Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
La mano. Tutto è iniziato dalla mano. È sabato, un mattino di sabato come gli altri, mi
sono svegliato tardi (…). “Ho ancora quel mal di testa di ieri, quel cazzo di mal di testa
strano che non mi passa”, mi rimetto sotto il piumino sgualcito e getto il biscotto a pezzi
nel latte, prendo il cucchiaino con la mano destra per pescarlo e la mano destra… la
mano destra? La mano destra non risponde alla chiamata. Non la trovo, è scomparsa.
Ma dov’è? La cerco da qualche parte. Di solito è attaccata al mio corpo, non può
andarsene in giro da sola. E infatti è lì, eccola, vicina al cuscino. La mia mano destra.
Come c’è finita lì? Non facciamo scherzi. (…) Forza, ricominciamo. Uso la mano sinistra
per prendere la destra capricciosa e rimetterla al proprio posto, quella non oppone
resistenza e la porto sul vassoio, come era prima, dove l’attende il cucchiaio. Ok, tutto a
posto, che cavolo, mangiamo ora. Invece no, niente. La mano destra se ne va
nuovamente da un’altra parte, ancora abbandonata vicino al cuscino, inerte. Non
sembra nemmeno una parte di me, è la mano di un estraneo. Ci provo un’altra volta…
la riprendo con un po' di stizza… ma questa volta è lei che vince. Non sono io che la tiro
su, è lei che mi fa cadere giù. Come un sacco di patate, a corpo morto (…). Sono lì che
arranco sul letto, come una foca senz’acqua. (…) Con tutta la voce che mi viene da
dentro, urlo il nome di mia moglie, o almeno credo. “Francesca” grido. (…)
Arriva trafelata. Mia moglie. (…) Ha gli occhi sgranati. “Che succede? Che succede?”
Mi chiede. La mia risposta è chiara “Megpdeiigrhiaa!” le dico concitato,
“mrlaiofoourhdka uhfe giumhu”. Non si capisce niente, lei non capisce niente, nemmeno
io capisco niente, parlo una lingua nuova, eppure lo so cosa voglio dire, ma un demone
si è intrufolato nella mia bocca. “Ceritturgra, mathra, titdiiiadotaio”. Sono infuriato con
me, sono infuriato con lei perché non capisce. (…) Non riesco a dire una parola,
maledizione, una vera parola, mi sento imprigionato, imbavagliato, sperduto, nel buco
nero del bosco non ci sono parole, le mie amatissime parole, solo versi infantili, muggiti
incomprensibili, rantoli disperati. (“Ogni parola che sapevo”, A. Viarello) si tratta di
ictus, in quanto si cita:
Mancato controllo della mano destra
Linguaggio poco decifrabile
C’è intenzione comunicativa ma incapacità di trasformarlo a parole
1/03/2023
ELABORAZIONE
LINGUISTICA
MICROANALISI MACROANALISI
(relazioni interne all’enunciato) (relazioni esterne tra enunciati) I livelli di
analisi
Funzione (Jakobson)
Con il termine funzione si indicano gli impieghi, gli scopi che attraverso un atto
linguistico si possono conseguire, anche oltre le intenzioni del mittente. Si parla
per dare ordini, per chiedere un’informazione, per esprimere una gioia o un dolore, per
imitare un rumore, ecc. gli scopi con cui comunichiamo sono di natura svariata, sono
connessi alle circostanze non esiste una classificazione univoca e completa delle
funzioni del linguaggio.
Per funzione J. indica gli impieghi, gli scopi che attraverso un atto linguistico si
possono conseguire, anche oltre le intenzioni del mittente.
Le sei funzioni del linguaggio
Le sei funzioni del linguaggio sono legate ai sei elementi del processo comunicativo:
1. Funzione espressiva
2. Funzione metalinguistica
3. Funzione referenziale
4. Funzione fatica
5. Funzione poetica
6. Funzione conativa
2. Le lingue verbali hanno uno straordinario potere espressivo, quello di poter parlare di
se stesse: Jakobson identifica tale potere espressivo nella funzione
metalinguistica. Tramite la funzione metalinguistica il codice può parlare di sé stesso,
l’atto comunicativo si sofferma sulla forma, sui significati e le regole grammaticali. Le
grammatiche e i vocabolari sono tipici esempi di testi a dominante funzione
metalinguistica.
«Ogni volta che il mittente e/o il destinatario devono verificare se essi utilizzano lo
stesso codice, il discorso è centrato sul codice: esso svolge una funzione
metalinguistica, o di chiosa. “Non ti seguo – cosa vuoi dire ?” domanda l’ascoltatore,
o, nello stile shakespeariano: “Che cosa è ciò che dici?” E il parlante, a sua volta,
anticipando tali domande di recupero chiede: “Capite quello che voglio dire?”». (R.
Jakobson, “Linguistica e Poetica”, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli Editore,
Milano, 1966, pp. 189).
Questa è prevalente
Per quanto riguarda i bambini la funzione fàtica sarebbe quella che compare per prima:
«È anche la prima funzione verbale che viene acquisita dai bambini, nei quali la
tendenza a comunicare precede la capacità di trasmettere o di ricevere un messaggio
comunicativo”. (Ibid.)
