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LINGUISTICA EDUCATIVA E POLITICHE PER L’EDUCAZIONE -

APPUNTI
 Bilinguismo e Multilinguismo  fenomeni naturali dovuti al contatto, anche
culturale, tra le persone e le lingue di tutto il mondo.
 In Europa esistono 24 lingue per 27 paesi che la compongono.
 Nel mondo vi sono 7000+ (7117 per esattezza) lingue.
 Lingue più utilizzate al mondo:
1. Inglese
2. Cinese Mandarino
3. Hindi
 Lingue con più parlanti nativi:
1. Cinese Mandarino
2. Spagnolo
3. Inglese
27. Italiano (68M)  calo dei nativi parlanti italiano negli ultimi 20/30 anni
a causa dei movimenti migratori.
 Una nazione non corrisponde obbligatoriamente ad una sola lingua  es:
Papa Nuova Guinea  800+ lingue.
 Quando si trovano più lingue in un paese si può parlare di naturalità di
possesso nei confronti delle stesse lingue da parte della popolazione di una
determinata nazione.
 Sotto il punto di vista biologico, il nostro cervello ci permette di mantenere il
possesso di più lingue, con l’unico limite della nostra stessa capacità di
memorizzazione.
 Il multilinguismo non sempre viene incoraggiato; secondo varie teorie e
articoli, il multilinguismo sarebbe dannoso per lo sviluppo dell’integrazione
 ad esempio in Germania si richiede agli immigrati di basarsi più sulla
lingua tedesca e meno sulla loro originale.  si arriva dunque al concetto,
assolutamente discutibile, che alcune lingue abbiano più maggiore
importanza di altre.
 Secondo alcune indagini vi sono varie ragioni per le quali imparare o
semplicemente migliorare una lingua straniera, come ad esempio trovare
un lavoro migliore nella propria nazione oppure trovare lavoro all’estero.
 Secondo l’”EUROPEAN EDUCATION AREA” (entità importante e
riconosciuta per il lancio del programma Erasmus), una grande fetta di
studenti, provenienti da stati europei, esprimono la volontà di migliorare le
proprie conoscenze riguardanti la lingua inglese.
 Il fattore lingue straniere e la loro conoscenza è importante anche
nell’ambito del Consiglio Europeo, ovvero una riunione tra ministri
rappresentanti ognuno uno degli stati europei.  nella Commissione
Europea vi sono 3 lingue utilizzate per le procedure lavorative.
 Sono importanti i costi economici e politici riguardante il fenomeno e la
gestione del multilinguismo nell’ Unione Europea  i costi politici sono
molto alti e permettono di coprire bene i costi economici  le istituzioni
politiche puntano sull’importanza di poter parlare la propria lingua. 
sotto un punto di vista economico, il multilinguismo costa a bilancio solo
l’1% del budget della Comunità.

