vi sarà una relazione di scambio in cui uno
acquisterà il prodotto dell’altro ad un certo prezzo, è definita a priori.
Un esempio di network è il FRANCHISING:
“Benetton” la distribuzione avviene in Franchising, ovvero non ha punti vendita di proprietà, ma questi sono
di imprenditori indipendenti, che siglano tale accordo di franchising, per il quale si impegnano a vendere su
licenza esclusivamente quel prodotto. Non vendono qualsiasi prodotto, ma si impegnano in tale alleanza,
dove il punto vendita vende il prodotto di Benetton.
Vi è una mutua convenienza, in quanto il punto vendita beneficia delle attività pubblicitarie, di un supporto
organizzativo, di una serie di contatti con la casa madre.
Quindi quando il livello di collaborazione tra le imprese è ALTO, e fa sì che le relazioni si riproducono
per lungo termine tra i soggetti, quindi ci siano Accordi, e le imprese sono indipendenti, quindi la
Integrazione verticale è BASSA, non abbiamo una forma di governo di gerarchia, ma di Network.
Una 3° Variabile, che non serve a discriminare tra Network e mercato, ma è comunque utile alla
caratterizzazione delle forme di Governance, è la Distribuzione del potere contrattuale :
Tra due imprese chi ha potere contrattuale più elevato è colui che minaccia in maniera più credibile di
interrompere la relazione, e tale minaccia è tanto maggiore tanto più colui che “minaccia” non ha da perdere
dalla mancata relazione.
Chi perde di meno se la relazione non va a buon fine, è colui che detiene il potere contrattuale. Se
un’impresa può vendere a molte imprese, se una di esse non acquista, poco male per il supplier perché potrà
comunque vendere a tante altre, quindi può minacciare l’interruzione della relazione in modo convincente.
Per esempio: “BOSCH” produce il Common Rail, e si relaziona con Fiat e con qualunque altra impresa di
automobili, se essa è l’unica a produrre il common rail, detiene il potere contrattuale, in quanto Bosch può
venderlo a tutte le imprese, la singola impresa può acquistarlo SOLO da essa.
Quando vi è una situazione come questa, cioè proprio come nel settore automobilistico, in cui i fornitori
possiedono un forte potere contrattuale 
Si dice che la distribuzione è ASIMMETRICA:
ovvero qualcuno detiene il maggiore potere contrattuale, e gli altri sono inferiori. Es il Supplier BOSCH che
detiene il potere contrattuale alto, perché è l’unico che fornisce quel componente , e gli assemblatori invece
che hanno un potere contrattuale basso.
L’alternativa è invece il caso in cui le imprese abbiano un potere contrattuale PARI, non vi è un’impresa
superiore all’altra: SIMMETRIA.
Escludendo quindi la gerarchia che internalizza tutto, e quindi non ha senso qui tale concetto, il potere
contrattuale ALTO e BASSO, quindi le due situazioni sopra descritte, si possono avere sia nel “Network” sia
nel “Mercato”, nel caso del Network, ci può essere
 Collaborazione, ma anche ASIMMETRIA
 Oppure collaborazioni e SIMMETRIA

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Nel Mercato, non c’è collaborazione, ma si possono avere anche qui:
 ASIMMETRIA
 SIMMETRIA
Ci serve capire se siamo nell’una o nell’altra situazione, perché se vi è un attore con potere superiore, quindi
nel caso di Asimmetria, esso ha il potere di condizionare il comportamento degli altri, e far si che i suoi
interessi si realizzino, può gestire meglio il sistema verso i propri desideri. Se invece vi è Simmetria non è
così semplice imporre il proprio volere agli altri.
Questo interviene quando c’è un problema di implementazione nella pratica dell’integrazione, ovvero
quando bisogna convincere gli attori ad implementare il Supply Chain Management, di collaborare al fine di
incrementare le performance complessive; tale problema di definisce Disallineamento degli Incentivi tra le
imprese della SC, e lo si ha nel caso di Simmetria, se invece vi è Asimmetria, è meno importante tale
problema, perché c’è un soggetto che impone ciò che vuole esso. (lo vedremo bene prossimamente!)
Tornando alle 3 Forme di governace  come si sceglie tra le diverse opzioni?
Lo si fa, facendo riferimento alla TEORIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE “TCT” di Williamson
Essa spiega il perché nascano le Gerarchie. Facendo riferimento alla teoria economica ai tempi di Adam
Smith, si definiva che tutto era un “mercato”, prima frase proprio del trattato di Smith.
Questo definiva le imprese come “atomizzate”, ovvero ognuna di esse realizza il proprio prodotto, e opera
poi scambi con le altre, il tutto regolato dal meccanismo del mercato, ovvero il tutto regolato dal prezzo.
Stando a tale teoria, ogni impresa avrebbe dovuto realizzare solo una piccola fase del processo, e poi
scambiare con le altre; in realtà le imprese nascono e poi crescono dimensionalmente sviluppando più
attività.
Secondo Williamson quindi, le imprese nascono perché la Gerarchia, è la forma di Governance che in alcuni
casi è migliore, perché minimizza i costi; quindi la scelta della forma, la si fa con l’obiettivo di minimizzare i
costi complessivi di gestione della relazione, perché ogni transazione comporta dei costi.La forma migliore, è
quella che MINIMIZZA i costi.
Quindi Williamson, contrariamente a ciò che si pensava inizialmente, ovvero che il Mercato fosse la forma
sempre più efficiente (che cioè minimizza i costi), principio della microeconomia; esso mette in evidenza
come in realtà il mercato abbia invece dei costi aggiuntivi  definiti COSTI DI TRANSAZIONE, che
vanno considerati se si va ad optare per tale forma.
Tali costi di transazione, che si realizzano quando dobbiamo cercare una relazione in un mercato, si dividono
in 3 categorie:
 Costi di CONTATTO
 Costi di CONTRATTO
 Costi di CONTROLLO

1) Costo di Contatto
Ad esempio: Buyer che deve acquistare la semola per la propria produzione di pasta; esso invia una
richiesta di offerta ad i suoi fornitori di semola, che sono svariati perché è nel mercato, perciò ne
contatta molti.
Quindi qualcuno ho il compito di elaborare le richieste di offerta, inviarle ad i fornitori, attendere che
i fornitori rispondano, confrontare le varie offerte tra loro in termini di prezzo e qualità e decidere a
quale fornitore assegnare l’ordine. Operazione che andrà fatta tutte le volte che vi è un fabbisogno.
Quindi sta pagando dei costi, che sono i costi di contatto con il fornitore, e quindi il buyer dovrà
avere una struttura organizzativa che si occupa di inviare tali offerte, pagare lo stipendio di chi si
occupa di tali operazioni che avrà bisogno di strumenti tecnici quali pc, telefono, ecc…, in pratica
sostiene quindi dei costi, definiti costi di contatto.

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2) Costo di Contratto
Una volta scelto il fornitore, deve fare l’ordine, ovvero andare a redigere e siglare un contratto. Un
contratto contiene un oggetto, quindi il bisogno di semola in questo caso, e la specifica di
determinate caratteristiche:
 determinata quantità
 determinate caratteristiche di qualità ( es. non essere umido, ecc…)
 tempi di consegna
 luogo di consegna
 tribunale competente in caso di dispute.
Tutto ciò implica anche qui, che qualcuno dovrà redigere tali contratti, quindi ci sono dei costi, ovvero
appunti costi di Contratto.
3) Costi di Controllo
Dato che stiamo operando nel mercato, e di volta in volta, noi scegliamo un fornitore diverso, non è
detto che esso sia affidabile al 100 %, una volta arrivata la merce, si andrà a controllarne la qualità, il
chè implica appunto dei costi di Controllo, in quanto deve esserci un sistema di misura della qualità
in ingresso.
Williamson mette appunto in evidenza, l’esistenza di tali costi quando si opera nel Mercato, che non si
avrebbero se tale relazione avvenisse nella Gerarchia.
Ovvero se l’impresa possiede il proprio campo di grano, ed il proprio mulino per produrre la semola, non
dovrà acquistare da nessuno e quindi non dovrà sostenere tali costi, ovvero nel caso di Gerarchia i costi di
transazione sono nulli.
L’entità di tali costi, l’efficienza del governo della transazione, dipende da una serie di variabili, ovvero i
costi di transazione nel mercato, risulteranno alti o bassi, in funzione di 3 fattori:
 La specificità delle risorse (firm-specific asset)
 La frequenza delle transazioni
 L’incertezza dell’ambiente
Quando andiamo ad analizzarli, se essi risultano ALTI  potrebbe convenire la gerarchia, se sono BASSI
 il Mercato è la forma più efficiente.
Sempre Williamson, spiega come andare a capire se tali costi di transazione sono Alti o Bassi; egli afferma
quindi che ciò dipende da tali 3 variabili, ed il discordo vale poichè definisce che l’attore economico, ovvero
l’impresa, opera secondo 2 caratteristiche, fa delle ipotesi rilevanti:
1) Attore è a razionalità limitata:
ovvero non vi è informazione perfetta, come è vero invece nell’ipotesi del mercato. Il mercato infatti
risulta efficiente nell’ipotesi di razionalità illimitata, cioè completa conoscenza delle informazioni,
completa trasparenza delle informazioni (su gli altri); se così non è, sorgono tali costi.

2) Opportunismo degli attori economici:


Gli attori economici sono opportunisti, ovvero se vedono che vi è la possibilità di ottenere un
vantaggio a danno dell’altro, la mettono in atto, la perseguono. Quindi Opportunismo vuol dire
operare in modo tale da ottenere un vantaggio a danno di un altro.
Vediamo ora come sotto queste Ipotesi, le variabili influenzano il livello di intensità dei costi.
La 1° variabile  Specificità delle Risorse
 Investimenti possono essere specifici o meno (idiosincratici) della relazione.

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Ho un supplier ed un buyer che acquista il prodotto, si definisce questa relazione. Il fatto che si stabilisca tale
relazione, ovvero il fatto che uno acquisti da un supplier, o che il fornitore debba vendere la merce ad un
buyer, quindi in entrambe le direzioni, se il dover fare queste relazioni richiede un investimento specifico;
esso può essere:
 Di luogo
 Di beni fisici
DI LUOGO: vuol dire che il supplier per poter andare a fornire quel buyer, per poter quindi intraprendere
tale relazione, deve andare a collocarsi vicino ad esso, deve aprire uno stabilimento vicino a quello della
impresa del buyer, perché il bene da fornire è altamente deperibile e non si può trasportare su lunghe
distanze. E viceversa se il buyer vuole il prodotto di quello specifico fornitore, deve andare a stabilirsi vicino
ad esso, deve spostarsi e quindi fare un investimento.
DI BENI FISICI: se bisogna realizzare una attrezzatura necessaria per avere la relazione; ad esempio più nel
passato avveniva per i sistemi informativi, ovvero un buyer per potere inviare le richieste ad un determinato
supplier, ha necessità di possedere un sistema informativo interfacciabile e quindi compatibile con quello del
fornitore, se non lo possiede, deve acquistarlo e quindi fare un investimento nella relazione. Oppure se il
fornitore obbliga il buyer ad avere il SAP, ovvero un sistema informativo per gestire la produzione, per poter
in tal modo collaborare, in modo che il supplier possa conoscere i piani di produzione, i livelli di giacenza
ecc… del buyer. O viceversa se il buyer ha il SAP, comunica al supplier che se vuol essere suo fornitore
deve averlo anche esso; quindi investimento specifico di beni fisici, in questo caso il sistema informativo.
Oppure potrebbe consistere nella necessita di “persone dedicate” a quella relazione, che la seguano, quindi
investire in risorse umane.
Quindi l’investimento è SPECIFICO, per poter iniziare una specifica relazione.
Nel momento in cui ci si trova in questa situazione, ovvero che per poter avviare la relazione, sono necessari
investimenti specifici, vediamo cosa succede ad i costi di transazione ed alla forma di governo:
se gli investimenti sono elevati, ovvero comportano elevati costi, ed in un secondo momento la relazione non
viene più portata avanti con lo stesso attore economico, ma con un altro, si andranno nuovamente a sostenere
altri investimenti, proprio perché specifici di una particolare relazione  quindi saranno costi
“affondati”(found cost), ovvero che una volta sostenuti, NON si possono più recuperare, proprio perché
specifici. Quindi si dovrebbe cercare di ripetere la transazione sempre con lo stesso soggetto, in modo che
questi all’unità diventino più bassi. Se avviene ciò, è da preferire la forma di Gerarchia.
Quindi se il S (supplier) va a sostenere un costo specifico con B1, es di 1000€,poi si rivolge a B2, e paga altri
1000€, e poi anche magari con B3, con altri 1000€:
S B1

B2

B3

A questo punto quindi, invece di cambiare B1, B2 e B3, conviene mantenere la relazione con 1 di essi e
ripeterla più volte, in modo che alla fine i costi unitari saranno 1000 diviso in n° di transazioni. Quindi il
costo specifico, il costo affondato, conviene ripartirlo su un elevato numero di transazioni.
 Perciò all’aumentare della specificità, i costi di governo della transazione crescono nel mercato e
conviene spostarsi verso la Gerarchia.
 Se invece non si hanno costi specifici di relazione, ovvero il relazionarsi con B1 B2 e B3 non
comporta investimenti specifici, allora i costi di transazione saranno BASSI, e perciò la forma
migliore è il Mercato.
La 2° variabile  Frequenza delle transazioni
Esempio, l’acquisto della semola, per il produttore di pasta è un acquisto che è fatto di frequente; a
differenza invece dell’acquisto dei lubrificanti per i macchinari, che sono acquistati con meno frequenza.

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Quindi si ha BASSA frequenza: se la transazione avviene poche volte nell’anno
ALTA frequenza: se la transazione avviene molte volte l’anno.
Se avvengono quindi di rado, una volta tantum si definiscono transazioni Spot
Se avvengo spesso, si definiscono invece transazioni Ricorrenti .
I costi di transazione nel Mercato, che come detto vengono sostenuti ogni volta che si avvia una transazione,
sono dei costi variabili in funzione del n° delle transazioni che vengono fatte; ora  se la transazione con
quel fornitore è ricorrente, quindi la frequenza è alta, non conviene sostenere ogni volta i costi di contatto,
contratto e controllo, ma conviene all’aumentare della frequenza della transazione, andare ad
“internalizzare”, ovvero optare per la Gerarchia, in quanto in questo caso i costi diventano Fissi, si rendono
fissi e si ripartiscono su un numero elevato di transazioni.
Se invece le transazioni sono Spot, non ci si pone affatto il problema di adottare la Gerarchia, perché sono
costi che si sosterranno una volta tantum, e quindi va bene in Mercato.
La 3° variabile  Incertezza
Conessa all’Opportunismo.
Se il buyer sa che l’ambiente è INCERTO, vuol dire che esso cambia frequentemente, e non si conoscono
quindi bene le condizioni nel mercato dell’offerta, non è facile capire se un prezzo di un fornitore è giusto
rispetto alla qualità, in sostanza non vi è certezza, trasparenza delle informazioni (es. il mercato dell’auto
usata) e se sa anche che l’altro potendo, sarà opportunista, conviene internalizzare ed adottare la Gerarchia.
Se invece non ci fosse incertezza, allora il pericolo dell’opportunismo, sarebbe meno forte, in quanto si
saprebbero valutare con più sicurezza le caratteristiche del bene.

GOVERNO EFFICIENTE
Willimson propone inoltre tale rappresentazione, che mostra come in funzione della:
 Frequenza della transazione
 Dell’investimento relazionale specifico
Quale sia la forma di governo più efficiente.

 Se la Specificità è BASSA (estrema sinistra): la forma migliore è il Mercato, indipendentemente


dalla frequenza.
 Se la Specificità è ALTA(estrema destra): la forma migliore è invece la Gerarchia.

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 La frequenza, se aumenta: ci sposta di più verso la Gerarchia

 Al centro vi sono: Governo Trilaterale e Bilaterale, che sono i termini con cui Williamson indica il
Network, forme intermedie relative alla collaborazione.

Quindi quando aumenta la specificità o aumenta la frequenza, ma non al punto tale da giustificare la
Gerarchia, ci si orienta sulla forma intermedia del Network.
Governo BILATERALE: vuol dire accordo tra 2 soggetti, un A ed un B (perché per Williamson la teoria dei
costi di transazione vale tra due soggetti).
Governo TRILATERALE: perché introduce un “intermediario”.
Aldilà di come le propone Williamson, noi diremo che vi sono delle forme intermedie dette Network, di
collaborazione tra attori, che valgono in tali condizioni.
Tali forme intermedie (ibride) sono quindi NETWORK oppure ALLEANZE STRATEGICHE le quali
possono assumere varie forme:
 Jointventure
 Franchising
 Licensing
 Cartello
 Consorzio
 Contratto di rete
Tutte forme di accordo contrattuale tra imprese.

ALLEANZE STRATEGICHE NELLE SC

Le forme sono come detto: Gerarchia, Mercato e Forme intermedie, queste ultime sono oramai le più
efficienti ed efficaci, in quanto non esistono SC totalmente verticalmente integrate; queste forme si hanno
specificatamente su alcune caratteristiche, ed hanno nomi specifici, noi trattiamo proprio perché trattiamo la
SC, di Alleanze strategiche nella Logistica:
1) 3PL: Third-part logistics
Ovvero “Terza parte logistica”, è un’alleanza strategica che un’impresa fa con un fornitore di servizi
logistici, la terza parte è proprio quindi un fornitore, provider di servizi logistici.
Questo ovvero colui che offre  in gran parte il trasporto, ma anche l’immagazinamento del prodotto,
tramite dei capannoni usati come magazzini da altre imprese, oppure offrono il trasporto merci all’interno
dello stabilimento di un'altra impresa, material handling, tracciabilità mezzi, ecc…

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2) RSP: Retailer-Supplier partnership
Si tratta di gestione delle scorte, tra Retailer e Supplier, quindi una forma di alleanza tra dettagliante e
produttore (quindi nella catena di distribuzione)

3) Alleanze nello sviluppo di nuovi prodotti


In quanto lo sviluppo di un nuovo prodotto è un processo da gestire in ottica Supply Chain Management,
cioè da gestire in maniera integrata lungo l’intera catena di produzione.
4) Gruppi di acquisto

JOINT VENTURE
ESEMPI:
Alleanza FIAT-GM

Attualmente conosciamo la conclusione di tale vicenda tra la Fiat e la General Motors, ed anche la Crysler,
che è stata alla fine acquistata dalla Fiat, ma si è partiti da una serie di alleanze negli anni 2000 con la GM,
ad esempio la partnership industriale in Europa ed America latina.
Questo è un esempio di partnership tra imprese che appartengono allo stesso stadio della SC, in quanto sia
Fiat che GM sono due “assemblatori”, che sono andati a costituire due società in JOINT VENTURE:
ovvero due imprese, fondano un’altra nuova impresa e la possiedono in maniera equa (50 e 50) nuova
impresa di proprietà di entrambe.
In questo caso ne sono state fondate due, con sede legale in Olanda, di proprietà di Fiat e GM.
La “Gm Fiat Worldwide” per l’acquisto di componenti e parti, ovvero fondarono un joint venture che si
doveva occupare di effettuare l’acquisto dei componenti per poter realizzare le auto.
La “Fiat Gm Powertrain” che doveva invece occuparsi della produzione di motori e cambi.
Quindi il motivo della alleanza, era poiché si sarebbero realizzate queste piattaforme di prodotto, che poi
avrebbero utilizzato entrambe le imprese per realizzare le auto. Quindi piattaforma comune per le auto, che
poi vengono rese stilisticamente diverse, e si creano diverse famiglie di prodotto.
La Joint Venture, nasce quindi con specifiche finalità, è una nuova impresa che è creata per portare avanti un
determinato obiettivo (vedi i due casi sopra).
VANTAGGI:
Riduzione dei costi: nel 2003 risparmio di 600 milioni di dollari per entrambi.
Rivoluzione culturale nella funzione Approvvigionamenti per FIAT.

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Riduzione dei costi, perché ad esempio nell’acquisto dei componenti, gli acquisti sono in maggiori quantità,
centralizza gli acquisti di 2 imprese. Ad esempio nell’ acquisto del Common rail, lo farò in maggiori
quantità, riuscendo ad ottenere una riduzione di costo, ed aumentando quindi il potere contrattuale.
Altro motivo, altro vantaggio, è l’acquisizione di nuove pratiche manageriali, ad esempio Fiat voleva
apprendere competenze nella gestione degli approviggionamenti della GM, che erano superiori. Quindi i
dipendenti di Fiat, lavorando a contatto con i dipendenti GM, apprendono da essi determinate attività e le
migliorano, tutte informazioni che rientrano poi in casa Fiat. Quindi un miglioramento delle conoscenze.

Alleanza FIAT-TATA

Per entrare nel mercato Indiano, Fiat stringe una alleanza con Tata nel 2007. Prima però fa un accordo nel
2006 con i rivenditori di auto, i dealers di Tata.
Nel 2007 poi fa proprio la Joint venture.
Quindi vi è un mutuo vantaggio, per Fiat di penetrare in un nuovo mercato, quello indiano, per Tata invece
quello di acquisire competenze nel settore.
Gruppi di acquisto COVISINT
L’esempio più noto di gruppo di acquisto è quello del settore auto, che si definisce Covisint,
E’ un mercato elettronico fondato dai 3 principali produttori, DaimlerChrysler, Ford e GM, di auto americani
per l’approvvigionamento congiunto dei componenti per l’auto. Questi 3 produttori, si mettono assieme,
fondano un gruppo d’acquisto e realizzano un mercato elettronico su cui fare gli acquisti dei componenti.
Il settore dell’auto, è un settore in cui il potere contrattuale è spostato nelle mani di fornitori, non è nelle
mani degli assemblatori; cioè nei fornitori delle degli pneumatici, del common rail, delle trasmissioni, che
hanno questo potere contrattuale forte nei confronti degli assemblatori.
Quindi la strategia dei produttori, è quella di cercare di ridurre il potere contrattuale dei fornitori  andando
ad aumentare il volume degli acquisti, usando questo mercato elettronico.
Nasce nel 2000, successivamente si aggiungono anche alcuni produttori europei; tale mercato inizialmente
ebbe molto successo ma non ha dato poi i risultati sperati, infatti oggi Covisint, non è più un gruppo di
acquisto tar i produttori di auto, ma è un’impresa nel settore ICT, in cui si effettuano acquisti nel mercato
elettronico. L’idea è sempre quella che imprese che fanno parte dello stesso stadio della supply chain si
alleano per far un gruppo d’acquisto e sfruttare volumi più grandi per spuntare dei prezzi più bassi.
Tali imprese si classificano in:

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ORIZZONTALI: sono quelle viste prima tra Fiat e GM, tra GM, Ford e Chrysler, ovvero tra imprese che
appartengono allo stesso stadio della SC.
VERTICALI: avviene invece tra imprese che fanno parte di stadi diversi della SC, come ad esempio 3PL,
ovvero una realizza l’attività produttiva ed una il trasporto, oppure le partnership tra produttore e
dettagliante, cioè RSP.
Entrambe sono relative ad imprese che operano nello stesso settore, auto o anche growsery (grande
distribuzione).
TRASVERSALI: sono più tipiche dello sviluppo di un nuovo prodotto, che quindi combine le caratteristiche
delle due imprese, sono alleanze tra imprese che appartengono a settori diversi.
Oltre agli esempi scritti sopra, vi è CocaCola con Illy caffè, per la distribuzione del caffè nelle lattine.

