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INTRODUZIONE ALLA OPERATIONS STRATEGY

Livelli di analisi
Il primo livello di analisi è quello dell’ambiente competitivo (network level), poi delle mura
dell’azienda, cioè dell’azienda nel suo complesso (corporate level) per poi passare al livello
business, cioè ai vari business che l’azienda porta avanti: ogni impresa ha modelli di business, cioè
un modo in cui crea valore che può cambiare a seconda di come si interfaccia con clienti,
dipendenti, ecc. ed è molto path dependent, cioè dipende dalla storia personale. Ad esempio
Apple punta molto sull’innovazione quando lancia un prodotto: con ogni nuova versione vuole
ribaltare lo status quo, presentando sempre prodotti che sembrano migliori. Nonostante ci siano
poi i followers, gli imitatori, ad essi manca una storia personale. Apple stessa in realtà è una
follower, perché per esempio hanno imitato gli mp3, ma sono riusciti a fare la differenza con i-
tunes, che coinvolge gli stessi produttori di musica.
Scendendo si arriva al functional level, che comprende funzione marketing, funziona finaziaria,
ecc. Infine si ha il livello delle operations, che comprende logistica, produzione, reparto acquisti,
ecc.
Ognuno di questi livelli segue una strategia: si vanno a formare così 4 livelli strategici, l’ultimo dei
quali è l’operations strategy.

Una supply network, rete di fornitura, prevede una focal film su cui si focalizza l’analisi, i suppliers
(fornitori) e i customers (clienti). Per studiare tutto il network potremmo risalire dei vari livelli fino
ad arrivare ai fornitori secondari, fornitori dei miei fornitori, per quanto riguarda l’upstream (a
monte). Dal lato del downstream, a valle, abbiamo i clienti e i clienti dei clienti. Più si sta a valle più
si ha marginalità e controllo della catena, per esempio Mediaworld che si fa pagare molto per
vendere posti di esposizione privilegiata – grande distribuzione - (nonostante ci siano eccezioni
come la Fiat, che è solo produttrice ma le concessionarie non hanno alcun potere contrattuale,
sono solo strumenti). A valle dell’intera rete di fornitura c’è il point of use, rappresentato dal
cliente finale, a monte il point of origin. Spesso, per esempio nel caso della Ferrero, il cliente
diretto sono i supermercati e la grande distribuzione, tuttavia le operazioni di marketing sono
indirizzate alle masse, perché sono più di impatto e traggono vantaggio dal fatto stesso di
avvantaggiare il cliente diretto, cioè il supermercato. Un’impresa forte cerca sempre di controllare
la rete di distribuzione e i fornitori, per la qualità, ma anche per evitare una dipendenza eccessiva.
Talvolta si può verificare l’effetto frusta (bullwhip effect o effetto Forester), in seguito a particolari
promozioni di una catena distributiva, che portano velocemente ad esaurire le scorte e quindi a
rimandare grandi ordinativi in produzione, chiamando in causa anche i fornitori e i fornitori dei
fornitori, che spinti da questa apparente crescita delle vendite produrranno di più, spesso senza
sapere che il tutto era dovuto ad un fenomeno eccezionale.

Definizioni di operations management


Schroeder: è lo studio del decision making
Chase e Aquilano: è la gestione di risorse necessarie per produrre beni e servizi
Hill: riguarda la gestione di risorse fisiche per la produzione o la fornitura
Krajensky e Ritzmann: direzione e controllo dei processi che trasformano gli input in beni e servizi
Lowson: è la gestione di risorse e servizi che creano la produzione

In sostanza possiamo dire che è la gestione dei meccanismi che portano alla produzione. È molto
connesso al controllo delle prestazioni, prima tra tutte l’efficienza. Si tratta di uno dei maggiori
centri di costo, che impiega circa il 70% dell’asset e che vede circa il 70-80% degli impiegati, anche
nelle aziende di servizio. È la prima area in cui si va a tagliare durante una spending review.

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Flusso logistico
Difficilmente le imprese coprono tutto il flusso logistico.
Le attività aziendali possono essere
- Attività di routine: operations management (OP)
- Attività di cambiamento e /o innovazione: project management (PM)
La gestione aziendale può essere
- Caratteristica
o Processo di evasione di ordini (standard)
o Processo di innovazione (non standard)
- Extracaratteristica

Prestazioni operative
Tra OP e PM cambiano anche gli obiettivi, le prestazioni operative.

Operations management:
- Qualità: Conformità rispetto a quello che abbiamo pianificato strategicamente
- Tempo: standard, come da previsione
- Costo standard, sulla base proprio della conformità voluta e i tempi, a meno di variabili
come la domanda
Project management:
- Qualità: elevata
- Tempo: Time to market: tempo che intercorre tra l’ideazione del prodotto e la sua
immissione sul mercato
- Costo: Budget
L’OP deve reagire agli imprevisti, per esempio variazioni della domanda, mentre il PM ha il
problema di standardizzare un processo che intrinsecamente non lo è.

Qualità
Spetta all’PM fare qualità di livello, che si realizza a monte, in fase di progettazione. È compito poi
dell’OM mantenere i livelli di conformità (far trovare il prodotto perfettamente integro al cliente,
nel momento giusto, ecc.).
Tempo
Nell’OM si parla di tempo per intender i tempi standard di rifornimento, produzione o di consegna
ai clienti; nel PM si parla di tempo come di time to market. Tutte le fasi devono essere controllate
sotto il profilo temporale.
Costo
Nell’OP si cerca di rispettare il costo standard; nell’PM non si hanno costi standard, quindi si fa
riferimento ad un budget.

Posizioni manageriali
Operations manager: coordina globalmente la funzione operations, tutte le attività operative.
Prende anche decisioni strategiche, definisce la politica e si occupa del budgeting.
Material manager: gestione ed integrazione del flusso dei materiali, dalle materie prime al
prodotto finito.
Inventory manager: definisce la quantità corretta da ordinare, nel momento giusto, fornendo al
cliente il miglior servizio possibile minimizzando i costi

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Purchasing manager: si occupa degli acquisti, negozia sul prezzo, seleziona i fornitori e ne valuta le
performance.
Production control and scheduling manager: sviluppa il piano di produzione
Quality manager: definisce gli standard qualitativi, sviluppa sistemi e standard di controllo di
qualità e assistenza ai lavoratori per produrre qualità
Facility manager: si occupa di progettare, pianificare e controllare le strutture, gli impianti, i
macchinari compreso il layout.