Se multilinguismo e bilinguismo sono naturali, se è normale la


compresenza di lingue in un territorio, perché quando si parla dei 2
fenomeni dobbiamo giustificarli e scrivere delle norme che li promuovano?
Il multilinguismo corrispondono costi elevati, soprattutto secondo le
istituzioni europei, e abbiamo visto anche che nell’immaginario collettivo
l’idea di multilinguismo è considerata una “maledizione”. Abbiam visto
l’episodio biblico della torre di Babele e della Pentecoste, bilinguismo
positivo perché “sfida” dell’uomo che vuole superare la divinità, da cui
nasce la diversità di lingue come barriera all’Inter comprensione. Babele
rappresenta la fatica, il conflitto, il non capirsi. Tutto ciò è spiegato in
“Prima Persona Plurale” di Vedovelli, dove ci si interroga sul destino
linguistico italiano. Si interroga su questo tema perché mette in luce il
tema dell’italiano rispetto alle sfide di Babele, in quegli anni la presenza di
immigrati in Italia ha fatto si che oltre alle minoranze e dialetti, la
situazione linguistica si arricchisce di un’altra dimensione a livello sociale,
educativo e linguistico.
La domanda che ci si pone è di politica linguistica: come potrà l’Italia
accogliere queste centinaia di lingue arrivate con la migrazione? E’
evidente che fra “Babele” (ovvero la presenza di molte lingue considerate
come ostacolo) e “Pentecoste” (ovvero che la presenza di molte lingue è
considerata come una risorsa), si “gioca” il destino linguistico della nostra
civiltà. “Babele” viene rappresentata come momento di conflitto e peccato
linguistico, che va a superare quell’innocenza “pre-Babelica”; la presenza
di una sola lingua viene caratterizzata come il momento di facilità dell’inter
comprensione. Le lingue con “Babele” diventano una punizione, e diventa
più complessa la loro gestione. “Babele” rappresenta l’analogo linguistico
del peccato originale. Ciò significa che lo straniero, che è portatore di
un’altra lingua, è un potenziale portatore di conflitto, perché non si hanno
gli stessi mezzi di costruzione del senso, da qui la paura della diversità nel
nostro immaginario. Ad esempio, qualche anno fa in alcune città italiane è
stato proibito l’utilizzo di lingue diverse dall’italiano nei negozi, nello spazio
di comunicazione sociale. “Babele” è l’immagine più forte che abbiamo per
rendere un’icona il peccato del multilinguismo.
La ricomposizione della comprensibilità è data dalla “Pentecoste”, dove si
ricompone quella frattura che portava la perdita del senso. Vedovelli
conclude dicendo che il destino linguistico della nostra civiltà si pone fra il
polo dell’idea delle lingue come portatrici di conflitto e l’idea delle lingue
come ricomposizione di una frattura. Dobbiamo a questo punto riflettere
sul monolinguismo: se questo è una condizione naturale, sia a livello di
società che individuale, perché non esistono delle difficoltà reali di gestire
lingue diverse, perché il monolinguismo è diventata la condizione
normale?
Come nasce il concetto di monolinguismo e la politica di spinta verso di
esso? Si credeva che il bilinguismo fosse un ostacolo alla completa
gestione di una lingua. Il concetto in realtà è fondamentalmente
ideologico, la sua forza deriva soprattutto da condizioni storiche, contesti
in cui è stato necessario consolidare questo concetto, che diventa
significativo e utile per motivi politici. I due momenti storici in cui si
consolida il monolinguismo sono il colonialismo e la costruzione dello
stato-nazione. Il monolinguismo funziona su due principi:
 Lingue hanno confini precisi e chiusi
 Monolinguismo rappresenta condizione naturale e non criticabile
dell’essere umano
Dopo la scoperta dell’America, movimento di colonizzazione del centro e
sud America  importante un sistema di descrizione della lingua per la
traduzione della bibbia è così che la Spagna si consolida da una parte
