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28/02/2023

3 prove in itinere in cui si commenta un pezzo di testo (bisogna almeno farne 2 su 3


cercare di farne 3 su 3)
Sia nella schizofrenia che nell’autismo il problema si verifica principalmente sul piano
pragmatico.
Linguaggio definito come un mosaico di capacità e competenze che nelle varie
patologie possono essere compromesse.
 Autismo problemi a comunicare
 Afasia problemi con la grammatica e la sintassi ma la comunicazione avviene
comunque
Relazione tra:
 Sistemi cognitivi
 Competenze linguistiche
La dimensione pragmatica dipende dalla funzione del linguaggio.

La mano. Tutto è iniziato dalla mano. È sabato, un mattino di sabato come gli altri, mi
sono svegliato tardi (…). “Ho ancora quel mal di testa di ieri, quel cazzo di mal di testa
strano che non mi passa”, mi rimetto sotto il piumino sgualcito e getto il biscotto a pezzi
nel latte, prendo il cucchiaino con la mano destra per pescarlo e la mano destra… la
mano destra? La mano destra non risponde alla chiamata. Non la trovo, è scomparsa.
Ma dov’è? La cerco da qualche parte. Di solito è attaccata al mio corpo, non può
andarsene in giro da sola. E infatti è lì, eccola, vicina al cuscino. La mia mano destra.
Come c’è finita lì? Non facciamo scherzi. (…) Forza, ricominciamo. Uso la mano sinistra
per prendere la destra capricciosa e rimetterla al proprio posto, quella non oppone
resistenza e la porto sul vassoio, come era prima, dove l’attende il cucchiaio. Ok, tutto a
posto, che cavolo, mangiamo ora. Invece no, niente. La mano destra se ne va
nuovamente da un’altra parte, ancora abbandonata vicino al cuscino, inerte. Non
sembra nemmeno una parte di me, è la mano di un estraneo. Ci provo un’altra volta…
la riprendo con un po' di stizza… ma questa volta è lei che vince. Non sono io che la tiro
su, è lei che mi fa cadere giù. Come un sacco di patate, a corpo morto (…). Sono lì che
arranco sul letto, come una foca senz’acqua. (…) Con tutta la voce che mi viene da
dentro, urlo il nome di mia moglie, o almeno credo. “Francesca” grido. (…)
Arriva trafelata. Mia moglie. (…) Ha gli occhi sgranati. “Che succede? Che succede?”
Mi chiede. La mia risposta è chiara “Megpdeiigrhiaa!” le dico concitato,
“mrlaiofoourhdka uhfe giumhu”. Non si capisce niente, lei non capisce niente, nemmeno
io capisco niente, parlo una lingua nuova, eppure lo so cosa voglio dire, ma un demone
si è intrufolato nella mia bocca. “Ceritturgra, mathra, titdiiiadotaio”. Sono infuriato con
me, sono infuriato con lei perché non capisce. (…) Non riesco a dire una parola,
maledizione, una vera parola, mi sento imprigionato, imbavagliato, sperduto, nel buco
nero del bosco non ci sono parole, le mie amatissime parole, solo versi infantili, muggiti
incomprensibili, rantoli disperati. (“Ogni parola che sapevo”, A. Viarello) si tratta di
ictus, in quanto si cita:
 Mancato controllo della mano destra
 Linguaggio poco decifrabile
 C’è intenzione comunicativa  ma incapacità di trasformarlo a parole
1/03/2023
ELABORAZIONE
LINGUISTICA

MICROANALISI MACROANALISI
(relazioni interne all’enunciato) (relazioni esterne tra enunciati) I livelli di
analisi

Elaborazione semantica e Elaborazione Elaborazione


sintattica pragmatica testuale-
discorsiva

Ad esempio, ben formatezza Pertinenza/ Coerenza


sintattica appropriatezza globale Proprietà
contestuale

Sistemi non specifici per il Sistemi


Sistemi linguistici linguaggio cognitivi

Linguaggio no blocco unitario ma diverse competenze, livelli e si può deteriorare o


risultare difficile da diversi punti di vista.
Due famiglie toriche del linguaggio:
1. Coincidere linguaggio e competenza grammaticale che permette di
comprendere e produrre frasi
2. Modelli pragmatici
Patologie uno dei modi per mettere alla prova le difficoltà del modello chomskiano
l’analisi delle patologie ci aiuta a riflettere a valutare o confutare modelli teorici
Schizofrenia mancanza della coerenza discorsiva (foto lettera di un paziente
schizofrenico)
(tabella) quando parliamo di linguaggio si parla di un fenomeno complesso di un
mosaico di capacità e si riferisce a diversi sistemi cognitivi.
Abbiamo un livello:
1. Microelaborativo ciò che accade nella frase: microanalisi (processi che
servono a produrre una frase come regole grammaticali per cambiare parole)
afasia è un problema a livello di microanalisi (semantica e sintattica sono
compromesse e la ben formatezza sintattica delle frasi)
2. Macroelaborativo in questo caso macroanalisi si presentano problemi
pragmatici (i sistemi cognitivi non specifici per il linguaggio) e servono per
stabilire le relazioni sociali (no specifico per il linguaggio serve anche per
elaborare il linguaggio ma non solo). Servono per i comportamenti finalizzati
(processi mentali per arrivare ad un obiettivo finale che seguono una sequenza)
Questa distinzione è importante anche per i sistemi cognitivi coinvolti. Il sistema
semantico è un sistema specifico per il linguaggio. Il livello microelaborativo è retto da
processi cognitivi specifici per il linguaggio, anche le patologie compromissione
specifiche per il linguaggio.
Funzioni del linguaggio
A cosa serve il linguaggio?
Il linguaggio ha:
1. Una funzione comunicativa trasmissione delle informazioni a un destinatario
(serve a trasmettere informazioni)
2. Una funzione cognitiva serve a pensare, essenziale costituzione dei pensieri
(serve a costituire pensieri) e questo ci porta a dire che gli animali non umani
non pensano)
3. Una funzione pragmatica/persuasiva per agire e far modificare i pensieri degli
altri, lo stato mentali degli altri per portarli ad agire in un certo modo (azione sulle
credenze degli altri). Ha una funzione di azione sugli altri e modificare i
comportamenti attraverso un’azione sulla mente. (è quella importante e quella
trainante dalla quale si sono sviluppate le altre secondo la professoressa, dal
punto di vista evoluzionistico (esempio delle scimmie tre diversi suoni a seconda
della preda) quella pragmatica possa avere una funzione prioritaria)
Sono tre funzioni che stanno insieme (le prime due si presentano come antitetiche ma
si tende a considerarle tutte insieme).
La prospettiva semiotica (non sul libro)
Jakobson riflessioni del linguaggio molto importante.
Il modello di comunicazione legato all’idea classica linguaggio strumento per
trasmettere informazioni (trasferimento di informazioni da una persona A a B) ha la
sua produzione sistematica nel modello del codice Shannon e Weaver. È stato poi
applicato anche alla comunicazione umana (prima alle macchine). Jakobson a partire
da questo schema introduce delle novità.
Il modello classico della comunicazione (il modello del codice)

Funzione trasmettere delle informazioni


Una (prima) critica il modello classico di Jakobson

Il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio


richiede in primo luogo il riferimento a un contesto (il "referente", secondo un'altra
terminologia abbastanza ambigua), contesto che possa essere afferrato dal
destinatario, e che sia verbale, o suscettibile di verbalizzazione; in secondo luogo esige
un codice interamente, o almeno parzialmente, comune al mittente e al destinatario (o,
in altri termini, al codificatore e al decodificatore del messaggio); infine un contatto, un
canale fisico e una connessione psicologica fra il mittente e il destinatario, che consenta
loro di stabilire e di mantenere la comunicazione (...) Ciascuno di questi fattori dà
origine ad una funzione linguistica diversa. Sebbene distinguiamo sei aspetti
fondamentali del linguaggio, difficilmente potremmo trovare messaggi verbali che
assolvano soltanto una funzione. La diversità dei messaggi non si fonda sul monopolio
dell'una o dell'altra funzione, ma sul diverso ordine gerarchico fra di esse. (da: R.
Jakobson, 1963, Essais de linguistique générale, Paris, Minuit; trad. it. Saggi di
linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 185-186).

Funzione (Jakobson)

Con il termine funzione si indicano gli impieghi, gli scopi che attraverso un atto
linguistico si possono conseguire, anche oltre le intenzioni del mittente. Si parla
per dare ordini, per chiedere un’informazione, per esprimere una gioia o un dolore, per
imitare un rumore, ecc. gli scopi con cui comunichiamo sono di natura svariata, sono
connessi alle circostanze non esiste una classificazione univoca e completa delle
funzioni del linguaggio.

Per funzione J. indica gli impieghi, gli scopi che attraverso un atto linguistico si
possono conseguire, anche oltre le intenzioni del mittente.
Le sei funzioni del linguaggio

Le sei funzioni del linguaggio sono legate ai sei elementi del processo comunicativo:

1. Funzione espressiva

2. Funzione metalinguistica

3. Funzione referenziale

4. Funzione fatica

5. Funzione poetica

6. Funzione conativa

Un processo comunicativo si ha quando un messaggio viene trasmesso da un


mittente a un destinatario, in un determinato contesto e attraverso un canale.
Affinché il mittente e il destinatario si capiscono, devono condividere la conoscenza
dello stesso codice. Sono compresenti, può valere una funzione rispetto ad un’altra.

1. La funzione associata al mittente è detta funzione espressiva o funzione emotiva,


in quanto relativa agli aspetti del messaggio legati agli atteggiamenti e alle emozioni del
mittente. Tutti gli aspetti fonici, le interiezioni e le onomatopee si riferiscono a tale
funzione.

«La funzione detta espressiva o emotiva, che si concentra sul mittente, mira ad


un’espressione diretta all’atteggiamento del soggetto riguardo a quello di cui si parla.
[…] Lo strato puramente emotivo, nella lingua, è rappresentato dalle interiezioni. [ah!,
eh!, oh!, boh!, ahimè!] La funzione emotiva, evidente nelle interiezioni, colora in
qualche modo tutte le nostre espressioni al livello fonico, grammaticale e
lessicale. Se si analizza il linguaggio dal punto di vista dell’informazione che esso
trasmette, non si ha il diritto di limitare la nozione di informazione all’aspetto cognitivo
del linguaggio. Un individuo che usa elementi espressivi per manifestare l’ironia e lo
sdegno, trasmette una chiara informazione». (R. Jakobson, “Linguistica e
Poetica”, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli Editore, Milano, 1966, pp. 186)

2. Le lingue verbali hanno uno straordinario potere espressivo, quello di poter parlare di
se stesse: Jakobson identifica tale potere espressivo nella funzione
metalinguistica. Tramite la funzione metalinguistica il codice può parlare di sé stesso,
l’atto comunicativo si sofferma sulla forma, sui significati e le regole grammaticali. Le
grammatiche e i vocabolari sono tipici esempi di testi a dominante funzione
metalinguistica.

«Ogni volta che il mittente e/o il destinatario devono verificare se essi utilizzano lo
stesso codice, il discorso è centrato sul codice: esso svolge una funzione
metalinguistica, o di chiosa. “Non ti seguo – cosa vuoi dire ?” domanda l’ascoltatore,
o, nello stile shakespeariano: “Che cosa è ciò che dici?” E il parlante, a sua volta,
anticipando tali domande di recupero chiede: “Capite quello che voglio dire?”». (R.
Jakobson, “Linguistica e Poetica”, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli Editore,
Milano, 1966, pp. 189).

3. La funzione referenziale è orientata verso il contesto extralinguistico. I messaggi


prodotti in conformità a questa funzione trasmettono una informazione, “parlano” di
qualche cosa, di un avvenimento (reale o anche immaginario) su cui il parlante intende
trasmettere informazioni a un destinatario. Per comprendere uno scambio
comunicativo in cui prevale l’aspetto o la funzione referenziale, è importante un’analisi
di quanto viene scambiato a livello interpersonale. Tuttavia Jakobson non manca di
sottolineare che sebbene la funzione referenziale sia la funzione prevalente, «la
partecipazione accessoria delle altre funzioni a tali messaggi deve essere presa in
considerazione da un linguista attento» (R. Jakobson, “Linguistica e Poetica”, Saggi di
linguistica generale, Feltrinelli Editore, Milano, 1966, pp. 186).

La funzione relativa al contesto è quella referenziale, l’aspetto per cui un messaggio è


in rapporto col mondo e parla di qualche cosa. Sono a dominante funzione referenziale i
testi di geografia, di storia ecc, con il compito di riferire eventi o stati di cose. Viene
etichettata anche come denotativa.

Questa è prevalente

4. La funzione fàtica si esplica in messaggi privi di valore informativo che servono


essenzialmente a stabilire, prolungare o interrompere la comunicazione e a verificare se
il canale funziona per garantire la continuità del contatto. Nel parlato, svolgono funzione
fàtica gran parte del linguaggio gestuale e della mimica facciale.
«Vi sono messaggi che servono essenzialmente a stabilire, prolungare o interrompere
la comunicazione, a verificare se il canale funziona (“Pronto, mi senti?”), ad attirare
l’attenzione dell’interlocutore o ad assicurarsi la sua continuità […]. Questa
accentuazione del contatto (la funzione fàtica, secondo la terminologia di Malinowski)
può dare luogo ad uno scambio abbondante di formule stereotipate, a interi dialoghi il
cui scopo è di prolungare la comunicazione”» (R. Jakobson, “Linguistica e
Poetica”, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli Editore, Milano, 1966, pp. 187-188).

Per quanto riguarda i bambini la funzione fàtica sarebbe quella che compare per prima:
«È anche la prima funzione verbale che viene acquisita dai bambini, nei quali la
tendenza a comunicare precede la capacità di trasmettere o di ricevere un messaggio
comunicativo”. (Ibid.)

5. La funzione associata al messaggio è la funzione poetica (dal greco poìesis,


“fare”), ossia la funzione per la quale il modo di configurare il messaggio influisce sul
suo significato, di solito potenziandolo. In questo senso essa non è specifica della
poesia, ma riguarda la forma assunta dal messaggio che influenza gli aspetti
connotativi del significato. La funzione poetica ha luogo quando, anche nel
linguaggio comune, cerchiamo di valorizzare il discorso per “trattenere” l’attenzione del
destinatario del messaggio. Il linguaggio viene modificato sul piano espressivo ed
elaborato sul piano del contenuto, per esempio attraverso le varie figure retoriche, come
le metafore, le metonimie, le sineddoche, ecc.

"Perché dici sempre Gianna e Margherita e mai Margherita e Gianna? Preferisci Gianna
alla sua sorella gemella?" - "Niente affatto, ma così suona più gradevolmente." - In una
successione di due nomi coordinati, e quando non interferisca un problema di
gerarchia, il parlante sente inconsciamente, nella precedenza data al nome più corto, la
miglior configurazione possibile del messaggio. Una ragazza parlava sempre
dell'"orribile Oreste". "Perché orribile?" "Perché lo detesto". "Ma perché non terribile,
tremendo, insopportabile, disgustoso?" "Non so perché, ma orribile gli sta meglio." (...)

(da: Jakobson, R., Essais de linguistique générale, Paris, Minuit; trad. it. Saggi di
linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 190).

6. La funzione associata al destinatario è la funzione conativa. La funzione conativa


prevale quando il messaggio fa riferimento esplicito al destinatario e in particolare
quando, attraverso il messaggio (ordini, consigli, richieste, preghiere…), si cerca di
influenzarne il comportamento. Questo avviene, ad esempio, quando viene utilizzato
l’imperativo e il pronome di seconda persona, sia singolare sia plurale.

«L’orientamento verso il destinatario, cioè la funzione conativa, trova la sua


espressione grammaticale più pura nel vocativo e nell’imperativo, che, dal punto di
vista sintattico, morfologico e spesso anche fonematico, si staccano dalle altre
categorie nominali e verbali».
(R. Jakobson, “Linguistica e Poetica”, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli Editore,
Milano, 1966, pp. 187)

Intermezzo patologie: il modello della trasmissione delle informazioni alla prova


dei fatti

Trasmettere fedelmente informazioni non è una impresa banale. Richiede una


codificazione e una decodificazione accurate del linguaggio negli stadi di input e output.
Ruth (ragazza autistica) riesce a farlo. Nondimeno, nella comunicazione quotidiana ci si
aspetta di rado che l’ascoltatore riceva e poi trasmetta un semplice messaggio come
copia esatta. (il modello del codice (modello esplicito della comunicazione tutto cio
che voglio comunicare si trova nel messaggio contenuto esplicitamente) prevede che
alla fine del processo il destinatario ha la copia esatta di ciò che mi voleva dire
l’emittente; quindi ciò che è importante è l’intenzione del parlante). Al contrario, ci si
aspetta che chi ascolta sappia che i messaggi non sono semplici, ma contengono
qualcosa di più. Quello che è realmente importante nella comunicazione quotidiana è
l’argomento del messaggio, piuttosto che il messaggio stesso. Ovvero come ascoltatori
dobbiamo sapere perché chi parla trasmette questo pensiero (piuttosto che un altro) e
come parlanti dobbiamo essere sicuri che siamo compresi nel modo in cui vogliamo
essere compresi. Abbiamo elaborato segnali verbali e non verbali per far comprendere
queste intenzioni (Frith, 1989, p. 165).

Se ci si basa sul modello del codice allora nell’autismo non ci sono problemi ma non è
così perché l’autismo è il disturbo del linguaggio che più mette in discussione il
modello del codice (mina alla radice gli assunti del modello del codice secondo
questo modello: tutto ciò che il parlante vuole comunicare è espressa in maniera
esplicita nel codice e quindi le parole che sono l’espressione pubblica del mio
pensiero correlazione tra pensiero-linguaggio e l’autismo mette in discussione questo
aspetto mostra che quando si rimane ancorati al significato letterale in realtà ci sono
delle problematiche)
07/03/2023

Prospettiva di J. Che assume il primato della funzione comunicativa perché la sua


prospettiva è una riformulazione in piano semiotica del modello del codice. La
discussione che fa sulle funzioni del linguaggio che assegna come prioritaria la
funzione comunicativa (=trasferimento di informazioni).

Funzione prevalente è quella referenziale tra le sei di cui lui discute (slide funzione
referenziale quella nera e blu). Sono tutte e sei compresenti ma ciò che cambia è
l’ordine gerarchico.