JOINT VENTURE accordo tra più imprese che cooperano nella relaizzazione di un Prodotto o Servizio,
prodotto ad es nella realizzazione di auto, il servizio er esempio l’acquisto dei componenti.

Può essere OPERATIVA: ovvero le imprese useranno le piattaforme di prodotto, per realizzare i loro
prodotti o utilizzeranno quel servizio per effettuare gli acquisti.
STRUMENTALE: se nasce per realizzare un prodotto o servizio che poi verrà venduto ad altri; e quindi nel
momento in cui realizza l’obiettivo, la costituzione del prodotto, e lo vende a terzi, poi si chiude e smette di
esistere, ovvero è temporanea.

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FRANCHISING è un accordo di natura commerciale, ovvero avviene solo a livello di distribuzione, di
dettaglio, tra un’impresa titolare di un marchio, che lo cede a terzi, ad un’altra impresa, in cambio del
pagamento di una royalties (prezzo, percentuale), che tipicamente è una percentuale dei ricavi.

Ad esempio i negozi in Franchising, hanno allestimenti interno uguale e tutti, perché viene concessa non solo
la vendita del marchio, ma anche l’allestimento del punto vendita.
LICENCING  è simile, è un accordo che prevede l’autorizzazione ad usare un brevetto o a fabbricare,
importare o esportare determinati beni. Quindi licenza ad un’altra impresa ad usare non il marchio (non nel
commerciale), ma il brevetto. Tipico delle industrie farmaceutiche, dove le titolare danno su licenza ad altre,
il brevetto per poter produrre un determinato farmaco, a patto che paghi le royalties sul brevetto.
Non si va a vendere un bene, non è nel commerciale, ma lo produco su licenza.
CARTELLO Intesa tra più imprese di uno stesso settore per dominare il mercato ed eliminare o ridurre la
concorrenza.
CONSORZIO  Contratto tra più imprenditori, varie imprese, che realizzano una organizzazione comune,
appunto Consorzio, che disciplina come quelle imprese dovranno svolgere le attività, in quali circostanze,
con quali caratteristiche, per esempio le attività produttive, ovvero seguire le stesse regole di produzione; in
modo che i prodotti realizzati dalle imprese del consorzio, sono garanzia del fatto che hanno seguito
specifiche pratiche di produzione.

Ad esempio nel Parmiggiano-Reggiano, potrebbero essere la stagionatura di tot mesi, il cibo dato alle
mucche per la produzione del latte.
Solo se si aderisce al Consorzio, si potrà affermare che il prodotto ha quel marchio.
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ASSOCIAZIONE TEMPORANEA D’IMPRESA l’impresa fondata da più imprese, esisterà fino a che
non si realizzano gli obiettivi per cui è nata. Dopo di che l’impresa non esiste più, è quindi una Joint venture
strumentale.
E’ tipica dei progetti di ricerca congiunti, ad es. tra una università ed una impresa, finita la ricerca, non vi è
bisogno di “chiudere” l’impresa, perché essa automaticamente smette di esistere quando il progetto termina.

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07 Aprile 2014
Nel dettaglio le Alleanze Strategiche Verticali nella SC
 Third-part Logistic (3PL)  accordo FIAT-TNT per logistica interna dei prodotti e pezzi ricambio
 Retailer(dettagliante)-Supplier(fornitore) Integration (RSP)Alleanza strategica per la gestione
di flussi di materiali tipicamente adottate nella catena di distribuzione (es. beni di largo consumo
come Barilla e HP)
3PL
Sono società di trasporti, provider di servizi logistici (società esterna) che svolgono in outsourcing,
attraverso un modello di partnership, la gestione di tutti i flussi di materiale (interna o esterna allo
stabilimento) e delle funzioni logistiche per conto di un’altra impresa (impresa-clienti o impresa-fornitori).
L’uso del 3PL assicura un rapporto di partnership (collaborazione) valido per un lungo termine,
garantendo un apprendimento learn by doing. I servizi offerti vanno dal trasporto alla gestione delle scorte,
immagazinamento, movimentazione, tracking (posizone del prodotto durante il trasporto).

Vantaggi:
 Focalizzazione sul core-business da la possibilità a me azienda che delego, di specializzarmi
senza sprecare risorse in attività secondarie come il trasporto (specializzazione nel trasporto di
automobili)
 Fornisce flessibilità tecnologica e non solo libera risorse per sviluppare altro

Svantaggi:
 Perdita controllo nella fase di distribuzione tale fase non è quella generatrice di valore però la
perdita di tale attività non è positivo soprattutto se chi trasporta è a contatto con il cliente
 Riduzione dei contatti con i clienti perdita di feedback relativi al suo grado di soddisfazione

Valutare se utilizzare o meno il 3PL:


 Valutazione costi interni
o (valutazione economica): dal controllo di gestione devo fare un’analisi differenziale con i
COSTI DIFFERENZIALI valutando tra le due alternative di mantenere a mio carico
l’attività logistica o affidarla a un 3PL è vantaggioso o meno
o (valutazione strategica): valuto eventuali benefici derivanti dalla mia focalizzazione sul
core-business
 Orientamento dell’impresa cliente del 3PL: ci possono essere dei casi in cui il cliente non è
disposto a ricevere il 3PL in quanto parte terza con cui non ha alcun accordo
 Specializzazione del 3PL: diverse tipologie che variano per mezzi (su gomma track, su rotaia
anche eventuale possesso di propri vagoni ferroviari o addirittura intere tratte, su navepossesso
container, su aereo), numero, modo
 Asset-owning vs. not asset-owning 3PL: owning= possesso quindi decido tra inmprese 3PL che
possiedono o meno gli asset (vagoni, tratte e container) l’asset-owning mi da quindi garanzie sui
tempi (maggiore efficienza), avere i propri asset significa controllare meglio le spedizioni.

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MODELLI di RSP (retailer-supplier partnership)
Sono modelli di partnership dettagliante-distributore per la gestione di flussi di materiale tipicamente
adottato nelle catene di distribuzione di beni di largo consumo.

Vantaggi:
 Controllo dell’effetto Bullwhip
 Diminuzione del livello di scorte del fornitore
 Miglioramento del livello di servizio
 iglioramento delle previsioni sulla domanda con riduzione delle scorte di sicurezza, costi di
distribuzione ed immagazinamento

Svantaggi:
 Necessità di tecnologia avanzata
 Necessità di fiducia tra i partner incremento delle responsabilità dei firnitori

Ci sono varie pratiche manageriali:


1. Quick-Response (QR) abbigliamento
2. Continuous Replenishment (CR)
Beni largo consumo
3. Vendor Managed Inventory (VMI)

Quick-Response (QR)
Tipico modello con cui si descrive la collaborazione tra fornitori e dettaglianti nel settore tessile e
abbigliamento (Benetton). Quindi consideriamo il produttore come Fornitore nella catena di distribuzione
che riceve dal dettagliante i dati delle vendite tramite POS (point of sales) una sorta di integrazione
informatica per centralizzare il dato sulla domanda. Ricevuti questi dati li usa per pianificare la propria
produzione e gestire in maniera efficiente le scorte. Tuttavia c’è sempre una gestione indipendente dato che
gli ordini sono sempre fatti dai dettaglianti che seguono la loro politica di rifornimento (quando e quanto
ordinare). Il dato sulla domanda del consumatore finale viene usato dal produttore solo per meglio gestire la
propria produzione o per fare previsioni di vendita più affidabili perché fatte sui dati reali di domanda.

Il consumatore finale va presso il retailer e


acquista, la domanda viene inviata
automaticamente al supplier che così meglio
gestisce la previsione di domanda e il piano di
produzione. Ciascun retailer, sulla base delle
domanda che vede fa i propri ordini (quanto e
quando) per servire la domanda.
Questo è un livello di partnership in cui
ciascun attore si gestisce da se prendendo le
proprie decisioni sulla base di informazioni
condivise.

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Questo modello di gestione della catena può prevedere dei livelli di integrazione più elevati nel settore dei
beni di largo consumo: schema di prima sostituisco fornitore con Barilla e dettagliante con Coop, Auchan

Continuous Replenishment (CR) maggiore integrazione per mancanza ordini del dettagliante
Il dettagliante effettua le sue vendite, tale dato viene inviato a Barilla sempre tramite POS. Barilla usa questi
dati non solo per meglio pianificare la produzione e fare efficaci previsioni di domanda ma per fare un buon
rifornimento ai suoi dettaglianti e definire le consegne che avvengono ad intervalli prestabiliti decidendo
lui fornitore la quantità per mantenere determinati livelli di scorta a magazzino presso il dettagliante. Così
facendo, fatto il contratto, il dettagliante non deve fare più gli ordini, è Barilla che sulla base delle domanda
che osserva (grazie al dettagliante) sa quanto spedire al punto vendita.
Esiste anche un modello CR più avanzato in cui Barilla osservando la domanda può decidere di spedire una
quantità inferiore al livello di scorte prestabilito purché venga mantenuto un livello di servizio alto.

Vendor Managed Inventory (VMI)modello completamente integrato della catena


Con vendor voglio sempre indicare il produttore che nel nostro caso è il fornitore (Barilla) che gestisce
(managed) le scorte (inventory) del distributore. È Barilla a decidere la politica di rifornimento decidendo i
tempi di replenishment e i suoi livelli di scorta. Abbiamo quindi un unico attore che, ricevute le
informazioni, prende le decisioni. E’ stato implementato per la prima volta daP&G con una catena di
distribuzione chiamata Wal-Mart (tipo Auchan) con migliore rotazione delle scorte del 30% abbattendo i
costi e incremento delle vendite del 25% grazie a una migliore previsione della domanda per evitare stock-
out  vendo di più servendo tutti i clienti.

Altro modello basato su una logica diversa, basato sempre su una partnership più precisamente su
CONTRATTOConsignment
Non c’è un accordo su chi prende le decisioni ma ciascuno decide per se, in distributore torna a essere un
decisore della sua politica di rifornimento. Vogliamo ottenere lo stesso risultato di una gestione nelle mani
del produttore riducendo i livelli di scorta e ottimizzando la gestione evitando lo stock-out, lasciando al
dettagliante la libertà sui rifornimenti.
Il fornitore/produttore quindi si carica dei costi di giacenza del prodotto fino a che non viene venduto al
consumatore finale pagandoli anche presso i retailer. In questo modo il supplier/produttore ha notizia di quali
sono le scorte che possiede il retailer che per farsi pagare i costi di giacenza lo deve costantemente
aggiornare del livello di giacenza, così da poter pianificare meglio la sua produzione. Il retailer si impegna
però a non aumentare i livelli di giacenza in magazzino; il fornitore è sempre aggiornato sui livelli di
magazzino ed eviterà sempre una giacenza troppo elevata dato che è lui a pagarla. Si evita così, grazie alle
informazioni trasparenti, un gioco opportunistico a lungo termine (perché se accade viene SGAMATO e
spezzato di gambe… vid tu stu kin d merd).

Quali sono i Requisiti per implementare questi modelli di partnership RSP e della stessa SC
 Sistemi informativi avanzati tecnologia per centralizzazione dell’info (dati continuamente
aggiornati sui livelli di giacenza del retailer)
 Commitment (impegno) del management (info condivise e schemi di allocazione dei costi)credere
all’utilità di questi modelli
 Importanza della fiducia tra i partnernon sfruttare l’occasione per ottenere un vantaggio ai danni
dell’altro.

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INCENTIVI AD UNA COLLABORAZIONE ALL’INTERNO DI UNA SC

La tecnologia è un problema di primaria importanza per poter realizzare un SC management (senza la quale
l’integrazione non si potrebbe fare) però non è critica. Quindi necessari ma non sufficiente perché affinché
l’integrazione ci sia, c’è bisogno che gli attori siano disposti a collaborare magari incentivandoli.
Ciò non accade se il potere contrattuale è asimmetrico (impresa molto più forte delle altre) che decide di
implementare un modello e gli altri sono costretti ad accettare a causa della sua forza magari imponendo di
condividere le informazioni sulle giacenze e di ricevere informazioni sulle vendite se vuoi far parte delle
MIA SC.
Quando ho un potere contrattuale più simmetrico tra le parti invece ho atteggiamenti più opportunistici. Ho
due idee contrapposte dove da un lato ritengo gli attori economici più oppurtunisti che sono disposti ad
ottenere un vantaggio a danno degli altri e dall’altro lato devo creare la fiducia evitando queste situazioni.
Un meccanismo è proprio quello di usare degli incentivi alla collaborazione

Teoria del Principale-Agente


Nella SC e nelle organizzazioni si configura il problema dell’agenzia dove:
Principale (proprietario)= SC nel suo complesso
Agente (Manager)= singolo attore della SC

Ci sono tre funzioni logistiche principali: gli acquisti, la produzione e il marketing. Gli obiettivi di queste tre
funzioni non sono sempre allineati (ciò che è ottimo per uno, non lo è per gli altri). Il manager di una di
queste funzioni prende delle decisioni che sono ottime per la sua funzione ma che potrebbero addirittura
portare un danno all’impresa nel suo complesso. O addirittura i manager possono prendere decisioni che non
sono nell’interesse dell’impresa bensì nel proprio interesse favorendo un fornitore rispetto a un altro perché
gli da un vantaggio personale.
Tornando alla Teoria quindi non è detto che l’Agente (manager) prenda decisioni necessariamente
nell’interesse del Principale (SC) adottando comportamenti opportunistici, favoriscono l’agente a danno del
principale (se un manager viene remunerato solo per quanto risparmia sulla provvigione di pezzi, esso non
baderà alla qualità scegliendo un fornitore di livello più basso, verrà premiato per aver risparmiato, ma sarà
danneggiata la qualità del pezzo finale).
Queti problemi sorgono a causa di una asimmetria informativa non essendoci informazioni condivise e il
Principale non può controllare il comportamento dell’Agente.
Voglio migliorare tutta la prestazione che il sistema offre al cliente finale che deve ricevere un prodotto con
un prezzo basso e un livello di qualità alto, e lo posso ottenere solo con un un sistema integrato. Vogliamo
quindi che gli Agenti (singole imprese) prendano decisioni che non ottimizzano il loro beneficio
(comportamenti ottimi locali) ma che si spingano verso il bene collettivo. E’ un problema di difficile
risoluzione ma i vantaggi del SCM sono dei miglioramenti di prestazione per il sistema nel suo complesso.
Bisogna ripartire i vantaggi della collaborazione tra gli attori facendo ottenere a tutti un vantaggio
incentivando così l’Attore ad essere collaborativo.

Allineare gli incentivi


Per convincere i partner a comportarsi in modo integrato, occorre progettare sistemi che modificano gli
incentivi dei singoli e li allineano con quelli globali.
Il sistema nel suo complesso avrà delle prestazioni più elevate che si tradurranno in extraprofitti che
andranno da qualche parte. Perché l’Agente dovrebbe essere interessato a migliorare questi extraprofitti se
non so a chi andranno? Bisogna quindi capire quanto valgono gli extraprofitti con la collaborazione ed in che
parte entreranno nella mie tasche. Lo strumento che ho per favorire una collaborazione è proprio la
ripartizione di questi extraprofitti tra tutti i collaboranti all’integrazione (così gli attori SCELGONO la
soluzione che avvantaggia tutti piuttosto che pensare solo a se stessi perché è anche la soluzione migliore per
lui).

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Il Disallineamento degli incentivi nasce da una distribuzione iniqua degli extraprofitti e è causato da:

NATURALI: disallineano naturalmente


 Azioni nascosta (moral hazard) gli incentivi, sono sconosciuti al
 Asimmetrie informative (adverse selection) Principale per mancanza allineamento
su azioni o informazioni

 Schemi di incentivo mal progettati MAL PROGETTAZIONE

Azione nascosta (auto, elettronica, telefonia, ecc)


Determina il fatto che l’attore non collabora, esempio ne è il caso Whirpool-Sears: S può invogliare i
consumatori a comprare prodotti W attraverso la consulenza offerta dai venditori nei loro punti vendita; se W
fissa un prezzo alto S spingerà la vendita di prodotti a suo marchio piuttosto che W dove ottiene un margine
più alto, ma W non abbassa il prezzo perché non ha la certezza che S si impegni davvero nella vendita dei
suoi prodotti. Il prezzo più basso è l’ottimo del sistema nel suo complesso, però W deve decidere di
abbassare il prezzo e lo farà solo se sicuro che le sue vendite aumenteranno.

Asimmetrie informative
È mancanza di informazione non sull’azione svolta dall’altro ma sulla vera disposizione di informazione. Ad
esempio è il caso dei tre più grandi produttori di auto statunitensi Big Three. I fornitori di tale settore non
sono disposti a collaborare con loro cedendo le informazioni sui propri costi perché temono che tale
conoscenza da parte dei Big Three possa indurli a farli ridurre i margini contrattando sul prezzo, ecco il
motivo per la loro diffidenza nel condividere le proprie informazioni.

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05 Maggio 2014

Il disallineamento si ha quando gli attori nella Supply chain hanno un incentivo diverso a collaborare (questa
frase non ha senso ma l’ha detta la ciola morta). L’incentivo si ha quando gli attori sono disposti a
collaborare in maniera diversa perché beneficiano in maniera disomogenea dell’integrazione. Questa
disomogeneità tra incentivi dei singoli attori all’integrazione alla collaborazione dipende dal fatto che ci sono
informazioni nascoste che gli attori non conoscono; poi ci sono azioni nascoste (moral hazard) ed infine
contratti mal progettati.
Per risolvere questi problemi, bisogna capire la causa e quindi in quale delle tre situazioni precedenti ci
troviamo. Identificata la causa, possiamo agire sul problema stesso. Ad esempio se manca la visibilità delle
azioni dei partners, dobbiamo cercare di renderle visibili.

ESEMPIO: WHIRPOOL – SEARS (spiegato sopra)

Il problema sta nella visibilità dell’azione. Dato che è difficile controllarla, se ho un trand positivo delle
vendite, aumenterà la percentuale di sconto sul prezzo; mentre se non vedo questo trand posso punire i
rivenditori non facendo lo sconto.

Quando invece la causa è un’errata progettazione del contratto dobbiamo capire perché quel meccanismo
contrattuale sta agendo al contrario, e ciò spinge gli attori a non collaborare.

ESEMPIO: PUNTO VENDITA PANE

Un produttore di pane intendeva incrementare lo stock nei punti vendita. Stabilì dei volumi degli scaffali da
riempire e forniva una commissione per le vendite che superavano il volume a scaffale, senza penalizzarli
per le scorte di pane raffermo. Pertanto, incentivò a mantenere sempre gli scaffali pieni, anche quando i
concorrenti facevano promozioni e quindi il pane non veniva venduto. Ciò causò un incremento dei costi per
il produttore.
Il panificio chiaramente era incentivato ad acquistare di più, senza dover necessariamente vendere tutto il
pane. Questo significa che il contratto è mal progettato, e quindi per progettarlo devo andare a modificare i
premi e le punizioni. Ovvero bisogna premiare con le commissioni di vendita chi aumenta il volume degli
scaffali, ma allo stesso tempo bisogna punire chi non riesce a vendere tutto il pane.

ESEMPIO: PRODOTTI ELETTRONICI

Una catena di vendita al dettaglio di prodotti elettronici (Twetter) ricompensava i venditori per le vendita ma
fissava una penalità per la merce rubata, trattenendo il costo dallo stipendio. Scherzando, quando la
compagnia fu comprata, il compratore disse che attraverso l’attenzione eccessiva per evitare i furti,
riponendo i prodotti lontano dalle mani dei consumatori e sotto chiave, la compagnia aveva inventato un
ottimo sistema di “prevenzione” delle vendite.
L’addetto alle vendite quindi piuttosto che essere interessato a vendere di più, pensava a non farsi rubare il
materiale per mantenere il suo stipendio. Quindi era più restio a mostrare la merce al cliente perché questa
era l’occasione propizia per farselo rubare (A DA JESS PROPR TRMON). Il contratto quindi faceva
ottenere il risultato contrario. Per questo bisognava riscrivere il contratto in cui fu proposto di aumentare la
commissione di vendita e di ridurre la penalità sul furto.

Un’altra strategia per rendere visibili le informazioni quando la causa di disallineamento degli incentivi sono
le informazioni nascoste, si cerca di renderle disponibili a tutti. Per esempio si potrebbe rendere trasparenti le
informazioni su variabili come livello di giacenza in magazzino e livello di domanda. Questo è possibile
attraverso i sistemi informativi come tecnologia e ICT. Nelle catene al dettaglio un’altra strategia adottata è
quella del mistery shopper che è un finto cliente inviato dall’azienda che controlla il comportamento dei
venditori. Per promuovere integrazione e collaborazione tra attori della supply chain c’è bisogno di

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FIDUCIA. Sviluppare la fiducia non è semplice, ma se vedo che in passato un attore ha collaborato ed è
stato poco opportunista mi aiuterà a sviluppare la fiducia tra le parti.

I contratti creano integrazione quindi perseguono l’obiettivo di ottenere l’aumento delle prestazioni della
supply chain (cioè l’efficienza) tramite l’integrazione senza che ci sia un attore centrale che obblighi le parti
a comportarsi in una certa maniera. Tramite meccanismi di premi e punizione si incentivano gli attori a
comportarsi in maniera collaborativa, cioè integrata senza imporlo dall’alto.
Il supply chain management è la gestione integrata della catena in cui il sistema viene considerato come
un’unica entità per perseguire l’obiettivo dell’intero sistema, quindi per offrire al cliente finale una
prestazione più elevata. Questo risultato è ottenuto ottimizzando i singoli comportamenti di ogni impresa. La
gestione complessiva integrata si può fare se dall’alto osservo l’intero sistema e dico che ognuno si deve
comportare in un certo modo in modo da raggiungere l’ottimo. Siccome ogni attore è indipendente è nella
facoltà degli attori decidere se collaborare o meno. In alcuni casi l’attore non collabora perché non gli
conviene, per incentivare l’attore a collaborare o si può imporre attraverso il potere contrattuale oppure si
incentiva l’attore attraverso incentivi economici attraverso contratti. Il contratto persegue l’obiettivo di
spingere gli attori ad integrarsi a collaborare in maniera indipendente. Ciascuno ottimizzando la propria
prestazione locale per migliorare il risultato di tutti. In questo caso lo incentivo a collaborare (Collaborando
si ottiene un risultato migliore). Questo è quello che si ottiene adottando uno schema contrattuale che
modifica gli incentivi dei singoli e li spinge a collaborare.
L’efficienza si ottiene condividendo i rischi e ripartendo i profitti. Integrandoci si ottengono prestazioni
superiori che si possono vedere come profitti aggiuntivi (extra profitti). Una situazione non collaborativa
raggiunge un profitto, una situazione collaborativa raggiunge un profitto maggiore. La differenza si chiama
EXTRA PROFITTO. Questo extra profitto non si ripartisce in maniera equa tra tutti ma finisce nelle mani
di un attore piuttosto che di un altro. Per incentivare tutti a collaborare bisogna ripartirlo con tutti gli attori in
maniera equa in modo tale che tutti ottengano un beneficio dalla collaborazione. L’extra profitto o è una
riduzione di costo o è un incremento di vendite.

ALCUNI TIPI DI CONTRATTI

I contratti si stipulano tra un produttore (supplier) e un retailer (buyer). Il


buyer decide la quantità da richiedere al supplier, il quale decide il
prezzo. Per incentivare il buyer ad acquistare di più, si possono usare vari tipi di contratto:

 QUANTITY DISCOUNT : che consiste in uno sconto sulla quantità,


ovvero all’aumentare della quantità ottengo uno sconto sul prezzo. Quindi
il prezzo non è fisso, ma la funzione prezzo sarà decrescente. In questo
modo il buyer sceglierà una quantità maggiore, e l’intero sistema venderà
di più.