come stato-nazione (con l’espulsione degli arabi), e viene immediatamente
scritta una grammatica della lingua castigliana per render lo spagnolo
lingua ufficiale.
Da qui, da quando cominciarono a costruirsi altri stati-nazione in Europa,
queste furono costruite sotto un principio fondamentale di lingua-stato-
popolo, che incrementò la lotta contro il multilinguismo con l’obbiettivo di
raggiungere l’omogeneità culturale. Lo stato-nazione per funzionare
doveva essere monolingue e dovevano esserci dei precisi confini linguistici
(era un periodo dove sorgeva un sentimento di nazionalismo).
Caratteristica presente ancora oggi in Francia dove non è concesso parlare
in lingue straniere in spazi pubblici. Il confine linguistico si divide in buono
e cattivo uso: “cattivo” quando non deve esistere un mescolamento tra le
lingue; “buono” quando le lingue stanno una accanto all’altro. Si afferma
inoltre in questi anni il concetto di bilinguismo “cattivo” alimentato dagli
studi di Keller: bilinguismo come causa di ritardi cognitivi  esempio: anni
’60  bambini vengono respinti dalla scuola perché dialettofoni, si credeva
che questi bambini non fossero idonei a proseguire gli studi (ricorda unità
d’Italia, situazione dialettale estesa in tutta Italia). Il bilinguismo “buono” è
invece quello fatto dalla conoscenza di più lingue l’una accanto all’altra, in
modo però che non si mischino. E’ detto d’elite perché serve a coloro che
devono lavorare o intrattenere scambi internazionali. Tutto questo nasce
in un momento in cui il multilinguismo riprende una sua importanza,
ovvero quando hanno vita negli anni 60 i vari movimenti democratici per i
diritti civili, democratizzazione dei percorsi di apprendimento, il tutto
associato con l’indipendenza delle colonie.
TRIUNITA’ LINGUA-STATO-POPOLO: ci troviamo nella prima metà del
19esimo secolo, dove prevale l’idea del nazionalismo, con il romanticismo
come maggiore corrente culturale presente.
Primi anno 800 filosofo tedesco Fichte con i “discorsi sulla nazione
tedesca” si rivolge al suo popolo inneggiando ad una ricostruzione dello
stato, con principio fondamentale quello della lingua pura (tedesco, lingua
germanica mai cambiata negli anni), fattore fondamentale per l’identità
del popolo. La lingua tedesca (che consolida il principio triunità) produce la
differenza con altri popoli, esaltando il monolinguismo e facendolo
diventare fondamentale per la scuola. Con ciò non si deve credere che una
lingua comune non sia importante. Prima dell’unità d’Italia e al momento
dell’unità stessa, la percentuale di parlanti italiano era bassissima,
caratteristica cambiata grazie all’ausilio della scuola che porta nelle case la
lingua italiana. E’ importante però non condannare le varietà dialettali
come causa delle difficoltà di apprendimento dell’italiano.
In Francia l’accademia francese ha l’obbiettivo di preservare la lingua
vietando anche l’ingresso di tante parole di origine inglese. Il concetto di
monolinguismo funziona se consideriamo le lingue come dei blocchi
chiusi , con confini precisi, pensiero impossibile perché le lingue sono
sempre in evoluzione e soggette a cambiamenti dovuti a cambiamenti
sociali. L’atteggiamento nei confronti del monolinguismo è cambiato negli
anni; spinta linguistica da parte dell’UE per l’apprendimento di altre lingue.
Tuttavia, nonostante vari studi di linguistica, sociologia ecc., si è arrivati
alla conclusione che non esiste un bilinguismo buono e uno cattivo.
In Europa in molti esprimono il desiderio/volontà di una lingua comune, al
momento identificata con l’inglese. Sarebbe un mezzo efficace (se parlato
da tutti) per una comprensione reciproca migliore. Idea che però non ha
funzionato perché le lingue non sono solo uno strumento di
comunicazione ma hanno radici profonde appartenenti alla storia di
ciascuna nazione.