Funzione del linguaggio : verso un modello codice


Si pensa che c’è un’identità tra pensiero-linguaggio (tematizzare questo rapporto).
Rapporti tra pensiero e linguaggio
Le due posizioni radicali sono:
 Funzione cognitiva (linguaggio è uno strumento di impalcatura del pensiero, il
linguaggio serve per pensare quindi non ci può essere pensiero senza la
lingua la priorità ce l’ha la lingua):
o Il linguaggio è uno strumento di impalcatura per il pensiero;
o Il linguaggio costituisce il pensiero (versione forte)
o Il linguaggio potenzia strutture cognitive pre-esistenti (versione debole) il
primato spetta alla lingua
 Funzione comunicativa (Il pensiero viene prima del linguaggio dal punto di vista
temporale. Il linguaggio è secondario al pensiero):
o Il linguaggio serve a comunicare
o Il linguaggio è uno strumento di espressione del pensiero

Primato della funzione cognitiva (prospettiva forte)


Ipotesi Sapir-Whorf (anni’50 del ‘900) può essere scomposta in due sotto asserzioni:
 Il determinismo linguistico il pensiero è determinato dalle strutture delle
lingue (ad esempio strutture del lessico determinano il pensiero… la realtà
esiste perché abbiamo i nomi per definire la realtà);
 Il relativismo linguistico lingue diverse determinano pensieri diversi.
“Il sistema di sfondo (in altre parole la grammatica) di ciascuna lingua non è soltanto
uno strumento di riproduzione per esprimere idee, ma esso stesso dà forma alle idee, è
il programma e la guida dell’attività mentale dell’individuo, dell’analisi delle sue
impressioni, della sintesi degli oggetti mentali di cui si occupa […]. Analizziamo la
natura secondo linee tracciate dalle nostre lingue. Le categorie e i tipi che isoliamo
dal mondo dei fenomeni non vengono scoperti
perché colpiscono ogni osservatore; ma, al contrario,
il mondo si presenta come un flusso caleidoscopico
di impressioni che deve essere organizzato dalle
nostre menti, il che vuol dire che deve essere in
larga misura organizzato dal sistema linguistico
delle nostre menti” (Whorf 1956, tr.it pp.169-170).
Ipotesi Sapir-Whorf: la massa amorfa del
pensiero
Il ruolo caratteristico della lingua di fronte al pensiero non è creare un mezzo fisico
materiale per l’espressione delle idee, ma servire da intermediario tra pensiero e suono
(..) il pensiero, caotico per sua natura, è forzato a precisarsi decomponendosi. No vi è
dunque né materializzazione dei pensieri, né spiritualizzazione dei suoni, ma si tratta
del fatto che (...) il pensiero-suono implica divisioni e per cui la lingua elabora le sue
unità costituenti tra due masse amorfe (de Saussure CLG, p. 137).
Ipotesi Sapir-Whorf: il caso del tempo
La lingua hopi “non contiene parole, forme grammaticali, costruzioni o espressioni che
si riferiscano direttamente a ciò che noi
chiamiamo “tempo”, al passato, al
presente o al futuro” Perciò un parlante
della lingua hopi “non ha una nozione
generale o una intuizione del tempo
come un continuo che scorre
uniformemente e in cui tutto l’universo
procede con uguale rapidità” (Whorf, 1956,
p. 57)
Categorizzazione dei colori
 Categorizzazione lessicale dei colori suddivisione del senso del colore in
classi corrispondenti ai significati delle parole che denotano i colori nelle diverse
lingue.
 Categorizzazione percettiva dei colori suddivisione del senso del colore in
classi sulla base delle caratteristiche dei processi percettivi di un organismo (sia
umano che non umano, sia in possesso del linguaggio sia privo di linguaggio).
Un’ipotesi (biologica) radicale
William Gladstone le differenze nel lessico dei colori riflettono differenze nelle abilità
percettive. La sua ipotesi è che “l’organo del colore fosse solo parzialmente
sviluppato ai tempi dei Greci durante l’età eroica”
L’analisi dei termini per i colori nelle opere omeriche:
 Uso di pochi termini per designare i colori. Quando i termini sono presenti, sono
assolutamente peculiari. Ad esempio, il mare e i buoi sono descritti entrambi
come ‘simili al vino’.
 Non c’è mai una descrizione del cielo come qualcosa di blu
Gli antichi greci non avevano sviluppato un senso del colore; vedevano il mondo in
termini di bianco e nero con l’aggiunta di un pizzico di rosso.
Un’ipotesi culturaliste radicale (Ipotesi Sapir-Whorf)
I parlanti di lingue che non hanno etichette linguistiche per designare determinati colori,
con concettualizzano quei colori. Ad esempio, in latino non ci sono termini per il
“marrone” o il “grigio”, quindi i parlanti del latino non hanno i concetti corrispondenti.
 La lingua determina in modo fondamentale il sistema di concettualizzazione.
 Se non si ha un termine linguistico per un colore, non è possibile nemmeno
percepire quel colore.
 Le categorie basilari con cui interpretiamo la realtà sono imposte dalla cultura,
dall’esperienza (la realtà è un flusso caleidoscopico che la lingua struttura).
La dissoluzione della natura umana e il primato della cultura
“Conclusione (…): la varietà delle lingue testimonia l’indipendenza del linguaggio
dalla biologia; ma una lingua è il cuore di una cultura e il veicolo – se non l’essenza –
di una forma di pensiero; dunque ciò che nell’uomo è naturale (nel senso biologico del
termine) non determina ciò che l’uomo è propriamente umano, il suo pensiero e la sua
cultura. L’espressione “natura umana” diventa quasi un ossimoro: ciò che è
propriamente umano non è naturale” (Marconi, 2000, p. 128)
Contro il relativismo
Berlin e Kay (1969) I colori focali (o prototipi)
Dal confronto tra 20 diverse lingue, osservano delle interessanti comunanze:
 Se una lingua aveva solo due termini di colore, erano sempre bianco e nero;
 Se ce ne era un terzo, era rosso;
 Il quarto e il quinto erano sempre verde e giallo (non importa l’ordine);
 Il sesto era blu
 E il settimo era marrone; e così via.
Alcuni colori sono più presenti di altri (il bianco, il nero e il rosso vedi poemi omerici).
Le culture iniziano con il nome dei colori più importanti, portando dentro nuovi termini
uno alla volta, in ordine (quindi il bianco e nero sono i più importanti, poi il rosso e così
via). Ogni lingua presenta un insieme, in numero variabile tra 2 e 11, di categorie
percettive fondamentali, che servono come referenti di termini di colore basici e che
sono codificate in un ordine diacronico parzialmente fisso.
Il fondamento biologico: patologie
ANOMIA PER I COLORI Deficit che comporta un’incapacità specifica di denominare i
colori su presentazione visiva. Tuttavia, la percezione e le conoscenze relative ai colori
sono conservate. L’anomia per i colori consegue a lesioni temporo-occipitali sinistre es
è probabilmente provocata da una disconnessione visuo-verbale, on funzione della
quale il linguaggio non può accedere al percetto visivo.
Relativismo moderato
Si è scoperto che gli antichi greci non erano solo i soli a non dire mai che il cielo fosse
blu. Nessuna delle lingue antiche aveva una parola adeguata per il blu. Quello che ora
chiamiamo blu era un tempo riassunto dalle parole per il nero o per il verde. Possiamo
vedere qualcosa per cui non abbiamo una parola?
 Si i greci erano in grado di distinguere le sfumature di blu allo stesso modo in
cui lo facciamo noi, nonostante mancasse nella loro lingua un vocabolario
specifico per questi colori.
 Tuttavia la differenza linguistica può generare una differenza percettiva: test
cromatici sul riconoscimento delle gradazioni di blu danno esiti diversi se
effettuati sugli inglesi (che posseggono una sola parola per indicarlo) rispetto a
quelli effettuati sui rossi (il cui lessico conosce almeno due parole in cui viene
frazionato lo stesso intervallo cromatico).
Language, thought and color: recent developments (Paul Kay and Terry Regier)
Il dibattito sulla denominazione dei colori e sulla cognizione può essere chiarito e
facendo a meno della tradizionale dicotomia “universali contro relativismo”. In questo
modo, importanti contrapposizioni vengono a cedere. Esistono vincoli universali sulla
denominazione dei colori, ma allo stesso tempo, le differenze nella denominazione dei
colori tra le lingue provocano differenze nella cognizione e/o percezione del colore. La
fonte dei vincoli universali non è fermamente stabilita. Tuttavia, sembra che si possa
dire che la natura propone e l’educazione dispone (nature proposes and nature
disposes) (Kay and Regier, 2006, p.55)
Neo-Vygotskyani: la mente estesa
The Exended Mind (1998), Clark & Chalmers.
I processi cognitive umani sono veicolati non soltanto da ciò che si trova all’interno “del
cranio e della pelle”, ma anche da ciò che è esterno al corpo. Vale a dire che nei
processi cognitivi le capacità mentali dell’agente si avvalgono di elementi esterni
al cervello e al corpo, quali lo stesso ambiente naturale, o anche estensioni ‘culturali’,
come il linguaggio o gli artefatti tecnologici, che costituiscono l’ambiente sociale.
Impalcature classe di accrescimenti fisici, cognitivi e sociali che ci consentono di
conseguire alcuni obiettivi che altrimenti andrebbero al di là delle nostre possibilità. Per
esempio: taccuini, calcolatrice artefatti esterni che riducono il peso computazionale
della mente (mezzi simbolici esterni per scaricare la memoria nel mondo).
Being there (1997), Clark
(Crtica e funzione comunicativa) L’enfasi sul linguaggio quale medium di
comunicazione rischia di impedirci di vedere un ruolo più sottile ma altrettanto
straordinario: il ruolo del linguaggio come strumento che altera la natura dei compiti
computazioni coinvolti in vari tipi di problem-solving (Clark, trad. it., p. 169).
Proprio come le forbici ci permettono di sfruttare le nostre capacità manipolatorie di
base per conseguire nuovi scopi, il linguaggio ci consente di sfruttare le nostre
capacità cognitive di base […] secondo modalità volte alla ricerca di nuovi orizzonti
comportamentali e intellettuali (p. 169)
Linguaggio sociale (Vygotskij, 1934)
Il linguaggio e la parola attraverso un processo di interiorizzazione (impalcatura; il
termine è di Jerome Bruner) permettono lo sviluppo nel bambino delle capacità
cognitive:
 L’apprendimento sociale precede la competenza individuale;
 L’apprendimento sociale produce lo sviluppo cognitivo
“Le funzioni prima si formano nel collettivo, nella forma di relazioni tra bambini e così
diventano funzioni mentali per l’individuo” (Vygotskij, 1934).
Il percorso di costruzione del comportamento (trasformazione delle forme naturali in
forme culturali superiori) va dall’esterno all’interno (Vygotskij, 1978).
L’interiorizzazione della conoscenza avviene prima attraverso la ‘co-costruzione’ sociale
(apprendimento specializzato) e poi con un progressivo trasferimento dell’attività sociale
esterna, mediata da segni, al controllo interno.
08/03/2023
Non c’è un pensiero prima del linguaggio
“Noi scopriamo cosa pensiamo (e quindi cosa intendiamo) riflettendo su quello che
diciamo […] siamo, almeno in quelle occasioni, sulla stessa barca dei nostri critici ed
interpreti esterni, incontriamo un testo e cerchiamo di ricavarne la migliore lezioni
possibile. Il fatto che noi lo abbiamo detto gli dà una certa persuasività personale o
almeno una presupposizione di autenticità. Se lo ho detto (e ho udito me stesso dirlo e
non ho udito me stesso affrettarlo e correggerlo), probabilmente, intendevo dirlo, e
probabilmente significa ciò che sembra significare – a me” (Dennett, La conoscenza,
trad. it., 1993, p. 275).
Noi veniamo a conoscenza di quello che vogliamo dire nel momento in cui lo diciamo
L’effetto mangrovia
Being there (1997), Clark
Se vedete un albero su un’isola, cosa supponete sia venuto prima? È naturale
presumere che l’isola abbia fornito il suolo fertile in cui un seme fortunato sia giunto a
trovarsi, […] le foreste di mangrovia costituiscono un’eccezione […]. Sono certo che
qualcosa come un effetto mangrovia operi in alcune specie del pensiero umano. È
naturale supporre che le parole siano sempre radicate nel suolo fertile di pensieri
persistenti. Ma certe volte, almeno, l’influenza sembra darsi nell’altra direzione. […]
componendo un poema, non usiamo semplicemente le parole per esprimere pensieri.
[…] sono spesso le proprietà della parole […] a determinare i pensieri che la poesia
riesce a esprimere. […] il linguaggio pubblico è responsabile di un complesso di
caretteri abbastanza distintivi del pensiero umano (p. 182)
C’è un’intenzione prima del dire, il nostro linguaggio rende esplicita ciò che vogliamo
dire. Clark attraverso la metafora della mangrovia vuole dire che le parti devono essere
invertite il linguaggio pubblico siano prioritari rispetto al pensiero che esiste grazie alle
strutture linguistiche. Qui non si sostiene la tabula rasa ma l’impalcatura esterna (nel
momento in cui il linguaggio di sviluppa rende possibili le forme di pensiero che non
sarebbero possibili senza la lingua, quando il bambino comprende le prime parole il
pensiero fa un salto).

Capire natura dei rapporti tra linguaggio e pensiero. Scienza cognitiva inizia fine anni
‘40 inizio anni ‘50 e gli autori sono (linguaggio) è Chomsky. La scienza cognitiva nasce
come razione/critica alle altre prospettive, in particolare, per Chomsky, è il
comportamentismo (oppure posizioni relativistiche in cui non si sostiene l’esistenza dei
vincoli biologici, secondo questi gli umani all’inizio sono vuoti e con l’esperienza sociale,
l’educazione ecc.. si riempie). Nell’ambito del comportamentismo, Skinner scrive il
comportamento verbale, la psicologia comportamentista (stimolo-risposta) è applicato
all’apprendimento del linguaggio attraverso lo schema stimolo-risposta (processi
associazionistici con meccanismi di ricompensa) spiega l’apprendimento del linguaggio.
Secondo il comportamentismo l’associazionismo spiega tutti i comportamenti umani in
riferimento al linguaggio (anche la grammatica si apprende in questo modo). Tutto
l’apprendimento del linguaggio si apprende con lo stimolo esterno (sociale).
Chomsky nel ’59 o ’57 scrive una ricezione del libro di Skinner in cui argomenta e
dimostra che lo stimolo è troppo povero per giustificare l’apprendimento i bambini
ricevono stimoli esterni poveri e limitati per spiegare ciò che il bambino riesce a fare e
quindi come si può spiegare la ricchezza della competenza che i bambini hanno
(povertà dello stimolo) ad esempio “la vecchia porta la sbarra” lo stimolo è unico ma
ci sono due interpretazioni (per questo dice che lo stimolo è povero, non ci dà
indicazioni su dove si trova il sintagma verbale se lo stimolo è povero e noi siamo in
grado di elaborare i due significati della frase deve intervenire qualcosa che va a
lavorare sullo stimolo per selezionare il sintagma e quindi lo stimolo da solo non ce la fa
a dar conto dei processi che avvengono). La scienza cognitiva nasce con la povertà
dello stimolo che si ha anche con la percezione (che è un’attività cognitiva). Ci devono
essere delle strutture interne (GU) attraverso le quali si apprende il linguaggio (che
richiede strutture complesse e ricche interne). Per Chomsky il linguaggio è la
grammatica universale. La mente ha dei sistemi in grado di elaborare delle frasi.
Scienza cognitiva di prima generazione (o scienza cognitiva classica i modelli di
riferimenti sono Chomsky e Fodor il quale, al contrario di Chomsky, ci dà un’idea di
cos’è il linguaggio). La scienza cognitiva di seconda generazione processi cognitivi
non sono circoscritti solo nella scatola cranica ma anche l’ambiente e nasce in reazione
al modello precedente classico (post-classica).
Funzione comunicativa
Primato della funzione comunicativa
Il linguaggio ha una funzione comunicativa (espressiva) il linguaggio esprime il
pensiero che è logicamente e temporalmente antecedente al linguaggio (primato del
pensiero sul linguaggio). Può essere sintetizzato in tre elementi:
1. Il linguaggio serve a esprimere il pensiero
2. Il pensiero ha una struttura proposizionale Il pensiero in questa prospettiva
(grazie a Fodor) ha una natura proposizionale
3. Comprendere il linguaggio è comprendere le frasi

1. Il linguaggio serve a esprimere il pensiero


Primato della funzione comunicativa: autonomia del pensiero dal linguaggio
(Pinker è chomskiano, l’unica differenza con Chomsky) in questo libro mostra che il
linguaggio è soggetto a evoluzione biologica cosa che non sostiene Chomsky)  in
questa citazione troviamo il contrario di Dennett
“Pensateci. Abbiamo avuto tutti l’esperienza di pronunciare o scrivere una frase, poi
fermarci a realizzare che non era esattamente quello che volevamo dire. E se abbiamo
quell’impressione, ci deve essere qualcosa “che intendevamo dire” che è diverso da
quanto abbiamo detto. A volte non è facile un termine che renda esattamente un
pensiero. […] E se i pensieri dipendessero dalle parole, come potrebbe mai essere
coniata una nuova? Come potrebbe un bambino imparare la prima? Come sarebbe
possibile la traduzione interlinguistica” (Pinker, L’istinto del linguaggio, trad. it., 1994, p.
49).
Pinker rovescia la prospettiva di Dennett c’è un pensiero che precede ciò che diciamo
perché l’esperienza che no abbiamo ci fa capire che le parole che usiamo non sono
perfette per catturare il pensiero che abbiamo in mente.
Primato della FUNZIONE COMUNICATIVA autonomia del pensiero del
linguaggio Jackndoff
Problema della traduzione:
Gli enunciati “le chien est mort” e “the dog is dead” sono diversi tra loro, cionondimeno
veicolano lo stesso pensiero e questo ci permette di tradurli da una lingua all’altra. Se
non ci fosse una qualche costante del pensiero espresso, vale a dire una comunanza di
pensieri indipendentemente dal modo di esprimerli, la comunicazione sarebbe
impossibile.
C’è un pensiero precedente e autonomo al linguaggio (sia secondo Pinker che
Jackndoff)
Mentalese (= linguaggio del pensiero) universale (Pinker)
Le persone non pensano in inglese, in italiano, in cinese o apache; pensano in un
linguaggio del pensiero. Il linguaggio del pensiero probabilmente somiglia un po' a
ciascuna di queste lingue; presumibilmente ha dei simboli per i concetti, e combinazioni
di simboli che corrispondono a “chi ha fatto cosa a chi” […] Ma a paragone di qualsiasi
altro linguaggio, il mentalese deve essere più ricco e per certi versi più semplice
(Pinker, 1994, trad. it., p. 73)
Esiste un linguaggio del pensiero più astratto del linguaggio storico naturale. È un
universale il linguaggio del pensiero che deve essere un pò astratto perché accomuna i
parlanti delle lingue.
Conoscere una lingua significa
The language of Thought di Fodor molto importante del 1957 la teoria
computazionale della mente.

Primato della funzione comunicativa: il linguaggio del pensiero Isomorfismo


strutturale tra linguaggio e pensiero
È l’idea che ci sia la stessa forma per linguaggio e pensiero  senza pensiero, niente
linguaggio. Il pensiero ha certe caratteristiche se il linguaggio deve esprimere il
pensiero deve esprimerne la forma:
“Non può darsi che il linguaggio esprima il pensiero e che il linguaggio sia sistematico, a
meno che non si dia che anche il pensiero sia sistematico quanto il linguaggio” (Fodor,
Psychosemantics, 1987, trad. it., p.229)
Il linguaggio serve per esprimere il pensiero ci deve essere una comunanza formale tra
il pensiero e il linguaggio. Il linguaggio esprime il pensiero perché eredita alcune
proprietà (non mi posso mettere il guanto con due dita se il guanto serve a proteggere
la mano il guanto deve conformarsi alla mano).
Argomento:
 Il linguaggio esprime il pensiero
 Il linguaggio esibisce certe proprietà (produttività e sistematicità)
 Anche il pensiero deve avere le stesse proprietà del linguaggio (produttività e
sistematicità)
Il pensiero è prioritario.
2. Il linguaggio è:
 Produttivo (produttività) possibilità di produrre infinite combinazioni di strutture
linguistiche a partire da un numero finito di elementi e di regole di combinazioni
(ciò che Chomsky chiama creatività del linguaggio) che è legato a
 Sistematico (sistematicità) la possibilità di produrre-comprendere alcune frasi
è intrinsecamente connessa alla possibilità di produrne e comprenderne molte
altre (se comprendo la frase “Gianni ama la ragazza” comprendo anche “la
ragazza ama Gianni”)
Queste due proprietà sono del linguaggio. Ma l’argomento di Fodor è che il linguaggio
esprime il pensiero e queste due proprietà devono essere in primo luogo proprietà del
pensiero (combinatorietà e struttura in costituenti del pensiero).
Il pensiero è:
 Produttivo (produttività) capacità di pensare infiniti pensieri di complessità
illimitata a partire da un numero finito do elementi.
 Sistematico (sistematicità) comprendere il pensiero “Gianni ama la ragazza”
implica comprendere anche il pensiero “la ragazza ama Gianni”.