 QUANTITY FLEXIBILITY : questi contratti si adottano quando la produzione è fatta in anticipo


rispetto alla domanda. Il dettagliante deve acquistare dal produttore in anticipo rispetto la stagione di
vendita. In questo caso quando si sceglie una certa quantità Q, non si potrà sapere subito se è la
quantità corretta, perché acquisto in anticipo, quindi sto facendo una previsione di vendita molto
anticipata. È una situazione di rischio e questo spinge i dettaglianti ad acquistare di meno rispetto
all’ottimo del sistema. L’ottimo complessivo del sistema si ha con una quantità Q maggiore rispetto
alla quantità q che si è disposti ad acquistare. In caso di una previsione errata, i costi se li piange il
dettagliante. Per incentivare il dettagliante ad acquistare un po di più, si può adottare questo tipo di
contratto. Il retailer si impegna ad acquistare non meno di α rispetto alla previsione, e il produttore si
impegna a fornire fino a ω oltre la previsione.
Ad esempio, posto Q = 100, α = 0,2 e ω = 0,3, arrivata la stagione ho dati sulla domanda più recenti
e se mi accorgo che ordinare 100 pezzi è stata una scelta sbagliata, tramite questo contratto posso
ordinarne il 20% in meno. Meno di 80 pezzi non posso.
Così si ripartisce il rischio di errata previsione tra il dettagliante ed il produttore. Tanto più il
dettagliante è forte, tanto più vorrà acquistare meno e quindi α sarà più grande. Al contrario se ho

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fatto un’errata previsione in eccesso e voglio una quantità maggiore, posso avere un valore ω in più
rispetto alla quantità Q, allo stesso prezzo p.

 BACKUP AGREEMENTS : è simile a quello precedente, ma il meccanismo contrattuale è un po’


diverso. Il dettagliante si impegna ad acquistare y unità di prodotto prima della stagione di vendita. Il
produttore però trattiene una frazione ρ della quantità ordinata (backup) e consegna la restante parte.
Quindi si paga i costi di giacenza. Il dettagliante, quando inizia le vendite, avendo i dati della
domanda, decide se farsi inviare anche ρ. Se però decide di non farselo più spedire pagherà una
penalità per ogni unità di ρ non acquistata.

 REVENUE SHARING : E’ la condivisione dei ricavi ed è un po’ diverso dagli altri. Il fornitore
definisce un prezzo di trasferimento ω inferiore (al più uguale) al costo marginale unitario c. In
cambio ottiene una percentuale Ѳ dei ricavi del retailer. Il contratto induce il retailer ad ordinare una
quantità più grande che è quella ottima per il sistema. Questo è il sistema contrattuale più efficiente.

ESEMPIO: BLOCKBUSTER

Questa a sinistra è la situazione iniziale in cui c’è un picco iniziale della


domanda dei film che poi decade rapidamente. Questo andamento
incentivava Blockbuster ad ordinare sempre meno cassette. Per abbassare
il punto di pareggio, si è ridotto il prezzo della licenza da 60 $ a 9 $, in
modo tale da poter acquistare un numero di licenze più elevato. Tutto
questo in cambio di una parte dei ricavi di Blockbuster. Questo metodo
porta alla possibilità di soddisfare il picco di domanda iniziale, di
ricavare di più, in modo tale da poter dare il 50% dei ricavi al produttore
cinematografico.

63
6 Maggio 2014

THE BEER GAME (u scec della birr!!!)

È un gioco che vuole dimostrare l’importanza della funzione integrata della Supply Chain. In particolare, si
tratta di gestire il processo di rifornimento (quindi di gestione delle scorte) di una catena di distribuzione di
birra. Questo gioco permette di osservare gli svantaggi che emergono quando non si applica la gestione
integrata. Il software simula il comportamento di una supply chain lineare che produce birra. La supply
chain, in questo caso, è molto semplice proprio per dimostrare che, quando non si gestisce in modo integrato
la supplì chain emergono problemi. La linearità di una supply chian indica che una impresa rifornisce solo
un’altra impresa che a sua volta rifornisce un’altra impresa e così via. In questo caso i 4 attori hanno
collegamenti di tipo seriale, cioè lineare. L’obiettivo del gioco è quello di gestire il rifornimento del
distributore. I quattro attori del gioco sono: produttore, distributore, intermediario (Wholesaler) ed un
dettagliante (retailer). Il produttore vende al distributore che a sua volta vende all’intermediario che vende
ancora ad un dettagliante che finalmente vende al consumatore finale. Il distributore deve approvvigionarsi e
scegliere la quantità di cassette di birra da acquistare dal produttore con l’obiettivo di minimizzare i costi
totali del sistema. I costi sono di due tipi:
 Costi di giacenza: derivanti dalle scorte;
 Costi di backorder: sono costi che si hanno nel momento in cui si va sottoscorta. Sono costi di attesa
per mancato servizio.

Abbiamo un produttore e sotto


abbiamo i flussi dei prodotti
colorati di bianco, ed il flusso
degli ordini colorati in rosso. Il
nostro scopo è quello di evadere
l’ordine senza avere elevati costi
di giacenza. Se io effettuo un
ordine ed il mio fornitore non ha
la merce in magazzino, ho perso
l’ordine. In quest’ultimo caso si
parla di costi di “lost sales” cioè
di vendita persa. Nel gioco, se il
nostro fornitore non ha la merce,
il nostro ordine resta in attesa di essere evaso. La quantità in attesa di essere evasa si chiama “quantità in
backorder” . Bisogna quindi cercare la politica ottima di rifornimento al fine di avere altri costi di giacenza
ed altri costi di backorder. Il sistema è gestito a magazzino con una politica di rifornimento di tipo periodico
(ad ogni intervallo di tempo t viene effettuato un ordine, in questo caso ogni settimana ). Si parte dalla
settimana zero con una certa situazione per esempio possiamo supporre che ogni attore ha 4 birre in
magazzino. Ogni settimana gli attori devono decidere quanto ordinare dal proprio fornitore in funzione della
domanda del proprio cliente. In questo caso bisogna prendere 4 decisioni che sono: (quantità che deve
ordinare il dettagliante), (quantità che deve ordinare l’wholesaler), (quantità che deve ordinare il
distributore), (quantità che deve ordinare il produttore). Il gioco si estende su un orizzonte temporale
lungo (23 settimane). Se la gestione è indipendente ciascun attore si sceglie la sua quantità tenendo conto
delle sole informazioni proprie cioè livello della domanda, livello di giacenza ed eventuali backorder da
recuperare. Se al contrario la gestione è integrata, c’è solo un attore che decide per tutti e 4 gli attori
disponendo di informazioni complessive. Per simulare ciò che avviene nella realtà sono stati simulati dei
tempi ovvero dei ritardi. Quando un attore effettua un ordine, questo viene trasmesso al fornitore ma non
viene evaso immediatamente l’ordine. Ci vorrà del tempo di processamento dell’ordine che nel sistema è
detto delay (ritardo) cioè un ritardo della trasmissione dell’informazione. Questo ritardo è un lead time cioè
un tempo tecnico di processamento dell’ordine. Questo vale per tutti gli attori. Se all’istante t=1 io produttore
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faccio un ordine, questo ordine sarà visibile al mio fornitore all’istante t=2. Quindi in questo caso passa una
settimana per visualizzare l’ordine. Questo tempo non c’è nel dettagliante perché il consumatore finale si
reca nel supermercato e acquista direttamente la merce. Dal momento in cui il dettagliante effettua un ordine
a quando lo riceve passano 3 settimane. Supponiamo che il dettagliante faccia un ordine di 2 birre e che in
magazzino ce ne siano 4 ne restano 2, e questo valore di magazzino va aggiornato. Il pezzo della supply
chain tra 2 imprese si chiama “pipe line” di trasporto. Nel gioco si suppone che per ogni unità di prodotto in
magazzino, il costo di giacenza unitario è 0,50 €, a differenza del costo di backorder che è un prezzo
superiore pari a 1 €.

ESEMPIO: (Supponiamo di essere l’wholesaler)

PRODOTTI IN PRODOTTI COSTO COSTO


SETTIMANA GIACENZA
MAGAZZINO ORDINATI GIACENZA BACKORDER

1 4 2 4 - 2= 2 unità 2*0,5= 1 € 0

2 2 1 2 - 1= 1 unità 1*0,5= 0,5 € 0

3 1 3 0 unità 0*0,5= 0 € 2*1=2 €

Il sistema funziona che appena c’è un ordine, viene evaso subito. Nel nostro caso nella terza settimana
l’wholesaler ha 1 unità in magazzino che spedisce. Il costo di giacenza per quella settimana è zero ma i costi
totali che aveva sostenuto fino a quel momento (pari a 1 + 0,5= 1,5 €) saranno incrementati del costo di
backorder pari a 2 €. I costi totali sono dati dalla somma dei costi di giacenza e di quelli di backorder.
Finchè la merce non raggiunge il magazzino del cliente è considerato ancora giacenza dell’attore a monte,
quindi le unità in trasporto sono considerate scorte dello stadio a monte (ad esempio, il distributore paga il
costo di giacenza per la merce in transito verso l’wholesaler).

http://beergame.mit.edu/guide.htm
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12 Maggio 2014

La domanda del consumatore è variabile perché si osservano degli ordini variabili fatti dal nostro cliente,
cioè il wholesaler, nonostante la domanda del mercato finale fosse costante. Anche l’andamento del livello di
giacenza e del livello di back order è variabile. Dopo il lead time (tempo che ritarda il trasferimento delle
informazioni), il nostro magazzino sarà pieno di scorte perché abbiamo ordinato tanto visto che ci sembrava
che la domanda fosse variabile e ciò, oltre ad andare in back order nel lungo periodo, comporterà dei costi di
giacenza elevati. Le nostre azioni, ovviamente, influenzano le azioni di quelli che stanno a monte e quindi
aggraviamo l’inefficienza perché quando facciamo un ordine, dobbiamo tener presente che, se il fornitore
non ha scorte in magazzino, ciò genera costi di back order anche a lui. Questa inefficienza generale (costi
eccessivi al fornitore), non comporta che dobbiamo pagare direttamente noi, ma il fornitore, pur di rientrare
nella spesa, aumenterà il prezzo di vendita, e quindi la domanda scenderà. Ovviamente questo comporta
meno ricavi per noi.
Se adottiamo un approccio collaborativo, sapremo fare ordini in modo tale da generare meno costi di back
order.

EFFETTO BULLWHIP (nell’esempio del Beer Game)

È l’effetto di amplificazione della variabilità della domanda, cioè la variabilità degli ordini cresce man mano
che ci spostiamo dal mercato finale, andando verso monte. Questo perché, in questo caso, oltre alle decisioni
del manager e al lead time di trasporto, conta anche quanta giacenza c’è in magazzino.
Nel caso specifico del gioco le cause principali sono:
 Mancata integrazione ovvero mancata condivisione delle informazioni, cioè noi non sappiamo la
domanda finale, non sappiamo quante scorte ci sono nei magazzini di tutti gli attori, e quindi quando
facciamo gli ordini non sappiamo che fare. Più siamo lontani dal mercato, più non abbiamo idea di
quale sia la domanda, quindi faremo ordini in maniera irrazionale.
 La presenza di molti attori che peggiora la situazione di chi sta a monte. Dato che non si conosce la
domanda, dovremo avere scorte di sicurezza (che comporta un aumento dei costi di giacenza) senza
necessità visto che la domanda è costante. Ovviamente chi sta a monte si comporta razionalmente,
ma la scorta è inutile anzi risulta essere dannosa, perché aumentano i costi inutilmente.
 Presenza di lead time di trasporto e di ordine.

EFFETTO BULLWHIP

Questo effetto deriva da condizioni tecniche (tempi tecnici di attraversamento) quando gli attori si
comportano in maniera indipendente uno dall’altro. Quindi affinché si verifichi l’effetto Bullwhip, ci devono
essere tempi di ritardo nella trasmissione delle informazioni, perché se il LT fosse pari a 0 significherebbe
che all’interno della Supply Chain c’è integrazione.

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Nelle tipiche Supply Chain della Grande Distribuzione, la variabilità è di 1:2 passando da ogni stadio. Quindi
se il retailer ha variabilità 1, quella che sta prima avrà variabilità due, quindi man mano che ci spostiamo
verso monte la variabilità raddoppia. La variabilità si misura con la deviazione standard della domanda che è
distribuita secondo una funzione intorno al valor medio. Tanto più le oscillazioni attorno al valor medio sono
grandi, tanto più la variabilità è elevata.

La prima volta che questo effetto è stato osservato nella realtà negli anni ’80, è stato nella catena di
distribuzione di P&G, in un prodotto la cui domanda era costante (pannolini Pumpers). Gestendo l’intera
catena, sul mercato finale si osservava che la domanda era costante, ma la variabilità degli ordini era elevata.

LE CAUSE DELL’EFFETTO BULLWHIP

1) Il tempo
Non è altro che il lead time necessario per processare gli ordini; senza questi tempi non ci sarebbe
l’effetto Bullwhip perché la trasmissione delle informazioni sarebbe immediata.
2) Lottizzazione
Tutti gli attori non fanno mai ordini pari alla domanda, ma la quantità da ordinare la si sceglie
seguendo una politica di gestione delle scorte che ci dice quando e quanto dobbiamo ordinare. Esiste
una Quantità Economica Ottima di Approvvigionamento (EOQ), la
quale dipende dalla domanda e dal rapporto k/h; tanto più sono alti i costi
di ordine, tanto più mi conviene farne pochi, ma di grandi dimensioni. =
Ciò significa che non ordino esattamente la domanda, ma lottizzo che si
fa per minimizzare i costi di trasporto e di ordine. La lottizzazione però
distorce il segnale di domanda che crea una variabilità nell’ordine, quindi
osservando quegli ordini, si vede come l’attore ordina seguendo una politica di gestione delle scorte.
Quindi si determina uno scollamento tra l’istante in cui si determina la domanda e l’istante in cui si
ordina. Tanto più si lottizza, quanto più sono alti i costi di ordine in cui sono compresi i costi di
trasporto.
Un altro effetto che genera l’effetto Bullwhip è l’effetto fine anno: gli agenti di vendita, oltre a dover
raggiungere un certo budget di fine anno, lo fanno perché ricevono dei premi in percentuale in base a
quanto superano questo budget. Questo ordine che fa il dettagliante però non dipende da un aumento
di domanda, ma è solo un anticipo di un ordine che avrebbe fatto più in avanti. Questo fatto però lo
sa solo il dettagliante, quindi l’intermediario, che si vede arrivare un altro ordine, pensa ad un
aumento di domanda. Questo crea un aumento dell’amplificazione della variabilità di domanda.
L’effetto fine anno distorce il segnale di domanda.
Poi c’è l’MRP (Material Requirement Planning) ed anche in questo caso non è detto che io ordini
quanto è la domanda. È una tecnica di gestione degli ordini quando non funziona a magazzino, cioè
devo calcolare in anticipo quale è il fabbisogno di materiale. Anche in questo caso quando faccio
l’ordine, tendo a lottizzare.
3) Aggiornamento della previsione della domanda
Quando gli attori di una Supply Chain devono fare degli ordini, si basano sul valore della domanda,
però siccome ci sono tempi di produzione molto lunghi (come i tempi di trasporto), devono avere
una idea in anticipo di quale sarà la domanda sul mercato finale. Per prevedere la domanda devo
basarmi sull’analisi di dati storici della domanda e, analizzandoli, si riesce a capire quale sarà il
valore della domanda dei mesi successivi. Ci sono due tecniche:
 Exponential Smoothing
Questa tecnica pesa di più i dati storici più recenti rispetto a quelli del passato. Non
essendo pesati in maniera equa, viene modificato di molto il valore della domanda.
Ciò crea problemi perché la distorsione entra anche nella tecnica di previsione.

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 Previsioni Multiple
Se c’è una gestione indipendente, ognuno farà una sua previsione basandosi sulla
propria domanda (come nel caso del Beer Game), e non su quella del mercato finale.
Questo crea una distorsione, perché ogni attore fa le proprie previsioni basandosi su
dati di domanda non reali.
4) Fluttuazione dei prezzi
I prezzi con cui un’impresa vende il proprio prodotto non sono costanti, ma variano nel tempo (ad
esempio promozioni su alcuni prodotti). Questo fatto incentiva la domanda perché il cliente sfrutta il
prezzo basso, ma ciò viene interpretato a monte come incremento di domanda. Quindi la domanda
viene solo anticipata. Quindi all’istante t la domanda cresce, ma sarà molto più bassa nelle settimane
successive. Il segnale viene distorto amplificandone la variabilità perché si farà un ordine più grande
quando c’è la promozione, e ne farò una più piccola quando non ci sarà più la promozione.
5) Ordini inflazionati o Razionamento
Ad esempio, supponiamo che il dettagliante 1
richiede 100 prodotti, il dettagliante 2 ne
richiede 120, e il dettagliante 3 ne richiede 80.
La domanda totale è di 300 pezzi. Ma se la
domanda è in eccesso (eccede la fornitura),
supponendo che il buyer possa dare solo 250,
come si evade quest’ordine? In questo caso il
buyer raziona l’ordine, cioè da un po’ di meno a
tutti. In particolare al dettagliante che ha chiesto
100 ne darà 80, a quello che ha chiesto 120 ne
darà 100 mentre a quello che ha chiesto 80 ne darà 70. Il mese successivo stesso discorso, e così via.
Dopo un po’ di tempo il dettagliante, per non perdere altri quantitativi di prodotti, ne chiede di più in
modo tale da ricevere l’effettivo bisogno che ha. Questo sarebbe un ordine inflazionato, cioè cresce il
valore richiesto senza reale bisogno. Quando l’attore fa un ordine inflazionato, questo distorce il
segnale di domanda perché tutto ciò può essere interpretato come incremento di domanda.

METODI DI RIDUZIONE DELL’EFFETTO BULLWHIP

Vanno ad agire direttamente sulle cause.


Per quanto concerne l’aggiornamento delle previsioni di domanda possiamo:
 Ridurre il lead time inserendo sistemi informativi;
 Ridurre il tempo di trasporto utilizzando mezzi migliori (ad esempio Zara aveva una sua ferrovia per
essere più veloci);
 Centralizzare l’informazione. Così facendo l’effetto Bullwhip si riduce ma non si annulla quando
abbiamo una gestione integrata della Supply Chain. Così i tempi di ordine e di trasporto vanno a 0.
Tutti gli attori conoscono i dati di domanda perché i dettaglianti inviano questi dati agli attori a
monte. Centralizzare significa anche che c’è un attore che si occupa di fare un’attività per tutti i
membri della catena. Lo stesso attore effettua i rifornimenti per tutti i membri della catena.
 Diminuire la variabilità della domanda del cliente.
Per quanto concerne il razionamento possiamo:
 Allocare la fornitura cioè non raziono l’ordine dicendo che ti do di meno ma dicendo che, in caso di
domanda che eccede la fornitura, mi baso sui dati storici. Così incentivo gli attori a non fare ordini
inflazionati inserendo delle clausole contrattuali.
 Rimuovere la percezione di razionamento della capacità produttiva. Il dettagliante si vede costretto a
fare un ordine inflazionato perché pensa che il produttore si trovi in una situazione in cui la domanda
supera l’offerta e quindi non è in grado di evadere tutta la domanda. Se però fosse certo che il
fornitore ha tutto il materiale a disposizione, non ci sarà bisogno di razionare. Se il produttore

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informasse i dettaglianti della sua capacità produttiva e del suo livello di giacenza, questi farebbero
sicuramente degli ordini più corretti.
Per quanto concerne la lottizzazione degli ordini possiamo:
 Ridurre i costi di ordine con l’inserimento di sistemi informativi e agendo anche sui costi di trasporto
(o facendo carichi misti così come fa P&G che in un’unica spedizione porta biscotti e pannolini, o
utilizzando il Third Part Logistics quindi le parti terze logistiche a cui viene affidato il problema di
fare carichi misti o meno).
Per quanto concerne le variazioni di prezzo possiamo:
 Evitare promozioni commerciali adottando la politica di Everyday Low Price, ovvero la politica di
utilizzare un prezzo basso per un prodotto tutti i giorni dell’anno, in modo tale da spalmare lo sconto
per quel prodotto in un anno.
 Valutare la convenienza ad anticipare gli ordini con i costi di giacenza in magazzino. Quando il
fornitore fa una promozione, il produttore sfrutta l’offerta, ma la materia prima dovrebbe tenerla in
magazzino facendo aumentare i costi di giacenza.
 Usare dei contratti particolari per sincronizzare acquisti e consegne.

69
13 Maggio 2014

LOGISTICA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI


La disciplina degli approvvigionamenti fa parte anche essa della gestione della Supply Chain, essa si è
modificata a seguito dei principi del Supply Chain Management. Vediamo come sono avvenute tali
modifiche.
“Approvvigionamenti”  sono quella funzione aziendale che si occupa di gestire appunto gli
approvvigionamenti, ovvero il flusso di materiali che servono in ingresso all’impresa.
Nella accezione più “classica” si potrebbe pensare solo alla gestione del flusso di materiali, in realtà al suo
interno vi è anche la gestione dei fornitori, quindi delle relazioni tra l’impresa buyer (acquirente) e l’impresa
supplier (fornitrice). Quindi non basta solo sapere gestire il flusso di materiali, ma anche le relazioni inter-
organizzative, cioè quelle tra le due imprese.
La disciplina quindi è cambiata negli anni, perché è cambiato lo scenario di riferimento:

 Innanzitutto, si è passati da sistemi Verticalmente Integrati a sistemi De – Verticalizzati. La maggior


parte delle imprese nel passato adottavano infatti tale struttura, mentre oggi non sono molte oramai,
ed eventualmente integrano solamente una parte del processo produttivo, ci sono più scelte di make
or buy, questo per effetto del processo di De – Verticalizzazione, con cui le imprese hanno portato
fuori parte del processo produttivo. Difatti si ha a che fare con SC molto complesse.

 Di conseguenza nasce il supply chain management, che come punto di partenza ha l’idea della
gestione dell’intero sistema come se fosse un’entità, che richiede la collaborazione tra le imprese,
condivisione delle informazioni.

 Altra caratteristica dello scenario di riferimento è la presenza di nuove tecnologie di informazione e


comunicazione che consentono di condividere le informazioni in maniera più semplice e di
collaborare.