 VIDEO: contrapposizione tra mono e multilinguismo nasce da motivi


ideologici. Contrapposizione riscontrabile in momenti storici
corrispondenti al periodo della colonizzazione ed evangelizzazione dei
“nuovi” continenti
 Dall’altra parte rivalutazione della lingua come identità dello stato-nazione
(es: Germania, lingua tedesca priva di contaminazioni)
 Van Parijs: libro 2011  la lingua è uno strumento fondamentale per
l’esercizio dei propri diritti  tema del libro è capire come realizzare la
giustizia linguistica per l’EU e per il mondo. La sua prospettiva non è
“nazionalista”, si parla di purezza del popolo data da un’unica lingua 
prospettiva piuttosto socialista, tutti devono essere in grado di esercitare i
propri diritti attraverso la lingua.
 Van Parjis propone come soluzione la “dissemination of competence in a
common lingua franca: la lingua franca non è legata semplicemente alle
nazioni che la usano, serve globalmente. La giustizia va raggiunta
attraverso la lingua, è quindi necessaria un “cheap medium of
comunication and mobilisation”
 Secondo la sua teoria basta una sola lingua comune per tutti gli abitanti del
mondo  “se le lingue muoiono non fa niente”
 Visione che ha suscitato critiche  Travant (colui che analizza questa
teoria) sottolinea come il problema risieda nel concetto di lingua come
mezzo di comunicazione
 L’ingiustizia avviene per 3 ragioni (slide); il parlante nativo in ogni caso,
nonostante l’apprendimento di una lingua straniera, ha più opportunità
con la propria lingua madre.
 Parlando della terza ragione di ingiustizia  questa avviene tramite la
concessione di un privilegio ad una lingua, cosa che implica una mancanza
di rispetto per le altre lingue tramite le quali le altre popolazioni si
identificano
 Grin e Gazzola riflettono sul vero significato di giustizia linguistica: viene
messo in luce il valore intangibile delle lingue come portatrici di cultura e
non solo come strumenti di comunicazione.
 Travant spiega tutto ciò utilizzando delle parole di Humboldt (filosofo del
linguaggio, politico, fondatore del sistema universitario, che a cavallo fra
700/800 riporta il pensiero di Aristotele sul rapporto lingua-realtà che ci
circonda, quindi tra concetti e parole
  lingua vista come organo formativo del pensiero.
 Aristotele spiega la diversità tra le lingue come qualcosa che comunque
non tocca il rapporto tra la cosa e il concetto abbinato a questa.
 Humboldt mette in dubbio questo rapporto come fisso, parlando invece di
una questione di relazioni linguistiche (anche semplicemente grammaticali,
anche appartenenti ad una stessa lingua)  si fa l’esempio di forme e
strutture di una lingua (es: differenza di forma e struttura tra “she is
singing” VS: “she sings”).
 Linguaggio di Humboldt non è un prodotto ma un’attività creatrice che ci
permette di costruire relazioni col mondo e con i segni  è un’energia
dinamica, non statica.
 Pensiero in opposizione a quello di Aristotele in quanto secondo Humboldt
la diversità tra le lingue porta effettivamente ad alcuni cambi di significato,
a volte anche importanti
 Saussure approfondirà questo pensiero con l’introduzione del concetto di
arbitrarietà.
 Linguaggio dunque non come strumento del pensiero ma è la lingua che
media il pensiero, aiutandolo a formarsi e condizionandone lo sviluppo
 Humboldt parla anche di permeabilità dei confini linguistici  uscire da
una lingua significa entrare in un’altra- operazione continuamente
possibile
 Grazie alla diversità delle lingue cresce la ricchezza  conseguente nuovo
punto di vista sul mondo  scelta di un’unica lingua sbagliata e non
duratura in quanto non dinamica
 È la massa parlante che modifica la lingua