La forma logica comune a pensiero e linguaggio


Un argomento rapido è che le capacità cognitive devono essere sistematiche almeno
quanto le capacità linguistiche, dato che il linguaggio ha la funzione di esprimere il
pensiero […]. Capire una frase è afferrare il pensiero che la sua pronuncia veicola
in modo standardizzato; non sarebbe altrimenti possibile che ognuno che capisce la
frase ‘Gianni ama Maria’ capisca anche la frase ‘Maria ama Gianni’, se non fosse che
ognuno che può pensare il pensiero che Gianni ama Maria, può pensare che Maria ama
Gianni. Non può darsi che il linguaggio esprima il pensiero e che il linguaggio sia
sistematico, a meno che non si dia anche che il pensiero sia sistematico quanto il
linguaggio (Fodor, 1987, trad. it., p. 229)
La forma logica comune posta a garanzia dell’identità tra pensiero e linguaggio.
A livello linguistico pronuncio le frasi ma a livello cognitivo le comprendo e ciò dipende
dalla mente che elabora simboli proposizionali. La forma logica è comune tra pensiero e
linguaggio che hanno una forma proposizionale (logica) comune fa si che il linguaggio
esprima il pensiero.
La natura proposizionale del pensiero è prioritaria a partire da questa si sviluppa la
natura proposizionale del linguaggio.
3. L’essenza del linguaggio è la frase. In queste prospettive comprendere-produrre il
linguaggio significa comprendere-produrre frase (riesce a elaborare la struttura
sintattica e quindi dei costituenti della frase )
Il primato della proposizione
Noi sosterremo che nel linguaggio è possibile rintracciare prove dell’esistenza di un
progetto finalizzato alla comunicazione di strutture proposizionali attraverso un
canale seriale (Pinker & Bloom, 1990).
Il linguaggio (secondo la scienza cognitiva della prima generazione) è un sistema che
serve a comunicare strutture proposizionali attraverso la voce (=canale seriale).
La forma logica comune permette la comprensione linguistica
L’onda sonora emessa da Enrico, in quanto mero evento fisico, non è una parola o un
enunciato; ma conta come una parola o un enunciato per Sandro, il cui cervello,
converte, automaticamente e inconsciamente, il suono emesso in una struttura
fonologica interna e l’associa a un’idea o a un pensiero (Jackendoff, 1993, trad. it.,
p. 223)
Cosa c’è dietro questo processo inconscio e automatico attraverso il quale il suono
emesso dal parlante viene associato a un pensiero nella mente dell’ascoltatore?
Questo è il processo di comprensione linguistica. Le parole sono inconsciamente e
automaticamente importanti legati alla struttura mentale che converte il suono a una
struttura fonologica (assegna una rappresentazione fonologica).
Fodor (1983):
Due passaggi:
1. Le proprietà acustiche delle frasi vengono rilevate dai trasduttori (apparato
uditivo), i quali producono come output una forma fonetica dell’enunciato.
2. La forma fonetica dell’enunciato viene associata alla forma sintattica
 Questa seconda fase è mediata dalla “forma logica” degli enunciati, in virtù
dello stretto legame che questa ha, da una parte con la struttura fonetica e,
dall’altra, con quella sintattica
È un processo che presenta diverse fasi che sono:
Proprietà acustiche  Trasduttori  Forma fonetica  (Forma logica)  Forma
sintattica
1. Si parte dalle proprietà acustiche (dal suono)
2. Viene rilevato dai trasduttori (input della grammatica universale)
3. I suoni vengono tradotti in un linguaggio elaborali dallo stato mentale (linguaggio
del pensiero) forma fonetica
4. Forma logica che media tra la forma fonetica e la forma sintattica
5. E con la forma sintattica avviene la comprensione (simboli che siamo in grado di
elaborare)
L’dea è che la struttura logica e grammaticale (dipende dalla costruzione fonetica della
frase)
Tutte le informazioni di cui noi abbiamo bisogno per comprendere sono presenti nella
forma logica (= struttura in costituenti dell’enunciato)
14/03/2023
Isomorfismo strutturale Fodor sostiene l’dea che il linguaggio esprime il pensiero
(sistema a priori)con cui deve condividere delle caratteristiche (produttività e
sistematicità) che il linguaggio deriva dal pensiero (ppt). Non è il contenuto che noi
elaboriamo ma su elaborazioni simboliche astratte, la mente non va elaborare il
contenuto ma i simboli (quello che conta è la forma e le relazioni dei simboli e non il
contenuto effettivo).
Proposizioni simboliche del LdP
Nelle nostre menti sono presenti modelli interi che rappresentano una traduzione degli
eventi esterni; tali modelli sono proposizioni simboliche del LdP “sono significati come
‘credo di dover comprare il latte’ nella nostra mente sarebbero rappresentati da pseudo
proposizioni simboliche come ‘credo che p’ e acquisirebbero significato in parte dal fatto
che ‘P’ è un’esperienza sensoriale trasdotta e in parte dal fatto che tale conoscenza è
connessa ad altre conoscenze del LdP. Per esempio, il LdP potrebbe consentire un
ragionamento di questo tipo: tutte le mattine bevo il latte a colazione l’unico modo per
trovare il latte nel mio frigo di mattina è andarlo a comprare, perciò ceteris paribus…
credo di dover comprare il latte. Il LdP riguarda solo la parte astratta del
ragionamento, non i contenuti specifici che la mente acquisisce sul mondo. Ciò
che il LdP riesce a controllare della semantica lo fa attraverso la sintassi, cioè la
forma delle proposizioni” (Elisabetta Gola, 2005, Metafora e mente meccanica, pp.
67-68).
Modelli interni che traducono in rappresentazioni gli eventi esterni. Informazione visiva,
ad esempio, deve essere trasformata in proposizione simbolica del linguaggio del
pensiero (riguarda solo la parte astratta, le inferenze e non il contenuto specifico e
quindi la forma e le relazioni dei simboli che devono entrare in catene inferenziali).
organismo credenza/desiderio contenuto proposizionale

MENTALESE O P x P(x)

ITALIANO Giorgio spera che nevichi


Struttura di un attributo proposizionale, secondo la definizione di Fodor
Quello che conta è la relazione tra i simboli P(x) è la formalizzazione. Il motivo per cui
dobbiamo ammettere l’esistenza di proposizioni è che quando vengono tradotti in
enunciati del linguaggio del pensiero e le proposizioni possono essere elaborate nella
nostra mente

Proposizioni simboliche astratte del LdP


“Per esempio, un quadrato rosso che l’apparato visivo registra pittorialmente come una
figura con una forma, un colore, un’ampiezza, ecc., diventa, per poter essere trattata
dai processi centrali, una lista di proposizioni simboliche quale potrebbe essere:
Ǝ(x)
(figura (x) &
ampiezza (piccola) &
forma (quadrata) &
colore (rosso)) ecc.
Nota: il significato della rappresentazione è: esiste una entità x, che è una figura che
presenta una forma quadrata, è piccola, e rossa
Si arriva così a un punto cruciale della costruzione del significato.. A questo stadio del
processo di conoscenza, i significati sono divenuti simboli che costituiscono la materia e
la forma dei processi di pensieri” (p. 66)
Queste trasformazioni in enunciati del linguaggio del pensiero sono essenziali.
Come deve essere fatta la mente per elaborare la forma logica comune a pensieri
e proferimenti verbali?
Che cosa sono i moduli? (Fodor)
Dispositivi di elaborazione specifici per dominio (ogni modulo è specializzato per
computare e sono tipici del suo dominio di elaborazione) ogni dispositivo è progettato
per elaborare un determinato tipo di stimolo e solo quello.
La mente ha una struttura modulare (una parte della mente) Fodor, Modularity of
mind
 Trasduttori la retina o l’apparato uditivo; hanno il compito di trasformare i
segnali dei vari recettori sensoriali in simboli.
 Sistemi di input-output [MODULI] tradurre l’informazione dei trasduttori al
fine di renderla accessibile ai sistemi centrali (sistema linguistico)
 Sistemi centrali ragionamento e fissazione delle credenze.
SISTEMA CENTRALE

SISTEMI DI INPUT
(MODULI)

TRASDUTTORI

INPUT SENSORIALE
Architettura tricotomica della mente
Nel modulo entra l’informazione specifica a quel modulo. I moduli sono impermeabili
alle credenze di sfondo a qualsiasi informazioni che non sono stati chiamanti a
processare.

Caratteristiche dei moduli


Incapsulamento informativo Ciascun modulo è isolato dal resto della cognizione
Obbligatorietà L’attivazione del processo di elaborazione è automatico
Velocità di elaborazione Generano output più velocemente rispetto ai sistemi non modulari
Innatismo Crescita e sviluppo sono controllati geneticamente
Associazione a una rete Molto spesso (ma non necessariamente) i moduli sono localizzati
neuronale fissa in specifiche strutture cerebrali
Specificità di dominio I processi di un modulo operano solo su determinati contenuti

Caratteristiche che secondo Fodor caratterizzano la parte modulare della mente


Il modulo non può non attivarsi quando si trova di fronte a stimoli linguistici che
riguardano alla sua specificità (obbligatorietà) importante automaticità e senza sforzo
fa sì che questa prospettiva sia sovrapponibile al modello del codice (in modo
automatico a patto che ci sia un codice per codificare e decodificare un messaggio)
che segnerà una differenza con i modelli pragmatici.
Ogni modulo a un insieme di contenuti incapsulati e specifici
Una delle assunzioni della modularità della mente i moduli sono innati (controllati
geneticamente) Prendiamo ad esempio il test della falsa credenza:

La mente modulare si oppone che esiste un’intelligenza generale (che


poggia sull’assunto che non ci sono aree specializzate)
Incapsulamento
Un esempio è quella che viene chiamata illusione di Muller Lyer
Quale delle linee orizzontali è più lunga?
In realtà sono uguali ora che noi abbiamo questa credenza va nel
sistema del cervello e se le vediamo ancora diverse significa che non
è ancora entrato nel modulo visivo (modulo è incapsulato)
Un altro esempio è il “Turning the Tables” (1981) di Roger N. Shepard

Quanta parte della mente è modulare?


 Sono modulari solo i sistemi periferici di input-output:
o Percezione visiva e uditiva
o Riconoscimento delle facce
o Elaborazione del linguaggio
o Controllo motorio
 NON sono modulari i sistemi cognitivi centrali:
o Categorizzazione
o Ragionamento
o Risoluzione dei problemi
o Fissazione delle credenze
o Presa di decisione

Gran parte della cognizione umana non ha carattere modulare (risentire reg.37:00)
Poi avremo la modularità massiva (diverse da quelle di Fodor, in queto caso si parla di
quelle di Sperber)
Altri moduli rispetto a quello di Fodor
Fisica ingenua Credenze intuitive (innate e non prodotte da una riflessione
consapevole) che le persone hanno riguardo al modo in cui funziona il mondo, in
particolare riguardo al comportamento dei corpi fisici (innata modo in cui
interpretiamo eventi fisici del mondo conoscenza presente e fissato nel nostro
cervello fin dalla nascita che ci guida alla comprensione degli eventi fisici).
Un esempio di fisica ingenua principio di continuità (= due corpi/oggetti non
possono occupare contemporaneamente lo stesso spazio).
Fase abituazione La pallina cade sulla
piattaforma. Dopo un breve periodo di
osservazione, i bambini perdono interesse.

Fase test Si aggiunge una piattaforma. Quando la


pallina cade e resta sulla piattaforma, i bambini non
mostrano stupore.

Fase attentivo La pallina cade tra la prima e la seconda piattaforma. I bambini


mostrano maggiore interesse e sorpresa quando osservano un evento impossibile
(sorpresa bambini perché si
aspettavano certe cose
l’immagine viola la realtà in
questo cosa la palla trapassa il
muro)  questo è un tipo di modulo (specificità di dominio)
Principio di contatto
gli oggetti si muovo se e solo se entrano in
contatto tra loro (non c’è azione a distanza)

Fase di abituazione

Fase test

Recupero attentivo

I bambini non si sorprendono (principio di contatto) dovuto alla psicologia ingenua


(la fisica lascia il posto alla psicologia) si può immaginare che la ragazza abbia paura
del ragazzo e si allontani.
Prove neuropsicologiche: la prosopagnosia
La prosopagnosia è un deficit percettivo acquisito o congenito del sistema nervoso
centrale. Il termine deriva dall’unione di due parole greche:
 Faccia e
 Non conoscenza.
Impedisce ai soggetti che ne sono colpiti di riconoscere i volti delle persone, anche dei
familiari stessi. Le lesioni riguardano la superficie inferiore di entrambi i lobi occipitali e
si estendono anteriormente fino a raggiungere la superficie interna dei lobi temporali.
Deficit a favore modularità fodoriana che compromette il riconoscimento dei volti, non
ha altre problematiche cognitive di linguaggio, memoria ecc..) (video) utilizza altri
indizi rispetto al volto (capelli, abiti..) è fortemente a favore modularista in quanto
mostra che un danno selettivo intaccato solo quello specifico dominio.
Modulo del linguaggio
Il riconoscimento della forma linguistica non può essere guidato dal contesto, perché
non è il contesto che determina la forma; è il fatto che la forma linguistica possa essere
poi riconosciuta deve essere determinato da processi in larga misura incapsulati. Così,
secondo questa proposta, il sistema dell’input linguistico specifica la forma
linguistica, e forse anche logica, di ogni enunciato appartiene al suo dominio. In
questa proposta è implicito che [il modulo linguistico] non fa più di questo. (Fodor, 1983,
trad. it., p. 141)
La forma logica comune permette la comprensione linguistica
L’idea è che la struttura logica e grammaticale di una frase sia determinata unicamente
(o, più precisamente, determinata unicamente se non ambigua) dalla sua costituzione
fonetica; quest’ultima è a sua volta determinata unicamente da certe sue proprietà
acustiche (mutatis mutandis, le proprietà linguistiche degli elementi scritti sono
determinate unicamente da certe proprietà delle loro forme). Secondo quest’uso, le
proprietà ‘acustiche’ sono ipso facto rilevabili dai trasduttori; sicché un sistema di input
che abbia accesso alle rappresentazioni di un enunciato del trasduttore idoneo sa su
tale enunciato tutto ciò che gli occorre per determinare di quale tipo di frase sia questa
un’occorrenza, nonché, probabilmente, quale forma logica abbia. Nella forma logica
sono contenute tutte le informazioni di cui il parlante ha bisogno per
comprendere l’enunciato.
Tutte le informazioni di cui il parlante ha bisogno per comprendere l’enunciato
sono contenute nella forma logica
Tutto ciò ci porta a concludere, seppur intuitivamente, che se potrebbe forse esserci un
algoritmo per l’analisi logica, non dovrebbe potercene essere uno che riesca a stimare
nelle loro infinite diversità le intenzioni comunicative. Le discussioni su quanto un autore
intendeva dire possono essere così interminabili, cosa che invece non accade quando
si discute su cosa ha detto (Fodor, 1983, trad. it., p. 141)
Quello che conta è l’enunciato effettivamente proferito è un modello esplicito della
comunicazione
Significato non letterali
“Può darsi che un sistema idoneamente incapsulato possa riconoscere attendibilmente
l’ironia di enunciati (la sincerità, la metaforicità, la retoricità, e così via), ma è certo che
non è possibile proporre plausibilmente come possa essere fatto. Sembra che il
riconoscimento di tali proprietà degli enunciati sia tipicamente un esercizio di ‘inferenza
alla migliore spiegazione’; dato che so su Michele, e su quel che Michele pensa di
Maria e Gianna, egli potrebbe aver inteso letteralmente… ecce cc. Sono esattamente
questi, è ovvio, i tipi di inferenza che non ci attendiamo vengano eseguiti da un
sistema incapsulato” (Fodor, 1983, p. 138)
Sono tutte cose che fanno i sistemi centrali (tutte queste inferenze) e non lo fa il modulo
e quindi in fanno parte della teoria classica delle scienze cognitive.
Chomsky metafora è un accidente (che non appartiene alla sua visione di linguaggio)

Questo modo di intendere il linguaggio se si sposta sul piano della comunicazione


coincide con il modello del codice (modello esplicito della comunicazione tutto ciò che
serve a comprendere è presente nell’enunciato)
Il primato della competenza
Linguaggio vs Comunicazione: la scienza cognitiva classica
Competenza vs Esecuzione
 Competenza la conoscenza implicita che il parlante-ascoltatore idealizzato ha
del linguaggio, vale a dire la conoscenza (non prodotta da un insegnamento
diretto) che gli permette di riconoscere immediatamente il contrasto tra farsi
come a) e b) e di giudicare a) come frase malformata:

a) Giulia vuole di magiare.


b) Giulia vuole mangiare

 Esecuzione l’uso effettivo del linguaggio in situazioni concrete, vale a dire la


capacità di utilizzare il linguaggio nella comunicazione effettiva.
Chomsky pensa che lo studio della comunicazione non sia importante per il
linguaggio e per spiegarlo si fa riferimento a questa distinzione.
La competenza è la grammatica universale (conoscenza del parlante-ascoltatore
idealizzato, per idealizzato che noi dobbiamo fare analisi teorica astratta del linguaggio
idealizzato). L’esecuzione è la comunicazione. (sentire ultima frase) Secondo questa
prospettiva il primato va alla competenza.
L’idea che la conoscenza coincida con la capacità non può essere assolutamente
mantenuta. (…) Pensiamo a due persone che condividono esattamente la stessa
conoscenza di una determinata lingua (…). Cionondimeno queste due persone possono
– e tipicamente è così – differire di molto nella loro capacità null’uso del linguaggio. (…)
Inoltre, la capacità può migliorare senza che avvengano cambiamenti nella conoscenza.
(Chomsky, 1988, Linguaggio e problemi della conoscenza, trad. it., pp. 10-11)
Allo stesso modo può essere che la capacità sia danneggiata o scompaia senza perciò
che la conoscenza venga ad essere diminuita. Supponiamo che Gianni (…) sia colpito
da afasia (…) e che perda tutta la sua capacità di parlare italiano. Gianni ha perso la
conoscenza dell’italiano? Non necessariamente, come potremmo scoprire se Gianni
recuperasse la sua capacità di parlare e comprendere (…). Qualcosa è stato mantenuto
quando si è persa la capacità di parlare e capire. Ciò che è stato mantenuto non è stata
a capacità, dal momento che questa era andata perduta. Ciò che è stato mantenuto
era il sistema della conoscenza, un sistema cognitivo della mente cervello.
Evidentemente, il possesso di questa conoscenza non può essere identificato con la
capacità di parlare e capire. (Chomsky, 1988, Linguaggio e problemi della conoscenza,
trad. it., pp. 10-11)
Non ha perso la competenza ma mantiene la GU ciò che si perde è l’esecuzione. La
competenza non coincide con l’esecuzione.
Linguaggio senza comunicazione
Consideriamo innanzitutto la presunta connessione “fondamentale” tra linguaggio e
comunicazione. Searle si oppone alla mia affermazione che l’uso significativo del
linguaggio “non coinvolge necessariamente la comunicazione e neppure il tentativo di
comunicare”, come quando “io uso il linguaggio per esprimere o chiarire i miei pensieri,
per ingannare (…)”. In questi casi, ho sostenuto che “le mie parole hanno un significato
stretto e possono benissimo voler dire ciò che esprimono” (…). Malgrado gli scrupoli di
Searle, tutto questo mi sembra evidente e banale. (…) È difficile condurre un’analisi
del significato in termini di intenzioni del parlante nei confronti dell’ascoltatore,
anche se è possibile farlo nei casi in cui c’è intenzione di comunicare, cosa di cui
dubito (…). (Chomsky, 1975, Riflessioni sul linguaggio, trad. it., pp. 60-61)
Searle atti linguistici. Chomsky si oppone a cose che sono fuori dell’enunciato
Contro le teorie dell’uso
Le discussioni su quanto un autore intendeva dire possono essere così interminabili,
cosa che invece non accade quando si discute su cosa ha detto. (Fodor, 1983, trad. it.,
p. 141)
Scienza cognitiva classica
Visione sintattico-centrica:
1. Linguaggio = Sintassi
2. Semantica = Sintassi (il significato dipende dall’organizzazione gerarchica dei
sintagmi all’interno della frase)
3. Pragmatica non è parte della competenza linguistica (è comunicazione  il
linguaggio non è comunicazione)
Secondo questa prospettiva la pragmatica è la “feccia” e non fa parte della competenza
linguistica perché rappresenta la comunicazione. La semantica viene ridotta alla
sintassi. (foto alberi) quello che la mente fa (no analisi linguistica ma rappresentazione
grafica di cosa avviene nella nostra mente quando produciamo le frasi o comprendiamo
le frasi riporta l’importanza dei simboli e le loro relazioni  dei costituenti)
Il significato dipende dall’elaborazione sintattica
2. Semantica:
1) Maria ama Mario
2) Mario ama Maria

3) La vecchia porta la sbarra

SN SV
La vecchia porta la sbarra
Art N V SN
Art N
La vecchia porta la sbarra

SN SV
La vecchia porta la sbarra
Art A N Pron V

La vecchia porta la sbarra


Autonomia e indipendenza della sintassi
La sintassi (= linguaggio) è un modulo (dispositivo di elaborazione):
 Autonomo e
 Indipendente
dal resto della cognizione.
GU fa solo quello (elabora la struttura degli enunciati)
GU e modularità
“La mia teoria… è che esista un sistema autonomo di grammatica formale determinato,
in teoria, dalla facoltà del linguaggio e dal suo componente GU. Questa grammatica
formale genera strutture astratte che sono associate a delle ‘forme logiche’… per
mezzo di altri principi della grammatica” (Chomsky, 1975, Riflessioni sul linguaggio,
trad. it., p. 44)
Pragmatica e competenza linguistica
John Searle (1972) vs Chomsky
La rivoluzione di Chomsky è in gran parte una rivoluzione nello studio della sintassi.
L’ovvio passo successivo nello sviluppo dello studio del linguaggio è quello di innestare
lo studio della sintassi sullo studio degli atti linguistici […] Chomsky ha una concezione
errata della distinzione tra esecuzione e competenza. Sembra pensare che una teoria
degli atti linguistici debba essere una teoria dell’esecuzione piuttosto che della
competenza, perché non riesce a vedere che la competenza è in ultima analisi la
competenza a eseguire (the competence to perform), e che per questo motivo uno
studio degli aspetti linguistici della capacità di eseguire atti linguistici è uno studio della
competenza linguistica. (Rivoluzione di Chomsky nella linguistica in John Searle)
 Superamento della distinzione competence vs performance
 Superamento della concezione chomskyana di competence
Le nostre conoscenze su come usare il linguaggio per eseguire una serie di atti
linguistici(e fare molto altro oltre a ciò) sono una componente centrale della nostra
competenza linguistica e sono sullo stesso piano delle conoscenze che ci permettono
di formare frasi grammaticali e sensate (Cummings, pp. 32-33)
Searle dice che il linguaggio non è solo sintassi
Secondo lui la competenza è comunicazione. Non solo la differenza tra competenza ed
esecuzione non esiste e non va bene anche perché c’è la pragmatica (che è parte
importante della competenza di linguaggio.
Non c’è primato competenza grammaticale.
21/03/2023
Patologie
Banco di prova di validare la prospettiva di Chomsky. (siamo al cap. 2 ma non è finito
cap. 1).