 Ed anche le nuove priorità competitive oltre il costo, quindi le imprese non si incentrano più solo
sull’efficienza, ma anche su flessibilità e tempi.
Tutto questo ha contribuito ad una modifica dello scenario competitivo, ed ha condotto ad una revisione
delle politiche di gestione degli approvvigionamenti.
Questa modifica si è avuto in quanto prima gli approvvigionamenti erano una funzione aziendale di
secondaria importanza, poco rilevante; venivano infatti gestite da ragionieri, ovvero chi avesse capacità nel
saper fare calcoli, conoscenza di economia, senza bisogno di particolari competenze.
Colui che è all’interno di questa funzione deve essenzialmente:
 contattare i fornitori
 chiedere il prezzo del prodotto che vuole acquistare

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 avuto il prezzo deve redigere il contratto, spedirlo
 ed aspettare che il materiale arrivi
Quindi tipicamente la funzione approvvigionamenti è una funzione operativa, che non ha una importanza
strategica per l’impresa e che quindi come detto non richiede un personale con qualità e competenze
maggiori.
In realtà tale funzione non è così di secondaria importanza, e non lo è soprattutto nel nuovo scenario
competitivo. Andando a vedere le imprese ad oggi, poiché esse non sono più così verticalmente integrate, gli
acquisti non valgono poco in termini di fatturato, come sarebbe se fossero state integrate invece (cioè se
avessero svolto tutto all’interno); quindi si focalizzano solo su una piccola parte del processo produttivo,
tutto il resto viene acquistato dall’esterno.
Ad esempio la “Mafrat”, impresa di abbigliamento che non produce nulla internamente, ma fa fare tutto
all’esterno; essa acquista infatti non solamente le materie prime come i tessuti, bottoni, cerniere, ecc…ma
acquista anche la produzione da piccole botteghe di confezionamento.
Essa infatti si occupa principalmente della logistica dei suoi prodotti, grande magazzino da dove poi
distribuisce i suoi prodotti ad i punti vendita che venderanno al consumatore finale.
Perciò per tale impresa gli acquisti avranno ovviamente un valore molto elevato, sarà elevato il loro valore
sul fatturato, e questo ci porta a dire che gli approvvigionamenti diventano molto rilevanti in imprese come
questa, ovvero De verticalizzate.

 Se vi è personale inefficiente nella area approvvigionamenti, probabilmente questo andrà ad avere un


impatto elevato sui costi, poiché gli acquisti per effetto della De-verticalizzazione risultano essere
circa il 50% del fatturato, e quindi se vi è inefficienza, quel 50% pesa molto.
 I fornitori influenzano la prestazione: cioè le capacità dei fornitori, quello che essi sono in grado di
fare, a livello di qualità, o a livello di puntualità, influenzano le prestazioni dell’impresa, che
divengono quindi funzione delle prestazioni dei fornitori. Con questo si sottolinea l’importanza degli
approvvigionamenti, in quanto se si andrà a selezionare fornitori “scarsi”, l’impresa risulterà di
conseguenza scarsa. La conoscenza del mercato, ovvero la conoscenza di chi siano i migliori
fornitori diventa critica per poter perseguire il vantaggio competitivo.
I manager d’impresa, nel momento in cui sottoscrivono un contratto, sottoscrivono anche che qualora
dovessero licenziarsi, non potranno per un determinato numero di anni lavorare nello stesso settore presso
altre imprese, proprio perché possiedono informazioni critiche che potrebbero essere sfruttate in imprese
concorrenti; ciò si riflette anche in questo ambito, perché conoscere chi sono i fornitori dei mie concorrenti è
una informazione molto rilevante.
Quindi queste condizioni, il fatto che i fornitori diventino critici per il vantaggio competitivo, fanno sì che si
parli di funzione Approvvigionamenti e non più di Acquisti. La differenza formale tra i due termini è che:
ACQUISTI  si intende la gestione “operativa”, tutte le attività operative connesse con l’arrivo del
materiale, ovvero il fatto di:
 Fare il contratto
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 Controllare la merce
 Definire il prezzo
 Avere contatti col fornitore per monitorare l’arrivo del materiale
APPROVVIGIONAMENTI  è il termine “strategico” , ovvero la funzione passa da operativa degli
acquisti, a strategica per gli approvvigionamenti, e qui vi è l’idea di gestire le relazioni tra cliente e fornitore,
in modo tale da ottenere vantaggio competitivo.
Per questo oramai, nella funzione Approvvigionamenti delle imprese, vi sono Ingegneri e invece nella
funzione Acquisti vi sono coloro con competenze meno manageriali e più operative. In particolare il Buyer è
un Ing. Gestionale, ovvero colui che ha il ruolo di acquistare.

 L’evoluzione è stata quella per la quale si è passati da: un focus di tipo  operativo (attività di
natura operativa viste sopra)
Ad un focus di tipo  strategico, svolgere attività di natura più strategica, che possono impattare sul
vantaggio competitivo.
Le attività più strategiche, ovvero ciò che si fa in più negli approvvigionamenti che in passato negli acquisti
non si faceva sono la selezione del fornitore, capire quale sia il fornitore migliore per quello specifico
prodotto.
Nelle grandi imprese i Buyer sono addirittura specializzati per prodotto, ovvero se per esempio si producono
diversi prodotti, come valvole e turbine: ci saranno il buyer delle valvole, ovvero colui che si occupa di
acquistare tutti i materiali che servono a produrre le valvole, ed il buyer delle turbine, cioè colui che invece si
occupa di approvvigionare tutto quello che serve a produrre le turbine.
Questo poiché internamente viene svolto molto poco, quasi tutto è esternalizzato a fornitori che stanno fuori,
e l’impresa si preoccupa essenzialmente di assemblare i pezzi che vengono approvvigionati dall’esterno,vi è
un buyer dedicato a questo, in quanto il prodotto è complesso e vi è necessità di specializzazione su di esso.
Quindi la funzione approvvigionamenti è organizzata per prodotto.
Secondo quali criteri si selezionano questi fornitori? Secondo il prezzo, la qualità, il tempo ecc… quindi le
variabili sono molte, ma la scelta dipende sempre da quale è la priorità competitiva dell’impresa.
Se l’impresa compete sui costi sceglierà il fornitore tale da competere sui costi;
Se l’impresa compete sui tempisceglierà fornitori affidabili, o che siano veloci nelle consegne
Quindi vi è necessità di un rapporto stretto tra gli Approvvigionamenti ed il Management aziendale, perciò
non può essere più una funzione delegata ad i livelli bassi dell’organizzazione, da nucleo operativo, nel basso
delle strutture; bensì è una funzione che deve stare in alto, perché deve interfacciarsi direttamente con il
Manager strategico, che definisce priorità ed obiettivi competitivi, per raggiungere i quali concorrono anche
gli approvvigionamenti.
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 Importante a seguito è anche la valutazione del fornitore; la scelta su di essa è caduta perché si è
pensato che andassero bene per gli obiettivi da raggiungere, ma poi si dovrà anche valutarli, cioè
andare a vedere se effettivamente quel fornitore è affidabile, rapido, e così via… in sostanza
vanno misurate le prestazioni dei fornitori. C’è da definire quantitativamente delle misure di
prestazione, dei sistemi che si definiscono Vendor-Rating (poi li vedremo):
Vendor  Fornitore
Rating  Classifica
E’ un sistema che ci consente di valutare il fornitore e stilare una classifica, dal più “bravo” (io direi
efficiente) al più scarso.
Questa valutazione del fornitore, diventa quello che rappresenta la conoscenza critica, una conoscenza
rilevante, poiché un’impresa che ha già lavorato con un fornitore, può dire su di esso se sia efficace o meno
su diverse prestazioni, e quindi saprà sceglierlo al momento opportuno a seconda di ciò di cu avrà bisogno.
Quindi ricapitolando, i fornitori vanno selezionati, valutati, e poi gestiti. Ovvero dopo averli scelti e valutati
positivamente, e quindi aver deciso di fare acquisti da essi, vanno gestiti ovvero va gestita la relazione tra
cliente e fornitore, per cui esistono diverse strategie, strategie più competitive, e strategie più collaborative,
che come sempre vanno scelte in funzione della situazione.
Non esiste una strategia migliore in assoluto, una “One best way” , ma bisogna piuttosto adottare un mix
delle due strategie a seconda delle condizioni, per capirlo lo si fa tramite le così dette Matrici di Portfolio.

Quindi abbiamo visto come è cambiata la funzione approvvigionamenti, passando da attività di natura
operativa ad attività più strategiche, delle quali vedremo come si svolgono ed in cosa consistono.
Già viste sopra (legge la slide)  Attività operative
 Attività strategiche: decidere se un determinato componente viene
acquistato o viene prodotto all’interno, ecc (slide sopra).

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OBIETTIVI DELLA FUNZIONE APPROVVIGIONAMENTI

 La funzione Approvvigionamenti deve servire gli obiettivi dell’organizzazione nel suo complesso.
Quindi l’organizzazione tramite il management strategico si dà degli obiettivi, fissa la propria
strategia, e lo stesso deve fare il management degli approvvigionamenti ovvero si deve stabilire degli
obiettivi funzionali in maniera coerente con gli obiettivi dell’organizzazione.
Ad esempio: supponiamo che il manager aziendale, decida di ridurre i costi di produzione nei prossimi 2
anni, del 2%. Tale obiettivo di riduzione dei costi, è l’obiettivo generale dell’organizzazione e scalando a
livello delle funzioni aziendali, deve tradursi in altrettanti obiettivi che servono a raggiungere quello
principale.
Cosa può fare la funzione Approvvigionamenti per aiutare l’organizzazione a centrare l’obiettivo principale
di riduzione dei costi di produzione?
1. La prima strategia è sicuramente quella di trovare dei fornitori che offrano un prezzo più basso.
(costo della materia prima) .Questa possibilità la si può concretizzare con una politica che si rivolga
a fornitori situati in alcuni paesi dove il costo della manodopera è molto basso, e che quindi hanno
prezzi più bassi; strategia che vedremo si definisce “Globalizzazione degli acquisti”
Quindi il manager degli approvvigionamenti deciderà di incrementare il valore della globalizzazione dei
propri acquisti, di una determinata percentuale, Questa strategia cui pensa di rivolgersi deriva dal fatto
che l’organizzazione ha deciso di abbattere i costi, e per farlo, esso dovrà rivolgersi a fornitori nei paesi
dove il costo della manodopera è basso, ad esempio aumentare gli acquisti in Cina o in India.
Quindi la strategia è globalizzare, (andare in Cina, India), poi essa può essere tradotta in una politica,
ovvero cercare dei nuovi fornitori dei prodotti di cui ha bisogno, in tali Paesi, vedere se ci sono; e poi
inizia il processo di valutazione dei fornitori.
Quindi si parte dalla strategia generale dell’organizzazione, strategia degli approvvigionamenti, e questa
poi verrà tradotta in una politica da seguire per ottenere quell’obiettivo.
Altro esempio: lo stesso avviene se l’organizzazione si pone come obiettivo lo sviluppo di un nuovo prodotto
SNP, o di un certo numero di nuovi prodotti, o lo sviluppo di un nuovo prodotto, su un nuovo mercato.
La funzione approvvigionamenti cosa fa in questo caso?
1. La funzione sicuramente farà parte del team di sviluppo del nuovo prodotto, dovrà sapere di quale
nuovo prodotto si sta parlando, dovrà sapere quali tecnologie sia di processo sia di prodotto
utilizzerà , perché avrà necessità di trovare dei fornitori adeguati allo sviluppo del nuovo prodotto.
Quindi gli approvvigionamenti acquistano un ruolo rilevante anche nel caso di innovazioni, difatti vedremo
dei modelli relativi alla gestione tra clienti e fornitori, non relativi alla gestione dei materiali, bensì a quella
dello sviluppo nuovo prodotto, che è un processo che comunque rientra nel SC management e va gestito in
ottica integrata.
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Quindi l’organizzazione decide i proprio obiettivi strategici, gli approvvigionamenti fanno altrettanto, dopo
questo obiettivo si deve tradurre in una politica da perseguire.
Quindi sia che si parli di riduzione dei costi, sia che si parli di nuovo prodotto, bisogna svolgere delle attività
coerenti con la strategia.
Ricapitolando  dopo aver stabilito la strategia, ad esempio quella di globalizzare gli acquisti, si va ad
attuare la politica, ovvero quella di andare a cercare fornitori nei Paesi emergenti, quali India o Cina;
ovviamente per prendere tali decisioni, decidere cioè a quali Paese rivolgersi, ci sono una serie di modelli
che aiutano a fare tali scelte di “Global Sourcing”, cioè di approvvigionamento globale, di “Globalizzazione
degli approvvigionamenti”. Questo poiché in questi Paesi emergenti, dove la manodopera ha un basso costo,
vi sono molto spesso problemi interni, problemi politici, o di stabilità sociale, ecc… e quindi aiutano anche a
pesare il rischio di andare in tali rispetto ad i vantaggi di una riduzione del costo.

 Usare le risorse in modo efficiente ed efficace  il manager degli approvvigionamenti ha un certo


budget, definito nel budget aziendale, che definisce a quanto ammonta la Spesa che per l’anno è a
disposizione per fare gli acquisti, e questo ammontare, questo budget va usato in maniera efficiente,
acquistando tutto quello che serve per l’impresa cercando di ridurre il più possibile gli sprechi.

 Gestire il “Parco” o “Base” fornitori  è l’elenco di tutti i possibili fornitori. Importante è la parola
possibili, perché il parco fornitori contiene tutti i fornitori contattabili:

 Ricercare nuovi fornitori


 Selezionare i fornitori

Ad esempio, l’impresa deve produrre un divano in: pelle, tessuti, imbottiture, piedini in legno, ecc…quindi
avrà bisogno di una serie di materiali, tali materiali possono essere forniti da più fornitori, da una serie di
fornitori.
Poi l’impresa, nel momento in cui fa l’ordine decide di scegliere per esempio l’impresa fornitrice A e dopo
un mese, magari preferirà scegliere l’impresa fornitrice B; ovvero su ogni codice di prodotto
approvvigionato, piedini, pelle, ecc…l’impresa seleziona N fornitori diversi, stabilisce più fornitori
alternativi su ogni codice. Tutti i fornitori possibili che può contattare per richiedere un’offerta ed
eventualmente poi per fare un ordine  costituiscono il parco/base fornitori. Non è detto che
necessariamente debbano fornire l’impresa, ma sono comunque stati ritenuti idonei per poterlo fare.
Perché è importante conoscere i fornitori, sapere a quali rivolgersi, quali sono le loro capacità.
All’inizio per poter definire un parco fornitori, il numero di fornitori contattabili  si cercano i fornitori, e
tale attività deve essere svolta in maniera costante. Perché nonostante si conosca ognuno di essi, si sappia per
esempio che alcuni mi riforniscono in modo puntuale, sono particolarmente affidabili, sono i migliori oggi,
all’istante t  non è detto che lo siano tra tot mesi, che continuino ad esserlo. Questo perché l’ambiente
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cambia continuamente e cambia rapidamente, nuovi fornitori continuamente si affacciano sullo scenario
competitivo; non posso dire che i miei migliori 5 fornitori resteranno sempre i migliori, perché potrebbero
essercene di migliori ancora, e magari potrebbero essere i fornitori dell’impresa competitor, e se dovesse
essere così l’impresa andrebbe a perdere capacità competitiva.
Questo avviene soprattutto se si compete sui costi, infatti la competizione sul costo è la più vulnerabile
all’esterno, competere sui costi, vuol dire rendersi estremamente vulnerabili all’esterno, perché vi sono molti
Paesi emergenti, ovvero tanti possibili fornitori che possono offrire prezzi più bassi, ed è facile che un altro
concorrente possa arrivare a competere sul costo.
Mentre se si compete su caratteristiche diverse, sulla differenziazione, su altre priorità, ci vuole più tempo,
non è immediato avere competitors.
In generale se compare un nuovo processo produttivo, una nuova tecnologia, che il proprio fornitore non ha,
perché in quanto nuovo, dovrà convertire i propri impianti, deve riconvertire il proprio processo produttivo e
potrebbe non voler sostenere questo nuovo investimento. Invece un nuovo fornitore che sostiene tale
investimento diventa molto più rapido, produce ad un costo più basso. Ecco perché la ricerca dei nuovi
fornitori è costante nelle imprese, non può fermarsi poiché l’ambiente è dinamico, se fosse stabile per 5 anni,
si farebbe una ricerca ogni 5 anni, ma non è così.
Il parco fornitori lo si considera quindi come un qualcosa di “dinamico”, non fisso, entrano sempre nuovi
fornitori, ma ovviamente non cresce all’infinito, ovvero se ne entrano di nuovi, altri devono uscire  vi è un
“turnover” dello stesso, alcuni entrano ed altri escono, escono perché non più allineati con le priorità
dell’azienda, non offrono più le prestazioni richieste.
E’ fondamentale mantenere il parco, soprattutto se pensiamo a grandi imprese, o che producono prodotti
complessi, che quindi hanno a che fare con un elevato numero di codici approvvigionati; se il parco
crescesse all’infinito, su ogni codice si potrebbero avere numerosissimi fornitori, il chè porterebbe ad una
scelta difficoltosa, su chi contattare, ecco perché è importante mantenere una lista fornitori; ci dà una
maggiore efficienza ed efficacia nella gestione degli approvvigionamenti, è una attività critica, infatti nelle
grandi imprese c’è addirittura un’area (sempre all’interno degli approvvigionamenti) dedicata a tale attività.
 Valutare ex-ante ed ex-post i fornitori:
Come detto non vi sono solo i fornitori effettivi, che forniscono, ma anche i potenziali fornitori, essi sono
valutati solamente “Ex-ante” cioè prima di ogni potenziale fornitura, sono valutati senza però effettivamente
valutare il prodotto fornito.
Quando invece il fornitore riceve l’ordine, è valutato “ex-post”, cioè si valuta anche la fornitura; ad esempio
la puntualità del fornitore la si può valutare solo post, ovvero una volta arrivata la fornitura, dopo la
fornitura, così come altre performance.

 Devono gestire le relazioni con le altre funzioni aziendali, perché sono importanti per tutte le attività
aziendali, rientrano nella produzione, nel marketing e nelle altre.

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GLI ENABLER DI UN APPROVVIGIONAMENTO DI SUCCESSO

Per poter fare un approvvigionamento di successo, di cosa c’è bisogno?


 Le Risorse Umane, ovvero selezionare le persone giuste con giuste competenze
 Bisogna progettare correttamente la produzione.
Ci sono varie alternative, ad esempio in “Nuovo Pignone” gli approvvigionamenti sono organizzati per
prodotto (buyer delle valvole, buyer sistemi gas, ecc…)  quindi organizzazione per prodotto;
oppure la funzione approvvigionamenti  può essere organizzata per funzione; in questo caso non abbiamo
chi si occupa dell’approvvigionamento per ogni prodotto, ma ci sarà colui che si occupa della selezione dei
fornitori, chi del make or buy, ecc…
Quindi il personale è specializzato non sull’acquisto dei materiali per i diversi prodotti, ma nello svolgere
determinate funzioni, tipo fare gli ordini, cercare nuovi fornitori, valutarli, qualsiasi sia il prodotto che viene
realizzato.
Quindi la funzione app. può assumere diverse strutture organizzative, che poi si interfacciano con i fornitori,
ovvero la funzione approvvigionamenti di un’impresa si interfaccia con la funzione marketing dei fornitori,
essa ha un ruolo di collegamento con l’esterno, e quindi bisogna gestire questa interfaccia.
 Altra caratteristica fondamentale è avere a disposizione gli strumenti informativi corretti.
Ultimamente vi è una sempre maggiore diffusione dell’e-sourcing, la “e” sta per e-mail, e si tratta di
approvvigionamento via internet, ed esistono dei criteri per poter stabilire quando conviene optare per questa
scelta e quando no.
Un esempio già visto, che era in realtà una alleanza strategica, ovvero il “Gruppo d ‘Acquisto”  più
imprese si mettono assieme per fare gli acquisti tramite un portale internet dedicato. E ciò consente di
abbattere di molto i costi, in quanto si sfruttano le economie di scala, e si acquisisce un potere superiore
rispetto ad i fornitori.
 Fondamentale è inoltre avere un sistema di misura della prestazioni dei fornitori.
IL PROCESSO DI APPROVVIGIONAMENTO

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Come si svolge un tipico, generico processo di approvvigionamento nelle aziende.
 Il processo deve partire da qualcuno che abbia bisogno di acquistare materiali, il bisogno
dell’utilizzatore di servizi/materiali.
1. Quindi per esempio, se parliamo di materiali, la produzione per realizzare il prodotto, divano o capo
di abbigliamento o altro, deve realizzare una distinta base, nella quale sono presenti tutti i codici
prodotto da approvvigionare. E’ come se si trattasse di un cliente interno, che ha un bisogno, che va
riconosciuto dalla funzione approvvigionamento.
2. Se parliamo invece di acquisto di servizi, quelli tipicamente acquistati dall’esterno sono:
 Servizi di pulizia
 Servizi relativi alla gestione della rete informativa
 O gestione di sistemi informativi che anzichè essere comprati, possono essere solo usati, cioè pagati
per il loro utilizzo
 Trasporti e logistica (3PL)

 Quando vi è la necessità di approvvigionarsi di un qualcosa, che sia prodotto o servizio, si può


distinguere, un ordine ricorrente ed un ordine nuovo.
Ad esempio, se bisogna approvvigionare il materiale della distinta base, questo è un ordine Ricorrente,
ovvero viene fatto più volte nel tempo.
Viceversa se l’azienda deve acquistare un impianto, macchinario (di cui si occupa sempre tale funzione),
un software, che serva per gestire, oppure per la programmazione, progettazione, tutti questi non sono ordini
ricorrenti, ma bensì ordini Nuovi, acquisti fatti sporadicamente.
E’ utile quindi distinguere le due situazioni, perché anche le tecniche che si adottano sono differenti, così
come diverse sono le tecniche di analisi degli investimenti nei due casi.
 Quindi si parte da tali bisogni, c’è qualcuno che dice cosa serve acquistare, dopo di chè per poter
iniziare a fare gli acquisti, bisogna capire di cosa chi ha fatto la richiesta ha effettivamente bisogno.
Ad esempio, per il capo di abbigliamento, il tessuto, la pelle, la confezione; ma questo non basta, perché
bisogna specificare altre caratteristiche, ovviamente bisogna entrare nei dettagli delle specifiche tecniche che
dovranno avere tali materiali.
 A questo punto, bisogna andare a capire chi sono i fornitori di tale prodotto. Definito chiaramente il
bisogno da soddisfare, il processo continua con la ricerca dei fornitori che possono fare questo.
Il fornitore va identificato e selezionato, una volta che è stato selezionato, va contrattato e acquisito l’ordine,
quindi viene scelto e viene formalizzato l’ordine con lo stesso, con un contratto. Acquisire l’ordine vuol dire
formalizzare il contratto con il fornitore.
Dopo non bisogna aspettare altro che ricevere il materiale o servizio.
 Una volta che il materiale arriva, si possono valutare le prestazioni del fornitore.

Vediamo in modo approfondito cosa vuol dire  SPECIFICARE I BISOGNI DEI CLIETNI INTERNI

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Quindi:
 Descrivere materiali e servizi da approvvigionare
 Chiedere al cliente interno la quantità di cui ha bisogno, ma soprattutto le date di consegna, che
ovviamente derivano dal Piano di Produzione, infatti potrei trovare un fornitore che ha il materiale
sì, ma non può renderlo disponibile entro la data necessaria, ed in tal caso esso verrà scartato, quindi
quantità e data di consegna sono fondamentali.
 Dettagli della consegna: ovvero DOVE questi materiali devono essere consegnati.
Per esempio, se siamo nel caso di un’impresa multiplant, quindi vi sono più impianti localizzati in posti
differenti. Esempio “Peroni”, ha vari impianti, Bari, Roma, Milano e non tutti gli stabilimenti potrebbero
avere una funzione approvvigionamenti, che può essere centralizzata presso Milano.
Quindi questa gestendo gli approvvigionamenti di tutti gli stabilimenti, deve sapere la merce dove deve
andare, in quale stabilimento.
Quindi i dettagli della consegna, sono anche i Luoghi (stabilimenti) in cui queste vengono effettuate.
 Costo unitario stimato
La funzione approvvigionamenti vuole sapere tale costo, vuole avere un’idea di quale sia il valore della
merce da acquistare, per poter anche confrontare tecnicamente le offerte; motivo per il quale in tale funzione
attualmente si è diffusa la figura dell’ingegnere, perché è colui che possiede anche la competenza tecnica per
valutare se il prezzo è congruo alle caratteristiche dell’offerta, per poter fare una stima di tale costo unitario,
piuttosto che chiederlo alla produzione.
Perché la funzione approvvigionamenti, si trova ad acquistare prodotti che possono essere molto diversi tra
loro, e dei quali non conosce tecnicamente le caratteristiche, specie nei prodotti complessi; se si ha a che fare
con materie prime, ad es, il grano, è ovviamente più semplice, si va sul mercato e si chiede il prezzo, non vi è
bisogno di chiederne una stima alla produzione, ma con prodotti più sofisticati, tipo un sistema di
lubrificazione o di controllo, ho necessità di una stima, altrimenti non si potrebbe valutare offerte alternative.