"Perché dici sempre Gianna e Margherita e mai Margherita e Gianna? Preferisci Gianna
alla sua sorella gemella?" - "Niente affatto, ma così suona più gradevolmente." - In una
successione di due nomi coordinati, e quando non interferisca un problema di
gerarchia, il parlante sente inconsciamente, nella precedenza data al nome più corto, la
miglior configurazione possibile del messaggio. Una ragazza parlava sempre
dell'"orribile Oreste". "Perché orribile?" "Perché lo detesto". "Ma perché non terribile,
tremendo, insopportabile, disgustoso?" "Non so perché, ma orribile gli sta meglio." (...)
(da: Jakobson, R., Essais de linguistique générale, Paris, Minuit; trad. it. Saggi di
linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 190).
Se ci si basa sul modello del codice allora nell’autismo non ci sono problemi ma non è
così perché l’autismo è il disturbo del linguaggio che più mette in discussione il
modello del codice (mina alla radice gli assunti del modello del codice secondo
questo modello: tutto ciò che il parlante vuole comunicare è espressa in maniera
esplicita nel codice e quindi le parole che sono l’espressione pubblica del mio
pensiero correlazione tra pensiero-linguaggio e l’autismo mette in discussione questo
aspetto mostra che quando si rimane ancorati al significato letterale in realtà ci sono
delle problematiche)
07/03/2023
Funzione prevalente è quella referenziale tra le sei di cui lui discute (slide funzione
referenziale quella nera e blu). Sono tutte e sei compresenti ma ciò che cambia è
l’ordine gerarchico.
Capire natura dei rapporti tra linguaggio e pensiero. Scienza cognitiva inizia fine anni
‘40 inizio anni ‘50 e gli autori sono (linguaggio) è Chomsky. La scienza cognitiva nasce
come razione/critica alle altre prospettive, in particolare, per Chomsky, è il
comportamentismo (oppure posizioni relativistiche in cui non si sostiene l’esistenza dei
vincoli biologici, secondo questi gli umani all’inizio sono vuoti e con l’esperienza sociale,
l’educazione ecc.. si riempie). Nell’ambito del comportamentismo, Skinner scrive il
comportamento verbale, la psicologia comportamentista (stimolo-risposta) è applicato
all’apprendimento del linguaggio attraverso lo schema stimolo-risposta (processi
associazionistici con meccanismi di ricompensa) spiega l’apprendimento del linguaggio.
Secondo il comportamentismo l’associazionismo spiega tutti i comportamenti umani in
riferimento al linguaggio (anche la grammatica si apprende in questo modo). Tutto
l’apprendimento del linguaggio si apprende con lo stimolo esterno (sociale).
Chomsky nel ’59 o ’57 scrive una ricezione del libro di Skinner in cui argomenta e
dimostra che lo stimolo è troppo povero per giustificare l’apprendimento i bambini
ricevono stimoli esterni poveri e limitati per spiegare ciò che il bambino riesce a fare e
quindi come si può spiegare la ricchezza della competenza che i bambini hanno
(povertà dello stimolo) ad esempio “la vecchia porta la sbarra” lo stimolo è unico ma
ci sono due interpretazioni (per questo dice che lo stimolo è povero, non ci dà
indicazioni su dove si trova il sintagma verbale se lo stimolo è povero e noi siamo in
grado di elaborare i due significati della frase deve intervenire qualcosa che va a
lavorare sullo stimolo per selezionare il sintagma e quindi lo stimolo da solo non ce la fa
a dar conto dei processi che avvengono). La scienza cognitiva nasce con la povertà
dello stimolo che si ha anche con la percezione (che è un’attività cognitiva). Ci devono
essere delle strutture interne (GU) attraverso le quali si apprende il linguaggio (che
richiede strutture complesse e ricche interne). Per Chomsky il linguaggio è la
grammatica universale. La mente ha dei sistemi in grado di elaborare delle frasi.
Scienza cognitiva di prima generazione (o scienza cognitiva classica i modelli di
riferimenti sono Chomsky e Fodor il quale, al contrario di Chomsky, ci dà un’idea di
cos’è il linguaggio). La scienza cognitiva di seconda generazione processi cognitivi
non sono circoscritti solo nella scatola cranica ma anche l’ambiente e nasce in reazione
al modello precedente classico (post-classica).
Funzione comunicativa
Primato della funzione comunicativa
Il linguaggio ha una funzione comunicativa (espressiva) il linguaggio esprime il
pensiero che è logicamente e temporalmente antecedente al linguaggio (primato del
pensiero sul linguaggio). Può essere sintetizzato in tre elementi:
1. Il linguaggio serve a esprimere il pensiero
2. Il pensiero ha una struttura proposizionale Il pensiero in questa prospettiva
(grazie a Fodor) ha una natura proposizionale
3. Comprendere il linguaggio è comprendere le frasi
MENTALESE O P x P(x)
SISTEMI DI INPUT
(MODULI)
TRASDUTTORI
INPUT SENSORIALE
Architettura tricotomica della mente
Nel modulo entra l’informazione specifica a quel modulo. I moduli sono impermeabili
alle credenze di sfondo a qualsiasi informazioni che non sono stati chiamanti a
processare.