Main topics in OM (non a memoria)


Processo: bisogna saper scegliere che tipo di processo adottare (job shop ecc.) e gli attrezzi
necessari
Capacità: devo decidere la grandezza dell’impianto e la localizzazione
Magazzino: devo decidere la dimensione del magazzino
Forza-lavoro: devo definire chi fa cosa e progettare incentivi
Qualità: devo decidere lo standard qualitativo e il sistema di controllo. Per farlo devo per esempio
introdurre ispezioni, sia interne che esterne, per esempio ai fornitori.

OPERATIONS STRATEGY

Il ruolo della funzione operations


L’Operations può derivare dalla business strategy, essere cioè l’implementazione. Tipicamente
però si lavora congiuntamente tra business e operations strategy: in qualche modo quindi
l’operations può supportare la strategia di business; tuttavia se l’operations è particolarmente
forte, per esempio punta su un’elevata qualità, può essa stessa essere il driver della business
strategy, che può puntare su quei punti di forza.

Operations strategy vs management


Tipicamente la scala temporale su cui lavora l’OM è a breve termine mentre l’operations strategy
a lungo. Il livello di analisi è di “cella” per l’OM, micro, mentre complessivo –macro- per l’OS.
Il livello di aggregazione è dettagliato per l’OM, che si chiede cose specifiche come che cosa
installare nel proprio business lounge, mentre è aggregato per l’OS che vuole comprendere per
esempio la capacità complessiva dell’azienda comparata rispetto ai competitors. Infine per quanto
riguarda il livello di astrazione, l’OM è concreto, si occupa per esempio di scegliere quali pasti
fornire ai clienti, mentre l’OS è generico, si occupa per esempio di considerare quale servizio può
importare maggiormente ai clienti.

Evoluzione dell’OS e riconciliazione.


Negli anni ’70 c’era una netta divisione, alla genesi dell’OS, tra politiche produttive, che si
occupavano del what we do, perciò compivano le scelte produttive, e politiche di mercato, che si
occupavano del what we need, perciò pensavano alle prestazioni esterne.

Skinner mise in evidenza un collegamento mancante, la manufacturing strategy, che poi si


evolverà in Operations Strategy, che ha lo scopo di legare le scelte produttive alle prestazioni
interne.
Si comincerà così a tenere in conto del what we want (prestazioni interne), accanto al what we do
(scelte produttive), adeguando le prestazioni interne qualora non lo fossero o puntando su quelle
se fossero particolarmente performanti. Accanto alla manufacturing strategy rimane la marketing
strategy che si occupa delle prestazioni esterne e del what we need.

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Business e manufacturing strategy sono interconnesse (hanno una doppia freccia).

Evolvendosi la manufacturing strategy si trasforma in quella che noi oggi chiamiamo operations
strategy.
La marketing strategy si occupa del what we need, tenendo conto dell’output di mercato, mentre
l’operations strategy parte dal what we have, do e want (devo poter realizzare operativamente
quello che voglio), sempre tenendo conto dell’input di mercato.

L’operations strategy è l’incontro tra l’approccio Resource driven e quello Market driven.

Resource driven strategic approach: è essenziale capire risorse e processi disponibili, per guidare
la strategia. Per risorse e processi si intende risorse tangibili e intangibili, processi e capacità
operative. Sulla base della strategia si definiscono le aree decisionali (sviluppo e organizzazione,
rete di approvvigionamento, ecc.) e si vanno a definire le prestazioni interne di qualità, tempo,
flessibilità, ecc. E’ sempre necessario tenere conto delle risorse che si hanno a disposizione, per
orientare la strategia. Per esempio Sony deve tenere in conto che non possiede il know-how per
realizzare buone lenti e si deve rifornire da esterni.
Market driven strategic approach: bisogna analizzare il proprio posizionamento, i competitors, i
clienti, studiando i mercati. Le inchieste di mercato sono dinamiche, eterogenee, perché il cliente
vuole sempre cose personalizzate e incerte, perché nascono le mode, ecc. Sulla base delle analisi
di mercato ci si occupa delle performance esterne, per esempio il prezzo, il prodotto, il livello di
servizio.

L’operations strategy deve affrontare il conflitto tra i due diversi approcci. La difficoltà di
cambiamento, la complessità e i vincoli tecnici dell’approccio delle risorse, e la dinamicità,
eterogeneità e l’incertezza del mercato.
Essa è l’intero insieme di decisioni che modella le potenzialità a lungo termine di ogni tipo di
operazione e il loro contributo alla strategia complessiva, attraverso la riconciliazione delle
esigenze del mercato con le risorse operative (Slack and Lewis).
Spesso scegliere se produrre MTS, PTO ecc. è una vera e propria scelta strategica rispetto alle
modalità di risposta al mercato, sulla base sempre delle risorse disponibili.

Some questions to be answered


L’operations strategy ha il compito di rispondere ad alcune domande fondamentali:
- C’è qualcosa che possiamo, almeno momentaneamente, sacrificare?
- Dove saranno situati gli impianti?
- Che tipo di impianti ci servono?
- Come potremo migliorare e svilupparci?
- Quali capacità interne dovrebbero essere sviluppare per il successo a lungo termine?
- Quali processi e tecnologie sono richieste?

La strategia operativa va vista nel


- Contesto
- Contenuto
- Processo

Strategia operativa nel contesto

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Nel 2000 Ward e Duray affermarono che l’effetto del contesto esterno sulla strategia operativa
non fosse diretto, ma fosse mediato dalla strategia competitiva, così come la relazione tra
strategia competitiva e prestazioni dell’impresa non fosse diretta, ma mediata dalla strategia
operativa.