IDENTIFICARE E SELEZIONARE IL FORNITORE

La funzione approvvigionamenti si occupa anche di decidere se un determinato componente viene realizzato


all’interno, o viene dato fuori. Quindi innanzi tutto si fa tale valutazione, scelta.
Le possibilità sono 3:
1. Il componente è realizzato internamente  MAKE
2. 3. Il componente è approvvigionato dall’esterno  BUY, che si divide in acquistato da un fornitore
esistente, oppure acquistato da un nuovo fornitore.

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Per quanto riguarda il processo di selezione del nuovo fornitore, si crea una lista di fornitori da contattare.
Abbiamo parlato di parco fornitori, quindi per ogni materiale/servizio, vi è una lista di potenziali fornitori;
dalla lista, se per esempio ho avuto per i tessuti 20 fornitori, di tali 20 ne prendo un numero più piccolo, ne
scelgo solo alcuni. A questi invierò una richiesta di offerta, che appunto non si invia ad un numero
elevatissimo di fornitori, anche perché poi andranno valutate e confrontate. Quindi creo lista, vedo quel
codice da quali fornitori può essere acquistato, dalla lista ne prendo solo alcuni e vi invio una richiesta di
offerta dove indico il prodotto, le caratteristiche che esso deve avere, le quantità, il tempo di consegna ed il
luogo di consegna.
E’ compito di tale funzione preparare la richiesta di offerta  RFQ “ Request for Quotation”
Quotation: sta per prezzo! Quindi si chiede al fornitore di fare una quotazione sul componente di cui ci si
vuole approvvigionare, con le quantità, le caratteristiche di consegna, il luogo; perché tutto ciò concorre a
stabilire il prezzo. Va bene per prodotti semplici.

In questo caso, come detto inviamo la richiesta di quotazione, dove sono indicate le specifiche del prodotto,
la qualità, i tempi di consegna, il luogo di consegna, e la data.
In più si stabilisce la data entro la quale le offerte verranno accettate, i fornitori infatti sanno che tale
richiesta è stata inviata anche ad altri, e se rispondo oltre la data, sono fuori. I fornitori poi fanno l’offerta.
Come detto il processo è più semplice se si tratta di materie prime, se invece si tratta di componenti più
sofisticati, dei semilavorati, è evidente che il componente che viene acquistato può essere fatto in maniera
diversa dai vari fornitori, magari fatto con materiali differenti, e di conseguenza avere prezzi diversi.
Arrivate le offerte, la funzione approvvigionamenti sceglie, il buyer confronta le offerte ricevute e sceglie chi
sarà il fornitore.

Oppure possiamo avere una “Negoziazione”

 Quando invece, ciò che va acquistato, è particolarmente complesso, ad esempio un impianto, proprio
perché è complesso, NON ci si rivolge a molti fornitori, a molte imprese.
Ma sulla base di una analisi preliminare, ci si sofferma su uno o due, che si andranno a contattare e
valutare.
Quindi se la complessità è molto elevata, si richiede anche un confronto tra l’impresa acquirente e
l’impresa fornitrice, perché quest’ultima potrebbe non avere le competenze tali da stabilire ciò di cui

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ha bisogno. Se ad esempio vi è necessità di un impianto di condizionamento, l’impresa fornitrice
saprà come è meglio realizzarlo per l’impresa che lo richiede; oppure nel caso di realizzazione di un
impianto anti-incendio, l’impresa non fa una progettazione interna, ma va all’esterno, e non si
rivolge a tante imprese, non avrebbe senso, ma ne sceglie due, e con esse attiva un processo
differente, di Negoziazione, dove insieme si arriva a definire due progetti alternativi, e poi essa
sceglierà quello che la soddisfa maggiormente.

 Si seleziona un numero ristretto di fornitori, spesso solo uno, magari di cui si ha una certa fiducia, e
con esso per iterazioni successive, tramite Negoziazione, si arriva a definire ciò che deve essere
approvvigionato ed il prezzo.

Scelto il fornitore, bisogna REALIZZARE L’ODRINE DI ACQUISTO

Tipicamente un contratto prevede tutte queste sezioni.


Il contratto che redige la funzione approvvigionamenti, e che verrà firmato dal fornitore,ha un valore legale,
impegna le parti a rispettare ciò che è scritto nel contratto, in ognuno di essi è infatti alla fine indicato il foro
competente in caso di controversie.
Nel contratto devono essere specificate chiaramente tutte le condizioni della fornitura, contiene tutte queste
informazioni: (vedi lista slide qui su): metodo di consegna, per esempio, può essere fatto via mare, via aerea,
ecc…e magari cambierà il tipo di imballo, e quindi impatta sul prezzo.
Modalità di pagamento, va indicata, poiché per esempio in alcuni casi il fornitore nel momento in cui sigla
l’ordine, può voler ricevere un anticipo; può richiedere dei pagamenti sul tempo di avanzamento della
commessa, ovvere per esempio passato 1 mese, oppure al completamento del 30% dell’opera, avrà il 30%
del valore dell’ordine, e cosi via…Oppure se il pagamento viene fatto tutto alla fine, quando viene
consegnato il bene, oppure ancora dopo N (30/60/90) giorni dalla consegna  quindi vi sono svariate
modalità, e va stabilita la tempistica di pagamento.
E le condizioni legali standard, ovvero essenzialmente il foro competente in caso di disguidi.

Gli ORDINI possono essere di due tipi:

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SPOT  viene fatto esclusivamente per quella specifica richiesta, è un ordine occasionale. Ad esempio per
fare determinati divani, ordino 100 m di tessuto, che devono essere consegnati immediatamente in una det
data, tutti assieme.
BLANKET  ordini aperti, vuol dire che non viene fatto un ordine esclusivamente per realizzare una certa
commessa, ma si fa un ordine aperto , per una certa quantità che userò magari tutto l’anno, cioè per un
periodo di tempo lungo. Ciò implica che non si vuole che arrivi tutta assieme, come nello spot, ma vengono
ordinati per esempio 100.000 m di tessuto, cumulativo di tutto l’anno, cioè un ordine che copra un orizzonte
temporale lungo.
E poi si stabilisce di volta in volta quali quantità devono essere consegnate.
Si fa un ordine ben più lungo di uno che compre semplicemente l’evasione di una commessa.
E questo è ovviamente tipico quando tra fornitore e cliente si hanno dei rapporti di collaborazione, di
partnership. Il cliente chiede per tutto l’anno si approvvigionerà dal quel fornitore specifico, di tessuti,
garantendo ad esso un rapporto di lungo termine.
Per il fornitore avere la possibilità di fare ordini aperti, è vantaggioso, in quanto gli viene garantita una parte
del fatturato; ed è vantaggioso anche per il Buyer, poiché può sfruttare le economie di scala ed ottenere un
prezzo più basso quando fa un ordine più ampio.
Inoltre per il fornitore è più “rischioso” l’ordine Spot, in quando il Buyer oggi potrebbe scegliere un
fornitore, in futuro potrebbe sceglierne un altro. Quindi tale tipo di rapporto è conveniente per entrambi, non
solo da un punto di vista di prezzo, ma anche per esempio sulla qualità, in quanto avendo un rapporto di
lungo termine, è evidente che il fornitore tenderà a migliorare il proprio prodotto per cercare di mantenere
tale ordine aperto.

Poi abbiamo la RICEZIONE DEL MATERIALE

Le merci vengono trasportate e raggiungono lo stabilimento del buyer, qui devono essere ispezionate, quindi
vi è un controllo in ingresso del materiale acquistato, e si va a verificare che ciò che è stato ordinato
corrisponda a cio che si è ricevuto. In seguito sono movimentate presso il magazzino.
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In questa attività sono coinvolti alcuni documenti:
 Ricevuta di carico: lista dove sono descritti i contenuti della spedizione, contiene tutto ciò che vi è
nel mezzo di trasporto. Essa viene confrontata con l’ordine che ha effettuato l’impresa, per osservare
evenutali discrepanze, se ci dovessero essere si stila un report con le differenze che va inviato al
fornitore.
 Bolla di carico: è usata dal trasportatore, in cui è scritto cosa vi è nel carico, di chi è, percorso e date
di consegna.

Una volta che il fornitore ha inviato la sua fornitura, se ne possono MISURARE LE PRESTAZIONI

Parte una fase di valutazione ex-post del fornitore, che ci consente innanzi tutto, nel caso in cui sia stato già
valutato in precedenza, di poter verificare se esso sta migliorando nel tempo o se invece sta peggiorando.
Ed anche di vedere come è messo il fornitore rispetto agli altri fornitori dello stesso bene.
Quindi sul fornitore ex-post si possono fare due valutazioni:
1. Una è temporale del fornitore stesso (migliore, peggiore, o uguale nel tempo)
2. Oppure confronto il fornitore con gli altri, per vedere che posizionamento ha rispetto ad essi

LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA (slide non pervenute!)


La funzione approvvigionamenti ha un po’ scalato la struttura organizzativa.
Faceva infatti parte del basso della struttura organizzativa piramidale, apparteneva ai livelli più bassi, da
nucleo operativo, perché configurava come mera funzione operativa. Pian piano ha iniziato a scalare tali
livelli, salendo ad i più elevati, i più strategici.
Quando si entra in una impresa infatti, si va a guardare a quale livello gerarchico sia la funzione
approvvigionamenti, per capire quanto essa è ritenuta strategica all’interno dell’impresa, più in basso essa è,
meno strategica sarà.
ESEMPI

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“CEO” Chief Executive Officer , capo dell’ufficio manager, capo di tutti i manager dell’organizzazione,
(executive sono essenzialmente i manager). Oppure il capo/manager della produzione, dell’ufficio
produzione è il CPO Chief Production Officer . Così si identificano i direttori generali delle diverse
funzioni, e l’amministratore.
VP Marketin: Vice president per esempio del marketing, ovvero Direttore Marketing (termini che si
possono trovare all’interno di una organizzazione.
VP Purchaising: Vice President, quindi Direttore Purchasing, cioè Approvvigionamenti.

Come si vede dai tre diversi organigrammi, la


figura degli approvvigionamenti compare a
livelli diversi:
1. Nel primo, abbiamo il Vice President
Purchaising, ovvero abbiamo un
direttore degli approvvigionamenti a
livelli molto elevati della struttura,
2. L’altra abbiamo che il Direttore
Purchaising risponde al Vice President
del Manufacturing,cioe Direttore della
produzione, quindi dipende da essa;
tipico di molte imprese, difatti il
legame tra approvvigionamenti e

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produzione è molto forte tra i legami delle funzioni aziendali.
3. Nell’ultimo, il Purchaising manager risponde al Direttore che si occupa della gestione dei materiali,
che risponde a sua volta al Direttore Manufacturing  ci sono più livelli ed il Manager Approv. È
ancora più in basso.
N.B. la parola manager come si vede, che in italiano si utilizza per delineare i livelli alti dell’organizzazione,
in realtà sono livelli gestionali, ma tipicamente la parola manager in un organigramma, non identifica un
manager di alto livello, il manager di alto livello si chiama Executive ( o Vice president oppure CEO ). Si
indicano con CIF, perchè anche la segretaria è un manager.
ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA FUNZIONE ACQUISTI
La funzione acquisti può essere specializzata su PRODOTTO o su FUNZIONE.
1. Se si presenta con specializzazione su prodotto, vi è il Buyer di diversi prodotti; così come vale per
il Marketing ad esempio una impresa farmaceutica, che magari commercializza N farmaci, ed ha per
essi un venditore per il farmaco 1, un venditore per il farmaco 2,ecc…Qui è identico, ovvero c’è una
specializzazione, però sul punto di vista degli acquisti, ovvero c’è colui che acquista tutti i
componenti per realizzare un determinato prodotto, chi per un altro. Questo è il caso come visto
sopra di “Nuovo Pignone”, ad esempio il buyer delle valvole, che acquista tutti i componenti che
servono a produrre le valvole.
Oppure ci può essere un buyer specializzato per materiale, per esempio in “Procter & Gamble” vi è il
buyer delle resine, che servono per poter realizzare i contenitori, che andranno a contenere shampoo,
sapone, ecc… E siamo sempre nel caso di specializzazione sul prodotto.

2. Oppure si può avere un organizzazione funzionale, ovvero sulla base di quali sono le funzioni che
vengono svolte da coloro che si trovano in quell’area.
Quindi chi si occupa degli acquisti, chi dell’espediting (spedizione), chi si occupa del controllo
arrivo merci, della gestione delle scorte (che fa l’ordine per rifornire il magazzino materie prime),
delle decisioni di make or buy (outsourcing, oppure insourcing) , chi si occupa delle previsioni di
domanda, chi gestisce i fornitori.
Quindi varie funzioni, sono svolte all’interno della funzione approvvigionamenti e si organizzano i ruoli in
base alle diverse funzioni, questi sono poi assegnati a diverse figure. Così si ottiene una organizzazione
funzionale.
Ovviamente invece nella organizzazione per prodotto, colui che si occuperà di approvvigionare componenti
per il prodotto x, svolgerà esso stesso tutte le funzione appena elencate, per quel prodotto. E’ trasversale
sulle funzioni.
Mentre qui è specializzato sulla funzioni.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA VERTICALE E ORIZZONTALE


Dipende dal numero di livelli gerarchici tra il vertice, il capo, il Vice president degli approvvigionamenti e la
base operativa.
Struttura VERTICALE: ha molti livelli, in essa il controllo è più alto, poiché entra in gioco l’ampiezza,
tanto più è stretta l’ampiezza del controllo, tanto più il controllo è efficacie, nel senso che è più facile
controllare meno persone.
DISEGNO:

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dopo aver deciso se la struttura debba essere funzionale o per prodotto, abbiamo detto che sopra vi è il Vice
president, o il CIF degli approvvigionamenti, poi al di sotto troveremo coloro che svolgono le attività
operative e via via salendo verso l’alto ci sono dei supervisori, chi svolge attività un po’ più di gestione.
Se supponiamo che sia funzionale avremo un Responsabile acquisti, un Responsabile Espediting, un
Responsabile dello sviluppo Nuovo Prodotto oppure Responsabile selezione nuovi fornitori, o anche un
responsabile scelte make or buy.
Dopo di chè, se parto dal RA, al di sotto potrei per esempio avere due unità operative: una si occupa
dell’acquisto delle materie prime, e l’altra invece specializzata sui servizi.
Oppure posso avere chi contatta il fornitore, e chi invece stipula il contratto, e cosi via.
Quindi una struttura VERTICALE identifica tanti livelli gerarchici, e sicuramente ogni supervisore ha una
ampiezza di controllo più stretta, e quindi è più EFFICIENTE.
Struttura ORIZZONTALE: si sviluppano in orizzontale, e sono le strutture per processi, funzionano senza
gerarchia, ma appunto in orizzontale. Quindi si specificano i processi chiave e si struttura l’unità
organizzativa come un team di persone che lavora su processi. Nel team non è presente la gerarchia, ma è
composto da persone che si trovano tutte allo stesso livello gerarchico, al massimo esso può fare riferimento
ad un Project manager. Le persone collaborano, lavorano in team per portare avanti il processo, non vi è un
ottica di specializzazione funzionale o di prodotto, ma c’è un organizzazione su processi.
I processi che sono realizzati all’interno degli approvvigionamenti: valutazione e selezione dei fornitori,
quindi vi sarà un relativo team con un suo Process Owner (responsabile del processo) cui risponde; stessa
cosa sullo sviluppo nuovo prodotto (di cui come detto si occupa la funzione approvvigionamenti), lo stesso
per gli acquisti, ecc… vi sono vari team.
Struttura PIATTA: dove abbiamo direttamente un unico livello, grande ampiezza del controllo quindi
controllo meno efficiente, ma vi è più creatività, decentramento e quindi più efficacia.
Struttura Piatta è più EFFICACIE.

STRUTTURA CENTRALIZZATA E STRUTTURA DECENTRATA


CENTRALIZZATA
La centralizzazione delle decisioni si ha quando vi è un unico soggetto che prende molte decisioni, e questo
può essere fatto quando questo soggetto si trova ai livelli alti della gerarchia, quindi centralizzazione
coincide con il prendere decisioni da parte di un unico attore che si trova in alto della gerarchia.
DECENTRATA
Decentramento vuol dire che chi sta nell’alto, delega chi sta in basso a prendere decisioni. Quindi se per
esempio si hanno 10 decisioni, tramite delega, si vanno a dare alcune di esse ad una persona, altre ad un'altra
persona…e cosi via. Quindi si divide il compito decisionale e lo si assegna a soggetti differenti, non vi è un
unico attore che prende tutte e 10 le decisioni, ce ne sono più che prendono tot decisioni a testa, in quanto
delegati dall’alto dell’organizzazione.

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E quindi anche la funzione approvvigionamenti può funzionare con più o meno delega, da parte del
responsabile, dal capo della funzione, che può delegare il basso a prendere decisioni.
Per esempio: se consideriamo l’impresa multiplant, essa potrebbe avere la funzione approvvigionamenti
centralizzata in un solo luogo, per esempio Milano, oppure averla decentrata a livello di stabilimento,
ovvero ogni stabilimento ha la sua funzione acquisti.
La struttura organizzativa divisionale, se un’impresa presenta più stabilimenti, ci aspettiamo un struttura con:
direzione generale dell’impresa, e poi vi sarà per esempio nel caso della Peroni, il direttore generale Peroni
Bari, direttore generale Peroni Roma.
Poi al di sotto del Direttore Generale Peroni Bari, ci sarà Direttore Produzione Bari, Direttore Marketing
Bari, ecc…Ora la funzione Acquisti può stare: o all’interno di ciascuna divisione oppure centralizzata per
tutti, fuori dalla divisione.

19 Maggio 2014

DEFINIZIONE DELLA STRATEGIA DI APPROVVIGIONAMENTO

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La funzione approvvigionamento è a stretto contatto con le funzioni strategiche dell’impresa e quindi fissata
la strategia di business, dobbiamo valutare e decidere quale sia la strategia di approvvigionamento più
opportuna. Analizzata la strategia di business dell’impresa, si passa a valutare la funzione acquisto e in
particolare si potrebbe applicare il modello di SWOT Analysis; in questa caso si valutano i punti di forza,
punti di debolezza, opportunità e minacce della funzione acquisto dell’ impresa. Si può anche analizzare
l’ambiente esterno tramite il modello delle 5 FORZE DI PORTER e quindi valutare da quale soggetto
proviene la maggiore minaccia competitiva. A questo punto, valutata la funzione approvvigionamento o
acquisti a livello strategico ( mediante la SWOT analysis e l’ analisi di PORTER ), si può finalmente
sviluppare e definire la migliore strategia di fornitura che serve a perseguire gli obiettivi della nostra impresa.
Dopodiché non resta quindi che implementare la strategia di fornitura scelta. I passaggi in definitiva sono
l’analisi del contesto, la valutazione della strategia di fornitura migliore e la relativa implementazione. Da
ciò si evince che esistono diverse possibili strategie di approvvigionamento che visioneremo nel prosegui
della lezione.

ANALISI DELLA FUNZIONE ACQUISTI

Innanzitutto occorre valutare a quanto ammontano le spese che effettua la funzione acquisti e quindi quanto
valgono gli acquisti per l’impresa. Abbiamo detto che tanto più l’impresa è specializzata in una fase del
processo produttivo e quindi tanto più ricorre all’outsourcing, tanto più il peso degli acquisti sarà rilevante
ossia tanto maggiore sarà il peso della funzione acquisti per perseguire gli obiettivi dell’organizzazione.
Si valuta quindi, quanti e quali prodotti sono stati acquistati negli ultimi anni dalla funzione acquisti ad
esempio per le diverse funzioni aziendali. La funzione di approvvigionamento, anche guardando la catena di
valore del Porter, risulta essere una funzione di supporto a tutte le attività primarie e questo perché il reparto
acquisti, non fa acquisti solo per il reparto o funzione produzione ma anche per supportare ogni funzione
aziendale ( ad esempio acquisto di computers per la funzione amministrazione oppure acquisto di autovetture
per gli agenti di vendita ). In un’ ottica più completa, bisogna quindi tener presente che la funzione
approvvigionamento fa acquisti per tutte le funzioni aziendali; naturalmente la funzione produzione risulta
essere quella più rilevante fra tutte queste oltre che quella più importante per chi si occupa di gestione del
flusso di materiali e di logistica. La funzione approvvigionamento in conclusione, serve a perseguire gli
obiettivi dell’organizzazione in maniere completa. Il compito fondamentale della funzione
approvvigionamenti è quello di valutare le prestazioni dei fornitori in termini di tempi e qualità. In
quest’ottica, una prestazione sicuramente da tenere sotto controllo è quella di valutare se i materiali e/o
servizi acquistati siano forniti in tempi certi e con correttezza da parte dei fornitori. Inoltre un manager della
funzione approvvigionamento nella valutazione dei fornitori, deve capire quali siano quelli più importanti;
quindi una domanda a cui deve sicuramente riuscire a rispondere è : “ Chi sono i fornitori più importanti per
l’impresa? “ Un’altra domanda che può essere importante quando si fa l’analisi della funzione
approvvigionamento, è: “ Le spese realmente sostenute si discostano dal budget degli acquisti?” In questo
caso non si fa altro che un’analisi degli scostamenti. Noi sappiamo che ad inizio anno, in tutte le aziende, si
fa un budget annuale per la pianificazione economica ed in questo budget, c’è il budget della produzione e di

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conseguenza quello degli approvvigionamenti. Quindi capire quanto questo budget previsto per la funzione
approvvigionamento si discosti da quello reale ( spese effettive ), è ovviamente indice di una buona o cattiva
gestione; questo è il motivo per cui è consigliabile fare questa analisi. Si possono fare diverse analisi per
quanto riguarda la funzione approvvigionamenti o acquisti quando bisogna elaborare una buona strategia di
approvvigionamento. Gli aspetti più importanti sono come visto:
 Quanto abbiamo speso;
 Quanto le spese si discostano dal budget che avevamo preventivato;
 Quanto abbiamo speso per ogni bene e servizio ( questo serve per capire quali sono i fornitori più
importanti );

IMPORTANZA DEI FORNITORI

Cominciamo ora a vedere come potremmo fare a rispondere alla domanda di quali siano i fornitori più
importanti. Cosi’ come nel marketing è importante sapere quali siano i clienti più importanti, qui per
implementare la capacità di servire bene i clienti importanti, è basilare sapere quali siano i fornitori più
importanti.

Un primo modello molto semplice è quello denominato ANALISI ABC, che si basa sulla legge di PARETO:

 LEGGE DI PARETO Circa il 20% dei fornitori o circa il 20% dei materiali, costituiscono l’80 %
del volume di acquisto o l’80 % del valore di acquisto. Essa risulta essere una sorta di distribuzione
di probabilità.