Gran parte della cognizione umana non ha carattere modulare (risentire reg.37:00)
Poi avremo la modularità massiva (diverse da quelle di Fodor, in queto caso si parla di
quelle di Sperber)
Altri moduli rispetto a quello di Fodor
Fisica ingenua Credenze intuitive (innate e non prodotte da una riflessione
consapevole) che le persone hanno riguardo al modo in cui funziona il mondo, in
particolare riguardo al comportamento dei corpi fisici (innata modo in cui
interpretiamo eventi fisici del mondo conoscenza presente e fissato nel nostro
cervello fin dalla nascita che ci guida alla comprensione degli eventi fisici).
Un esempio di fisica ingenua principio di continuità (= due corpi/oggetti non
possono occupare contemporaneamente lo stesso spazio).
Fase abituazione La pallina cade sulla
piattaforma. Dopo un breve periodo di
osservazione, i bambini perdono interesse.
Fase di abituazione
Fase test
Recupero attentivo
SN SV
La vecchia porta la sbarra
Art N V SN
Art N
La vecchia porta la sbarra
SN SV
La vecchia porta la sbarra
Art A N Pron V
Con le Afasia (patologia linguaggio utile validare modello chomskiana) ci troviamo nella
micro analisi (competenze linguistiche relazioni interne)
Microanalisi analisi delle relazioni dei costituenti interni all’enunciato: livelli di
elaborazione:
o Fonetica,
o Fonologica,
o Morfologica,
o Morfofonologica,
o Morfosintattica,
o Sintattica e
o Semantica (elaborazione lessicale + elaborazione frasale)
Macroanalisi analisi delle relazioni esterne tra gli enunciati del discorso
l’elaborazione pragmatica ed elaborazione testuale/discorsiva
Cattiva Afasia di
ripetizione Broca
Buona
comprensione Buona Afasia
Non fluente ripetizione Transcorticale
Motoria
Cattiva Afasia
ripetizione Globale
Cattiva
comprensione
Buona Afasia
ripetizione Transcorticale
Mista
Afasia Cattiva Afasia di
ripetizione Wernicke
Cattiva
comprensione Buona Afasia
ripetizione Transcorticale
Fluente Sensoriale
Cattiva Afasia di
ripetizione Conduzione
Buona
comprensione Buona Afasia
ripetizione Anomica
Paul Broca la nascita dell’afasiologia (Afasia di Broca (motoria – espressiva))
Eloquio
telegrafico in cui sono omesse le parole funzione (ad esempio: aggettivi, avverbi) e i
verbi. Parafasie fonologiche (parca al posto di barca) e neologismi (cuoviz).
Nonostante i problemi fonologici, lessicali e morfosintattici, le poche parole riconoscibili
sono informative (= fanno riferimento a elementi presenti nella storia).
Ruolo funzionale Area di Broca: specifica per il linguaggio
La ricerca
Verificare se la sintassi è collegata a un’attività neuronale dedicata (se esiste una zona
del cervello che svolge esclusivamente compiti di elaborazione sintattica)
1. Verificare una delle proprietà fondamentali della sintassi la sua autonomia
dalle altre componenti della grammatica (e del linguaggio).
Le regole di combinazione delle parole non sono riducibili ad altre componenti
grammaticali i principi che regolano la sintassi hanno leggi proprie (ad esempio, la
ricorsività, la dipendenza) che non sono pertinenti per altri aspetti del linguaggio.
Risonanza magnetica funzionale (fMRI: Functional Magnetic Resonance Imaging)
Visualizzazione della risposta emodinamica (cambiamenti nel contenuto di ossigeno del
parenchima e dei capillari) correlata all’attività neuronale del cervello o del midollo
spinale.
Unreal Italian
(artificial rules violating
UG)
Negative construction Paolo mangia la no pera
“Paolo eats the no pear”
Use of indefinite article Una bambino magia una “A (fem.) child (masc.) eats
pera a (fem.) pear (fem.)”
Secondo esempio:
A 11 parlanti tedesco veniva chiesto di apprendere:
Tre regole del giapponese
Tre regole inventate che violavano alcune regole del giapponese.
Table 2 Sample sentences used in Japanese fMRI experiment
Japanese German
(real language learning (native language of
task) subjects)
Main clause construction Paul wa nashi o taberu Paul ibt die Birne
“Paul pear eat” “Paul eats the pear”
Unreal Italian
(artificial rules violating
UG)
Negative construction Paul wa nashi nai o taberu
“Paul pear eat no”
22/03/2023
Afasia di Wernicke
Wernicke: primo caso
1874, Susan Adam:
Espressione verbale confusa, a tutte le domande rispondeva “seppellire”;
Non comprendeva il linguaggio (le sue risposte non erano pertinenti), ma capiva i
gesti;
Pronunciava correttamente le seguenti frasi:
o Oggi ho mangiato bene
o Spero di guarire
o Il dottore mi ha regalato due scellini;
Le sue condizioni migliorarono progressivamente la donna riuscì a recuperare
quasi del tutto il linguaggio; riacquistò anche la capacità di lettura, ma non
completamente quella della scrittura.
Questo nome è dovuto allo studioso Carl Wernicke. Prova a fare un modello
neuroanatomico. Si parla anche di afasia sensoriale.
In questo libricino discute diversi casi clinici Susan Adam che presentava
un’espressione verbale confusa, a tutte le domande rispondeva “seppellire” (rispondeva
in maniera inappropriata alle domande). Queste manifestazioni comportamentali
dipendevano dal fatto che non riusciva a comprender il linguaggio (non riusciva ad
associare i suoni) e le sue risposte non erano pertinenti, ma capiva i gesti.