Contesto esterno
I principali attorni del contesto esterno sono competitors, clienti e fornitori; i principali fattori
esterni sono il costo della forza lavoro, dei materiali in acquisto, le tecnologie, le leggi, fattori
demografici, politici, culturali, ecc.

Contesto interno
I principali fattori interni sono la disponibilità di risorse finanziarie, la disponibilità di risorse
materiali, la localizzazione e l’età degli impianti, capacità e abilità della forza lavoro, l’esistenza di
una cultura dell’organizzazione, di routine, procedure operative, conoscenze, brevetti, ecc.

Strategia operativa nel contenuto


Una delle principali declinazioni della strategia operativa sono le scelte strategiche e le
performances.

Performances
 Costo: si deve tener conto del fattore interno dei costi di produzione, della produttività
totale ma anche individualmente di quella del capitale e della produzione; tutto ciò va ad
impattare anche sul livello di prestazione esterna del prezzo
 Tempo: si deve tenere in considerazione il lead time di approvvigionamento e il lead time
di produzione (tempi di set-up, ecc.), che si traduce in prestazioni esterne di affidabilità di
consegna, frequenza di introduzione di nuovi prodotti (grazie al basso time to market) e
velocità di consegna
 Qualità: si tratta di qualità di materiali in ingresso, qualità dei prodotti e qualità dei costi.
Questo si ripercuote esternamente sulla qualità percepita che, dal momento che è
soggettiva, deve essere indagata dall’impresa in termini di maggioranza di mercato.
 Flessibilità: può essere considerata la derivata rispetto al tempo delle altre performances; a
livello interno si traduce in capacità di variare il mix produttivo, il volume o il processo.

Priorità competitive
I quattro aspetti di performances sopra elencati rappresentano le priorità competitive su cui
un’azienda può decidere di puntare maggiormente. Si tratta della traduzione di una strategia in
priorità competitive da cui derivano vantaggio competitivo e risultati economici.

Costi: più riesco, a parità di prestazioni, a risparmiare, e maggiore sarà il mio profitto.
 Spese operative: lavoro, materiali, energia, ecc.
 Spese di capitale: terra, macchinari, impianti, ecc.
 Working capital: tempo che intercorre tra quando mi entrano i soldi e a quando mi escano.
Posso cercare di ridurre questo tempo. Le grandi imprese come Carrefour possono avere
prezzi pià bassi perché hanno grande potere contrattuale verso i fornitori che faranno
prezzi migliori; ma il vantaggio principale è che il cliente paga subito, mentre poi i fornitori
li paga molto dopo. In questo senso può essere conveniente anche avere questi tempi
lunghi. Addirittura hanno così tanta liquidità da prestare loro stessi soldi ai propri
consumatori (finanziarie proprie).

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Qualità: si traduce in alte prestazioni e qualità costante (cioè duratura nel tempo). Per esempio
nell’ambito ospedaliero si può tradurre in pazienti che ricevono il giusto trattamento, che vengono
sempre tenuti informati, ecc. Nel supermercato si può tradurre in beni in buone condizioni,
negozio pulito e ordinato, ecc.

Tempo: ha due diverse declinazioni in quanto a prestazioni esterne


 Speed (es. velocità di consegna)
 Dependability (affidabilità)
o punctuality: dipende dal ritardo rispetto ai tempi di consegna pattuiti
o reliability: esattamente il prodotto richiesto, nei tempi richiesti
Ci sono diverse tempistiche da tenere in considerazione, a seconda del tipo di operazione che si
sta svolgendo e dell’effetto che si ha su prestazioni interne ed esterne.

Prestazione interna Prestazione esterna


Sviluppo di un nuovo prodotto TTM: time to market FI: frequence of introducing new
product and existing product
improvement

Approvvigionamento, produzione, LT: lead time (approvvigionamento, DT: delivery time (speed – tempo
logistica produzione e distribuzione) che intercorre tra richiesta e
consegna- e dependabiliy –
puntualità nell’osservare le
scadenze e affidabilità di mix e
quantità)

Tipicamente TTM e FI non coincidono, ma il TTM è più lungo. Per evitare di avere un FI eccessivo
infatti, si sovrappongono i TTM, cominciando lo sviluppo di un prodotto quando ancora il
precedente non è uscito sul mercato.

2012 2013 2014 2015

TTM

TTM FI

Può accadere anche il viceversa: sviluppo nuove tecnologie ma, non essendo ancora il mercato in
grado di assorbirle, aspetto a immetterle sul mercato.

Il lead time di produzione (manufacturing lead time) si divide in:


- run time: tempo per processare
- queue tie: tempo in attesa (fila) prima di processare il materiale
- set-up time: tempo per settare le macchine
- move-time: tempo per spostare il materiale

Quello su cui maggiormente si dovrebbe lavorare per ottimizzare il processo è il queue time,
progettando i processi in modo da evitare i colli di bottiglia; anche il move time può essere

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ottimizzato, lavorando sul layout. Per intervenire sul set-up time si può pensare di lavorare a
grandi lotti; infine per il run-time è la tecnologia più performante che può venire in aiuto.

Flessibilità: si tratta della capacità di variare tempo, costo e qualità per rispondere alle incertezze
del mercato. Può essere infatti considerata la derivata rispetto al tempo delle altre variabili. Al
diminuire/aumentare delle incertezze devo corrispondentemente diminuire/aumentare la
flessibilità.
Per fare questo mi devo servire di buffers, sia in termini di magazzini che di capacità e tempistiche.
- Lead time: Se la mia ricerca e sviluppo è molto brava a trovare nuove idee e a tradurle in
nuovi prodotti da immettere sul mercato, si tende a tenere on the shelves, cioè sugli
scaffali, al fine di poterli immettere sul mercato nel momento in cui ci fosse una grande
richiesta di innovazione. Per esempio Derby (moto) introduceva molto frequentemente
nuovi modelli, per evitare l’imitazione da parte delle industrie cinesi.
- Capacity: Se un’azienda non è world wide, non distribuisce in tutto il mondo, ha dei
problemi legati ad alta e bassa capacità: le moto per esempio vengono essenzialmente
acquistate d’estate e per ovviare a questo problema devo produrre costantemente e fare
più magazzino, oppure decidere di procedere con contratti stagionali. Nel caso dei
magazzini avrò costi di mantenimento del magazzino, nel secondo caso problemi di
efficienza per la necessità di riformare i dipendenti.
- Inventories: per poter rispondere a variazioni di domanda

Si può spaziare in ampiezza di gamma (flessibilità di prodotto ) o profondità di gamma (flessibilità


di mix). Ampliare la gamma significa modificare le tecnologie, quindi si tratta di una scelta
irreversibile. La profondità di gamma invece riguarda il mix scelto e il volume e in questo si tratta
di una scelta reversibile, più gestionale.