Con le Afasia (patologia linguaggio utile validare modello chomskiana) ci troviamo nella
micro analisi (competenze linguistiche relazioni interne)
 Microanalisi analisi delle relazioni dei costituenti interni all’enunciato: livelli di
elaborazione:
o Fonetica,
o Fonologica,
o Morfologica,
o Morfofonologica,
o Morfosintattica,
o Sintattica e
o Semantica (elaborazione lessicale + elaborazione frasale)
 Macroanalisi analisi delle relazioni esterne tra gli enunciati del discorso
l’elaborazione pragmatica ed elaborazione testuale/discorsiva

Afasie: perdita delle funzioni microlinguistiche


Disturbo centrale del linguaggio a causa del quale possono diventare deficitarie
abilità legate alla comprensione e/o produzione di fonemi, parole o frasi con
coinvolgimento potenziale anche delle abilità di scrittura e lettura. Disturbo ad
insorgenza improvvisa determinata dalla presenza di lesioni in aree dell’emisfero
sinistro coinvolte nel network del linguaggio.
Disturbo centrale del linguaggio (strutturale) in seguito
possono essere

danneggiate le competenze del linguaggio in diverso modo


(danneggiata la comprensione e la produzione intatta e così
via). Sono disturbi acquisiti nel linguaggio improvvisamente a causa di lesioni in seguito
a incidenti o ictus che colpiscono una parte del cervello (= emisfero sinistro del cervello)
Cervello si divide in emisfero destro (controlla la parte sinistra e si occupa del
movimento) e sinistro (linguaggio e controlla la parte destra, pensiero razionale) a sua
volta divisi in lobi cerebrali (adibite a specifiche funzioni)

Classificazione in base alla localizzazione della lesione


1. Afasie corticali dovute a lesioni in porzioni della superficie dell’emisfero
sinistro (Broca e Wernicke)
2. Afasie sottocorticali dovute a lesioni che interessano strutture al di sotto
della corteccia come i gangli della base, il talamo, il cervelletto

1. Classificate a loro volta in base a:


A. L’ anatomia della localizzazione si parla di:
i. Afasie corticali perisilviane (lesioni vicine alla scissura di Silvio, per
esempio area di Broca e Wernicke) e
ii. Afasie transcorticali (aree corticali lontane dalla scissura di Silvio, per
esempio aree prefontali)
B. Il tipo di fluenza

Il parametro della fluenza


 Afasie fluenti:
o Comprensione generalmente compromessa, ma eloquio tendenzialmente
fluente, cioè produttiva
o Uso frequente di parafrasie (omissione, sostituzione, delezione, o
trasposizione di fenomeni), fonologiche, perifrasi semantiche e/o verbali e
neologismi
 Afasie non fluenti:
o Comprensione relativamente normale, eloquio estremamente stentato e
telegrafico
o Poche parole contenuto con omissione delle parole funzione

Cattiva Afasia di
ripetizione Broca
Buona
comprensione Buona Afasia
Non fluente ripetizione Transcorticale
Motoria

Cattiva Afasia
ripetizione Globale
Cattiva
comprensione
Buona Afasia
ripetizione Transcorticale
Mista
Afasia Cattiva Afasia di
ripetizione Wernicke
Cattiva
comprensione Buona Afasia
ripetizione Transcorticale
Fluente Sensoriale

Cattiva Afasia di
ripetizione Conduzione
Buona
comprensione Buona Afasia
ripetizione Anomica
Paul Broca la nascita dell’afasiologia (Afasia di Broca (motoria – espressiva))

Afasia corticale e non


fluente. Si chiama così
perché il medico che
l’ha descritto per primo fu
Paul Broca.
All’età di 30 anni, Louis
Victor Leborgne perse la capacità di parlare (e di scrivere con la destra). Era in grado
di pronunciare solo una sillaba, Tan, che a volte pronunciava due volte, Tan Tan.
Riusciva a comunicare attraverso i gesti. Nell’aprile 1861, Leborgne all’età di 51 anni
sviluppò una cancrena sul lato destro del corpo che lo portò alla morte per setticemia
(Broca lo visita 6 giorni prima della morte).
Analisi autopiche del cervello di Leborgne
Se si volesse effettuare una determinazione più precisa, si osserverebbe che la terza
convoluzione frontale è quella in cui si nota la perdita più estesa in tessuto […] che la
seconda convoluzione o convoluzione media, anche se profondamente colpita conserva
ancora la sua continuità nella posizione interna, e di conseguenza, con ogni
probabilità, è nella terza convoluzione che ha avuto inizio la malattia (Broca 1861,
p. 353)
A B
Lazare Lelong
Qualche mese più tardi, Broca visitò un ottantaquattrenne di nome Lazare Lelong.
Come Leborgne presentava ridotte capacità di produzione linguistica a causa di un
ictus. Riusciva a pronunciare solo cinque parole:
1. Oui
2. Non
3. Tois (pronuncia scorretta della parola “Trois” per riferirsi a qualsiasi numero)
4. Toujours
5. Lelo (pronuncia
scorretta del
suo nome)
C D

Localizzazione della facoltà del linguaggio articolato


L’integrità della terza circonvoluzione frontale (e forse della seconda) sembra
essere indispensabile per l’esercizio della facoltà del linguaggio articolato […] Nel
mio secondo paziente la lesione occupava esattamente la stessa porzione del primo
caso […] immediatamente dietro la metà del terzo [giro frontale] opposto all’insula e
precisamente sullo stesso lato (Broca, 1861b, p. 334).
Sede dei programmi articolatori che attivano le zone che regolano il lavoro dei
muscoli facciali e della cavità orofaringea nella produzione del linguaggio. Pertanto, un
danneggiamento nella terza circonvoluzione frontale sinistra può provocare un disturbo
nella facoltà di articolare il linguaggio pur senza causare deficit nella sua comprensione.
Afasia di Broca
Giro frontale inferiore sinistro, a cui oggi si riferisce spesso con l’espressione l’area
di Broca.

Afasia di Broca (o afasia motoria o afasia espressiva)


Disturbo non unitario caratterizzato da molteplici deficit. Tra i più comuni:
 Limitazione dell’eloquio, che diventa lento e laborioso la persona deve avere
del tempo per trovare le parole che vorrebbe pronunciare e presenta disturbi
fonetici (uso errato della muscolatura fonoarticolatoria) e fonemici;
 Strutture sintattiche semplificate e composte preventivamente da sostantivi e
pochi verbi (stile espressivo “telegrafico” o agrammatico omissione di
preposizioni, articoli, pronomi);
 Nei casi più gravi può essere compromessa anche la scrittura.
Le terapie prevalentemente di
tipo logopedistico. Ai
pazienti vengono fatti
eseguire esercizi specifici, in
modo da riacquistare almeno in
parte le capacità perdute.
Infatti, essendo la struttura
del nostro cervello piuttosto malleabili, altre porzioni di cervello, se sottoposte a
opportune stimolazioni, possono sostituire almeno in parte l’area di Broca nelle sue
funzioni linguistiche.
Afasia di Broca: agrammatismo
Un sottogruppo può presentare problemi nell’uso di parole funzioni e nei verbi
agrammatismo. I pazienti agrammatici hanno disturbi nella produzione di frasi e nella
comprensione di frasi reversibili o passive. Per esempio: Maria ama Mario il
significato della frase cambia invertendo soggetto e oggetto (l’organizzazione
morfosintattica guida l’interpretazione semantica). I pazienti agrammatici non sono in
grado di usare le loro competenze sintattiche per stabilire le relazioni soggetto-oggetto
all’interno delle frasi. L’agrammatismo non riguarda solo la produzione delle frasi. In
alcuni casi, anche la comprensione può risultare compromessa, soprattutto quando
essa implica un’elaborazione sintattica di fronte alla frase “il ragazzo è spinto dalla
ragazza” un paziente agrammatico potrebbe non essere in grado di individuare
l’immagine che rappresenta la frase, oltreché l’immagine dell’enunciato reversibile
corrispondente (“un ragazzo spinge una ragazza”).
Afasia di Broca e modalità espressiva
Le difficoltà possono essere specifiche per modalità, vale a dire possono riguardare
solo il parlato o solo lo scritto:
 Shelton e Weinrich (1997) paziente con afasia non fluente che esibiva deficit
nella denominazione orale, ma che non aveva difficoltà quando era chiamato a
scrivere i nomi delle cose corrispondenti alle immagini che gli venivano mostrate
(le sue abilità di lettura erano invece compromesse deficit produzione orale e
lettura; scrittura intatta)
 Assal e colleghi (1981) riportano il caso di un soggetto che nel linguaggio
scritto presentava le caratteristiche linguistiche dell’afasia di Broca, mentre in
quello parlato esibiva un profilo compatibile con l’afasia di Wernicke.

Eloquio spontaneo ridotto, Sintomi associati


lento, difficoltà articolatorie. Stile
Neuropsicologici:
agrammatico.
 Anosognosia in genere assente incapacità
Ripetizione ridotto, lento, del paziente di riconoscere e riferire di avere un
difficoltà articolatorie. Stile deficit neurologico.
agrammatico.  Aprassia (= disturbo del movimento volontario)
bucco-facciale severa.
Comprensione relativamente  Aprassia ideo-motoria presente, a volte
buona. severa incapacità, una volta rievocata la
rappresentazione mentale del movimento
richiesto, di attivare la corretta sequenza
Scrittura in genere motoria per attuare il movimento stesso.
compromessa.  Aprassia ideativa a volte presente difficoltà
nel rappresentare mentalmente a se stesso il
Lettura a volte compromessa. movimento da eseguire
Neurologici
 Visivi nessun deficit
Lesioni centrate sull’area 44.

Canà…qualà…picchi…picchi …casa alberi…cuoviz…cana…cani…….’n uovo…


peri…..montàna……bandiera….uomo…
donna….macchina….scasa….raio….parca…..no Tempo 1’34’’

Eloquio

telegrafico in cui sono omesse le parole funzione (ad esempio: aggettivi, avverbi) e i
verbi. Parafasie fonologiche (parca al posto di barca) e neologismi (cuoviz).
Nonostante i problemi fonologici, lessicali e morfosintattici, le poche parole riconoscibili
sono informative (= fanno riferimento a elementi presenti nella storia).
Ruolo funzionale Area di Broca: specifica per il linguaggio
La ricerca
Verificare se la sintassi è collegata a un’attività neuronale dedicata (se esiste una zona
del cervello che svolge esclusivamente compiti di elaborazione sintattica)
1. Verificare una delle proprietà fondamentali della sintassi la sua autonomia
dalle altre componenti della grammatica (e del linguaggio).
Le regole di combinazione delle parole non sono riducibili ad altre componenti
grammaticali i principi che regolano la sintassi hanno leggi proprie (ad esempio, la
ricorsività, la dipendenza) che non sono pertinenti per altri aspetti del linguaggio.
Risonanza magnetica funzionale (fMRI: Functional Magnetic Resonance Imaging)
Visualizzazione della risposta emodinamica (cambiamenti nel contenuto di ossigeno del
parenchima e dei capillari) correlata all’attività neuronale del cervello o del midollo
spinale.

La ricerca: apprendimento di lingue inventate


Analisi dei sistemi cerebrali alla base dell’apprendimento di due nuove lingue italiano
e giapponese. Ipotesi:
 Poiché tutte le lingue si fondano su un’unica competenza GU (un unico sistema
cerebrale) l’acquisizione di una nuova lingua (che rispetta i principi della GU)
sfrutta questo sistema cerebrale;
 L’apprendimento di lingue inventate (che non rispettano i principi della GU)
non poggia sul funzionamento di questo sistema, ma
coinvolge altre aree del cervello.
La ricerca
Primo esperimento:
A 12 parlanti del tedesco veniva chiesto di apprendere:
 Tre regole reali dell’italiano e
 Tre regole inventate che violavano alcune regole
vale a dire:
 Inserire la negazione dopo la terza parola;
 Invertire l’ordine lineare delle parole nella frase;
 Non concordanza dell’articolo col nome
Table 1 Sample sentences used in the Italian fMRI experiment
Italian German
(real language learning (native language of
task) subjects)
Null-subject parameter Mangio la pera Ich esse die Birne
“Eat the pear” “I eat the pear”

Passive construction La pera è mangiata da Die Birne wird von Paul


Paolo gegessen
“The pear is eaten by “The pear is by Paul eaten”
Paolo”
Subordinate Pia dice che Paolo mangia Pia sagt, dass Paul die
construction la pera Birne isst
“Pia says that Paolo eats “Pia says that Paolo the
the pear” pear eats”

Unreal Italian
(artificial rules violating
UG)
Negative construction Paolo mangia la no pera
“Paolo eats the no pear”

Interrogative Pera la mangia Paolo


construction “Pear the eats Paolo”

Use of indefinite article Una bambino magia una “A (fem.) child (masc.) eats
pera  a (fem.) pear (fem.)”
Secondo esempio:
A 11 parlanti tedesco veniva chiesto di apprendere:
 Tre regole del giapponese
 Tre regole inventate che violavano alcune regole del giapponese.
Table 2 Sample sentences used in Japanese fMRI experiment
Japanese German
(real language learning (native language of
task) subjects)
Main clause construction Paul wa nashi o taberu Paul ibt die Birne
“Paul pear eat” “Paul eats the pear”

Passive construction Nashi wa Paul ni Die Birne wird von Paul


taberareru gegessen
“Pear Paul eat-passive “The pear is by Paul eaten”
suffix”
Subordinate
construction Pia wa Paul ga nashi o Pia sagt, dass Paul die
taberu to iu Birne isst
“Pia Paul pear eat that “Pia says that Paolo the
says” pear eats”

Unreal Italian
(artificial rules violating
UG)
Negative construction Paul wa nashi nai o taberu
“Paul pear eat no”

Interrogative Taberu o nashi wa Paul


construction “Pear eat Paul”

Past-tense construction Paul wa nashi o-ta taberu


Paul pear-ta (suffix past)
eat

22/03/2023
Afasia di Wernicke
Wernicke: primo caso
1874, Susan Adam:
 Espressione verbale confusa, a tutte le domande rispondeva “seppellire”;
 Non comprendeva il linguaggio (le sue risposte non erano pertinenti), ma capiva i
gesti;
 Pronunciava correttamente le seguenti frasi:
o Oggi ho mangiato bene
o Spero di guarire
o Il dottore mi ha regalato due scellini;
 Le sue condizioni migliorarono progressivamente la donna riuscì a recuperare
quasi del tutto il linguaggio; riacquistò anche la capacità di lettura, ma non
completamente quella della scrittura.
Questo nome è dovuto allo studioso Carl Wernicke. Prova a fare un modello
neuroanatomico. Si parla anche di afasia sensoriale.
In questo libricino discute diversi casi clinici Susan Adam che presentava
un’espressione verbale confusa, a tutte le domande rispondeva “seppellire” (rispondeva
in maniera inappropriata alle domande). Queste manifestazioni comportamentali
dipendevano dal fatto che non riusciva a comprender il linguaggio (non riusciva ad
associare i suoni) e le sue risposte non erano pertinenti, ma capiva i gesti.
La prima risposta è pertinente, la seconda risponde in maniera non consona. Man mano
il dottore pensa che sia sorda e le avvicina l’orologio all’orecchio per capire
comprende il comportamento non verbale e lo comprende ma quando arriva quello
verbale arrivano i problemi. L’ultima frase può essere un’intercalare o che sia
consapevole del proprio disturbo. Questa paziente alla fine guarisce.

Wernicke: secondo caso


Susan Roth:
Rispondeva in modo sbagliato alle
domande, non eseguiva gli ordini o li
eseguiva in modo scorretto. Il suo
vocabolario spontaneo era ridotto.
Spesso diceva:
o La ringrazio
calorosamente
o La ringrazio datamente

Spesso tendeva a ripetere frasi. Confondeva le parole e sbagliava l’ordine sintattico.


