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Letteratura francese blended n.

L’Albatros
Souvent, pour s'amuser, les hommes d'équipage
Prennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.

À peine les ont-ils déposés sur les planches,


Que ces rois de l'azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d'eux.

Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!


Lui, naguère si beau, qu'il est comique et laid!
L'un agace son bec avec un brûle-gueule,
L'autre mime, en boitant, l'infirme qui volait!

Le Poète est semblable au prince des nuées


Qui hante la tempête et se rit de l'archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l'empêchent de marcher.

Secondo poema della sezione “Spleen et idéal”, in cui si incontra nuovamente il tema del conflitto
tra il poeta e la società, qui è reso in maniera più esplicita attraverso il motivo dell’albatro. Motivo
presente tra i poeti della plairiade e si diffonde in particolar modo nel periodo romantico.

Qui l’albatro è qui associato da una parte ad un’idea di grandezza e dall’altra ad un’idea di distacco
dal mondo materiale. Il poema è composto da 4 quartine, le prime 3 quartine sono incentrate su
un aneddoto sulla cattura dell’albatro e la quarta quartina, invece, si concerta essenzialmente sul
passaggio dall’aneddoto al simbolo e quindi l’identificazione dell’albatro con il poeta.

Prima quartina
In questa prima quartina abbiamo un quadro d’insieme in cui ritroviamo gli albatri che seguono
dall’alto le navi. Qui emerge una prima opposizione tra gli albatri e i marinai. Gli albatri vengono
descritti attraverso due perifrasi fondamentali, al verso due:
vastes oiseaux des mers:

Vastes suggerisce una simbiosi tra l’albatro e il suo luogo, l’infinito del mare e del cielo e al verso
tre:
qui suivent, indolents compagnons de voyage

Fa allusione al movimento e anche al viaggio aristocratico, il viaggio privilegiato che ha l’albatro di


vedere dall’alto gli amari abissi marini.
In contrapposizione abbiamo la descrizione dei marinai sempre tramite perifrasi. Non si nominano
i marinai non viene mai utilizzato, ma vengono definiti uomini d’equipaggio, con cui viene definita
la loro posizione al suolo, in contrapposizione alla posizione elevata degli albatri che in questa
prima quartina sono in cielo (hommes d’équipage) quindi danno l’idea di una comunità, di
un’umanità, un gruppo di uomini che verranno connotati tutti negativamente.
Questa quartina è abbastanza fissa, abbiamo due entità differenti in contrapposizione.

Seconda e terza quartina


In queste due strofe assistiamo ad un rovesciamento della situazione. Dalla libertà dell’uccello che
dominava il cielo attraverso il volo maestoso si passa all’imprigionamento al suolo dell’albatro, in
riferimento al mondo chiuso della nave, imprigionamento effettuato dai marinai.
Questo cambiamento di situazione è segnalato dagli avverbi: à peine (v. 5) e naguère (v. 10).
Questi avverbi pongono l’accento sul carattere improvviso della trasformazione. Un secondo
segnale di questo cambiamento è dato dalla passività degli albatri:
“Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches”

In opposizione alle iniziative dei marinai che gestiscono la situazione.


I verbi a carico dei marinai sono: ont-ils deposés e traîner. Si capisce come da subito il rapporto tra
marinai e albatri è un rapporto di vittima – carnefice, la cattura degli albatri si trasforma in una
vera e propria tortura fisica, ritroviamo ai versi 11 e 12:
“L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!”

Si tratta non solo di una tortura fisica, ma anche di una tortura morale, perché i marinai mimano,
imitano, il quale è un gesto di derisione. Accanto a questi due segnali, ovvero gli avverbi e
l’opposizione tra passività degli albatri e azione dei marinai, vi è un altro segnale di questo
cambiamento ed è l’opposizione chiara tra il prima, la situazione iniziale della prima strofa, e il
dopo.

Al verso 6 abbiamo i “rois de l’azur” vengono condannati ad una condizione tragica di


inadattamento, diventano sempre nel verso 6 “maldroits e honteux”, persone incapaci di adattarsi
alla situazione. Al verso 9 ritroviamo gli aggettivi “gauche et veule” ad indicare la goffaggine e la
fiacchezza degli albatri. L’albatro, quindi, prende coscienza della sua caduta e si sente degradato
per questa caduta. Il tragico della sua condizione si lega, dunque, in primo luogo al ricordo della
sua grandezza passata espressa dagli aggettivi laudativi “beau” (v. 10) e “ailé” (v. 9), situazione
opposta alla miseria presente espressa invece dagli aggettivi disprezzativi gauche, veule, laid e
comique. Questo tragico viene ulteriormente sottolineato dall’ossimoro del verso 12: “l’infirme qui
volait”: l’inetto/infermo che volava, c’è in questa espressione la contrapposizione tra la situazione
attuale di inettitudine e la condizione passata di colui che un tempo volava, non a caso viene
utilizzato l’imperfetto.