Quantità dell’output Composizione dell’output

State conditions Capacità produttiva Gamma di prodotti


Transition reversibile Flessibilità di volume Flessibilità di mix
(profondità di gamma)
Transition Irreversible Flessibilità di espansione Flessibilità di prodotto
(ampiezza di gamma)

Effetti principali delle priorità competitive

Effetti interni Effetti esterni


Qualità Processi senza errori Prodotti e servizi affidabili
Minor sprechi
Minor costi di processo
Tempo Tempi di attraversamento Minor delivery time
minori Veloce tempo di risposta
Minor tempo di cosa Consegne affidabili
Minori tempi di processo
Flessibilità Abilità di cambiare Frequenza di nuovi prodotti
Migliore risposta a eventi Ampiezza della gamma
imprevedibili Correzioni di volume e

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Minori costi di processo consegna
Costi Alta produttività Prezzi bassi
Alto margine
Scegliere la priorità competitiva
Skinner è il padre dell’operations strategy. Egli introdusse nel 1969 il concetto del trade-off:
un’impresa non può migliorare una performance senza peggiorarne un’altra. Per esempio per
aumentare la qualità in un ristorante, devo necessariamente ridurre la velocità. Se aumento la
flessibilità, come avviene nella produzione a cella, aumento i costi.
Altri contesti in cui si ha il trade-off:
- Make or buy: maggiore indipendenza nel make, ma minore flessibilità (si hanno
immobilizzazioni e non si può decidere senza problemi di sospendere una produzione).
- Alta qualità o bassi costi: controllare la qualità ha costi molto elevati
- Few or many picking: prelevo spesso o no
- Design: un prodotto complesso ha maggiore risalto ma maggiori costi

De Meyer e Ferdows nel 1990 affermarono che nonostante esistesse il trade-off, alcune imprese
rispetto ai competitors erano in grado di avere performances buone in tutti gli aspetti. Essi
introducono il concetto di approccio cumulativo: si possono avere livelli ottimi di tutte e quattro le
prestazioni, ma nel lungo termine, investendo prima su una e poi via via sulle altre.
De Meyer e Ferdows vanno si basano sull’approccio di Nakane, per formulare il loro Sand cone
model.
- Nakane model: nel 1986 egli propose che le industrie giapponesi seguissero una piuttosto
specifica sequenza per costruire capacità produttive; partendo dalla qualità, passando per
l’affidabilità, poi via via che la tecnologia diventa matura mi miglioro a livello tecnico e
lavoro sull’efficienza dei costi, conoscendo la tecnologia. Quando tutto è consolidato posso
orientarmi alla flessibilità.
- Sand cone model: questo modello propone un approccio incrementale per ogni
prestazione, per cui bisogna lavorare parallelamente a tutte le prestazioni, partendo dalla
qualità. Una volta raggiunto il livello massimo di qualità, occuparsi dell’affidabilità, poi della
velocità e infine dell’efficienza dei costi.

Hill nel 1994 affermò che talvolta, in un settore, non è importante portare avanti tutte e quattro le
priorità. Alcune priorità possono infatti rappresentare elementi competitivi, mentre altre non
necessariamente devono esistere. La sua teoria, nota con il nome di Order winning and qualifiers,
divide le priorità in
- Order winning: permettono di vincere sul mercato
- Qualifiers: permettono semplicemente di partecipare
Potrei avere delle prestazioni che hanno un impatto negativo se non sono almeno ad un certo
livello (per esempio una macchina che non raggiunge neanche gli 80 km/h), oppure performance
che hanno un impatto neutrale (perché tutti gli altri competitors già presentano quella
performance), oppure impatti positivi. Tra i qualifiers delle macchine ci sono per esempio gli
airbag, tra gli order winning il basso consumo. Questi aspetti tuttavia sono fortemente legati al
mercato e molto spesso i fattori order winning sono destinati, nel tempo, a diventare qualifiers
(vedi la fotocamera nei telefonini).

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Order winning
positive
less important
benefit
Competitive

qualifiers
neutral

negative

low Performance high

Corbett e Van Wassenhove affermarono nel 1993 che non necessariamente ci fosse quell’ordine,
ma che bisognasse prima assestarsi ad un livello standard di prestazioni (qualifiers in qualità tempi
e costi) e poi puntare su quello che in quel momento conta di più per il cliente (lavorare su qualità,
tempo, costo).

Slack nel 1994 introdusse l’importance-performance matrix. Ogni obiettivo, che sia less
important, winner o qualifier, può garantire un vantaggio alto, medio o debole. Si può realizzare
una scala da 1 a 9 per classificare le prestazioni: scala dell’importanza

Order winning objectives Strong 1 Garantisce un vantaggio


cruciale
Medium 2 Garantisce un importante
vantaggio
Weak 3 Garantisce un utile
vantaggio
Qualifying objectives Strong 4 Necessario per essere
all’altezza delle buone
imprese
Medium 5 Necessario per assestarsi
intorno al valore medio
dell’industria
Weak 6 Necessario per essere
vicino al resto
dell’industria
Less important objectives Strong 7 Non usualmente
considerato ma può
diventare più importante
in futuro
Medium 8 Molto raramente tenuto
in considerazione dai
clienti

9
Weak 9 Mai tenuto in
considerazione dai clienti

Similmente si può realizzare una scala da 1 a 9 per confrontarsi con le prestazioni dei competitors:
scala delle prestazioni.