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Nel corso dell’anno la funzione approvvigionamento acquista un certo numero di codici (con la parola codice
si intendono sia beni che servizi ) come ad esempio 10 Kg di grano, 1000 Km di bobine per incellofanare il
prodotto, ecc Quindi letteralmente il fatto che il 20% dei fornitori costituiscono l’80% del volume di
acquisto vuol dire che, fatto 100 il volume di acquisto, siamo abbastanza sicuri che questo volume di
acquisto totale è concentrato nelle mani di pochi fornitori. Quindi l’80% degli acquisti che noi facciamo, li
facciamo a pochi fornitori e utilizziamo la parola “ pochi “, perché risultano essere il 20% del totale dei
nostri fornitori. In definitiva questa legge ci dice che la maggior parte del volume di acquisto è fatto nei
confronti di pochi fornitori. Stessa cosa vale sul valore di acquisto dove per valore si intende il valore
monetario; in questo caso invece di andare sul volume ( numero di prodotti che acquisto ), vado sul loro
valore ( valorizzazione in euro ). Quindi valorizzo ciò che ho acquistato in termini di quanto ho speso per
acquistarli e anche qui mi accorgo che l’80% del valore acquistato, viene acquistato da pochi fornitori ossia
circa il 20%. Detto ciò risulta evidente che questo 20% di fornitori che forniscono l’80% di tutto quello che
viene fornito a quella impresa, sono IMPORTANTI. Questa è l’analisi ABC che può essere fatta su qualsiasi
dimensione perché è una legge che viene sempre rispettata ( il 20% dell’unità crea l’80% di una qualche
dimensione ). Ad esempio nella gestione delle scorte ci si accorge che il 20% dei codici in magazzino,
costituiscono l’80% del valore di quel magazzino. Il fatto che il 20% dei codici approvvigionati costituiscono
l’80% del valore degli acquisti ci dice che, i codici più importanti, sono quelli presenti all’interno di questo
20% mentre tutti gli altri impattano poco sul valore di acquisto. Quindi anche se trovassi un fornitore su un
codice ( considero un codice che non fa parte di quelli contenuti nel 20% ma che si trova dopo ) che mi da un
risparmio di un certo valore ad esempio il 2%, questo conterà pochissimo perché il valore che io spendo su
quel codice è irrisorio. Se invece quel 2% lo ottengo su un codice che è presente all’interno del 20%, vuol
dire che l’impatto che avrò conseguente alla riduzione del prezzo sarà rilevante. I codici che si trovano nel
20% si chimano codici o fornitori in CLASSE A e quindi quando si sente parlare di fornitori o codici in
classe A, si sta parlando di quei fornitori che costituiscono circa il 20% del volume o valore di acquisto. Poi
ci sono i codici o fornitori in CLASSE B con cui arriviamo a circa il 90% del volume o valore di acquisto ed
infine, vi sono i codici o fornitori in CLASSE C che ci consentono di terminare e quindi ci consentono di
fare il 100% del volume o valore di acquisto. Per questo motivo si parla di analisi ABC; grazie a questa è
possibile clusterizzare i fornitori in tre classi ( A,B;C ) e si applica essenzialmente per capire quali sono i
fornitori in classe A ossia quelli che impattano molto sul valore di acquisto.

Facciamo ora un esempio di analisi ABC:

ESEMPIO ANALISI ABC

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In ogni impresa qualunque sia il fornitore, viene sempre codificato mediante un codice identificativo ( id
fornitore ); lo stesso vale per i singoli prodotti approvvigionati i quali vengono identificati anch’essi in
maniera univoca con un codice. Gli acquisti annui, dato che sono riportati in euro, rappresentano il valore di
acquisto; molto spesso è preferibile fare l’analisi ABC considerando il valore ( euro ) e non il volume ( unità
) di acquisto. Abbiamo quindi 10 fornitori e altrettanti acquisti annui fatti dalla funzione approvvigionamento
di un’impresa, nei confronti degli stessi e quindi abbiamo che dal fornitore con Id 21, l’azienda ha acquistato
950000 euro di merce e cosi via.
Data questa tabella dobbiamo capire come fare ad individuare quali sono i fornitori in classe A, quelli in
classe B e quelli in classe C, ovvero, non dobbiamo fare altro che costruirci la curva che rappresenta la legge
di Pareto. Quindi:
- Per prima cosa dobbiamo calcolare quanto vale ogni singolo fornitore sul totale del volume
acquistato dall’impresa ossia, dobbiamo svolgere il rapporto acquisti annui (singolo fornitore) / Tot
acquisti annui (totalità fornitori). Otterremo cosi per ogni fornitore una certa percentuale;
- Riscriviamo la tabella aggiungendo una colonna in cui inseriremo le percentuali cosi ottenute per
ogni fornitore. in base alle singole percentuali, andiamo inoltre ad ordinare in maniera decrescente i
fornitori;
- Nella tabella riscritta andiamo ad aggiungere un ulteriore colonna in cui andremo ad inserire la
somma cumulata delle varie percentuali. L’ultimo valore di questa colonna dovrà essere pari a 100.

Totale acquisti annui = 2335 euro


950/2335 = 0,4068 40,68 %

Id fornitore Acquisti annui (valore) % Cumulata


Fornitori in 21 950 40,68 40,68
classe A 61 750 32,12 72,8
3 250 10,71 83,51
Fornitori in 1 150 6,42 89,93
classe B 32,12+40,68= 72,8
11 130 5,57 95,5
15 75 3,21 98,71
Fornitori in 86 15 0,64 99,35
classe C 2 8 0,34 99,69
22 4 0,17 99,87
4 3 0,13 100

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Dalla tabella si evince come il fornitore con id 21 costituisca da solo il 40,68 % del valore totale degli
acquisti mentre allo stesso modo si evince altresì, come il fornitore con id 61 costituisca da solo il 32,12 del
valore totale degli acquisti. Attraverso la somma cumulata fra le percentuali, svolta nell’ultima colonna, in
pratica non si fa altro che andare a calcolare la curva rappresentativa della legge di Pareto. Infatti il primo
fornitore ( ascissa ) mi fa il 40,68% ( ordinata ) mentre il primo e il secondo fornitore insieme, mi daranno il
72,8 % e cosi via.

Rifacendosi alla legge di Pareto che afferma che il 20% circa dei fornitori costituisce l’80% circa del valore
degli acquisti, nella creazione della curva è decisamente errato procedere trovando il 20% dei fornitori
conoscendo il numero totale dei fornitori ( ad esempio ho 10 fornitori e decido a priori che il 20% di questi
cioè 2, mi dà l’80% del valore ). Bisogna infatti guardare il valore che è l’elemento che comanda ossia
l’elemento sui cui basarci per far si che la legge venga rispettata. Nel nostro esempio se prendiamo i primi
due fornitori abbiamo il 72,8% del valore mentre se prendiamo i primi tre, abbiamo l’83,51% ; dato che nella
legge è sottolineato il “circa “, non bisogna avere l’80% preciso. Quindi una volta arrivati con la cumulata al
72,8% andiamo a prendere dalla tabella in cui i fornitori sono ordinati in ordine decrescente, il fornitore
successivo ai primi due in modo tale da raggiungere circa l’80% del valore degli acquisti ( nel nostro caso
arriviamo all’83,51%).  N.B. I fornitori non vanno presi a caso in modo tale da formare l’80% del
valore degli acquisti, ma vanno presi secondo l’ordine in cui si trovano nella seconda tabella ovvero in
quella in cui sono ordinati secondo le percentuali.
Inoltre non esiste una risposta corretta nel senso che nessuno ci dirà che abbiamo sbagliato se prendiamo i
primi due fornitori che fanno il 72,8% o i primi tre che fanno l’83,51%, perché come detto nella legge
abbiamo il “circa”. La cosa in teoria è giusta in entrambi i casi ma solitamente, il criterio che comanda, si
basa sull’ordine di grandezza ovvero, nel nostro caso ad esempio, abbiamo i primi 3 fornitori nella tabella
ordinata, che impattano a due cifre (40.68, 32.12, 10.71) quindi con un ordine di grandezza equivalente. Il
quarto fornitore invece, impatta al 6,42% ovvero con un ordine di grandezza inferiore rispetto ai primi tre
fornitori ( 1 cifra prima della virgola invece che 2). E’ più opportuno dire quindi, che il fornitore tre ( id 03 )
è uno in classe A perché più simile ai primi due piuttosto che a quelli successivi ossia quelli che andranno a
costituire i fornitori in classe B ( id 01, id 11 ).

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Ovviamente questo è un esempio banale, ma nella realtà i fornitori in classe B e soprattutto quelli in classe C
tendono ad essere numerosissimi. In generale nelle aziende non si supera mai i 10 fornitori in classe A
altrimenti non avrebbe senso dire che questi sono quelli più importanti. Capiamo bene quindi che se noi
riuscissimo a negoziare con i fornitori in classe A ( id 21, id 61, id 03) uno sconto, questo avrebbe un impatto
elevato sulle mie spese mentre se lo negoziassi con il fornitore con id 04 da cui acquisto solo 3000 euro di
merce in un anno, anche se ottenessi uno sconto del 50%, avrei un risparmio di 1500 euro che rispetto al
totale del valore degli acquisti pari a euro 2335000, risulta essere irrisorio. Invece se io lo stesso sconto lo
riuscissi ad ottenere dal fornitore con id 21 da cui acquisto in un anno un quantitativo pari a 950000 euro ,
capiamo bene che un risparmio di 475000 euro su un totale di 2335000 euro risulta invece essere rilevante.
Quindi in conclusione è importante capire chi sono i fornitori in classe A perché è con questi che dobbiamo
instaurare qualunque tipo di azione che riteniamo conveniente per perseguire i nostri obiettiviAnalisi ABC
Però l’analisi ABC non serve a capire come va scelta la strategia di approvvigionamento opportuna da
adottare ma per fare ciò, si fa un altro tipo di analisi che si chiama analisi o matrice di portfolio.

ANALISI DI PORTFOLIO

Analisi di portfolio perché abbiamo un portfolio ossia una serie di opzioni di strategie di
approvvigionamento fra cui scegliere. Quindi portfolio sta nel fatto che ci sono varie opzioni ossia varie
strategie di approvvigionamento che vanno scelte in funzione delle caratteristiche del fornitore o del codice (
prodotto o servizio ) da cui o di cui ci dobbiamo approvvigionare. Quindi l’analisi ABC ci dice chi sono i
fornitore importanti dal punto di vista del valore degli acquisti che noi facciamo, ma non ci dice quale sia la
strategia cliente-fornitore più opportuna; essa sarà determinata dall’analisi di portfolio.
Esistono differenti analisi di portfolio ma noi, ci concentriamo solo su una di queste ossia sulla matrice di
Kraljic che serve a classificare i fornitori o i codici approvvigionati, in 4 classi. Quindi è una matrice che
classifica tutti i codici di cui ci approvvigioniamo ( beni o sevizi ) in 4 classi che poi vanno gestite con
un’opportuna strategia sempre suggerita da Kraljic. Queste 4 classi sono i codici:
 Non critici
 Collo di bottiglia
 Effetto leva
 Strategici

ULTERIORI OBIETTIVI DELLE MATRICI DI PORTFOLIO

Per ogni codice approvvigionato, in base alla posizione nella matrice di Kraljic, va adottata una determinata
strategia che dovrà poi essere implementata. Se le aziende non fanno questo, il compito di un manager
neoassunto è quello di modificare la strategia in modo da renderla coerente con la posizione assunta dal
codice nella matrice di Kraljic.
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MATRICE DI KRALJIC ( 1983 ):
CLASSIFICAZIONE DEGLI ACQUISTI

Sull’ordinata c’è l’importanza del bene o servizio mentre sull’ascissa troviamo la reperibilità sul mercato di
fornitura del bene o servizio o equivalentemente il rischio di fornitura. Quindi l’importanza del bene/servizio
può essere bassa o alta cosi come la reperibilità dello stesso può essere elevata ( facilmente reperibile) o
bassa ( difficilmente reperibile ). Se la reperibilità risulta essere alta ( molti fornitori di quel codice sul
mercato), vuol dire che il rischio di fornitura è basso viceversa se la reperibilità risulta essere bassa ( pochi
fornitori di quel codice sul mercato) il rischio di fornitura è alto. Grazie a queste due grandezze presenti
sull’ascissa e sull’ordinata, riusciamo ad individuare le 4 classi ossia 4 tipologie di codici differenti.
Vediamo ora nel dettaglio queste due variabili o grandezze.:

IMPORTANZA DEL BENE ACQUISTATO

Per importanza del bene intendiamo l’importanza strategica del bene o servizio e in maniera dipendente dalla
priorità competitiva aziendale, questa importanza si può misurare in termini di incidenza del costo del codice
approvvigionato sul costo totale del prodotto. Si fa quindi una valutazione codice per codice e attraverso la
contabilità aziendale, riusciamo a sapere quanto ammonta il costo unitario del prodotto ( ad esempio il costo
unitario del divano ). Alla definizione del costo unitario del prodotto concorreranno tutte le spese che noi
sosteniamo e in particolare concorreranno i costi per i codici approvvigionati ( materie prime ) che
compongono il prodotto; essi saranno quindi attribuiti o allocati al nostro prodotto. Noi sappiamo codice per
codice qual è il costo unitario di quel codice che viene attribuito al prodotto e quindi sappiamo ad esempio
quanto vale il costo unitario della pelle sul costo unitario del prodotto. Io mi immagino che questo sia un
costo elevato in termini di percentuale sul costo totale del prodotto perché ad esempio l’imbottitura costa
meno cosi come la struttura in legno rispetto alla pelle.
Ogni codice approvvigionato contribuisce a creare il costo del prodotto ma non in misura equivalente perché
ciascun codice impatta, in funzione del suo prezzo, sul costo unitario del prodotto e quindi in maniera
differente.
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Ci saranno quindi i codici che impattano molto ossia che costituiscono il 20% del costo del prodotto ( pelle ),
mentre ci saranno anche i codici che impattano in misura molto meno rilevante.  importanza del bene data
dall’incidenza del costo del codice approvvigionato sul costo totale del prodotto.
In conclusione devo decidere se il codice che sto valutando abbia un’importanza bassa o alta e per capirlo
dico: “ quanto il suo costo incide sul costo totale del prodotto? “
Questa è una misura di importanza del bene perché il compito di un ingegnere gestionale è quello di rendere
misurabili le dimensioni altrimenti, se non ci fossero le misure, ci si baserebbe solo sull’opinione delle
persone. L’ingegnere andrà quindi a creare degli indici di misura quantitativi che rappresentano meglio la
variabile che si andrà a misurare. N.B. Quando nel compito viene chiesto: “ come si misura l’importanza
del bene? “ e la risposta che viene data è: “ con il costo del prodotto “, non va bene perché deve
risaltare il concetto della creazione dell’indice.
Se infatti la strategia dell’azienda non è quella del costo, l’importanza del bene non si misura con l’incidenza
del costo del componente sul costo totale del prodotto. L’importanza del bene è un’importanza strategica
ossia quanto il bene impatta sulla capacità dell’azienda di creare vantaggio competitivo. Se la priorità
competitiva dell’azienda non è il costo ma è un’altra, forse classificare i codici rispetto al costo non è
corretto. Un’altra misura che viene tipicamente adottata, è quella dell’impatto sulla qualità e quindi: “ quanto
il codice approvvigionato impatta sulla qualità finale del prodotto?”; questa in molti casi può essere una
misura migliore dell’importanza del bene. Quindi si valuta quanto la qualità finale del mio prodotto dipenda
dalla qualità del codice approvvigionato e ad esempio per il divano, la pelle e l’imbottitura, impattano molto
in termini di qualità. Anche quando si parla di impatto sulla qualità, quest’ultima deve essere misurata; se
considerassimo la qualità della pelle ( codice approvvigionato ) per la produzione del divano ( prodotto finale
), potremmo pensare di misurarla attraverso la difettosità presente e quindi valutare la presenza di buchi, la
presenza di punti più o meno colorati di altri ecc. Quando dobbiamo approvvigionare la pelle, lo facciamo
anche in funzione del tipo di qualità che questa deve presentare (ci sono vari tipi di pelle con diversi livelli di
qualità) ciascuno caratterizzata da un proprio codice. Ci saranno ad esempio ,delle analisi che vengono
effettuate alla rottura ( prove di trazione ) e quindi applicando una certa forza, la pelle non si deve rompere.
Ci sono in conclusione tutta una serie di tecniche che servono a misurare le qualità dei diversi componenti e
quindi dei codici approvvigionati. Ovviamente se io azienda ho comprato quel codice ( componente ), devo
essere anche in grado di valutarne le caratteristiche e questo è il motivo per cui è importante la competenza
tecnica negli approvvigionamenti.  importanza del bene misurata in funzione della qualità tecnica.
Si cerca di rendere il tutto più oggettivo e misurabile possibile ed ogni codice ( bene o servizio ), va valutato
in funzione di quanto impatta sulla qualità percepita dal cliente finale. Viene sempre fatto 100 la qualità al
cliente finale e quindi se considero la pelle fondamentale riguardo la qualità del divano percepita dal cliente
finale è perché, rispetto agli altri componenti, impatta maggiormente su questa. Se io considerassi dei piedini
in acciaio del divano che hanno una resistenza alla trazione elevatissima, la qualità percepita dal cliente
finale riguardo il divano non cambierebbe perché che ci siano dei piedi che resistano a 15 000 Kg, non farà
mai variare la percezione della qualità in quanto non ci saranno mai persone che si siederanno e genereranno
un tale peso; quindi in questo caso la qualità dei piedini impatterà molto poco sulla qualità del prodotto
finale. A noi non interessa fare un ranking e quindi una scala di importanza fra i vari codici per sapere chi è il
numero uno, il numero due e cosi via, ma ci interessa solo separarli in due classi ( importanza bassa o alta in
termini di impatto sulla qualità percepita del prodotto finale ) perché ci basta un approccio manageriale che è
quasi sempre dicotomico. Che la pelle impatti un po’ più dell’imbottitura in termini di qualità percepita del
prodotto finale o viceversa, a noi non interessa perché le considereremo entrambe importanti; ciò che a noi
interessa è che siano separate dai piedini che invece considereremo poco importante a causa dello scarso
impatto sulla qualità del divano percepita dal cliente. N.B. L’importanza del codice deve essere un indice
di misura ossia deve essere misurabile e la misura dipende poi, dalla strategia dell’impresa ossia da ciò
che è importante per l’impresa. Se è molto importante il costo del prodotto, valuto l’indice come
incidenza del costo del componente sul costo totale del prodotto mentre, se per l’azienda è più
importante ad esempio la qualità , lo andrò a misurare sull’impatto che il codice ha sulla percezione
della qualità relativa al prodotto finale da parte del cliente.

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RISCHIO DELLA FORNITURA

Per capire se la reperibilità o il rischio di fornitura è alta/o o bassa/o vedo:


 Quanti fornitori ci sono di quel codice  Se ci sono tanti fornitori alternativi, vuol dire che quel
determinato bene o servizio è facilmente reperibile sul mercato di fornitura e presenta di
conseguenza un rischio basso di fornitura. Il grano ad esempio, è un codice che può essere fornito da
molti fornitori nel mercato delle materie prime e presenterà quindi un rischio di fornitura basso
perché facilmente reperibile. In genere tutte le materie prime sono di questo tipo. Viceversa se il
codice è fornito da pochi, come ad esempio il common rail su cui c’è un brevetto e per questo può
essere fornito solo da un fornitore che è la Bosch, il rischio di fornitura sarà più alto nel caso in cui
l’impresa venga a mancare. Il numero di fornitori è funzione dell’esistenza di barriere all’ingresso
nel settore dei fornitori.
 Esistenza di barriere all’ingresso nel settore dei fornitori Se le barriere all’ingresso nel settore dei
fornitori sono alte, i fornitori saranno pochi e il settore risulterà essere quindi piuttosto concentrato;
risulterà essere difficile trovare fornitori alternativi.
 Il costo e la complessità della logistica degli approvvigionamenti Il costo e la complessità dei
trasporti risultano essere un’altra variabile che impatta sul rischio di fornitura. Quando ad esempio
dobbiamo approvvigionarci di materiale molto ingombrante ci serviranno dei trasporti speciali e in
questo caso il rischio di fornitura tende ad aumentare. Stessa cosa se abbiamo bisogno di trasporti
nella catena del freddo ( trasporti refrigerati ) o trasporti sotto condizioni controllate. Tutto questo
rende infatti più complessa la fornitura e quindi il relativo rischio.

Quindi il rischio di fornitura risulta essere relativamente semplice da valutare; si tratta di capire il numero di
fornitori alternativi, di capire se il settore dei fornitori è concentrato o meno e conseguentemente se è protetto
da barriere all’ingresso o meno ed infine, di guardare la complessità del trasporto.

Fatto questo e quindi classificato ogni codice in base all’alta o alla bassa importanza ( importanza del bene
acquistato ) e in base alla bassa o alta reperibilità ( rischio della fornitura ) riusciamo a posizionare ogni
codice in una delle quattro classi della matrice di Kraljic. Sapremo quindi quali saranno i codici non critici,
quelli effetto leva, quelli strategici e quelli collo di bottiglia.

MATERIALI NON CRITICI

I codici non critici sono quelli ad importanza bassa e facilmente reperibili. Sono codici che costano poco e
soprattutto sono facilmente reperibili sul mercato.

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MATERIALI EFFETTO LEVA

Sono i codici che presentano un’importanza elevata e una facili reperibilità; possono essere usati come leva
sulla priorità competitiva. Ad esempio se la mia priorità competitiva è il costo e classifico un determinato
codice come effetto leva, vuol dire che l’importanza sicuramente è misurata sulla base dei costi e quindi
questo codice, impatta molto sui costi totali del prodotto. La denominazione “effetto leva “ deriva dal fatto
che se io riesco ad ottenere un risparmio sul codice cosi classificato, ho un importante beneficio. In
conclusione questi sono i codici su cui far leva per ottenere la nostra priorità competitiva. Quali siano i
materiali effetto leva dipende dalla priorità competitiva dell’impresa; ad esempio l’hardware elettronico è
facilmente reperibile e presenta un impatto piuttosto elevato sul costo totale del prodotto. Rifacendoci
all’esempio del divano e ipotizzando una priorità competitiva incentrata sulla qualità, la pelle risulterebbe
essere un codice effetto leva perché è facilmente reperibile oltre che importante ( impatto elevato sulla
qualità percepita del prodotto finale ).

MATERIALI STRATEGICI

I materiali strategici sono quelli che presentano un’importanza elevata e che sono difficilmente reperibili.
Questi risultano essere quindi un po’ più problematici degli altri perché sicuramente sono importanti in
termini di incidenza sul costo o sulla qualità del prodotto finale ma non sono leva, perché risultano essere di
difficile reperimento. In generale essi sono:
 Materiali diretti costruiti su specifica Sono materie prime che contribuiscono alla creazione del
prodotto finito; questi impattano molto e sono di difficile reperimento. In generale se ci
approvvigioniamo di qualcosa realizzata su specifica cliente, è evidente che quel codice diventa un
po’ più strategico.
 Imballaggi la tetrapack ad esempio è la multinazionale che costruisce quasi tutti i contenitori delle
bevande, siano esse succhi di frutta, latte ecc. Diciamo che in questo caso il materiale risulta essere
davvero strategico in quanto l’imballaggio ha delle caratteristiche che sicuramente impattano sulla
qualità del prodotto per la freschezza e la capacità di poter conservare la bevanda per più tempo, ma
altresì di difficile reperimento perché non ci sono tante imprese che fanno questo tipo di prodotto.
 Servizi logistici particolari Il magazzino automatizzato ad esempio che serve per stoccare e ci
consente di evitare la manodopera che deve andare a posizionare i componenti nel magazzino, si
programma tramite Plc e risulta essere un materiale strategico perché non ci sono molte aziende che
lo producono.
 Sistemi integratiAd esempio i sistemi di movimentazione interna dei componenti all’interno dello
stabilimento produttivo, essendo prodotti realizzati su specifica cliente, diventano materiali
strategici.