La prima risposta è pertinente, la seconda risponde in maniera non consona. Man mano
il dottore pensa che sia sorda e le avvicina l’orologio all’orecchio per capire
comprende il comportamento non verbale e lo comprende ma quando arriva quello
verbale arrivano i problemi. L’ultima frase può essere un’intercalare o che sia
consapevole del proprio disturbo. Questa paziente alla fine guarisce.
comprensione,
La ripetizione,
La lettura e
La scrittura.
C’è una presenza di un deficit a più livelli:
Fonologico,
Lessicale-semantico,
Morfologico-sintattico,
nonostante un eloquio piuttosto abbondante. In produzione compaiono Parafasie:
Fonologiche (problemi fonemi invece di dire coltello dice martello)
produzione di una parola riconoscibile ma fonologicamente deviante per la
selezione errata di alcuni tratti distintivi, per esempio: “coltello” in luogo di
“martello”;
Semantiche quando un paziente produce una parola contestualmente errata,
ma semanticamente collegate alla parola target, per esempio: “scimpanzé” al
posto di “gorilla” (appartengono alla stessa area semantica ma nel contesto in
cui viene utilizzata non giusta)
Verbali parole contestualmente errate e semanticamente non collegate con la
parola target, per esempio: “mela” al posto di “auto-mobile”.
Nei casi più gravi, ad un vero e proprio gergo totalmente incomprensibile. Frequente
uso di circonvoluzioni (giri di parole per descrivere termini che i pazienti non riescono
a fornire)
Scrittura gravemente
compromessa.
Lettura impossibile.
Il modello Wernicke-Lichtheim-Geschwind
Lichteim (1985) On aphasia, Brain, 7 (4), pp. 433-84 Centro dei concetti
Geshwind (1970), The organization of language in the brain, Science, 170(3961),
pp. 940-944 Ruolo delle aree associative per l’elaborazione del significato
Wenicke-Lichtheim
1. Centro delle immagini acustiche (riconoscimento della parola come sequenza dei
suoni)
2. Centro dei concetti (comprensione del
significato/pianificazione dell’intenzione)
3. Centro delle immagini motorie (associazione dei concetti
alle sequenze articolatorie per produrre le parole)
Wermicke-Lichetheim-Geschwind
Consiste nella reinterpretazione del ruolo funzionale delle aree di connessione tra i
centri del linguaggio:
Lobo paratale inferiore dell’emisfero sinistro [giro angolare (BA 39) e giro
sopramarginale (BA 40)]
BA 39 e BA 40 sono connesse con:
o Le aree corticali associative uditive (BA41 e BA42),
o Somestesiche (BA7) e
o Visive (BA18 e BA19)
costituiscono delle zone associative cross modali, vale a dire delle regioni in
cui i suoni delle parole vengono collegati alle corrispondenti informazioni
sensoriali.
Da questo punto di vista, le varie sindromi afasiche possono
essere interpretate secondo Geschwind non solo come il
risultato delle lesioni nei centri del linguaggio, ma anche
come il prodotto delle disconnessioni tra questi centri.
28/03/2023
Un modello di successo
Il modello Wernicke-
Lichteim- Geshwind
costituisce una buona base per la classificazione delle sindromi; ha avuto e continua ad
avere un ruolo guida nella pratica medica e nella ricerca linguistica. Kasselimis e
colleghi (2017) la tradizionale classificazione delle afasie derivate da tale modello
“continua ad essere largamente accettata dai clinici e viene ancora inserita nei
manuali come il punto di riferimento”.
Il modello Wermicke-Lichetheim-Geschwind
Paolo (a Francesca che sta suonando il pianoforte): Che cosa stai suonando?
Francesca: Il piano.
C’è un gap tra:
La rappresentazione semantica della frase e
L’interpretazione dell’enunciato da parte dell’ascoltatore.
L’eredità di Grice (1913-1988)
Significato come intenzione
Principio di cooperazione e massime conversazionali
Implicature conversazionali
Meaning & comunicazione
Significato dell’espressione il significato che l’espressione ha
convenzionalmente (significato letterale o anche dell’enunciato).
Significato del parlante il significato con cui il parlante usa l’espressione.
Comunicare significa, per chi parla, esprimere intenzioni o stati mentali e, per chi
ascolta, riconoscere intenzioni o stati mentali. Gli stati mentali non possono essere
semplicemente decodificati, ma devono essere inferiti dal comportamento del soggetto
e delle informazioni di sfondo. Un enunciato non è un messaggio codificato, ma un
indizio fornito intenzionalmente.
Significato del parlante
Paul Grice, Meaning, 1957 Il parlante P vuole dire o significa qualcosa mediante
l’enunciato E; P ha l’intenzione che il proferimento di E produca un certo effetto (una
credenza) nel destinatario D grazie al riconoscimento di questa stessa intenzione.
Il significato del parlante è inteso in termini di un’intenzione espressa in modo
manifesto.
Teoria della pertinenza (Modello ostensivo-inferenziale della comunicazione)
La teoria della pertinenza (Relevance Theory) riprende la fondamentale assunzione di
Grice della centralità delle intenzioni nel processo comunicativo e cerca di spiegare
come viene colmato il salto esistente tra:
Il significato dell’enunciato (sentence’s meaning) e
L’intenzione del parlante (speaker’s meaning)
Stimoli ostensivi e inferenze
Secondo il modello del codice, il comunicatore codifica il messaggio che intende
comunicare in un che viene decodificato dall’ascoltatore utilizzando lo stesso codice.