Better than competitors Strong 1 Considerevolmente


migliori dei competitors
Medium 2 Chiaramente migliori dei
competitors
Weak 3 Marginalmente migliori
dei competitors
Same as competitors Strong 4 Talvolta marginalmente
superiori dei competitors
Medium 5 Circa lo stesso della
maggior parte dei
competitors
Weak 6 Leggermente inferiori
rispetto al livello della
maggior parte dei
competitors
Worse than competitors Strong 7 Normalmente
parzialmente peggiori
della maggior parte dei
competitors
Medium 8 Normalmente peggiori dei
competitors
Weak 9 Considerevolmente
peggiori dei competitors

Matrice:

Excess?
appropriate
Performance scale

improve

urgent action

importance scale

less important qualyfing order winning

Si possono verificare 4 situazioni diverse, come si nota dal grafico: se su fattori di bassa
importanza, si hanno performance eccellenti, ci si può chiedere se si stia verificando un eccesso
(oppure sto attuando una strategia a lungo termine per la quale ho previsto un futuro aumento di

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importanza di quella performance). Se per fattori order winning si ha una performance scarsa, ci si
deve chiedere se sia necessario migliorare o addirittura intervenire urgentemente, quando su
qualifiers e order winning si abbiano prestazioni al di sotto della media.

Infine Skinner, nel 1974 introduce la teoria del focused-factory, secondo cui una impresa che si
concentra su uno stretto mix produttivo per una particolare nicchia di mercato supererà l’impianto
convenzionale: un tale impianto può diventare un’arma competitiva perché il suo intero apparato
è concentrato nel raggiungere un particolare scopo produttivo richiesto dalla strategia dell’intera
società e dagli obiettivi di mercato.
La teoria si basa su alcune assunzioni:
- esistono molti metodi per competere
- una fabbrica non può performare bene su ogni criterio
- semplicità e specializzazione
Egli vuole riproporre la visione di Taylor: suddividere in attività meno complesse.
Non si deve investire in aree decisionali che non fittano con le richieste di mercato. Per questo
motivo è importante nel what we have e what we do tenere conto del fit tra risorse, capacità,
processi e scelte operative; nel what we want ci deve essere il fit tra prestazioni e specifiche
decisioni e infine nel what we need ci deve essere il fit tra richieste di mercato e prestazioni. Tra i
vari livelli ci deve dunque essere sempre equilibrio.
A) FOCUSED COMPANY: tutte le aree sono orientate bene e in modo congiunto
B) COHERENCE ON WRONG: viene seguita da tutti una stessa strategia, ma non è quella
corretta. Manca la coerenza tipicamente tra il what we want e il what we need (non c’è
collegamento tra quello che si fa come prestazioni e quelle che il mercato richiede).
C) INCOHERENCE OF OPERATIONS CHOICES: incoerenza nelle scelte operative, pur avendo un
obiettivo corretto (non c’è coerenza a livello di what we have what we do e what we want:
pur avendo uno giusto obiettivo, non si muove nella direzione giusta per raggiungerlo)
D) LACK OF A CLEAR OBECTIVE: scelte operative non coerenti e con un obiettivo assente o
sbagliato (non c’è coerenza a nessun livello e non si raggiunge la richiesta del mercato)
The plant within a plant: Skinner fu il primo a pensare che un’impresa non focalizzata, per
esempio un job shop estremo, dovrebbe convertirsi per esempio in una struttura a celle, dividendo
per prodotti. L’idea di Skinner ha significato la rivoluzione per grandi aziende, per razionalizzare il
flusso dei materiali e stimare meglio i centri di costo.

Aree decisionali: Capacity and facilities


Tra le aree decisionali ci sono decisioni di carattere infrastrutturale (come si colloca l’impresa
rispetto alle infrastrutture che servono l’impresa) e strutturale (capacità produttive dell’impresa
stessa, che impatta sulla flessibilità stessa).

La location viene decisa in base alle strategie di business: essa interviene sulla possibilità di avere
o meno spazio; è importante tenere in conto anche la richiesta di tempi brevi da parte del
mercato, che mi dovrebbe portare a mettermi vicino al mercato.
È possibile che io vada a produrre all’estero, in questo caso per bassi costi di manodopera, per
esempio, anche se non lo giustificherebbe, ma soprattutto per potenziali opportunità di business
(paesi emergenti). Ci possono essere necessità di risorse che non vengono estratte in tutti i paesi
del mondo e può essere più conveniente averlo vicino. Posso operare due scelte: spostarmi
direttamente nel paese di estrazione per esempio, così non ho problemi di deperimento, oppure lo
compro e lo trasporto. La discriminante per la delocalizzazione è che tendenzialmente la
manodopera del luogo è quella che uso, quindi faccio i conti anche con la loro esperienza. Se

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produco la seta in Cina, sono capaci a farla ad alta qualità, se tosto il caffè in Brasile non sono
sicura che la manodopera brasiliana sia in grado: la manodopera più alta si ha dove c’è la maggiore
cultura del prodotto (in Italia in questo caso). In alcuni casi sono obbligato a produrre in un
determinato paese: negli Stati Uniti se voglio vendere qualcosa lì devo avere un’azienda
statunitense, assumendo persone di lì. Le scelte sono vincolate talvolta e impattano sulla nostra
produzione.

Sono molti i fattori da tenere in conto:


- Costi affitto
- Costi trasporto
- Tasse locali
- Regole dei governi
- Cultura
- Immagine
- …

La scelta operativa ha un impatto a livello di prestazioni: potrei avere ricavi e potenziali alti, il
livello di servizio (capacità di rispondere rapidamente al mercato) medio e una bassa incidenza dei
costi variabili. In questo caso mi converrebbe spostarmi all’estero.

Una capacità allineata all’attuale domanda rischia di non darmi l’opportunità di allargare
l’impianto se l’investimento va bene, viceversa potrei avere egli investimenti non giustificati nel
beve periodo ma con grandi margini di crescita.