Una seconda opposizione riguarda il verso 10: il principe delle nuvole che rideva dell’arciere
diventa comico e brutto. Oggetto di una nuova comicità fondata sull’osservazione divertita delle
situazioni che umiliano la persona e le sue ambizioni spirituali. Ora l’albatro è comico oltre ad
essere brutto, le tre coppie di aggettivi che abbiamo trovato pesano esattamente come una
sentenza che condanna il poeta a quella morte sociale che è il ridicolo. Si ride di coloro che si
sentono inferiori a noi, i marinai ridono degli albatri perché li vedono ridicoli e li sentono inferiori.
Terza opposizione la troviamo nel 4 verso, ma che viene ripreso in queste due strofe. La vocazione
celeste, quel privilegio di vedere gli abissi amari dall’alto si tramuta in una vocazione terrestre che
è quella di scandagliare la profondità, tutto ciò che è stato rimosso, la violenza e l’umiliazione. Il
principe delle nuvole viene destituito dalla sua sovranità e viene restituito agli uomini
dell’equipaggio.

Quarta strofa
Questa quarta strofa determina, sottolinea, esplicita il passaggio dall’aneddoto (l’imprigionamento
dell’albatro) al simbolo. In questa strofa si esplicita l’identità dell’albatro. L’albatro simboleggia il
poeta, verso 13:
“Le Poète est semblable au prince des nuées”

L’analogia tra l’albatro e il poeta ci invita a interpretare la scena delle prime tre quartine operando
il passaggio dall’aneddoto, dalla storia dell’imprigionamento, all’allegoria, quindi al suo significato
morale e filosofico. L’assimilazione tra il poeta e l’albatro si effettua attraverso diversi
procedimenti:
1. Passaggio dall’articolo indefinito “des albatros” del verso 2, all’articolo definito singolare
dal titolo “L’Albatros”, un albatro con la A maiuscola esattamente come al tredicesimo
verso “Le Poète “ha la P maiuscola, attribuendo valore generale e simbolico all’albatro;
2. Personificazione dell’albatro grazie alle perifrasi: “compagnon de voyage”, “rois de l’azur”,
“voyageur ailé” e alla metafora del 12 verso “l’infirme qui volait”.
3. Il motivo delle ali che consentono all’albatro di innalzarsi al di sopra dei comuni mortali e
quindi al poeta di innalzarsi al di sopra degli uomini volgari: verso 7 “leurs grandes ailes
blanches”, verso 9 “ce voyageur ailé” e al verso 12 “qui volait”.

Versi 15 – 16
“Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher”

In questi due ultimi versi troviamo un rovescio doloroso del poeta che da un lato si dimostra
incapace di adattarsi alla realtà della vita quotidiana, ad un’esistenza in cui domina la mediocrità,
la volgarità, l’utilitarismo e la bassezza impersonificata dai marinai, un’incapacità di adattarsi che
suscita un rigetto da parte dell’uomo e anche dell’uomo, perché la situazione del poeta è di rigetto
della società da un lato, ma dall’altro di autoesclusione poiché rigetta la società in quanto si
definisce superiore.

Il secondo aspetto che mette in evidenza questo rovesciamento è il sentimento di esclusione.


Baudelaire si riconosce in quella schiera di esclusi rigettati dalle madri e maltrattati dagli uomini, si
riconosce, quindi, in coloro che vengono ferocemente aggrediti dalla società, si sente vittima.
L’albatro può essere paragonato ad un’altra figura importante ripresa da Baudelaire, quella del
cigno a sua volta tormentato dalla società e reso ridicolo in seguito a dei maltrattamenti fisici e
morali. Quindi, ridicolo e sublime, un’alleanza che definisce la grandezza del poeta, ma anche della
sua caduta tra gli uomini che lo deridono e insultano.

Nel 15 verso abbiamo l’immagine dell’albatro con le ali spezzate che può solo fissare gli occhi sul
sole, che nel nemico sarà un treno di cultura per i fiori, appunto i fiori del male, i fiori che nascono
dalla terra la quale è inevitabilmente malvagia.

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