Secondo il modello inferenziale il comunicatore fornisce un indizio della sua
intenzione di comunicare un certo significato, che viene inferito dall’ascoltatore
sulla base dell’indizio fornito. Un enunciato certamente è un indizio codificato
linguisticamente, e dunque la comprensione verbale coinvolge indubbiamente un
elemento di decodifica. Tuttavia, il significato letterale ottenuto attraverso la decodifica è
solo uno degli input di un processo di inferenza non dimostrativa che porta
all’interpretazione del significato del parlante. (Sperber&Wilson, 2004, p. 249)
Comunicazione ostensivo-inferenziale
In fondo, questa descrizione della comunicazione in termini di intenzioni e di inferenze
corrisponde bene al senso comune. Siamo tutti locutori e ascoltatori:
Come locutori la nostra intenzione è che i nostri ascoltatori riconoscano la
nostra intenzione di informarli di un certo stato di cose.
Come ascoltatori cerchiamo di riconoscere ciò che il locutore ha intenzione
di informarci.
Gli ascoltatori si interessano al senso della frase enunciata solo per inferire ciò che il
locutore vuole dire. La comunicazione riesce non quando gli ascoltato
riconoscono il senso linguistico dell’enunciato, ma quando essi inferiscono il
“voler dire” del locutore (Sperber e Wilson, 1986, trad. it., p.42)
Anche nelle circostanze più favorevoli, la comunicazione può fallire. Infatti, il
destinatario non può decodificare o dedurre l’intenzione informativa del comunicatore. Il
meglio che il destinatario possa fare, è formare un’ipotesi a partire dagli indizi forniti
dal comportamento ostensivo del comunicatore. Tale ipotesi non è mai certa può
essere confermata ma non dimostrata (ivi; trad. it., p. 103) comportamento
ostensivo orienta verso le intenzioni del parlante.
29/03/2023
La critica al modello del codice la comprensione coincide con la decodifica coincide
con le teorie pragmatiche
Modello del codice essendo esplicito non ammette l’incomprensione (comunicazione
sempre a buon fine perché si condivide lo stesso codice perché c’è una
sovrapposizione tra pensiero e linguaggio).
Modello interferenza inferenze ragionamenti non dimostrativi (sillogismi) anche
nelle circostanze più favorevoli, la comunicazione può fallire. Infatti, il destinatario non
può decodificare o dedurre l’intenzione informativa del comunicatore. Il meglio che il
destinatario possa fare,
Intenzioni
Nella comunicazione sono coinvolti due livelli di intenzioni (riguardano il significato del
parlante):
Intenzione informativa l’intenzione di produrre in D la credenza che p usando
E (indurre qualcuno a pensare qualcosa) l’intenzione di formare qualcuno di
qualcosa
Intenzione comunicativa l’intenzione che D riconosca che E è stato prodotto
con l’intenzione informativa io ti voglio informare del fatto che ti sto informando
di qualcosa
Esempio siamo una festa viene servito lo spumante e che io finisca lo spumante e
che ne chieda un altro, sono titubante a chiederlo alla padrona di casa e faccio un
cenno al cameriere di dare altro spumante (intenzione informativa), incrocio sguardo del
cameriere e alzo il bicchiere (capisce la mia intenzione informativi e lo sto informando
che ne voglio ancora (entrambi sono consapevoli che lui si è accorto la mia intenzione
c’è comunicazione)
La comunicazione ha un esito positivo non solo quando l’ascoltatore coglie l’intenzione
informativa del parlante, ma anche (soprattutto) quando egli riconosce l’intenzione
comunicativa del parlante, quando cioè riconosce che il parlante ha esplicitamente
usato un indizio (un comportamento, un enunciato ecc.) per comunicare la propria
intenzione informativa. A tal fine, l’indizio deve poter catturare l’attenzione
dell’ascoltatore e dirigerla sulle intenzioni del parlante. Che cosa governa il buon
esito di questa operazione?
Definizione di pertinenza
Pertinenza di un input per un individuo:
a) A parità di condizioni, maggiore è l’effetto cognitivo ottenuto attraverso
l’elaborazione di uno stimolo, maggiore sarà la pertinenza di quell’input per
l’individuo in quel momento.
b) A parità di condizioni, maggior sarà lo sforzo di elaborazione necessario, minore
sarà la pertinenza di quell’input per l’individuo in quel momento.
Più sale lo sforzo più diminuisce la pertinenza ma bisogna considerare i risultati.
Dunque, la Pertinenza rapporto inversamente proporzionale tra:
Effetti cognitivi e
Sforzo di elaborazione
Dunque la pertinenza è una proprietà relazionale, sono gli obiettivi e gli interessi di un
individuo a rendere pertinente una data informazione in un dato momento.
Esempio
Luca chiede a Giulia l’orario di partenza del treno per Roma. Giulia risponde con uno
dei seguenti enunciati:
a) Il treno parte dopo le 15.
b) Il treno parte alle 15:24.
c) Il treno parte 36 minuti prima delle 16.
Quale delle tre risposte è la più pertinente (ha il miglior rapporto costi-benefici)?