Capacità > domanda: anticipo la domanda, faccio delle ipotesi produttive per cui sviluppo più
prodotti rispetto alla domanda. Questo genera magazzini, ma il livello di servizio è più alto. È il
caso più rischioso.

Capacità = domanda: è la più difficile, perché è difficile prevedere la domanda e adattarci la


capacità (l’andamento della domanda è soggetto a grandi oscillazioni). Appena mi accorgo che la
domanda cambia adatto la capacità. È quasi un caso ipotetico.

Capacità < domanda: non ho magazzini, ho domanda inevasa. Il livello di servizio offerto è il più
basso: è possibile che il cliente richieda un prodotto e debba aspettare per poterlo ottenere.

Rete di fornitura e Integrazione verticale


Devo decidere se avere un’integrazione verticale verso monte o verso valle. Per poterlo fare devo
avere un bilancio importante e devo stare molto bene. Se il cliente o il fornitore è più grande di me
è molto difficile. Il motivo reale potrebbe essere che prima dell’integrazione la capacità produttiva
di un fornitore non è completamente dedicata a me. Ne guadagno in flessibilità e prestazioni
operative soprattutto.
Non esiste più una competizione tra imprese nel business moderno: la strategia è una strategia di
rete. Si compete a livello di catena contro un’altra catena. Non necessariamente per la
comproprietà, ma perché la vittoria dell’impresa incide su tutta la catena.
Non c’è grande comunanza di fornitori, nel caso delle automobili per esempio, le catene sono
abbastanza separate. Avere una capacità totalmente dedicata mi permette quindi di avere un
vantaggio competitivo rilevante. Un fornitore infatti anche se non rifornisce i miei competitor,
probabilmente rifornisce altre aziende (anche per avere un migliore potere contrattuale e

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autonomia) e quindi non si dedica totalmente a me. Il livello di autonomia che può volere il
fornitore, non è dipendente dalla qualità del cliente (magari è un ottimo cliente), ma essere
totalmente dedicato ad un cliente, per il fornitore significa sviluppare una tecnologia di prodotto e
di processo totalmente per lo stesso cliente. Se faccio una negoziazione troppo spinta con un
fornitore, non lasciandogli margine, non possono fare innovazione tecnologica e darmi soluzioni
nuove. Bisogna quindi comunque lasciare un minimo di margine ai fornitori (non troppa perché
non ti superi e ti mangi). Se la maggior parte del fatturato del fornitore dipende dal cliente,
potrebbe anche proporre l’integrazione, visto che tutto lo sviluppo tecnologico lo fa per quel
cliente. Se fallisse il cliente fallirebbe anche lui, quindi gli conviene unirsi, se non legalmente
almeno de facto.
Electrolux, fortemente in crisi, è tra Veneto e Friuli. Il contratto lavorativo del personale è stato
auto-penalizzato, per permettere ad Electrolux di rimanere lì. Tutta la politica regionale si è mossa,
perché tutta la zona dipende da quella azienda. Electrolux comprava la componentistica da un
fornitore unico, che gli riforniva la serpentina dietro il frigorifero, che aveva fatto un investimento
importante tecnologico per piegarlo. Electrolux ha cominciato a chiedere un abbassamento di
prezzi molto superiore alle possibilità del fornitore. Electrolux si è spostata da un altro fornitore
che lo faceva a mano, che costava molto meno. Il fornitore precedente è fallito. Gli sarebbe
convenuto farsi comprare.

Process technology
Una delle problematiche principali è scegliere quale tecnologia utilizzare per la produzione del
prodotto. I prodotti possono essere sviluppati con tecnologie diverse, più o meno costose, mature
o meno. Se sono tecnologie mature rischio che vadano a morire, viceversa è una scommessa
perché non so che effetti avrà e non ho manodopera già specializzata, ecc. E’ essenziale:
- conoscere come funziona il processo tecnologico
- conoscere l’economia del processo tecnologico
- identificare i problemi chiave associati alla gestione del processo tecnologico
In un grafico posso vedere che ad alti tassi di innovazioni, ho un basso livello di capacità
produttiva. Pian piano imparano a produrlo, e cresce l’innovazione di processo produttivo.
Man mano si riduce anche l’innovatività della cosa.

Innovazione
Innovazione di prodotto

Innovazione di processo

Tempo

Organization and workforce

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Posso avere all’interno della mia fabbrica atteggiamenti diversi, orientati al comando e al
controllo piuttosto che al continuo miglioramento. Sono filosofie molto diverse ma che
dipendono dal contesto in cui ci troviamo.

Command and control Continual improvement


Skills Strette definizioni dei compiti Massimizzare le abilità (tecniche e di
Ottimizzare incarichi definiti problem solving)
Ampie definizioni dei compiti
Workforce role Sforzo fisico Sforzo mentale
Il processo dovrebbe essere Il lavoratore aggiunge valore al
indipendente dal lavoratore processo
Bisogna mantenere la stabilità Il processo dovrebbe essere
migliorato dal lavoratore

Information needs Coordinazione (cosa e quando) Problem solving


Risposte standard ai problemi Risposte flessibili ai problemi
attraverso procedure standard
Control Valutazione delle performance sulla Valutazione delle performance sulla
base dell’aderenza alle procedure base del successo del business
Controllo diretto
Stretta gerarchia

Nei casi di command and control ho interesse che le persone si arricchiscano a livello di
competenza, ma ho bisogno di esecutori che sappiano fare bene il lavoro ottimizzando (esempio
McDonald, anche perché ci si lavora solo per un po’). In questi casi posso voler stabilizzare il
processo. La necessità di informazioni è basata sulla coordinazione (cosa ci serve e dove), per
esempio nel caso delle consegne, ma non bisogna avere problem solving (saper trovare la
conoscenza), ecc.
Per il controllo si deve avere una gerarchia molto stretta, mentre nel continual improvement c’è
una valutazione della performance. Nel command and control conviene comprare da uno stesso
fornitore, per esempio nel caso dell’università che compra da uno stesso fornitore. Si risparmia in
costi ma si perde in flessibilità: se si rompe il computer con cui si fa l’ordine bisogna chiamare
l’addetto ecc. Le imprese invece talvolta sarebbero disposte a pagare di più per avere maggiore
velocità.