 All’idea di monolinguismo si affianca l’idea di giustizia sociale  attraverso


un’unica lingua si da possibilità di difendere i propri diritti
 Von Humboldt (700-800)  la diversità delle lingue riguarda anche le diverse
visioni del mondo  lui è un esempio di evoluzione concettuale  lingua
come organo formativo del pensiero
 Cresce la ricchezza (grazie alle lingue) per aumento delle modalità con le quali
ci si può approcciare al mondo
 Multilinguismo  non visto come cosa complessa ma come valore
 “L’esperienza di Londra”  nelle scuole non viene solo parlato l’inglese ma
tante altre lingue (presente anche la variante diafasica)  si parla di “Capitale
Multilingue”, inteso sia come capitale della Nazione sia come capotale
economico, ricchezza
 De Mauro in un articolo  afferma che il monolitismo linguistico è in crisi; se
ci accorgiamo e prendiamo consapevolezza di questo evento (crisi) si potrà
aprire spazio a lingue meno diffuse  si riesce anche a dare completa
affermazione ai diritti linguistici umani
 Questi diritti  riconoscere e permettere a tutti di utilizzare la propria lingua,
non discriminarla e in alcune norme sono anche presenti principi di tutela, ad
esempio nelle lingue minoritarie
 Costituzione italiana  art.3 e art.6  la lingua non può costituire fattore di
discriminazione tra cittadini italiani (art 3)
 Stabilita tutela delle lingue (compito dello stato tramite opposite misure) per
le minoranze linguistiche (art.6)
 Prima parte della costituzione è formata da 12 articoli principi
fondamentali sui quali si basa la vita demografica del nostro paese
 L’ONU a differenza della costituzione italiana non parla di tutela, lasciando il
compito ai singoli stati
 CONSIGLIO D’EUROPA  salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (1950, ratificata nel 1955)  principio che entra a far parte
anche della norma italiana:
 ART.1  divieto generale di discriminazione
 ART.6 (comma 3)  in particolare ogni accusato ha diritto di essere informato
e ricevere un processo equo con una lingua di sua conoscenza (la sua lingua
madre in primis)
 PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE:  si manifesta nei seguenti settori:
1. Tradizioni ed espressioni orali, compreso il linguaggio
2. Arti dello spettacolo
3. Consuetudini sociali
4. Cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo
5. Artigianato tradizionale

 De Mauro parla del termine “linguistico” in questi termini:


1. Relativo al linguaggio
2. Relativo alle lingue storico-culturali
3. Relativo alla linguistica
 De Mauro vuole così dimostrare la crisi del monolitismo linguistico in tutti i
sensi possibili di “linguistico”
 A livello degli stati e politico non ha più senso parlare di monolinguismo
 Fenomeno di contatto linguistico  le masse parlanti si sono caratterizzate
per la compresenza di lingue diverse; è frequente il code switching
 Si parla dunque di SPAZIO LINGUISTICO

 POLITICHE LINGUISTICHE EUROPEE  principi fondanti dell’educazione


plurilingue:
1. “Plurilingual”  concetto di plurilingua non solo come strumento di
comunicazione ma come forma di vita  concetto che si lega
all’educazione interculturale
2. Europa composta da diversità che si concretizzano anche in “language
varieties”
3. Apprendimento di altre lingue fondamentale per il cittadino europeo
lingua legata alla cultura
4. Centralità del dialogo tra persone che dipende dalla conoscenza delle
lingue (lingua è portatrice e costruttrice di culture)

 MULTILINGUISMO VS. PLURILINGUISMO  documento pubblicato a fine anni


‘90/inizio 2000  obbiettivo di promozione del plurilinguismo  1° parte:
basi teoriche sulle quali si basa il quadro generale; 2° parte: dov’è presentato
l’aspetto più comune del Quadro Comune Europeo
 Prima parte del documento  definizione e differenziazione tra
multilinguismo e plurilinguismo; quest’ultimo è cresciuto di importanza per
l’insegnamento linguistico. Multilinguismo  esistenza lingue diverse in
determinate società  si ottiene ad esempio incoraggiando gli alunni ad
imparare più di una lingua  considerare le lingue come sistemi chiusi uno
accanto all’altro
 Multilinguismo  si può promuovere ad esempio aggiungendo una lingua in
più nel sistema educativo, sempre secondo le politiche linguistiche europee
 Pensiero degli esperti  le lingue non possono essere un circuito chiuso
 Plurilinguismo  esperienza della lingua si muove in uno spazio linguistico
che comprende lingue parlate a casa, in società e lingue parlate da altri
individui  concetto che si lega all’idea di “continuum linguistico”  un
individuo non mantiene queste lingue e culture separate fra loro, piuttosto si
costruisce una competenza comunicativa in cui è sottolineata l’esperienza
linguistica, con lingue in relazione l’una con l’altra
 Non si tratta di migliorare le competenze su una lingua staccandola dalle altre,
ma di creare un repertorio linguistico dove le nostre abilità riguardanti le
lingue abbiano uno spazio  la scuola deve semplicemente dare
consapevolezza che l’apprendimento linguistico dura per tutta la vita.

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