A e B hanno minor sforzo di elaborazione, C richiede più sforzo
Pertinenza e cognizione
La pertinenza è una caratteristica di base alla cognizione. Non è un proprietà
dell’informazione ma un principio cognitivo e va verso lo stimolo più pertinente (miglior
rapporto costi-benefici). “Secondo la nostra teoria gli essere umani hanno una
tendenza automatica a massimizzare la pertinenza, non perché scegliamo di farlo
(raramente lo facciamo) ma perché questo riflette il modo in cui i nostri sistemi
cognitivi sono evoluti. Come risultato della costante pressione selettiva per l’aumento
dell’efficienza, il sistema cognitivo umano si è sviluppato in modo tale che i nostri
meccanismi percettivi automaticamente selezionano gli stimoli potenzialmente
pertinenti, i nostri sistemi di memoria tendono automaticamente ad attivare le
assunzioni potenzialmente pertinenti e i nostri meccanismi inferenziali tendono
potenzialmente a processarli nel modo più produttivo possibile” (Sperber&Wilson, 2004,
p. 254)
04/04/2023
Heider & Simmel (1944)
Un uomo ha programmato di incontrare una ragazza, ma la ragazza arriva con un altro.
Il primo uomo dice al secondo di andarsene, il secondo dice al primo di andarsene ma
lui scuote la testa. Allora i due uomini vengono alle mani e la ragazza comincia ad
avviarsi verso la stanza per allontanarsi dalla strada ed esita, ma infine entra. A quanto
sembra, lei non vuole stare con il primo uomo. Si vede un grande triangolo pieno che
entra in un rettangolo. Entra ed esce da questo rettangolo e ogni volta l’angolo e metà
di uno dei lati del rettangolo formano un’apertura. Poi compaiono sulla scena un altro
triangolo più piccolo e un cerchio. Il cerchio entra nel rettangolo mentre il triangolo più
grande è dentro al rettangolo (…). (Baron-Cohen, 1995, trad. it., pp. 51-52)
Il test della falsa credenza
Indipendenza dal campo incapacità di tener conto del contesto (focalizzarsi sui
dettagli senza riuscire a mettere a fuoco il globale). Test delle figure nascoste
(staccare la figura dal contesto = non essere influenzati dal contesto)
Inibire lo stimolo automatico non pertinente (perché bisogna dire il colore dell’inchiostro
e non la parola scritta). Questa è una capacità importante nei processi di elaborazione
di significati letterali.
Deficit delle Funzioni Esecutive
Per il mondo che mi circondava, il mio comportamento era del tutto incomprensibile.
Non facevo che toccare continuamente tutto – ficcavo le dita dentro e sotto le bottiglie, i
braccioli del divani e i pomi delle porte, sfregando i palmi delle mani contro le rotondità
delle ringhiere. Semplicemente, dovevo toccare tutte quelle cose dotate delle curve di
cui avevo bisogno. non trovavo monotono mangiare sempre le stesse cose, questo era
nulla in confronto al mortale pericolo di rischiare con un cibo sconosciuto (Gerland, Una
persona vera, cit. in Frith, p. 201).
Controllo dell’attenzione le persone con ASD hanno un’attenzione peculiare, si
focalizzano su cose strane quando sono assorbiti da qualcosa è impossibile
interromperli.
Problema di flessibilità mentale (Manca il controllo dell’attenzione flessibile) un
componente “esecutivo” nella mente che dice a cosa, nella massa di stimoli in arrivo,
vale la pena di prestare attenzione.
Donna: Ti lascio.
Uomo: Chi è lui?
Mentre la nostra capacità di leggere le intenzioni del parlante ci permette ci permette di
comprendere perché la domanda dell’uomo è appropriata rispetto all’affermazione della
donna, “presumibilmente una persona affetta da autismo lotterebbe invano per trovare
la pertinenza in questo dialogo”. Le difficoltà di comunicazione degli autistici
evidenziano, dunque, la dipendenza della comprensione dalla capacità di attribuire
stati mentali agli altri e rappresentano, pertanto, una validazione empirica del
modello della comunicazione umana proposto nell’ambito della teoria della
pertinenza.
In base a questi dati che predizioni si possono fare? Il primo gruppo riesce a
comprendere la metafora, il secondo anche l’ironia e il terzo nessuno dei due.
Communicative competence and theory of mind in autism: A test of relevance
theory (Francesca Happè, 1993)
Tre condizioni:
1. Comprensione di similitudini secondo RT avviene al livello del significato
letterale [Dire “è come un leone” non è differente da dire “è come suo padre”]
predizione: anche un soggetto autistico dovrebbe essere in grado di
comprendere le similitudini
2. Comprensione di metafore secondo RT, richiede la comprensione
dell’intenzione del parlante; richiede una metarappresentazione di primo
ordine
3. Comprensione dell’ironia secondo RT, richiede una
metarappresentazione di secondo ordine. Quando siamo ironici, oltre ad
esprimere un pensiero, stiamo anche comunicando il nostro atteggiamento
verso quel pensiero.