The structure of jobs


Il lavoro degli individui può subire un allargamento o un arricchimento.
La profondità del lavoro può essere un miglioramento della progettazione di processo, contabilità
e controllo, ecc.: ho un job enrichment; viceversa il job enlargement è la possibilità di svolgere
diverse attività, si allargano cioè le competenze: controllo di qualità, manutenzione preventiva,
movimentazione dei materiali, ecc..

NESTLE WAL MART


Capacity and facilities Impianto molto vicino a dove sta il Alte capacità in termini di facilities di
cliente, per garantire la freschezza acquisto per sfruttare le economie
del prodotto. di scala.
Supply network and vertical Gestione logistica molto attenta, Forte automazione nella gestione
integration importanti le relazioni con i dei magazzini.
fornitori.
Process technology Alti investimenti in tecnologia per Sistemi di monitoraggio delle
preservare una rigida aderenza con vendite avanzati.
standard di salute e sicurezza.

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Organization and workforce Decentralizzazione dell’attività Pratiche di condivisione dei profitti
produttiva nei luoghi dove sono stati con i dipendenti per sviluppare
sviluppati i prodotti. motivazione.

Nestle orienta tutto alla qualità (anche se non si parla di top di gamma): l’orientamento è di
garantire un prodotto di qualità. La cultura del prodotto stesso è mantenuta, continuando a
produrre dove il business è nato.
Wal Mart, simile a Mediaworld, è un distributore e non può differenziarsi sulla qualità del
prodotto, perciò vuole lavorare sul prezzo e quindi ha bisogno, in questo mercato, di quantità
elevate, di avere poca manodopera, e di avere poche rimanenze di magazzino (costose). Il lavoro
non è particolarmente stimolante quindi si cerca di incentivarlo (per esempio i commessi con delle
percentuali sulle vendite).

4 stages for devoloping op. strategy


il ruolo stregico può essere supportive o neutral (neutrale: non influenza le operazioni
dell’impresa, supportive: supporta le strategie). Il focus può essere interno o esterno.

OPERATION FOCUS: INTERNAL OPERATION FOCUS: EXTERNAL


STRATEGIC ROLE: NEUTRAL STAGE 1: internally neutral firm. STAGE 2: externally neutral firm.
Vogliono minimizzare l’impatto Il loro obiettivo è di essere neutri in
negativo della produzione: sprechi, termini di prestazioni rispetto al
magazzini alti, costi. Non c’è competitor: usano le best practice
orientamento strategico dell’area tipiche del settore in cui operano.
operations e mantengono il Spesso operano ricerca e sviluppo in
manufacturing flessibile e reattivo. out-sourcing. Non considerano il
Usano esperti esterni per prendere manufacturing come un’arma
decisioni riguardo ai problemi competitiva.
strategici della produzione.
Considerano il controllo interno
come il mezzo primario per
controllare le performance della
produzione.
STRATEGIC ROLE: SUPPORTIVE STAGE 3: internally supportive firm STAGE 4: externally supportive firm
Sono imprese in cui le operations, la Vogliono anticipare i competitor a
manifattura (non solo parte livello di proposta. Sviluppano la
produttiva, ma anche erogazione di strategia delle operations ed è essa
servizi, ecc.) sono a supporto della stessa a guidare il business.
strategia complessiva, considerando
decisioni di operations nel lungo
periodo. Acquistano tecnologie in
visioni di lungo periodo,
considerando le operations come
qualcosa che può migliorare la
competitività dell’impresa.

Sono stage, nel senso che le imprese evolvono da una all’altra. Amazon per esempio aveva l’idea
fondamentale di business nella vendita online, adesso è diventata stage III e IV (valorizza la
puntualità).

Evolving operations strategy


Le quattro tipologie rappresentano un’evoluzione dell’impresa.

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C’è una prima fase delle imprese in cui l’orientamento della strategia è quella di correggere i
worste problems, allineando cioè l’interno dell’impresa, i processi operativi, per una riduzione dei
prezzi (l’operations non deve danneggiare l’organizzazione).
La seconda fase è quella in cui si implementano i processi tenendo conto del competitor come
benchmark (vedono il miglior competitor e provano ad adottarne le best practice): si è diventati
externally neutral. Cerco quindi di imitarli non per superarli, ma per diventare bravo quanto loro.
L’operations in questa fase non è un’arma competitiva, che ci differenzia.
L’obiettivo, nella terza fase (internally supportive), è quello di legare le operations alla strategia,
cioè di essere appropriato. In questo momento entra a pieno titolo l’operations strategy,
declinando in prestazioni interne adeguate al mio obiettivo strategico. Se voglio essere primo sul
mercato a introdurre un nuovo prodotto (frequenza di introduzione: prestazione strategica legata
alla corpory strategy, prestazione esterna), devo comprimere il mio time to market, i tempi di
sviluppo di un nuovo prodotto.
La quarta fase è quella di guidare la strategia: usa le operations per sviluppare una strategia
vincente verso i competitor. Questo significa ridefinire attraverso le nostre abilità le aspettative
dell’industry.

Per esempio Amazon ha sviluppato una capacità elevata in termini di puntualità, superando le
aspettative dei clienti anche nei confronti dei competitors. Questa strategia è dovuta al fatto che
ha sviluppato capacità operative legate a magazzini e logistica, tali da permettere queste
promesse.