L’autopsia evidenziò una lesione in alcune circonvoluzioni del lobo temporale
sinistro. Nasce la cosiddetta afasia sensoriale o afasia di Wernicke. I pazienti
conservano un vocabolario ampio (si parla infatti di afasia fluente), ma perdono del
tutto (o quasi) la capacità di comprendere il linguaggio.
Broca (lobo frontale) qui invece siamo nel lobo temporale:

Giro temporale superiore sinistro del lobo temporale (o area di Wernicke)

Afasia di Wernicke (o afasia fluente)


Sono compromesse:
 La

comprensione,
 La ripetizione,
 La lettura e
 La scrittura.
C’è una presenza di un deficit a più livelli:
 Fonologico,
 Lessicale-semantico,
 Morfologico-sintattico,
nonostante un eloquio piuttosto abbondante. In produzione compaiono  Parafasie:
 Fonologiche (problemi fonemi invece di dire coltello dice martello)
produzione di una parola riconoscibile ma fonologicamente deviante per la
selezione errata di alcuni tratti distintivi, per esempio: “coltello” in luogo di
“martello”;
 Semantiche quando un paziente produce una parola contestualmente errata,
ma semanticamente collegate alla parola target, per esempio: “scimpanzé” al
posto di “gorilla” (appartengono alla stessa area semantica ma nel contesto in
cui viene utilizzata non giusta)
 Verbali parole contestualmente errate e semanticamente non collegate con la
parola target, per esempio: “mela” al posto di “auto-mobile”.
Nei casi più gravi, ad un vero e proprio gergo totalmente incomprensibile. Frequente
uso di circonvoluzioni (giri di parole per descrivere termini che i pazienti non riescono
a fornire)

Eloquio spontaneo fluente, Sintomi associati


possibile gergo fonemico e
Neuropsicologici:
neologistico.
 Anosognosia in genere presente incapacità
Ripetizione compromessa. del paziente di riconoscere e riferire di avere un
deficit neurologico.
Comprensione gravemente  Aprassia (= disturbo del movimento volontario)
compromessa. bucco-facciale in genere assente.
 Aprassia ideo-motoria presente, grave
incapacità, una volta rievocata la
Scrittura compromessa.
rappresentazione mentale del movimento
richiesto, di attivare la corretta sequenza
Lettura compromessa. motoria per attuare il movimento stesso.
 Aprassia ideativa presente, grave difficoltà
Lesioni centrate sull’area 22. nel rappresentare mentalmente a se stesso il
movimento da eseguire
Neurologici
 Visivi possibile quadrantopsia (= perdita di un
solo quadrante del campo visivo)
 Motori in genere non ci sono deficit
 Sensibilità in genere non ci sono deficit
Non ci sono frasi di senso compiuto, ci sono molte interruzioni e ci sono verbi. Rispetto
a quello di Broca, qui non c’è il livello di informatività.
Afasia di Wernicke e modalità espressiva
Assal e colleghi (1981) riportano il caso di un soggetto che nel linguaggio scritto
presentava le caratteristiche linguistiche dell’afasia di Broca, mentre in quello parlato
esibiva un profilo compatibile con l’afasia di Wernicke. Rapp e Caramazza descrivono
invece il caso di un soggetto con afasia fluente le cui abilità di produzione scritta
erano consistentemente superiori a quelle di produzione orale.
La forma più grave di afasia è quella che viene definita:
Afasia globale
È la forma più grave. Presenta un eloquio stentato, costituito
principalmente da frammenti sillabici e/o stereotipie. In alcuni casi,
l’eloquio può essere totalmente assente, con comprensione uditiva
compromessa. La lesione coinvolge la maggior parte delle aree del
linguaggio dell’emisfero sinistro. Può essere presente anche una paralisi
agli arti di destra e una perdita delle capacità visive dell’emicampo
destro.

Eloquio spontaneo e Sintomi associati


ripetizione aboliti o ridotti a
Neuropsicologici:
pochi elementi sillabici e
steretipie.  Anosognosia riscontrabile incapacità del
paziente di riconoscere e riferire di avere un
deficit neurologico.
 Aprassia (= disturbo del movimento volontario)
Comprensione praticamente
nulla, o limitata a ordini semplici,
prevedibili e contestualizzati.

Scrittura gravemente
compromessa.

Lettura impossibile.

Lesioni vaste e centrate su


tutte le aree del linguaggio.

Afasie e modelli di linguaggio


Organizzazione del linguaggio secondo Wernicke

(a) Vie uditive che dal nervo uditivo


raggiungono la corteccia
uditiva;
(a1) Un’area di memoria in cui sono immagazzinate le “immagini” acustiche delle
parole (area sensoriale uditiva localizzata nella prima circonvoluzione temporale)
(area di Wenicke) informazione relativa alla forma uditiva delle parole.
(b) Un’area contenente la memoria delle immagini motorie delle parole (area di
Broca) immagazzinamento dei programmi motori necessari per il controllo
vocale durante la produzione delle parole.
(a1-b) Fibre che collegano il centro delle immagini acustiche delle parole col
centro delle immagini motorie (fascicolo arcuato)
Due centri del linguaggio l’area di Wernicke (area di memoria in cui vengono
immagazzinate le immagini acustiche delle parole tutte le informazioni uditive relative
alla forma uditiva della parola parla di memoria dei suoni) e quella di Broca (area
contenente la memoria delle immagini motorie delle parole immagini motorie in cui
sono immagazzinati tutti i programmi motori necessari per il controllo vocale durante la
produzione delle parole) e ciò che li collega è il fascicolo arcuato (collega il centro
delle immagini acustiche con il centro delle immagini motorie)
Il modello anatomo-funzionale del linguaggio e le afasie
 Lesione in b [centro delle immagini motorie] afasia motoria caratterizzata
dai sintomi descritti da Broca difficoltà nell’eloquio ma comprensione
relativamente preservata.
 Lesione in a1 [centro delle immagini acustiche] perdita della memoria delle
immagini acustiche associate ai concetti; i pazienti affetti da afasia
sensoriale non sono più in grado di eseguire una perfetta denominazione
(avendo perso la memoria delle immagini sensoriali) e non riescono a
comprendere le parole poiché, senza il ricordo delle immagini sonore, i suoni
sono per loro privi di significato.
Lesione a1-b Afasia di conduzione
 Deficit prevalentemente di ripetizione;
 Capacità di comprensione e produzione relativamente conservate;
 Linguaggio spontaneo fluente, ma parafasico (presenza di sostituzioni
fonologiche);
 Eloquio caratterizzato da pause frequenti
dovute a problemi nel reperimento lessicale;
 Ipotizzata da Wernicke, sarebbe dovuta a
lesioni nel fascicolo arcuato, tuttavia gli
esatti correlati neuroanatomici di questa
sindrome sono attualmente oggetto di studio.

Il modello Wernicke-Lichtheim-Geschwind
 Lichteim (1985) On aphasia, Brain, 7 (4), pp. 433-84 Centro dei concetti
 Geshwind (1970), The organization of language in the brain, Science, 170(3961),
pp. 940-944 Ruolo delle aree associative per l’elaborazione del significato
Wenicke-Lichtheim
1. Centro delle immagini acustiche (riconoscimento della parola come sequenza dei
suoni)
2. Centro dei concetti (comprensione del
significato/pianificazione dell’intenzione)
3. Centro delle immagini motorie (associazione dei concetti
alle sequenze articolatorie per produrre le parole)

 A: indica il centro della rappresentazione uditiva delle parole (= area di


Wernicke);
 M: è il centro della rappresentazione motoria (= area di Broca);
 B: è il centro dei concetti (per il quale non viene fornita localizzazione);
 a: indica il percorso acustico;
 m: corrisponde al percorso motorio;
 I numeri da 1 a 7 indicano i possibili punti di
lesione.

 Comprensione parte nell’apparato periferico


uditivo e da qui, attraverso il nervo acustico, procede
fino all’area di Wernicke dove avviene il confronto
tra:
o I suoni percepiti e
o Le immagini acustiche.
Qui l’ascoltatore riconosce le parole come semplici sequenze di suoni. Questa
informazione viene successivamente trasferita dall’area di Wernicke all’area dei
concetti dove avviene l’effettiva comprensione del significato delle parole.
 Produzione parte dal centro dei concetti in cui il parlante pianifica ciò che
vuole dire. L’informazione prodotta nel centro dei concetti viene successivamente
trasferita al centro delle immagini articolatorie (area di Broca) dove i concetti
sono associati alle sequenze dei movimenti necessari per produrre parole.

Wermicke-Lichetheim-Geschwind
Consiste nella reinterpretazione del ruolo funzionale delle aree di connessione tra i
centri del linguaggio:
 Lobo paratale inferiore dell’emisfero sinistro [giro angolare (BA 39) e giro
sopramarginale (BA 40)]
 BA 39 e BA 40 sono connesse con:
o Le aree corticali associative uditive (BA41 e BA42),
o Somestesiche (BA7) e
o Visive (BA18 e BA19)
costituiscono delle zone associative cross modali, vale a dire delle regioni in
cui i suoni delle parole vengono collegati alle corrispondenti informazioni
sensoriali.
 Da questo punto di vista, le varie sindromi afasiche possono
essere interpretate secondo Geschwind non solo come il
risultato delle lesioni nei centri del linguaggio, ma anche
come il prodotto delle disconnessioni tra questi centri.

28/03/2023
Un modello di successo
Il modello Wernicke-
Lichteim- Geshwind
costituisce una buona base per la classificazione delle sindromi; ha avuto e continua ad
avere un ruolo guida nella pratica medica e nella ricerca linguistica. Kasselimis e
colleghi (2017) la tradizionale classificazione delle afasie derivate da tale modello
“continua ad essere largamente accettata dai clinici e viene ancora inserita nei
manuali come il punto di riferimento”.
Il modello Wermicke-Lichetheim-Geschwind

È possibile identificare anatomicamente con


assoluta precisione l’area di Broca e l’area di
Wernicke.

Equivalenza tra il concetto funzionale e il concetto


strutturale delle aree di Broca e di Wernicke.

Area di Broca cruciale per la pianificazione


articolatoria necessaria per la produzione del
parlato.

Area di Wernicke fondamentale per il processo di


conversione della struttura fonologica delle parole
udite nel loro significato lessicale (riconoscimento
dei suoni del parlato).

È possibile identificare anatomicamente con


assoluta precisione l’area di Broca e l’area di
Wernicke.
Equivalenza tra il concetto funzionale e il concetto
strutturale delle aree di Broca e di Wernicke.

Area di Broca cruciale per la pianificazione


articolatoria necessaria per la produzione del
parlato.

Area di Wernicke fondamentale per il processo di


conversione della struttura fonologica delle parole
udite nel loro significato lessicale (riconoscimento
dei suoni del parlato).

Area di Broca e afasia di Broca


I sintomi classicamente associati all’afasia motoria si manifestano a seguito di
lesioni che interessano regioni del cervello che si estendono
ben oltre l’area di Broca. Lesioni circoscritte alle aree BA44 e BA45
generano sintomi transitori e da sole non sono sufficienti a
produrre i disturbi della “classica” afasia di Broca. Perché si
osservino tali disturbi, oltre a lesioni nelle aree BA44 e BA45, devono
essere presenti anche lesioni nel:
 Insula,
 Corteccia motoria inferiore e
 Sostanza bianca sottostante il giro frontale inferiore

o “Afasia di Broca minore” (o afasia di Broca di tipo I) per caratterizzare i


disturbi lievi osservati nei casi di lesioni localizzate nella sola area di
Broca:
 Eloquio moderatamente non fluente
 Con produzione di frasi relativamente brevi e
 Agrammatismo lieve
o Lesioni che interessano esclusivamente le aree BA44 e BA45 sono rare
o La maggior parte dei soggetti colpiti da afasia motoria, infatti, presenta
lesioni cerebrali ampie che si estendono al di là di tali aree
(complesso di Broca).

In entrambi i casi, le lesioni, oltre a interessare la superficie dell’area di Broca, si


estendevano in modo significativo anche alle regioni mediali del cervello, sia a livello
corticale che sottocorticale.
Ruolo funzionale dell’area di Broca
Funzioni Funzioni cognitive più generali non
(di produzione e di comprensione) specifiche per il linguaggio (NOVICK
specificatamente linguistiche et al. 2005; FADIGA et al., 2009)
(ad esempio: GRODZINSKY, 2000;
MUSSO et al. 2003).

Ruolo funzionale Area di Broca: dominio


generale

 Nelle regioni più rostrali (anteriori) si ha l’elaborazione degli obiettivi astratti e


temporalmente più estesi delle azioni;
 Le regioni caudali (posteriori) processano l’informazione concreta e legata più
da vicino all’effettiva risposta motoria.

Il ruolo dell’area di Wernicke nell’elaborazione del linguaggio


Le ricerche neuropsicologiche e gli studi di neuroimmagine funzionale condotti negli
ultimi decenni suggeriscono che tale area abbia un ruolo nell’elaborazione linguistica
molto più limitato di quanto ipotizzato in passato e che, soprattutto, non
possa più essere concepita come un’area di comprensione del
linguaggio, come postulato, invece, dal modello anatomo-funzionale
classico.
Area di Wenicke e afasia di Wernicke
Modello classico identifica l’area di Wernicke con il centro della comprensione del
linguaggio e che lesioni in tale area provocano un danneggiamento nel processo di
elaborazione delle immagini acustiche. Alcuni studi mostrano, però, che nella
maggior parte dei pazienti con deficit di comprensione il riconoscimento dei suoni del
parlato, cioè la possibilità di distinguere tra differenti tipi di suono (l’elaborazione
delle immagini acustiche), è preservato, mentre ad essere danneggiata è l’abilità
di assegnare significato a tali suoni. Un danno focale nelle aree BA22 e BA40
produce in produzione casi di parafasia semantica (= sostituzione della parola
corretta con altra semanticamente correlata, ad esempio “cane” invece di “gatto”) senza
che in alcun modo sia intaccata la capacità di comprensione.  giro temporale
superiore sinistro (BA22) e l’adiacente giro sopramarginale (BA40) hanno una funzione
molto più limitata nell’elaborazione linguistica di quanto ipotizzato in passato.

Ruolo dell’area di Wernicke (BA22)


Produzione verbale e nella memoria verbale a beve termine piuttosto che nella
percezione del parlato la principale funzione dell’area di
Wernicke è quella di elaborare le rappresentazioni
fonologiche (le rappresentazioni mentali delle sequenze di
fenomeni) necessarie per la produzione del parlato.
Démonet et al. (1992) l’elaborazione fonologica era
associata a una maggiore attività nel giro temporale
superiore sinistro (BA22), mentre l’elaborazione semantico-
lessicale era legata a una maggiore attività nei giri temporali
medio e inferiore sinistro (BA21 e BA20) la funzione del giro
temporale superiore sinistro sarebbe quella di immagazzinare e
attivare mentalmente le rappresentazioni fonologiche dei suoni
che precedono la produzione verbale (produzione fonologica
prearticolatoria)
Domanda
Se le lesioni nel giro temporale superiore sinistro (BA22) non sono la causa dei disturbi
di comprensione che si osservano nell’afasia sensoriale, la domanda da porsi è la
seguente Quali sono le aree cerebrali danneggiate nei casi di disturbi di
comprensione caratterizzanti l’afasia di Wernicke?
BA21 e comprensione
La comprensione delle frasi, un compito complesso che richiede l’analisi del significato
di diverse parole e il ruolo sintattico di ciascuna di esse, oltre a una
combinazione graduale di questa informazione in un significato globale.
[…]la funzione del giro temporale medio sinistro BA21 potrebbe
dunque essere quella di integrare i significati delle singole parole attivati
lungo il network della memoria semantica e nel contempo mantenere le
forme e i significati delle parole nella memoria a breve termine grazie alle
interazioni con il sistema fonologico e con i sistemi di controllo dei lobi
frontali.
Quali sono le aree cerebrali danneggiate nei casi di disturbi di
comprensione caratterizzanti l’afasia di Wernicke?
Le evidenze neuroscientifiche mostrano che le lesioni associate
all’afasia sensoriale (compresi i due storici pazienti descritti dal
neurologo tedesco) interessano zone più ampie di quanto
originariamente ipotizzato e includono, tipicamente, porzioni del:
 Giro temporale medio (BA21),
 Giro angolare (BA22) e
 Giro sopramarginale (BA40).
Più in generale, i disturbi di comprensione possono essere causati da lesioni che
interessano diverse aree corticali posteriori e frontali, e in alcuni casi anche regioni
sottocorticali.

Wenicke-Lichtheim-Geschwind: quale modello di linguaggio?


 Produzione-codifica nel centro dei concetti il parlante elabora il pensiero
che intende comunicare all’ascoltatore; tale pensiero viene trasferito al centro
delle immagini articolatorie (area di Broca) e associato alle (ovvero, codificato
in) sequenze dei movimenti necessari per produrre le parole.
 Comprensione-decodifica nell’area di Wernicke avviene il processo di
conversione (di decodifica) della struttura fonologica delle parole udite nel loro
significato lessicale.

Il linguaggio esprime pensieri


Noi sosterremo che nel linguaggio è
possibile rintracciare prove dell’esistenza di un progetto finalizzato alla comunicazione
di strutture proposizionali attraverso un canale seriale (Pinker & Bloom, 1990)
Identità tra pensiero e linguaggio: rompere l’incantesimo
Piero: Vuoi un caffè?
Maria: Il caffè non mi fa dormire.

Piero: Cos’hai intenzione di fare oggi?


Maria: Ho un mal di testa terribile
Letterale, troppo letterale…
Paolo: Ho già visto la tua faccia da qualche parte.
Francesca: Non credo, perché la porto sempre con me.

Paolo (a Francesca che sta suonando il pianoforte): Che cosa stai suonando?
Francesca: Il piano.
C’è un gap tra:
 La rappresentazione semantica della frase e
 L’interpretazione dell’enunciato da parte dell’ascoltatore.
L’eredità di Grice (1913-1988)
 Significato come intenzione
 Principio di cooperazione e massime conversazionali
 Implicature conversazionali
Meaning & comunicazione
 Significato dell’espressione il significato che l’espressione ha
convenzionalmente (significato letterale o anche dell’enunciato).
 Significato del parlante il significato con cui il parlante usa l’espressione.
Comunicare significa, per chi parla, esprimere intenzioni o stati mentali e, per chi
ascolta, riconoscere intenzioni o stati mentali. Gli stati mentali non possono essere
semplicemente decodificati, ma devono essere inferiti dal comportamento del soggetto
e delle informazioni di sfondo. Un enunciato non è un messaggio codificato, ma un
indizio fornito intenzionalmente.
Significato del parlante
Paul Grice, Meaning, 1957 Il parlante P vuole dire o significa qualcosa mediante
l’enunciato E; P ha l’intenzione che il proferimento di E produca un certo effetto (una
credenza) nel destinatario D grazie al riconoscimento di questa stessa intenzione.
 Il significato del parlante è inteso in termini di un’intenzione espressa in modo
manifesto.
Teoria della pertinenza (Modello ostensivo-inferenziale della comunicazione)
La teoria della pertinenza (Relevance Theory) riprende la fondamentale assunzione di
Grice della centralità delle intenzioni nel processo comunicativo e cerca di spiegare
come viene colmato il salto esistente tra:
 Il significato dell’enunciato (sentence’s meaning) e
 L’intenzione del parlante (speaker’s meaning)
Stimoli ostensivi e inferenze
Secondo il modello del codice, il comunicatore codifica il messaggio che intende
comunicare in un che viene decodificato dall’ascoltatore utilizzando lo stesso codice.
Secondo il modello inferenziale il comunicatore fornisce un indizio della sua
intenzione di comunicare un certo significato, che viene inferito dall’ascoltatore
sulla base dell’indizio fornito. Un enunciato certamente è un indizio codificato
linguisticamente, e dunque la comprensione verbale coinvolge indubbiamente un
elemento di decodifica. Tuttavia, il significato letterale ottenuto attraverso la decodifica è
solo uno degli input di un processo di inferenza non dimostrativa che porta
all’interpretazione del significato del parlante. (Sperber&Wilson, 2004, p. 249)
Comunicazione ostensivo-inferenziale
In fondo, questa descrizione della comunicazione in termini di intenzioni e di inferenze
corrisponde bene al senso comune. Siamo tutti locutori e ascoltatori:
 Come locutori la nostra intenzione è che i nostri ascoltatori riconoscano la
nostra intenzione di informarli di un certo stato di cose.
 Come ascoltatori cerchiamo di riconoscere ciò che il locutore ha intenzione
di informarci.
Gli ascoltatori si interessano al senso della frase enunciata solo per inferire ciò che il
locutore vuole dire. La comunicazione riesce non quando gli ascoltato
riconoscono il senso linguistico dell’enunciato, ma quando essi inferiscono il
“voler dire” del locutore (Sperber e Wilson, 1986, trad. it., p.42)
Anche nelle circostanze più favorevoli, la comunicazione può fallire. Infatti, il
destinatario non può decodificare o dedurre l’intenzione informativa del comunicatore. Il
meglio che il destinatario possa fare, è formare un’ipotesi a partire dagli indizi forniti
dal comportamento ostensivo del comunicatore. Tale ipotesi non è mai certa può
essere confermata ma non dimostrata (ivi; trad. it., p. 103) comportamento
ostensivo orienta verso le intenzioni del parlante.