Protocollo sperimentale
Fumetti per fisici, comportamenti e psicologici
James Tilly Matthews: paziente zero della psichiatria moderna (Jay, 2003)
Il signor Metthews è convinto che in un appartamento vicino al London Wall viva un
gruppo di criminali che sono molto abili nella Chimica Pneumatica, e che lo
aggrediscono per mezzo di un telaio ad aria […]. Gli effetti prodotti sul signor Metthews
dalla abile manipolazione di certi ingredienti sono, a quanto dice, orribili. [Tra di essi
troviamo] la separazione dell’anima dai sensi […]; il fluido bloccante, ovvero un blocco o
una costrizione delle fibre poste alla radice della lingua, e che impedisce la prontezza
della parola; l’inserzione del pensiero, in cui un appartenente al gruppo forza nella sua
mente un treno di idee molto differente dal reale oggetto dei suoi pensieri; […] [I membri
del gruppo] rivelano i loro pensieri a lui tramite le voci. (Haslam, 1810; 19-40).
Il delirio di Metthews […] ha infatti moltissimi elementi che oggi consideriamo come
assolutamente distintivi della schizofrenia. L’allusione alle voci, a persecutori di vario
tipo, a macchine bizzarre come il telaio ad aria, all’inserzione del pensiero, non lasciano
molti dubbi sulla diagnosi, qualla di schizofrenia paranoide. (Cardella, 2013, p. 13)
Emil Kraepelin: dementia precox
Non introduce il termine schizofrenia ma sarà successivo da Eugen Bleuler
1893 (IV ed): individua un gruppo di malattie che sono accomunati da processi
di degenerazione psichica (sviluppo di una debolezza mentale).
1896 (V ed): le chiama dementia precox 3 sindromi varianti della stessa
malattia:
1. Catatonia deterioramento mentale e rigidità muscolare;
2. Ebefrenia stupidità infantile;
3. Paranoia deliri e allucinazioni.
Emil Kraepelin: naufragio della mente
Dementia precox è il nome provvisoriamente attribuito a un grande gruppo di casi che
hanno in comune una tendenza pronunciata a vari gradi di deterioramento mentale
[…] la malattia apparentemente si sviluppa a causa di un grave processo morboso nella
corteccia cerebrale (Kraepelin, 1902, p. 219). L’esperienza insegna che nella grande
maggioranza dei casi l’esito della dementia precox è l’icurabile cronicità (K., 1905, p.
23).
Nella dementia precox “ricorrono sempre la perdita dell’unità del pensiero, del sentire e
dell’agire, l’appassimento dei sentimenti più elevati, i molteplici e peculiari disturbi della
volontà, con i deliri di perdita della libertà psichica e di influenzamento ed, infine, la
disintegrazione della personalità, mentre le conoscenze acquisite e le capacità demplici
restano relativamente integre” (K. 1913, p. 255)
Nelle varie edizioni del Trattamento di Psichiatria, individua 4 gruppi di sintomi (che
cerca di distinguere tra primari e secondari) per identificare la dementia precox:
Deliri;
Allucinazioni;
Disturbi del pensiero;
Disturbi del comportamento.
Sintomi fondamentali:
Deterioramento emotivo [disturbo del comportamento] negativismo
(indifferenza emotiva, disaffezione nei confronti di parenti e amici, mancanze di
interesse per attività in precedenza considerate piacevoli).
Disturbi dell’attenzione e della volontà.
Alterazioni del flusso del pensiero.
Incoherent speech il flusso del discorso è variamente alterato; può andare
completamente perduto, può diviare verso direzioni inaspettate; può girare intorno allo
stesso tema.
Chi introduce il termine “schizofrenia” (= scissione della psiche e scissione della mente)
è:
Eugen Bleuler: scissione della mente
Introduzione del termine schizofrenia identifica il sintomo fondamentale la
dissociazione delle funzioni psichiche (Bleuler, 1950)
Sintomi fondamentali (tipici di un disturbo mentale) vs Sintomi accessori
(condivisi con altri disturbi)
Sintomi primari (derivati dal deficit di base) vs Sintomi secondari (reazione o
risposta al disturbo di base)
Sintomi fondamentali 4 A
o Autismo distacco dalla realtà e ritiro nel mondo interiore
o Ambivalenza affettiva coesistenza di sentimenti e atteggiamenti di
polarità opposta verso lo stesso oggetto
o Appiattimento affettivo incapacità di esprimere emozioni
o Allentamento delle associazioni continuità logica e finalistica del
pensiero è alterata
Sintomi secondari deliri e allucinazioni
Verso un paradigma descrittivo
Resistenza della schizofrenia a ogni tentativo di interpretazione completa. Nessuno di
questi paradigmi è stato ad oggi definitivamente validato. Non si riscontra un sintomo
presente in tutti i casi/pazienti (ad esempio: i sintomi negativi di Kreaplin non sono
esclusivi della schizofrenia). Approcci moderni descrizione maggiormente
accurata, piuttosto che ricerca di un’esistenza della schizofrenia.
Tom Crow due forme di schizofrenia
Schizofrenia in due forme particolari (schizofrenia positiva e schizofrenia negativa):
Schizofrenia di tipo I o positiva positivo implica la presenza di funzioni
anormali sintomi positivi: sintomi che rappresentano un eccesso di funzioni, ad
esempio le allucinazioni e i deliri. Esordio acuto, produzione di esperienze
allucinatorie, disorganizzazione del linguaggio e del comportamento.
Schizofrenia di tipo II o negativa negativo implica la diminuzione o l’essenza
di funzioni normali sintomi negativi:
o Appiattimento emotivo,
o Apatia,
o Anedonia (incapacità di provare interesse verso attività comunemente
ritenute piacevoli),
o Isolamento sociale,
o Povertà del linguaggio,
o Disturbi dell’attenzione e della volontà.