Il limite tra strategia e operations è labile, perché nel terzo stage la strategia guida le operations
nel quarto succede il viceversa. Dal punto di vista accademico si potrebbe dire che Amazon è nel
quarto stadio, perché la capacità operativa stessa è diventata strategia, mentre probabilmente è
più giusto dire che è un giusto connubio tra operations e strategy (la strategia ha consigliato di
avere delle prestazioni che poi con le operations si sono mostrate possibili). Nella Illy anche è
successo lo stesso. È fortemente orientata alla qualità, e così tutte le operations interne (selezione
molto attenta dei fornitori, meccanismi molto controllati, barattolo di alluminio più costoso):
questo ha un costo di produzione elevato, ma il prezzo di vendita del caffè è decisamente più alto
rispetto alla media del settore. Ma è la strategia a guidare l’operations ad essere di qualità o
viceversa? Adesso probabilmente è la strategia a guidare le operations, ma storicamente nasce da
un fondatore fortemente capace, un ingegnere chimico, che studiò molto bene il processo di
produzione del caffè inventando anche la macchina del caffè. L’azienda nasce quindi da una forte
competenza operativa.

A taxonomy of operations strategies


Furono classificate alcune operations strategy da Miller e Roth (1994).

Flessibilità di produzione (introdurre nuovi prodotti Affidabilità


velocemente)
Basso prezzo Servizio dopo-vendita
Flessibilità volume Pubblicità
Conformità dei prodotti Grande distribuzione
Performance (prodotti con alte prestazioni Ampia gamma di prodotti
qualitative)
Velocità della proposta di un prodotto sul mercato

Caretakers: orientati ai prezzi bassi

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Marketeers: propongono prodotti di alta qualità
Innovators: propongono prodotti che si differenziano

L’andamento del ciclo di vita di prodotto vive cinque fasi (nel disegno sulle slide sembrano quattro,
perché la quinta è la morte del prodotto). Solo alcuni prodotti superano la fase iniziale di
introduzione e vivono la crescita esponenziale che segue il “punto critico” (lo sviluppo): il prodotto
viene diffuso e c’è una maggioranza di persone che fa coprire il 50% del mercato. Poi si arriva al
40% (decrescita), e poi ci sono i cosiddetti “ritardatari”, coloro che continuano a comprare quel
prodotto e che smetteranno solo quando uscirà completamente dal mercato.
La strada più naturale è quella di essere caretakers, produrre un prodotto simile a quelli sul
mercato ma ad un prezzo molto basso, quindi competizione di prezzo. Devo avere delle
prestazioni esterne adeguate, quindi se sono in fase di maturità o declino devo produrre prodotti
che funzionano a prezzi bassi.

Innovator
s
Care
Marketeers takers

Introduzione sviluppo maturità declino

La strategia può essere anche di voler introdurre un prodotto prima che il precedente vada in
declino.

Frequenza
Di introduzione

In realtà a queste frequenze corrisponde una precedente progettazione (per permettere questo
devo cioè sovrapporre lo sviluppo di un prodotto e di quello che uscirà dopo).

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Strategia operativa nel processo

Hill’s Methodology
Secondo Hill il processo di sviluppo dell’os passa per dodici step.
Ci sono cinque categorie:
1. corporative strategy
2. marketing strategy
3. come vincere sul mercato
4. scelte di processo: richiedono una scelta tra diverse alternative, una decisione sulla
capacità e sul suo dimensionamento e un ruolo definito del magazzino.
5. Infrastruttura

La quarta e la quinta categoria rientrano nella strategia di produzione.

il processo di operations strategy dovrebbe passare per dodici step, che sono all’interno di tre
livelli
 corporate
 business
 functional

1. Creare una visione dell’impresa e identificare le unità strategiche di business e le loro


interazioni.
2. Creare all’interno dell’organizzazione delle guide lines di orientamento strategico e
pianificazione strategica. Pianificare gli obiettivi interni di performances e le challenges che
dovremmo affrontare nel futuro.
3. Allineare quanto è stato fatto e quanto faremo in futuro alla mission del business,
identificando prodotti e segmenti di mercato che andremo a colpire
4. Formulare la strategia di business e dei programmi di azione ampi (implica che dovrò
attrezzarmi in futuro, o attrezzare capacità produttiva e competenze per lo sviluppo di
nuovi prodotti). Per esempio FCA ha deciso di introdurre sul mercato una Spider, cioè
decidendo di colpire un segmento di mercato che non ha più. Questa strategia ha un
impatto a livello business.
5. Formulazione di una strategia funzionale o più, allineate con la formulazione strategica a
livello di business (interaction- doppia freccia): declinazione alle diverse aree operative
(marketing, operations, logistica, ecc.).
6. Viene consolidato a livello di corporate. Questo modello è interessante proprio perché si
esplicita che la terzultima formulazione a livello corporate si fa solo dopo aver verificato la
disponibilità (c’è il punto 4 e 5 in mezzo).
7. Specifici piani di azione a livello di business. Attuo una strategia per supportare la
formulazione strategica consolidata al punto precedente.
8. Bisognerà identificare delle capacità produttive (acquisizione risorse umane, ecc.) per poter
essere adeguati alla capacità richiesta a livello di formulazione di business. Deve essere
allineato a livello di corporate.
9. A livello corporate alloco delle risorse e creo un sistema di misurazione delle performance,
che mi dirà se quanto avevo immaginato a livello di formulazione strategica si tradurrà a
livello di prestazioni operativa. Quando ho formulazione strategica e programmazione

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strategica arrivo alla formulazione del budget (formulazione preventiva). Poi bisognerà
verificare ex post se lo abbiamo rispettato.
10. La valutazione delle performance viene misurata sul raggiungimento dell’obiettivo, non
solo sul rispetto del budget: deve essere allineato al rispetto dell’obiettivo di business (per
esempio obiettivo di vendite).
11. Budget a livello di business deve essere distribuito a livello funzionale
12. Consolidamento del budget a livello di corporate

Fine and Hax methodology


1. Assicurare che la strategia di business e di operations siano collegate
2. Condurre un iniziale controllo per individuare debolezze nella corrente strategia e
assestare ogni prodotto rispetto ai maggiori competitors
3. Affrontare il problema del raggruppamento dei prodotti, posizionandoli nel loro ciclo di vita
e individuando comunanze di obiettivi prestazionali o mission.
4. Esaminare il grado di attenzione esistente ad ogni impianto e unità produttiva
5. Sviluppare strategie e suggerire allocazioni di linee negli impianti o unità produttive

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