29/03/2023
La critica al modello del codice la comprensione coincide con la decodifica coincide
con le teorie pragmatiche
Modello del codice essendo esplicito non ammette l’incomprensione (comunicazione
sempre a buon fine perché si condivide lo stesso codice perché c’è una
sovrapposizione tra pensiero e linguaggio).
Modello interferenza inferenze ragionamenti non dimostrativi (sillogismi) anche
nelle circostanze più favorevoli, la comunicazione può fallire. Infatti, il destinatario non
può decodificare o dedurre l’intenzione informativa del comunicatore. Il meglio che il
destinatario possa fare,
Intenzioni
Nella comunicazione sono coinvolti due livelli di intenzioni (riguardano il significato del
parlante):
 Intenzione informativa l’intenzione di produrre in D la credenza che p usando
E (indurre qualcuno a pensare qualcosa) l’intenzione di formare qualcuno di
qualcosa
 Intenzione comunicativa l’intenzione che D riconosca che E è stato prodotto
con l’intenzione informativa io ti voglio informare del fatto che ti sto informando
di qualcosa
Esempio siamo una festa viene servito lo spumante e che io finisca lo spumante e
che ne chieda un altro, sono titubante a chiederlo alla padrona di casa e faccio un
cenno al cameriere di dare altro spumante (intenzione informativa), incrocio sguardo del
cameriere e alzo il bicchiere (capisce la mia intenzione informativi e lo sto informando
che ne voglio ancora (entrambi sono consapevoli che lui si è accorto la mia intenzione
c’è comunicazione)
La comunicazione ha un esito positivo non solo quando l’ascoltatore coglie l’intenzione
informativa del parlante, ma anche (soprattutto) quando egli riconosce l’intenzione
comunicativa del parlante, quando cioè riconosce che il parlante ha esplicitamente
usato un indizio (un comportamento, un enunciato ecc.) per comunicare la propria
intenzione informativa. A tal fine, l’indizio deve poter catturare l’attenzione
dell’ascoltatore e dirigerla sulle intenzioni del parlante. Che cosa governa il buon
esito di questa operazione?

Scenario 1 Mary prende e mangia i frutti. Lo fa perché i frutti sono commestibili.


Scenario 2 Mary prende e mangia i frutti. Peter la osserva. In Peter si forma la
credenza che i frutti sono commestibili l’informazione avviene per caso
Scenario 3 Mary prende e mangia i frutti. Peter la osserva. Mary sa che Peter la
osserva e vuole fargli credere che i frutti sono commestibili. Mary ha intenzione
informativa
Scenario 4 Mary prende e mangia i frutti. Peter la osserva. Mary sa che Peter la
osserva e vuole fargli credere che i frutti sono commestibili. Inoltre, Peter sa che Mary
sa che lui la sta osservando e crede che Mary vuole fargli credere che i frutti sono
commestibili. Ma Mary non sa che Peter ha questa credenza l’intenzione
informativa non è mutualmente manifesta
Scenario 5 Mary prende e mangia i frutti. Peter la osserva. Mary sa che Peter la
osserva e vuole fargli credere che i frutti sono commestibili. Inoltre, Peter sa che Mary
sa che lui la sta osservando e crede che Mary vuole fargli credere che i frutti sono
commestibili. Mary ora sa che Peter ha questa credenza. Mary ora ha motivo per
modificare il proprio comportamento. Intenzione informativa (mangiare frutti) +
intenzione comunicativa (portare Peter a credere che Mary vuole informarlo di
qualcosa). Ma questa intenzione comunicativa ancora non è manifesta a Peter.
Scenario 6 Mary prende e mangia i frutti. Peter la osserva. Mary sa che Peter la
osserva e vuole fargli credere che i frutti sono commestibili. Inoltre, Peter sa che Mary
sa che lui la sta osservando e crede che Mary vuole fargli credere che i frutti sono
commestibili. Mary ora sa che Peter ha questa credenza. Mary mangia i frutti in modo
teatrale. questo comportamento ostensivo permette a Peter di riconoscere
lintenzione comunicativa di Mary, che ora è manifesta entrambi.
Quando uno stimolo attira l’attenzione del destinatario?
“Esiste un’unica proprietà – la pertinenza – che determina quale informazione
particolare riceverà l’attenzione di un individuo in un dato momento” (Sperber & Wilson,
1986, trad. it., p.75)
Pertinenza ed effetto cognitivo
La pertinenza è la proprietà che governa scambi comunicativi che è definibile a partire
da due nozioni:
 Effetto cognitivo
 Sforzo cognitivo
Quando uno stimolo è pertinente per un individuo?
“Nei termini della teoria, un input è pertinente per un individuo quando la sua
elaborazione in un contesto di assunzioni disponibili produce un effetto cognitivo
positivo” (Sperber &Wilson, 2004, p. 254).
Effetto cognitivo modifica della rappresentazione del mondo del soggetto dopo un
determinato stimolo (una differenza tra un prima e un dopo)
Effetti cognitivi
 Implicazioni contestuali Inferenze che generano una modifica delle
informazioni in seguito a un’elaborazione congiunta degli input a disposizione del
contesto. Esempio vedo il mio treno che arriva (input), guardo l’orologio (altro
input), considero le informazioni che ho sull’orario dei treni (contesto
conoscenza di background), ho modo di derivare l’implicazione contestuale che il
mio treno è in ritardo.
Per trarre tale conclusione (il treno che aspettavo è in ritardo) devo utilizzare sia
le informazioni di background sulla divisione del tempo, sia le informazioni
acquisite in precedenza sull’orario dei treni, sia l’input ambientale del treno che
arriva in un certo momento piuttosto che in un altro. Nessuna di queste
informazioni da sola potrebbe portare alla conclusione che il mio treno è in
ritardo.
 Corroborazione di un assunto esistente Aumento della forza di una
condizione precedente. Esempio Se so di essere in ritardo all’appuntamento
delle 11.00 e guardo l’orologio e vedo che è mezzogiorno, la mia convinzione di
essere in ritardo ne viene rafforzata.
Se non avessi alcun problema specifico di orario, guardare l’orologio non
avrebbe probabilmente avuto alcun effetto cognitivo particolare.
 Revisione/eliminazione di un assunto esistente Aggiornamento o
eliminazione di convinzione precedente. Se so di essere in ritardo
all’appuntamento delle 11.00 e guardo l’orologio e vedo che è mezzogiorno, la
mia speranza di poter passare a prendere un caffè prima di recarmi
all’appuntamento è soggetta a revisione. Se non avessi alcun problema specifico
di orario, guardare l’orologio non avrebbe probabilmente avuto alcun effetto
cognitivo particolare, né alcuna revisione delle credenze e avrei potuto prendere
tranquillamente il mio caffè.
Più rilevanti sono le implicazioni contestuali.
Pertinenza e sforzo di elaborazione
“I processi mentali, come tutti i processi biologici, richiedono un certo sforzo, un certo
dispendio di energie. Lo sforzo di trattamento necessario per ottenere effetti
contestuali è il secondo fattore di cui bisogna tener conto per valutare il grado di
pertinenza. Lo sforzo di trattamento è un fattore negativo ceteris paribus maggiore è
lo sforzo di trattamento, minore è la pertinenza” (Sperber&Wilson, 1986, trad. it., p.189)

Definizione di pertinenza
Pertinenza di un input per un individuo:
a) A parità di condizioni, maggiore è l’effetto cognitivo ottenuto attraverso
l’elaborazione di uno stimolo, maggiore sarà la pertinenza di quell’input per
l’individuo in quel momento.
b) A parità di condizioni, maggior sarà lo sforzo di elaborazione necessario, minore
sarà la pertinenza di quell’input per l’individuo in quel momento.
Più sale lo sforzo più diminuisce la pertinenza ma bisogna considerare i risultati.
Dunque, la Pertinenza rapporto inversamente proporzionale tra:
 Effetti cognitivi e
 Sforzo di elaborazione
Dunque la pertinenza è una proprietà relazionale, sono gli obiettivi e gli interessi di un
individuo a rendere pertinente una data informazione in un dato momento.
Esempio
Luca chiede a Giulia l’orario di partenza del treno per Roma. Giulia risponde con uno
dei seguenti enunciati:
a) Il treno parte dopo le 15.
b) Il treno parte alle 15:24.
c) Il treno parte 36 minuti prima delle 16.
Quale delle tre risposte è la più pertinente (ha il miglior rapporto costi-benefici)?
A e B hanno minor sforzo di elaborazione, C richiede più sforzo
Pertinenza e cognizione
La pertinenza è una caratteristica di base alla cognizione. Non è un proprietà
dell’informazione ma un principio cognitivo e va verso lo stimolo più pertinente (miglior
rapporto costi-benefici). “Secondo la nostra teoria gli essere umani hanno una
tendenza automatica a massimizzare la pertinenza, non perché scegliamo di farlo
(raramente lo facciamo) ma perché questo riflette il modo in cui i nostri sistemi
cognitivi sono evoluti. Come risultato della costante pressione selettiva per l’aumento
dell’efficienza, il sistema cognitivo umano si è sviluppato in modo tale che i nostri
meccanismi percettivi automaticamente selezionano gli stimoli potenzialmente
pertinenti, i nostri sistemi di memoria tendono automaticamente ad attivare le
assunzioni potenzialmente pertinenti e i nostri meccanismi inferenziali tendono
potenzialmente a processarli nel modo più produttivo possibile” (Sperber&Wilson, 2004,
p. 254)

Pertinenza e sistema cognitivo


Quali sono i sistemi cognitivi che permettono di colmare il gap tra la rappresentazione
semantica dell’enunciato e il significato del parlante?
La teoria della mente
La comunicazione inferenziale è resa possibile dalla “psicologia ingenua” (sistema di
“lettura della mente” o capacità di mentalizzazione”), vale a dire la capacità cognitiva
di attribuire stati mentali, quali ad esempio credenze e desideri, agli altri per
interpretare e predire i loro comportamenti.
È un sistema cognitivo monolonguistico serve a dare senso ai comportamenti altrui (è
un modulo non inteso alla Fodor, ma ci troviamo della modularità massiva è un
modulo mentale che attribuisce stati mentali). Non è un sistema unicamente umano ma
anche negli scimpanzé e nei bonobo. Leggere la mente altrui = entrare in contatto con
gli altri.
Una capacità sempre attiva
Scena:
Soggetto A. entra in camera da letto, gira un po' per la stanza e poi esce.
È possibile dare senso a questa scena in molti modi diversi:
1. A è entrata nella stanza perché voleva qualcosa che pensava fosse in camera
da letto;
2. Avendo sentito un rumore provenire dalla camera da letto, A è entrata nella
stanza perché voleva verificare quale ne fosse la causa;
3. Oppure si può pensare che (essendo fortemente distratta) A è entrata nella
camera da letto anche se in realtà intendeva entrare in un’altra stanza.

04/04/2023
Heider & Simmel (1944)
Un uomo ha programmato di incontrare una ragazza, ma la ragazza arriva con un altro.
Il primo uomo dice al secondo di andarsene, il secondo dice al primo di andarsene ma
lui scuote la testa. Allora i due uomini vengono alle mani e la ragazza comincia ad
avviarsi verso la stanza per allontanarsi dalla strada ed esita, ma infine entra. A quanto
sembra, lei non vuole stare con il primo uomo. Si vede un grande triangolo pieno che
entra in un rettangolo. Entra ed esce da questo rettangolo e ogni volta l’angolo e metà
di uno dei lati del rettangolo formano un’apertura. Poi compaiono sulla scena un altro
triangolo più piccolo e un cerchio. Il cerchio entra nel rettangolo mentre il triangolo più
grande è dentro al rettangolo (…). (Baron-Cohen, 1995, trad. it., pp. 51-52)
Il test della falsa credenza

Gioco di finzione (dai 18 mesi)


Leslie (1987) Per essere capaci di giocare correttamente e
capire il gioco altrui occorre una capacità
metarappresentazionale. Senza di essa, il bambino che
gioca a far finta si starebbe ingannando, né potrebbe capire
che qualcuno sta fingendo e non si sta ingannando quando
avvicina una banana all’orecchio trattandola come un
telefono.
Situazione sperimentale:
I bambini sono coinvolti in un’attività di gioco. Tale
attività prevede che a un certo punto i bambini
abbiano bisogno di un certo oggetto (una chiave)
per continuare a giocare (per aprire un
contenitore).

 Condizione accidentale lo sperimentatore dopo aver chiamato il bambino,


accidentalmente e senza guardarlo, spingeva le chiavi nella direzione
dell’infante.
 Condizione intenzionale lo sperimentatore, dopo aver chiamato il bambino,
lasciava cadere le chiavi (fino ad allora le aveva tenute in mano senza che il
bambino le vedesse). Dopodiché, per caratterizzare la caduta delle chiavi come
un fatto accidentale, esclamava “Ops”, quindi raccoglieva le chiavi e le portava
alla vista del bambino senza però guardarlo.
 Condizione ostensiva lo sperimentatore tenendole ben visibili, guardava le
chiavi, successivamente dirigeva lo sguardo verso il bambino e poi nuovamente
verso le chiavi.
Domanda di ricerca
In quale delle tre condizioni il bambino recupera la chiave?
Risultati
I bambini prendevano le chiavi solo nella condizione ostensiva, mostrando di
comprendere correttamente tale atto di ostensione come una richiesta indiretta da
parte del comunicatore di raccogliere le chiavi per continuare il gioco. In altri termini, i
bambini sembravano comprendere in modo inferenziale l’intenzione comunicativa
dell’adulto.
Pragmatica clinica
Definizione lo studio dei diversi modi in cui l’uso del linguaggio (da
parte di un individuo) per raggiungere degli scopi comunicativi può
essere danneggiato. Il danno cerebrale, la patologia o qualsiasi altra
anomalia che causa questo malfunzionamento si può manifestare
durante l’età evolutiva, l’adolescenza o l’età adulta. I disturbi
pragmatici acquisiti e di sviluppo hanno diverse eziologie e possono
essere la conseguenza di, collegati a, o alimentati da una serie di
fattori linguistici e cognitivi. (Cummings, 2009, trad. it., p. 30)
Due tipologie
 Disturbi pragmatici acquisiti il funzionamento pragmatico di bambini e adulti
è compromesso a causa di:
o Patologie (ad esempio, la schizofrenia) o
o Lesioni cerebrali (ad esempio, un trauma cranico o danni all’emisfero
destro)
 Disturbi pragmatici dell’età evolutiva la competenza pragmatica non segue
lo sviluppo tipico e, generalmente, si triscontrano anche problemi in altre aree del
funzionamento cognitivo e linguistico. In casi di questo tipo, i disturbi
pragmatici potrebbero quindi non costituire l’unico, o il più grave, deficit (ad
esempio: disturbi dello spettro acustico).
Eziologia: fattori cognitivi e linguistici
I disturbi pragmatici acquisiti e di sviluppo hanno diverse eziologie e possono essere la
conseguenza di, collegati a, o alimentati da una serie di fattori linguistici e cognitivi
(Cummings, 2009, trad. it., p. 30).
 Deficit pragmatici primari
o Capacità linguistiche strutturali (fonologiche, sintattiche e semantiche)
intatte, ma
o Incapacità di comprendere gli aspetti contestuali del significato delle
espressioni verbali.
 Deficit pragmatici secondari assenza di disturbi della competenza
pragmatica in quanto tale i problemi sono dovuti a deficit linguistici di tipo
strutturale
Autismo e Comunicazione
Leo Kanner (1943)
Descrizione di 11 bambini che erano venuti al mondo privi della predisposizione alla
socialità. Oltre all’autismo (tendenza a isolarsi) i bambini con questa sindrome
facevano fatica ad affrontare i cambiamenti nel mondo non sociale (opposizione
al cambiamento; insistenza sull’immutabilità). Tre dei soggetti non parlavano; gli latri
presentavano anomalie nel linguaggio come ecolalia, uso di parole e frasi
idiosincratiche, e difficoltà nell’uso di pronomi.
Hans Asperger (1944)
Uso la parola “autismo” per denominare una condizione patologia che interessava un
gruppo di bambini con gravi compromissioni sociali e motori, accanto ad abilità
verbali apparentemente buoni. Nonostante precocità verbale dei suoi soggetti
(“piccoli professori”), Asperger sottolineò come essi fossero estremamente isolati dal
punto di vista sociale e incapaci di stare in gruppo. Caratteristiche che
discostavano da descrizioni fatte da Kanner:
 Precocità verbali;
 Impaccio motorio;
 Presenza di membri della famiglia con caratteristiche simili.
Sia Czeck sia Sheffer riportano dettagli su due bambini non imparentati, Herta
Schreiber e Elisabeth Schreiber, e le loro lettere di accompagnamento, firmate da
Asperger. In questi, il pediatra giustifica l’invio di Herta ad Am Spiegelgrund perché
“dev’essere un peso insopportabile per la madre”; e di Elisabeth, perché “in famiglia, la
bambina è senza dubbio un peso appena sopportabile”. Quelle lettere documentano
che firmò la loro condanna a morte. All’Am Spiegelgrund furono uccisi quasi 800
bambini. Asperger continuò a godere di una lunga carriera accademica, morendo nel
1980. Sia Asperger’s Children sia l’articolo di Czech arrivano alle stesse conclusioni.
Personalmente, non mi sento più a mio agio nel nominare la diagnosi intitolata ad Hans
Asperger. In ogni caso, questa è una categoria messa in discussione nella più recente
edizione del DSM (utilizzato negli Stati Uniti). Le nazioni europee seguiranno questa
indicazione diagnostica nel 2019, con l’undicesima edizione della International
Classification of Diseases.

Da Kanner agli anni sessanta


Confusione tra autismo e schizofrenia nella descrizione della schizofrenia si parla di
pensiero autistico (autismo come sinonimo di schizofrenia infantile). I genitori di
Kanner erano di status istruzione elevato conclusione (errata) che l’autismo fosse
un disturbo delle famiglie ben istruite e di status socio-economico elevato con
implicazione che l’esperienza del bambino o le cure genitoriali avessero ruolo
nell’eziopatogenesi (all’origine dell’autismo vi sarebbe una qualche psicopatologia dei
genitori). Prevalenza di approccio psicoanalitico fallimento dello sviluppare
un’identità separata dalla madre (DSM-II).
DSM-III e DSM-III R
DSM-III Autismo infantile come parte dei disturbi generalizzati dello sviluppo
diagnosi centrata sul primo sviluppo; non tiene conto della persistenza del disturbo nel
tempo (autismo infantile residuo)
DSM-III R Disturbo autístico
16 criteri raggruppati in 3 ambiti disfunzionali:
1. Interazione sociale reciproca;
2. Comunicazione;
3. Limitazione nel repertorio di attività e interessi.
DSM-IV
Inserito nella categoria dei disturbi generalizzati dello sviluppo. Inclusione nella
categoria dell’autismo di altri disturbi:
 Disturbo di Asperger
 Disturbo di Rett (perdita di abilità sociali nel periodo prescolare)
 Sindrome di Heller (o psicosi disintegrativa disturbo disintegrato della
fanciullezza):
o Estremamente rara;
o Perdita di abilità intorno ai 3-4, con esito molto più grave dell’autismo.