DSM 5 (2013). Disturbo dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici
I disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici comprendono la
schizofrenia, altri disturbi psicotici, e disturbo schizotipico (di personalità). Sono definiti
da anomalie psicopatologiche in uno o più dei cinque seguenti ambiti:
1. Deliri,
2. Allucinazioni,
3. Pensiero disorganizzato,
4. Comportamento motorio grossolanamente disorganizzato o anormale
(compresa la catatonia) e
5. Sintomi negativi
(DSM-5, trad. it., p.101).
Criterio B:
Per una significativa parte di tempo dall’esordio di disturbo, il livello del funzionamento
in una o più delle aree principali, come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di
sé, è marcatamente al di sotto del livello raggiunto prima dell’esordio (oppure quando
l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta l’incapacità di raggiungere il
livello atteso).
Criterio C:
Segni continuativi del disturbo persistono per almeno sei mesi. Questo periodo
comprende almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati efficacemente) che soddisfano
il criterio A. (…) durante questi periodi i segni del disturbo possono essere evidenziati
soltanto da sintomi negativi, oppure da due o più sintomi elencati nel criterio A in forma
attenuata (per esempio: convinzioni stravaganti, esperienze percettive inusuali).
Sviluppo e decorso:
Le manifestazioni psicotiche della schizofrenia emergono tipicamente tra la tarda
adolescenza e la metà della quarta decade della vita; l’esordio prima dell’adolescenza è
raro. Il picco dell’età d’esordio del primo episodio psicotico è nella prima metà della
terza decade [20-25 anni] per maschi e verso la fine della terza decade nelle femmine
[28-30 anni]. L’esordio può essere improvviso o insidioso, ma la maggioranza degli
individui manifesta un lento e graduale sviluppo di una varietà di segni e sintomi
clinicamente significativi. (…) Un’età di esordio precoce è stata tradizionalmente
considerata come un fattore predittivo di prognosi peggiore. (…) La compromissione
cognitiva è comune, e alterazioni cognitive sono presenti durante lo sviluppo e
precedono la comparsa della psicosi, la forma di compromissioni cognitive stabili
durante l'età adulta. (DSM-5, trad. it., pp. 118-119)
Ipotesi eziopatogenetiche
Ipotesi genetiche predisposizione genetica che rende l’individuo
potenzialmente vulnerabile alla schizofrenia; l’incontro di questa vulnerabilità con
fattori ambientali e/o psicologici potrebbe determinare lo sviluppo della
schizofrenia
Approccio biologico ipotesi dopaminergica i sintomi positivi sono causati
da una iperattività delle sinapsi regolate dalla dopamina
Approccio psicodinamico psicologia dell’io, teoria delle relazioni oggettuali,
psicologia del sé, teoria dell’attaccamento. Teorie accomunate da una serie di
concetti chiave derivati dalla psicoanalisi il modello strutturale ripartito in Es, Io
e Super Io (Freud); il funzionamento mentale inconscio; il determinismo psichico
e l’importanza delle esperienze infantili
Approccio cognitivo ad esempio, modello neurocognitivo di C. Frith (marito
della Frith)
Approccio della teoria dell’attaccamento importanza dei traumi relazionali
precoci
Scuola fenomenologica esistenzialista analisi del senso delle esperienze
psicopatologiche e all’esserci del malato psichico (Minkowski, Binswanger) tale
approccio, non cercando le cause o emotivi di sofferenza psichica, trascende le
conoscenze fornite dalle scienze naturalistiche e dalla psicodinamica; Minkowski
attraverso riflessione fenomenologica cerca di scoprire le peculiari modalità
umane dell'esperienza schizofrenica.
Il linguaggio schizofrenico
La schizofrenia non è un disturbo del linguaggio e della pragmatica ma è un disturbo
mentale che presenta deficit del linguaggio.
Disturbo del pensiero
Ci si riferisce a due cose, assume due manifestazioni:
Disturbo formale del pensiero c'è qualcosa che non va nell’espressione, nel
modo in cui viene utilizzato il linguaggio, e non nel contenuto espresso(qualcosa
che va ad intaccare la forma, quando la forma del linguaggio (l’espressione
linguistica) è compromessa (come il linguaggio viene organizzato) la trama del
discorso si sfilaccia, i legami tra le parti si fanno più deboli, le associazioni più
superficiali e il linguaggio va alla deriva “La più comune manifestazione di
questo disturbo è un lento scivolamento in cui non c'è nessun
deragliamento particolarmente grave; al contrario chi parla va
gradatamente fuori strada, senza mostrare alcuna consapevolezza del fatto
che la sua risposta non ha più legame con ciò che gli è stato chiesto”
(Andreasen, 1979, 1319)
Disturbo del contenuto del pensiero Delirio: ciò che non va nel discorso dello
schizofrenico, il tema che lo costituisce che tipicamente è una convinzione falsa
difesa contro ogni evidenza.
Il delirio schizofrenico
19/04/2023
Livello fonetico-fonologico e morfologico sintattico
La competenza lessicale
Distorsione semantica traslazione del significato da un segno a un altro
(paralogismo) o formazione di un nuovo segno per un dato significato (neologismo)