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MATERIALI COLLO DI BOTTIGLIA

Sono quei materiali che impattano poco sulla strategicità ma sono complessi da approvvigionare perché ad
esempio sono complessi da approvvigionare dal punto di vista del trasporto. Il materiale quindi non risulta
essere strategico ma è comunque difficile da approvvigionare.

Questa è quindi la classificazione dei codici approvvigionati in 4 classi secondo la matrice di kraljic.

ESEMPIO: I CODICI DI UN’IMPRESA DI DIVANI

Per pelle di profili A si intende una pelle di qualità superiore di quella di profilo B; per fusti “messi in
bianco“ si vuole indicare che la struttura del divano è già stata ricoperta con le imbottiture bianchi; i telai
metallici sono presenti qualora il divano ha la caratteristica di diventare letto; gli schiumati sono in genere i
materiali per le imbottiture; sono approvvigionati accessori per il cucito perché la pelle deve essere cucita; vi
sono vetri e specchi perché questa azienda faceva anche degli accessori oltre che produrre divani. Tutti i
materiali elencati nella slide, presentano un proprio codice identificativo.

APPLICAZIONE DELLA MATRICE


La pelle di basso profilo e i tessuti
sono più facili da reperire rispetto
alla pelle con un profilo alto
perché quest’ ultima ha un ridotto
numero di fornitori.

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STRATEGIA DI FORNITURA: ASPETTI RILEVANTI

Fino a questo momento abbiamo utilizzato la matrice di Kraljic per classificare i codici approvvigionati nelle
4 classi ma abbiamo anche detto, che questa classificazione sarebbe servita per determinare le strategie di
approvvigionamento. Per poter determinare quale sia la strategia di approvvigionamento più opportuna per
ogni codice, dobbiamo capire prima quali sono le strategie di approvvigionamento alternative a disposizione.
C’è stata un’evoluzione nelle strategie perché, prima, non ci si poneva poi tanto il problema di scegliere la
strategia di approvvigionamento più opportuna in quanto quella esistente era una e sola. Essa era quella di
“ strozzare “ il fornitore ossia la strategia di ARM’S LENGHT che vuol dire braccio di ferro. Infatti si
creava un vero e proprio braccio di ferro con il fornitore ossia, sussisteva un rapporto di forza fatto
dall’azienda per far valere tutta la sua forza contrattuale sul fornitore e fare in modo quindi, che quest’ultimo
abbassasse il prezzo. Adottare questa strategia vuol dire gestire in maniera competitiva il rapporto con il
fornitore cercando di abbassare il più possibile il prezzo; una frase tipica dell'impresa rivolta ai fornitori era
in questo frangente: " se vuoi lavorare con me, il prezzo deve essere questo ". Ciò vuol dire in un certo senso,
obbligare il fornitore ad accettare un prezzo che potrebbe essere troppo basso tale da non riuscire a coprire
neanche i suoi costi. Ma pur di lavorare, il fornitore o supplyer si vedeva costretto ad accettare questa
imposizione svantaggiosa da parte dell'azienda acquirente. Sicuramente in questo caso il comportamento di
quest'ultima può non essere eticamente corretto ma dal punto di vista del business invece, l'azienda si sta
comportando bene perché non sta facendo altro che cercare di ottenere il migliore risultato economico
possibile. Questa come abbiamo detto è una politica di gestione del rapporto cliente-fornitore ARM'S
LENGHT. Naturalmente in virtù di tutto ciò che abbiamo visto a livello di teoria fino ad oggi, risalta il fatto
che questa strategia può essere corretta con alcuni codici e quindi con alcuni fornitori mentre può non essere
corretta con altri. In quest'ultimo caso, è più opportuno adottare una strategia di PARTNERSHIP.
Esistono quindi due strategie possibili che sono quella di ARM'S LENGHT ( rapporto competitivo cliente-
fornitore ) e quella di PARTNERSHIP ( rapporto collaborativo cliente-fornitore ) e per alcune classi della
matrice di Kraljic si adotta la prima, mentre per altre la seconda. Tutto questo è ricollegabile quindi al
Supply Chain Manager mediante il quale veniva sottolineata l'importanza della gestione integrata e
collaborativa fra tutti gli attori ( imprese ) per conseguire un obiettivo che va bene per tutti e che migliora le
prestazioni al cliente finale.
Ora quindi stiamo valutando come si gestiscono i fornitori che ci forniscono codici non critici, effetto leva,
strategici e collo di bottiglia spendo che fondamentalmente esistono le due strategie estreme sopra indicate.
Naturalmente esistono anche strategie intermedie a queste due.

EVOLUZIONE DELLA STRATEGIA DI FORNITURA:


DALLA COMPETIZIONE ALLA COOPERAZIONE

L’approccio tradizionale nasce nel settore dell’ automotive in cui le aziende assemblatrici che vi operano,
hanno dei volumi e dei valori di acquisto molto elevati; la funzione approvvigionamento in queste è quindi
estremamente strategica.

99
Nel settore dell’automotive come si evince dall’analisi del Porter, una delle più importanti minacce è
costituita dai fornitori che presentano un potere contrattuale molto elevato nei confronti delle aziende
assemblatrici. Infatti queste ultime, proprio per cercare di ridurre il potere contrattuale dei fornitori, tendono
a fare delle joint venture o alleanze strategiche ad esempio vengono creati gruppi di acquisto fra le aziende
assemblatrici per cercare di fare volumi di acquisto molto più elevati e ridurre cosi il potere contrattuale dei
fornitori. Cosi facendo questi, visto i grandi volumi che si vedono richiesti, valuteranno come un qualcosa di
controproducente e deleterio l’interruzione della transazione, abbassando di fatto il loro potere contrattuale.
Quindi in questo settore la funzione approvvigionamento è strategica oltre che molto importante e da questa
inoltre, si può ottenere molto per il vantaggio competitivo.
Nel passato esistevano essenzialmente due filosofie:
 Filosofia occidentale Filosofia dell’approccio competitivo perché le imprese occidentali
provengono da una tradizione caratterizzate dal concetto che la forza è ciò che conta. Dallo studio
delle imprese dell’auto occidentali, essenzialmente quelle americane, è emerso che queste
adottavano rapporti di tipo competitivo con i fornitori.
 Filosofia orientale Filosofia dell’approccio di partnership. Le case automobilistiche produttrici
giapponesi, essenzialmente la Toyota, hanno rivoluzionato molto il concetto di gestione della
produzione in ottica collaborativa stringendo alleanze con i fornitori.

Essenzialmente quindi ci sono due filosofie, una è la filosofia occidentale che dice che il miglior modo per
gestire i fornitori e ottenere vantaggio competitivo è quello di trattarli con un rapporto competitivo e di forza
e l’altra invece, che è la filosofia orientale ( giapponese ), la quale è più improntata alla collaborazione fra
imprese e fornitori per il conseguimento degli obiettivi. I risultati hanno dato ragione alle imprese giapponesi
e quindi c’è stata una sorta di migrazione anche da parte delle imprese occidentali, verso degli approcci
molto più collaborativi. Alla fine però la letteratura dice che non bisogna essere sempre collaborativi perché
ci sono casi in cui vale la pena anche adottare un approccio competitivo.

Approccio competitivo dei rapporti significa rispondere essenzialmente ad una domanda: “ Chi sono i
fornitori migliori?”

- Sono quelli che si gestiscono con rapporti di forza sono quindi quei fornitori che presentano una
forza contrattuale inferiore di quella dell’azienda acquirente; l’azienda nei confronti di questi
fornitori potrà far valere tutta la sua forza facendoli fare tutto ciò che ritiene necessario fare.
- Sono quelli che si cambiano frequentemente L’azienda non è obbligata a scegliere sempre quel
determinato fornitore ma mette tutti i fornitori in competizione l’uno con l’altro approvvigionandosi
in una data da uno e in un’altra data da un altro fornitore e cosi via. Praticamente in questo caso
l’azienda può cambiare frequentemente i fornitori senza scegliere sempre lo stesso fornitore.
Scegliere sempre lo stesso fornitore, fa si che questo cominci ad essere rilevante nel volume degli
acquisti dell’azienda e comincia quindi ad essere importante rendendo di conseguenza più difficile e
più critico lo swich verso altri fornitori. L’azienda deve rendere i sui fornitori poco indispensabili.
- Sono quelli che offrono il prezzo più basso Quando l’azienda mette i fornitori in competizione, li
mette in competizione sul prezzo e cioè sceglie la proposta di fornitura e quindi il fornitore, che
presenta il prezzo più basso. Questo significa gestire i fornitori in ottica competitiva.

Approccio collaborativo dei rapporti o di partnership significa rispondere essenzialmente ad una domanda: “
Chi sono i fornitori migliori?”

- Sono quelli con cui si ha un rapporto di lungo termine e di fiducia reciproca sono quindi quelli che
collaboreranno con l’azienda non opportunisticamente, ma al fine di ottenere un vantaggio per tutti.
L’esistenza della fiducia richiede necessariamente un rapporto di lungo termine e quindi invece di
cambiare il fornitore frequentemente, l’azienda ne sceglie uno con cui deve avere rapporti
continuativi.

100
- Sono quelli che sono innovativi Se l’azienda stringe un rapporto di partnership con un fornitore,
questo non si sentirà strozzato e quindi sarà contento. Se il prezzo di vendita del fornitore è invece
imposto dall’azienda perché presenta un maggiore potere contrattuale, questo sarà scontento perché
il prezzo non è stato frutto di un processo di negoziazione ma solo di una imposizione. Maggiore è la
scontentezza del fornitore, peggiori sono le sue performance e questo perché se è stato costretto ad
abbassare il prezzo, da qualche parte il margine lo deve tirare fuori. Quindi ad esempio andrà a
comprare materiali più scadenti, farà aspettare più tempo per le consegne e cosi via. Perciò quando si
gestisce in ottica competitiva, è vero che nel breve periodo si ottiene un risparmio di costo ma
questo, si pagherà nel lungo termine in qualche modo vuoi per la qualità scadente del prodotto
fornito, vuoi per lo scarso rispetto dei tempi di consegna. Il fornitore inoltre non si impegnerà in
nessun modo nel migliorare il prodotto perché non è neanche certo che fra un mese continuerà a
fornire l’impresa. Tutto questo risulta non essere veritiero se l’azienda adotta un rapporto di
partnership perché in questo caso, il fornitore è sicuro di fornire l’azienda per 1 o 2 anni ( lungo
termine ) in quanto ha firmato un contratto e quindi in questo caso, il successo delle 2 imprese sarà
molto interdipendente. Se il fornitore fornisce un componente di qualità, l’azienda produrrà
anch’essa un prodotto di qualità che si riuscirà a vendere sul mercato. Entrambe sono quindi
incentivate a migliorarsi e proprio per questo il fornitore migliore, risulta essere quello più
innovativo che quindi aiuterà l’impresa nel migliorare il prodotto facendogli avere sempre più
successo.
- Sono quelli che si impegnano ad offrire qualità Sono quei fornitori che vogliono migliorare e
migliorando, portano vantaggio anche all’impresa acquirente.

101
26 Maggio 2014
STRATEGIA GESTIONE FORNITORE – CLIENTE

Ci sono 2 approcci:
 Competitivo: in cui il fornitore è visto come controparte che vuole ottenere il prezzo più basso
cercando di mettere in competizione tra loro più fornitori cercando di far leva sul proprio potere
contrattuale;
 Collaborativo: in cui il fornitore diventa partner e collabora con il cliente per ottenere migliori
prestazioni;

Secondo la letteratura, quest’ultima strategia comporta dei risultati migliori rispetto il primo approccio. In
realtà esiste un portfolio di strategie di competizione e collaborazione. Non è sempre utile adottare strategie
collaborative perché ci sono volte in cui la strategia competitiva può risultare vincente in termini di
performance.

ARM’S LENGHT (strategia competitiva)


Quando c’è una strategia di tipo
competitivo, il fornitore deve essere visto
come una controparte da cui ottenere il
prezzo più basso. Per ottenere il prezzo
più basso, dobbiamo far competere più
fornitori sulla stesa richiesta di offerta.
L’obiettivo dell’impresa buyer è quello
di far diminuire i costi. Questa strategia
si adotta quando la priorità competitiva è
il costo. Se in questo caso consultiamo la
lista fornitori (che contiene l’elenco di
tutti i potenziali fornitori suddivisi per
codice), per ogni codice ci aspetteremo
di trovare più fornitori. Questa politica di
approvvigionamento è detta
MULTIPLE SOURCING proprio
perché per ogni codice ho più fornitori. Uno strumento con cui si può sviluppare la competizione tra i
fornitori nell’approvvigionamento è internet perché permette di comunicare con più soggetti in maniera
rapida. Anche l’asta on-line è molto usato. Esistono anche portali on-line dedicati e suddivisi per categoria
merceologica che rappresentano un mercato elettronico, ovvero un luogo di incontro virtuale di domanda ed
offerta del bene, in cui, attraverso meccanismi di asta si stabilisce chi deve vendere a chi ed il relativo prezzo
(che ovviamente varia). Il fornitore non è certo di avere sempre l’ordine di quel determinato codice, quindi
dovrà abbassare il prezzo. Il buyer, per questo motivo, dovrà effettuare un controllo qualità in ingresso
perché l’abbassamento del prezzo può causare una perdita di qualità della merce del fornitore. Sempre per la
non continuità della relazione cliente-fornitore, può accadere che il fornitore possa consegnare la merce in
ritardo. È ovvio che se il fornitore riceve un ordine più vantaggioso da parte di un altro cliente, metterà in
attesa il primo ordine ricevuto (quello che aveva un prezzo basso). Alla luce di tutto quindi, le performance
di tempo diminuiscono. Nell’ultimo caso, quando ci approvvigioniamo di una certa quantità di merce, se
sono costretto a scartarne un po’ (a causa dell’abbassamento di qualità), sarò costretto ad acquistare più
merce per poi ottenere la quantità richiesta. Se invece il fornitore sarà ritardatario, dovrò acquistare più
scorte di sicurezza per il magazzino.
La strategia competitiva, ha dei costi di transazione (costi di mercato) elevati. Questi costi sono elevati
perché ogni volta che devo acquistare dovrò contattare n volte i fornitori, metterli in competizione e poi
scegliere il più vantaggioso. Anche se risparmieremo sul prezzo, avremo degli altri svantaggi. L’ordine che

102
si effettua in questo tipo di strategia è detto SPOT, ovvero una tantum in quanto non è detto che il fornitore
sia contattato più volte per i rifornimenti.
STRATEGIA DI PARTNERSHIP (strategia di collaborazione)

E’ quella che consente di ottenere una serie di


benefici, infatti chi adotta una strategia
collaborativa di solito ottiene performance al
cliente finale più alte. La parola partnership ci
fa capire che l’altra parte (cioè il fornitore),
non è un’altra parte ma è un partner con cui
condividiamo rischi e benefici. Un rapporto
di collaborazione prevede una relazione di
lungo termine. La garanzia affinché ci possa
essere una partnership è proprio il lungo
termine. Il buyer garantisce al fornitore di
essere il fornitore di quel codice per un
periodo di tempo maggiore di un anno.
Questa politica di approvvigionamento
prevede che per ogni codice ci siano pochi fornitori. In questo caso la politica di approvvigionamento è detta
SINGLE SOURCING (un fornitore) o DOUBLE SOURCING (due fornitori). Il numero di fornitori in
questo tipo di strategia è ovviamente minore rispetto la strategia competitiva. Si farà quindi un contratto
all’inizio dell’anno detto ORDINE APERTO, in cui non è specificata la quantità di merce da spedire ma
sarà indicata una quantità indicativa annua con il relativo prezzo che però potrà subire variazioni. La
motivazione più grande per cui è scelta questa strategia è il miglioramento dato dalla tecnologia volto al
miglioramento del prodotto. I partners non si limitano a collaborare nelle operations ma collaborano anche in
progetti di sviluppo congiunto.

(LA PROF. NON HA SPIEGATO NULLA MA HA DETTO DI LEGGERLE QUESTE SLIDE)

103
Il coinvolgimento tra fornitore e buyer nello sviluppo nuovo prodotto è alto. Si usa il know-how cioè le
competenze del fornitore nello sviluppo nuovo prodotto. La priorità competitiva (va oltre il costo) riguarda la
capacità innovativa di sviluppare nuovi prodotti. L’impresa buyer sfrutta la conoscenza del fornitore per
progettare prodotti migliori.

TIPOLOGIA DI PARTNERSHIP
La partnership non si limita alle operations.
Questa ha come fine quello di incrementare le
prestazioni logistiche quindi quelle operative
come costo, tempo, qualità, flessibilità. Esiste
un altro livello di partnership chiamato
CODESIGN finalizzata allo sviluppo di un
nuovo prodotto.

LIVELLI DI INTERGRAZIONE DEL


FORNITORE NEL CODESIGN
I livelli di integrazione possono essere più o
meno spinti. A seconda del livello di
integrazione esistono diversi modelli
partnership. Nello sviluppo nuovo prodotto, il
coinvolgimento del fornitore, cambia a
seconda del modello adottato dal buyer.
WHITE BOX: il buyer progetta da solo il
prodotto ed il fornitore deve solo produrlo.
(non c’è integrazione nella progettazione);
BLACK BOX: il fornitore è completamente
integrato, cioè decide in base alle sue competenze le caratteristiche del nuovo prodotto;
GREY BOX: è un livello intermedio di collaborazione tra buyer e supplier. Il “team di progettazione” si
adotta in questo modello. Il team di sviluppo nuovo prodotto congiunto è un modello organizzativo che serve
ad implementare un modello gray box.

LIVELLI DI INTEGRAZIONE OPERATIVA


Questi livelli di integrazione li abbiamo già visti quando
abbiamo spiegato le alleanze strategiche produttore –
retailer. La collaborazione avviene su più livelli che sono
quello creativo: (gestione del flusso di materiali) e quello
tecnologico.

MATRICE DI KRALJIC
Serve a classificare i materiali in 4 classi a seconda
dell’importanza strategica e della reperibilità sul
mercato del bene o servizio. Possiamo assegnare ad
ogni classe la strategia più opportuna di gestione
della relazione cliente-fornitore.

104
EFFICIENZA: è la strategia competitiva. Secondo Kraljic bisogna adottare un approccio portfolio (con
questo approccio scelgo la strategia migliore cliente-fornitore adatta al tipo di codice) cioè scegliamo la
strategia a seconda del tipo di codice approvvigionato. I materiali non critici hanno meno importanza ed
incidono poco sul costo del mio prodotto perché sono facilmente reperibili.
COMPETITIVITA’: aumenta l’importanza del bene. È una leva perché o diminuisce il costo o aumenta la
strategicità del prodotto. Ci sono molti fornitori alternativi, non si gestisce con partnership ma bisogna
puntare sulla competitività per far abbassare il prezzo.
PARTNERSHIP: il materiale è importante ed impatta sul costo e sulla strategicità. Non è facilmente
reperibile. Mi garantisco la reperibilità del bene. C’è un rischio di fornitura elevato ed è per questo che
adottiamo una partnership.
STABILITA’: il materiale ha scarso valore ma è difficile da reperire. Conviene adottare strategie cliente-
fornitore in modo da garantirsi la stabilità del rapporto. C’è un rischio di fornitura elevato.

MARKETING D’ACQUISTO

È lo studio sistematico dell’ambiente, dei mercati, dei prodotti, dei fornitori con l’obiettivo di ricercare le
migliori alternative di fornitura per soddisfare al meglio gli obiettivi aziendali. C’è un’analogia tra gli
approvvigionamenti ed il marketing. Marketing significa studiare i clienti per definire le caratteristiche che
deve avere il prodotto, il suo prezzo, il canale di distribuzione e la pubblicità. Si cerca di massimizzare le
vendite cercando di far leva su queste 4 dimensioni. Il marketing d’acquisto è lo studio del mercato dei
fornitori (a monte) al fine di configurare la fornitura per servire al meglio il cliente che in questo caso è
un’impresa stessa.

ANALOGIA CON IL MARKETING


Il rapporto azienda-cliente nel marketing
viene traslato in un rapporto tra fornitore e
azienda, nel marketing d’acquisto. Le
quattro dimensioni sono dette Procurement
mix e sono:
o Prodotto, cioè la strategia cliente-fornitore da adottare;
o Prezzo di trasferimento del codice approvvigionato;
o Comunicazione;
o Canali di approvvigionamento;

LEVA PRODOTTO
Significa scegliere la strategia cliente-fornitore più opportuna. La scelta si basa sulle caratterisctiche del
codice approvvigionato attraverso analisi ABC e matrici di portfolio.

INTERVENTI DI AZIONE
Per allineare le strategie di fornitura adottate con quelle ritenute ottimale occorre considerare il potere
contrattuale relativo della parti impegnate nella relazione. Bisogna pensare quindi ad un piano d’azione per
implementare la relazione cliente-fornitore.

ANALISI DEL POTERE CONTRATTUALE RELATIVO


 Potere contrattuale dell’acquirente si misura attraverso:
– Volume d’acquisto: tanto più è alto il potere d’acquisto, tanto più il buyer ha un maaggior potere
contrattuale;
– Quota di mercato o immagine: se l’acquirente ha una immagine rilevante, questo ha un elevato
potere contrattuale;
– Limitati costi di stock-out o rischio basso di interrompere il flusso produttivo: se l’impresa
acquirente non sostiene elevati costi nel caso in cui il fornitore ritardi o vada in stock out cioè
105
fuori scorta, perché magari ha dei fornitori alternativi oppure se è basso il rischio di interrompere
il flusso, l’acquirente ha un elevato potere contrattuale;

 Potere contrattuale del fornitore:


– Quota di capacità produttiva del fornitore è una parte rilevante della dimensione del mercato
della fornitura: è una parte rilevante della dimensione del mercato di fornitura. Questo settore, è
un settore concentrato questo significa che l’impresa che possiede la gran parte della capacità
produttiva del settore è rilevante. Non ci sono molti fornitori alternativi. Tanto più il prodotto è
differenziato tanto più il potere contrattuale è spostato nelle mani dei fornitori (per esempio il
caso delle auto);
– Specificità del prodotto/servizio è elevata: il potere contrattuale dipende anche dal tipo di
prodotto (funzionale o innovativo) e dal tipo di processo (certo o incerto);
– Esistono solide barriere all’entrata nel settore: questo implica che il settore è concentrato
perché protetto dalle barriere all’ingresso;
– Struttura dei costi del fornitore oltre il punto di pareggio: il punto di pareggio è quel volume di
produzione in cui i costi eguagliano i ricavi. Superato questo volume di produzione si comincia
ad avere un utile. Per il potere contrattuale è importante perché nel momento in cui un’impresa
non ha raggiunto il punto di pareggio, questa cercherà di raggiungerlo cercando di non perdere
clienti. Una volta raggiunto il si ha un incentivo meno forte a mantenersi i clienti perché ci
si può permettere di interrompere la relazione con una credibilità superiore.