Approccio diagnostico dimensionale


 Modelli categoriali registrazione della presenza o assenza di una determinata
condizione patologica
 Modelli dimensionali le condizioni patologiche si collocano lungo un continuum
(quantificazione dei sintomi)
“La possibilità di quantificare i sintomi con le misure dimensionali ha implicazioni
importanti per la ricerca. Questi approcci promettono di fornire misure di gravità
utilizzabili nel corso del trattamento e di fornire basi per eventuali nuovi approcci
all’identificazione dei sottotipi” p. 46.
Verso il DSM-5
La categoria dei disturbi generalizzati dello sviluppo si trasforma nella categoria dei
Disturbi dello Spettro (comprende quelli che prima erano il disturbo autistico,
sindrome di Asperger, e disturbi generalizzati dello sviluppo non altrimenti specificato*).
Aggiunta di un disturbo correlato Disturbo della comunicazione sociale.
*Categoria sottosoglia per casi che presentavano problemi simili all’autismo ma non
rispondevano appiena ai criteri per questa diagnosi (anche autismo atipico nell’ICD-10)
Autism Spectrum Disorders
GENERALI CRITERI DIAGNOSTICI SECONDO IL DSM 5 (Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali):
A. Deficit persistenti nella comunicazione e nell’interazione sociale in vari contesti
(per esempio: comportamenti comunicativi non verbali, relazioni socio-emotive);
B. Pattern ripetitivi e limitati di comportamenti, interessi o attività (per esempio:
stereotipie di movimenti motori, stereotipie linguistiche);
C. I sintomi si manifestano presto nel corso dello sviluppo ontogenetico;
D. I sintomi causano disturbi significativi a livello clinico in importanti aspetti della
sfera sociale, imponendo il corretto svolgimento delle attività quotidiane;
E. I disturbi non sono riferibili a disabilità intellettive o a più generale ritardo dello
sviluppo cognitivo.
La diagnosi di ASD viene effettuata in presenza di due sintomi del dominio sociale (a) e
uno del dominio dei comportamenti stereotipati (b).
Disturbo dello spettro dell’autismo
Criteri diagnostici:
A. Deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in
molteplici contesti, come manifestato dai seguenti fattori, presenti attualmente
o nel passato:
i. Deficit della reciprocità socio-emotiva, che vanno, per esempio, da
un approccio sociale anomalo e del fallimento della normale reciprocità
della conversazione; a una ridotta condivisione di interessi, emozioni o
sentimenti; all’incapacità di dare inizio o di rispondere a interazioni
sociali.
ii. Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per
l’interazione sociale, che vanno, per esempio, dalla comunicazione
verbale e non verbale scarsamente integrata; ad anomalie del contatto
visivo e del linguaggio del corpo o deficit della comprensione e dell’uso
di gesti; a una totale mancanza di espressività facciale e di
comunicazione non verbale.
iii. Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle
relazioni, che vanno, per esempio, dalle difficoltà di adattare il
comportamento per adeguarsi ai diversi contesti sociali; alle difficoltà di
condividere il gioco di immaginazione o di fare amicizia; all’assenza di
interesse verso i coetanei.
B. Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi, come
manifestano da almeno due dei seguenti fattori, presenti attualmente o nel
passato:
i. Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi
(per esempio: stereotipie motorie semplici mettere in fila giocattoli
o capovolgere oggetti, ecolalia, frasi idiosincratiche)
ii. Insistenza nella sameness (immodificabilità), aderenza alla
routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non
verbale (per esempio: estremo disagio davanti a piccoli
cambiamenti, difficoltà nelle frasi di transizione, schemi di pensiero
rigidi, saluti rituali, necessità di percorrere la stessa strada o
mangiare lo stesso cibo ogni giorno)
iii. Interessi molto limitati, fissi che sono anomali per intensità o
profondità (per esempio: forte attaccamento o preoccupazione nei
confronti di oggetti insoliti, interessi eccessivamente circoscritti o
perseverativi)
iv. Iper- o iporeattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi
insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente (per esempio:
apparente indifferenza a dolore/temperatura, reazione di
avversione nei confronti di suoni o consistenze tattili specifici,
annusare o toccare oggetti in modo eccessivo, essere affascinati
da luci o da movimenti).
05/04/2023
Tre livelli di gravità
1. Necessità di aiuto
2. Necessità di aiuto consistente
3. Necessità di aiuto molto consistete
Come si esegue una diagnosi?

 La diagnosi è “clinica”, ovvero


basata unicamente
sull’osservazione del bambino. Non Si eseguono test specifici utili che aiutano i
esistono, cioè, accertamenti di medici nella ricerca delle diagnosi:
laboratorio o di imaging
 L’ADOS-2 (Autism Diagnostic
(tomografia assiale
Observation Shedule-2nd Edition)
computerizzata, risonanza
magnetica, ecc.) in grado di  L’ADI-R (Autism Diagnostic Interview-
confermare la diagnosi. Revised)
 È quindi opportuno affidarsi a Il primo test si basa sull’osservazione del
strutture sanitarie specializzate e a gioco mentre il secondo test è un’intervista
una équipe multidisciplinare, raccolta dai genitori per indagare la presenza
composta da un neuropsichiatra di sintomi dello spettro autistico. In fase
infantile, psicologo e logopedista. diagnostica è indispensabile indagare, oltre ai
 L’équipe sarà adeguatamente sintomi legati all’autismo, il funzionamento
preparata per una valutazione cognitivo, il comportamento adattativo e le
clinica globale del bambino. capacità linguistiche del bambino.

Strumento che stabilisce la gravità può essere: (o ADI-R)


L’ADOS-2
È una valutazione, standardizzata e semistrutturata del:
 La comunicazione,
 L’interazione sociale,
 Il gioco e
 L’uso immaginativo di materiali
per individui affetti da disturbi dello spettro acustico. Sono previsti 4 moduli organizzati
in base alle capacità linguistiche e all’età del paziente. Le attività somministrate al
bambino sono suddivise in riferimento a cinque categorie:
1. Linguaggio e comunicazione;
2. Interazione sociale reciproca;
3. Immaginazione e creatività;
4. Comportamenti stereotipati ed interessi ristretti;
5. Altri comportamenti anormali.
Come si cura
Una volta definita la diagnosi, è necessario progettare un intervento riabilitativo
efficace. Nella scelta della terapia va sempre considerata la fase dello sviluppo e la
diversità di ogni bambino con disturbo dello spettro acustico. Nel 2011 l’Istituto
Superiore di Sanità, ha elaborato una Linea Guida per il Trattamento dei disturbi dello
spettro autistico nei bambini e negli adolescenti. I trattamenti più efficaci sono:
 Programmi psicologici e comportamenti strutturati (Applied Behavioural
Analysis – ABA; Early Intensive Behavioural Intervention – EIBI; Early Start
Denver Modest – ESDM) mirati a modificare i comportamenti del bambino per
favorire un miglior adattamento alla vita quotidiana;
 Interventi mediati dai genitori i genitori sono guidati dai professionisti per
apprendere e applicare nella quotidianità le modalità di comunicazione più adatte
per favorire lo sviluppo e le capacità comunicative del figlio.
Teorie psicologiche dell’ASD

Spiegare rispetto alcuni sistemi cognitivi. Ha come pionieri Frith


L'autismo è considerato uno dei più altamente ereditabile di tutti i disturbi psichiatrici o
dello sviluppo, e tuttavia la ricerca di geni di vulnerabilità per l'autismo si è rivelata
deludente difficile. Mentre l'eterogeneità dell'eziologia (diversi casi hanno cause
diverse) è senza dubbio un ostacolo importante in questo sforzo, suggeriamo che la
ricerca è stata ostacolata dal presupposto che i diversi sintomi che definiscono
l'autismo procedono dalla stessa causa. Invece, in questa carta, suggeriamo che le
funzioni sociali e non sociali dei disordini di spettro di autismo (ASD) hanno
cause distinte, ai livelli genetici, conoscitivi e neurali…
Conti cognitivi dell'autismo e la relazione tra deficit nella cognizione sociale,
funzione esecutiva e stile cognitivo.
Bisogna tener conto molteplici fattori i fattori cognitivi possono dar conto dei diversi
sintomi il dominio del comportamento e interazione sociale
Autism Spectrum Disorders
TRIADE DI DEFICIT COGNITIVI
1. Ipotesi della cecità mentale (deficit di TmO) cercare di spiegare i deficit
sociale e comunicativi
2. Teoria della coerenza centrale debole cerca di spiegare i punti di forza
(gli isolotti di capacità)
3. Deficit delle funzioni esecutive spiega la mancanza di controllo
sull’azione e deficit dell’attenzione (contribuisce a spiegare i pattern di
comportamento ripetitivi e stereotipati)

Si fanno vedere le facce e si chiede di individuare lo stato mentale ed emotivo


ricevendo un punto se la risposta giusta è di tipo affettivo (e il bambino deve fare
ipotesi sullo stato emozionale e mentale)
Heider & Simmel (1944)
Un uomo ha programmato di incontrare una ragazza, ma la ragazza arriva con un altro.
Il primo uomo dice al secondo di andarsene, il secondo dice al primo di andarsene ma
lui scuote la testa. Allora i due uomini vengono alle mani e la ragazza comincia ad
avviarsi verso la stanza per allontanarsi dalla strada ed esita, ma infine entra. A quanto
sembra, lei non vuole stare con il primo uomo. Si vede un grande triangolo pieno che
entra in un rettangolo. Entra ed esce da questo rettangolo e ogni volta l’angolo e metà
di uno dei lati del rettangolo formano un’apertura. Poi compaiono sulla scena un altro
triangolo più piccolo e un cerchio. Il cerchio entra nel rettangolo mentre il triangolo più
grande è dentro al rettangolo (…). (Baron-Cohen, 1995, trad. it., pp. 51-52)
Teoria consapevole della mente (Frith 1989)
Apprendimento di strategie compensative; tale teoria “non è né intuitiva né
automatica, il suo uso nella vita quotidiana è lento e pertanto non è del tutto sufficiente
per una normale comunicazione sociale” (ivi, trad. it., p.262)
“Ho dovuto imparare le competenze sociale come se fosse teatro”
Questo riguarda l’ipotesi cecità mentale.
“è che si occupa dei dettagli”/ “E il fatto è che il cervello normale trascura i dettagli”
La teoria della coerenza centrale debole

Coerenza centrale: Coerenza centrale debole (Indipendenza


dal campo):
 Particolare strategia di elaborazione
dell’informazione.  Incapacità di tener conto del contesto
 È come se ci fosse una forza potente (focalizzarsi sui dettagli senza
che tiene insieme tutte le riuscire a mettere a fuoco il globale).
informazioni.  I dettagli diventano attrattori.
 La coerenza centrale può essere
vista come una forza che scorre che
unisce insieme grosse quantità di
informazioni.
 Se è troppo potente, ci impedisce di
veder la figura spiccare dall’insieme.

Indipendenza dal campo incapacità di tener conto del contesto (focalizzarsi sui
dettagli senza riuscire a mettere a fuoco il globale). Test delle figure nascoste
(staccare la figura dal contesto = non essere influenzati dal contesto)

Si chiede di indicargli il triangolo focalizzarsi sul dettaglio dell’immagine ampia e


trovare la figura nascosta e non tenere conto del passeggino
Nel sistema cognitivo normale vi è una tendenza connaturata a formare la coerenza
lungo una gamma di stimoli la più vasta possibile e a generalizzare su una gamma di
contesti quanto mai varia. È questa forza che dà luogo ai grandi sistemi di pensiero.
Ora è proprio questa capacità della coerenza a essere ridotta nei bambini autistici. Il
risultato è che i loro sistemi di elaborazione delle informazioni, e la loro stessa
esistenza, sono caratterizzati dal distacco. (Frith, 1989, p. 202)
Funzioni esecutive
 Pianificazione del comportamento.
 Attenzione e inibizione egli stimoli non pertinenti al contesto.
 Flessibilità mentale.
 Monitoraggio dell’azione.

Controllo dell’attenzione e flessibilità mentale: il test di Stroop

Inibire lo stimolo automatico non pertinente (perché bisogna dire il colore dell’inchiostro
e non la parola scritta). Questa è una capacità importante nei processi di elaborazione
di significati letterali.
Deficit delle Funzioni Esecutive
Per il mondo che mi circondava, il mio comportamento era del tutto incomprensibile.
Non facevo che toccare continuamente tutto – ficcavo le dita dentro e sotto le bottiglie, i
braccioli del divani e i pomi delle porte, sfregando i palmi delle mani contro le rotondità
delle ringhiere. Semplicemente, dovevo toccare tutte quelle cose dotate delle curve di
cui avevo bisogno. non trovavo monotono mangiare sempre le stesse cose, questo era
nulla in confronto al mortale pericolo di rischiare con un cibo sconosciuto (Gerland, Una
persona vera, cit. in Frith, p. 201).
Controllo dell’attenzione le persone con ASD hanno un’attenzione peculiare, si
focalizzano su cose strane quando sono assorbiti da qualcosa è impossibile
interromperli.
Problema di flessibilità mentale (Manca il controllo dell’attenzione flessibile) un
componente “esecutivo” nella mente che dice a cosa, nella massa di stimoli in arrivo,
vale la pena di prestare attenzione.
Donna: Ti lascio.
Uomo: Chi è lui?
Mentre la nostra capacità di leggere le intenzioni del parlante ci permette ci permette di
comprendere perché la domanda dell’uomo è appropriata rispetto all’affermazione della
donna, “presumibilmente una persona affetta da autismo lotterebbe invano per trovare
la pertinenza in questo dialogo”. Le difficoltà di comunicazione degli autistici
evidenziano, dunque, la dipendenza della comprensione dalla capacità di attribuire
stati mentali agli altri e rappresentano, pertanto, una validazione empirica del
modello della comunicazione umana proposto nell’ambito della teoria della
pertinenza.

Una delle regole tacite che governano le


nostre conversazioni è che le nuove
informazioni sono interessanti e le vecchie
sono noiose. Questa semplice regola non è
evidente di per sé per i bambini autistici (Frith,
p. 163)
I bambini autistici mi rispondevano
indifferentemente che l’ape poteva battere
le ali come poteva far sì col capo. Invece il
cenno col capo avrebbe dovuto essere
menzionato per primo […]. I bambini normali
facevano proprio questo. (Frith, p. 163)

Tom & acquisizione del lessico


“L’apprendimento delle parole è di fatto tutt’altro che semplice. L’apprendimento delle
parole da parte dei bambini, anche i nomi più semplici delle cose, richiede ricche
capacità mentali (concettuali, sociali e linguistiche) che interagiscono in modi
complicati” (Bloom, 2000, p. 1)
Una di queste capacità è l’abilità di inferire stati mentali del parlante nelle situazioni di
attenzione congiunta.
Baldwin, 1991, Infant Contribution to Join Reference Capire come avviene
l’apprendimento ostensivo (quando la nuova parola è proferita in presenza
dell’oggetto a cui si riferisce). Bambini tra 16 e 19 mesi. Due possibilità:
1. I bambini tendono a collegare l’etichetta verbale nuova che sentono a un
oggetto qualsiasi presente (e su cui essi sono focalizzati) nel momento in cui
la parola è pronunciata se è così, allora si dovrebbero registrare errori di
mapping qualora l’adulto pronunci il nome di un oggetto diverso da quello a
cui il bambino sta prestando attenzione.
2. I bambini utilizzano indizi non verbali forniti dal parlante (ad esempio: la
direzione dello sguardo) per capire il riferimento della nuova parola.
Acquisizione del lessico nell’autismo
Baron-Cohen et al (1997) I bambini con autismo usano la direzione del parlante della
strategia di sguardo per rompere il codice della lingua?
I risultati hanno mostrato che sebbene il 70,6% dei bambini con handicap mentale abbia
superato il test facendo la corretta mappatura tra una parola nuova e un oggetto nuovo,
attraverso la strategia Direzione dello sguardo del parlante, solo il 29,4% dei bambini
con autismo lo ha fatto.
"I risultati di entrambi gli studi suggeriscono che i bambini con autismo sono
relativamente insensibili alla direzione dello sguardo di un oratore come indice
dell'intenzione del parlante di riferirsi. Questo risultato è coerente con i risultati
precedenti che mostrano che i bambini con autismo sono relativamente "ciechi" al
significato mentale degli occhi"
12/04/2023
Communicative competence and theory of mind in autism: A test of relevance
theory (Francesca Happè, 1993) è un articolo importante per i risultati. Articolo in cui
si analizzano prevalentemente le metafore e l’ironia (linguaggio figurato e per questo
richiedono il riconoscimento della teoria della mente) e si va ad esaminare quanta teoria
della mente è necessaria per capire le metafore e l’ironia (che richiedono un diverso
grado della teoria della mente la metafora poggia su una teoria della mente di primo
livello invece l’ironia, che è più complessa, su una teoria della mente di secondo livello
e l’ironia mostra l’atteggiamento del parlante quindi richiede un diverso livello della
teoria della mente).

L’attività percettiva e cognitiva consiste nella costruzione di


rappresentazioni mentali della realtà; quando però
attribuiamo pensieri e stati percettivi agli altri (o a noi
stessi) stiamo costruendo metarappresentazioni. (non
tenere troppo in considerazione questa definizione)

Metarappresentazione di primo ordine: Metarappresentazione di secondo ordine:


Giulia non sa che domani non c’è lezione Giulia non sa che Marco sa che domani non
Intenzione
(pensiero su unoinformativa:
stato del mondo) c’è lezione
Rendere mutualmente manifesta a parlante (pensiero su comunicativa:
Intenzione pensiero altrui)
e ascoltatore l’informazione X Informare l’ascoltatore della propria
intenzione di rendere mutualmente
manifesta l’informazione X

Metarappresentazione so che elisa sa (di secondo ordine); elisa sa che il computer è


chiuso (di primo ordine) il numero dei verbi di stati mentali ci dà il grado di
metarppresentazione.
Dividing the autistic subjects on the basis of their performance on theory of mind tasks
creates 3 groups that performed very differently on a quite distinct task:
1. First-order TOM autistics soggetti autistic che passano solo il first-order
tasks che implica l’attribuzione di credenze false sul mondo;
2. Second-order TOM autistics soggetti autistici che passano anche il
second-order tasks che implica l’attribuzione di una falsa credenza su una
credenza;
3. Autistics with no TOM at all soggetti autistici che non attribuiscono alcun
tipi di metarappresentazione

In base a questi dati che predizioni si possono fare? Il primo gruppo riesce a
comprendere la metafora, il secondo anche l’ironia e il terzo nessuno dei due.
Communicative competence and theory of mind in autism: A test of relevance
theory (Francesca Happè, 1993)
Tre condizioni:
1. Comprensione di similitudini secondo RT avviene al livello del significato
letterale [Dire “è come un leone” non è differente da dire “è come suo padre”]
 predizione: anche un soggetto autistico dovrebbe essere in grado di
comprendere le similitudini
2. Comprensione di metafore secondo RT, richiede la comprensione
dell’intenzione del parlante; richiede una metarappresentazione di primo
ordine
3. Comprensione dell’ironia secondo RT, richiede una
metarappresentazione di secondo ordine. Quando siamo ironici, oltre ad
esprimere un pensiero, stiamo anche comunicando il nostro atteggiamento
verso quel pensiero.
Protocollo sperimentale
Fumetti per fisici, comportamenti e psicologici

 Il pallone è scoppiato perché è stato


forato dal ramo.
 Il ramo l’ha fatto scoppiare

Primo compito mettere in ordine le immagini.


Secondo compito raccontare la storia.

Una ragazza va in un negozio a comprare dei


dolci. Paga il venditore e porta con sé i dolci.

Primo compito mettere in ordine le immagini.


Secondo compito raccontare la storia.

Un ragazzo mette un cioccolatino dentro la


scatola e poi va a giocare. Mentre è fuori
[vale a dire: senza che il ragazzo lo
sappia] una vecchia signora mangia il
cioccolatino. Quando ritorna il ragazzo è
sorpreso di non trovare il cioccolatino
(credeva che fosse ancora nella scatola

Primo compito mettere in ordine le immagini.


Secondo compito raccontare la storia.
Un ragazzo gioca a football. Mette un
cioccolatino in una scatola. La madre
mangia il cioccolatino. Il ragazzo apre la
scatola. È vuota.
[Descrizione fatta da un bambino
autistico]

Primo compito mettere in ordine le immagini.


Secondo compito raccontare la storia.