MATRICE DEL POTERE CONTRATTUALE E AZIONI DI MARKETING

ULTERIORE ANALISI DI CRITICITA’


 Tasso di utilizzo: Quota del fabbisogno allocata ad un singolo fornitore. Quindi alloco ad un
fornitore una quota;
 Tasso di dipendenza: Quota del fatturato del fornitore rappresentato da acquisti dell’azienda cliente.

106
27 Maggio 2014
LEVA PREZZO
E’ importante al fine di identificare il migliore contratto che disciplina la relazione cliente-fornitore. Tra i
punti fondamentali troviamo:

 Analisi in dettaglio della struttura di costo del fornitore al fine di trarne elementi utili per la
negoziazione e per definire il potere contrattuale relativo

 Riparazione del rischio nei contratti di fornitura (rapporto di partnership)


- Contratto a prezzo fisso (rischio non ripartito)
- Contratto di tipo cost plus (rischio ripartito)
Che consentono la condivisione del rischio o meno tra fornitore e cliente

 Valutazione del costo di fornitura (total cost of ownership) sta a definire una leva più completa per
il calcolo del costo di approvvigionamento di un bene.

Contratto a prezzo fisso


E’ un contratto classico tra cliente e fornitore. Qualsiasi cosa volgio comprare, faccio una richiesta di Offerta
a un certo numero di fornitori e otterrò una lista di prezzi. Avvio la fase di negoziazione scegliendone uno
che mi conviene di più e con lui chiudo il contratto a prezzo fisso (chiedo questo quantitativo a questo prezzo
consegnato in questa sede). E’ un prezzo bloccato nel senso che la quantità richiesta non è consegnata
direttamente, firmato il contratto posso prevedere la consegna anche tra 3 mesi; dalla firma al contratto alla
consegna potrebbe aumentare il costo delle materie prime.al fornitore costerà molto di più, quindi con un
prezzo bloccato il Margine del fornitore si riduce. E’ per questo motivo che il rischio associato all’incertezza
del mercato è totalmente a carico del fornitore. Questo ragionamento vale anche al contrario, se il prezzo
della materia prima scende il Margine del fornitore sarà più alto e questa volta l’acquirente non beneficerà
avvantaggiando il fornitore. Lo scopo del fornitore, una volta bloccato il prezzo, è proprio quello di ridurre i
costi. Questa tipologia di contratto è diffusa per i beni standardizzati dove il prezzo rimane nel tempo
pressoché costante.

Contratto a prezzo fisso con Aggiustamento


Nel contratto precedente potrebbe essere presente una clausola dove il prezzo può essere ricalcolato a seguito
di fluttuazione dei costi delle materie prime e del lavoro sulla base di formule concordate in precedenza.

Contratto a prezzo fisso con Ricalcolo


Il concetto è simile, il prezzo iniziale rimane valido fino a quando non si raggiunge un dato livello di
produzione. Dato che al momento della firma del contratto il fornitore non è in grado di stimare a priori tutti i
suoi costi, si decide di stimare un prezzo fino a un certo volume di produzione. Quando il fornitore inizia
realmente a produrre avendo non più una stima di costo ma un dato effettivo ha la possibilità di modificare il
prezzo dimostrando che i suoi costi sono aumentati. Ideale nel caso i costi siano di difficile stima

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Contratti di tipo cost-plus
Se i contratti di prima si applicano a beni standardizzati e beni correnti, questi invece si adoperano per gli
acquisti di impianti, stabilimenti o beni come progetti, tutto ciò che è realizzato su commessa, o un bene
complesso che viene progettato. Questo perché il calcolo del costo della commessa che segue le regole del
Project Management segue dei criteri diversi. Il budjet di una commessa viene fatto per voci di costo
(materie prime, attrezzature, ecc) stimati al momento in cui si risponde alla richiesta di offerta. Tali progetti
richiedono addirittura anni per essere realizzati. Si stimano le voci di costo a budjet di commessa e le
variazioni in ogni voce vengono ripartite sul prezzo.
Lo usiamo quando:
- abbiamo un ambiente di tipo incerto,
- con contratti di lungo termine (prezzo non definito per un bene che devo offrire per due anni),
- quando necessito della possibilità di poter ricalcolare il prezzo (ordini aperti mi garantisco una %
di fatturato per due anni ma ho un rischio nel bloccare un certo prezzo quindi mi lascio la possibilità
di ricalcolarlo),
- quando c’è TRUST (fiducia) che tengano conto dei costi sostenibili,
- alta incertezza di processo e tecnologia (costo produzione),
- capacità del fornitore a ridurre i costi il buyer ne ottiene un vantaggio
- alto valore di acquisto (costruzione di stabilimenti, impianti con tempi lunghi) anche piccole
modifiche del prezzo delle materie prime si traducono, data la grandezza dell’opera, in ingenti
somme.

Cost-plus Fixed Fee (a prezzo fisso)


Si aggiungono ai costi sostenuti dai fornitori un margine fisso percentuale. Si contratta questa percentuale.
Non ci si accorda sul prezzo ma ci si accorda sul valore di tale percentuale. Io buyer ti riconosco i costi più
una certa percentuale sul costo.

Cost-plus Tempo e Materiali


Si utilizzano quando si danno in outsourcing i meccanismi di manutenzione degli impianti (stragrande
maggioranza dei casi). Il buyer riconosce al fornitore il costo dei materiali utilizzati nella manutenzione (il
pezzo della caldaia che si è danneggiato) e delle ore effettive lavorate in base al costo orario incrementato dei
costi indiretti e Margine.

Contratti di cost (risk) sharing


Ho una ripartizione tra le parti del rischio. Nei casi precedenti ci si accordava sul costo e la variazione dei
costi si ribaltava sul prezzo a spese del cliente (tutta la proiezione del costo viene ribaltata sul cliente). Non è
detto che venga ribaltato completamente, ma questa proiezione può essere ribaltata in parte sulle due parti
concordando una percentuale α di ripartizione dei rischi.
p = pbase+ α(c –pbase) dove α dipende dal potere contrattuale delle parti.

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Costo totale di ownership
Configurazione di costo intensa che tiene conto di più voci. Quando acquisto un prodotto considero che lo
sto acquistando per il suo intero ciclo di vita che ha dei costi.

�Costi di acquisto
–Prezzo base pagato al fornitore
�Costi di acquisizione
–Costi sostenuti per portare il prodotto nella location dell’acquirente (trasporto,
amministrativi, packaging, tasse)
�Costi di uso
–Installazione, training degli operatori, garanzie, manutenzione, ricambi, deprezzamento
�Costi di dismissione del bene
–Gestione impatto ambientale
–Gestione dei rifiuti
–Perdita fatturato ed immagine per difetti nei materiali

Tale distinta rende il calcolo del costo dell’ownership non di facile stima.

ESEMPIO
Un manager degli acquisti sta considerando l’opportunità di acquistare 1000 PC per la sua compagnia.
Il ciclo di vita del prodotto è stimato 3 anni:
�Costi di acquisto
–PC = 1200$ unità
–Licenze del software = 450 $ unità
�Costi di acquisizione
–Amministrazione = 200$
–Trasporto = 150$
�Costi d’uso
–Installazione = 300$ unità
–Supporto = 120$ al mese
–Supporto per la gestione della rete = 100$ al mese
–Garanzia = 120$ per 3 anni
�Costi di dismissione
-36$ unità
COSTO DEL VALORE
ATTUALE
COMPLESSIVO
Dato che il ciclo di vita è
su più anni eseguo il mio
calcolo con gli strumenti
dell’analisi finanziaria
tenendo conto che
dobbiamo attualizzare i
flussi di cassa all’istante
iniziale. Infine calcolo il
VAN per ogni anno.

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LEVA COMUNICAZIONE (analogia con marketing mix)
Determinata nel marketing di acquisto in decisioni sul livello di condivisione delle informazioni e strumenti
informatici da utilizzare.

LEVA CANALI DI APPROVIGIONAMENTO


�Scelte di organizzazione del parco fornitori
�Sistemi di vendor rating
�Scelta delle politiche di sourcing

Ottimizzazione parco fornitori (sia chi consegna che quelli contattati per una richiesta di offerta)
Bisogna avere il numero giusto di fornitori per renderlo efficiente:

–Definire il numero dei fornitori per ogni codice (prodotto e servizio) che deriva dalla politica di
sourcing dell’impresa (competizionemultiple sourcing; partnershipsingle o double sourcing)
bisogna adottare una tattica coerente con la politica che scegliamo;

–Valutare i fornitori più adatti in base alle performance richieste (es. tempi consegne);

–Escludere i fornitori che non sono in grado di offrire le performance richieste;

–Selezionare i fornitori con adeguati metodi di valutazione:


 ex ante: prima che il fornitore abbia mai effettuato la fornitura
 ex post: a valle della fornitura.

Per entrare in una lista di fornitori di un’impresa ci sono varie metodologie e l’impresa buyer adotta vari
metodi per decidere se un fornitore può entrare o meno nella sula lista dei fornitori. Viene inviata dal buyer
una richiesta di quotazione RFQ (request for quotation) dettagliata per capire le capacità del fornitore. Si
possono fare anche visite presso lo stabilimento del fornitore per osservare l’organizzazione e le sue
tecnologie (caratteristiche tecniche). Posso anche prendere informazioni dall’esterno contattando altri clienti
di quel fornitore.

Strategie di riduzione dei fornitori (Black List)


�Eliminazione dei fornitori con prestazioni inadeguate
�Eliminazione di approvvigionamento multiplo
�Integrazione di componenti distinti in un sistema (caso dell’auto modularizzazione)
�Uso dei fornitori di primo livello per coordinare la fornitura di altri componenti

Valutazione dei fornitori (oltre il prezzo) progettare il sistema di vendor rating


�L’oggetto della valutazione varia  oltre le prestazioni: Tempo Qualità Prezzo Affidabilità Flessibilità
–Complessità della fornitura
–Integrazione logistica
–Complessità del materiale Bisogna trovare partner che sono oltre
–Impatto sul processo produttivo che veloci ed affidabili anche capaci di
collaborare, integrarsi nella SC.
�Due fasi
–Ex ante: Valutazione preventiva del potenziale
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–Ex post: Valutazione consuntiva delle prestazioni erogate

Problemi delle misura


Dobbiamo definire un indice qualitativo o quantitativo (più oggettivo, quindi più riesco a definirlo meglio
è). A tal fine utilizzo delle scale di valutazione, le più usate sono quelle di tipo ordinale che vanno da 1 a
10 ad esempio. Posso così rendere quantitative misure qualitative (scala 1-4 completamente in
disaccordo-completamente in accordo).

Valutazione preventiva (bisogna sempre tener conto del contesto delle misurazioni)
�Capacità progettuale (dimensione= variabile da misurare, che è diverso dalla misura)
–numero progettisti presenti, investimenti per ricerca e sviluppo, numero di progetti realizzati in
passato
�Sistema produttivo
–tecnologia, personale, attrezzature (capire le performance operative dell’impresa)
�Capacità manageriali
�Sistema qualità e certificazioni
�Precedenti esperienze/referenze
�Situazione economica-finanziaria (indici di redditività, di bilancio)
�E-commerce capability (approvvigionamenti via internet per capire le capacità dell’azienda considerata)

Valutazione ex post dei fornitori (valuto il fornitore sulla fornitura)


I criteri di valutazione sono di tipo:
a) economici finanziari
b) di prestazione
c) tecnologici
d) organizzativi, culturali e strategici

a) Fattori economici e finanziari


–margine del fornitore
–stabilità finanziaria del fornitore
–dimensione ed esperienza del fornitore
b) Fattori di prestazione
–Tempi
–Affidabilità delle consegna
–Qualità
–Prezzo
Sono le variabili da misurare, non gli indici di misura. Se chiede: definire un indice di misura relativo al
fattore di prestazione e uno risponde il tempo… è sbagliato perché il tempo non è un indice di misura
perché è quello che voglio misurare. La domanda è come misura la qualità? Come misuro i tempi?
Se voglio valutare il fornitore rispetto la rapidità: Time to Market
Se voglio misurare il tempo dei flussi operativi: Lead Time di evasione dell’ordine
Se voglio misurare l’affidabilità: Numero dei giorni medi di ritardo
Se voglio misurazioni sul prezzo: valuto se il fornitore nel tempo riesce ad abbassarlo
c) Fattori tecnologici
–Abilità a seguire i cambiamenti nella tecnologia (innovazione indice di obsolescenza tecnologica)
–Tipo e profondità delle capacità correnti e future del fornitore
–Velocità di sviluppo del fornitore (n° nuovi prodotti sviluppati in un certo intervallo di tempo)

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–Protezione del brevetto del fornitore (nei rapporti di partnership devo assicurarmi che il fornitore mi
protegge)

d) Fattori organizzativi, culturali e strategici


–Influenza sulla posizione nel network dell’impresa
–Capacità di integrazione interna ed esterna del fornitore
–Adattamento strategico tra cliente e fornitore
–Capacità del top management
–Compatibilità tra funzioni e livelli delle imprese cliente e fornitore
–Rischio ed incertezza di trattare con i fornitori
–Fiducia nella relazione con il fornitore

Costruzione sistema Vendor Rating


E’ un sistema di valutazione dei fornitori che deve dare come output il rating dei fornitori (punteggio di ogni
fornitore). Sulla base di quel punteggio li posso ordinare dal fornitore migliore al peggiore. Valuto il
fornitore su diverse posizioni avendo un unico valore. Per fare questo devo:

1.Costruzione degli indici (variabile per variabile)


2.Determinazione dei pesi degli indici
3.Applicazione degli indici alle forniture
4.Calcolo del vendor rating
1.Media ponderata dei livelli di performance registrati per fornitore per ciascun codice

Ma questi indici misurano le prestazioni logistiche, ma noi sappiamo che le imprese non competono su tutte
le dimensioni ma hanno delle priorità competitive ritenendo delle dimensioni più importanti di altre,
puntando su quelle creano vantaggio competitivo. Quando calcolo la valutazione complessiva del fornitore
questi 4 indicatori non peseranno allo stesso modo. Ogni impresa sa qual è la priorità competitiva principale
per valutare un particolare fornitore. Definita la “batteria” di indici rispetto la quale valuterò i fornitori devo
definire il peso di ogni indicatore, la somma deve fare 100. Applico a questo punto gli indici alle forniture
che voglio misurare, poi faccio la media ponderata per calcolare il valore finale.

ESEMPIO

Voglio costruire un sistema di Vendor Ratting su queste dimensioni:


PRESTAZIONI INDICI PESI A B C
LOGISTICHE

Tempo Giorni medi di ritardo sulle forniture (no giorni di 0,3 10 2 3


ritardo)

Qualità N° difettosi per lotto 0,2 10% 5% 6%

Capacità %R&S/fatturato 0,1 2% 3% 20%


Innovativa

Fiducia Con quanti clienti ha rapporti da più di 5 anni 0,3 2 5 5

Questionari: quanto sei d’accordo o disposto da 1 a 5

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Struttura Indici reddditività: ROI, ROE, indici di liquidità 0,1 2,3% 1,2% 1,5%
Finanziaria

Tra le prestazioni logistiche ho: tempo, qualità, capacità innovativa, fiducia, struttura finanziaria. La somma
dei pesi deve dare ovviamente 1, così pesiamo l’importanza dell’indicatore. Nel nostro caso la priorità
competitiva è il tempo e la fiducia. Ora devo misurare in base ai tre fornitori ABC (che non sono gli ABC
dell’analisi ABC). Per il calcolo della media ponderata .
 faccio prima la NORMALIZZARE rendendo i valori adimensionali. La normalizzazione non è detto
che sia la cosa migliore perché potrei avere dei valori inversi rispetto a quello che attendo: la ricerca
e sviluppo… il valore più alto è meglio, se normalizzo rispetto al più alto, C sarà il più bravo (1)
mentre A e B sono scarsissimi ma può essere che nel settore di questa fornitura il 2% di A
corrisponde ad un’alta innovazione; lo stesso discorso vale per il ROI. Il valore del ROI non ha
senso se non si pensa al settore di riferimento. Ci sono settori attrattivi e settori meno attrattivi con
ROI medio di 5% o di 0,3%. Nel settore con la media del 0,3% se ho 1% sono bravissimo e ho il
vantaggio competitivo in tale settore. Il vendor rating è comunque un valore complessivo.
Infine dei conti devo NORMALIZZARE rispetto quello che io ritengo essere il valore di riferimento.
Se per me anche un giorno di ritardo è inaccettabile dovrò ragionare normalizzando in tal senso.

 Oppure introduco dei range (1-5; 1-10): una scala ordinale che decido io su ogni dimensione.

Alla fine otterrò un numero per ogni fornitore e posso ordinarli.

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3 Giugno 2014

Fino ad ora abbiamo parlato di strategie per gestire il rapporto con i fornitori. Ci sono (come abbiamo già
detto) strategie di natura collaborativa e strategie di natura competitiva.
Esistono 4 diverse politiche di approvvigionamento:
 Single sourcing: è quando abbiamo un unico fornitore per codice quindi l’impresa adotta questa politica,
quando ogni codice è approvvigionato da un singolo fornitore. La stategia è ovviamente una partnership.
Quando si adotta una strategia di single sourcing:
o Acquirente impresa high-tech con prodotti in serie limitate sulla base di specifica cliente
o Acquirente realizza prodotti con tecnologie specializzate
o Time to market è fattore critico
o Costo totale di acquisto è alto rispetto al prezzo del bene

 Multiple sourcing: si adotta quando la strategia è la competizione. Ci sono più fornitori per ogni codice
che vanno messi in competizione;

Quando si adotta una strategia di multiple sourcing:


o Non vi è necessità di integrazione tecnologica
o Materiali standard (commodity)
o Strumenti informatici che abbattono i costi di set up e di trading (commercio elettronico)

 Double sourcing.
 Parallel sourcing.

STRATEGIA E COSTI

Il costo di set up è il costo sostenuto per creare una relazione (single, double o multiple). questi costi sono
alti nel fornitore singolo perché devo scegliere il fornitore che mi garantisce le migliori prestazioni. Quindi i
costi da sostenere in questo tipo di politica saranno alti. Al contrario i costi di set up sono molto bassi nel
multiple sourcing.
Il costo di trading è un costo relativo al portare aventi la relazione. Ovviamente questi costi sono bassi nel
single sourcing perché una volta che sono diventati partners è evidente che lavorando sempre insieme, i costi
per portare aventi la relazione sono bassi.
Il costo di competitività e quello di switching, nel caso di single sourcing sono elevati a differenza del
multiple.
Quindi si può ben vedere, come la politica di single sourcing è molto impegnativa a livello economico
soprattutto a causa dei costi di competitività e quelli di switching. Nel momento in cui siamo legati ad un

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unico fornitore, e per un motivo qualsiasi pensiamo di cambiare il partner, la scelta di cambiare comporta
costi elevati perché è come se dovessimo iniziare da zero una nuova relazione. Questi costi sono i costi di
switching. Nel multiple sourcing ho tanti fornitori alternativi, quindi switchare da uno all’altro non crea
costo.
Il costo di competitività è quanto dipendiamo dal fornitore. Se noi siamo in un legame di single sourcing
dipenderemo totalmente da quell’unico fornitore. Quindi abbiamo capito che la strategia di single sourcing è
una strategia rischiosa e rappresenta una variabile (nella matrice di LEE) che provoca un rischio di fornitura
alto perché ti leghi ad un’unica fonte di approvvigionamento che può venir meno per tante ragioni.
Le seguenti sono due varianti del single sourcing che sono state sviluppate per mitigare i problemi del single
sourcing.
 Double sourcing (doppio fornitore): abbiamo due fornitori per codice e tra i due esiste il fornitore
principale. È una modifica della politica di single sourcing, dove rimane privilegiato il fornitore
singolo (colui cui l’impresa buyer affida la maggior parte dell’approvvigionamento di quel prodotto).
Per esempio il fornitore principale fornisce l’80% e l’altro fornitore il 20%. Al secondo fornitore
viene assegnata una piccola fornitura (backup) perché se per un motivo strano il fornitore principale
venisse a mancare si può intervenire con rapidità perché quest’ultimo fornitore conosce già il codice
da approvvigionare.

Quando si adotta una strategia di double sourcing:


o Quando ci sono rischi elevati di comportamenti opportunistici del singolo fornitore
o Prestazione di flessibilità

 Parallel sourcing: L’impresa buyer decide di adottare una politica di single sourcing per famiglia di
prodotto. Per esempio gli pneumetici vanno su diversi modelli di auto, l’approvvigionamento di
questo codice sarà fatto da una singola impresa per ogni modello (per esempio fiat 500) mentre su un
altro modello (per esempio Panda) il fornitore sarà un altro. I due fornitori vanno quindi in parallelo.
In questo modo incentiviamo la partnership come fornitore perché ho un fornitore singolo però
limitando i rischi dell’approvvigionamento singolo da un unico fornitore. È ovvio che posso decidere
di cambiare fornitore e di renderlo fornitore di più modelli di auto.
Single e double sourcing  prodotto strategico
Multiple sourcing  Prodotto non strategico o leva
LOCAL VS. GLOBAL SOURCING
Un’altra variabile che serve a caratterizzare la strategia della supply chain è il livello di
internazionalizzazione, cioè quanto la supply chain è spread cioè diffusa in vari paesi. Tanto più una supply
chain attraversa paesi diversi (cioè ha un fornitore da una parte, un fornitore dall’altra, lo stabilimento in un
altro punto e così via) tanto più il livello di internazionalizzazione cresce. Quando ci focalizziamo
esclusivamente sulla fornitura si parla di globalizzazione della fornitura la cui politica di
approvvigionamento è detta global sourcing. Una politica di local sourcing è una politica in cui si scelgono
fornitori localizzati nelle vicinanze dell’impresa buyer. Il modello competitivo in cui i fornitori sono
localizzati tutti vicini è il distretto industriale ovvero localizzazioni d’imprese, che realizzano fasi diverse del
processo di produzione, che sono vicine l’una all’altra. In questo caso la politica di approvvigionamento è
una politica local perché le imprese sono localizzate nelle vicinanze piuttosto che scegliere fornitori che si
trovano a km e km di distanza.
Il global sourcing consente di perseguire un vantaggio di costo perché posso scegliere fornitori laddove il
costo della manodopera è basso quindi anche il prodotto viene venduto ad un prezzo molto più basso. Questo
perché anche il costo dei trasporti si è notevolmente abbassato.
Vantaggi per il global sourcing:
- Sviluppo delle infrastrutture logistiche;
- Accordi internazionali tra i paesi quindi c’è una maggiore apertura al commercio internazionale, i
paesi siglano accordi per lo scambio libero delle merci e questo favorisce il global sourcing;
- Minor costo del lavoro;
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- Fornitori world class che sono i fornitori più bravi al mondo indipendentemente dalla location del
fornitore;
- Aumento della competizione;
- Risorse esclusive;
Il local sourcing ha un vantaggio di costo per quanto riguarda il costo dei trasporti perché avendo i fornitori
nelle vicinanze abbassa i costi logistici. La strategia da perseguire è l’efficacia perché essendo i fornitori
vicini, i tempi si riducono e la flessibilità aumenta.
Vantaggi del local sourcing:
- Ridurre i costi logistici;
- Aumentare affidabilità e rapidità;
- Collaborazione stretta e JIT delivery;
- Obblighi contrattuali da parte del cliente;
- Norme protezionistiche;

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