Pragmatica del discorso

Dunque, mi è sempre piaciuta la geografia. Il mio ultimo insegnante di questa materia il


professor August A. Era un uomo con gli occhi neri. Mi piacciono gli occhi neri. Ci sono
anche gli occhi blu o grigi e anche di altro tipo. Ho sentito dire che i serpenti hanno
occhi verdi. Tutte le persone hanno gli occhi. Ce ne sono anche alcune che sono
cieche. Queste persone cieche sono accompagnate da un ragazzo. Deve essere
terribile non poter vedere. Ci sono delle persone che non possono vedere e che inoltre
non possono udire. Io conosco qualcuno che ode troppo. Ci sono molte persone malate
a Burgholzli, sono chiamate pazienti (da Bleuler, 1913, cit. in Frith, 1992, trad. it., p.99)
Manca coerenza discorsiva perché c’è un lesso sfaldamento dei nessi discorsivi
discorso incoerente scivolamento del topic
Un castello di sabbia
“Mi chiamo Elyn. Mi chiamavano ‘Elyn, Elyn, il cocomero’. A scuola. Dove andavo io.
Dove sono ora e ho dei problemi”
“Che generi di problemi?”, mi chiese [la dottoressa].
“Problemi. Problemi proprio qui a River City. La patria degli abitanti di New Heaven.
Dove non c’è nessun ancoraggio, né vecchio né nuovo. Io sto solo cercando un
ancoraggio. Lei può darmi un ancoraggio? Non è troppo giovane? Perché sta
piangendo? Io piango perché le voci sono alla fine del tempo. Il tempo è troppo vecchio.
Io ho ucciso un mucchio di persone”.
“Come vanno le cose a casa?”
“Mia madre è molto malata. Non ci sono soldi. Vengono tutti dalle sue tasche. Il mio
appartamento è allagato. Si è rovinato il mio materasso. Mi piacerebbe sapere che cosa
dice l’intestazione del motto ricamato sul blasone. È in latino” (Cutting, 1985)
Qui si tratta di tangenzialità fino a materasso la risposta si può considerare
accettabile ma dopodiché parte per la tangenziale (discorso totalmente sconnesso)
Paziente con trauma cranico:
Compito:
Un uomo possedeva una gallina che deponeva uova d’oro. L’uomo era avido e
desiderava avere più oro, tutto in una volta. Allora uccise la gallina e la aprì, sperando
di trovare all’interno del suo corpo moltissimo oro: ma non ce n’era affatto.
Ripetizione:
un uomo viveva con una gallina … o piuttosto, l’uomo era il padrone della gallina. Lei
produceva oro … L’uomo … il padrone … desiderava avere più oro, tutto in una volta …
così fece a pezzi la gallina, ma dentro non c’era oro … Niente oro … L’uomo taglia
ancora la gallina … Niente oro … cerca dappertutto, in tutti i posti, e poi cerca ancora …
La ricerca continua con un registratore o un nastro … stanno cercando di qua e
di là, ma niente. Lasciano il registratore acceso, sta venendo fuori qualcosa …
Che diavolo registrando laggiù … delle cifre … 0,2,3,0 … allora, stanno
registrando tutte queste cifre … non sono poi molte … Ecco perché erano state
registrate tutte le altre … Anche quelle non erano molte … Così fu registrato tutto

Discorso tangenziale (parte in nero è una buona ripetizione anche se ci sono delle
ripetizioni non pertinenti e poi introduce un argomento nuovo e non collegato). C’è un
obiettivo che il paziente non riesce a raggiungere per vari motivi.
Coerenza (discorsiva) è il modo in cui gli argomenti interni a un discorso sono
organizzati in maniera strutturata rispetto a un obiettivo, un piano o un tema generale
(Glosser e Deser 1990). Emerge il fatto che un discorso coerente è organizzato rispetto
a un obiettivo (è un comportamento finalizzato) argomenti unificanti.
Cosa governa la coerenza di un discorso?
Coesione come condizione necessaria per la coerenza l’idea prevalente,
soprattutto nei modelli in cui il linguaggio coincide con la grammatica (ad esempio:
Chomsky, 1988; Pinker 1994) e l’elaborazione linguistica corrisponde all’elaborazione
dei tratti interni al singol enunciato (Crocker et al. 2001), è che la coerenza di un
discorso, orale o scritto, dipenda dalla coesione tra coppie di enunciati consecutivi,
vale a dire dalle relazioni lineari tra frasi adiacenti (cfr. Halliday e Hasan, 1976; Renhart,
1980; Reinhart, 1980; Bublitz, 2011).

Che cosa è la coesione?

La coesione nel modello di Halliday e Hasan (1976)


 Meccanismi grammaticali riferimento, la sostituzione, le ellissi e congiunzioni.
 Meccanismi lessicali reiterazione (ripetizioni, sinonimie ecc.) e sulla
collocazione (co-occorrenza di item lessicali)
Qualche esempio di coesione grammaticale
Il riferimento può essere:
 Il riferimento situazionale (o esoforico) gli elementi linguistici rimandano a
una realtà che è esterna al testo, come ad esempio nella frase “Ti piacerebbe
venire con noi al cinema questa sera?”.
 Il riferimento testuale (o endoforico) il rimando è fatto verso elementi interni
al testo attraverso l’uso di anafore e catafore “Lo hai visto il film?” – “Ha sempre
odiato correre all’aria aperta. Non ama questo genere di sport”.
La sostituzione può coinvolgere:
 Sintagmi nominali “Il mio tè è caldo. Per favore puoi darmene uno freddo?”
 Sintagmi verbali “Non ho mai perso l’aereo prima d’ora. Lo farò domani”
 Proposizioni “Mi auguro che il prossimo anno la stagione turistica andrà
meglio. Lo spero almeno”)
Un esempio di coesione lessicale
After the forming of the sun and the solar system, our star began its long existence as
a so-called dwarf star. In the dwarf phase of its life, the energy that the sun gives off is
generated in its core through the fusion of hydrogen into helium (Berzalánovich, 2008:
2)

La coesione è, dunque, davvero una


condizione necessaria per la coerenza di un
discorso?
18/04/2023

La teoria della pertinenza non ce la fa a spiegare come si costruiscono i discorsi


coerenti. Contrariamente idea Sp&Wi. di un un’unica proprietà ma bisogna ammettere
l’esistenza di altre proprietà a livello pragmatico (coerenza globale). La coerenza
discorsiva è una proprietà cognitiva. Coerenza comporta la convergenza verso un
tema e obiettivo generale.
Perché un testo sia coerente ci devono essere legami linguistici
 Meccanismi grammaticali (come i pronomi)
 Meccanismi lessicali
Coerenza locale vs Coerenza globale
Se analizziamo questo testo e lo
analizziamo a livello locale c’è coesione (e
quindi coerenza locale localmente
coerente e un uso corretto della sintassi e
lessico). Manca la convergenza tematica
che accomuna le varie frasi (quindi manca
di coerenza globale). C’è una
dissociazione tra coerenza globale e locale.
Si può avere coerenza globale senza coesione. La coesione non è né necessaria né
sufficiente. Se c’è questa dissociazione i sistemi in atto a livello cognitivo devono essere
due sistemi diversi o comunque non coincidono perfettamente. Quindi divergono perché
i due aspetti della coerenza non coincidono come dovrebbe.
Coerenza globale senza coerenza locale (coesione):
George ha effettuato il passaggio sulla destra. L’attaccante ha colpito al volo e ha fatto
goal. L’arbitro ha decretato la ripresa da centro campo (Enqvist, 1978, pp. 110-111)
La trscizione fornisce un resoconto di come fare un panino, parlato da un uomo con
afasia moderata:
Due fette di pane – aprire il barattolo di burro di arachidi – e prendere il coltello – e
stendi il burro sulle fette – e piegalo – e sandwiches (da Ulatowska er al., 1990: 196)
Nonostante un uso limitato di dispositivi coesivi (e, g. alcune concatenazioni lessicali
(pane - fette - sandwiches) e un uso eccessivo di 'e') e un grado di sottospecificazione
sintattica e semantica, il discorso è ancora ragionevolmente coerente grazie
all'esistenza di informazioni sufficienti e di una sequenza di eventi adeguata.
Ridotto uso meccanismi coesivi, il discorso nella sua interezza è tutto sommato
coerente

Un testo privo di coesione ma telegramma.


Concezione e idea di coerenza diversa rispetto a quella appena trattata. Giora riformula
la coerenza:
 Sentence topic (coincide con la coerenza locale) collegamenti concettuali tra
singole proposizioni; convergenza tematica tra affermazioni adiacenti.
 Discourse topic (coincide con la coerenza globale) relazione di contenuto che
un proferimento verbale ha rispetto ad alcuni aspetti di un argomento interno al
discorso.

Ciò che emerge, allora, è che gli enunciati che asseriscono qualcosa relativamente a un
topic (discorsivo) nel contesto di un brano appropriato sono concepiti come coerenti. Al
contrario, gli enunciati che […] non possono essere interpretati come relativi a un
discourse topic, non vengono considerati coerenti (Giora, 1985, p. 705).
Patologie del discorso
Schizofrenia: problemi di classificazione

James Tilly Matthews: paziente zero della psichiatria moderna (Jay, 2003)
Il signor Metthews è convinto che in un appartamento vicino al London Wall viva un
gruppo di criminali che sono molto abili nella Chimica Pneumatica, e che lo
aggrediscono per mezzo di un telaio ad aria […]. Gli effetti prodotti sul signor Metthews
dalla abile manipolazione di certi ingredienti sono, a quanto dice, orribili. [Tra di essi
troviamo] la separazione dell’anima dai sensi […]; il fluido bloccante, ovvero un blocco o
una costrizione delle fibre poste alla radice della lingua, e che impedisce la prontezza
della parola; l’inserzione del pensiero, in cui un appartenente al gruppo forza nella sua
mente un treno di idee molto differente dal reale oggetto dei suoi pensieri; […] [I membri
del gruppo] rivelano i loro pensieri a lui tramite le voci. (Haslam, 1810; 19-40).
Il delirio di Metthews […] ha infatti moltissimi elementi che oggi consideriamo come
assolutamente distintivi della schizofrenia. L’allusione alle voci, a persecutori di vario
tipo, a macchine bizzarre come il telaio ad aria, all’inserzione del pensiero, non lasciano
molti dubbi sulla diagnosi, qualla di schizofrenia paranoide. (Cardella, 2013, p. 13)
Emil Kraepelin: dementia precox
Non introduce il termine schizofrenia ma sarà successivo da Eugen Bleuler
 1893 (IV ed): individua un gruppo di malattie  che sono accomunati da processi
di degenerazione psichica (sviluppo di una debolezza mentale).
 1896 (V ed): le chiama dementia precox 3 sindromi varianti della stessa
malattia:
1. Catatonia deterioramento mentale e rigidità muscolare;
2. Ebefrenia stupidità infantile;
3. Paranoia deliri e allucinazioni.
Emil Kraepelin: naufragio della mente
Dementia precox è il nome provvisoriamente attribuito a un grande gruppo di casi che
hanno in comune una tendenza pronunciata a vari gradi di deterioramento mentale
[…] la malattia apparentemente si sviluppa a causa di un grave processo morboso nella
corteccia cerebrale (Kraepelin, 1902, p. 219). L’esperienza insegna che nella grande
maggioranza dei casi l’esito della dementia precox è l’icurabile cronicità (K., 1905, p.
23).
Nella dementia precox “ricorrono sempre la perdita dell’unità del pensiero, del sentire e
dell’agire, l’appassimento dei sentimenti più elevati, i molteplici e peculiari disturbi della
volontà, con i deliri di perdita della libertà psichica e di influenzamento ed, infine, la
disintegrazione della personalità, mentre le conoscenze acquisite e le capacità demplici
restano relativamente integre” (K. 1913, p. 255)
Nelle varie edizioni del Trattamento di Psichiatria, individua 4 gruppi di sintomi (che
cerca di distinguere tra primari e secondari) per identificare la dementia precox:
 Deliri;
 Allucinazioni;
 Disturbi del pensiero;
 Disturbi del comportamento.
Sintomi fondamentali:
 Deterioramento emotivo [disturbo del comportamento] negativismo
(indifferenza emotiva, disaffezione nei confronti di parenti e amici, mancanze di
interesse per attività in precedenza considerate piacevoli).
 Disturbi dell’attenzione e della volontà.
 Alterazioni del flusso del pensiero.
Incoherent speech il flusso del discorso è variamente alterato; può andare
completamente perduto, può diviare verso direzioni inaspettate; può girare intorno allo
stesso tema.
Chi introduce il termine “schizofrenia” (= scissione della psiche e scissione della mente)
è:
Eugen Bleuler: scissione della mente
Introduzione del termine schizofrenia identifica il sintomo fondamentale la
dissociazione delle funzioni psichiche (Bleuler, 1950)
Sintomi fondamentali (tipici di un disturbo mentale) vs Sintomi accessori
(condivisi con altri disturbi)
Sintomi primari (derivati dal deficit di base) vs Sintomi secondari (reazione o
risposta al disturbo di base)
 Sintomi fondamentali 4 A
o Autismo distacco dalla realtà e ritiro nel mondo interiore
o Ambivalenza affettiva coesistenza di sentimenti e atteggiamenti di
polarità opposta verso lo stesso oggetto
o Appiattimento affettivo incapacità di esprimere emozioni
o Allentamento delle associazioni continuità logica e finalistica del
pensiero è alterata
 Sintomi secondari deliri e allucinazioni
Verso un paradigma descrittivo
Resistenza della schizofrenia a ogni tentativo di interpretazione completa. Nessuno di
questi paradigmi è stato ad oggi definitivamente validato. Non si riscontra un sintomo
presente in tutti i casi/pazienti (ad esempio: i sintomi negativi di Kreaplin non sono
esclusivi della schizofrenia). Approcci moderni descrizione maggiormente
accurata, piuttosto che ricerca di un’esistenza della schizofrenia.
Tom Crow due forme di schizofrenia
Schizofrenia in due forme particolari (schizofrenia positiva e schizofrenia negativa):
 Schizofrenia di tipo I o positiva positivo implica la presenza di funzioni
anormali sintomi positivi: sintomi che rappresentano un eccesso di funzioni, ad
esempio le allucinazioni e i deliri. Esordio acuto, produzione di esperienze
allucinatorie, disorganizzazione del linguaggio e del comportamento.
 Schizofrenia di tipo II o negativa negativo implica la diminuzione o l’essenza
di funzioni normali sintomi negativi:
o Appiattimento emotivo,
o Apatia,
o Anedonia (incapacità di provare interesse verso attività comunemente
ritenute piacevoli),
o Isolamento sociale,
o Povertà del linguaggio,
o Disturbi dell’attenzione e della volontà.
DSM 5 (2013). Disturbo dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici
I disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici comprendono la
schizofrenia, altri disturbi psicotici, e disturbo schizotipico (di personalità). Sono definiti
da anomalie psicopatologiche in uno o più dei cinque seguenti ambiti:
1. Deliri,
2. Allucinazioni,
3. Pensiero disorganizzato,
4. Comportamento motorio grossolanamente disorganizzato o anormale
(compresa la catatonia) e
5. Sintomi negativi
(DSM-5, trad. it., p.101).

DSM 5 (2013): schizofrenia


Presentare, per un lasso di tempo di almeno un mese, due o più seguenti sintomi:
1. Deliri convinzioni fortemente sostenute che non sono passibili di modifica
alla luce di evidenze contrastanti.
2. Allucinazioni esperienze simil-percettive che si verificano senza uno
stimolo esterno e che non sono sotto il controllo volontario
3. Pensiero disorganizzato dedotto dall’eloquio che può presentarsi in
diversi modi, attraverso il deragliamento o allentamento dei nessi associativi;
oppure l’individuo può rispondere alle domande in modo marginale e non
correlato, ciò avviene definito tangenzialità; infine può capitare, anche se
raramente, che l’eloquio sia così gravemente disorganizzato da essere quasi
incomprensibile, ovvero l’incoerenza o “insalata di parole”.
4. Comportamento catatonico o disorganizzato ad esempio: deficit
comportamento finalizzato
5. Sintomi negativi (ad esempio: diminuzione dell’espressione delle emozioni e
l’abulia – mancanza di volontà

Almeno uno dei sintomi deve essere: deliri, allucinazioni,


pensiero disorganizzato.

Criterio B:
Per una significativa parte di tempo dall’esordio di disturbo, il livello del funzionamento
in una o più delle aree principali, come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di
sé, è marcatamente al di sotto del livello raggiunto prima dell’esordio (oppure quando
l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta l’incapacità di raggiungere il
livello atteso).
Criterio C:
Segni continuativi del disturbo persistono per almeno sei mesi. Questo periodo
comprende almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati efficacemente) che soddisfano
il criterio A. (…) durante questi periodi i segni del disturbo possono essere evidenziati
soltanto da sintomi negativi, oppure da due o più sintomi elencati nel criterio A in forma
attenuata (per esempio: convinzioni stravaganti, esperienze percettive inusuali).
Sviluppo e decorso:
Le manifestazioni psicotiche della schizofrenia emergono tipicamente tra la tarda
adolescenza e la metà della quarta decade della vita; l’esordio prima dell’adolescenza è
raro. Il picco dell’età d’esordio del primo episodio psicotico è nella prima metà della
terza decade [20-25 anni] per maschi e verso la fine della terza decade nelle femmine
[28-30 anni]. L’esordio può essere improvviso o insidioso, ma la maggioranza degli
individui manifesta un lento e graduale sviluppo di una varietà di segni e sintomi
clinicamente significativi. (…) Un’età di esordio precoce è stata tradizionalmente
considerata come un fattore predittivo di prognosi peggiore. (…) La compromissione
cognitiva è comune, e alterazioni cognitive sono presenti durante lo sviluppo e
precedono la comparsa della psicosi, la forma di compromissioni cognitive stabili
durante l'età adulta. (DSM-5, trad. it., pp. 118-119)
Ipotesi eziopatogenetiche
 Ipotesi genetiche predisposizione genetica che rende l’individuo
potenzialmente vulnerabile alla schizofrenia; l’incontro di questa vulnerabilità con
fattori ambientali e/o psicologici potrebbe determinare lo sviluppo della
schizofrenia
 Approccio biologico ipotesi dopaminergica i sintomi positivi sono causati
da una iperattività delle sinapsi regolate dalla dopamina
 Approccio psicodinamico psicologia dell’io, teoria delle relazioni oggettuali,
psicologia del sé, teoria dell’attaccamento. Teorie accomunate da una serie di
concetti chiave derivati dalla psicoanalisi il modello strutturale ripartito in Es, Io
e Super Io (Freud); il funzionamento mentale inconscio; il determinismo psichico
e l’importanza delle esperienze infantili
 Approccio cognitivo ad esempio, modello neurocognitivo di C. Frith (marito
della Frith)
 Approccio della teoria dell’attaccamento importanza dei traumi relazionali
precoci
 Scuola fenomenologica esistenzialista analisi del senso delle esperienze
psicopatologiche e all’esserci del malato psichico (Minkowski, Binswanger) tale
approccio, non cercando le cause o emotivi di sofferenza psichica, trascende le
conoscenze fornite dalle scienze naturalistiche e dalla psicodinamica; Minkowski
attraverso riflessione fenomenologica cerca di scoprire le peculiari modalità
umane dell'esperienza schizofrenica.
Il linguaggio schizofrenico
La schizofrenia non è un disturbo del linguaggio e della pragmatica ma è un disturbo
mentale che presenta deficit del linguaggio.
Disturbo del pensiero
Ci si riferisce a due cose, assume due manifestazioni:
 Disturbo formale del pensiero c'è qualcosa che non va nell’espressione, nel
modo in cui viene utilizzato il linguaggio, e non nel contenuto espresso(qualcosa
che va ad intaccare la forma, quando la forma del linguaggio (l’espressione
linguistica) è compromessa (come il linguaggio viene organizzato) la trama del
discorso si sfilaccia, i legami tra le parti si fanno più deboli, le associazioni più
superficiali e il linguaggio va alla deriva “La più comune manifestazione di
questo disturbo è un lento scivolamento in cui non c'è nessun
deragliamento particolarmente grave; al contrario chi parla va
gradatamente fuori strada, senza mostrare alcuna consapevolezza del fatto
che la sua risposta non ha più legame con ciò che gli è stato chiesto”
(Andreasen, 1979, 1319)
 Disturbo del contenuto del pensiero Delirio: ciò che non va nel discorso dello
schizofrenico, il tema che lo costituisce che tipicamente è una convinzione falsa
difesa contro ogni evidenza.

Il delirio schizofrenico
19/04/2023
Livello fonetico-fonologico e morfologico sintattico
La competenza lessicale
Distorsione semantica traslazione del significato da un segno a un altro
(paralogismo) o formazione di un nuovo segno per un dato significato (neologismo)

 Neologismi attivi esigenza cosciente di veicolare un significato che non


trova corrispondente nella lingua madre (tipici di schizofrenia e paranoia).
Stretto rapporto col delirio: i termini spesso sono

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